Estratto distribuito da Biblet Estratto della pubblicazione Saggio 1 Estratto della pubblicazione Domenico Colella Guida rapida alla professione di Copywriter Presenta Manfredi Vinassa de Regny Prima edizione: settembre 1996 ©1996 by Domenico Colella, Manfredi de Regny Guaraldi / Gufo edizioni srl Via Covignano 302, 47037 Rimini, tei 0541 / 752218 - fax 0541 / 752102 ISBN 88-8049-095-8 Estratto della pubblicazione Indice Il copy, secondo un art director di Manfredi Vinassa De Regny Andiamo a incominciare. ... 7 13 Questa è la prefazione. Prima stavo scherzando 15 Cap 1 II copy. Chi è costui? 19 Cap 2 Cenni storici 27 Cap 3 Le strategie 37 Cap 4 II lavoro del copy all'interno dell'agenzia 47 Cap 5 Scrivere uno spot 53 Cap 6 Il direct mail/marketing 57 Cap 7 II futuro (prossimo) del copy 63 Cap 8 Come presentare i propri lavori 81 Cap 9 Dieci consigli pratici (con bibliografia) per chi vuole diventare copy 91 Appendice Dieci copy che hanno fatto la storia del copy 95 Un congedo, un arrivederci e qualche conclusione . . .106 Estratto della pubblicazione Una sintesi anzi un apologo 107 Due parole (scritte) sull'autore 109 Ringraziamenti 111 Estratto distribuito da Biblet Il copy, secondo un art director di Manfredi Vinassa De Regny È forse un'ironia della sorte che sia un art director a scrivere la prefazione a questo volume. Vediamo... un manuale per copy! Però a pensarci bene mi sembra che la presentazione da parte di un Art sia una proposta strategica, visto che con voi copy dobbiamo condividere il tavolo, la scrivania e il lavoro. Quindi tanto vale che sia un Art Director a cominciare a dialogare con voi. Ed ecco la mia ricetta! Come vuole il più perfetto luogo comune noi art scriviamo i vostri migliori titoli, mentre voi copy ci descrivete i visual più pertinenti per la campagna che prepareremo insieme. Insomma, forse voi "copy" che siete più "bravi" per antonomasia, di solito apparite più acculturati, lavorate a più tavoli, dando il vostro contributo a più art director. In effetti il vostro lavoro, dopo la fase creativa e strategica, diventa più semplice di quello del vostro art che invece ha dei procedimenti e delle meccaniche operative complesse. Queste richiedono più tempo e più manualità nello svolgimento del lavoro. Certo; il bravo copy per solidarietà con il proprio art, collabora anche alla fase esecutiva della campagna, cercando di conoscere i meccanismi dell'impaginazione, della tipografia, i caratteri della stampa, l'utilizzo del computer e dell'impaginazione a video. Ovviamente, non per portare via il lavoro al proprio art director, ma per aiutarlo a sviluppare e produrre il lavoro creativo. Imparerete quindi a seguire una fotografia, a co-dirigere un PPM cinematografico, fotografico o radiofonico, a stare sul set ed ad accorgervi di tutti i dettagli della costruzione dell'immagine, sia in termini di estetica sia di comunicazione ecc. ecc. Insomma un bravo copy è anche un valido braccio destro dell'art director. In tanti anni di lavoro e diverse esperienze - dalle più piccole agenzie alle grandi multinazionali - ho lavorato con tantissimi copy e ricordo con molto piacere quelli che si sono tirati su le maniche e che mi hanno sempre 7 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet aiutato anche nella produzione. Poi ho trovato anche i copy "manager", (certo, ci sono anche i "copy manager") con cui spartirsi la gestione del "piccolo potere" che la coppia creativa ha sia nei reparti all'interno dell'agenzia che nei riguardi del cliente per cui si lavora. Tante stupende persone che non hanno mai fatto pesare nell'ambito della coppia la loro superiorità, quando c'era, tante persone cariche di entusiasmo e di curiosità che con molta modestia si sono avvicinate al lavoro, intrecciando un rapporto a due con il proprio art director, come in un matrimonio. Grazie alla mediazione e alla educazione dei due partner, il rapporto si consolida e, grazie alla curiosità e alla creatività di art & copy, nascono campagne memorabili. Ricordatevelo: non ci sono grandi alchimie e non ci sono grandi segreti per diventare un grande creativo o meglio un grande copy, tranne una piccola sequenza di tip, di suggerimenti che mi permetto di darvi. Altri ne ricaverete grazie alla professionalità che acquisirete a scuola, o facendo del tirocinio in agenzia e soprattutto leggendo o studiando libri come questo dell'amico e collega Domenico Colella. A proposito di questo, ci dobbiamo domandare come mai - e lo abbiamo osservato in tanti anni di lavoro - chi lavora in pubblicità legge pochissimo, evita persino quei pochi libribase che non si dovrebbero ignorare. Sembra quasi che tutto il nostro sapere, la nostra professionalità sia affidata esclusivamente all'esperienza e alla tradizione "orale" del mestiere o al massimo a qualche documento fotocopiato che circola all'interno delle agenzie multinazionali. Mentre i rari testi, pochi purtroppo ma fondamentali, sono comunque negletti. È un vero peccato, perché le regole del gioco si devono sempre conoscere, soprattutto per tanti creativi tra virgolette che poi queste regole le trasgrediscono. Prima, almeno, bisogna conoscerle. A chiusura un ultimo pensiero, a proposito della coppia creativa: chi produce le idee? È il copywriter o l'art director? Oppure l'idea è figlia della coppia? Un luogo comune vuole che sia lo "scrittore" a produrre l'idea che viene poi passata all'art per la visualizzazione: tutto comincerebbe dall'headline...all'inizio era il verbo. Ma è proprio vero che l'idea sia di origine verbale? Noi 8 pensiamo piuttosto che l'idea, la grande idea non sia né verbale né visuale in campagna. "Where is the beef'?"* è copy o art? L'idea, in genere, è qualcosa che viene prima delle parole o delle immagini sia che provenga dall'emisfero sinistro del cervello che da quello destro, sia che provenga dal copy che dall'art e semmai è il trattamento che può prendere una piega più visiva che copy o viceversa. L'importante, comunque, è che ci sia un'idea nella vostra campagna - questo avviene sempre più raramente in questi ultimi anni! Poi bisognerebbe che l'idea fosse pertinente ...il che sinceramente oggi non avviene quasi mai... Ma questo deve essere il vostro obiettivo. Buon lavoro e buona lettura ...e buoni copy. Infine, se volete approfondire, a completamento del fervorino, ecco alcune regolette e suggerimenti. Qualche piccolo e pratico consiglio al futuro copy:* Curiosità Siate curiosi, interessatevi a tutto quello che ruota intorno alla comunicazione: dibattiti, convegni, programmi televisivi, convention, corsi, ma anche cinema, teatro, viaggi... ricordate che siete come degli eterni bambini a caccia di informazioni per crescere. Senza curiosità non si cresce, neanche creativamente. Aggiornamento Bisogna essere sempre aggiornati su ogni cosa, il quotidiano è un must e così sarà anche per gli spettacoli, tutti i film osannati dalla critica dovrebbero essere visti già il giorno dopo della prima. Così anche per i nuovi romanzi o i saggi molto trendy: devono essere divorati. Non parliamo delle riviste * Letteralmente: dov'è la polpa? È una celebrata campagna umoristica basata su una serie di spot diretti dal grande regista americano Joe Sedelmaier per la catena di ristorazione Wendy's. Al termine di ogni episodio veniva pronunciata la battuta-tormentone citata sopra. * Questi consigli si possono proficuamente sommare a quelli che appaiono nel capitolo 9. 9 importanti, che vanno prese il giorno della loro uscita in edicola, così per le mostre o esposizioni e spettacoli teatrali, insomma bisogna sapere, vedere e soprattutto anticipare gli altri. E magari, con l'aiuto dei "Variety", dei "Wired", dei "New Yorker", (riviste specializzate o di opinione) riuscire a scoprire le tendenze e le mode prima ancora che arrivino in Italia. Ovviamente guarderemo i programmi tv più importanti e, con un impianto parabolico andremo a vedere in diretta gli spot pubblicitari dei colleghi in ogni parte del il mondo. Archivio e Libreria L'archivio del copy è come quello dell'art, sarà pieno di ritagli di pagine rubate dalle riviste, dai quotidiani, con immagini, titoli, idee di format, body copy, magari il tutto raccolto e suddiviso in cartelline. Tutto materiale che verrà consultato quando si è alla ricerca di un'idea. Ma l'archivio del copy almeno quello dell'ufficio, sarà ricco di libri del mestiere: annua!, ma anche libri di comunicazione. Meglio se poi nella cultura del copy c'è anche la cultura del mestiere e quindi i libri classici del mestiere, i vari Ogilvy - Reeves - Séguéla Hopkins - O'Toole - Maas. E non è una vera Library se alle spalle del vostro posto di lavoro questa non contempla il dizionario della Pubblicità di Giuseppe Mariani, uno dei copy italiani che più hanno fatto per diffondere e svelare il mestiere ai giovani, interpretando e spiegando le teorie anglosassoni della comunicazione pubblicitaria. Dicevamo dizionari, ci sarà quello di italiano, dei sinonimi e contrari, e vari altri con raccolte di "frasi fatte", "proverbi", "frasi celebri" e così via. In più per concludere, qualche CD multimediale e una ricca raccolta di videocassette con spot da tutto il mondo. È una banca-dati che è facilissimo farsi da soli, seguendo i vari festival e i programmi tv tipo "pubblimania" che vengono trasmessi in tv. Sono dei must da registrare o comunque da chiedere in prestito a qualche collega all'ufficio cinema o alle case di produzione. Club & Associazioni Premi Il giovane copy avrà tanto buon senso da rifiutare l'iscrizione a certe parrocchie di autoincensatori che non fanno nulla, per la professione e la formazione se non I'autoelogio. Piuttosto, cercherà di frequentare e di diventare socio di organizzazioni come la TP che cerca di costruire e di dare dignità e futuro al nostro mestiere di tecnici, soprattutto pensando alla formazione. Scuola e cultura Al di là dell'informazione e dei libri, un bravo copy deve saper cogliere le occasioni per migliorarsi; quindi tenete d'occhio i corsi, le convention, le letture, qualsiasi cosa che possa aiutarvi a migliorare la conoscenza del settore. A volte quando i corsi sono a pagamento, si può cercare di chiedere l'iscrizione all'agenzia dove si lavora come "fringe benefit". Ricordate che i soldi investiti su di voi e sul vostro business sono soldi spesi bene. Autopubblicità Il vostro mestiere sarà quello di mettere in "luce" un cliente dell'agenzia dove lavorate... però non che anche voi in questo business siete come un quindi non dimenticate di promuovervi... in modo Scrivete qualche articolo per le testate di settore, lezione in qualche scuola, corrispondete con dei partecipate alle manifestazioni, fatevi vedere, ma raccomando la sobrietà. un servizio o dimenticate "prodotto" e discreto. tenete delle colleghi, mi Sprovincializzatevi Toglietevi di dosso la polvere della provincia, regione, nazione: internazionalizzatevi, organizzatevi per monitorare quello che sta succedendo nelle nazioni guida che diventano un punto di riferimento. I mezzi ci sono: tv satellitare, cassette, riviste, festival... Fatevi aiutare dall'agenzia, ci sono anche iscrizioni "one day" attending (formule particolarmente vantaggiose) al Festival della pubblicità di Cannes, ci sono delle super edicole poi dove si trova di tutto e si può sfogliare quanto esposto, oppure frequentate le biblioteche comunali che hanno riviste e Annual... Siate uno stratega Diciamo che nella coppia creativa il ruolo dello stratega è lasciato al copy, per cui esercitatevi nello scrivere le strategie di comunicazione. Ci sono dei libri che vi aiutano in questa scienza. In effetti esiste un vero e proprio procedimento (vedete il "Come fare una pubblicità efficace" della Sperling & Kupfer). Non è possibile iniziare a studiare una campagna pubblicitaria se non si è svolta con rigore una strategia di 10 11 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet comunicazione o una copy strategy. È solo dopo questo esercizio rigoroso che si pensa in modo creativo: ricordatevelo. Alla ricerca dell'idea Dopo la strategia potrete cominciare a caricare il vostro cervello di dati, informazioni, immagini del mercato, del prodotto, della sua concorrenza, di comunicazione della concorrenza, di tutto quello che avete trovato e letto sull'argomento, discusso e visto. Bisogna lasciare che questo brodo di informazioni entri in ebollizione per un certo tempo nel vostro cervello. Vedrete che poi vi sarà più facile far nascere l'idea o l'embrione dell'idea, quella che farà e fa la differenza tra la comunicazione normale e la comunicazione creativa. Qual è la più importante caratteristica di una idea efficace? Innanzitutto questa deve essere pertinente, nascere dal prodotto e dalla sua strategia, dalle "informazioni specifiche", dalla ricerca dell' "individualità di relazione" che esiste tra ogni prodotto e il suo target, è un compito duro che cerchiamo sempre di evitare. E come dice Ogilvy: "...Non c'è via di scampo: per produrre una campagna di successo bisogna cominciare studiando la lezione... L'ho sempre trovato insopportabilmente noioso ma è assolutamente indispensabile" ... Indispensabile perché se l'idea non è pertinente - per quanto grande, brillante e meravigliosa essa sia - serve a ben poco. Forse farà ridere o piangere o commuovere, ma è difficile che faccia vendere. Un altro vantaggio dell'idea pertinente è quella della sua esclusività. Quindi quanto più l'idea è pertinente, tanto più la pubblicità è esclusiva. Questo non è un vantaggio da poco in un mercato dove la concomitanza di due campagne con la stessa idea o l'imitazione - volontaria o involontaria - è probabile; nel "villaggio" sempre più piccolo dove centinaia di idee nascono e si trasmettono ogni giorno. Andiamo a incominciare. Questo libro è stato scritto per chi scrive di professione. O comunque vorrà abbracciare questa professione. O magari deve valutare i testi che gli vengono proposti. Naturalmente lo scrivere è un argomento vastissimo: noi però ne affronteremo solo uno spicchio: lo scrivere a fini commerciali. E cioè: scrivere per aiutare un'azienda o un'ente a raggiungere o consolidare le sue finalità che, normalmente, sono economiche. Questo è sostanzialmente il lavoro del copywriter, una figura professionale che definiremo con precisione nel primo capitolo. Dico 'sostanzialmente' perché in effetti il copywriter (o copy per abbreviazione) non si limita a scrivere (come vedremo) ma in molti casi si occupa anche di iniziative istituzionali, sociali o addirittura politiche. Attività cioè che travalicano l'aspetto meramente economico e commerciale. Detto questo, passiamo alla prefazione, vera e propria. Esperti nell'esecuzione Non lasciate il vostro art da solo alle prese con la produzione creativa, diventate voi stessi dei conoscitori dei problemi dell'esecuzione, ed esperti in questo campo. Oltre a dare una mano al vostro partner, sarete sicuramente in grado di giudicare un portfolio di un fotografo, un illustratore o una show reel di un regista; tra l'altro questa è la parte del mestiere di comunicatore creativo più dinamica e ricca di significati. 13 12 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Questa Prima è la stavo prefazione. scherzando. Chi è (e che cosa fa) il copywriter oggi, anno di grazia 1996? Questo libro cerca di dare una risposta. O almeno degli inizi di risposta. L'intento di partenza non è però tanto filologico, ma pratico. Infatti questa è una guida per: 1) permettere ad un utente di valutare al meglio il lavoro di un copy 2) dare qualche strumento cognitivo per aiutare uno studente a diventare copywriter 3) fornire agli studiosi della comunicazione di massa degli elementi oggettivi per valutare il fenomeno copywriting (che mi sembra ancora largamente equivocato, almeno in Italia). Gli intenti, come si vede, sono abbastanza ambiziosi: questo libro in sostanza ha di fronte tre target diversi, ognuno con esigenze specifiche e, sotto certi aspetti, addirittura contrastanti. Che cosa mi permette di essere comunque ottimista e speranzoso di non avere clamorosamente fallito il bersaglio (o meglio i bersagli)? Un fatto molto semplice: questo libro non è nato a tavolino per raccogliere le indicazioni o i pareri di un professionista da tempo sul campo. Ha qualcosa in più: è nato da un corso. E cioè dalla registrazione e dal materiale didattico di una serie di lezioni sul copywriting. Il corso è stato organizzato per la sede di Busto Arsizio della Università Européenne Jean Monnet nel marzo '96. Quindi è un testo vivo, che nasce da un'esperienza reale e concreta. Il lettore ne tenga conto e scusi, se può, l'inevitabile schematismo di chi voleva subito arrivare al sodo. Ma forse questa è anche l'intenzione dello stesso lettore. Oggi chi ha tempo da perdere? 15 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet La struttura del libro Questo libro è articolato in dieci parti, grosso modo quante le lezioni del corso sul copywriting che ho citato prima. Dopo la spiegazione dei ferri del mestiere e qualche doveroso cenno storico ci si concentra sulle strategie, vero e proprio core business (attività principale) oggi del lavoro del copywriter. Qualche accenno merita anche la scrittura degli spot e un occhio di riguardo è per il direct marketing. Il libro è completato da uno sguardo ai nuovi mezzi e alle recenti tecnologie: avremo un cybercopywriter? Per brevità chiamiamolo cybercopy. L'immancabile appendice riporta poi i dieci più importanti copy della storia, secondo il giudizio dell'autore. Questa forse è la parte più opinabile di una guida che aspira ad essere il più possibile oggettiva e super partes. Molto importanti sono la bibliografia finale ed i consigli (non per gli acquisti) ma per diventare copy. Istruzioni per l'uso Ci sono libri che si possono leggere anche saltabeccando qua e là, da un capitolo all'altro. In questo caso, invece consiglio di seguire la successione delle pagine che sono un po'come una lenta scalata dal gradino più basso a quello più alto. Cioè dall'argomento più facile a quello più difficile. Oltre tutto, come vedete, il libro è breve. Su questo punto l'editore è stato inflessibile. "Ragazzi non superate di molto le 100 pagine oppure la guida non la legge (cioè: compra) nessuno". Davanti a questa terribile minaccia ci siamo messi tutti sull'attenti. E poi abbiamo cercato di trasformare questo limite in un plus (vantaggio esclusivo). Eliminando drasticamente tutto quello che riteniamo superato o non fondamentale. Che cosa manca nel libro Manca (volutamente) una parte dedicata alla situazione italiana del copywriting. Che cosa ci ha spinti a questo? Diversi motivi anche di opportunità, ma soprattutto: 1) 16 la mediocre situazione della pubblicità italiana, a tutt'oggi in gran parte priva di cultura e di concreti stimoli a migliorarsi. La crisi ideologica e creativa oggi - a partire dal 93 - si é fatta anche economica. Il copywriting italiano rientra in questa situazione di generale riflusso: mentre la vecchia guardia tira a campare, i giovani stentano a portare nuova linfa in un settore asfittico e degradato. Speriamo che questo libro dia un (piccolo) impulso ad una positiva inversione di tendenza. 2) Il mancato decollo di una scuola italiana del copywriting. Nei nostri intenti, partendo dalla lezione anglosassone, il copywriting avrebbe dovuto e potuto recuperare i migliori valori anche creativi della società italiana. Questo non è riuscito, il risultato è sotto gli occhi di tutti. Eppure nel dopoguerra qualcosa si era mossa, anche nel nostro paese. Gino Pesavento (autore di un memorabile "Lo scrittore di Pubblicità"poi diventato "Il Copywriter oggi" ed. L'Ufficio Moderno) aveva introdotto la lezione anglosassone presso le aziende italiane (a partire dalla Star). Più avanti, le prime tre agenzie multinazionali operanti nel nostro paese (e cioè la Thompson, la Lintas e soprattutto la Young & Rubicam) avevano creato delle autentiche scuole che avrebbero potuto porre le basi per un serio copywriting anche in Italia. 3) Poi è venuto lo sboom e la professione si è afflosciata presto, quasi come un fiore che appassisce subito, prima ancora di essere del tutto sbocciato. Oggi si vedono in giro rarissimamente dei copy (nel senso di testi) intelligenti ed acuti. Quasi mai mi capita di dire "quello avrei voluto farlo io" come recita una famosa rubrica americana su Advertising Age. * Nella crisi si sono inseriti veri e propri avventurieri della comunicazione che fanno del sensazionalismo a buon mercato. Approfittano dei pochi scrupoli di certa utenza (tutto va bene per vendere, non è vero?) ma anche della carenza (non dico mancanza) di valide alternative. In questa situazione i copywriter attuali cercano spesso reali consacrazioni al di fuori della comunicazione (per esempio scrivendo libri o flirtando con i giornalisti). C'è anche da dire che la cultura italiana è poco propensa a valutare positivamente il copy per antiche (e mai sopite) diffidenze ideologiche. Ma questa è un'altra storia. Allora, cerchiamo insieme di scriverne un'altra? Ci risentiamo (rileggiamo) nella conclusione. E buona lettura. Domenico Colella, Milano, giugno '96 * Importante settimanale americano di marketing, più volte ripreso nel volume. 17 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Cap 1 Il copy. Chi è costui? "Ah che tempi. Una frase non è che un guanto di capretto. E un bello spirito fa presto a voltare il rovescio dal diritto". ("La d o d i c e s i m a notte" di William Shakespeare) Si potrebbe rispondere, un po' pirandellianamente: Uno, nessuno e centomila. Infatti quella del copy (d'ora in poi per brevità lo indicheremo così) più che una professione è un insieme di specializzazioni: scrittore, conoscitore di metafore, sceneggiatore, autore di musiche, semi-giornalista, sognatore ma anche attento lettore ed analista di documenti di marketing. Un personaggio che secondo alcuni è un po' svitato ma che invece deve aver sempre i piedi ben piantati per terra. Insomma se vogliamo cercare un parallelo lo troveremo probabilmente nei tool di shakesperiana memoria. Sembrano tanto strambi ma dicono (e immaginano) cose molto più sagge di tanti altri personaggi apparentemente più posati. Una cosa è certa: parliamo di una professione molto sfaccettata e complessa. Fool anzi funambolo Perché la definisco una professione "sfaccettata"? Ma perché da una parte il copywriter ha un compito, diciamo così creativo, di ideazione fantastica, ma dall'altro deve tenere conto delle ricerche, delle analisi di mercato, dei problemi commerciali... insomma di tutta la realtà e delle esigenze concrete del cliente. Quindi il copywriter cammina sul filo tra due rischi sempre ben presenti: o cadere nella piatta illustrazione o messa in bella di un brief - vedremo cos'è - oppure lanciarsi in voli di fantasia che sono assolutamente disancorati dalla realtà del cliente. In ogni caso si fa un bel tonfo. Come rimanere sul filo? Questo sarà uno dei temi del nostro corso, ma prima facciamo qualche salutare passo indietro. Partiamo dalla cosa più semplice. Cerchiamo di definire esattamente chi è il copy e soprattutto che cosa fa. Una definizione di copy Bene, vediamo allora una definizione più autorevole, quella del Dictionary of Advertising di Laurence Urdang 19 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Copywriter è una persona preposta normalmente servono a sottolineare a s c r i v e r e testi pubblicitari o editoriali. un elemento strategico importante, ad esempio un prezzo scontato) Definizione ineccepibile ma forse un po' scarna. Vediamo allora che cosa dice lo stesso dizionario del termine copy (attenzione: in questo caso non si tratta dell'abbreviazione di copywriter ma di quello che il copywriter crea). Cerchiamo adesso di vedere, in uno schema riassuntivo, l'ossatura generale di un annuncio, pezzo per pezzo. Ci sono varie definizioni, scegliamo quella più congeniale al nostro discorso. C o p y s o n o le parti scritte di un annuncio. E cioè: l ' h e a d l i n e (il titolo); il b o d y c o p y ( c o r p o del t e s t o ) ; il p a y off ( c o n g e d o ) . Quelli appena elencati sono gli elementi scritti principali del testo. Ce ne sono naturalmente altri secondari che appaiono più raramente come, ad esempio: E l e m e n t i s e c o n d a r i del c o p y : - la s u b - h e a d l i n e (il s o t t o t i t o l o ) - le c a p t i o n ( d i d a s c a l i e , ad e s e m p i o per le f o t o o le illustrazioni) - i f l a s h (scritte " s p a r a t e " c h e Come poi noteremo lo stesso schema si applica - con qualche sforzo di immaginazione - a qualunque messaggio, su qualunque mezzo. Naturalmente, da caso a caso, determinati elementi avranno un peso maggiore (ad esempio il titolo per un manifesto). E ancora, sempre per il manifesto: qui il body copy normalmente è assente. E così via. 21 20 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet L'importanza del titolo Cerchiamo adesso di capire qual è l'elemento più importante di un avviso. Preciso che ci rifacciamo per comodità ad un avviso stampa, ma poi vedremo gli stessi concetti applicati ad altri mezzi, come la radio, la televisione, i manifesti etc. L'elemento più importante di un annuncio è il titolo. (Headline). Sentiamo il grande esperto John Caples* 1) Il titolo è l'etichetta dell'inserzione 2) Ogni titolo deve puntare su vantaggi al lettore 3) Se possibile deve contenere notizie nuove (Gratis e nuovo) 4) È meglio mettere nel titolo la promessa di vendita. (David Ogilvy) Tutti i messaggi hanno titoli. In tv è l'inizio di un telecomunicato. Alla radio, sono le prime cinque parole. In una lettera è il primo paragrafo (o l'oggetto). Persino una telefonata comincia con un titolo. (John Caples) Riassumendo, i compiti di un titolo sono essenzialmente questi: * Catturare l'attenzione * Anticipare (in modo intrigante) l'argomento dell'annuncio * Iniziare la vendita. I titoli (come del resto tutta la pubblicità) possono essere suddivisi secondo le due grandi scuole della pubblicità. Naturalmente sono possibili molte altre sotto-divisioni ma, per grandi linee, gli annunci pubblicitari rispondono a due fondamentali scuole di pensiero: E anche David Ogilvy* * John Caples: stratega del direct mail. * David Ogilvy: maestro del copy inglese fondatore della omonima agenzia. - l'hard selling (la vendita dura di Claude Hopkins) - il soft selling (la pubblicità emozionante di Mac Manus) 23 22 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet > Nei prossimi capitoli (specie in quello storico e sulle strategie) vedremo meglio queste due scuole che, ovviamente, hanno infinite suddivisioni nel loro interno. Esercizio: Il lettore può raccogliere dieci annunci dalle pubblicazioni che abitualmente legge e provare a suddividerli secondo i criteri descritti. Passiamo adesso ad una parte che attualmente è un po' sottovalutata: il body copy. Ancora una volta è meglio definire di cosa stiamo parlando. Il body copy > è un testo che segue il titolo e lo sviluppa o lo puntualizza diffondendosi in maggiori dettagli. Una volta, nelle prime pubblicità, il body copy era importante. Quando cioè era di moda la comunicazione 'a storia' (in America soprattutto negli anni 20). In pratica ogni avviso era una storiella. Ne trovate qualche esempio in appendice. Questa forma di pubblicità - per altro molto gustosa - è oggi quasi scomparsa. Ce ne occuperemo più a fondo nella lezione storica. Il pay off: ossia il congedo Infine il terzo elemento base è il pay off, la frase di coda e di chiusura dell'avviso. Il Pay off: Breve frase che fa da firma all'inserzionista e che memorizza in 24 maniera riassuntiva il messaggio di vendita. Il pay off si abbina al nome del prodotto/marca. Vediamo qualche esempio classico di pay off. • Kraft. Cose buone dal Mondo. • Avis. We try harder.(Ce la mettiamo tutta) • Galbani vuol dire fiducia. • Cirio. Come natura crea. • Rai. Di tutto, di più. Il pay off viene anche tradotto come 'la frase di firma', il motto cioè che accompagna l'azienda dalla sua nascita e, qualche volta, sopravvive nella memoria collettiva anche dopo la eventuale scomparsa dell'azienda per la quale è stato creato. Conclusione. Questo primo capitolo introduttivo vi ha permesso di conoscere i primissimi ferri del mestiere. Altri più complessi saranno illustrati in seguito: per esempio la copy platform (piattaforma di copy) che, insieme alla strategia creativa, meriterà un intero capitolo. Esercizio finale. Analizzate almeno dieci annunci-stampa e abituatevi a riconoscere il tìtolo, il pay off, il body copy etc. 25 Estratto distribuito da Biblet Cap 2 Cenni storici >Attenzione: anche se siete dei pragmatici incalliti, non saltate questo capitolo. Sembra inutile ma non lo è. Vedrete. Le origini. Qual è stato il primo copy? Secondo un testo americano (Important dates in Advertising), in un certo senso persino la Bibbia contiene delle parti che potrebbero anticipare la moderna pubblicità. Infatti in un versetto del Vangelo Gesù Cristo proclama agli apostoli: "Andate in ogni parte del mondo e diffondete il mio messaggio." Naturalmente questa concezione è opinabile. Per questo riteniamo discutibile anche la tesi di chi fa rientrare tra i precursori della pubblicità persino gli autori delle iscrizioni romane od etrusche. Il primo copy realmente tale della storia? Facciamo un'ipotesi. Ecco il testo di un annuncio Men Wanted apparso ai primi del novecento e inserito nella raccolta "The 100 Greatest Advertisements" curata da Julian Lewis Watkins. Si cercano uomini per un viaggio azzardato Piccoli carri, freddo pungente, lunghi mesi di tenebre complete, pericolo costante, ritorno a casa non garantito. Onore e gloria in caso di successo. (Ernest Shacketon) 27 Estratto distribuito da Biblet Nascita della pubblicità moderna. Nessuna responsabilità Per noi la pubblicità moderna nasce con lo sviluppo della rivoluzione industriale, dei grandi mercati di massa e del marketing (lo studio appunto di questi mercati). Cioè circa nella metà del 1700. Nei primi tempi la pubblicità era una attività poco raccomandabile e le stesse banche avevano diffidenza per le aziende che vi ricorrevano. Volevano forse coprire dei dissesti finanziari? Quindi, caso mai il vero precursore della moderna pubblicità è Beniamino Franklin, uno dei padri della nazione americana e creatori di giornali che si reggevano sulla pubblicità (come le Gazzette). La pubblicità moderna Erano le medicine patentate (patented medicines: in italiano forse si direbbe rimedi tuttofare). In pratica pseudo medicinali che promettevano miracoli e curavano un po' di tutto (dalle emicranie al mal di denti). La pubblicità moderna comunque - quella in qualche modo legata al marketing - nasce prima del copywriting. Infatti la prima agenzia di pubblicità - fondata da Volney Palmer a Filadelfia - si fa risalire al 1843. Volney piazzava degli annunci sui giornali, ma i testi se li preparava direttamente il cliente. In questa fase, come si vede, il copy aveva poco spazio: i testi (come quelli famosi di Linda Pinkham per i suoi estratti vegetali) venivano gettati giù alla brava dallo stesso produttore. Nessuno controllava niente, se non il pagamento delle inserzioni. > Quindi i primi copy se li scriveva il cliente stesso. Quasi subito nella pubblicità americana - ben lontana allora dal marketing - si diffuse l'uso di slogan e brevi composizioni in rima. Come ricorda Stephen Fox (in "The Mirrar Makers") la tipica agenzia del 1870 conduceva i propri affari semplicemente in un ufficio con una stanza sola. E in realtà non serviva molto di più. Per lavorare non serviva la professionalità ma essere proni ai desideri del cliente. Si racconta che una volta Daniel M. Lord (più tardi fondatore della famosa agenzia Lord & Thomas, di cui parleremo più avanti) tentò di dare dei consigli ad un cliente circa un suo avviso. - Giovanotto - si sentì rispondere Lord - forse voi sapete un sacco di cose sulla comunicazione ma niente del mio settore. Per la cronaca il cliente si occupava di arredamento. Questo era l'andazzo. Del resto l'attività era giovane ed informale, con la stessa mancanza di norme e restrizioni che da sempre caratterizza ogni fase pionieristica. 28 I primi prodotti pubblicizzati Caposcuola di questa tendenza fu Earnest Elmo Calkins. I suoi copy a versi erano in pratica un fiotto di deliziosi non-sense che sarebbero potuti servire per decorare delle tazze da the. Calkins ideò personaggi curiosi come Phobe Snow (Artemide Neve) creata per una ferrovia (Lackawanna Railroad) che usava antracite (un carbone la cui combustione non lasciava scorie nell'aria e quindi non sporcava gli abiti). Ne derivavano divertenti filastrocche. II concetto riprendeva uno spunto di Mark Twain (1835-1910). Comunicazione informativa Ben presto però cominciò a farsi strada un'altra forma di copy, meno giocosa e più informativa. I primi due claim di grande successo furono coniati per il sapone Ivory (1882) 29 Estratto distribuito da Biblet Puro al 99,44% e Galleggia Powers impiegava brevi frasi di costruzione semplice. I sapone galleggiava perché fatto con grassi vegetali e profumi. Sii altri saponi fatti con grassi animali erano troppo deperibili e quindi inadatti ad una larga commercializzazione su scala nazionale. ancora nel 1892 le agenzie erano restie ad assumere un copywriter, che in genere era un freelance (libero crofessionista). "Il mio modo di scrivere è quello parlato" affermava. Uno stile accessibile anche a un ragazzino. Anche i caratteri usati per gli annunci erano quelli correnti: niente stranezze tipografiche. L'uomo poi era sorprendentemente franco e candido. "Mi piace raccontare alla lontana la storia dei beni che presento" diceva. Per questo descrisse il grande magazzino di Wanamaker come un grande magazzino vasto, sobrio, ma non particolarmente elegante. La lezione di Powers è alla base di quella di Claude Hopkins e di altri importanti nomi. II primo vero copy Secondo alcuni fu John E. Powers. Costui svolse molte attività prima di dedicarsi ai testi pubblicitari. Nato in una fattoria a New York nel 1837 lavorò per una compagnia di assicurazioni, vendette macchine da cucire e si occupò di abbonamenti per il giornale The Nation. Powers si formò creando testi per il grande magazzino Wanamaker. Per quasi nove mesi scrisse un annuncio al giorno per quel cliente ma, alla fine intuì che solo uno su sei coinvolgeva il grande pubblico. Arrivò allora a concludere che la vendita troppo diretta (poi definita hard selling, cioè vendita dura) stanca il pubblico. Creò allora dei piccoli annunci per i giornali che riportavano solo pochi fatti. Powers è un po' il profeta dell'understatement. > (Quella scuola anglosassone che tende a sdrammatizzare le cose anziché esasperarle). Nei titoli di Powers non ci sono stranezze, nessuna ansietà di vendere, non si cerca il coinvolgimento a tutti i costi. Intervistato nel 1895 da un cronista di Printer's Ink (la rivista che successivamente divenne Advertising Age) alla domanda sullo scrivere copy rispose: "La prima cosa da fare è di prestare attenzione al lettore. Ciò significa essere interessanti. La seconda cosa è di puntare alla verità e ciò significa rettificare tutto ciò che è sbagliato". Una nuova definizione di pubblicità Un altro teorico della pubblicità, precursore della pubblicità scientifica fu John E. Kennedy (nessuna parentela con il quasi omonimo presidente americano). Nel 1904 si reca da Albert Lasker, creatore della agenzia Lord & Thomas. Lasker stava cercando una definizione di pubblicità che lo soddisfacesse. Kennedy gli rivelò in un memorabile incontro che: La pubblicità è: Salesmanship-on print Stile di Powers Questo precursore del copy usava un linguaggio familiare, colloquiale, un inglese parlato piuttosto che scritto. > Attenzione, questa regola vale ancora oggi: con una difficoltà supplementare per noi italiani. Nella nostra lingua c'è maggiore stacco tra scritto e parlato. Ossia l'arte (abilità) di vendere tramite la stampa. E cioè l'annuncio pubblicitario deve sostituire (in una certa misura) il piazzista, il rappresentante che gira di casa in casa. > In un qualche modo questa regola vale ancora oggi, anche se è stata coniata nel 1904. H; 30 31 Estratto distribuito da Biblet Kennedy inventò anche la reason-why (vedi terzo capitolo) Nota: secondo altri l'inventore della rw è Hopkins. Il testo a reason-why secondo K. deve essere: logica, più convinzione, più persuasione. In pratica un valido strumento di vendita, disadorno e razionale, adatto alla mentalità media. Lasker assunse il geniale copy che però, essendo molto lento nel lavoro dopo due anni ebbe dei problemi e se ne andò. Al suo posto arrivò Hopkins. di qualunque birra, ma nessuno lo aveva proclamato prima nella comunicazione. Così facendo la Schlitz stabiliva nella mente del consumatore una sorta di unicità del prodotto H. sviluppò molto anche la tecnica del mail-order advertising, ossia l'inserimento a p i e di pagina del coupon per la richiesta di campioni gratuiti. > Era una sorta di comunicazione interattiva ante-litteram perché stabiliva una specie di dialogo con il lettore (che in genere doveva ritirare il campione nel negozio convenzionato). Hopkins: il primo copy strategico. Riassumendo: Senza nulla togliere ai suoi predecessori Claude Hopkins (più volte anticipato nelle pagine precedenti) fu il vero padre del copywriting moderno, quello strategico. Claude C. Hopkins nacque in una piccola cittadina del Michigan nel 1867. Veniva da una lunga discendenza di pastori protestanti ed era destinato al ministero. Ma suo padre morì quando egli aveva dieci anni ed il giovane Claude fu costretto a guadagnarsi da vivere. Lavorò inizialmente come contabile presso una società che vendeva aspirapolveri (Bissell). Nel 1908 fu assunto da Albert Lasker alla Lord & Thomas. Per sedici anni Hopkins scrisse testi per Quaker Oats, Saponetta Palmolive, Dentifricio Pepsodent e moltissimi altri prodotti che divennero - grazie a lui - famosi in tutto il mondo. Hopkins si ritirò dalla professione nel 1924 e morì nel 1932. Ha scritto due libri, almeno uno dei quali fondamentale per la nostra professione: "Scientific Advertising (1925) Tra le più importanti scoperte di Hopkins ricordiamo: La rivendicazione a prelazione, e cioè l'utilizzo in una campagna di un vantaggio competitivo comune ad una categorìa di prodotti ma prima mai bene utilizzato da un produttore. Concetto difficile che spieghiamo. Esempio storico: per la birra Schlitz, Hopkins creò una campagna che insisteva sul fatto che le bottiglie erano lavate con vapore vivo. Il procedimento era comune a tutte le bottiglie 32 Concetti fondamentali di Hopkins. • Rivendicazioni a prelazione • Mail order advertising • Campione a buon mercato o regalato Gli annunci secondo H: • Fitto testo in carattere piccolo/ argomenti reason-why • Illustrazioni funzionali • Pagina piena di testo con piccoli bordi Antagonista di Hopkins Se Hopkins viene generalmente considerato il pioniere della pubblicità hard selling (vedere prima suddivisione), il suo perfetto opposto è Theodore MacManus. 33 Estratto distribuito da Biblet Infatti MacManus fu il principale sostenitore della pubblicità di atmosfera basata sulla suggestione. Ulteriori sviluppi. Negli anni 30 alla J. Walter Thompson arriva Stanley Resor. Nasce così il vero prototipo della moderna agenzia. Procedimento di MacManus MacManus non spingeva mai direttamente a prendere un prodotto ma tendeva ogni volta a: > creare lentamente una immagine durevole di qualità affidabile. Il suo concetto di fondo era costruire una "reputazione" al prodotto. " Noi siamo ossessionati - diceva nel 1910 - dal fantasma della reputazione che cresce come un fungo: rapidamente conquistata e rapidamente dilapidata. Invece dobbiamo guardare avanti, anno dopo anno, senza cercare vendite immediate". Il suo parallelo di comunicazione ideale era il modo non frettoloso in cui due persone diventano amiche. Una solida amicizia é basata sulla lenta accumulazione di impressioni favorevoli. "La reale suggestione da convogliare - sosteneva MacManus è che il fabbricante (l'utente) sia un uomo onesto e che il suo è un prodotto onesto che va preferito a tutti gli altri." Il più famoso annuncio di MacManus è "The Penality of the Leadership" che appare in appendice. In definitiva quello di MacManus è un approccio indiretto, più aristocratico, che infatti ebbe maggiore impiego per prodotti di lusso, durevoli o di elevato costo. L'approccio di Hopkins è invece più adatto ai prodotti economici, che si acquistano d'impulso e sì consumano subito (ad esempio, caramelle). Con il duo Hopkins-MacManus le basi del copy moderno sono poste. E nei decenni successivi, fino ai nostri giorni, assistiamo solo a delle variazioni (talvolta pregevolissime) su questi temi. Cerchiamo di riassumere le svolte fondamentali rimandando i più interessati ai volumi citati nella bibliografia. Personaggio di punta di questa struttura è Helen Resor (Lansdowne, prima di sposare Resor), la prima copywriter della storia. Porterà nel campo l'importantissimo punto di vista femminile (moltissimi prodotti pubblicizzati si rivolgono alle donne). Dalla Thompson esce il famoso annuncio per un sapone (Woodbury): La pelle che amate toccare. Seguirà una schiera di bravissime professioniste, smentendo la iniziale credenza che quello del copy sia un lavoro prettamente maschile (qualche nome: Shirley Polikoff, Mary Wells, Reva Korda, Phillis Robinson etc.) Con la campagna Lux (ripresa nell'appendice) i copy scoprono il testimonial (ossia l'impiego del personaggio famoso) e con Bruce Barton arriva la prima pubblicità editoriale. Molto spazio meriterebbe la rivoluzione creativa degli anni 60 con William Bernbach e la sua DDB. L'immortale campagna del maggiolino ha anch'essa il suo spazio in appendice. Sono standard a tutt'oggi forse insuperati. E altri nomi incalzano, altre mode si succedono: come quella della Chiat/Day e di tanti altri clamorosi shop americani ed inglesi. Ma ormai questa è cronaca. Noi abbiamo solo voluto fare un po' di storia. Testi di riferimento: •Stephen Fox, The Mirror Makers, Vintage Books, N.Y. • Claude Hopkins, Scientific Advertising, Crain, Chicago 35 34 Estratto della pubblicazione • J. L. Watkins, The 100 Greatest Advertisements, Dover, N.Y. • E. S.Turner, The Schocking History of Advertising, Penguin England • James Plasted Wood, The Story of Advertising, Ronald Press, N.Y. Cap 3 Le strategie E così siamo arrivati al terzo capitolo. Probabilmente è il più complesso ma anche tra i più importanti. Infatti la strategia di comunicazione è il cuore della moderna pubblicità. La complessità forse è mitigata dal fatto che nei due precedenti capitoli abbiamo posto, spero, delle basi serie per i nostri successivi ragionamenti. In particolare ci ricolleghiamo al capitolo 2 (cenni storici), e cioè a Claude Hopkins. Hopkins è il fondatore della strategia di comunicazione, grazie soprattutto al suo libro "Scientific Advertising" del 1925. Già, un libro molto lontano nel tempo eppure attualissimo. Tanto che il grande maestro della pubblicità contemporanea, David Ogilvy, ebbe a dire: Esercizio finale: Raccogliete cinque annunci alla Hopkins e altrettanti alla MacManus. "Chi aspira ad occuparsi di pubblicità, a qualsiasi livello, deve prima leggere questo libro, almeno dieci volte". Anche il compianto John E. O'Toole (manager della importante agenzia multinazionale FCB) era dello stesso avviso. Anzi, con una posizione ancora più radicale. "Se avessi dieci minuti per spiegare la pubblicità ad un gruppo di studenti leggerei loro i capitoli 'Semplicemente abilità di vendere' e 'Strategia' del libro di Hopkins". Bene, allora seguiamo il consiglio di O'Toole, limitandoci però alla parte iniziale. (Riassumeremo poi i punti salienti). La Strategia secondo Claude Hopkins "La pubblicità è molto simile alla guerra. O, se preferite, ad una partita a scacchi. Noi di solito miriamo ad espugnare fortezze altrui o a conquistare il mercato di altri. 36 Dobbiamo avere abilità e consapevolezza. Dobbiamo avere 37 Estratto della pubblicazione Finito di stampare nel mese di settembre 1996 presso la Tipolito La Pieve - Villa Verucchio (RN) Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Estratto della pubblicazione