A r t i c o l o 2 1 P e r i o d i c od ’ i n f o r m a z i o n ea u t o p r o d o t t oea u t o f i n a n z i a t od e g l is t u d e n t id e lL i c e oA r i s t o t e l e A rt i c o l o2 1n o nri c e v ea l c u ns o s t e g n od a l l ’ I s t i t u z i o n eS c o l a s t i c a N . 8 G e n n a i o / F e b b r a i o 2 0 1 6 Non vièal cun met odopi ùs i curoperevaderedalmondoche s eg uendol ’ a e,enes s un met odopi ùs i curodiuni rs ial mondochet rami t el ’ a e Incanto. Intreccio di colori sublimi, di veli sottili, di istanti confusi. Arte rivelatrice di arcani misteri nell’animo celati, di gioie fermenti, dubbi lamenti. Arte è essenza è libertà, è sogno ed è incubo è menzogna e verità. Ferma il tempo spezza il respiro, non teme limiti infrange contorni. Arte che non si piega al volere del mondo, che avvolge e distorce l’arida realtà. Contatto istantaneo tra dimensioni differenti dell’essere. E ruba, arde tace, urla. A.P. INDICE EDITORIALE 4 A21SCUOLA o o Satira Guida (inter)galattica per maturandi 5 6 A21ATTUALITÀ&POLITICA o o o o o o L’arte di convincere i consumatori Teste di Modì Arte immortale Peppino Impastato Bombe come fuochi d’artificio ISIS: Masochismo orientale 8 10 12 13 14 15 A21SCIENZE&TECNOLOGIE o I quattro elementi 16 A21CINEMA o o o Il Ponte delle Spie Star Wars VII: Il Risveglio della Forza Creed - Nato per combattere 18 20 22 A21LETTERATURA o o o “Non necessariamente in quest’ordine” Il Miniaturista Bambarén: Il poeta dell’anima 23 25 27 A21MUSICA o L’hip-hop 2015 in Italia 28 A21ROMA o Eventi di febbraio 2016 30 A21SPORT o o L’arte di simulare Imbattibili 31 33 A21RUBRICHE o o o o Il rimpianto degli inetti Sarà un anno come gli altri? L’arte: Il cervello di mille mani Cosi spaziali & Fognicoli pt. 3 34 36 37 38 SCRIVERE PER ME, PER GLI ALTRI… Ci sono giorni in cui torniamo a casa stanchi, la mente a pezzi, voglia di fare zero. Alcune volte, addirittura, non solo non ci va di studiare, ma non riusciamo neanche a leggere, a vedere un film, a giocare ai videogiochi. Passiamo il pomeriggio con occupazioni futili, per trascorrere il tempo, per non stare con le mani in mano, ma non concludiamo nulla. Accettiamo l’idea che rimandare non sia sbagliato e crediamo che quel quarto d’ora passato su internet, quella mezz’ora davanti alla televisione possano risolvere tutti i nostri problemi. Pensiamo che queste stupidaggini possano allontanare pensieri orribili, nervosismo, stanchezza. Ci convinciamo del fatto che tutto ciò che non dovremmo fare, per “un pochino” lo si possa veramente fare. Succede anche che sapendo che a casa non ci sforzeremo di fare nulla, rimaniamo a zonzo, con gli amici, in cerca di una qualche occupazione, magari per rilassarci, per non pensare. Ci fermiamo al bar a prendere un caffè, sperando di trovare qualcuno seduto a tavolo con cui parlare. Facciamo qualsiasi cosa che riesca a tenere la nostra testa tra le nuvole, cercando di non farla mai ritornare a terra. Non ci rendiamo conto di quante cose potremmo fare, di quanto ogni singolo secondo sia utile, se ben sfruttato. E un modo utile per farlo è sicuramente quello di dedicarsi all’arte. Questo non significa soltanto essere pittori, scultori o musicisti, ma vuol dire anche, nel nostro piccolo, dedicarci a ciò che sappiamo fare meglio. Per noi di Articolo21 vuol dire scrivere. Avere un foglio di carta e una penna – per me – vuol dire tanto, perché vuol dire che ho la possibilità di mettere nero su bianco qualsiasi cosa mi passi per la testa. Non importa se sia rabbia, tristezza, felicità, dubbio o desiderio. Non mi interessa cosa ne pensino gli altri. Non reputo importanti i giudizi della gente sulle parole che uso nei miei scritti. Non sto a sentire le stupide critiche di chi non condivide il mio pensiero. Non presto attenzione a chi mi dice cosa devo fare. Penso solamente a ciò che voglio comunicare agli altri e per fare questo non ho bisogno di nient’altro che me stesso. A volte scrivo cose che penso di non far leggere a nessuno, per sfogarmi, per confidare al foglio muto alcuni dei miei pensieri. Inizialmente lo faccio solo per me, ma fin da subito so che prima o poi qualcuno li leggerà, perché scrivere qualcosa con la pretesa che rimanga per sempre chiuso dentro un cassetto, è inutile. Buttare tempo e scrivere esclusivamente per me stesso, è egoistico. Il momento in cui diamo una forma ai nostri pensieri – in qualsiasi modo, non solo con lettere e parole – e li condividiamo con gli altri, è il momento in cui ci rendiamo finalmente conto che non stiamo sprecando tempo. Quel momento è il momento in cui facciamo arte. È proprio questo il tema del numero di questo mese: l’arte in tutte le sue forme. Quella senza dubbio più vicina a noi è quella della letteratura ed è proprio per questo che ci impegniamo continuamente per riuscire a far arrivare sui banchi della nostra scuola le copie di Articolo21. Per noi anche questo è fare arte. La frase in copertina è di Johann Wolfgang von Goethe, dai più conosciuto per il suo I dolori del giovane Werther o per il Faust. Essa, in poche righe, rappresenta perfettamente quello che per noi è scrivere: il più semplice modo per evadere dal mondo, ma anche quello più semplice per entrarne a far parte. Claudiu Ivan e la Redazione di Articolo21 Articolo21 21 A21SCUOLA SATIRA 5 Articolo21 21 A21SCUOLA GUIDA (INTER)GALATTICA PER MATURANDI di ALESSANDRO FRANCESCANGELI Cari maturandi, tra qualche mese vi tocca. Ahivoi. L'ansia probabilmente non ce l'avrete ancora, nonostante i tentativi del corpo docente di incutervi terrore. Quasi sempre vani. Almeno dopo la prima birra serale. Bene. Anzi, male. Chiudete Articolo21 e andate a studiare matematica. Se non vi va, cominciate a pensare alla tesina, o percorso multidisciplinare. Insomma a quella cosa che vi permetterà di rompere il ghiaccio durante la prova orale e di presentarvi alla commissione dopo quello che avete scritto nelle prime tre prove. In linea teorica, come e quando dovete presentare la tesina, lo decide la commissione. In linea pratica andate a chiedere lumi ai docenti che per la logica dell'alternanza delle materie (cit.) sperate siano interni: per voi dovrebbero essere matematica/fisica e storia/filosofia. Ma tanto il MIUR dovrebbe farvelo sapere a breve (se, speratece, illusi). Solitamente, o almeno per me è stato così, dovrete presentare alla commissione prima dell'inizio degli esami la mappa concettuale con gli argomenti che tratterete, di modo da dare il tempo ai prof di vederli e eventualmente prepararsi domande o chiedere chiarimenti. Se non siete grandi artisti manuali sarebbe preferibile elaborare un minimo di grafica al computer. Non serve che chiediate all'amico che va allo IED se vi fa la mappa concettuale con Photoshop e Illustrator, ma un minimo di estetica non guasta. Magari a colori, una stampa da file in copisteria costa meno di un caffè. Se poi la plastificate pure potete usarla, se va male l'esame, come mousepad del pc. La versione che presenterete alla commissio- 6 ne non deve essere per forza quella definitiva, evitate però di stravolgerla: va bene parlare del Berretto a sonagli invece che della Giara di Pirandello, ma se avevate presentato un percorso sui Social network e la vita dell'uomo nel XXI secolo e poi ripiegate sul Ruolo della donna durante la Grande Guerra difficilmente potrete giocarvi la carta del "lavoro su questo percorso da diversi mesi". E lavorarci prima aiuta. Va bene che gira il detto che l'unico che ha finito la tesi ad aprile è stato Lenin, ma evitate di ridurvi a dopo la terza prova. Questo perché a giugno avrete altro da studiare (leggi: matematica). Per cui sì, ci potete lavorare la sera quando non ce la fate più a ripassare italiano o filosofia, ma cosa scriverci dovete saperlo da prima. Ma cosa scriverci? Su cosa farla? Partite da un assioma: avrete tra i sette e i quindici minuti a seconda di cosa decide la commissione e da quanto i professori si annoiano. Per cui se la vostra bozza supera le duecentocinquanta pagine A4 in Times New Roman 9, forse, dovete togliere qualcosa. Ma poi, siete sicuri di voler studiare altre duecentocinquanta pagine di tesina quando dovete già prepararvi tutte le altre materie? Il consiglio è questo: parlate di qualcosa che sapete già. Una vostra passione, un vostro interesse, qualunque cosa che non vi comporti un carico di studio maggiore o che comunque vi piaccia approfondire. Qualcosa che sia un buon diversivo alla fine dei chiusoni di fine maggio e inizio giugno. E fate in modo che sia vostra. Non dovete partire dal troviamo un argomento che si colleghi a tante materie, ma dal come posso ap- Articolo21 21 profondire e mettere in tesina questo argomento che mi piace tanto. tanto si accorda con quello che volete dire voi sull'onestà. Non serve collegare tutte le materie, non serve fare voli pindarici per passare dalla Clorurazione del metano al Dadaismo, passando per Il manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels. Mai e per nessun motivo dire frasi del tipo passo a storia, ora parlerei di filosofia. State sostenendo un discorso vostro, non parlando di varie materie. Se credete che i professori siano così poco intelligenti per capire che siete passati a parlare di un filosofo, dopo che stavate parlando del decadimento dei materiali radioattivi, ricordate che gli avete presentato (e che dovrebbero avere davanti) uno schemino con tanto di frecce colorate. Evitate i temi più sentiti e scontati: seconda guerra mondiale, fascismo, bomba nucleare, etc. A volte sono troppo usati e i professori li avranno sentiti già tre volte in quella settimana (figuriamoci nella loro vita professionale e non) e rischiate di annoiarli. Ricordate che è possibile che siate il quarantesimo esame che sentono in una settimana e mezzo. Ma soprattutto sono temi troppo generici. Non è vietato parlare di fascismo è vietato parlare del fascismo. Che la Marcia su Roma sia stata fatta il 28 ottobre del 1922 i professori lo hanno già sentito centinaia di volte, ma magari non hanno mai sentito parlare in un esame di un confronto critico tra le visioni e interpretazioni del fascismo di Croce, Gramsci, Salvemini e De Felice attualizzato nella storiografia contemporanea. Ma la cosa fondamentale è questa: dovete trovare un argomento, una tesi appunto e sostenerla, farne un logico discorso. Cercate di inserire elementi che non fanno parte del programma, ma di non fare un percorso totalmente avulso dagli argomenti trattati in classe: se i professori vi vogliono aiutare vi faranno domande inerenti o comunque a partire da quello che avete detto. Cominciate a prepararla... ieri. Leggete libri, vedete film, fatelo ora prima che maggio si avvicini. Se vi piace un autore leggete quante più opere possibile, spaziate tra quella raccolta di poesie poco conosciuta, ma che, a mio parere, è splendida a quel romanzo che purtroppo non vedo nemmeno citato sul libro. Se l'argomento vi interessa sarà bello farlo. Magari una presentazione PowerPoint vi può aiutare a ricordarvi cosa dovete dire e a tenere accesa l'attenzione dei professori. Non mettete troppo testo, dovete ricordarvi quello di cui dovete discutere, non dovete leggerlo. Poi, alla fine, fatevi due calcoli: se avete abbastanza crediti e avete fatto delle buone prove scritte e superate già il sessanta potete sempre firmare e poi andare al mare con quell'amica lì, senza fare l'orale. Ricordatevi il documento, però. Se per esempio il vostro argomento del percorso è l'onestà e volete parlare del Piacere dell'onestà di Pirandello è totalmente fuori luogo nel vostro discorso dire che "Pirandello è nato a Girgenti il 28 giugno 1867 ed è morto a Roma il 10 dicembre 1936 e tra le sue opere più importanti ricordiamo blablabla...". Non solo perdete tempo e divagate, ma vi togliete la possibilità che il docente di italiano poi vi chieda: "Mi parli di Luigi Pirandello e delle sue opere maggiori visto che ne ha accennato in tesina". Parlate solo di quella particolare frase che Pirandello inserisce in quell'opera che 7 Articolo21 21 A21ATTUALITÀ&POLITICA L’ARTE DI CONVINCERE I CONSUMATORI di SERENA MALERBA La pubblicità ha origini antiche, più antiche di quanto solitamente si immagina. Con la rivoluzione industriale diventa compagna abituale, quotidiana, ed oggi sembra quasi seguirci. La incontriamo ovunque e continuamente: sui mezzi di trasporto è lì a fissarci; per strada non di rado ci imbattiamo in essa; e anche guardando un film, lei c’è, costantemente. La pubblicità è un mezzo persuasivo che, esercitando una pressione psicologica sul consumatore, tende ad indirizzarlo su alcune scelte, lo spinge ad agire in un senso predeterminato. Il manifesto, strumento tradizionale della pubblicità, è un ponte tra prodotto e consumatore, tra servizio e fruitore. Ha come scopo fondamentale l’informazione sulle caratteristiche del prodotto, stimolando quantità e continuità della domanda, ma dove il prodotto non presenta caratteristiche oggettivamente distintive, dove non c’è novità, la pubblicità diventa essa stessa strumento di differenziazione dei prodotti, facendo importante riferimento alla marca. interessa. Perciò di quei mille annunci, un normalissimo consumatore, ricorda con precisione solo tre di essi. Le tecniche pubblicitarie devono perciò continuamente evolversi, migliorarsi per concorrere nella mente del consumatore, devono sorprenderlo e catturarne la debole attenzione. Con una velocità ineguale, la pubblicità rimane al passo con la società, ne riflette i costumi e ne disegna i cambiamenti, anticipando le nuove tendenze e promuovendo le innovazioni. La pubblicità e precedentemente il manifesto sono quindi doppiamente interpretabili: come semplice mezzo pubblicitario e come immagine speculare della società e del periodo in cui viviamo. Mediante norme espressive e tecniche artistiche (l’assenza di ombre, l’appiattimento dei colori, tagli prospettici o punti di vista inediti) si esaltano caratteristiche proprie del mondo contemporaneo, dandone una chiave di lettura immediata. La pubblicità si serve dell’arte per impressionare; ma la pubblicità è considerata arte? Nella nostra quotidianità la pubblicità è una presenza assidua, talvolta insignificante, talvolta profondamente odiata. Negli Stati Uniti si stima che la media delle proposte pubblicitarie che un consumatore incontra possa arrivare a 2000 al giorno. Nel nostro paese non ci sono studi così precisi, ma si pensa che siano più di mille. Non è perciò sorprendente che oggi i consumatori cerchino di evitare qualsiasi annuncio pubblicitario; abbiamo infatti sviluppato una capacità di selezione automatica e repentina: l’occhio umano salta istintivamente gli annunci su un giornale o su una rivista e le orecchie si limitano a sentire solo ciò che ci 8 Il filosofo Marshall McLuhan definisce pubblicità "la più grande forma d’arte del XX secolo”. Altri giudicano un’arte la capacità di per- Articolo21 21 suadere e di conseguenza la pubblicità, una forma artistica. C’è chi invece la vede unicamente come l’espressione di spregiudicati "persuasori occulti" che ci manipolano con l'unico scopo di trasformarci in passivi consumatori di beni di cui non abbiamo bisogno. C’è chi inoltre ne smentisce i valori artistici, parlandone come se fosse una semplice prassi tecnica, volgare e con scopi esclusivamente utilitaristici, priva dei connotati che si ritiene abitualmente qualifichino un'opera d'arte, cioè originalità, sincerità, verità, eternità, capacità di esprimere una visione delle cose. È vero: l’arte è un dono dato al pubblico dall’artista e la pubblicità non rientra appieno in questa definizione, specialmente oggi più che mai legata a fini di arricchimento e di consumo. È indiscutibile però che la pubblicità alimenti l’arte, e che l’arte sia fonte di ispirazione per la pubblicità, porgendosi, in fin dei conti, un aiuto reciproco. Gli innovativi stili dei più grandi movimenti artistici e culturali, fra i quali Dadaismo, Costruttivismo, Futurismo e Bauhaus, diventarono la base grafica di manifesti, e rifluirono nella produzione artistica dei pubblicitari. Gli esponenti di questi stessi movimenti rappresentarono, non raramente, come soggetto della propria opera artistica la pubblicità, essendone rimasti turbati o affascinati. avvalse di espedienti grafici e cromatici per catturare l’attenzione del passante, quali linee dinamiche unite a colori essenziali (rossi e neri), e come artista utilizzò la tecnica della litografia nella sua produzione artistica, avendola conosciuta grazie all’attività da pubblicitario. Il rapporto tra arte e pubblicità è complesso: da una parte abbiamo visto cooperazione, dall’altra persiste un atteggiamento di opposizione l’una per l’altra. Anche nel Dadaismo vi è da parte dell'avanguardia il rifiuto dello schema comunicativo proprio del messaggio pubblicitario e lo stravolgimento del significato del medesimo attraverso la manipolazione dei suoi stessi registri espressivi. L’arte è un concetto soggettivo, astrazione che si coglie in cose concrete, e ognuno la percepisce a modo suo, indipendentemente da ciò che l’artista vuole rappresentare. In questo mondo saturo di immagini, se è vero che è arte anche una tela bianca sporcata (perché non può dirsi dipinta) da semplice tempera in un suo più infinitesimale punto, è legittimo chiedersi come mai la pubblicità non possa anch’essa essere definita maestria, genialità, abilità. Oscar Wilde affermava però che l’arte è “libertà che lotta contro la monotonia del tipo, la schiavitù della moda, la tirannia delle abitudini, e l’abbassamento dell’uomo al livello della macchina”. È giusto allora definire la pubblicità come arte? Non è proprio la pubblicità che detta la moda e che diffonde l’omologazione? Non è sempre la pubblicità che sminuisce l’uomo vedendolo a livello di una macchina, o peggio, di denaro? Rimango dell’idea che l’arte sia un concetto soggettivo. E credo che la pubblicità rientri in questo concetto quando suscita quella semplice sensazione che è nota anche all’uomo più sprovveduto e che scaturisce dal contagio dei sentimenti altrui e che spinge a fondersi spiritualmente con un altro uomo. Altro esempio coerente è il lavoro del pubblicitario e allo stesso tempo artista Henri Toulouse Lautrec. Questo, nei suoi manifesti, si 9 Articolo21 21 A21ATTUALITÀ&POLITICA TESTE DI MODÌ di CLAUDIU IVAN Anno 1984. Sicuramente un anno ricco di eventi, fonte d’ispirazione di libri, film e musica. Tra i tanti fatti avvenuti in quel periodo, forse in pochi conosceranno la storia delle teste di Modì: In quell’anno si celebrava il centenario della morte di Amedeo Modigliani, noto artista livornese, e nella sua città natale era stata allestita una mostra commemorativa. Vera Durbé, conservatrice dei musei civici livornesi, decide di incentrare l’esposizione sull’attività di scultore di Modì. Tuttavia, nonostante i grandi sforzi, la mostra non raggiunge il successo sperato, riuscendo a portare soltanto 4 sculture sulle 26 riconosciute sino ad allora. noscono le teste come autentiche, ad eccezione di Federico Zeri, critico d’arte che si dichiara sin da subito scettico. La mostra si arricchisce quindi dei tre nuovi ritrovati, da subito fortemente reclamizzati e mostrati al mondo intero dalla televisione, che aveva assistito in diretta ai lavori di dragatura. A questo punto, per dare slancio alla mostra e cercare di avere maggior affluenza, l’allestitrice decide di dar credito ad una vecchia leggenda che voleva che Modigliani avesse gettato nei fossi livornesi – la dragatura si concentrerà in particolare nel Fosso Reale – quattro sculture da lui realizzate, perché ritenute insoddisfacenti. Ovviamente le speranze sono poche, ma l’opinione è che la campagna di scavi avrebbe potuto pubblicizzare l’evento, portandolo sulle bocche di tutti. Insomma, la solita opera di marketing. Tra lo stupore di tutti, dopo svariati giorni, vengono riportate alla luce tre teste scolpite. Tutti sono d’accordo nell’attribuire le opere all’artista livornese: la stampa, i media e persino i critici d’arte celebrano l’evento e rico- 10 Sembrerebbe una storia a lieto fine, ma non è tutto oro quel che luccica. Infatti, neanche a dirlo, dopo un mese, un team di studenti universitari si presenta alla redazione del settimanale “Panorama”, dichiarando di essere gli autori materiali di una delle teste. Come prova viene mostrata una foto che li ritrae durante la creazione di uno dei falsi e, a causa delle accuse di mitomania, i ragazzi sono costretti ad eseguire nuovamente, in diretta tv, una scultura, prima che tutti accettassero definitivamente le loro affermazioni. Come compenso per la notizia, il gruppo viene pagato dieci milioni di lire. Dopo poco tempo, anche a Articolo21 21 causa dei forti dubbi generati dalla recente vicenda, viene scoperto che le altre due teste erano state concepite dalle mani di Angelo Froglia, un artista provocatore, e non da quelle del Modigliani: l’uomo affermerà infatti che la sua era solamente «un'operazione esteticoartistica – per verificare – fino a che punto la gente, i critici, i mass-media creano dei miti». Senza troppe attese la carriera della direttrice Vera Durbé arriva alla fine e la gestione dei beni culturali livornese e nazionale viene messa sotto accusa. Si conclude così una delle più grandi beffe – per quanto riguarda il mondo artistico – del secolo passato. L’intero sistema culturale ita- liano viene messo in crisi senza tanti problemi e l’autorevolezza di critici e personalità del mondo artistico smontata facilmente da un gruppo di ragazzi e da un uomo sconosciuto ai più. Ha senso quindi chiedersi: chi sono questi personaggi che vengono da tutti ritenuti gli unici in grado di poter valutare se un’opera ha valore o meno, o se è autentica o un falso? Qual è il potere dell’autenticità artistica di fronte alla mistificazione editoriale e televisiva? Quanto può essere distorta la realtà di fronte alla sete di novità e alla volontà di trovare lo scoop? Fosso Reale, Livorno, 1984. 11 Articolo21 21 A21ATTUALITÀ&POLITICA ARTE IMMORTALE di SOFIA ARCIERO Parliamo de La Natività di Caravaggio, della sua lunga storia che comincia 46 anni fa e si dirama, partendo da Palermo, dalle vie di Salerno alle spiagge della Liguria, fino al Prado di Madrid, per poi ritornare alla sua patria, al suo punto di partenza, Palermo, dove ha finalmente un momento di calma, per ricordare il passato e proiettarlo nel futuro. Cominciamo dall'origine: il quadro, da tempo conservato nel museo di una Palermo burrascosa, nella notte tra il 17 e il 18 ottobre, anno 1969, è rubato da due uomini, di cui non si saprà mai l'identità, i quali avvieranno l'intreccio annunciato prima. Da notare è la tranquillità, o piuttosto paura, con la quale è denunciato il furto dai custodi del quadro, quasi a sminuirne l'importanza. Le vere e proprie denunce arriveranno qualche anno più tardi dal giornalista Mauro De Mauro, misteriosamente scomparso e dimenticato per anni, così come l'oggetto più importante dei suoi ultimi articoli. Molti letterati ricorderanno poi questo dipinto nei loro scritti, ma mai in modo così esplicito da influenzare qualche azione di riparo a questo scandalo del mondo artistico. Come dicevamo prima, si parla di una Palermo burrascosa, dominata da conflitti interni di clan mafiosi che raccontano molteplici verità sul quadro, raggiungendo tutti però un finale comune: la distruzione del dipinto. 2015, anno di grandi innovazioni tecnologiche, tra cui la stampante 3D con la quale è possibile ricreare elementi o intere parti di un oggetto. Infatti, grazie al contributo di stampanti 3D, laser a luce bianca ed apparecchiature fotopanoramiche, è cominciata la clonazione, ovvero la rinascita de La Natività di Caravaggio. 12 Questo progetto riporterà alla luce il famoso dipinto a beneficio di molti appassionati d'arte che aspettano solo il momento di poterlo ammirare di nuovo o per la prima volta. Ma non tutti sono d'accordo: c'è chi pensa che la riproduzione toglierà importanza e quel pizzico di mistero che avvolgeva l'opera citata e chi invece ritiene che in questo modo sarà possibile riportare alla luce questa ed altre opere ormai distrutte. Articolo21 21 A21ATTUALITÀ&POLITICA PEPPINO IMPASTATO di MARCO PERULLI Frequenza 98800mhz; telefono 681353. Questi i numeri per Radio Aut, un luogo d'incontro come potrebbe esserlo Articolo21, o come il collettivo informativo, oppure l'assemblea d'istituto. Un luogo d'incontro per persone libere di pensare, libere nelle loro azioni, libere di parlare, o quasi. Quasi, perché Radio Aut si trovava a Cinisi, nella provincia di Palermo, dove Cosa Nostra albergava e influiva sulla vita di tutti i giorni. Questo centro culturale era gestito da Giuseppe Impastato, chiamato Peppino, e da altri suoi compagni di vita. Peppino Impastato era un ragazzo come tanti altri siciliani, ma le sue scelte lo portarono a distinguersi. Giuseppe nacque il 5 gennaio 1948, figlio di un mafioso e con uno zio tra i più rilevanti capifamiglia. Mai avrebbe potuto seguire le orme del padre, poiché respirava la libertà a polmoni troppo ampi, per limitare quella di qualcun altro. In opposizione al padre e a Cosa Nostra, ben presto si unì ai socialisti italiani, mettendosi in prima linea per la creazione di centri culturali giovanili. L'anno seguente si presentò alle elezioni della sua città: là, dove aveva sempre lottato, là, dove era stato ucciso suo padre che, per amore verso il figlio, era partito fino in America per salvarlo da un destino già deciso. Non lottò con una toga, né con una divisa, ma da comune cittadino onesto, pronto a tutto per il bene collettivo. Fu per questo che, il 9 maggio 1978, gli fu tolta la vita a soli 30 anni, da quelle stesse persone che lui denunciava apertamente alla radio, da quel Gaetano Badalamenti, del quale le sue accuse erano piene. Solo nell'aprile 2002 verrà fatta giustizia e i mandanti dell'assassinio condannati. Peppino Impastato, uomo comune, simile a tutti noi, per il suo eroismo e la sua integrità morale verrà sempre ricordato e, come fece già con i suoi centri culturali, continuerà sempre a ispirare le persone. Nel 2000 fu girata una bellissima pellicola sulla sua vita, dal titolo “100 passi”, che vi invito vedere. “La mafia è una montagna di merda” – Peppino Impastato In uno dei suoi periodi più bui gli fu proposto di cambiare sede, di andare altrove, ma mai Peppino abbandonò la sua terra natia. Nel 1975 organizzò il Circolo “Musica e Cultura”, ed è da questo che, nel 1977, nacque Radio Aut, un'emittente autofinanziata, dalla quale Giuseppe e i suoi compagni attaccarono Cosa Nostra, facendo nomi e cognomi, e denunciando anche la corruzione del comune di Cinisi. 13 Articolo21 21 A21ATTUALITÀ&POLITICA BOMBE COME FUOCHI D’ARTIFICIO di LUCREZIA CAIANIELLO Il nuovo anno è sempre accolto, più o meno in tutto il mondo, con forti botti e fuochi d’artificio, ma quest’anno la Corea del Nord ha superato se stessa. Si può dire, infatti, che non c’è stato botto più forte di quello della bomba all’idrogeno che è stata testata da quest’ultima il 6 gennaio per dare il benvenuto al 2016. Sotto il regime di Kim Jong-un, segnalato come uno dei più pericolosi ed incontrollati sulla terra, la Corea afferma di aver effettuato con successo un test con una bomba nucleare all’idrogeno provocando, oltre che un terremoto di magnitudo 5.1, lo sgomento delle nazioni della Corea del Sud e del Giappone che, rilevato quest’ultimo, si sono rese conto che non era causato da fenomeni naturali. L’epicentro si è scoperto essere nell’area dei test nucleari dei Nordcoreani (che, tra l’altro, è una zona al confine con la Cina), i quali hanno ammesso senza problemi di aver creato una bomba all’idrogeno. Tale dichiarazione è stata percepita da tutte le nazioni ed in particolare dall’ONU, la quale ha immediatamente convocato una riunione d’emergenza, considerando l’accaduto come una chiara minaccia alla sicurezza. La Corea del Nord afferma di aver costruito l’arma solo a scopo di difesa e di non avere intenzione di usarla, se non in seguito ad interventi sulla propria politica interna, quale può essere una violazione di sovranità da parte degli Stati Uniti. Si comprende facilmente la paura delle Nazioni Unite, della Russia e della Cina, che condannano apertamente la sperimentazione di questo abominio: l’ordigno “H” è molto più pericoloso e letale delle bombe atomiche precedentemente testate nel 2006, 2009 e 2013; in questo tipo di bomba si avvicendano 14 in rapidissima successione processi di fissione-fusione-fissione innescati a partire da una normale bomba atomica, motivo per cui risulta decisamente più potente di quest’ultima (almeno mille volte tanto). “Era davvero una bomba all’idrogeno?”. È questa la domanda che tutti si pongono. La Corea del Sud smentisce con sostenute tesi: parte dichiarando che il sisma scatenato era di stessa intensità, se non minore, di quello provocato nel 2013 dalla detonazione di una bomba atomica ed il Giappone inoltre conferma che non è stata rilevata alcuna radiazione ai posti di controllo. Essendo un’esplosione sotterranea, non si ha alcun rilascio di particelle né di onde elettromagnetiche poiché vengono schermate dal terreno; in compenso, l’onda sismica è proporzionale alla potenza dell’arma e, dal momento che la bomba “H” è nettamente superiore a quella ad idrogeno, è improbabile che l’intensità del terremoto sia la stessa. Comunque, l’ipotesi non è certa. Perché mentire sulla veridicità della bomba? Perché minacciare così palesemente la sicurezza e la pace delle nazioni? Si pongono tante domande a cui, per ora, non abbiamo una risposta, o che probabilmente una risposta neanche la hanno. Non è la prima volta che Kim Jong-un crea un po’ di scalpore per far sì che la Corea del Nord acquisti notorietà e rimanga in prima pagina nei giornali per un paio di giorni, prima che finisca di nuovo nel dimenticatoio. Per il momento possiamo solo che augurarci che, con questo continuo gridare “Al lupo! Al lupo!”, quando ci sarà un vero motivo per gridare, qualcuno ci creda ed intervenga. Articolo21 21 A21ATTUALITÀ&POLITICA ISIS: MASOCHISMO ORIENTALE di CLAUDIU IVAN Siamo ormai nel 2016 e il medio-oriente continua ad essere il campo di battaglia dello scontro tra due culture: quella orientale e quella occidentale. Ingenuamente si potrebbe dire che la tensione è calata, che ormai siamo lontani più di un mese da quel 13 Novembre di Parigi, eppure non è proprio così. Le notizie riguardanti le bombe che piovono sullo Stato Islamico sono magicamente scomparse dai telegiornali, ma il numero dei morti continua ad aumentare. Ma come è nato l’ISIS? Come mai oggi ci ritroviamo a combatterlo? È vero, coloro che compiono gli attentati sono fanatici religiosi e credono fortemente in ciò che fanno, ma sanno di essere utilizzati da altri? Quando un miliziano decide di farsi esplodere in un luogo affollato, sa di essere soltanto una pedina in una scacchiera mondiale? Probabilmente no, ma ciò che appare evidente all’umile occhio di un attento osservatore è che c’è qualcosa di molto più grande dietro a tutti questi eventi, ma soprattutto qualcosa di fortemente contraddittorio. Il fronte degli scontri nella zona della Siria e dell’Iraq è molto particolare: le fazioni che si sono create per arginare il fenomeno del radicalismo islamico non hanno un criterio sensato. I Curdi – etnia indoeuropea residente nel territorio degli scontri – combattono l’ISIS via terra, ma sono a loro volta bombardati dalla Turchia, facente parte della NATO. Quest’ultima – sotto l’occhio vigile del “Grande Fratello” statunitense – si proclama antiterrorista e lancia ripetuti raid aerei su Raqqa, assieme alle altre potenze europee, sostenendo (a parole) i separatisti. A tutto ciò si aggiunge poi l’azione militare russa, che va nella direzione occidentale, ma che si perde nella stupida lite con lo stato turco. In questo quadro sconvolgente i primi a perderci sono i cittadini islamici, vittime di forme di discriminazione assolutamente prive di fondamento, ma anche tutto il resto della popolazione mondiale, che vive in uno stato di continua paura e che deve in alcuni casi modificare le proprie abitudini. La causa di tutto ciò la si può trovare, come al solito, nell’avidità umana, prima responsabile del conflitto. Le grandi potenze mondiali hanno creato lo Stato Islamico per porre fine al regime di Assad e avvicinarsi più velocemente alle risorse petrolifere del territorio medioorientale, non rendendosi conto di aver generato un mostro terribile. Come bisogna comportarsi ora? Come agire per evitare catastrofi peggiori? Ormai si è entrati in un tunnel senza fine, in cui è troppo tardi per proporre vie di mezzo. La diplomazia, veicolo di pace e risolutore di avversità, è stata accantonata sin dal principio, per entrare in un conflitto in cui non aveva senso addentrarsi. Purtroppo, però, non ci si può più tirare indietro e non si possono neanche uccidere tutti indistintamente, rischiando di coinvolgere migliaia di civili che non hanno mai chiesto di far parte di questo. Se ci si fosse interessati alla questione prima, forse si sarebbe potuto evitare questo scempio. Se i singoli avessero pensato al bene comune, prima del proprio, si sarebbe potuto facilmente evitare di dar sfogo alla propria brama di ricchezza con una guerra. Purtroppo ora è troppo tardi per ricordarsi di questo e troppo facile per chiunque sbandierare il tricolore francese, professandosi libero, uguale a tutti e fratello degli altri. Si sono ignorate autobombe esplose in territorio arabo e stragi altrettanto indecenti, perché soltanto ora ci accorgiamo del pericolo reale che abbiamo creato? 15 Articolo21 21 A21SCIENZE&TECNOLOGIE I QUATTRO ELEMENTI di AURORA CARBONE La tavola periodica degli elementi fu ideata nel 1869 dal chimico russo Dimitrij Mendeleev. La sua stesura nacque a partire dalla necessità di raggruppare un numero sempre più crescente di elementi scoperti secondo un criterio universale. Mendeleev ordinò questi ultimi in base alla loro massa atomica e determinò la periodicità delle proprietà chimiche degli elementi, che si ripetevano simili tra loro in ciascun gruppo, ossia in ciascuna colonna verticale. La legge di periodicità di Mendeleev, tuttavia, suscitò iniziali dubbi tra gli studiosi dell’epoca e fu successivamente accettata grazie al sostanziale contributo di Julius Lothar Meyer, chimico tedesco che, quasi contemporaneamente al collega russo, aveva elaborato una propria tavola periodica in maniera autonoma, molto simile a quella del precedente. La genialità di Mendeleev, la cui tavola aveva già rivoluzionato il mondo della scienza, emerse completamente solo alcuni anni dopo con la scoperta degli elementi scandio, gallio e germanio, la cui esistenza era stata già prevista dallo stesso. Il chimico russo, dunque, acquisì grande notorietà, in quanto fu l’unico tra i suoi contemporanei ad intuire che la struttura 16 del Sistema Periodico consentiva non solo di ordinare gli elementi in base alle loro proprietà chimico-fisiche, ma anche di prevedere l’esistenza di elementi ancora non scoperti e di determinarne le caratteristiche in base alla loro posizione nella tavola. Il Sistema Periodico attualmente utilizzato è molto vicino a quello originariamente ideato da Mendeleev, ma basato sulla disposizione degli elementi per numero atomico crescente determinata nel 1913 dal fisico inglese Henry Moseley. Negli anni molti elementi sono andati ad aggiungersi alla tavola periodica e, il 30 dicembre del recente 2015, gli scienziati hanno ottenuto un ulteriore successo: quattro nuovi elementi sono stati annessi ufficialmente al settimo periodo del Sistema. Si tratta degli elementi 113, 115, 117, 118: la International Union of Pure and Applied Chemistry, IUPAC ha riconosciuto la scoperta effettuata dagli studiosi del Joint Institute for Nuclear Research (JINR) di Dubna, Russia insieme ai colleghi del Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL), California, USA e dell'Oak Ridge National Laboratory (ORNL), Tennessee, USA per quanto riguarda gli elementi 115, 117, 118, mentre l’identificazione dell’elemento 113 è stata attestata al gruppo di scienziati del Riken Institute, Giappone. La IUPAC ha temporaneamente assegnato ai nuovi elementi i nomi di Ununtrium (Uut, elemento 113), Ununpentium (Uup, elemento 115), Ununseptium (Uus, elemento 117) e Ununoctium (Uuo, elemento 118): la nomenclatura definitiva di ciascuno verrà definita dagli scopritori nei prossimi mesi e, come ricordato dalla IUPAC stessa, attribuita sulla base di concetti tratti dalla mitologia, luoghi o Paesi, minerali, proprietà o ancora scienziati. Si tratta di quattro elementi estremamente pesanti e, Articolo21 21 perciò, instabili, la cui presenza in natura è praticamente assente a causa del loro rapido decadimento. Per questo motivo gli scienziati sono costretti a riprodurli artificialmente in laboratorio, da cui la definizione degli elementi come “sintetici”. La loro scoperta è stata resa possibile attraverso lo scontro tra loro di nuclei più leggeri e monitorando il decadimento degli elementi radioattivi superpesanti. Il team di studiosi giapponesi del Riken Institute è stato in grado di ottenere un singolo atomo di ununtrio mediante una reazione di fusione fredda (reazione nucleari a bassa energia, diversamente dalla fusione nucleare “calda”) tra il bismuto e lo zinco: nell’esperimento gli ioni zinco, accelerati fino al 10% della velocità della luce, sono stati fatti collidere su un bersaglio di bismuto, creando uno ione molto pesante. Gli scienziati russi del JINR e statunitensi del LLNL, invece, hanno riportato di aver bombardato dell’americio con del calcio, sintetizzando quattro atomi di ununpentio. Per quanto riguarda la realizzazione dell’ununseptio, questa è stata possibile mediante la collisione di proiettili di calcio, accelerati ad un decimo della velocità della luce, con 13 mg di berkelio prodotti dall’Oak Ridge National Laboratory. L’ununoctio, infine, è stato ottenuto per la prima volta nel 1999 tramite lo scontro di atomi di kripton e piombo e, più recentemente, nel 2006, mediante la collisione tra atomi di californio e calcio. metalli di transizione; l’ununseptium è presumibilmente un metalloide e l’ununoctium un gas nobile, benché siano molti i dubbi circa lo stato della materia di quest’ultimo. Il presidente della divisione di chimica inorganica della IUPAC, Jan Reedijk, avrebbe commentato, in conclusione, il grande evento sostenendo che «La comunità dei chimici è ansiosa di vedere la sua amata tavola completa fino alla settima riga». Con lo stesso entusiasmo, gli studiosi proseguono infatti le ricerche sugli elementi successivi, contribuendo ad arricchire l’umanità di rinnovato orgoglio nel progresso scientifico. Sono ancora molte le ipotesi circa le proprietà dei quattro elementi: si suppone che l’ununtrium e l’ununpentium, entrambi estremamente radioattivi, siano metalli di post transizione, disposti nella tavola tra i metalloidi ed i 17 Articolo21 21 A21CINEMA IL PONTE DELLE SPIE di VALERIO SILONI A tre anni di distanza da Lincoln, Steven Spielberg torna alla regia e porta sul grande schermo un thriller biografico e storico, basato sui fatti di quell'evento noto con il nome di "1960 U-2 incident". Il film racconta la vera storia del processo, da parte degli Stati Uniti d'America, a William Fischer, conosciuto come Rudolf Abel, spia sovietica accusata – per l’appunto – di spionaggio e del successivo scambio di questo con Francis Gary Powers, spia americana catturata dopo che il suo U-2 era stato abbattuto mentre era in volo sopra il territorio dell'Unione Sovietica. Non potendo le nazioni intervenire direttamente nella questione, a mediare questo scambio fu James Donovan, che era stato l'avvocato di Abel durante il processo. Tutto questo avvenne durante il periodo della Guerra Fredda, nel quale si è proiettati grazie al fantastico realismo delle ambientazioni. Il protagonista del film, l'avvocato Donovan, interpretato da un incredibile Tom Hanks, è posto a simbolo stesso della democrazia americana, ultimo baluardo della giustizia, l'unico uomo disposto a difendere il peggior nemico del proprio paese e ad essere odiato da tutti, per il diritto di questo ad un giusto processo. Insomma, come lo definisce Abel stesso, uno "stoik chelovek", ovvero un "uomo tutto d'un pezzo". La figura interpretata da Tom Hanks risulta così incredibilmente potente, così come molto significativa è quella della spia russa Abel: nasce pertanto tra di loro un rapporto profondo ed intenso, che va al di là della nazione 18 di appartenenza e che addirittura spinge l'uno a preoccuparsi della salute dell'altro. L'attore statunitense, che aveva già lavorato con Spielberg in diverse occasioni, dà il meglio di sé, sfoggiando una delle sue migliori interpretazioni della sua carriera. Sicuramente non da meno, se non addirittura superiore, è però quella di Mark Rylance, che non dà neanche per un attimo l'idea di stare recitando e che riesce a dar vita ad un personaggio di forte realismo e grande impatto, avendo addirittura lavorato sull'accento. Il punto di forza del film è sicuramente costituito dalla regia di Spielberg: classica, impeccabile, precisa in ogni dettaglio e senza alcuna sbavatura, insomma, semplicemente perfetta. Fantastica è anche la sceneggiatura dei fratelli Coen, che avevano già collaborato con Spielberg ne Il grinta e che riescono a tirar fuori il massimo da una storia che sulla carta può sembrare di scarso interesse, creando un qualcosa di nuovo, intrigante ed estremamente coinvolgente. Una menzione speciale meritano anche i dialoghi, essenziali, semplici e intuitivi, ma, allo stesso tempo, comunicativi e intensi e le musiche, azzeccate e inserite nei momenti giusti per coinvolgere all'interno della storia lo spettatore. Articolo21 21 19 Articolo21 21 A21CINEMA STAR WARS VII: IL RISVEGLIO DELLA FORZA di MARCO PERULLI & ALESSANDRA CIANFANELLI Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana… Ritorna nelle sale cinematografiche di tutto il mondo Star Wars, al suo settimo episodio, primo della nuova trilogia. Film attesissimo da tutti i fan (e non nascondo, anche da me), che invece di fare il conto alla rovescia per l'inizio delle vacanze, lo hanno fatto per l'uscita del film. Molti erano i dubbiosi, un po' ricordando il flop della seconda saga e un po' perché a dirigere questo nuovo film non sarebbe stato George Lucas, ma un regista scelto dalla Disney, J. J. Abrams (ad Abrams attribuiamo anche gli ultimi due film della saga di Star Trek). Abrams però, pone cuore e anima in questo progetto, racconta dei suoi ricordi da fan quando era un bambino e cerca, il più possibile, di dare al suo film un taglio molto simile a quelli della stessa trilogia, cioè pochi effetti speciali computerizzati, utilizzando, invece, set più reali possibili. Nonostante le minacce di essere ribattezzato Ja Jar Abrams in caso di flop, lui non delude quasi nessuno. Il film è colmo di citazioni alla trilogia originale, tant'è che qualcuno lo ha definito "Star Wars IV 2.0" per l’eccessiva somiglianza con Una Nuova Speranza, ma non per questo perde la sua novità, anzi, i frequenti riferimenti divengono quasi una rampa di lancio, dalla quale ci si alza in volo solo quando il motore dell'aereo è pronto, per cui, morendo la vecchia trilogia degli anni '80, nasce dalle ceneri la nuova. Abrams aggiunge però anche tante idee nuove. Geniale, a mio parere, è l’idea dietro il personaggio di Finn (John Boyega). Mai, prima 20 d’ora, avevamo visto chi si celava dietro i terribili stormtrooper, non sapevamo nulla di loro. Grazie a questo film, adesso, sappiamo che dietro gli spietati assaltatori si celano delle persone, in carne ed ossa, che non hanno più un'identità e sono stati addestrati fin da piccolissimi a eseguire tutti gli ordini. Tutti i nuovi personaggi, compreso Finn, hanno qualcosa che li rende speciali. Rey (Daisy Ridley) è una ragazza in attesa della sua famiglia su un pianeta desertico, che si imbarca insieme a Finn per raggiungere i ribelli e aiutarli a ritrovare Luke. Poe Dameron (Oscar Isaac) è il miglior pilota della Resistenza che, nel film, si vede poco, ma aggiunge un tocco di sarcasmo in ogni scena in cui è presente e diventa un personaggio a cui ci si lega da subito e che, speriamo, riusciremo a vedere di più nei prossimi capitoli, insieme al suo simpatico robottino di nome BB8. Altrettanto bravi sono i nuovi antagonisti, come Kylo Ren (Adam Driver), che non è ancora all'altezza del nostro vecchio Darth Vader, ma va in quella direzione. A differenza di ciò che molti credono, Kylo Ren non è un Sith, ma è un membro di un nuovo ordine, di cui non sappiamo ancora nulla, chiamato i Cavalieri di Ren. Con questo “cattivo” vedia- Articolo21 21 mo qualcosa che nella trilogia originale era assente. Kylo Ren era in origine uno Jedi che, in seguito, ha deciso di passare al lato oscuro. Il suo passato però lo tormenta: questi cerca in ogni modo di sopprimere il buono che c’è in lui ed è disposto a fare di tutto pur di raggiungere il suo scopo. Questa sua voglia di cancellare il suo passato potrebbe, se porterà avanti questa sua volontà, trasformarlo in uno dei cattivi più temibili di sempre, senza nessuno scrupolo, senza nessuna possibilità di redenzione. Il vero cattivo di questa nuova saga è, però, il Leader Supremo Snoke (Andy Serkis), che appare poche volte sullo schermo, ma emana tutto il suo carisma, ed è un personaggio che non vediamo l’ora di scoprire. (niente più Principessa) Leia Organa (Carrie Fisher) che, mentre in alcune scene riesce ad emozionarci anche senza dire una parola, in altre sembra risultare un po' distaccata. La sceneggiatura è perfetta e carica, i momenti di eccitazione sono molti e pure quelli un po' più lenti, anche quando gli avvenimenti sono scontati, vengono diretti in modo tale che fino all'ultimo momento non si riesca veramente a capire cosa stia succedendo. Uscendo dalla sala non mancano le domande come: di chi è figlia Rey? Chi è il tipo all’inizio del film di cui nessuno dice nemmeno il nome, ma che possiede la famigerata mappa per Skywalker? Chi sono i Cavalieri di Ren? e molte altre alle quali non vediamo l’ora di trovare una risposta. Insomma, pollice in su per questo debutto, e adesso si aspetta il 2017 per l'uscita nelle sale del prossimo film, il quale, speriamo, ci riveli nuovi colpi di scena, approfondisca la storia rimasta in sospeso e prenda definitivamente il volo, alzandosi da terra. E che la Forza sia con voi... I vecchi attori non deludono. Han Solo (Harrison Ford) è lo stesso personaggio che abbiamo amato negli originali, stesso senso dell’umorismo e stesso blaster. Chewbacca (Peter Mayhew) è sempre il solito gigante Wookiee. Unica performance che non convince al cento per cento, forse, è quella dell’ormai Generale 21 Articolo21 21 A21CINEMA CREED - NATO PER COMBATTERE di VALERIO SILONI Dopo svariati anni ritorna sul grande schermo Rocky Balboa, in quello che è una sorta di sequel o spin-off della saga del pugile più famoso della storia del cinema. Sylvester Stallone torna così a vestire nuovamente i panni del pugile italo-americano, ormai invecchiato e segnato dall'età, che, dopo “anni di esilio” volontario, decide di rientrare nel mondo della boxe per allenare Adonis, figlio di Apollo Creed, suo grande rivale. Il film di Ryan Coogler è un film nostalgico, che vuole riportare al cinema gli appassionati della vecchia saga attraverso una serie di luoghi, situazioni ed eventi che richiamano i film precedenti, ma che allo stesso tempo mira a coinvolgere un pubblico nuovo e più giovane grazie ad una regia interessante e moderna. Il regista statunitense comunque si distanzia dai film precedenti introducendo, in modo più marcato, l'elemento commedia, ma, allo stesso tempo, rafforzando quello drammatico grazie ad una storia più malinconica e a dei personaggi maggiormente segnati dal destino avverso. Sicuramente degna di nota è l'ottima interpretazione di Michael B. Jordan, che, dopo il flop come "Torcia Umana", sembra aver trovato una parte fatta su misura per lui. Il film infatti si basa su quelli che erano i punti di forza dei film precedenti: Coogler incentra il suo lungometraggio sulla colonna sonora e, soprattutto, sulle figure dei personaggi principali, tutti accomunati dalla sofferenza per un ostacolo da superare, che li costringe prima in ginocchio e poi a lottare per rialzarsi. La sceneggiatura risulta così banale e lineare e la trama presenta un solo colpo di scena, anch'esso scontato, in quanto il film si concentra quasi unicamente sulle forti personalità dei protagonisti. Quello che rende questa pellicola particolarmente interessante è sicuramente il grande realismo della regia di Coogler, che è semplice e al tempo stesso d'impatto, secondo molti addirittura meritevole di una menzione agli Oscar, anche se quest'anno la categoria di miglior regia è stata la più contesa, come dimostrano le esclusioni di Quentin Tarantino, David Russel e, soprattutto, Ridley Scott. 22 Discreta è invece quella di Stallone, che sembra a tratti bloccato e non riesce mai a trasmettere in modo pulito e convincente le emozioni del proprio personaggio, anche se su questa interpretazione la critica rimane divisa: l'attore è stato infatti sorprendentemente candidato agli Oscar come miglior attore non protagonista, tra lo stupore di molti. Creed – Nato per combattere rappresenta così un esperimento di buon esito, che continua la tradizione del cinema del nuovo millennio di riportare a nuova vita i personaggi più rappresentativi del cinema dell'epoca passata. Articolo21 21 A21LETTERATURA NON NECESSARIAMENTE IN QUEST’ORDINE di A. EMANUELE CASUCCI Ciclo di quattro romanzi, poco conosciuto in Italia, ma che nel mondo anglosassone è un cult, Mortdecai è stato recentemente riscoperto grazie all’uscita nelle sale, risalente all’anno scorso, della versione cinematografica con Johnny Depp, che ha spinto le Edizioni Piemme a ripubblicare il ciclo in Italia, per le solite strategie di marketing. Il film è stato comprensibilmente un flop, perché non è stato capace di rendere giustizia ai romanzi, soprattutto in quanto Mortdecai è ispirato contemporaneamente a tutti e quattro i libri. Il cast si poteva dire azzeccato, ma gli sceneggiatori hanno compiuto un obbrobrio: già di per sé le trame sono piuttosto tortuose, mescolarle tutte insieme non è stata una grande mossa. Ne è venuto fuori un caos inconcludente, in cui Mortdecai passa per un banale cretino in balia degli eventi, che il maggiordomo Jock deve continuamente soccorrere. Perciò, direi di andare alla scoperta della genialità dei romanzi, cominciando dalla biografia dell’autore, di cui Mortdecai è, in pratica, l’alter ego criminale. L’autore: Kyril Bonfiglioli nacque a Eastbourne il 29 maggio 1928, da padre italo sloveno, che lavorava come antiquario, e madre inglese. Durante la Guerra, nel ’43, il quindicenne Kyril subì uno shock non indifferente: in un bombardamento, il nascondiglio dove si era rifugiata la sua famiglia venne colpito, e sua madre e suo fratello morirono. Lui sopravvisse perché, disobbedendo, era uscito dal nascondiglio ed era andato a giocare in strada. Quest’avvenimento gli lasciò come il convincimento che chi disobbedisce va avanti e chi obbedisce fa una brutta fine. Bonfiglioli prestò servizio militare dal ’47 al ’54, anno in cui rimase vedovo, dopo la nascita del secondo figlio. In queste condizioni, a 27 anni, prese e andò a studiare al Balliol College di Oxford. Visse in quella città per quindici anni, acquistandosi la fama di eccentrico. Lì conobbe e sposò la sua seconda moglie, Margaret, con cui ebbe altri tre figli. Dopo la laurea, lavorò all’Ashmolean Museum come assistente dello storico d’arte Edgar Wind, iniziando a interessarsi di arte. Nel 1960, Bonfiglioli si mise in proprio, commerciando oggetti di antiquariato e opere d’arte. Nel suo lavoro fu di un’acutezza stupefacente, tanto da riuscire, nel 1964, a comprare a un’asta un Tintoretto sconosciuto per sole 40 sterline. Nonostante fosse diventato ricco, nella sua grande casa, oltre la sua famiglia, Bonfiglioli faceva vivere svariati coinquilini, con cui organizzava spesso feste e momenti di svago. Questa socievolezza irrequieta mal celava una paura di rimanere da solo, ma anche problemi di alcolismo e libertinaggio. La situazione culminò, nel 1969, nell’inizio della stesura del primo romanzo di Mortdecai, nel divorzio con Margaret, nel trasferimento con l’amante Judith a Silverdale, e nella fine dell’attività di antiquario. Consacratosi ormai all’attività di scrittore, riuscì a far pubblicare Don’t Point That Thing At Me nel 1973, dopo che, nel frattempo, era stato buttato fuori di casa da Judith, sempre per gli stessi vizi che avevano già fatto finire il precedente matrimonio. Finito in una spirale di alcolismo, depressione e povertà, si arrangiò a vivere alternandosi tra il Jersey e l’Irlanda, godendosi almeno 23 Articolo21 21 l’assoluta libertà raggiunta per la produzione letteraria. Nel 1976 pubblicò Something Nasty In The Woodshed, e due anni dopo After You With The Pistol, entrambi sempre su Mortdecai, e All The Tea In China, con protagonista il nonno di Mortdecai. Negli anni successivi progettò altri tre romanzi, di cui solo uno, The Great Mortdecai Moustache Mystery, venne scritto effettivamente. Bonfiglioli morì il 3 maggio 1985 di cirrosi epatica, prima di poter stendere la conclusione del romanzo, che fu poi completato da Craig Brown e pubblicato postumo. After You With The Pistol (Mortdecai e il complotto del secolo): dopo le avventure del primo romanzo, Mortdecai viene costretto a sposare Johanna, un’ereditiera austriaca che lo coinvolge in diverse attività criminali, tipo un attentato alla Regina d’Inghilterra… Something Nasty In The Woodshed (Mortdecai e qualcosa di orribile nella legnaia): Mortdecai, bandito da Londra per i crimini commessi, si trasferisce con Johanna e Jock nel Jersey, dove la moglie di un suo amico viene brutalmente aggredita. Mortdecai, cercando di vederci più chiaro, si ritrova a indagare su una serie di aggressioni, una più brutale dell’altra… The Great Mortdecai Moustache Mystery: dopo essersi fatto crescere un intrepido paio di baffi, Mortdecai viene invitato a investigare sulla morte, apparentemente accidentale, di una tutrice dello Scone College, che, poco prima del decesso, pare essere stata pedinata da due brutti ceffi… Le trame: Don’t Point That Thing At Me (Mortdecai in Italia): l’agente speciale Martland deve indagare sul furto di un quadro, collegato a uno scandalo omosessuale, e Mortdecai pare coinvolto nella vicenda. Dopo che il tentativo di eliminarlo fallisce, Martland concede a Mortdecai un passaporto diplomatico per andare negli USA con una Rolls Royce a fare visita ad un cliente… 24 Il personaggio: tenendo conto che il suo ideatore è Bonfiglioli, di certo Mortdecai non poteva essere una persona tranquilla. Charlie Mortdecai è un esperto d’arte e noto ricettatore, che vive a Londra col maggiordomo Jock, eccellente sicario e seduttore, spesso disistimato da Charlie per il fatto che non capisce le sue battute. Mortdecai è pazzescamente eccentrico, in più è perennemente brillo: in mancanza di tè, fa colazione con la birra, durante la giornata beve gin o whisky, e ha un’immensa cultura di vini e liquori di ogni sorta. Arriva addirittura ad affermare: «Mi chiedo come si faccia a sopportare la vita stando sobri». Questo permanente stato di ebbrezza, unito alla sua eccentricità e variegata cultura, lo porta a vivere, e anche a narrare, le vicende, che rasentano l’assurdo, con un distacco emotivo e un’ironia costantemente fuori luogo, ma piena di riferimenti letterari, artistici e cinematografici, che rendono la lettura spassosissima. Insomma, non resta altro che farvi trascinare nelle sue follie, a colpi di arte, furti, omicidi e gin & soda. Buona lettura! Articolo21 21 A21LETTERATURA IL MINIATURISTA di AURORA CARBONE Ambientato sullo sfondo dell’Olanda del XVII secolo, Il Miniaturista è un romanzo dalle mille sfaccettature. Attraverso le vicende della protagonista, Petronella Oortman, il libro offre uno spaccato della società urbana dell’epoca, analizzando tematiche quali l’influenza religiosa, l’opinione pubblica, l’economia ed ancora il ruolo della donna e l’autonomia di pensiero che segnarono il periodo storico e che si rivelano essere tutt’oggi di estrema attualità. L’autrice, Jessie Burton, crea una cornice perfetta per lo sviluppo delle varie vicende: la giovane Petronella Oortman, detta Nella, diviene moglie di un facoltoso mercante di Amsterdam, Johannes Brandt, e si trasferisce nella città lasciando la campagna di Assendelft per iniziare la nuova vita coniugale. Le aspettative della ragazza, però, saranno ben presto tradite dalla molteplicità di segreti e misteri che circondano la famiglia Brandt: la vita di città rivoluziona la mentalità di Nella, alle prese con la severa Marin Brandt, sorella del coniuge, i domestici Cornelia e Otto ed i partner d’affari di Johannes. Nella riceve in dono dal marito, come regalo di nozze, uno stipetto raffigurante la loro casa e viene invitata da questi a farne ciò che desidera. La giovane si rivolge dunque all’unico miniaturista che trova ad Amsterdam che, tramite miniature dalla perfezione innegabile, si insinua nella sua vita fino a turbarne la serenità. Le miniature recapitate alla ragazza, talvolta senza previa commissione, anticipano gli arcani che si celano nell’ombra della casa e che la protagonista scoprirà uno a uno nel corso degli eventi. Amsterdam è dipinta come una città mutevole, illusoria, nettamente diversa dalla campagna da cui proviene Nella. Un personaggio profondamente onesto e semplice, pertanto, si trova inserito in un contesto diametralmente opposto e costretto ad adattarsi alle leggi invisibili della città, che si anima della disonestà, arguzia e complicità silenziosa dei suoi abitanti, fondando la propria etica sul potere del denaro e dei dogmi religiosi. Si potrebbe allora riscontrare un’analogia tra la figura della protagonista ed il personaggio machiavellico di Lucrezia ne “La Mandragola” per via del loro ideale inserimento nella categoria di “coloro che si adattano”. Tuttavia, Petronella è un personaggio in costante evoluzione: dall’iniziale passività di fronte al corso degli eventi di cui è in balia, la ragazza arriva a prendere in mano le redini del proprio futuro, sostituendo persino il marito nella gestione degli affari. Questo cambiamento costituisce una delle innumerevoli svolte del romanzo, individuata sin dalle prime pagine attraverso la massima: “Ogni donna è artefice del proprio destino”, scritta dal miniaturista. Da un punto di vista strutturale, il libro risulta particolarmente interessante proprio in virtù del gioco combinatorio che vede associata ciascuna “profezia” pronunciata dall’enigmatica figura del miniaturista al rispettivo accadimento successivo. Si presenta, pertanto, una sorta di specularità: ogni elemento, a partire dal dettaglio apparentemente più irrilevante, contribuisce allo sviluppo delle vicende in maniera significativa e viene ripreso in seguito nel corso del libro. Non ci sono descrizioni o passaggi superflui, ma tutto si tinge di un affascinante alone di mistero, rendendoci partecipi della costante indagine della protagonista, volta a mettere a nudo la verità. Il romanzo, dunque, nonostante appartenga chiaramente al genere della 25 Articolo21 21 narrativa, potrebbe essere idealmente incasellato anche nella categoria della letteratura gialla per via del suo essere disseminato di indizi, determinanti a risolvere i vari misteri che circondano Nella. lontana. È possibile osservare, infine, la diversità di pensiero e azione che caratterizza un ambiente cittadino rispetto ad uno agreste: Nella si trova a dover affrontare situazioni ben diverse da quelle prospettatele dalla madre inizialmente, le cui raccomandazioni possono ricondurre ad un più generico discorso sulla strumentalizzazione della donna, che, attraverso il matrimonio, avrebbe coronato il motivo della propria esistenza con l’atto della procreazione; in tal modo si denota il cancro della differenza nella diffusione della cultura, che colpisce ancora oggi la società moderna. Dunque il romanzo, dalla lettura scorrevole e leggera, si lascia sfogliare piacevolmente, coinvolgendo il lettore in un tripudio di emozioni tra suspense, colpi di scena e rivelazioni che lo rendono indubbiamente affascinante. Come accennato, decisamente apprezzabile è inoltre lo sfondo storico, ma pur sempre attuale, in cui è contestualizzato il libro. Il richiamo alla Compagnia Olandese delle Indie Orientali (VOC), di cui fa parte lo stesso Johannes Brandt, contribuisce a delineare l’egemonia commerciale che la regione aveva acquisito al secolo a livello mondiale: tutto, infatti, appare mosso da interessi economici, a loro volta motivo di dilagante corruzione all’interno della complessa società olandese. Anche la religione gioca un ruolo fondamentale, in concomitanza con la sfera laica, determinando l’insorgere di capi d’ accusa per blasfemia e permeando ogni aspetto della vita pubblica. Un altro tema interessante è l’emergente ruolo della figura femminile: le donne del romanzo affiancano i coniugi negli affari ed hanno la possibilità di influire sulle loro decisioni condividendo la propria opinione, per quanto la riconoscenza della loro totale autonomia appaia ancora 26 Articolo21 21 A21LETTERATURA BAMBARÉN: IL POETA DELL’ANIMA di AURORA PACE Sergio Bambarén, scrittore di fama mondiale naturalizzato australiano, nasce a Lima il 1 dicembre 1960, città in cui tornerà dopo diversi anni trascorsi negli Stati Uniti. Appassionato surfista e amante degli ambienti marini e delle creature che li abitano, mostrerà costante sensibilità verso le battaglie ecologiste per la loro salvaguardia. Tra le sue opere di maggior successo si ricordano Vela bianca, L’onda perfetta, Il delfino, Il guardiano del faro, Il vento dell’oceano e altre ancora. Nei libri che portano la firma di questo eccezionale autore le parole si perdono tra le onde del mare, spiagge incantevoli, tenui cieli azzurri, e su questo sfondo esseri umani, ma anche creature del mondo animale scoprono se stessi, vanno oltre i propri limiti e spiccano il volo verso l’autenticità e la vera felicità, imparando a osservare il mondo con occhi diversi: quelli del cuore. Seguiamo dunque le vicende e la crescita personale di uomini sempre vissuti nell’apparente pienezza e felicità data dal benessere materiale e dall’equilibrio di una quotidianità in realtà fragile e che, a un certo punto della loro vita, si ritrovano oppressi da una sensazione di vuoto interiore, di mancanza di qualcosa. Li vedremo in seguito trovare il coraggio di lasciarsi alle spalle il precedente stato di finta serenità per intraprendere il cammino che consentirà loro di cogliere il senso più profondo della vita. Bambarén insegna ad apprezzare la musica del silenzio, la natura e tutte quelle piccole cose che, poste l’una accanto all’altra, rendono la quotidianità più luminosa e piacevole; raccomanda al lettore di rincorrere costantemente i propri sogni perché sono quelli che rendono la vita di ciascuno di noi un meraviglioso intreccio di forme, colori unici nel loro genere. Tramite una prosa che mostra tuttavia una sensibilità poetica, l’autore scandaglia l’animo umano con le sue incertezze, passioni, desideri e lo accompagna in questo viaggio di ricerca interiore. Ne consiglio la lettura a tutti coloro che, in questo mondo utilitaristico, vogliano lasciarsi trasportare dalla potente e avvolgente voce del poeta dell’anima. “Finchè ascolti il tuo cuore e fai di tutto per essere felice, sei tu a condurre il gioco con le regole che tu stesso ti sei dato.” (L’onda perfetta). Il lettore è portato a rispecchiarsi nei personaggi minuziosamente tratteggiati da Bambarén e a riflettere su molti aspetti della propria esistenza, anche quelli ritenuti più “banali” e pertanto lasciati in disparte. 27 Articolo21 21 A21MUSICA L’HIP-HOP 2015 IN ITALIA di LAURA ORDONEZ VALVERDE Il 2015 è stato un grande anno per quanto riguarda la produzione da parte di numerosi artisti, più o meno conosciuti, di album rap/hip hop. Basti pensare che tra gli album più venduti in Italia si ritrovano “Il bello d’esser brutti” di J-Ax e “Never Again” di Briga; inoltre per varie settimane sono stati primi nella classifica FIMI gli album “Squallor” di Fabri Fibra, “Pophoolista Cosodipinto” di Fedez, “Vero” di Guè Pequeno e molti altri. Si sono visti e sentiti parecchi nomi, ad esempio come non citare Baby K, che con “Roma Bangkok” ha accompagnato le nostre giornate in spiaggia quest’estate, o Clementino ed il suo album “Miracolo!”, senza scordarsi di Gemitaiz con “Quello che vi consiglio Vol. 6”, Ensi con “One by One”, Rocco Hunt, Fred De Palma, Madman e così via. Ci sono state anche alcune sorprese nell’anno passato: basti pensare al mitico ritorno inatteso del maestro Kaos con “Coup de Grace”, o alla lunga attesa di tre anni per l’uscita dell’Ep “Sunshine” di Rancore & Dj Myke, che si è dimostrato qualcosa di straordinario. Decine sono stati gli album usciti nel 2015, eppure, personalmente, pochi quelli che vanno considerati. Non molti artisti al giorno d’oggi ci offrono dei contenuti nel loro CD, tuttavia anche da questo punto di vista l’anno passato è stato positivo ed ha portato vari capolavori. In particolare ci sono cinque album che meritano di essere presi in considerazione, degni di essere ascoltati anche più di alcuni grandi successi commerciali. A partire da ciò, stimiamo quindi una classifica Top 5 degli album rap del 2015: 28 #5: “Pyramid” – 16 Barre Album uscito il primo febbraio e creato dai 16 Barre, presenta collaborazioni con i rapper Nitro e Mezzosangue. Il gruppo si muove su tematiche riguardanti l’ordine mondiale, l’apertura mentale ed il controllo sull’uomo da parte di entità superiori. I loro testi visionari confrontano il mondo e la società di oggi con mondi paralleli, costituiti da inganni e da mostri che si nascondono nell’ombra. Per quanto riguarda questo CD, si consiglia l’ascolto delle tracce “Asfissya” e “Kaspar Hauser” #4: “Coup de Grace” – Kaos Album uscito senza alcun preavviso nella notte del 13 novembre e nuova opera del padre dell’hip hop italiano Kaos One. L’artista ripercorre tutte le componenti del suo rap nel corso degli anni e, per fare ciò, si serve dell’aiuto di Danno e dei Colle der Fomento. Il Maestro esprime tutto il suo essere e si libera dal passato, dal futuro e soprattutto dal presente, creando un percorso volto ad eliminare la differenza tra ieri e domani. Si suggerisce Articolo21 21 l’ascolto dei brani “Coup de Grace” e “Querencia”. più bel regalo che i due artisti potessero fare a tutti coloro che li hanno supportati per cinque anni (da notare subito la corrispondenza con il numero delle tracce dell’EP). #3: “Suicidol” – Nitro Suicide + idol = Suicidol, pubblicato il 26 maggio da Nitro, strepitoso album nel quale l’artista affronta il tema della morte e del successivo riconoscimento della bravura del cantante, che diviene idolo. Egli critica infatti la questione dell’essere riconosciuti nella propria abilità solo nel momento in cui si muore e tutto ciò perché la società nella quale viviamo oggi è attratta dalla morte. In quindici tracce Nitro scava all’interno dell’abisso della sua anima e si purifica con la musica, che assume una straordinaria funzione catartica. Le collaborazioni sono con Dj MS e Fabri Fibra. Da ascoltare le tracce “The dark side of the mood” e “The same old story”. #2: “Sunshine” – Rancore & Dj Myke Un’opera contenente cinque pezzi spettacolari e studiati in ogni minimo dettaglio, in modo da risultare così perfetti che al primo ascolto lasciano sbalorditi. In particolare nella traccia “Sunshine”, che è fortemente consigliabile ascoltare, si nota l’elevatissimo grado di conoscenza dei due strambi artisti. Citazioni che riguardano cinema, musica classica, teorie scientifiche, letteratura e politica e che sono contenute nella durata del pezzo, nella base, nel video e nel titolo e, ovviamente, nel testo, racchiuse in otto minuti che vanno analizzati a fondo. Un ascolto certo non facile, eppure il #1: “Soul of a Supertramp” – Mezzosangue Da togliere il fiato. La difficoltà nel pubblicare questo capolavoro è valsa la pena, nonostante la verità stia scomoda alla maggior parte delle persone, che si rifugiano nelle proprie illusioni. Un percorso complicato che parte dal caos, che si trova nella molteplicità degli “esseri incompiuti” nella propria anima, per raggiungere l’armonia nella quale Mezzosangue riesce a capire com’è fatto e può raggiungere la verità con l’aiuto della musica (vedi l’articolo “Una maschera per la verità” nel numero precedente). Egli è un artista che combatte contro il “nuovo schiavismo”, che “non è carnale, non fisico, è solidamente mentale” con dei contenuti che pochi possono capire: la sua è infatti una musica “per tutti e per nessuno”, se si vuole fare riferimento a Nietzsche, filosofo che l’artista stima come si può notare dalla traccia “Nichilismo”. Vanno ascoltate quindi le tracce “Nichilismo”, “Benoit Lecomte” e “De Anima”. 29 Articolo21 21 EVENTI ROMA FEBBRAIO 2016 Questo che proponiamo di seguito è il calendario degli eventi che si terranno a Roma nel mese di Febbraio, e che abbiamo ritenuto interessanti: o o o o o o o o o o o o o o o o o o Mostra Michelangelo Antonioni Pittore (Galleria 28 Piazza di Petra) fino al 29/02. Ingresso gratuito. Mostra Quando Roma parlava francese (Museo Napoleonico di Roma) fino al 13/03. Ingresso gratuito. Mostra I viandanti – Personale di Maria Di Cosmo (Bio-Sphere – Officina d’Arte Gastronomica) fino al 09/02. Ingresso gratuito. Mostra James Tissot (Chiostro del Bramante) fino al 21/02. Mostra Impressionisti e moderni. Capolavori dalla Philips Collection di Washington. (Palazzo delle Esposizioni) fino al 14/02. Mostra Dal Musée d'Orsay. Impressionisti tête à tête (Vittoriano) fino al 07/02. Mostra Transformers (MAXXI) fino al 28/03. Mostra L’incanto della fotografia (Palazzo Braschi) fino al 28/02. Evento Il presepe del re (Museo delle Arti e Tradizioni Popolari) fino al 28/02. Mostra Affinità elettive (Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale) fino al 13/03. Mostra Er Deserto – La campagna romana nella letteratura nei dialetti di Roma e del Lazio (Palazzo Braschi) fino al 28/02. Mostra Gillo Dorfles. Essere nel tempo (MACRO) fino al 30/03. Mostra The Art of the Brick (Spazio eventi Tirso) fino al 14/02. Mostra Pablo Atchugarry, Città Eterna eterni marmi (Mercati di Traiano) fino al 07/02. Fiera Boat Show (Nuova Fiera di Roma) dal 26/02 al 1/03. Mostra Stella Rossa. Rozalija Rabinovich e l’arte della propaganda (Galleria del Cembalo) fino al 13/02. Mostra Nel chiuso dell’URSS. Lo sguardo “dentro” di Sergei Vasiliev (Galleria del Cembalo) fino al 13/02. Mostra Restricted Areas. Un viaggio fotografico tra le zone inaccessibili dell’ex Unione Sovietica (Galleria del Cembalo) fino al 13/02. Oltre a questi, inseriamo alcune date da sapere e ricordare: o o o o o o o o o o o o 30 Concerto La musica del Giubileo (Chiesa di Sant’Anna dei Palafrenieri) fino al 07/05. Ingresso gratuito. Concerto La Traviata (Chiesa di San Paolo dentro le Mura) fino al 20/12. Concerto Marracash. Vendetta tour (Atlantico Live) 26/02. Spettacolo Grillo VS Grillo (Gran Teatro) dal 09/02 al 12/02. Spettacoli Apre il teatro Marconi (Teatro Marconi) fino al 31/05. Spettacolo Brignano. Evolushow 2.0 (Auditorium della Conciliazione) dal 27/01 al 21/02. Concerto Subsonica (Spazio Novecento) 04/02. Concerto Max Gazzè (Atlantico Live) 19-20/02. Spettacolo Lago dei Cigni On Ice (Teatro Sistina) dal 17/02 al 21/02. Spettacolo Caravaggio di e con Vittorio Sgarbi (Teatro Vittoria) dal 15/02 al 17/02. Opera La Cenerentola di Gioacchino Rossini (Teatro dell’Opera) dal 22/01 al 19/02. Opera Il Barbiere di Siviglia (Teatro dell’Opera) dal 11/02 al 21/02. Articolo21 21 A21SPORT L’ARTE DI SIMULARE di MATTIA GALLI Che cos'è l'arte? Non è forse quella magica espressione umana in grado di dare forti emozioni a chi la contempla? Paura, felicità, tristezza, rabbia, stupore. Pensate ora ad un qualcosa che sia in grado di suscitarle tutte insieme in soggetti diversi. No, non sto parlando di un quadro di Van Gogh o una poesia di Leopardi. Mi riferisco ad un'arte più moderna, ovvero quell'abilità, privilegio solo di pochi prescelti, di cadere e simulare in modo eclatante, rotolandosi a terra chiedendo ripetutamente fallo all'arbitro con quella convinzione in volto capace di far cambiare idea anche a chi è sicuro di ciò che ha visto. Tanti ci provano ma pochi ci riescono. Il genio purtroppo non è in ognuno di noi. si a terra, gridando per il dolore, dopo un contrasto con il difensore avversario, ritrovò miracolosamente le forze quando si rese conto di poter correre da solo davanti al portiere. Ma il premio come peggior attore del secolo va senza dubbio al portiere milanista Dida. Accarezzato lievemente da un tifoso del Celtic, che aveva fatto invasione di campo durante la partita di coppa europea tra la squadra scozzese e il Milan, cadde a terra (dopo diverse ore), straziato dal dolore causato dal colpo letale. Lo sa bene Arturo Vidal, ex centrocampista della Juventus, passato di recente al Bayern Monaco, il quale durante la gara del girone della Champions League al Santiago Bernabeu tra il Real Madrid e i bianconeri, dopo aver calciato una zolla cadde a terra fingendo di essere stato colpito dal giocatore dei "Galacticos" Illaramendi, protestando platealmente contro l'arbitro, che però non potè fare a meno di notare i dieci ettari di terreno sollevati dal cileno. Allo stesso modo fu fallimentare il tentativo del cannibale Suarez, ai tempi del Liverpool, di ottenere un rigore nella sfida contro lo Stoke City. Da premio Oscar, invece, la sua simulazione contro il Norwich. Gettato- Ma i veri artisti sono altri. Sono quelli che tuffandosi in area di rigore ti decidono le partite provocando rabbia nei tifosi avversari, felicità nei propri supporters e divertimento nei tifosi neutrali. Tra questi come non ricordare Milos Krasic, quando contro il Bologna regalò la vittoria alla Juve lanciandosi in volo nell'area di rigore avversaria a causa di un contatto con un aggressivo filo d'erba. Scena tipo delle simulazioni è senza dubbio il contrasto con il portiere. Il procedimento è semplice: arrivato davanti al portiere, una volta che questo si è lanciato sulla palla, basterà allungarsi la sfera da una parte e lanciarsi con un triplo salto carpiato all'indietro in quella direzione trascinando il piede a terra per toccare il portiere, rendendo così più realistico il contatto. 31 Articolo21 21 Capolavori di questo genere furono i rigori assegnati all'Inter contro la Roma, guadagnato da Adriano, al Milan contro il Siena, conquistato da Boateng, e al Napoli contro la Juve, ottenuto grazie ad una splendida performance di Zalayeta. Ma la simulazione per antonomasia è sicuramente quella che è riuscita, grazie al suo valore, ad unire l'intero popolo italiano, lasciandone però la nazione avversaria nell'oblio. Siamo nel recupero dei tempi regolamentari della gara tra Italia e Australia dei mondiali 2006, decisiva per il passaggio ai quarti di finale della competizione. Gli azzurri sono in 10 a causa dell'espulsione di Materazzi e ormai tutto lascia pensare ad un inevitabile proseguimento del match ai supplementari. Ma per sfortuna dei connazionali dei canguri, Finale dei Mondiali di calcio 2006, Berlino, 9 luglio 2006. 32 l’anonimo esterno italiano Fabio Grosso viene invaso dallo spirito della dea bendata dell'arte. Con una splendida progressione sull'out di sinistra entra in area di rigore, arriva sul fondo ed evita il contrasto in scivolata del difensore australiano. Inciampando come mia nonna quando non vede il gradino della cucina, il terzinaccio azzurro sviene sul corpo dell'avversario e ottiene il rigore più decisivo della storia dell'Italia, che sarà un passo decisivo per la vittoria finale. Insomma simulare è un’arte che solo pochi eletti sono in grado di eseguire con la maestria necessaria ad ingannare gli ignari arbitri, ma che tutti possono ammirare con stupore e che i ragazzi fin da piccoli sognano di padroneggiare, guardando e imitando le gesta dei loro grandi idoli. Articolo21 21 A21SPORT IMBATTIBILI di VALERIO SILONI Lo sport a volte è in grado di raccontare delle storie incredibili e di regalare dei momenti indimenticabili, che vengono tramandati di generazione in generazione, come fossero delle vere e proprie favole. Così la fiaba di oggi ci racconta l'impresa degli imbattibili (o quasi) Golden State Warriors guidati dalla stella Stephen Curry, playmaker della squadra e MVP della passata stagione. Dopo 24 vittorie nelle prime 24 partite della regular season NBA di quest'anno, alla fine, Curry e compagni sono capitolati sul parquet di Milwaukee. I Bucks nella notte tra il 12 e il 13 dicembre si sono infatti imposti sui Golden State con il punteggio di 108-95. Partita da dimenticare per gli ospiti, che non sono mai riusciti a sorpassare gli avversari, portandosi al massimo a -1 e che, per la prima volta in stagione, hanno chiuso con una precisione al tiro inferiore al 50% (40%) e senza superare quota 100 punti. Gran gara del solito Curry (28 punti) e di Green (24 punti e 11 rimbalzi), che non bastano però ai Warriors, affondati sotto i colpi di Monroe (28 punti e 11 rimbalzi) e di Antetokounmpo, che realizza una grande tripla doppia (11 punti, 12 rimbalzi e 10 assist). Si ferma così a 28 la serie di vittorie consecutive dei Warriors (le 4 conclusive della regular season 2014/2015, più le 24 iniziali di quella di quest'anno), che entrano così nella storia della NBA, avendo realizzato la migliore partenza di stagione e la seconda striscia di vittorie più lunga della storia di questo sport, seconda solo all'incredibile record dei Los Angeles Lakers del '71-'72, che realizzarono addirittura 33 vittorie consecutive, per poi cadere, guarda caso, proprio contro Milwaukee. I Golden State rimangono comunque i favoriti per la vittoria finale, nonchè la squadra da battere. Subito dopo questa sconfitta, infatti, i Warriors hanno immediatamente ripreso la loro corsa, portando il numero di vittorie a 41, con soltanto 4 sconfitte. Grande merito di questo incredibile ultimo anno e mezzo dei Golden State è sicuramente anche del genio di Steve Kerr, l'uomo a cui Michael Jordan affidò il pallone decisivo della storica finale del '97 - insomma, non uno qualsiasi. L'ex guardia statunitense nel 2014 ha intrapreso la carriera da allenatore alla guida dei Warriors ed ha rivoluzionato il gioco della squadra, creando una formazione su misura per il suo playmaker, Curry, vero motore dell'azione, rinunciando al centro di peso, cambiando la posizione di Iguodala e buttando nella mischia il giovane Green, con risultati straordinari. A proposito di favole, si concluderà quest'anno quella di Kobe Bryant, uno dei più forti giocatori di basket di tutti i tempi. La guardia dei Lakers, dopo aver fatto la storia dei Los Angeles, unica squadra con cui ha militato, e dopo aver vinto 5 titoli NBA e 2 medaglie olimpiche in vent'anni di carriera, ha deciso di ritirarsi al termine di questa stagione. Quello che Bryant rappresenta per questo sport è perfettamente riassunto nelle parole dello storico telecronista e appassionato di pallacanestro Federico Buffa: "Le gioie della vita: Michelle Pfeiffer, il cioccolato... e Kobe Bryant in campo aperto". 33 Articolo21 21 A21RUBRICHE IL RIMPIANTO DEGLI INETTI di CLAUDIU IVAN Quante sono le cose che non possiamo raggiungere? Quanti i limiti che ci vengono imposti? Quanti quelli che ci imponiamo? Siamo veramente disposti a rinunciare a qualcosa? Queste sono alcune delle domande che vengono spontanee quando si pensa a tutto ciò che si vorrebbe poter fare, a tutte quelle cose che sono lì, ad un passo, ma che magari, per qualche piccola mancanza, non possono essere realizzate. Sono domande stupide, frutto del pensiero di chi vuol sognare, ma è frenato. Dubbio eterno che si portano dietro coloro che avrebbero voluto di più, ma che hanno avuto poco. E allora sono costretti ad accettarlo, volenti o nolenti, perché le cose non possono essere cambiate; oppure ad aspettare, sperando che succeda qualcos’altro, qualcosa in grado di cambiare la situazione. Quel che è certo è che le possibilità non sono mai le stesse per tutti: c'è chi ne ha di più e chi di meno. La vera astuzia sta però nel saperle sfruttare. Alcune volte ci precludiamo qualcosa perché pensiamo di non esserne capaci, o magari di non esserne all'altezza. Rifiutiamo ciò che di natura ci spettava, evitiamo generosità che ci vengono elargite. Perché la verità è che, per quanto una persona possa essere sfortunata e totalmente avulsa ai colpi di fortuna, avrà sempre, almeno una volta nella vita, una grande occasione… la grande occasione. Purtroppo però, spesso capita di buttare via anche quella, senza neanche accorgersene. Occasioni mancate che non torneranno mai, stupidi ritardi, piccoli errori con enormi conseguenze, ormai non più correggibili. Si perde l'attimo, non si coglie ciò che il caso ci ha reso disponibile, ciò che ha voluto mettere lì, su un piedistallo, pronto per essere preso senza sforzo. E allora quanti rimpianti? Troppo tardi ormai. Eppure quell'occasione che così facilmente è sfilata sotto ai nostri occhi, non è stata dimenticata e probabilmente, potenzialmente, è ancora lì, che ci guarda, ma stavolta, oltre ad essere poggiata su un piedi- 34 stallo, è anche protetta da una teca di vetro, fragilissimo, che evitiamo di rompere per paura di farci male, o di colpire la nostra occasione, di distruggerla definitivamente. Ci limitiamo ad osservarla, a ingegnarci su come poterla tirare fuori. Passiamo tempo infinito a lacerarci dentro per non aver toccato prima la nostra opportunità, per non averla abbracciata quando ne avevamo l'occasione. Succede poi, altre volte, che dopo aver avuto questa opportunità e dopo esserne stati privati, non abbiamo neanche più la possibilità di ammirarla, non possiamo più neanche vedere il nostro obbiettivo, che diventa quindi irraggiungibile. Viene portato via, nascosto alla nostra vista, forse per sempre. Non c'è nessuna certezza sul fatto che potremo avere ancora una volta la nostra occasione. Nessuno ci garantisce che questo potrà avvenire di nuovo. Avremo di certo opportunità diverse a disposizione, ma non saranno mai uguali a quella. Il rimpianto di aver fatto la scelta sbagliata, di aver intrapreso una strada piuttosto che un’altra, di aver aspettato troppo, ci perseguiterà a lungo. Quindi cosa fare? Come reagire? Abbandonarsi alla stupida speranza che prima o poi quel piedistallo sorreggerà di nuovo ciò che tanto desideravamo? Oppure andare in cerca di qualcosa di nuovo? La risposta è sicuramente personale ed è frutto del proprio modo di essere, del proprio carattere. Tuttavia ciò che bisogna necessariamente valutare è l’importanza che la nostra opportunità aveva per noi: comprendere quanto questa fosse necessaria, quanto spazio vuoto abbia lasciato dentro di noi. Non bisogna sprecare tempo dietro a qualcosa che è difficile recuperare, se non è così importante, ma vale la pena cercare di riottenere quelle cose che riteniamo fondamentali. I limiti della condizione umana sono quindi, probabilmente, ben definiti: ogni individuo ha i suoi, che vengono scelti dalla fortuna e influenzati dalla capacità di cogliere l’attimo. Articolo21 21 Tuttavia il metodo per ampliarli sempre più è non risparmiarsi mai nulla, vivere sempre al massimo delle proprie opportunità e sfruttare sempre quelle che ci vengono proposte. Perseverare, non mollare se sentiamo di poter arrivare dove abbiamo sempre desiderato. Non bisogna aver paura di perdere, di sbagliare, di sembrare stupidi, perché è soltanto quando avremo buttato via ciò che veramente volevamo, che ci sentiremo gli individui più inetti dell'universo. Separazione, Edvard Munch, 1896, olio su tela, 79×105 cm, The Munch Museum, Oslo. 35 Articolo21 21 A21RUBRICHE SARÀ UN ANNO COME GLI ALTRI? di SILVIA CASCEGNA Un altro anno si è ormai concluso, portando con sé il ricordo di momenti che riviviamo in quel conto alla rovescia, che ci passano davanti agli occhi come un flash, con quei numeri urlati che fanno da sottofondo. Risentiamo il suono delle risate e dei singhiozzi, nostri e altrui, percepiamo di nuovo il calore del sole sulla nostra pelle ed il freddo pungente attraverso i vestiti pesanti, sentiamo nuovamente l’odore dell’erba appena tagliata e quello che lascia dietro di sé un incendio, vediamo ancora una volta le gocce di pioggia sul vetro e lo splendere del sole riflesso sui nostri occhiali scuri. Ed è come se lo ripercorressimo da capo quell’anno che ormai ci è scivolato tra le mani, senza che noi lo potessimo fermare. Quante notti abbiamo passato insonni, sommersi dai pensieri? Quante sere siamo crollati sul letto, con un sorriso dipinto sul volto? Quanti minuti abbiamo trascorso a fissare uno schermo, in attesa di un messaggio che non è arrivato mai? Quante giornate sono state rallegrate da qualche semplice parola? Quante amicizie sono state distrutte? Quante ne sono nate? Quante lacrime abbiamo versato? Quanti sorrisi ci hanno rubato? Quante strade abbiamo percorso coperti dai nostri maglioni? Quante risate hanno risuonato sotto un sole che ci baciava la pelle? Quante volte abbiamo cercato di rincorrere un autobus troppo veloce? Quanto tempo abbiamo passato in fermata con le cuffie nelle orecchie? Quanti amici abbiamo interrotto perché stavano cantando qualcosa di orrendo? Quante canzoni ci sono sembrate scritte apposta per noi? Quante frasi hanno rispecchiato i nostri sentimenti? Quante foto abbiamo scattato per fermare nel tempo quell’istante, per non lasciarlo andare mai? Quante giornate siamo usciti con qualcuno per stare semplicemente insieme, senza fare nulla di preciso? Quanti pomeriggi abbiamo speso sui libri, sperando in un’illuminazione divina? Quanti libri regalati aspettano ancora di esser letti? Quante parole che odorano di carta stampata ci sono rimaste nel cuore? Quanto spesso abbiamo sognato di scappare, lontano, e non 36 tornare? Quante volte abbiamo voluto chiuderci in casa e non uscire più? Quanta paura hanno portato con sé quegli attentati? Quanto tempo è passato prima che essa si attenuasse? Quanto terrore abbiamo visto dipinto sui volti della gente? Quanti sorrisi ci hanno rivolto bambini dagli occhi dolci? Quanti baci abbiamo visto essere scambiati? Quanti baci non siamo riusciti a dare? Quanti rimpianti ci hanno attanagliato lo stomaco? Quante volte non abbiamo fatto ciò che davvero volevamo per paura di sbagliare, per vergogna? Quante volte siamo stati invece contenti di aver fatto qualcosa, di esserci riusciti? Quante volte siamo stati soddisfatti di noi stessi? Quanti buoni propositi avevamo? Quanti pochi siamo riusciti a realizzarne? Quanto credevamo tutto potesse essere diverso, stavolta? E ora rivivremo tutto da capo, ma come se tutto fosse nuovo. All’inizio aspetteremo un cambiamento, un avvenimento che stravolga tutto, ma un nuovo anno non ci busserà mai alla porta di casa con un regalo. Eppure, un regalo, da qualche parte, c’è, sta solo a noi andarlo a cercare e prendercelo. Articolo21 21 A21RUBRICHE ARTE: IL CERVELLO DI MILLE MANI di FELICIENNE LAURO Che cos’è l’arte? L'arte è il mezzo di cui l'uomo, che è solo una misera creatura davanti alla grandezza dei sentimenti, si serve per cercare di materializzare e concretizzare l'irrazionalità di ciò che prova. Essendo così forti queste emozioni però, devono essere per forza tirate fuori, per cercare di essere capiti, non solo dagli altri ma anche da se stessi, perché capirsi è forse una delle cose più difficili da fare. Spesso per arte si intende una scultura di Lisippo, un quadro di Leonardo Da Vinci o una poesia di Leopardi. Ma non è solo questo l’arte. Dobbiamo pensare a questo pensiero come un impasto, i cui contenuti sono le emozioni. Le emozioni che proviamo sono spesso uguali per tutti, ma c’è chi ha provato una certa emozione più fortemente rispetto ad un’altra: le dosi dell’impasto quindi saranno diverse, il risultato finale di conseguenza sarà diverso. Spetterà poi al soggetto trasformare questo pensiero in arte, che sia musica classica oppure heavy metal, che sia un quadro di arte impressionista o astratta. Questo pensiero non sarà capito da tutti, solo i più sensibili e i più aperti di mente sapranno percepire quello che l’artista vuole comunicare, gli altri invece si fermeranno all’apparenza, vedranno quell’opera come un corpo senza anima e l’artista sarà considerato un pazzo. Un vero osservatore può restare a guardare una statua per più di un’ora, all’apparenza sarà tranquillo, ma dentro starà provando mille emozioni diverse: è proprio questo lo scopo dell’arte. È un metodo per alleggerire l’anima, per sentirsi vivi e compresi. L’arte ci circonda, ovunque andiamo possiamo trovare una sua forma: anche un fiore senza un petalo può esserlo, oppure un parco abbandonato, perché l’arte non ha regole, è un sistema complesso. “C'è qualcosa nell'arte, come nella natura del resto, che ci rassicura e qualcosa invece che ci tormenta, ci turba. Ci rassicura un prato verde pieno di fiori, un cielo azzurro senza nuvole, ci turba l'immobilità di un lago, la violenza di una tempesta; ci placa la bellezza di una statua greca, Fidia o la Venere di Milo, ci sgomenta il monaco di Friedrich solo dinnanzi all'immensità del mare.” – film ‘Il rosso e il blu’. Complesso perché racchiude una moltitudine di tipologie: l’arte è il cervello di mille mani. Ogni artista è diverso dall’altro, poiché ognuno ha una vita diversa, ha provato mille emozioni che l’hanno portato ad un unico pensiero. 37 Articolo21 SOFIA ARCIERO & A. EMANUELE CASUCCI 38 Articolo21 n.8 – Gennaio/Febbraio 2015 Redazione Claudiu Ivan (responsabile), Sofia Arciero, Lucrezia Caianiello, Aurora Carbone, Silvia Cascegna, A. Emanuele Casucci, Alessandra Cianfanelli, Alessandro Francescangeli, Mattia Galli, Felicienne Lauro, Serena Malerba, Laura Ordonez Valverde, Aurora Pace, Marco Perulli, Valerio Siloni, A.E.C. Impaginazione e grafica Claudiu Ivan. Copertina Alessandro Francescangeli, la frase in copertina è di Johann Wolfgang von Goethe. Sito http://www.articolo21aristotele.altervista.org Email [email protected] Facebook Articolo21 - Liceo Aristotele https://www.facebook.com/articolo21aristotele