guido scarabottolo smarrimenti smarrimenti inchiostro per timbri su carta senza titolo inchiostro per timbri su carta nel inchiostro per timbri su carta mezzo inchiostro per timbri su carta del inchiostro per timbri su carta cammin inchiostro per timbri su carta di inchiostro per timbri su carta nostra inchiostro per timbri su carta, vita inchiostro per timbri e carta carbone su carta vita carta carbone su carta mi inchiostro per timbri su carta ritrovai pastello su carta per inchiostro per timbri su carta una inchiostro per timbri su carta selva pastello su carta oscura inchiostro per timbri su carta oscura inchiostro per timbri su carta oscura inchiostro per timbri su carta ché inchiostro per timbri su carta la pastello su carta diritta inchiostro per timbri su carta, via inchiostro per timbri su carta, era inchiostro per timbri su carta era pastello su carta era inchiostro per timbri su carta era inchiostro per timbri su carta era inchiostro per timbri su carta, era pastello su carta guido scarabottolo smarrimenti Lavorare su Dante, certo, è una bella tentazione. Però è anche un enorme atto di presunzione. Così mi dico: se lavoro solo sull’incipit (il più bello della storia della letteratura, ma pur sempre un incipit) forse me la cavo. Anche perché nella selva oscura e nello smarrimento mi riconosco, e se, almeno in termini aritmetici, non lo sono più, nel mezzo del cammin mi sono sempre sentito, indipendentemente dall’età. Durante gli ultimi dodici anni ho disegnato molte copertine di libri, moltissime. Mettere in dialogo testi e disegni è un bel lavoro, viziato, in questo caso, da un peccato originale: le copertine devono vendere. Non è una cosa disonesta: si sa, o si dovrebbe sapere, e quindi va bene, ma sotto sotto… All’ombra di Dante, che non ha certo peccato di condiscendenza nei confronti dei suoi contemporanei, posso permettermi allora di fare qualcosa che forse è irritante, incomprensibile, indigesto, difficile… Ne ho personalmente bisogno, per sentirmi onesto nei confronti dei miei interlocutori, anche se ne restassero pochi. E poi sono convinto che il disegno e la scrittura debbano conservare la libertà di parola e, con essa, la libertà di essere sgradevoli o, peggio, incomprensibili. Penso che il disegno e la scrittura condividano una qualità: quella di consentire o addirittura stimolare il lettore alla divagazione, proprio perché lasciano il tempo di farlo. E che questa qualità non debba assolutamente andare perduta. Così eccomi qui, con un testo meraviglioso accostato parola per parola (una modalità ingiustificata) a disegni che vogliono restare non spiegati. Disegni che non sono rappresentazioni, ma semplicemente disegni. Disegni di disegni e non di cose. Un invito a leggere come si dovrebbe, in quel modo che rende vera l’affermazione che ogni libro contieneì tutti i libri (e ogni disegno tutti i disegni), partendo dalle parole e dai segni per partecipare alla ricostruzione di un mondo, o alla sua costruzione. Si può partire da qualche tavola che appare più leggibile. Questa sarà forse una costellazione, o ricostruisce la strana disposizione dei bischeri nel liuto della Zingara addormentata di Rousseau, o…? Oppure quest’altra: sarà la vita, o saranno i giorni passati a pensare di disegnare questi fogli, o un patetico tentativo di esorcizzare la morte, o…? In fondo tutto questo, più che una selva, è un giardinetto, e neanche tanto oscuro. La vera oscurità, fatta di luci abbaglianti, è là fuori. Guido Scarabottolo è nato a Sesto San Giovanni nel 1947. Laureato in architettura, ha lavorato per i più noti editori italiani, la RAI, le principali agenzie di pubblicità e le maggiori aziende nazionali. Attualmente i suoi disegni appaiono regolarmente su Internazionale e sul domenicale del Sole24Ore e irregolarmente sul New York Times e sul New Yorker. Dal 2002 al 2015 ha disegnato le copertine per le edizioni Guanda e ne ha illustrate gran parte. Vive e lavora a Milano