Giustificazione delle tecniche osteopatiche (fibre fusali ed extrafusali) A livello delle articolari è il sistema nervoso che fa da ponte tra lo stimolo e la risposta delle strutture. Le tre grandi tappe che manifestano l’attività muscolare sono: 1. Il tono di base. 2. La contrattilità per l’equilibrio, la cui risultante è la postura. 3. La rottura o l’attenuazione dello stato tonico, della tensione interna, che permetta all’antagonista di diventare predominante. Il risultato è il movimento. L’osteopatia non è un insieme di tecniche, non è tecnica bensì un concetto. Il fuso a catena è sensibile all’intensità del suo stato di tensione interna, quello a sacco è sensibile sia allo stato di tensione interna che alla velocità di tensionamento. Questa proprietà dei fusi ne fanno il direttore dell’attività contrattile muscolare. Le fibre extrafusali sono raggruppate in unità motorie ed entrano in tensione secondariamente, ricalcando lo stato di tensione delle fibre fusali. Sono innervate dai motoneuroni alfa e a seconda delle fibre avremo motoneuroni alfa 1 e alfa 2. La fibra extrafusale può essere considerata lo strumento in seno all’orchestra diretta dal fuso. Esiste inoltre, una terza categoria di motoneuroni alfa: gli alfa 3, di piccolissimo calibro, si ramificano all’interno dei muscoli e non sulla placca motrice. Rispondono a stimolazioni ripetitive e generano contrazioni prolungate nelle fibre extrafusali. Esse sono stimolate Fibre fusali ed extra fusali I fusi neuromuscolari sono costituiti da due parti distinte: una centrale e due polari. La parte equatoriale non è contrattile, inversamente per quanto concerne quelle polari. Esistono due tipi di fusi a secondo della loro morfologia e delle fibre nervose cui sono connessi: 1. A catena. 2. A sacco. Il fuso a catena è un fuso tonico, innervato da motoneuroni gamma 1; il fuso a sacco è invece un fuso fasico, ed è innervato da motoneuroni gamma 2. Per questo motivo ritroveremo i fusi a catena nei muscoli posturali, ricchi di fibre rosse, e i fusi a sacco nei muscoli fasici, più ricchi di fibre bianche. Bisogna precisare che non esistono muscoli esclusivamente tonici o fasici, e in ogni modo entrambi partecipano al mantenimento della postura. Tutti i muscoli possiedono due tipi di fusi: sarà il loro numero a determinare la finalità del muscolo. I fusi neuromuscolari hanno funzioni diverse: lentamente, ma una volta eccitate continuano autonomamente a sparare treni d’impulsi. Questo produce contratture involontarie, antalgiche, spasmi muscolari in seno ad un’unità motoria, che condiziona il gioco articolare. Si eccitano per ripetizione o per traumi, o per cause viscerali, metaboliche o emozionali. La prima tappa si manifesta attraverso il riflesso miotattico: sollecita le sue fibre extrafusali quando sarà preliminarmente stirato. Il fuso neuromuscolare reagisce alle efferenze vestibolari, agli equilibri, sono le uniche, a livello di sistema extrapiramidale, ad essere monosinaptiche con i motoneuroni gamma; il che le rende informazioni, efferenze, pure ed immodificabili. A livello osteopatico vengono utilizzate tecniche differenti adattate al paziente e al suo stato: 1. tecniche dirette 2. tecniche di energia muscolare 3. tecniche di autoregolazione • La giustificazione delle tecniche ostopatiche in ambito articolare, riguarda la sollecitazione del riflesso miotatico inverso: le tecniche dirette, passive, in cui si invertono i parametri disfunzionali, stimolano gli organi del Golgi che hanno un’azione inibitoria sui motoneuroni “alfa”, in tale modo si modula l’ipertono muscolare. L’altro tipo di tecniche,ad energia muscolare, TEM,possono essere: • che sollecitano gli agonisti, tecniche di Mitchell, attive che vanno nel senso inverso dei parametri disfunzionali, rimangono sulla barriera motrice e mettono in gioco il riflesso miotatico di Sherington, la contrazione degli agonisti ipertonici in posizione lunga, sostituisce lo strimolo del thrust. • che stimolano l’inibizione reciproca:sono queste tecniche attive, ripetitive, con inversione dei parametri disfunzionali e che si oppongono alla barriera motrice, si basano sull’innervazione reciproca e conseguentemente investono il motoneurone “alfa 1”. Si chiederà una contrazione isometrica degli antagonisti che si diffonderà sugli interneuroni del corno posteriore, inibendo così i motoneuroni “alfa” degli agonisti ipertonici. Le tecniche di autoregolazione, non più dette funzionali, rispettano viceversa i parametri disfunzionali e non vanno contro la barriera motrice. • Tecniche di Jones o di riposizionamento articolare, ossia mobilzzare l’articolazione nei suoi parametri disfunzionali per circa novanta secondi, l’esagerazione passiva della disfunzione sollecita o stira i fusi neuromuscolari dei muscoli antagonisti. Le fibre 1a hanno un’azione inibitrice sui motoneuroni “alfa” degli antagonisti, come viceversa lo stiramento degli antagonisti inibisce gli agonisti. • Le tecniche autogene o craniosacrali non hanno una giustificazione. Con il riflesso miotatico e con l’innervazione reciproca si hanno giustificazioni dell’efficacia delle tecniche, bisogna anche ricordare che l’ortosimpaticotonia favorisce l’iperattività “gamma”. Riguardo quel che concerne il cranio, si può asserire che esistono tecniche che influenzano l’ IRC, regolarizzano le fluttuazioni del liquor cefalorachidiano. Sembra che il SNC conservi in memoria le fasi del suo sviluppo: l’involucro meningeo emette dei prolungamenti interni che divideranno il volume cranico, rispettando i diversi piani dello spazio. Grazie a questa disposizione interna e all’inserzione delle membrane sulla scatola cranica, avremo: • Una modificazione in adattamento della forma generale del cranio. • La definizione di quattro quadranti o due sfere. Ciò può corrispondere allo sviluppo embrionale dell’encefalo: in un primo tempo il SNC è un tubo che si svilupperà verso l’avanti, verso la bocca, in direzione rostrale. A partire dal nodo di Hangel, si sviluppa in avanti verso un altro punto che lo attira, la placca procordale, localizzata successivamente con l’ipofisi. La parte anteriore del tubo neurale si suddividerà in diverse vescicole encefaliche, corrispondenti alle circonvoluzioni cerebrali che appariranno in seguito. All’interno della scatyola cranica, attraverso il foro occipitale, il tubo neurale incontrerà la volta, non potendo progredire s’incurverà verso l’avanti (curva encefalica, mesencefalo). Tornando indietro, dopo lavolta, incontrerà la base, sotto la spinta della seconda vescicola, la prima si dividerà in due, formando così gli emisferi. Il prolungamento inferiore corrisponde al diencefalo. Mentre appare la prima curva, avremo una dilatazione all’interno del tubo neurale che produrrà il quarto ventricolo a livello della volta, il terzo a livello della base e successivamente i due laterali. Lo sviluppo degli emisferi si avrà dall’avanti verso dietro, incontrando la tenda torneranno in avanti fino allo sfenoide e alle sue grandi ali. La dinamica di modificazione del nevrasse si prolungherà tramite il LCR: l’IRC avrà luogo in senso longitudinale e trasversale, fino all’adattamento delle meningi ed in seguito della scatola cranica. L’IRC, l’influenza del LCR, andrà in due direzioni, l’espansione trasversale e la diminuzione degli altri diamentri. La fisiologia cranica è rappresentata dell’alternanza delle simensioni del cranio. L’adattamento è tributario di quel che succede all’interno, ma gli strain fasciali rappresentano cause esterne di adattamento. La fluttuazione longitudinale corrisponde ad un effetto ortosompatico, quella trasversale al parasimpatico. Quando è predominante la fluttuazione longitudinale il soggetto è ortosimpatico tonico, eccitato, iperteso emozionale. La predominanza della dinamica trasversale fa si che il soggetto sia in ipersimpaticotonia, ossia depresso, apatico. Da notare che riapetto ai primi studi effettuati da Sutherland e Magoun, la dinamica craniale è modificata, almeno nel mondo occidentale industrializzato: attualmente si registra una media di nove pulsazioni/minuto