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Incanto.
Intreccio di colori sublimi,
di veli sottili,
di istanti confusi.
Arte rivelatrice di arcani misteri
nell’animo celati,
di gioie
fermenti,
dubbi
lamenti.
Arte è essenza
è libertà,
è sogno ed è incubo
è menzogna e verità.
Ferma il tempo
spezza il respiro,
non teme limiti
infrange contorni.
Arte che non si piega al volere del mondo,
che avvolge e distorce l’arida realtà.
Contatto istantaneo tra dimensioni differenti dell’essere.
E ruba, arde
tace, urla.
A.P.
INDICE
EDITORIALE
4
A21SCUOLA
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o
Satira
Guida (inter)galattica per maturandi
5
6
A21ATTUALITÀ&POLITICA
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L’arte di convincere i consumatori
Teste di Modì
Arte immortale
Peppino Impastato
Bombe come fuochi d’artificio
ISIS: Masochismo orientale
8
10
12
13
14
15
A21SCIENZE&TECNOLOGIE
o
I quattro elementi
16
A21CINEMA
o
o
o
Il Ponte delle Spie
Star Wars VII: Il Risveglio della Forza
Creed - Nato per combattere
18
20
22
A21LETTERATURA
o
o
o
“Non necessariamente in quest’ordine”
Il Miniaturista
Bambarén: Il poeta dell’anima
23
25
27
A21MUSICA
o
L’hip-hop 2015 in Italia
28
A21ROMA
o
Eventi di febbraio 2016
30
A21SPORT
o
o
L’arte di simulare
Imbattibili
31
33
A21RUBRICHE
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o
o
Il rimpianto degli inetti
Sarà un anno come gli altri?
L’arte: Il cervello di mille mani
Cosi spaziali & Fognicoli pt. 3
34
36
37
38
SCRIVERE PER ME, PER GLI ALTRI…
Ci sono giorni in cui torniamo a casa stanchi, la mente a pezzi, voglia di fare zero. Alcune volte,
addirittura, non solo non ci va di studiare, ma non riusciamo neanche a leggere, a vedere un film, a
giocare ai videogiochi. Passiamo il pomeriggio con occupazioni futili, per trascorrere il tempo, per
non stare con le mani in mano, ma non concludiamo nulla. Accettiamo l’idea che rimandare non sia
sbagliato e crediamo che quel quarto d’ora passato su internet, quella mezz’ora davanti alla
televisione possano risolvere tutti i nostri problemi. Pensiamo che queste stupidaggini possano
allontanare pensieri orribili, nervosismo, stanchezza. Ci convinciamo del fatto che tutto ciò che non
dovremmo fare, per “un pochino” lo si possa veramente fare.
Succede anche che sapendo che a casa non ci sforzeremo di fare nulla, rimaniamo a zonzo, con gli
amici, in cerca di una qualche occupazione, magari per rilassarci, per non pensare. Ci fermiamo al
bar a prendere un caffè, sperando di trovare qualcuno seduto a tavolo con cui parlare. Facciamo
qualsiasi cosa che riesca a tenere la nostra testa tra le nuvole, cercando di non farla mai ritornare a
terra.
Non ci rendiamo conto di quante cose potremmo fare, di quanto ogni singolo secondo sia utile, se
ben sfruttato. E un modo utile per farlo è sicuramente quello di dedicarsi all’arte.
Questo non significa soltanto essere pittori, scultori o musicisti, ma vuol dire anche, nel nostro
piccolo, dedicarci a ciò che sappiamo fare meglio. Per noi di Articolo21 vuol dire scrivere.
Avere un foglio di carta e una penna – per me – vuol dire tanto, perché vuol dire che ho la
possibilità di mettere nero su bianco qualsiasi cosa mi passi per la testa. Non importa se sia rabbia,
tristezza, felicità, dubbio o desiderio. Non mi interessa cosa ne pensino gli altri. Non reputo
importanti i giudizi della gente sulle parole che uso nei miei scritti. Non sto a sentire le stupide
critiche di chi non condivide il mio pensiero. Non presto attenzione a chi mi dice cosa devo fare.
Penso solamente a ciò che voglio comunicare agli altri e per fare questo non ho bisogno di
nient’altro che me stesso.
A volte scrivo cose che penso di non far leggere a nessuno, per sfogarmi, per confidare al foglio
muto alcuni dei miei pensieri. Inizialmente lo faccio solo per me, ma fin da subito so che prima o
poi qualcuno li leggerà, perché scrivere qualcosa con la pretesa che rimanga per sempre chiuso
dentro un cassetto, è inutile. Buttare tempo e scrivere esclusivamente per me stesso, è egoistico. Il
momento in cui diamo una forma ai nostri pensieri – in qualsiasi modo, non solo con lettere e
parole – e li condividiamo con gli altri, è il momento in cui ci rendiamo finalmente conto che non
stiamo sprecando tempo. Quel momento è il momento in cui facciamo arte.
È proprio questo il tema del numero di questo mese: l’arte in tutte le sue forme. Quella senza
dubbio più vicina a noi è quella della letteratura ed è proprio per questo che ci impegniamo
continuamente per riuscire a far arrivare sui banchi della nostra scuola le copie di Articolo21. Per
noi anche questo è fare arte.
La frase in copertina è di Johann Wolfgang von Goethe, dai più conosciuto per il suo I dolori del
giovane Werther o per il Faust. Essa, in poche righe, rappresenta perfettamente quello che per noi è
scrivere: il più semplice modo per evadere dal mondo, ma anche quello più semplice per entrarne a
far parte.
Claudiu Ivan e la Redazione di Articolo21
Articolo21
21
A21SCUOLA
SATIRA
5
Articolo21
21
A21SCUOLA
GUIDA (INTER)GALATTICA
PER MATURANDI
di ALESSANDRO FRANCESCANGELI
Cari maturandi, tra qualche mese vi tocca.
Ahivoi.
L'ansia probabilmente non ce l'avrete ancora,
nonostante i tentativi del corpo docente di
incutervi terrore. Quasi sempre vani. Almeno
dopo la prima birra serale.
Bene. Anzi, male. Chiudete Articolo21 e andate a studiare matematica.
Se non vi va, cominciate a pensare alla tesina,
o percorso multidisciplinare. Insomma a quella
cosa che vi permetterà di rompere il ghiaccio
durante la prova orale e di presentarvi alla
commissione dopo quello che avete scritto
nelle prime tre prove.
In linea teorica, come e quando dovete presentare la tesina, lo decide la commissione. In
linea pratica andate a chiedere lumi ai docenti
che per la logica dell'alternanza delle materie
(cit.) sperate siano interni: per voi dovrebbero
essere matematica/fisica e storia/filosofia. Ma
tanto il MIUR dovrebbe farvelo sapere a breve (se, speratece, illusi).
Solitamente, o almeno per me è stato così,
dovrete presentare alla commissione prima
dell'inizio degli esami la mappa concettuale
con gli argomenti che tratterete, di modo da
dare il tempo ai prof di vederli e eventualmente prepararsi domande o chiedere chiarimenti.
Se non siete grandi artisti manuali sarebbe
preferibile elaborare un minimo di grafica al
computer. Non serve che chiediate all'amico
che va allo IED se vi fa la mappa concettuale
con Photoshop e Illustrator, ma un minimo di
estetica non guasta. Magari a colori, una
stampa da file in copisteria costa meno di un
caffè. Se poi la plastificate pure potete usarla,
se va male l'esame, come mousepad del pc.
La versione che presenterete alla commissio-
6
ne non deve essere per forza quella definitiva,
evitate però di stravolgerla: va bene parlare
del Berretto a sonagli invece che della Giara di
Pirandello, ma se avevate presentato un percorso sui Social network e la vita dell'uomo nel
XXI secolo e poi ripiegate sul Ruolo della donna durante la Grande Guerra difficilmente potrete giocarvi la carta del "lavoro su questo
percorso da diversi mesi".
E lavorarci prima aiuta. Va bene che gira il
detto che l'unico che ha finito la tesi ad aprile
è stato Lenin, ma evitate di ridurvi a dopo la
terza prova. Questo perché a giugno avrete
altro da studiare (leggi: matematica). Per cui
sì, ci potete lavorare la sera quando non ce la
fate più a ripassare italiano o filosofia, ma cosa scriverci dovete saperlo da prima.
Ma cosa scriverci? Su cosa farla?
Partite da un assioma: avrete tra i sette e i
quindici minuti a seconda di cosa decide la
commissione e da quanto i professori si annoiano.
Per cui se la vostra bozza supera le duecentocinquanta pagine A4 in Times New Roman 9,
forse, dovete togliere qualcosa.
Ma poi, siete sicuri di voler studiare altre duecentocinquanta pagine di tesina quando dovete già prepararvi tutte le altre materie?
Il consiglio è questo: parlate di qualcosa che
sapete già. Una vostra passione, un vostro interesse, qualunque cosa che non vi comporti
un carico di studio maggiore o che comunque vi piaccia approfondire. Qualcosa che sia
un buon diversivo alla fine dei chiusoni di fine
maggio e inizio giugno.
E fate in modo che sia vostra. Non dovete
partire dal troviamo un argomento che si colleghi a tante materie, ma dal come posso ap-
Articolo21
21
profondire e mettere in tesina questo argomento che mi piace tanto.
tanto si accorda con quello che volete dire voi
sull'onestà.
Non serve collegare tutte le materie, non serve fare voli pindarici per passare dalla Clorurazione del metano al Dadaismo, passando
per Il manifesto del Partito Comunista di Marx
ed Engels.
Mai e per nessun motivo dire frasi del tipo
passo a storia, ora parlerei di filosofia. State
sostenendo un discorso vostro, non parlando
di varie materie. Se credete che i professori
siano così poco intelligenti per capire che siete passati a parlare di un filosofo, dopo che
stavate parlando del decadimento dei materiali radioattivi, ricordate che gli avete presentato (e che dovrebbero avere davanti) uno
schemino con tanto di frecce colorate.
Evitate i temi più sentiti e scontati: seconda
guerra mondiale, fascismo, bomba nucleare,
etc. A volte sono troppo usati e i professori li
avranno sentiti già tre volte in quella settimana (figuriamoci nella loro vita professionale e
non) e rischiate di annoiarli. Ricordate che è
possibile che siate il quarantesimo esame che
sentono in una settimana e mezzo. Ma soprattutto sono temi troppo generici. Non è
vietato parlare di fascismo è vietato parlare
del fascismo. Che la Marcia su Roma sia stata
fatta il 28 ottobre del 1922 i professori lo
hanno già sentito centinaia di volte, ma magari non hanno mai sentito parlare in un
esame di un confronto critico tra le visioni e
interpretazioni del fascismo di Croce, Gramsci,
Salvemini e De Felice attualizzato nella storiografia contemporanea.
Ma la cosa fondamentale è questa: dovete
trovare un argomento, una tesi appunto e sostenerla, farne un logico discorso. Cercate di
inserire elementi che non fanno parte del
programma, ma di non fare un percorso totalmente avulso dagli argomenti trattati in
classe: se i professori vi vogliono aiutare vi faranno domande inerenti o comunque a partire da quello che avete detto.
Cominciate a prepararla... ieri. Leggete libri,
vedete film, fatelo ora prima che maggio si
avvicini. Se vi piace un autore leggete quante
più opere possibile, spaziate tra quella raccolta di poesie poco conosciuta, ma che, a mio
parere, è splendida a quel romanzo che purtroppo non vedo nemmeno citato sul libro. Se
l'argomento vi interessa sarà bello farlo.
Magari una presentazione PowerPoint vi può
aiutare a ricordarvi cosa dovete dire e a tenere accesa l'attenzione dei professori. Non
mettete troppo testo, dovete ricordarvi quello
di cui dovete discutere, non dovete leggerlo.
Poi, alla fine, fatevi due calcoli: se avete abbastanza crediti e avete fatto delle buone prove
scritte e superate già il sessanta potete sempre firmare e poi andare al mare con quell'amica lì, senza fare l'orale.
Ricordatevi il documento, però.
Se per esempio il vostro argomento del percorso è l'onestà e volete parlare del Piacere
dell'onestà di Pirandello è totalmente fuori
luogo nel vostro discorso dire che "Pirandello
è nato a Girgenti il 28 giugno 1867 ed è morto
a Roma il 10 dicembre 1936 e tra le sue opere
più importanti ricordiamo blablabla...". Non
solo perdete tempo e divagate, ma vi togliete
la possibilità che il docente di italiano poi vi
chieda: "Mi parli di Luigi Pirandello e delle sue
opere maggiori visto che ne ha accennato in
tesina". Parlate solo di quella particolare frase
che Pirandello inserisce in quell'opera che
7
Articolo21
21
A21ATTUALITÀ&POLITICA
L’ARTE DI CONVINCERE
I CONSUMATORI
di SERENA MALERBA
La pubblicità ha origini antiche, più antiche di
quanto solitamente si immagina. Con la rivoluzione industriale diventa compagna abituale, quotidiana, ed oggi sembra quasi seguirci.
La incontriamo ovunque e continuamente: sui
mezzi di trasporto è lì a fissarci; per strada
non di rado ci imbattiamo in essa; e anche
guardando un film, lei c’è, costantemente.
La pubblicità è un mezzo persuasivo che,
esercitando una pressione psicologica sul
consumatore, tende ad indirizzarlo su alcune
scelte, lo spinge ad agire in un senso predeterminato.
Il manifesto, strumento tradizionale della
pubblicità, è un ponte tra prodotto e consumatore, tra servizio e fruitore. Ha come scopo
fondamentale l’informazione sulle caratteristiche del prodotto, stimolando quantità e continuità della domanda, ma dove il prodotto
non presenta caratteristiche oggettivamente
distintive, dove non c’è novità, la pubblicità
diventa essa stessa strumento di differenziazione dei prodotti, facendo importante riferimento alla marca.
interessa. Perciò di quei mille annunci, un
normalissimo consumatore, ricorda con precisione solo tre di essi.
Le tecniche pubblicitarie devono perciò continuamente evolversi, migliorarsi per concorrere nella mente del consumatore, devono
sorprenderlo e catturarne la debole attenzione. Con una velocità ineguale, la pubblicità
rimane al passo con la società, ne riflette i costumi e ne disegna i cambiamenti, anticipando le nuove tendenze e promuovendo le innovazioni.
La pubblicità e precedentemente il manifesto
sono quindi doppiamente interpretabili: come
semplice mezzo pubblicitario e come immagine speculare della società e del periodo in
cui viviamo. Mediante norme espressive e
tecniche artistiche (l’assenza di ombre,
l’appiattimento dei colori, tagli prospettici o
punti di vista inediti) si esaltano caratteristiche proprie del mondo contemporaneo, dandone una chiave di lettura immediata.
La pubblicità si serve dell’arte per impressionare; ma la pubblicità è considerata arte?
Nella nostra quotidianità la pubblicità è una
presenza assidua, talvolta insignificante, talvolta profondamente odiata.
Negli Stati Uniti si stima che la media delle
proposte pubblicitarie che un consumatore
incontra possa arrivare a 2000 al giorno. Nel
nostro paese non ci sono studi così precisi,
ma si pensa che siano più di mille.
Non è perciò sorprendente che oggi i consumatori cerchino di evitare qualsiasi annuncio
pubblicitario; abbiamo infatti sviluppato una
capacità di selezione automatica e repentina:
l’occhio umano salta istintivamente gli annunci su un giornale o su una rivista e le
orecchie si limitano a sentire solo ciò che ci
8
Il filosofo Marshall McLuhan definisce pubblicità "la più grande forma d’arte del XX secolo”. Altri giudicano un’arte la capacità di per-
Articolo21
21
suadere e di conseguenza la pubblicità, una
forma artistica.
C’è chi invece la vede unicamente come
l’espressione di spregiudicati "persuasori occulti" che ci manipolano con l'unico scopo di
trasformarci in passivi consumatori di beni di
cui non abbiamo bisogno.
C’è chi inoltre ne smentisce i valori artistici,
parlandone come se fosse una semplice prassi tecnica, volgare e con scopi esclusivamente
utilitaristici, priva dei connotati che si ritiene
abitualmente qualifichino un'opera d'arte,
cioè originalità, sincerità, verità, eternità, capacità di esprimere una visione delle cose.
È vero: l’arte è un dono dato al pubblico
dall’artista e la pubblicità non rientra appieno
in questa definizione, specialmente oggi più
che mai legata a fini di arricchimento e di
consumo.
È indiscutibile però che la pubblicità alimenti
l’arte, e che l’arte sia fonte di ispirazione per
la pubblicità, porgendosi, in fin dei conti, un
aiuto reciproco.
Gli innovativi stili dei più grandi movimenti
artistici e culturali, fra i quali Dadaismo, Costruttivismo, Futurismo e Bauhaus, diventarono la base grafica di manifesti, e rifluirono
nella produzione artistica dei pubblicitari. Gli
esponenti di questi stessi movimenti rappresentarono, non raramente, come soggetto
della propria opera artistica la pubblicità, essendone rimasti turbati o affascinati.
avvalse di espedienti grafici e cromatici per
catturare l’attenzione del passante, quali linee
dinamiche unite a colori essenziali (rossi e neri), e come artista utilizzò la tecnica della litografia nella sua produzione artistica, avendola
conosciuta grazie all’attività da pubblicitario.
Il rapporto tra arte e pubblicità è complesso:
da una parte abbiamo visto cooperazione,
dall’altra persiste un atteggiamento di opposizione l’una per l’altra. Anche nel Dadaismo
vi è da parte dell'avanguardia il rifiuto dello
schema comunicativo proprio del messaggio
pubblicitario e lo stravolgimento del significato del medesimo attraverso la manipolazione
dei suoi stessi registri espressivi.
L’arte è un concetto soggettivo, astrazione
che si coglie in cose concrete, e ognuno la
percepisce a modo suo, indipendentemente
da ciò che l’artista vuole rappresentare. In
questo mondo saturo di immagini, se è vero
che è arte anche una tela bianca sporcata
(perché non può dirsi dipinta) da semplice
tempera in un suo più infinitesimale punto, è
legittimo chiedersi come mai la pubblicità
non possa anch’essa essere definita maestria,
genialità, abilità. Oscar Wilde affermava però
che l’arte è “libertà che lotta contro la monotonia del tipo, la schiavitù della moda, la tirannia delle abitudini, e l’abbassamento
dell’uomo al livello della macchina”.
È giusto allora definire la pubblicità come arte? Non è proprio la pubblicità che detta la
moda e che diffonde l’omologazione? Non è
sempre la pubblicità che sminuisce l’uomo
vedendolo a livello di una macchina, o peggio, di denaro?
Rimango dell’idea che l’arte sia un concetto
soggettivo. E credo che la pubblicità rientri in
questo concetto quando suscita quella semplice sensazione che è nota anche all’uomo più
sprovveduto e che scaturisce dal contagio dei
sentimenti altrui e che spinge a fondersi spiritualmente con un altro uomo.
Altro esempio coerente è il lavoro del pubblicitario e allo stesso tempo artista Henri Toulouse Lautrec. Questo, nei suoi manifesti, si
9
Articolo21
21
A21ATTUALITÀ&POLITICA
TESTE DI
MODÌ
di CLAUDIU IVAN
Anno 1984. Sicuramente un anno ricco di
eventi, fonte d’ispirazione di libri, film e musica. Tra i tanti fatti avvenuti in quel periodo,
forse in pochi conosceranno la storia delle teste di Modì: In quell’anno si celebrava il centenario della morte di Amedeo Modigliani,
noto artista livornese, e nella sua città natale
era stata allestita una mostra commemorativa. Vera Durbé, conservatrice dei musei civici
livornesi, decide di incentrare l’esposizione
sull’attività di scultore di Modì. Tuttavia, nonostante i grandi sforzi, la mostra non raggiunge il successo sperato, riuscendo a portare soltanto 4 sculture sulle 26 riconosciute sino ad allora.
noscono le teste come autentiche, ad eccezione di Federico Zeri, critico d’arte che si dichiara sin da subito scettico. La mostra si arricchisce quindi dei tre nuovi ritrovati, da subito fortemente reclamizzati e mostrati al
mondo intero dalla televisione, che aveva assistito in diretta ai lavori di dragatura.
A questo punto, per dare slancio alla mostra e
cercare di avere maggior affluenza,
l’allestitrice decide di dar credito ad una vecchia leggenda che voleva che Modigliani
avesse gettato nei fossi livornesi – la dragatura si concentrerà in particolare nel Fosso Reale – quattro sculture da lui realizzate, perché
ritenute insoddisfacenti. Ovviamente le speranze sono poche, ma l’opinione è che la
campagna di scavi avrebbe potuto pubblicizzare l’evento, portandolo sulle bocche di tutti.
Insomma, la solita opera di marketing.
Tra lo stupore di tutti, dopo svariati giorni,
vengono riportate alla luce tre teste scolpite.
Tutti sono d’accordo nell’attribuire le opere
all’artista livornese: la stampa, i media e persino i critici d’arte celebrano l’evento e rico-
10
Sembrerebbe una storia a lieto fine, ma non è
tutto oro quel che luccica. Infatti, neanche a
dirlo, dopo un mese, un team di studenti universitari si presenta alla redazione del settimanale “Panorama”, dichiarando di essere gli
autori materiali di una delle teste. Come prova viene mostrata una foto che li ritrae durante la creazione di uno dei falsi e, a causa delle
accuse di mitomania, i ragazzi sono costretti
ad eseguire nuovamente, in diretta tv, una
scultura, prima che tutti accettassero definitivamente le loro affermazioni. Come compenso per la notizia, il gruppo viene pagato dieci
milioni di lire. Dopo poco tempo, anche a
Articolo21
21
causa dei forti dubbi generati dalla recente
vicenda, viene scoperto che le altre due teste
erano state concepite dalle mani di Angelo
Froglia, un artista provocatore, e non da quelle del Modigliani: l’uomo affermerà infatti che
la sua era solamente «un'operazione esteticoartistica – per verificare – fino a che punto la
gente, i critici, i mass-media creano dei miti».
Senza troppe attese la carriera della direttrice
Vera Durbé arriva alla fine e la gestione dei
beni culturali livornese e nazionale viene messa sotto accusa.
Si conclude così una delle più grandi beffe –
per quanto riguarda il mondo artistico – del
secolo passato. L’intero sistema culturale ita-
liano viene messo in crisi senza tanti problemi
e l’autorevolezza di critici e personalità del
mondo artistico smontata facilmente da un
gruppo di ragazzi e da un uomo sconosciuto
ai più. Ha senso quindi chiedersi: chi sono
questi personaggi che vengono da tutti ritenuti gli unici in grado di poter valutare se
un’opera ha valore o meno, o se è autentica o
un falso? Qual è il potere dell’autenticità artistica di fronte alla mistificazione editoriale e
televisiva? Quanto può essere distorta la realtà di fronte alla sete di novità e alla volontà di
trovare lo scoop?
Fosso Reale, Livorno, 1984.
11
Articolo21
21
A21ATTUALITÀ&POLITICA
ARTE
IMMORTALE
di SOFIA ARCIERO
Parliamo de La Natività di Caravaggio, della
sua lunga storia che comincia 46 anni fa e si
dirama, partendo da Palermo, dalle vie di Salerno alle spiagge della Liguria, fino al Prado
di Madrid, per poi ritornare alla sua patria, al
suo punto di partenza, Palermo, dove ha finalmente un momento di calma, per ricordare
il passato e proiettarlo nel futuro.
Cominciamo dall'origine: il quadro, da tempo
conservato nel museo di una Palermo burrascosa, nella notte tra il 17 e il 18 ottobre, anno 1969, è rubato da due uomini, di cui non si
saprà mai l'identità, i quali avvieranno l'intreccio annunciato prima. Da notare è la tranquillità, o piuttosto paura, con la quale è denunciato il furto dai custodi del quadro, quasi a
sminuirne l'importanza. Le vere e proprie denunce arriveranno qualche anno più tardi dal
giornalista Mauro De Mauro, misteriosamente
scomparso e dimenticato per anni, così come
l'oggetto più importante dei suoi ultimi articoli. Molti letterati ricorderanno poi questo
dipinto nei loro scritti, ma mai in modo così
esplicito da influenzare qualche azione di riparo a questo scandalo del mondo artistico.
Come dicevamo prima, si parla di una Palermo burrascosa, dominata da conflitti interni
di clan mafiosi che raccontano molteplici verità sul quadro, raggiungendo tutti però un finale comune: la distruzione del dipinto.
2015, anno di grandi innovazioni tecnologiche, tra cui la stampante 3D con la quale è
possibile ricreare elementi o intere parti di un
oggetto. Infatti, grazie al contributo di stampanti 3D, laser a luce bianca ed apparecchiature fotopanoramiche, è cominciata la clonazione, ovvero la rinascita de La Natività di Caravaggio.
12
Questo progetto riporterà alla luce il famoso
dipinto a beneficio di molti appassionati d'arte che aspettano solo il momento di poterlo
ammirare di nuovo o per la prima volta. Ma
non tutti sono d'accordo: c'è chi pensa che la
riproduzione toglierà importanza e quel pizzico di mistero che avvolgeva l'opera citata e
chi invece ritiene che in questo modo sarà
possibile riportare alla luce questa ed altre
opere ormai distrutte.
Articolo21
21
A21ATTUALITÀ&POLITICA
PEPPINO
IMPASTATO
di MARCO PERULLI
Frequenza 98800mhz; telefono 681353.
Questi i numeri per Radio Aut, un luogo d'incontro come potrebbe esserlo Articolo21, o
come il collettivo informativo, oppure l'assemblea d'istituto.
Un luogo d'incontro per persone libere di
pensare, libere nelle loro azioni, libere di parlare, o quasi.
Quasi, perché Radio Aut si trovava a Cinisi,
nella provincia di Palermo, dove Cosa Nostra
albergava e influiva sulla vita di tutti i giorni.
Questo centro culturale era gestito da Giuseppe Impastato, chiamato Peppino, e da altri
suoi compagni di vita.
Peppino Impastato era un ragazzo come tanti
altri siciliani, ma le sue scelte lo portarono a
distinguersi.
Giuseppe nacque il 5 gennaio 1948, figlio di
un mafioso e con uno zio tra i più rilevanti
capifamiglia. Mai avrebbe potuto seguire le
orme del padre, poiché respirava la libertà a
polmoni troppo ampi, per limitare quella di
qualcun altro.
In opposizione al padre e a Cosa Nostra, ben
presto si unì ai socialisti italiani, mettendosi in
prima linea per la creazione di centri culturali
giovanili.
L'anno seguente si presentò alle elezioni della
sua città: là, dove aveva sempre lottato, là,
dove era stato ucciso suo padre che, per
amore verso il figlio, era partito fino in America per salvarlo da un destino già deciso. Non
lottò con una toga, né con una divisa, ma da
comune cittadino onesto, pronto a tutto per il
bene collettivo.
Fu per questo che, il 9 maggio 1978, gli fu
tolta la vita a soli 30 anni, da quelle stesse
persone che lui denunciava apertamente alla
radio, da quel Gaetano Badalamenti, del quale le sue accuse erano piene.
Solo nell'aprile 2002 verrà fatta giustizia e i
mandanti dell'assassinio condannati.
Peppino Impastato, uomo comune, simile a
tutti noi, per il suo eroismo e la sua integrità
morale verrà sempre ricordato e, come fece
già con i suoi centri culturali, continuerà sempre a ispirare le persone.
Nel 2000 fu girata una bellissima pellicola sulla sua vita, dal titolo “100 passi”, che vi invito
vedere.
“La mafia è una montagna di merda”
– Peppino Impastato
In uno dei suoi periodi più bui gli fu proposto
di cambiare sede, di andare altrove, ma mai
Peppino abbandonò la sua terra natia.
Nel 1975 organizzò il Circolo “Musica e Cultura”, ed è da questo che, nel 1977, nacque Radio Aut, un'emittente autofinanziata, dalla
quale Giuseppe e i suoi compagni attaccarono Cosa Nostra, facendo nomi e cognomi, e
denunciando anche la corruzione del comune
di Cinisi.
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Articolo21
21
A21ATTUALITÀ&POLITICA
BOMBE COME
FUOCHI D’ARTIFICIO
di LUCREZIA CAIANIELLO
Il nuovo anno è sempre accolto, più o meno
in tutto il mondo, con forti botti e fuochi
d’artificio, ma quest’anno la Corea del Nord
ha superato se stessa. Si può dire, infatti, che
non c’è stato botto più forte di quello della
bomba all’idrogeno che è stata testata da
quest’ultima il 6 gennaio per dare il benvenuto al 2016.
Sotto il regime di Kim Jong-un, segnalato
come uno dei più pericolosi ed incontrollati
sulla terra, la Corea afferma di aver effettuato
con successo un test con una bomba nucleare
all’idrogeno provocando, oltre che un terremoto di magnitudo 5.1, lo sgomento delle
nazioni della Corea del Sud e del Giappone
che, rilevato quest’ultimo, si sono rese conto
che non era causato da fenomeni naturali.
L’epicentro si è scoperto essere nell’area dei
test nucleari dei Nordcoreani (che, tra l’altro,
è una zona al confine con la Cina), i quali
hanno ammesso senza problemi di aver creato una bomba all’idrogeno.
Tale dichiarazione è stata percepita da tutte le
nazioni ed in particolare dall’ONU, la quale ha
immediatamente convocato una riunione
d’emergenza, considerando l’accaduto come
una chiara minaccia alla sicurezza.
La Corea del Nord afferma di aver costruito
l’arma solo a scopo di difesa e di non avere
intenzione di usarla, se non in seguito ad interventi sulla propria politica interna, quale
può essere una violazione di sovranità da parte degli Stati Uniti.
Si comprende facilmente la paura delle Nazioni Unite, della Russia e della Cina, che condannano apertamente la sperimentazione di
questo abominio: l’ordigno “H” è molto più
pericoloso e letale delle bombe atomiche
precedentemente testate nel 2006, 2009 e
2013; in questo tipo di bomba si avvicendano
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in rapidissima successione processi di fissione-fusione-fissione innescati a partire da una
normale bomba atomica, motivo per cui risulta decisamente più potente di quest’ultima
(almeno mille volte tanto).
“Era davvero una bomba all’idrogeno?”. È
questa la domanda che tutti si pongono. La
Corea del Sud smentisce con sostenute tesi:
parte dichiarando che il sisma scatenato era
di stessa intensità, se non minore, di quello
provocato nel 2013 dalla detonazione di una
bomba atomica ed il Giappone inoltre conferma che non è stata rilevata alcuna radiazione ai posti di controllo. Essendo
un’esplosione sotterranea, non si ha alcun rilascio di particelle né di onde elettromagnetiche poiché vengono schermate dal terreno; in
compenso, l’onda sismica è proporzionale alla
potenza dell’arma e, dal momento che la
bomba “H” è nettamente superiore a quella
ad idrogeno, è improbabile che l’intensità del
terremoto sia la stessa. Comunque, l’ipotesi
non è certa.
Perché mentire sulla veridicità della bomba?
Perché minacciare così palesemente la sicurezza e la pace delle nazioni? Si pongono tante domande a cui, per ora, non abbiamo una
risposta, o che probabilmente una risposta
neanche la hanno. Non è la prima volta che
Kim Jong-un crea un po’ di scalpore per far sì
che la Corea del Nord acquisti notorietà e rimanga in prima pagina nei giornali per un
paio di giorni, prima che finisca di nuovo nel
dimenticatoio.
Per il momento possiamo solo che augurarci
che, con questo continuo gridare “Al lupo! Al
lupo!”, quando ci sarà un vero motivo per
gridare, qualcuno ci creda ed intervenga.
Articolo21
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A21ATTUALITÀ&POLITICA
ISIS: MASOCHISMO
ORIENTALE
di CLAUDIU IVAN
Siamo ormai nel 2016 e il medio-oriente continua ad essere il campo di battaglia dello
scontro tra due culture: quella orientale e
quella occidentale. Ingenuamente si potrebbe
dire che la tensione è calata, che ormai siamo
lontani più di un mese da quel 13 Novembre
di Parigi, eppure non è proprio così. Le notizie
riguardanti le bombe che piovono sullo Stato
Islamico sono magicamente scomparse dai
telegiornali, ma il numero dei morti continua
ad aumentare.
Ma come è nato l’ISIS? Come mai oggi ci ritroviamo a combatterlo? È vero, coloro che
compiono gli attentati sono fanatici religiosi e
credono fortemente in ciò che fanno, ma
sanno di essere utilizzati da altri? Quando un
miliziano decide di farsi esplodere in un luogo affollato, sa di essere soltanto una pedina
in una scacchiera mondiale? Probabilmente
no, ma ciò che appare evidente all’umile occhio di un attento osservatore è che c’è qualcosa di molto più grande dietro a tutti questi
eventi, ma soprattutto qualcosa di fortemente
contraddittorio.
Il fronte degli scontri nella zona della Siria e
dell’Iraq è molto particolare: le fazioni che si
sono create per arginare il fenomeno del radicalismo islamico non hanno un criterio sensato. I Curdi – etnia indoeuropea residente
nel territorio degli scontri – combattono l’ISIS
via terra, ma sono a loro volta bombardati
dalla Turchia, facente parte della NATO.
Quest’ultima – sotto l’occhio vigile del “Grande Fratello” statunitense – si proclama antiterrorista e lancia ripetuti raid aerei su Raqqa,
assieme alle altre potenze europee, sostenendo (a parole) i separatisti. A tutto ciò si
aggiunge poi l’azione militare russa, che va
nella direzione occidentale, ma che si perde
nella stupida lite con lo stato turco.
In questo quadro sconvolgente i primi a perderci sono i cittadini islamici, vittime di forme
di discriminazione assolutamente prive di
fondamento, ma anche tutto il resto della
popolazione mondiale, che vive in uno stato
di continua paura e che deve in alcuni casi
modificare le proprie abitudini. La causa di
tutto ciò la si può trovare, come al solito,
nell’avidità umana, prima responsabile del
conflitto. Le grandi potenze mondiali hanno
creato lo Stato Islamico per porre fine al regime di Assad e avvicinarsi più velocemente
alle risorse petrolifere del territorio medioorientale, non rendendosi conto di aver generato un mostro terribile.
Come bisogna comportarsi ora? Come agire
per evitare catastrofi peggiori? Ormai si è entrati in un tunnel senza fine, in cui è troppo
tardi per proporre vie di mezzo. La diplomazia, veicolo di pace e risolutore di avversità, è
stata accantonata sin dal principio, per entrare in un conflitto in cui non aveva senso addentrarsi. Purtroppo, però, non ci si può più
tirare indietro e non si possono neanche uccidere tutti indistintamente, rischiando di
coinvolgere migliaia di civili che non hanno
mai chiesto di far parte di questo.
Se ci si fosse interessati alla questione prima,
forse si sarebbe potuto evitare questo scempio. Se i singoli avessero pensato al bene comune, prima del proprio, si sarebbe potuto
facilmente evitare di dar sfogo alla propria
brama di ricchezza con una guerra. Purtroppo
ora è troppo tardi per ricordarsi di questo e
troppo facile per chiunque sbandierare il tricolore francese, professandosi libero, uguale
a tutti e fratello degli altri. Si sono ignorate
autobombe esplose in territorio arabo e stragi altrettanto indecenti, perché soltanto ora ci
accorgiamo del pericolo reale che abbiamo
creato?
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Articolo21
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A21SCIENZE&TECNOLOGIE
I QUATTRO
ELEMENTI
di AURORA CARBONE
La tavola periodica degli elementi fu ideata nel
1869 dal chimico russo Dimitrij Mendeleev. La
sua stesura nacque a partire dalla necessità di
raggruppare un numero sempre più crescente
di elementi scoperti secondo un criterio universale. Mendeleev ordinò questi ultimi in
base alla loro massa atomica e determinò la
periodicità delle proprietà chimiche degli elementi, che si ripetevano simili tra loro in ciascun gruppo, ossia in ciascuna colonna verticale. La legge di periodicità di Mendeleev, tuttavia, suscitò iniziali dubbi tra gli studiosi
dell’epoca e fu successivamente accettata grazie al sostanziale contributo di Julius Lothar
Meyer, chimico tedesco che, quasi contemporaneamente al collega russo, aveva elaborato
una propria tavola periodica in maniera autonoma, molto simile a quella del precedente.
La genialità di Mendeleev, la cui tavola aveva
già rivoluzionato il mondo della scienza,
emerse completamente solo alcuni anni dopo
con la scoperta degli elementi scandio, gallio
e germanio, la cui esistenza era stata già prevista dallo stesso. Il chimico russo, dunque, acquisì grande notorietà, in quanto fu l’unico tra
i suoi contemporanei ad intuire che la struttura
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del Sistema Periodico consentiva non solo di
ordinare gli elementi in base alle loro proprietà
chimico-fisiche, ma anche di prevedere l’esistenza di elementi ancora non scoperti e di determinarne le caratteristiche in base alla loro
posizione nella tavola. Il Sistema Periodico attualmente utilizzato è molto vicino a quello
originariamente ideato da Mendeleev, ma basato sulla disposizione degli elementi per numero atomico crescente determinata nel 1913
dal fisico inglese Henry Moseley.
Negli anni molti elementi sono andati ad aggiungersi alla tavola periodica e, il 30 dicembre
del recente 2015, gli scienziati hanno ottenuto
un ulteriore successo: quattro nuovi elementi
sono stati annessi ufficialmente al settimo periodo del Sistema. Si tratta degli elementi 113,
115, 117, 118: la International Union of Pure
and Applied Chemistry, IUPAC ha riconosciuto
la scoperta effettuata dagli studiosi del Joint
Institute for Nuclear Research (JINR) di Dubna,
Russia insieme ai colleghi del Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL), California,
USA e dell'Oak Ridge National Laboratory
(ORNL), Tennessee, USA per quanto riguarda
gli elementi 115, 117, 118, mentre l’identificazione dell’elemento 113 è stata attestata al
gruppo di scienziati del Riken Institute, Giappone.
La IUPAC ha temporaneamente assegnato ai
nuovi elementi i nomi di Ununtrium (Uut, elemento 113), Ununpentium (Uup, elemento
115), Ununseptium (Uus, elemento 117) e
Ununoctium (Uuo, elemento 118): la nomenclatura definitiva di ciascuno verrà definita dagli scopritori nei prossimi mesi e, come ricordato dalla IUPAC stessa, attribuita sulla base di
concetti tratti dalla mitologia, luoghi o Paesi,
minerali, proprietà o ancora scienziati. Si tratta
di quattro elementi estremamente pesanti e,
Articolo21
21
perciò, instabili, la cui presenza in natura è praticamente assente a causa del loro rapido decadimento. Per questo motivo gli scienziati
sono costretti a riprodurli artificialmente in laboratorio, da cui la definizione degli elementi
come “sintetici”.
La loro scoperta è stata resa possibile attraverso lo scontro tra loro di nuclei più leggeri e
monitorando il decadimento degli elementi
radioattivi superpesanti. Il team di studiosi
giapponesi del Riken Institute è stato in grado
di ottenere un singolo atomo di ununtrio mediante una reazione di fusione fredda (reazione nucleari a bassa energia, diversamente
dalla fusione nucleare “calda”) tra il bismuto e
lo zinco: nell’esperimento gli ioni zinco, accelerati fino al 10% della velocità della luce, sono
stati fatti collidere su un bersaglio di bismuto,
creando uno ione molto pesante. Gli scienziati
russi del JINR e statunitensi del LLNL, invece,
hanno riportato di aver bombardato dell’americio con del calcio, sintetizzando quattro
atomi di ununpentio. Per quanto riguarda la
realizzazione dell’ununseptio, questa è stata
possibile mediante la collisione di proiettili di
calcio, accelerati ad un decimo della velocità
della luce, con 13 mg di berkelio prodotti
dall’Oak Ridge National Laboratory. L’ununoctio, infine, è stato ottenuto per la prima volta
nel 1999 tramite lo scontro di atomi di kripton
e piombo e, più recentemente, nel 2006, mediante la collisione tra atomi di californio e calcio.
metalli di transizione; l’ununseptium è presumibilmente un metalloide e l’ununoctium un
gas nobile, benché siano molti i dubbi circa lo
stato della materia di quest’ultimo.
Il presidente della divisione di chimica inorganica della IUPAC, Jan Reedijk, avrebbe commentato, in conclusione, il grande evento sostenendo che «La comunità dei chimici è ansiosa di vedere la sua amata tavola completa
fino alla settima riga». Con lo stesso entusiasmo, gli studiosi proseguono infatti le ricerche
sugli elementi successivi, contribuendo ad arricchire l’umanità di rinnovato orgoglio nel
progresso scientifico.
Sono ancora molte le ipotesi circa le proprietà
dei quattro elementi: si suppone che l’ununtrium e l’ununpentium, entrambi estremamente radioattivi, siano metalli di post transizione, disposti nella tavola tra i metalloidi ed i
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Articolo21
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A21CINEMA
IL PONTE
DELLE SPIE
di VALERIO SILONI
A tre anni di distanza da Lincoln, Steven
Spielberg torna alla regia e porta sul grande
schermo un thriller biografico e storico, basato sui fatti di quell'evento noto con il nome di
"1960 U-2 incident".
Il film racconta la vera storia del processo, da
parte degli Stati Uniti d'America, a William Fischer, conosciuto come Rudolf Abel, spia sovietica accusata – per l’appunto – di spionaggio e del successivo scambio di questo con
Francis Gary Powers, spia americana catturata
dopo che il suo U-2 era stato abbattuto mentre era in volo sopra il territorio dell'Unione
Sovietica.
Non potendo le nazioni intervenire direttamente nella questione, a mediare questo
scambio fu James Donovan, che era stato
l'avvocato di Abel durante il processo.
Tutto questo avvenne durante il periodo della
Guerra Fredda, nel quale si è proiettati grazie
al fantastico realismo delle ambientazioni.
Il protagonista del film, l'avvocato Donovan,
interpretato da un incredibile Tom Hanks, è
posto a simbolo stesso della democrazia
americana, ultimo baluardo della giustizia,
l'unico uomo disposto a difendere il peggior
nemico del proprio paese e ad essere odiato
da tutti, per il diritto di questo ad un giusto
processo.
Insomma, come lo definisce Abel stesso, uno
"stoik chelovek", ovvero un "uomo tutto d'un
pezzo".
La figura interpretata da Tom Hanks risulta
così incredibilmente potente, così come molto significativa è quella della spia russa Abel:
nasce pertanto tra di loro un rapporto profondo ed intenso, che va al di là della nazione
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di appartenenza e che addirittura spinge l'uno a preoccuparsi della salute dell'altro.
L'attore statunitense, che aveva già lavorato
con Spielberg in diverse occasioni, dà il meglio di sé, sfoggiando una delle sue migliori
interpretazioni della sua carriera. Sicuramente
non da meno, se non addirittura superiore, è
però quella di Mark Rylance, che non dà
neanche per un attimo l'idea di stare recitando e che riesce a dar vita ad un personaggio
di forte realismo e grande impatto, avendo
addirittura lavorato sull'accento.
Il punto di forza del film è sicuramente costituito dalla regia di Spielberg: classica, impeccabile, precisa in ogni dettaglio e senza alcuna sbavatura, insomma, semplicemente perfetta.
Fantastica è anche la sceneggiatura dei fratelli
Coen, che avevano già collaborato con Spielberg ne Il grinta e che riescono a tirar fuori il
massimo da una storia che sulla carta può
sembrare di scarso interesse, creando un
qualcosa di nuovo, intrigante ed estremamente coinvolgente.
Una menzione speciale meritano anche i dialoghi, essenziali, semplici e intuitivi, ma, allo
stesso tempo, comunicativi e intensi e le musiche, azzeccate e inserite nei momenti giusti
per coinvolgere all'interno della storia lo spettatore.
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A21CINEMA
STAR WARS VII: IL
RISVEGLIO DELLA FORZA
di MARCO PERULLI & ALESSANDRA CIANFANELLI
Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…
Ritorna nelle sale cinematografiche di tutto il
mondo Star Wars, al suo settimo episodio,
primo della nuova trilogia.
Film attesissimo da tutti i fan (e non nascondo, anche da me), che invece di fare il conto
alla rovescia per l'inizio delle vacanze, lo hanno fatto per l'uscita del film.
Molti erano i dubbiosi, un po' ricordando il
flop della seconda saga e un po' perché a dirigere questo nuovo film non sarebbe stato
George Lucas, ma un regista scelto dalla Disney, J. J. Abrams (ad Abrams attribuiamo anche gli ultimi due film della saga di Star Trek).
Abrams però, pone cuore e anima in questo
progetto, racconta dei suoi ricordi da fan
quando era un bambino e cerca, il più possibile, di dare al suo film un taglio molto simile
a quelli della stessa trilogia, cioè pochi effetti
speciali computerizzati, utilizzando, invece,
set più reali possibili. Nonostante le minacce
di essere ribattezzato Ja Jar Abrams in caso di
flop, lui non delude quasi nessuno.
Il film è colmo di citazioni alla trilogia originale, tant'è che qualcuno lo ha definito "Star
Wars IV 2.0" per l’eccessiva somiglianza con
Una Nuova Speranza, ma non per questo
perde la sua novità, anzi, i frequenti riferimenti divengono quasi una rampa di lancio, dalla
quale ci si alza in volo solo quando il motore
dell'aereo è pronto, per cui, morendo la vecchia trilogia degli anni '80, nasce dalle ceneri
la nuova.
Abrams aggiunge però anche tante idee nuove.
Geniale, a mio parere, è l’idea dietro il personaggio di Finn (John Boyega). Mai, prima
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d’ora, avevamo visto chi si celava dietro i terribili stormtrooper, non sapevamo nulla di loro. Grazie a questo film, adesso, sappiamo
che dietro gli spietati assaltatori si celano delle persone, in carne ed ossa, che non hanno
più un'identità e sono stati addestrati fin da
piccolissimi a eseguire tutti gli ordini.
Tutti i nuovi personaggi, compreso Finn, hanno qualcosa che li rende speciali.
Rey (Daisy Ridley) è una ragazza in attesa della sua famiglia su un pianeta desertico, che si
imbarca insieme a Finn per raggiungere i ribelli e aiutarli a ritrovare Luke.
Poe Dameron (Oscar Isaac) è il miglior pilota
della Resistenza che, nel film, si vede poco,
ma aggiunge un tocco di sarcasmo in ogni
scena in cui è presente e diventa un personaggio a cui ci si lega da subito e che, speriamo, riusciremo a vedere di più nei prossimi
capitoli, insieme al suo simpatico robottino di
nome BB8.
Altrettanto bravi sono i nuovi antagonisti,
come Kylo Ren (Adam Driver), che non è ancora all'altezza del nostro vecchio Darth Vader, ma va in quella direzione. A differenza di
ciò che molti credono, Kylo Ren non è un
Sith, ma è un membro di un nuovo ordine, di
cui non sappiamo ancora nulla, chiamato i
Cavalieri di Ren. Con questo “cattivo” vedia-
Articolo21
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mo qualcosa che nella trilogia originale era
assente.
Kylo Ren era in origine uno Jedi che, in seguito, ha deciso di passare al lato oscuro. Il suo
passato però lo tormenta: questi cerca in ogni
modo di sopprimere il buono che c’è in lui ed
è disposto a fare di tutto pur di raggiungere il
suo scopo. Questa sua voglia di cancellare il
suo passato potrebbe, se porterà avanti questa sua volontà, trasformarlo in uno dei cattivi
più temibili di sempre, senza nessuno scrupolo, senza nessuna possibilità di redenzione.
Il vero cattivo di questa nuova saga è, però, il
Leader Supremo Snoke (Andy Serkis), che appare poche volte sullo schermo, ma emana
tutto il suo carisma, ed è un personaggio che
non vediamo l’ora di scoprire.
(niente più Principessa) Leia Organa (Carrie
Fisher) che, mentre in alcune scene riesce ad
emozionarci anche senza dire una parola, in
altre sembra risultare un po' distaccata.
La sceneggiatura è perfetta e carica, i momenti di eccitazione sono molti e pure quelli
un po' più lenti, anche quando gli avvenimenti sono scontati, vengono diretti in modo tale
che fino all'ultimo momento non si riesca veramente a capire cosa stia succedendo.
Uscendo dalla sala non mancano le domande
come: di chi è figlia Rey? Chi è il tipo all’inizio
del film di cui nessuno dice nemmeno il nome, ma che possiede la famigerata mappa
per Skywalker? Chi sono i Cavalieri di Ren? e
molte altre alle quali non vediamo l’ora di
trovare una risposta.
Insomma, pollice in su per questo debutto, e
adesso si aspetta il 2017 per l'uscita nelle sale
del prossimo film, il quale, speriamo, ci riveli
nuovi colpi di scena, approfondisca la storia
rimasta in sospeso e prenda definitivamente il
volo, alzandosi da terra.
E che la Forza sia con voi...
I vecchi attori non deludono.
Han Solo (Harrison Ford) è lo stesso personaggio che abbiamo amato negli originali,
stesso senso dell’umorismo e stesso blaster.
Chewbacca (Peter Mayhew) è sempre il solito
gigante Wookiee.
Unica performance che non convince al cento
per cento, forse, è quella dell’ormai Generale
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Articolo21
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A21CINEMA
CREED - NATO PER
COMBATTERE
di VALERIO SILONI
Dopo svariati anni ritorna sul grande schermo
Rocky Balboa, in quello che è una sorta di sequel o spin-off della saga del pugile più famoso della storia del cinema.
Sylvester Stallone torna così a vestire nuovamente i panni del pugile italo-americano, ormai invecchiato e segnato dall'età, che, dopo
“anni di esilio” volontario, decide di rientrare
nel mondo della boxe per allenare Adonis, figlio di Apollo Creed, suo grande rivale.
Il film di Ryan Coogler è un film nostalgico,
che vuole riportare al cinema gli appassionati
della vecchia saga attraverso una serie di luoghi, situazioni ed eventi che richiamano i film
precedenti, ma che allo stesso tempo mira a
coinvolgere un pubblico nuovo e più giovane
grazie ad una regia interessante e moderna.
Il regista statunitense comunque si distanzia
dai film precedenti introducendo, in modo
più marcato, l'elemento commedia, ma, allo
stesso tempo, rafforzando quello drammatico
grazie ad una storia più malinconica e a dei
personaggi maggiormente segnati dal destino avverso.
Sicuramente degna di nota è l'ottima interpretazione di Michael B. Jordan, che, dopo il
flop come "Torcia Umana", sembra aver trovato una parte fatta su misura per lui.
Il film infatti si basa su quelli che erano i punti
di forza dei film precedenti: Coogler incentra
il suo lungometraggio sulla colonna sonora e,
soprattutto, sulle figure dei personaggi principali, tutti accomunati dalla sofferenza per
un ostacolo da superare, che li costringe prima in ginocchio e poi a lottare per rialzarsi.
La sceneggiatura risulta così banale e lineare
e la trama presenta un solo colpo di scena,
anch'esso scontato, in quanto il film si concentra quasi unicamente sulle forti personalità dei protagonisti.
Quello che rende questa pellicola particolarmente interessante è sicuramente il grande
realismo della regia di Coogler, che è semplice e al tempo stesso d'impatto, secondo molti addirittura meritevole di una menzione agli
Oscar, anche se quest'anno la categoria di
miglior regia è stata la più contesa, come dimostrano le esclusioni di Quentin Tarantino,
David Russel e, soprattutto, Ridley Scott.
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Discreta è invece quella di Stallone, che sembra a tratti bloccato e non riesce mai a trasmettere in modo pulito e convincente le
emozioni del proprio personaggio, anche se
su questa interpretazione la critica rimane divisa: l'attore è stato infatti sorprendentemente candidato agli Oscar come miglior attore
non protagonista, tra lo stupore di molti.
Creed – Nato per combattere rappresenta così
un esperimento di buon esito, che continua la
tradizione del cinema del nuovo millennio di
riportare a nuova vita i personaggi più rappresentativi del cinema dell'epoca passata.
Articolo21
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A21LETTERATURA
NON NECESSARIAMENTE
IN QUEST’ORDINE
di A. EMANUELE CASUCCI
Ciclo di quattro romanzi, poco conosciuto in
Italia, ma che nel mondo anglosassone è un
cult, Mortdecai è stato recentemente riscoperto grazie all’uscita nelle sale, risalente
all’anno scorso, della versione cinematografica con Johnny Depp, che ha spinto le
Edizioni Piemme a ripubblicare il ciclo in Italia,
per le solite strategie di marketing.
Il film è stato comprensibilmente un flop,
perché non è stato capace di rendere giustizia
ai romanzi, soprattutto in quanto Mortdecai è
ispirato contemporaneamente a tutti e
quattro i libri. Il cast si poteva dire azzeccato,
ma gli sceneggiatori hanno compiuto un
obbrobrio: già di per sé le trame sono
piuttosto tortuose, mescolarle tutte insieme
non è stata una grande mossa. Ne è venuto
fuori un caos inconcludente, in cui Mortdecai
passa per un banale cretino in balia degli
eventi, che il maggiordomo Jock deve
continuamente soccorrere.
Perciò, direi di andare alla scoperta della
genialità dei romanzi, cominciando dalla
biografia dell’autore, di cui Mortdecai è, in
pratica, l’alter ego criminale.
L’autore:
Kyril
Bonfiglioli
nacque
a
Eastbourne il 29 maggio 1928, da padre italo
sloveno, che lavorava come antiquario, e
madre inglese. Durante la Guerra, nel ’43, il
quindicenne Kyril subì uno shock non
indifferente: in un bombardamento, il
nascondiglio dove si era rifugiata la sua
famiglia venne colpito, e sua madre e suo
fratello morirono. Lui sopravvisse perché,
disobbedendo, era uscito dal nascondiglio ed
era andato a giocare in strada. Quest’avvenimento gli lasciò come il convincimento che
chi disobbedisce va avanti e chi obbedisce fa
una brutta fine.
Bonfiglioli prestò servizio militare dal ’47 al
’54, anno in cui rimase vedovo, dopo la
nascita del secondo figlio. In queste condizioni, a 27 anni, prese e andò a studiare al
Balliol College di Oxford. Visse in quella città
per quindici anni, acquistandosi la fama di
eccentrico. Lì conobbe e sposò la sua seconda moglie, Margaret, con cui ebbe altri tre
figli.
Dopo la laurea, lavorò all’Ashmolean Museum
come assistente dello storico d’arte Edgar
Wind, iniziando a interessarsi di arte. Nel
1960, Bonfiglioli si mise in proprio, commerciando oggetti di antiquariato e opere
d’arte. Nel suo lavoro fu di un’acutezza
stupefacente, tanto da riuscire, nel 1964, a
comprare a un’asta un Tintoretto sconosciuto
per sole 40 sterline.
Nonostante fosse diventato ricco, nella sua
grande casa, oltre la sua famiglia, Bonfiglioli
faceva vivere svariati coinquilini, con cui
organizzava spesso feste e momenti di svago.
Questa socievolezza irrequieta mal celava una
paura di rimanere da solo, ma anche
problemi di alcolismo e libertinaggio.
La situazione culminò, nel 1969, nell’inizio
della stesura del primo romanzo di
Mortdecai, nel divorzio con Margaret, nel
trasferimento con l’amante Judith a Silverdale,
e nella fine dell’attività di antiquario.
Consacratosi ormai all’attività di scrittore,
riuscì a far pubblicare Don’t Point That Thing
At Me nel 1973, dopo che, nel frattempo, era
stato buttato fuori di casa da Judith, sempre
per gli stessi vizi che avevano già fatto finire il
precedente matrimonio.
Finito in una spirale di alcolismo, depressione
e povertà, si arrangiò a vivere alternandosi tra
il Jersey e l’Irlanda, godendosi almeno
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Articolo21
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l’assoluta libertà raggiunta per la produzione
letteraria. Nel 1976 pubblicò Something Nasty
In The Woodshed, e due anni dopo After You
With The Pistol, entrambi sempre su
Mortdecai, e All The Tea In China, con
protagonista il nonno di Mortdecai. Negli
anni successivi progettò altri tre romanzi, di
cui solo uno, The Great Mortdecai Moustache
Mystery, venne scritto effettivamente.
Bonfiglioli morì il 3 maggio 1985 di cirrosi
epatica, prima di poter stendere la
conclusione del romanzo, che fu poi
completato da Craig Brown e pubblicato
postumo.
After You With The Pistol (Mortdecai e il
complotto del secolo): dopo le avventure del
primo romanzo, Mortdecai viene costretto a
sposare Johanna, un’ereditiera austriaca che
lo coinvolge in diverse attività criminali, tipo
un attentato alla Regina d’Inghilterra…
Something Nasty In The Woodshed (Mortdecai
e qualcosa di orribile nella legnaia):
Mortdecai, bandito da Londra per i crimini
commessi, si trasferisce con Johanna e Jock
nel Jersey, dove la moglie di un suo amico
viene brutalmente aggredita. Mortdecai,
cercando di vederci più chiaro, si ritrova a
indagare su una serie di aggressioni, una più
brutale dell’altra…
The Great Mortdecai Moustache Mystery: dopo
essersi fatto crescere un intrepido paio di
baffi, Mortdecai viene invitato a investigare
sulla morte, apparentemente accidentale, di
una tutrice dello Scone College, che, poco
prima del decesso, pare essere stata pedinata
da due brutti ceffi…
Le trame:
Don’t Point That Thing At Me (Mortdecai in
Italia): l’agente speciale Martland deve
indagare sul furto di un quadro, collegato a
uno scandalo omosessuale, e Mortdecai pare
coinvolto nella vicenda. Dopo che il tentativo
di eliminarlo fallisce, Martland concede a
Mortdecai un passaporto diplomatico per
andare negli USA con una Rolls Royce a fare
visita ad un cliente…
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Il personaggio: tenendo conto che il suo
ideatore è Bonfiglioli, di certo Mortdecai non
poteva essere una persona tranquilla. Charlie
Mortdecai è un esperto d’arte e noto
ricettatore, che vive a Londra col
maggiordomo Jock, eccellente sicario e
seduttore, spesso disistimato da Charlie per il
fatto che non capisce le sue battute.
Mortdecai è pazzescamente eccentrico, in più
è perennemente brillo: in mancanza di tè, fa
colazione con la birra, durante la giornata
beve gin o whisky, e ha un’immensa cultura di
vini e liquori di ogni sorta. Arriva addirittura
ad affermare: «Mi chiedo come si faccia a
sopportare la vita stando sobri». Questo
permanente stato di ebbrezza, unito alla sua
eccentricità e variegata cultura, lo porta a
vivere, e anche a narrare, le vicende, che
rasentano l’assurdo, con un distacco emotivo
e un’ironia costantemente fuori luogo, ma
piena di riferimenti letterari, artistici e
cinematografici, che rendono la lettura
spassosissima.
Insomma, non resta altro che farvi trascinare
nelle sue follie, a colpi di arte, furti, omicidi e
gin & soda. Buona lettura!
Articolo21
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A21LETTERATURA
IL MINIATURISTA
di AURORA CARBONE
Ambientato sullo sfondo dell’Olanda del XVII
secolo, Il Miniaturista è un romanzo dalle
mille sfaccettature. Attraverso le vicende della
protagonista, Petronella Oortman, il libro
offre uno spaccato della società urbana
dell’epoca, analizzando tematiche quali
l’influenza religiosa, l’opinione pubblica, l’economia ed ancora il ruolo della donna e l’autonomia di pensiero che segnarono il periodo
storico e che si rivelano essere tutt’oggi di
estrema attualità.
L’autrice, Jessie Burton, crea una cornice
perfetta per lo sviluppo delle varie vicende: la
giovane Petronella Oortman, detta Nella,
diviene moglie di un facoltoso mercante di
Amsterdam, Johannes Brandt, e si trasferisce
nella città lasciando la campagna di
Assendelft per iniziare la nuova vita coniugale. Le aspettative della ragazza, però, saranno ben presto tradite dalla molteplicità di
segreti e misteri che circondano la famiglia
Brandt: la vita di città rivoluziona la mentalità
di Nella, alle prese con la severa Marin
Brandt, sorella del coniuge, i domestici
Cornelia e Otto ed i partner d’affari di
Johannes.
Nella riceve in dono dal marito, come regalo
di nozze, uno stipetto raffigurante la loro casa
e viene invitata da questi a farne ciò che
desidera. La giovane si rivolge dunque all’unico miniaturista che trova ad Amsterdam che,
tramite miniature dalla perfezione innegabile,
si insinua nella sua vita fino a turbarne la
serenità. Le miniature recapitate alla ragazza,
talvolta senza previa commissione, anticipano
gli arcani che si celano nell’ombra della casa e
che la protagonista scoprirà uno a uno nel
corso degli eventi.
Amsterdam è dipinta come una città mutevole, illusoria, nettamente diversa dalla
campagna da cui proviene Nella. Un
personaggio profondamente onesto e semplice, pertanto, si trova inserito in un contesto
diametralmente opposto e costretto ad
adattarsi alle leggi invisibili della città, che si
anima della disonestà, arguzia e complicità
silenziosa dei suoi abitanti, fondando la
propria etica sul potere del denaro e dei
dogmi religiosi. Si potrebbe allora riscontrare
un’analogia tra la figura della protagonista ed
il personaggio machiavellico di Lucrezia ne
“La Mandragola” per via del loro ideale
inserimento nella categoria di “coloro che si
adattano”. Tuttavia, Petronella è un personaggio in costante evoluzione: dall’iniziale passività di fronte al corso degli eventi di cui è in
balia, la ragazza arriva a prendere in mano le
redini del proprio futuro, sostituendo persino
il marito nella gestione degli affari. Questo
cambiamento costituisce una delle innumerevoli svolte del romanzo, individuata sin
dalle prime pagine attraverso la massima:
“Ogni donna è artefice del proprio destino”,
scritta dal miniaturista.
Da un punto di vista strutturale, il libro risulta
particolarmente interessante proprio in virtù
del gioco combinatorio che vede associata
ciascuna “profezia” pronunciata dall’enigmatica figura del miniaturista al rispettivo
accadimento successivo. Si presenta, pertanto, una sorta di specularità: ogni elemento,
a partire dal dettaglio apparentemente più
irrilevante, contribuisce allo sviluppo delle
vicende in maniera significativa e viene
ripreso in seguito nel corso del libro. Non ci
sono descrizioni o passaggi superflui, ma
tutto si tinge di un affascinante alone di
mistero, rendendoci partecipi della costante
indagine della protagonista, volta a mettere a
nudo la verità. Il romanzo, dunque, nonostante appartenga chiaramente al genere della
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narrativa, potrebbe essere idealmente incasellato anche nella categoria della letteratura
gialla per via del suo essere disseminato di
indizi, determinanti a risolvere i vari misteri
che circondano Nella.
lontana. È possibile osservare, infine, la
diversità di pensiero e azione che caratterizza
un ambiente cittadino rispetto ad uno
agreste: Nella si trova a dover affrontare
situazioni ben diverse da quelle prospettatele
dalla
madre
inizialmente,
le
cui
raccomandazioni possono ricondurre ad un
più generico discorso sulla strumentalizzazione della donna, che, attraverso il matrimonio, avrebbe coronato il motivo della
propria esistenza con l’atto della procreazione; in tal modo si denota il cancro
della differenza nella diffusione della cultura,
che colpisce ancora oggi la società moderna.
Dunque il romanzo, dalla lettura scorrevole e
leggera, si lascia sfogliare piacevolmente,
coinvolgendo il lettore in un tripudio di
emozioni tra suspense, colpi di scena e
rivelazioni che lo rendono indubbiamente
affascinante.
Come accennato, decisamente apprezzabile è
inoltre lo sfondo storico, ma pur sempre
attuale, in cui è contestualizzato il libro. Il
richiamo alla Compagnia Olandese delle Indie
Orientali (VOC), di cui fa parte lo stesso
Johannes Brandt, contribuisce a delineare
l’egemonia commerciale che la regione aveva
acquisito al secolo a livello mondiale: tutto,
infatti, appare mosso da interessi economici,
a loro volta motivo di dilagante corruzione
all’interno della complessa società olandese.
Anche la religione gioca un ruolo
fondamentale, in concomitanza con la sfera
laica, determinando l’insorgere di capi
d’ accusa per blasfemia e permeando ogni
aspetto della vita pubblica. Un altro tema
interessante è l’emergente ruolo della figura
femminile: le donne del romanzo affiancano i
coniugi negli affari ed hanno la possibilità di
influire sulle loro decisioni condividendo la
propria opinione, per quanto la riconoscenza
della loro totale autonomia appaia ancora
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A21LETTERATURA
BAMBARÉN: IL
POETA DELL’ANIMA
di AURORA PACE
Sergio Bambarén, scrittore di fama mondiale
naturalizzato australiano, nasce a Lima il 1
dicembre 1960, città in cui tornerà dopo
diversi anni trascorsi negli Stati Uniti.
Appassionato surfista e amante degli
ambienti marini e delle creature che li
abitano, mostrerà costante sensibilità verso le
battaglie ecologiste per la loro salvaguardia.
Tra le sue opere di maggior successo si
ricordano Vela bianca, L’onda perfetta, Il
delfino, Il guardiano del faro, Il vento
dell’oceano e altre ancora.
Nei libri che portano la firma di questo
eccezionale autore le parole si perdono tra le
onde del mare, spiagge incantevoli, tenui cieli
azzurri, e su questo sfondo esseri umani, ma
anche creature del mondo animale scoprono
se stessi, vanno oltre i propri limiti e spiccano
il volo verso l’autenticità e la vera felicità,
imparando a osservare il mondo con occhi
diversi: quelli del cuore.
Seguiamo dunque le vicende e la crescita
personale
di
uomini
sempre
vissuti
nell’apparente pienezza e felicità data dal
benessere materiale e dall’equilibrio di una
quotidianità in realtà fragile e che, a un certo
punto della loro vita, si ritrovano oppressi da
una sensazione di vuoto interiore, di
mancanza di qualcosa. Li vedremo in seguito
trovare il coraggio di lasciarsi alle spalle il
precedente stato di finta serenità per
intraprendere il cammino che consentirà loro
di cogliere il senso più profondo della vita.
Bambarén insegna ad apprezzare la musica
del silenzio, la natura e tutte quelle piccole
cose che, poste l’una accanto all’altra,
rendono la quotidianità più luminosa e
piacevole; raccomanda al lettore di rincorrere
costantemente i propri sogni perché sono
quelli che rendono la vita di ciascuno di noi
un meraviglioso intreccio di forme, colori
unici nel loro genere.
Tramite una prosa che mostra tuttavia una
sensibilità poetica, l’autore scandaglia l’animo
umano con le sue incertezze, passioni,
desideri e lo accompagna in questo viaggio di
ricerca interiore.
Ne consiglio la lettura a tutti coloro che, in
questo mondo utilitaristico, vogliano lasciarsi
trasportare dalla potente e avvolgente voce
del poeta dell’anima.
“Finchè ascolti il tuo cuore e fai di tutto per
essere felice, sei tu a condurre il gioco con le
regole che tu stesso ti sei dato.” (L’onda
perfetta).
Il lettore è portato a rispecchiarsi nei
personaggi minuziosamente tratteggiati da
Bambarén e a riflettere su molti aspetti della
propria esistenza, anche quelli ritenuti più
“banali” e pertanto lasciati in disparte.
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A21MUSICA
L’HIP-HOP 2015
IN ITALIA
di LAURA ORDONEZ VALVERDE
Il 2015 è stato un grande anno per quanto riguarda la produzione da parte di numerosi artisti, più o meno conosciuti, di album rap/hip
hop. Basti pensare che tra gli album più venduti in Italia si ritrovano “Il bello d’esser brutti”
di J-Ax e “Never Again” di Briga; inoltre per varie settimane sono stati primi nella classifica
FIMI gli album “Squallor” di Fabri Fibra, “Pophoolista Cosodipinto” di Fedez, “Vero” di Guè
Pequeno e molti altri.
Si sono visti e sentiti parecchi nomi, ad esempio come non citare Baby K, che con “Roma Bangkok” ha accompagnato le nostre giornate
in spiaggia quest’estate, o Clementino ed il
suo album “Miracolo!”, senza scordarsi di Gemitaiz con “Quello che vi consiglio Vol. 6”, Ensi
con “One by One”, Rocco Hunt, Fred De Palma,
Madman e così via. Ci sono state anche alcune
sorprese nell’anno passato: basti pensare al
mitico ritorno inatteso del maestro Kaos con
“Coup de Grace”, o alla lunga attesa di tre anni
per l’uscita dell’Ep “Sunshine” di Rancore & Dj
Myke, che si è dimostrato qualcosa di straordinario.
Decine sono stati gli album usciti nel 2015, eppure, personalmente, pochi quelli che vanno
considerati. Non molti artisti al giorno d’oggi
ci offrono dei contenuti nel loro CD, tuttavia
anche da questo punto di vista l’anno passato
è stato positivo ed ha portato vari capolavori.
In particolare ci sono cinque album che meritano di essere presi in considerazione, degni di
essere ascoltati anche più di alcuni grandi successi commerciali. A partire da ciò, stimiamo
quindi una classifica Top 5 degli album rap del
2015:
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#5: “Pyramid” – 16 Barre
Album uscito il primo febbraio e creato dai 16
Barre, presenta collaborazioni con i rapper Nitro e Mezzosangue. Il gruppo si muove su tematiche riguardanti l’ordine mondiale, l’apertura mentale ed il controllo sull’uomo da parte
di entità superiori. I loro testi visionari confrontano il mondo e la società di oggi con mondi
paralleli, costituiti da inganni e da mostri che
si nascondono nell’ombra. Per quanto riguarda questo CD, si consiglia l’ascolto delle
tracce “Asfissya” e “Kaspar Hauser”
#4: “Coup de Grace” – Kaos
Album uscito senza alcun preavviso nella notte
del 13 novembre e nuova opera del padre
dell’hip hop italiano Kaos One. L’artista ripercorre tutte le componenti del suo rap nel corso
degli anni e, per fare ciò, si serve dell’aiuto di
Danno e dei Colle der Fomento. Il Maestro
esprime tutto il suo essere e si libera dal passato, dal futuro e soprattutto dal presente,
creando un percorso volto ad eliminare la differenza tra ieri e domani. Si suggerisce
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l’ascolto dei brani “Coup de Grace” e “Querencia”.
più bel regalo che i due artisti potessero fare a
tutti coloro che li hanno supportati per cinque
anni (da notare subito la corrispondenza con il
numero delle tracce dell’EP).
#3: “Suicidol” – Nitro
Suicide + idol = Suicidol, pubblicato il 26 maggio da Nitro, strepitoso album nel quale l’artista affronta il tema della morte e del successivo riconoscimento della bravura del cantante, che diviene idolo. Egli critica infatti la
questione dell’essere riconosciuti nella propria
abilità solo nel momento in cui si muore e
tutto ciò perché la società nella quale viviamo
oggi è attratta dalla morte. In quindici tracce
Nitro scava all’interno dell’abisso della sua
anima e si purifica con la musica, che assume
una straordinaria funzione catartica. Le collaborazioni sono con Dj MS e Fabri Fibra. Da
ascoltare le tracce “The dark side of the mood”
e “The same old story”.
#2: “Sunshine” – Rancore & Dj Myke
Un’opera contenente cinque pezzi spettacolari
e studiati in ogni minimo dettaglio, in modo
da risultare così perfetti che al primo ascolto
lasciano sbalorditi. In particolare nella traccia
“Sunshine”, che è fortemente consigliabile
ascoltare, si nota l’elevatissimo grado di conoscenza dei due strambi artisti. Citazioni che riguardano cinema, musica classica, teorie
scientifiche, letteratura e politica e che sono
contenute nella durata del pezzo, nella base,
nel video e nel titolo e, ovviamente, nel testo,
racchiuse in otto minuti che vanno analizzati a
fondo. Un ascolto certo non facile, eppure il
#1: “Soul of a Supertramp” – Mezzosangue
Da togliere il fiato. La difficoltà nel pubblicare
questo capolavoro è valsa la pena, nonostante
la verità stia scomoda alla maggior parte delle
persone, che si rifugiano nelle proprie illusioni.
Un percorso complicato che parte dal caos,
che si trova nella molteplicità degli “esseri incompiuti” nella propria anima, per raggiungere l’armonia nella quale Mezzosangue riesce
a capire com’è fatto e può raggiungere la verità con l’aiuto della musica (vedi l’articolo
“Una maschera per la verità” nel numero precedente). Egli è un artista che combatte contro
il “nuovo schiavismo”, che “non è carnale, non
fisico, è solidamente mentale” con dei contenuti che pochi possono capire: la sua è infatti
una musica “per tutti e per nessuno”, se si
vuole fare riferimento a Nietzsche, filosofo che
l’artista stima come si può notare dalla traccia
“Nichilismo”. Vanno ascoltate quindi le tracce
“Nichilismo”, “Benoit Lecomte” e “De Anima”.
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EVENTI ROMA FEBBRAIO 2016
Questo che proponiamo di seguito è il calendario degli eventi che si terranno a Roma nel mese di
Febbraio, e che abbiamo ritenuto interessanti:
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Mostra Michelangelo Antonioni Pittore (Galleria 28 Piazza di Petra) fino al 29/02. Ingresso
gratuito.
Mostra Quando Roma parlava francese (Museo Napoleonico di Roma) fino al 13/03.
Ingresso gratuito.
Mostra I viandanti – Personale di Maria Di Cosmo (Bio-Sphere – Officina d’Arte
Gastronomica) fino al 09/02. Ingresso gratuito.
Mostra James Tissot (Chiostro del Bramante) fino al 21/02.
Mostra Impressionisti e moderni. Capolavori dalla Philips Collection di Washington. (Palazzo
delle Esposizioni) fino al 14/02.
Mostra Dal Musée d'Orsay. Impressionisti tête à tête (Vittoriano) fino al 07/02.
Mostra Transformers (MAXXI) fino al 28/03.
Mostra L’incanto della fotografia (Palazzo Braschi) fino al 28/02.
Evento Il presepe del re (Museo delle Arti e Tradizioni Popolari) fino al 28/02.
Mostra Affinità elettive (Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale) fino al 13/03.
Mostra Er Deserto – La campagna romana nella letteratura nei dialetti di Roma e del Lazio
(Palazzo Braschi) fino al 28/02.
Mostra Gillo Dorfles. Essere nel tempo (MACRO) fino al 30/03.
Mostra The Art of the Brick (Spazio eventi Tirso) fino al 14/02.
Mostra Pablo Atchugarry, Città Eterna eterni marmi (Mercati di Traiano) fino al 07/02.
Fiera Boat Show (Nuova Fiera di Roma) dal 26/02 al 1/03.
Mostra Stella Rossa. Rozalija Rabinovich e l’arte della propaganda (Galleria del Cembalo)
fino al 13/02.
Mostra Nel chiuso dell’URSS. Lo sguardo “dentro” di Sergei Vasiliev (Galleria del Cembalo)
fino al 13/02.
Mostra Restricted Areas. Un viaggio fotografico tra le zone inaccessibili dell’ex Unione
Sovietica (Galleria del Cembalo) fino al 13/02.
Oltre a questi, inseriamo alcune date da sapere e ricordare:
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Concerto La musica del Giubileo (Chiesa di Sant’Anna dei Palafrenieri) fino al 07/05.
Ingresso gratuito.
Concerto La Traviata (Chiesa di San Paolo dentro le Mura) fino al 20/12.
Concerto Marracash. Vendetta tour (Atlantico Live) 26/02.
Spettacolo Grillo VS Grillo (Gran Teatro) dal 09/02 al 12/02.
Spettacoli Apre il teatro Marconi (Teatro Marconi) fino al 31/05.
Spettacolo Brignano. Evolushow 2.0 (Auditorium della Conciliazione) dal 27/01 al 21/02.
Concerto Subsonica (Spazio Novecento) 04/02.
Concerto Max Gazzè (Atlantico Live) 19-20/02.
Spettacolo Lago dei Cigni On Ice (Teatro Sistina) dal 17/02 al 21/02.
Spettacolo Caravaggio di e con Vittorio Sgarbi (Teatro Vittoria) dal 15/02 al 17/02.
Opera La Cenerentola di Gioacchino Rossini (Teatro dell’Opera) dal 22/01 al 19/02.
Opera Il Barbiere di Siviglia (Teatro dell’Opera) dal 11/02 al 21/02.
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A21SPORT
L’ARTE DI
SIMULARE
di MATTIA GALLI
Che cos'è l'arte? Non è forse quella magica
espressione umana in grado di dare forti
emozioni a chi la contempla? Paura, felicità,
tristezza, rabbia, stupore. Pensate ora ad un
qualcosa che sia in grado di suscitarle tutte
insieme in soggetti diversi. No, non sto parlando di un quadro di Van Gogh o una poesia
di Leopardi. Mi riferisco ad un'arte più moderna, ovvero quell'abilità, privilegio solo di
pochi prescelti, di cadere e simulare in modo
eclatante, rotolandosi a terra chiedendo ripetutamente fallo all'arbitro con quella convinzione in volto capace di far cambiare idea anche a chi è sicuro di ciò che ha visto. Tanti ci
provano ma pochi ci riescono. Il genio purtroppo non è in ognuno di noi.
si a terra, gridando per il dolore, dopo un
contrasto con il difensore avversario, ritrovò
miracolosamente le forze quando si rese conto di poter correre da solo davanti al portiere.
Ma il premio come peggior attore del secolo
va senza dubbio al portiere milanista Dida.
Accarezzato lievemente da un tifoso del Celtic, che aveva fatto invasione di campo durante la partita di coppa europea tra la squadra
scozzese e il Milan, cadde a terra (dopo diverse ore), straziato dal dolore causato dal colpo
letale.
Lo sa bene Arturo Vidal, ex centrocampista
della Juventus, passato di recente al Bayern
Monaco, il quale durante la gara del girone
della Champions League al Santiago Bernabeu tra il Real Madrid e i bianconeri, dopo
aver calciato una zolla cadde a terra fingendo
di essere stato colpito dal giocatore dei "Galacticos" Illaramendi, protestando platealmente contro l'arbitro, che però non potè fare a
meno di notare i dieci ettari di terreno sollevati dal cileno. Allo stesso modo fu fallimentare il tentativo del cannibale Suarez, ai tempi
del Liverpool, di ottenere un rigore nella sfida
contro lo Stoke City. Da premio Oscar, invece,
la sua simulazione contro il Norwich. Gettato-
Ma i veri artisti sono altri. Sono quelli che tuffandosi in area di rigore ti decidono le partite
provocando rabbia nei tifosi avversari, felicità
nei propri supporters e divertimento nei tifosi
neutrali. Tra questi come non ricordare Milos
Krasic, quando contro il Bologna regalò la vittoria alla Juve lanciandosi in volo nell'area di
rigore avversaria a causa di un contatto con
un aggressivo filo d'erba. Scena tipo delle simulazioni è senza dubbio il contrasto con il
portiere. Il procedimento è semplice: arrivato
davanti al portiere, una volta che questo si è
lanciato sulla palla, basterà allungarsi la sfera
da una parte e lanciarsi con un triplo salto
carpiato all'indietro in quella direzione trascinando il piede a terra per toccare il portiere,
rendendo così più realistico il contatto.
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Capolavori di questo genere furono i rigori
assegnati all'Inter contro la Roma, guadagnato da Adriano, al Milan contro il Siena, conquistato da Boateng, e al Napoli contro la Juve, ottenuto grazie ad una splendida performance di Zalayeta.
Ma la simulazione per antonomasia è sicuramente quella che è riuscita, grazie al suo valore, ad unire l'intero popolo italiano, lasciandone però la nazione avversaria nell'oblio.
Siamo nel recupero dei tempi regolamentari
della gara tra Italia e Australia dei mondiali
2006, decisiva per il passaggio ai quarti di finale della competizione. Gli azzurri sono in 10
a causa dell'espulsione di Materazzi e ormai
tutto lascia pensare ad un inevitabile proseguimento del match ai supplementari. Ma per
sfortuna dei connazionali dei canguri,
Finale dei Mondiali di calcio 2006, Berlino, 9 luglio 2006.
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l’anonimo esterno italiano Fabio Grosso viene
invaso dallo spirito della dea bendata dell'arte. Con una splendida progressione sull'out di
sinistra entra in area di rigore, arriva sul fondo
ed evita il contrasto in scivolata del difensore
australiano. Inciampando come mia nonna
quando non vede il gradino della cucina, il
terzinaccio azzurro sviene sul corpo dell'avversario e ottiene il rigore più decisivo della
storia dell'Italia, che sarà un passo decisivo
per la vittoria finale.
Insomma simulare è un’arte che solo pochi
eletti sono in grado di eseguire con la maestria necessaria ad ingannare gli ignari arbitri,
ma che tutti possono ammirare con stupore e
che i ragazzi fin da piccoli sognano di padroneggiare, guardando e imitando le gesta dei
loro grandi idoli.
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A21SPORT
IMBATTIBILI
di VALERIO SILONI
Lo sport a volte è in grado di raccontare delle
storie incredibili e di regalare dei momenti
indimenticabili, che vengono tramandati di
generazione in generazione, come fossero
delle vere e proprie favole.
Così la fiaba di oggi ci racconta l'impresa degli imbattibili (o quasi) Golden State Warriors
guidati dalla stella Stephen Curry, playmaker
della squadra e MVP della passata stagione.
Dopo 24 vittorie nelle prime 24 partite della
regular season NBA di quest'anno, alla fine,
Curry e compagni sono capitolati sul parquet
di Milwaukee. I Bucks nella notte tra il 12 e il
13 dicembre si sono infatti imposti sui Golden
State con il punteggio di 108-95. Partita da
dimenticare per gli ospiti, che non sono mai
riusciti a sorpassare gli avversari, portandosi
al massimo a -1 e che, per la prima volta in
stagione, hanno chiuso con una precisione al
tiro inferiore al 50% (40%) e senza superare
quota 100 punti. Gran gara del solito Curry
(28 punti) e di Green (24 punti e 11 rimbalzi),
che non bastano però ai Warriors, affondati
sotto i colpi di Monroe (28 punti e 11 rimbalzi) e di Antetokounmpo, che realizza una
grande tripla doppia (11 punti, 12 rimbalzi e
10 assist).
Si ferma così a 28 la serie di vittorie consecutive dei Warriors (le 4 conclusive della regular
season 2014/2015, più le 24 iniziali di quella
di quest'anno), che entrano così nella storia
della NBA, avendo realizzato la migliore partenza di stagione e la seconda striscia di vittorie più lunga della storia di questo sport,
seconda solo all'incredibile record dei Los
Angeles Lakers del '71-'72, che realizzarono
addirittura 33 vittorie consecutive, per poi cadere, guarda caso, proprio contro Milwaukee.
I Golden State rimangono comunque i favoriti
per la vittoria finale, nonchè la squadra da
battere. Subito dopo questa sconfitta, infatti, i
Warriors hanno immediatamente ripreso la
loro corsa, portando il numero di vittorie a 41,
con soltanto 4 sconfitte.
Grande merito di questo incredibile ultimo
anno e mezzo dei Golden State è sicuramente
anche del genio di Steve Kerr, l'uomo a cui
Michael Jordan affidò il pallone decisivo della
storica finale del '97 - insomma, non uno
qualsiasi. L'ex guardia statunitense nel 2014
ha intrapreso la carriera da allenatore alla
guida dei Warriors ed ha rivoluzionato il gioco della squadra, creando una formazione su
misura per il suo playmaker, Curry, vero motore dell'azione, rinunciando al centro di peso, cambiando la posizione di Iguodala e buttando nella mischia il giovane Green, con risultati straordinari.
A proposito di favole, si concluderà quest'anno quella di Kobe Bryant, uno dei più forti
giocatori di basket di tutti i tempi. La guardia
dei Lakers, dopo aver fatto la storia dei Los
Angeles, unica squadra con cui ha militato, e
dopo aver vinto 5 titoli NBA e 2 medaglie
olimpiche in vent'anni di carriera, ha deciso di
ritirarsi al termine di questa stagione. Quello
che Bryant rappresenta per questo sport è
perfettamente riassunto nelle parole dello
storico telecronista e appassionato di pallacanestro Federico Buffa: "Le gioie della vita:
Michelle Pfeiffer, il cioccolato... e Kobe Bryant
in campo aperto".
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A21RUBRICHE
IL RIMPIANTO
DEGLI INETTI
di CLAUDIU IVAN
Quante sono le cose che non possiamo raggiungere? Quanti i limiti che ci vengono imposti? Quanti quelli che ci imponiamo? Siamo
veramente disposti a rinunciare a qualcosa?
Queste sono alcune delle domande che vengono spontanee quando si pensa a tutto ciò
che si vorrebbe poter fare, a tutte quelle cose
che sono lì, ad un passo, ma che magari, per
qualche piccola mancanza, non possono essere realizzate. Sono domande stupide, frutto
del pensiero di chi vuol sognare, ma è frenato. Dubbio eterno che si portano dietro coloro che avrebbero voluto di più, ma che hanno
avuto poco. E allora sono costretti ad accettarlo, volenti o nolenti, perché le cose non
possono essere cambiate; oppure ad aspettare, sperando che succeda qualcos’altro, qualcosa in grado di cambiare la situazione.
Quel che è certo è che le possibilità non sono
mai le stesse per tutti: c'è chi ne ha di più e
chi di meno. La vera astuzia sta però nel saperle sfruttare. Alcune volte ci precludiamo
qualcosa perché pensiamo di non esserne capaci, o magari di non esserne all'altezza. Rifiutiamo ciò che di natura ci spettava, evitiamo
generosità che ci vengono elargite. Perché la
verità è che, per quanto una persona possa
essere sfortunata e totalmente avulsa ai colpi
di fortuna, avrà sempre, almeno una volta
nella vita, una grande occasione… la grande
occasione. Purtroppo però, spesso capita di
buttare via anche quella, senza neanche accorgersene.
Occasioni mancate che non torneranno mai,
stupidi ritardi, piccoli errori con enormi conseguenze, ormai non più correggibili. Si perde
l'attimo, non si coglie ciò che il caso ci ha reso disponibile, ciò che ha voluto mettere lì, su
un piedistallo, pronto per essere preso senza
sforzo. E allora quanti rimpianti? Troppo tardi
ormai. Eppure quell'occasione che così facilmente è sfilata sotto ai nostri occhi, non è
stata dimenticata e probabilmente, potenzialmente, è ancora lì, che ci guarda, ma stavolta, oltre ad essere poggiata su un piedi-
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stallo, è anche protetta da una teca di vetro,
fragilissimo, che evitiamo di rompere per
paura di farci male, o di colpire la nostra occasione, di distruggerla definitivamente. Ci
limitiamo ad osservarla, a ingegnarci su come
poterla tirare fuori. Passiamo tempo infinito a
lacerarci dentro per non aver toccato prima la
nostra opportunità, per non averla abbracciata quando ne avevamo l'occasione.
Succede poi, altre volte, che dopo aver avuto
questa opportunità e dopo esserne stati privati, non abbiamo neanche più la possibilità
di ammirarla, non possiamo più neanche vedere il nostro obbiettivo, che diventa quindi
irraggiungibile. Viene portato via, nascosto
alla nostra vista, forse per sempre. Non c'è
nessuna certezza sul fatto che potremo avere
ancora una volta la nostra occasione. Nessuno ci garantisce che questo potrà avvenire di
nuovo. Avremo di certo opportunità diverse a
disposizione, ma non saranno mai uguali a
quella. Il rimpianto di aver fatto la scelta sbagliata, di aver intrapreso una strada piuttosto
che un’altra, di aver aspettato troppo, ci perseguiterà a lungo.
Quindi cosa fare? Come reagire? Abbandonarsi alla stupida speranza che prima o poi
quel piedistallo sorreggerà di nuovo ciò che
tanto desideravamo? Oppure andare in cerca
di qualcosa di nuovo? La risposta è sicuramente personale ed è frutto del proprio modo di essere, del proprio carattere. Tuttavia
ciò che bisogna necessariamente valutare è
l’importanza che la nostra opportunità aveva
per noi: comprendere quanto questa fosse
necessaria, quanto spazio vuoto abbia lasciato dentro di noi. Non bisogna sprecare tempo
dietro a qualcosa che è difficile recuperare, se
non è così importante, ma vale la pena cercare di riottenere quelle cose che riteniamo
fondamentali.
I limiti della condizione umana sono quindi,
probabilmente, ben definiti: ogni individuo ha
i suoi, che vengono scelti dalla fortuna e influenzati dalla capacità di cogliere l’attimo.
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Tuttavia il metodo per ampliarli sempre più è
non risparmiarsi mai nulla, vivere sempre al
massimo delle proprie opportunità e sfruttare
sempre quelle che ci vengono proposte. Perseverare, non mollare se sentiamo di poter
arrivare dove abbiamo sempre desiderato.
Non bisogna aver paura di perdere, di sbagliare, di sembrare stupidi, perché è soltanto
quando avremo buttato via ciò che veramente volevamo, che ci sentiremo gli individui più
inetti dell'universo.
Separazione, Edvard Munch, 1896, olio su tela, 79×105 cm, The Munch Museum, Oslo.
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A21RUBRICHE
SARÀ UN ANNO
COME GLI ALTRI?
di SILVIA CASCEGNA
Un altro anno si è ormai concluso, portando
con sé il ricordo di momenti che riviviamo in
quel conto alla rovescia, che ci passano davanti agli occhi come un flash, con quei numeri urlati che fanno da sottofondo. Risentiamo il suono delle risate e dei singhiozzi,
nostri e altrui, percepiamo di nuovo il calore
del sole sulla nostra pelle ed il freddo pungente attraverso i vestiti pesanti, sentiamo
nuovamente l’odore dell’erba appena tagliata
e quello che lascia dietro di sé un incendio,
vediamo ancora una volta le gocce di pioggia
sul vetro e lo splendere del sole riflesso sui
nostri occhiali scuri. Ed è come se lo ripercorressimo da capo quell’anno che ormai ci è
scivolato tra le mani, senza che noi lo potessimo fermare. Quante notti abbiamo passato
insonni, sommersi dai pensieri? Quante sere
siamo crollati sul letto, con un sorriso dipinto
sul volto? Quanti minuti abbiamo trascorso a
fissare uno schermo, in attesa di un messaggio che non è arrivato mai? Quante giornate
sono state rallegrate da qualche semplice parola? Quante amicizie sono state distrutte?
Quante ne sono nate? Quante lacrime abbiamo versato? Quanti sorrisi ci hanno rubato?
Quante strade abbiamo percorso coperti dai
nostri maglioni? Quante risate hanno risuonato sotto un sole che ci baciava la pelle? Quante volte abbiamo cercato di rincorrere un autobus troppo veloce? Quanto tempo abbiamo
passato in fermata con le cuffie nelle orecchie? Quanti amici abbiamo interrotto perché
stavano cantando qualcosa di orrendo?
Quante canzoni ci sono sembrate scritte apposta per noi? Quante frasi hanno rispecchiato i nostri sentimenti? Quante foto abbiamo
scattato per fermare nel tempo quell’istante,
per non lasciarlo andare mai? Quante giornate siamo usciti con qualcuno per stare semplicemente insieme, senza fare nulla di preciso? Quanti pomeriggi abbiamo speso sui libri,
sperando in un’illuminazione divina? Quanti
libri regalati aspettano ancora di esser letti?
Quante parole che odorano di carta stampata
ci sono rimaste nel cuore? Quanto spesso abbiamo sognato di scappare, lontano, e non
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tornare? Quante volte abbiamo voluto chiuderci in casa e non uscire più? Quanta paura
hanno portato con sé quegli attentati? Quanto tempo è passato prima che essa si attenuasse? Quanto terrore abbiamo visto dipinto
sui volti della gente? Quanti sorrisi ci hanno
rivolto bambini dagli occhi dolci? Quanti baci
abbiamo visto essere scambiati? Quanti baci
non siamo riusciti a dare? Quanti rimpianti ci
hanno attanagliato lo stomaco? Quante volte
non abbiamo fatto ciò che davvero volevamo
per paura di sbagliare, per vergogna? Quante
volte siamo stati invece contenti di aver fatto
qualcosa, di esserci riusciti? Quante volte
siamo stati soddisfatti di noi stessi? Quanti
buoni propositi avevamo? Quanti pochi siamo riusciti a realizzarne? Quanto credevamo
tutto potesse essere diverso, stavolta?
E ora rivivremo tutto da capo, ma come se
tutto fosse nuovo. All’inizio aspetteremo un
cambiamento, un avvenimento che stravolga
tutto, ma un nuovo anno non ci busserà mai
alla porta di casa con un regalo. Eppure, un
regalo, da qualche parte, c’è, sta solo a noi
andarlo a cercare e prendercelo.
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A21RUBRICHE
ARTE: IL CERVELLO
DI MILLE MANI
di FELICIENNE LAURO
Che cos’è l’arte?
L'arte è il mezzo di cui l'uomo, che è solo una
misera creatura davanti alla grandezza dei
sentimenti, si serve per cercare di materializzare e concretizzare l'irrazionalità di ciò che
prova.
Essendo così forti queste emozioni però, devono essere per forza tirate fuori, per cercare
di essere capiti, non solo dagli altri ma anche
da se stessi, perché capirsi è forse una delle
cose più difficili da fare.
Spesso per arte si intende una scultura di Lisippo, un quadro di Leonardo Da Vinci o una
poesia di Leopardi.
Ma non è solo questo l’arte.
Dobbiamo pensare a questo pensiero come
un impasto, i cui contenuti sono le emozioni.
Le emozioni che proviamo sono spesso uguali
per tutti, ma c’è chi ha provato una certa
emozione più fortemente rispetto ad un’altra:
le dosi dell’impasto quindi saranno diverse, il
risultato finale di conseguenza sarà diverso.
Spetterà poi al soggetto trasformare questo
pensiero in arte, che sia musica classica oppure heavy metal, che sia un quadro di arte impressionista o astratta.
Questo pensiero non sarà capito da tutti, solo
i più sensibili e i più aperti di mente sapranno
percepire quello che l’artista vuole comunicare, gli altri invece si fermeranno all’apparenza,
vedranno quell’opera come un corpo senza
anima e l’artista sarà considerato un pazzo.
Un vero osservatore può restare a guardare
una statua per più di un’ora, all’apparenza sarà tranquillo, ma dentro starà provando mille
emozioni diverse: è proprio questo lo scopo
dell’arte.
È un metodo per alleggerire l’anima, per sentirsi vivi e compresi.
L’arte ci circonda, ovunque andiamo possiamo trovare una sua forma: anche un fiore
senza un petalo può esserlo, oppure un parco
abbandonato, perché l’arte non ha regole, è
un sistema complesso.
“C'è qualcosa nell'arte, come nella natura del
resto, che ci rassicura e qualcosa invece che ci
tormenta, ci turba. Ci rassicura un prato verde
pieno di fiori, un cielo azzurro senza nuvole, ci
turba l'immobilità di un lago, la violenza di
una tempesta; ci placa la bellezza di una statua greca, Fidia o la Venere di Milo, ci sgomenta il monaco di Friedrich solo dinnanzi
all'immensità del mare.” – film ‘Il rosso e il
blu’.
Complesso perché racchiude una moltitudine
di tipologie: l’arte è il cervello di mille mani.
Ogni artista è diverso dall’altro, poiché ognuno ha una vita diversa, ha provato mille emozioni che l’hanno portato ad un unico pensiero.
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Articolo21
SOFIA ARCIERO & A. EMANUELE CASUCCI
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Articolo21 n.8 – Gennaio/Febbraio 2015
Redazione Claudiu Ivan (responsabile), Sofia Arciero, Lucrezia Caianiello, Aurora Carbone, Silvia Cascegna,
A. Emanuele Casucci, Alessandra Cianfanelli, Alessandro Francescangeli, Mattia Galli,
Felicienne Lauro, Serena Malerba, Laura Ordonez Valverde, Aurora Pace, Marco Perulli, Valerio Siloni, A.E.C.
Impaginazione e grafica Claudiu Ivan.
Copertina Alessandro Francescangeli, la frase in copertina è di Johann Wolfgang von Goethe.
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