rischi aziendali - Scuola di Formazione Ipsoa

I RISCHI AZIENDALI
MICROCLIMA VDT MMC
ELETTRICO STRESS
PERCORSO FORMATIVO AI SENSI DEL D. LGS. 81/08
E ACCORDO STATO-REGIONI DEL 21/12/2011
SECONDO MODULO SPECIFICO
RISCHIO BASSO
4 ORE
I PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO
RISCHI CONNESSI ALL’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
RISCHIO FISICO
RISCHIO INFORTUNI
RISCHIO CHIMICO/BIOLOGICO
RISCHIO INCENDIO
I PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO
RISCHI CONNESSI ALL’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
Fattori psicologici
Fattori ergonomici
Condizioni di lavoro difficili
I PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO
RISCHIO FISICO
Rumore
Vibrazioni
Campi elettromagnetici
Radiazioni
Illuminazione
Microclima
I PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO
RISCHIO INFORTUNI
Rischio Meccanico
Rischio elettrico
Rischio cadute dall’alto
I PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO
RISCHIO CHIMICO/BIOLOGICO
Rischio chimico
Rischio biologico
CARATTERIZZAZIONE DEI RISCHI
Darne una descrizione accurata in rapporto ai contesti operativi, ossia:

determinarne le tipologie,

determinarne le modalità di (misurazione) rappresentazione,

stabilire i criteri di accettabilità.
CARATTERIZZAZIONE DEI RISCHI
Il rischio è una categoria “astratta” (per es. non si può “disegnare”).
La sua definizione è però di carattere operativo ossia è basata sulla
relazione matematica adottata per la sua determinazione
R=P*D
VALUTAZIONE DEL RISCHI: OBIETTIVI

Analizzare con metodo e sistematicamente l’attività lavorativa ed i pericoli

Individuare le misure necessarie alla salvaguardia della salute e sicurezza (misure
tecniche, di manutenzione, procedurali, di formazione, sanitarie, ergonomiche)

eliminare i rischi o, quando non è tecnicamente possibile, ridurli al minimo

Pianificare l’attività in modo che si svolga nelle migliori condizioni di sicurezza e
di salute
CARATTERISTICHE DELLA VALUTAZIONE
1.
relazione riportante i criteri adottati;
2.
individuazione delle misure di tutela;
3.
programma di attuazione delle misure;
METODOLOGIA
DI
VALUTAZIONE DEI RISCHI
DEFINIZIONI DEI TERMINI «PERICOLO» E «RISCHIO»
PERICOLO: proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore
avente il potenziale di causare danni.
RISCHIO: probabilità di raggiungimento del livello potenziale di
danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un
determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione.
STIMA DELLA PROBABILITA’ DI ACCADIMENTO
PROBABILITA’
GIUDIZIO
DEFINZIONI E CRITERI (secondo BS 8800:2004)
MI
Molto
improbabile
Durante la vita lavorativa di una persona la probabilità di
accadimento dell’evento è inferiore all’1%
I
Improbabile
Tipicamente l’evento accade ad una persona una volta durante la
sua vita lavorativa
P
Probabile
Tipicamente l’evento accade ad una persona una volta ogni cinque
anni
MP
Molto
probabile
Tipicamente l’evento accade ad una persona almeno una volta ogni
sei mesi
STIMA DELLA GRAVITA’ DEL DANNO
DANNO
ESEMPI DI CATEGORIA DI DANNO
(secondo BS 8800:2004)
GIUDIZIO
SALUTE
DL
DM
Danno Lieve
SICUREZZA
Ferite superficiali; piccoli tagli e abrasioni; irritazione
agli occhi causata da polvere
SALUTE
Perdita parziale dell’udito; dermatiti; asma; disturbi agli
arti superiori; malattie comportanti inabilità minori
permanenti
Danno Moderato
SICUREZZA
SALUTE
DG
Fastidio, irritazione (es. mal di testa);
Malattia temporanea comportante disagio
Lacerazioni; ustioni; traumi; distorsioni; piccole fratture
Grave malattia mortale; grave inabilità permanente
Danno grave
SICUREZZA
Lesioni mortali; amputazione; lesioni multiple; gravi
fratture
MATRICE DI VALUTAZIONE
DANNO
Danno Lieve
Danno Moderato
Danno grave
PROBABILITA’
Molto
improbabile
Rischio Molto Basso
Rischio Molto Basso
Rischio Alto
Improbabile
Rischio Molto Basso
Rischio Medio
Rischio Molto Alto
Probabile
Rischio Basso
Rischio Alto
Rischio Molto Alto
Molto
probabile
Rischio Basso
Rischio Molto Alto
Rischio Molto Alto
MISURA E VALUTAZIONE
CATEGORIA DI RISCHIO
VALUTAZIONE DI TOLLERABILITA’
Rischio Molto Basso
RISCHIO ACCETTABILE
Rischio Basso
Rischio Medio
RISCHI CHE DEVONO ESSERE RIDOTTI FINO A
RISULTARE TOLLERABILI O ACCETTABILI
Rischio Alto
Rischio Molto Alto
RISCHIO INACCETTABILE
CONTROLLO DEL RISCHIO
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
RISCHIO INACCETTABILE: rischio inaccettabile a prescindere dai vantaggi ottenibili
che, di fatto, vieta di effettuare il lavoro. L’azione di bonifica è indilazionabile. Occorre
isolare la fonte di rischio dai lavoratori: se tecnicamente non fattibile, prima di esporre i
lavoratori al rischio individuato bisogna intervenire con interventi sostitutivi, effettuare
un'adeguata formazione ai lavoratori esposti e limitare in ogni caso il tempo di
esposizione.
RISCHIO TOLLERABILE: rischio che può essere accettato a condizione di applicare
misure per la riduzione del rischio, al fine di ridurlo al livello minimo ragionevolmente
ottenibile. L’intervento di bonifica è da eseguirsi al massimo entro tre mesi, ponendo in
atto nel frattempo degli interventi sostitutivi per ridurre temporaneamente il rischio
presente, e verificando periodicamente sia la formazione dei lavoratori esposti che
l’attuazione e l’efficacia dei provvedimenti sostitutivi.
RISCHIO ACCETTABILE: rischio insignificante, o per le caratteristiche proprie, o in
seguito all’applicazione delle misure di sicurezza previste. L’intervento di bonifica può
essere eseguito con adeguata programmazione.
SINTESI DEL RISCHIO
RISCHIO INACCETTABILE:
Vietato effettuare il lavoro
RISCHIO TOLLERABILE:
Obbligatorio applicare misure per la riduzione del rischio al fine di
ridurlo al livello minimo ottenibile
RISCHIO ACCETTABILE:
Rischio insignificante (per le caratteristiche proprie o grazie alle misure
di sicurezza previste)
LA DIVERSITÀ DELLA FORZA LAVORO
Non tutti i lavoratori sono esposti agli stessi rischi.
L’Agenzia Europea per la Sicurezza e Salute sul Lavoro individua
6 categorie di lavoratori esposti a maggiore rischio:
1. lavoratori immigrati,
2. lavoratori disabili,
3. lavoratori giovani,
4. lavoratori anziani,
5. donne,
6. lavoratori temporanei.
I RISCHI AZIENDALI
LUOGHI DI LAVORO
Le normativa fissa requisiti minimi per:
 stabilità e solidità struttura
 altezza, cubatura e superficie
 locali sotterranei
 vie di circolazione
 zone di pericolo
LUOGHI DI LAVORO
 pavimenti e passaggi
 luoghi di lavoro esterni
 scale fisse a gradini
 luoghi di passaggio sopraelevati
 accessi a tetti, coperture e lucernari
 solai
 vie e uscite di emergenza
 porte e portoni
 spogliatoi e armadi
 docce, lavabi e gabinetti
LUOGHI DI LAVORO
In tutti i luoghi di lavoro sono necessari preventivi interventi tecnici e
organizzativi per eliminare o,
se non è possibile, ridurre i rischi alla fonte.
Se i rischi non sono eliminati
completamente è necessaria una
conoscenza dei rischi
e quindi comportamenti adeguati
per prevenirli.
Segnalate
tempestivamente ogni
inconveniente od
anomalia.
LUOGHI DI LAVORO
Tutti devono saper riconoscere
le situazioni pericolose.
Ad esempio, in un posto di lavoro
disordinato,
il rischio di incidente
è maggiore!
CADUTE
Gran parte degli incidenti sul lavoro è costituita
dalle cadute.
Anche nello svolgimento di
mansioni apparentemente
banali
il rischio di caduta
è sempre presente.
COS’È IL LAVORO AL VIDEOTERMINALE?
Il lavoro al videoterminale è definito come svolgimento
d’attività con interazione con il videoterminale, quali
l’immissione dati, trasmissione dati, elaborazione di testi,
ecc.
COS’È UN VIDEOTERMINALISTA
Il videoterminalista è ogni lavoratore
che utilizza un’attrezzatura munita
di videoterminale (anche portatile), in modo sistematico o abituale, per
almeno venti ore settimanali.
(Decreto legislativo n° 81/2008)
INTRODUZIONE
Il decreto legislativo n° 81/2008
prevede delle specifiche indicazioni
per utilizzare correttamente un videoterminale.
Il rispetto è quindi un
obbligo per tutti:
datori di lavoro
e dipendenti!
FALSI ALLARMI E RISCHI ACCERTATI
I DISTURBI OCULO-VISIVI
I DISTURBI OCULO-VISIVI
I DISTURBI OCULO-VISIVI
I DISTURBI OCULO-VISIVI
VIDEO E POSIZIONI
Tra i disturbi connessi all’uso del
videoterminale sono state riscontrate
sensazioni dolorose
alla muscolatura.
Come evitare questo?
Bisogna adeguare
la postazione di lavoro
alla corporatura e all’attività!
I DISTURBI MUSCOLO-SCHELETRICI
I DISTURBI MUSCOLO-SCHELETRICI
I DISTURBI MUSCOLO-SCHELETRICI
VIDEO E STRESS
Tensione nervosa, irritabilità, depressione, alterazioni della pressione sono
alcuni dei disturbi usuali tra i videoterminalisti
Sono spesso legati alla monotonia
e alla ripetitività dei compiti.
LO STRESS
REGOLAZIONE DELLA SEDIA E DEL PIANO DI LAVORO
Per fornire sostegno alla schiena
è importante regolare anche
ALTEZZA e INCLINAZIONE
dello schienale.
REGOLAZIONE DELLA SEDIA E DEL PIANO DI LAVORO
Ricordate: non bisogna mai dimenticarsi del
benessere
dei nostri arti inferiori!
I piedi devono appoggiare sul pavimento,
avambracci e cosce devono essere
il più possibile paralleli al piano di lavoro.
DISPOSIZIONE DI SUPPORTI E ACCESSORI
La tastiera deve essere disposta
davanti allo schermo e con una
leggera inclinazione.
Il mouse deve essere sullo
stesso piano della tastiera e
facilmente raggiungibile.
DISPOSIZIONE DI SUPPORTI E ACCESSORI
Una buona precauzione è di tenere gli avambracci appoggiati sul piano di
lavoro, per alleggerire
la tensione dei muscoli del collo e delle spalle.
REGOLAZIONE DELLO SCHERMO
La soluzione corretta
è far coincidere l’altezza degli occhi
con la parte alta dello schermo.
VISITE MEDICHE
L’esame preventivo
della vista
è previsto per la
verifica dell’idoneità
del lavoratore alla
mansione di
videoterminalista.
L’esame
consente
di scoprire
tempestivamente
eventuali
anomalie visive.
PREVENZIONE DELLO STRESS
Conoscere il contesto in cui si colloca
il proprio lavoro aiuterà a valorizzare attività monotone e
apparentemente improduttive!
SOFTWARE
Davanti ad un programma nuovo è necessario:
•
seguire le indicazioni ricevute
• disporre del tempo sufficiente per
acquisire le necessarie competenze
ed abilità.
SOFTWARE
Per utilizzare grafiche riposanti per
gli occhi si possono modificare
gli sfondi
i colori
e i caratteri.
VIDEO E RISCHIO ELETTRICO
L’utilizzo dei videoterminali e delle altre attrezzature connesse,
implica l’esposizione ad alcuni rischi elettrici.
La prima regola
da seguire è utilizzare
solo
materiale elettrico
di qualità marcato
PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI ACCIDENTALI
Per evitare contatti
con parti in tensione
non eseguite lavori
di manutenzione
su dispositivi elettrici
è solo compito
di personale specializzato, competente e
qualificato.
PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI ACCIDENTALI
Quando la spina elettrica
o il cavo presentano problemi non devono
essere riparati
ma sostituiti
(da personale idoneo).
Ricordate: che anche il più semplice intervento deve avvenire solo
dopo aver tolto la spina dalla presa!
PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI ACCIDENTALI
Non collegate tra spine e prese incompatibili!
SOVRACCARICO E CALORE
Limitate l’uso di prese multiple e
non concentrate sulla stessa
presa troppe apparecchiature.
Ricordate: ogni presa deve essere compatibile
con la spina e idonea all’assorbimento di corrente
degli apparecchi che state usando!
COMPUTER PORTATILI
Due principali tipologie di utilizzo:
SALTUARIO
PROLUNGATO
quando il computer portatile è utilizzato
principalmente in una postazione fissa
L’utilizzo prolungato in modo sistematico
o abituale, per almeno venti ore settimanali
obbliga ad adottare le stesse misure
di prevenzione dei videoterminalisti
(Decreto legislativo n° 81/2008)
USO SALTUARIO
Anche nell’uso saltuario è necessario:
• sistemare la posizione di lavoro;
• prestare attenzione alla posizione di finestre o fonti
di luce;
• evitare posizioni angolate
• non tenere la schiena incurvata;
• cercare una posizione comoda.
USO SALTUARIO
Mantenete gli avambracci
e le mani allineati
evitando di piegare
o angolare i polsi.
Tenete il computer sollevato
usando un piano rigido come
una valigetta o un libro.
USO SALTUARIO
Per ogni situazione, anche provvisoria,
è possibile trovare accorgimenti
per migliorare la posizione di lavoro!
USO PROLUNGATO, SISTEMATICO O ABITUALE
• La prima precauzione è il controllo dell’illuminazione;
Attenti: ai fastidiosi riflessi sullo
schermo!
• Inoltre se effettuate un lavoro prolungato limitate al
minimo l’uso del “touch-pad”
utilizzando un mouse separato!
USO PROLUNGATO, SISTEMATICO O ABITUALE
Utilizzate una
tastiera separata
e un sopralzo
per aumentare
l’altezza dello
schermo.
USO PROLUNGATO, SISTEMATICO O ABITUALE
Trovate
la giusta
posizione
della tastiera!
Ogni 2
ore di applicazione continuativa
al computer portatile,
prevedete un’interruzione di 15 minuti.
PRINCIPI DI ERGONOMIA
COS’È L’ERGONOMIA
 Una scienza applicata che si occupa della progettazione ottimale dei
luoghi di lavoro che prenda in considerazione la comprensione delle
capacità del lavoratore, con l’obiettivo di ridurre il rischio di infortunio e
di migliorare la performance delle operazioni compiute/operativa.
 studia le interazioni tra l’uomo e gli altri elementi di un sistema
 applica i principi (dati e metodi) per ottimizzare il benessere dell’uomo la
performance di un sistema
 disegna valuta prodotti procedure attività
COS’È L’ERGONOMIA
L’ergonomia è una disciplina che si occupa di mettere a punto la
progettazione di lavori e di luoghi di lavoro in modo da massimizzare
l’efficacia del lavoratore minimizzando al contempo la possibilità di subire
un danno fisico.
Requisiti
del lavoro
Capacità
umane
I PROGRAMMI DI ERGONOMIA HANNO EFFETTO SU….
Interfaccia uomo-macchina
Attrezzatura per il servizio sul campo
RISULTATO DI UN’ERGONOMIA CARENTE
ergonomia
carente
(parti poggiate
a terra)
Danno
Fattori di
rischio
ergonomico
(Postura)
Stress sul corpo
DEFINIZIONE DI LESIONE ERGONOMICA
Si considera lesione ergonomica qualunque disturbo di tipo muscoloscheletrico causato da esposizione a fattori di rischio ergonomici. Tale
definizione di base esclude eventi come lo stiramento dell’inguine o della
schiena causato da scivolate o cadute (che è un disturbo muscoloscheletrico, ma con una causa non ergonomia), mentre include casi come lo
stiramento della schiena o di una spalla causati da sollevamento, spinta,
trazione, etc, anche se l’evento causale non è stato un’esposizione allo
sforzo prolungatasi nel tempo.
ANATOMIA E FISIOLOGIA





Ossa: sono il supporto strutturale
Legamenti: connettono le ossa fra loro
Muscoli: si contraggono e si espandono per muovere il corpo
Tendini: connettono i muscoli alle ossa
Nervi: trasmettono segnali
Muscoli
Ossa
Tendini
Nervi
DISORDINI MUSCOLO-SCHELETRICI PIÙ COMUNI
 Sindrome del tunnel carpale
 Tendinite
 Tenosinovite
 Sindrome di DeQuervain
 Cisti gangliare
 Borsite
 Epicondilite
 Ernia del disco
ANATOMIA DELLA SCHIENA

Colonna spinale








Cervicale
Toracica
Lombare
Sacrale
Le vertebre proteggono il midollo spinale
I dischi separano le vertebre
I legamenti connettono le vertebre
I muscoli danno forza
LESIONI DELLA SCHIENA
 Dolori alla schiena
 Ernia del disco
 Rottura del disco
SEGNI E SINTOMI DI DISTURBI MUSCOLO-SCHELETRICI






Fastidio
Dolore
Bruciore
Formicolio
Crampi
Rigidità




Insensibilità
Diminuzione del raggio di movimento
Diminuzione della forza prensile
Perdita di funzionalità
LA SINDROME TENSIVA DEL COLLO E DELLE SPALLE NEGLI STUDI
DI POPOLAZIONE
MAS
FEM

PREVALENZA
15%
18%

Eventi traumatici
36%
50%
MOVIMENTI RIPETITIVI
Movimenti identici o molto simili eseguiti ad elevata frequenza
i movimenti ripetitivi degli arti superiori possono essere causa di
diversi disturbi e/o patologie osteoarticolari che interessano
spalla, gomito/avambraccio, polso/mano/dita e neuropatie
periferiche da compressione tra le quali, la più nota, è la
sindrome del tunnel carpale.
AREE ANATOMICHE



spalla
polso/mano/dita
gomito/avambraccio
I MECCANISMI LESIONALI
rappresentati da:
 sovraccarico funzionale (microtraumi ripetuti o sollecitazioni)
 traumi (diretti o indiretti)
 sindrome da attrito (attrito tra la cuffia e l’arco coraco-acromiale).
SINDROME
DEL TUNNEL
CARPALE
SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
prevalente
(ma non esclusiva)
nel sesso femminile
SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
è dovuta alla compressione del nervo mediano del polso nel suo
passaggio attraverso il tunnel carpale
Nervo mediano
Tunnel carpale
MOVIMENTAZIONE MANUALE
DEI CARICHI
DEFINIZIONE MOVIMENTAZIONEMANUALE DEI CARICHI
“… le operazioni di trasporto o di sostegno
di un carico ad opera di uno o più lavoratori,
comprese le azioni del sollevare, deporre,
spingere, tirare, portare o spostare un carico
che, per loro caratteristiche o in
conseguenza delle condizioni ergonomiche
sfavorevoli, comportano rischi di patologie
da sovraccarico biomeccanico, in particolare
dorso-lombari”
OBBLIGHI DEI DATORI DI LAVORO, DEL DIRIGENTE E DEL PREPOSTO
Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie e ricorre ai
mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la
necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei
lavoratori.
IL RISCHIO DURANTE LA M.M.C. DIPENDE DA:
 TIPOLOGIA DEL CARICO;
 ENTITA’ DELLO SFORZO FISICO;
 TIPOLOGIA AMBIENTI DI LAVORO;
 TIPOLOGIA DI ATTIVITA’ SVOLTA.
TIPOLOGIA DEL CARICO
 il carico è troppo pesante
 è ingombrante o difficile da afferrare
 è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi;
 è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o
maneggiato a una certa distanza dal tronco o con una torsione o
inclinazione del tronco;
 può, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza,
comportare lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto.
LO SFORZO FISICO PUÒ PRESENTARE UN RISCHIO SE:
 è eccessivo;
 può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del
tronco;
 può comportare un movimento brusco del carico;
 è compiuto con il corpo in posizione instabile.
POSSIBILITÀ DI RISCHIO NELL’AMBIENTE DI LAVORO
 lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo
svolgimento dell'attività richiesta;
 il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o di
scivolamento per le scarpe calzate dal lavoratore;
POSSIBILITÀ DI RISCHIO NELL’AMBIENTE DI LAVORO
 il posto o l'ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la
movimentazione manuale di carichi a un'altezza di sicurezza o in
buona posizione;
 il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano
la manipolazione del carico a livelli diversi;
 il pavimento o il punto di appoggio sono instabili;
 la temperatura, l'umidità o la circolazione dell'aria sono
inadeguate.
POSSIBILITÀ DI RISCHIO CONNESSE ALL'ATTIVITÀ
 sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale,
troppo frequenti o troppo prolungati;
 periodo di riposo fisiologico o di recupero insufficiente;
 distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di
trasporto;
PATOLOGIE
 lombalgia acuta
 artrosi
 ernia
 alterazioni delle curve della colonna
TRAUMI VERTEBRALI AVVENGONO PER:
Secondo la postura, per un carico di 50 Kg. la
forza che viene esercitata a livello delle vertebre
lombari è di 750 Kg. o 150 Kg.
CARICO SUL DISCO VERTEBRALE NELLE DIVERSE POSTURE
VALORI LIMITE AMMISSIBILI
Kg. 25
MASCHI ADULTI
Kg. 15
FEMMINE ADULTE
POSIZIONI CORRETTA E SCORRETTA
REGOLE GENERALI PER EVITARE DANNI ALLA SCHIENA
per oggetti di peso inferiore ai 3 kg.
il rischio per la schiena è trascurabile
NO
OGGETTI
SOPRA
L’ALTEZZA
DELLA
TESTA
SI
SOLLEVAMENTI SALTUARI
non tenere le gambe diritte
SI
NO
oggetto
vicino
al
corpo
piegamento delle ginocchia
e
oggetto vicino al corpo, non
ruotare solo il tronco
SI
NO
 evitare di inarcare la schiena
 usare uno sgabello o una scale
NO
 non lanciare il carico
SI
ESERCIZI DI RILASSAMENTO, STIRAMENTO E RINFORZO MUSCOLARE
Qui sono presentati alcuni semplici esercizi, che richiedono
pochi minuti e che possono essere fatti, oltre che a casa, anche
nelle pause di lavoro. Essi sono indicati per togliere il senso di
peso quando la fatica comincia a farsi sentire.
PER IL COLLO
STIRAMENTO
 Mettersi in questa posizione,
intrecciare le dita sulla testa e tirare
lentamente il capo in basso.
 Restare così per 10 secondi.
Ripetere 10 volte.
PER IL COLLO
RINFORZO
 Fare come “Totò”: ritrarre il mento, poi tornare in
posizione normale.
 Spingere il mento, poi tornare in posizione normale.
Ripetere 10 volte.
PER GLI AVAMBRACCI
STIRAMENTO
 Mettere le mani come in figura e
mantenere la posizione per 20-30
secondi.
Ripetere 5 volte.
PER LE SPALLE
STIRAMENTO
 In posizione seduta portare una mano tra
le scapole tenendo il gomito bene in alto.
Per aumentare lo stiramento aumentare
progressivamente l’estensione del capo.
 Mantenere la posizione per 20 secondi.
Ripetere alternando per 5 volte
PER LA SCHIENA
STIRAMENTO
 Seduti su di una sedia, la schiena
ben diritta, i piedi appoggiati a
terra,
le
gambe
leggermente
allargate. Abbandonare le braccia
fra le gambe, lasciarsi cadere in
avanti lentamente a partire dalla
testa fino a toccare terra con il
dorso delle mani.
 Restare
in
questa
posizione
qualche istante, poi tirarsi su
lentamente: prima la schiena, poi il
dorso, le spalle e infine la testa.
Ripetere l’esercizio 5 volte.
MICROCLIMA
 Temperatura
 Umidità
 Ventilazione
 Illuminazione (naturale ed artificiale)
 Condizioni lavorative particolari
MICROCLIMA
Con il termine di microclima si intendono quei parametri
ambientali che influenzano gli scambi termici
tra soggetto e ambiente negli spazi confinati e che
determinano il "benessere termico".
MICROCLIMA
Una situazione di benessere termico (comfort
termico) prevede quindi un equilibrio tra la
quantità di calore prodotta dall'organismo e la
quantità di calore assunta dall'ambiente o ceduta
all'ambiente attraverso i diversi meccanismi di
termoregolazione
MICROCLIMA
 “temperatura dei locali”;
 “illuminazione naturale e artificiale dei luoghi di lavoro”;
 “pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali…”.
MICROCLIMA
non sono mai indicati valori o termini perentori
e precisi per indicare le condizioni di comfort
ambientale negli ambienti confinati.
Ciò è dovuto al carattere altamente soggettivo
di benessere o malessere collegato con
questo problema.
MICROCLIMA
In base alle caratteristiche ambientali, le norme
tecniche distinguono gli ambienti in:



Ambiente moderato;
Ambiente severo freddo;
Ambiente severo caldo.
MICROCLIMA
Normalmente gli ambienti di lavoro sono compresi nella
norma UNI EN ISO 7730 (1997) e s.m.i. “ambienti termici
moderati – determinazione degli indici PMV e PPD e
specifica delle condizioni di benessere termico”.
MICROCLIMA
Per una valutazione dei parametri microclimatici, la
sensazione soggettiva di benessere non dipende da
uno solo dei relativi fattori ambientali (temperatura,
umidità, velocità dell’aria etc.), bensì dalla loro
combinazione.
Per esprimere questo concetto, sono stati quindi
studiati vari indici microclimatici.
MICROCLIMA
I parametri ambientali misurati negli ambienti confinati sono i
seguenti:
- Temperatura dell’aria
- Temperatura umida a ventilazione forzata
- Temperatura umida a ventilazione naturale
- Umidità relativa
- Temperatura del globotermometro
- Velocità dell’aria o ventilazione
MICROCLIMA
Gli indici più importanti, noti come
indici di Fanger, sono:
• PMV (predicted mean vote):
esprime un voto medio previsto per la sensazione di
benessere termico
• PPD (predicted percentage of disatisfied):
è la percentuale prevista delle persone insoddisfatte
MICROCLIMA
Secondo la norma UNI EN ISO 7730 (1997) e s.m.i. “ambienti
termici moderati – determinazione degli indici PMV e PPD e
specifica delle condizioni di benessere termico”, sono
accettabili valori di:
• PMV compreso tra –0,5 e +0,5;
• PPD ≥ 10%.
ILLUMINAZIONE
Unitamente ad altri fattori ambientali che condizionano lo stato di
benessere, l’illuminazione assume nel campo del lavoro una estrema
importanza, in quanto un suo razionale impiego non solo favorisce
l’incremento della produttività e contribuisce attivamente alla
prevenzione infortuni, ma agisce positivamente sullo stato di
benessere individuale e sulla componente psichica.
ILLUMINAZIONE
La corretta illuminazione dei locali e dei posti di lavoro è necessaria
per consentire, in modo agevole, lo svolgimento delle mansioni in
tutte le stagioni e in tutte le ore del giorno.
L'illuminazione deve essere sempre adeguata qualitativamente e
quantitativamente al tipo di operazione eseguita.
Una sufficiente illuminazione di un ambiente di lavoro confinato
richiede una quota minima di luce diretta;
negli ambienti di lavoro l’intensità di illuminazione varia in rapporto
al tipo di lavoro che viene svolto e comunque mai inferiore ad
almeno 40 lux sul piano orizzontale.
ILLUMINAZIONE
Di fondamentale importanza sono le modalità di distribuzione della
luce nell’ambiente, distinte in diretta, indiretta e mista unitamente
alla dislocazione delle sorgenti luminose.
ILLUMINAZIONE
E’ importante stabilire:
1.
l’attività che si svolge nell’ambiente;
2.
l’individuazione del livello di illuminamento artificiale da
assicurare (detto “Illuminamento E”)
espresso in “lux”
(lumen/mq.);
ELEMENTI DI
SICUREZZA
ELETTRICA
INTRODUZIONE

In Italia si verificano mediamente cinque infortuni elettrici mortali ogni
settimana: un primato europeo!

I luoghi più pericolosi, dal punto di vista elettrico, sono i cantieri edili e i locali
da bagno o per doccia.

La maggior parte degli infortuni sono causati dagli impianti di bassa tensione
non conformi alla regola dell’arte, ed in misura minore dai componenti elettrici
e dall’errore umano.

Molti infortuni avvengono per contatto con le linee elettriche aeree esterne, di
media tensione; i mezzi di contatto più frequenti sono le gru, le autogru, le
autobetoniere, le aste metalliche, le canne da pesca.

Almeno il 10% di tutti gli incendi hanno origine dall’impianto elettrico o dagli
apparecchi elettrici utilizzatori.
IL RISCHIO ELETTRICO

Flusso di cariche elettriche che ha luogo all’interno
di alcuni materiali;

Tali materiali vengono definiti conduttori, mentre
altri attraverso i quali la corrente non riesce a
passare, vengono definiti isolanti.

Il corpo umano è un conduttore, ovvero può essere
attraversato da cariche elettriche: questo può
determinare gravi disfunzioni agli apparati cardiaci
e respiratori.
IL RISCHIO ELETTRICO
 Cavi elettrici: evitare attorcigliamenti e
grovigli
 Prese multiple: utilizzare solo quelle
marcate CE o IMQ, nel limite di potenza
indicato
 Interruttori/prese a spina: non utilizzare
quelle danneggiate
 Spine: non strappare il cavo dalla presa
ma rimuovere la spina
EFFETTI DELLA CORRENTE ELETTRICA SUL CORPO UMANO
Il passaggio di corrente elettrica attraverso il corpo umano può determinare
numerose alterazioni e lesioni, temporanee o permanenti. La corrente elettrica
produce un’azione diretta:

Sui vasi sanguigni, sul sangue, sulle cellule nervose

Nel sistema cardiaco (aritmie, lesioni al miocardio, alterazioni permanenti di
conduzione)

Nell’attività celebrale (modificazione dell’elettroencefalogramma) e nel
sistema nervoso centrale.
Gli effetti più frequenti e più importanti che la corrente produce sul corpo umano sono :
1.
2.
3.
4.
TETANIZZAZIONE
ARRESTO DELLA RESPIRAZIONE
FIBRILLAZIONE VENTRICOLARE
USTIONI
LIMITI DI PERICOLOSITÀ DELLA CORRENTE ALTERNATA

Zona 1: nessuna reazione (al di sotto della soglia di percezione)

Zona 2: limite di pericolosità convenzionale

Zona 3: effetti fisiopatologici reversibili e tetanizzazione

Zona 4: probabilità di fibrillazione ventricolare (c1:5%, c2:50%, c3:>50%)

Nel caso della corrente continua si ha un diagramma simile anche se con livelli
superiori
PERICOLOSITÀ DEL PERCORSO

Lo stesso valore di tensione applicato tra punti diversi del corpo
corrisponde a correnti diverse, perchè ad ogni percorso corrisponde
un valore diverso di resistenza del corpo umano.

Lo stesso valore di corrente determina probabilità diverse di
fibrillazione secondo il percorso.

I tragitti più pericolosi sono nell’ordine:
mani-torace
mano sinistra-torace
mano destra-torace
mani-piedi
mano-mano
CONTATTI DIRETTI E INDIRETTI
 Contatti diretti (a): Contatto con una parte dell’impianto normalmente
in tensione, quale un conduttore, un morsetto, l’attacco di una
lampada, divenuti casualmente accessibili.
 Contatti indiretti (b): Contatto di persone con una massa, ad esempio
la carcassa di un motore, o con una parte conduttrice connessa con
la massa, durante un guasto di isolamento.
IL CONTATTO INDIRETTO
 Il contatto indiretto è più insidioso del contatto diretto. Si può evitare
il contatto diretto con una condotta prudente verso l’impianto
elettrico, ma è impossibile evitare il contatto con le parti
ordinariamente non in tensione.
 La sicurezza nei confronti dei contatti indiretti risiede quindi solo nel
sistema di protezione.
 Il contatto indiretto è pericoloso quanto il diretto; la percentuale di
infortuni elettrici mortali è simile nei due casi
LA MASSA
 E’ una parte conduttrice, facente parte dell’impianto elettrico, che
può essere toccata e che non è in tensione in condizioni ordinarie di
isolamento, ma che può andare in tensione in caso di un cedimento
dell’isolamento principale.
 Una
massa deve essere protetta contro il contatto indiretto
(Esempio: carcassa di un apparecchi di illuminazione).
PRINCIPALI PROTEZIONE CONTATTI DIRETTI
ISOLAMENTO

Materiale isolante che ricopre tutte le parti attive ed è rimovibile solo
mediante distruzione: Cavi , componenti immersi
INVOLUCRI


Assicura la protezione contro i contatti diretti in ogni direzione.
Asportabile solo con chiavi o attrezzi
BARRIERE


Assicura la protezione contro i contatti diretti nella normale direzione
d’accesso
Asportabile solo con chiavi o attrezzi
LO STRESS LAVORO CORRELATO
STRESS LAVORO CORRELATO
I “fattori di rischio psicosociale” sono individuati come una delle
principali cause di alterazione della salute fisica e psichica (e
quindi di malessere) nei luoghi di lavoro accanto ai rischi più
tradizionali (chimici, fisici e biologici) legati ai contesti strutturali.
STRESS LAVORO CORRELATO
Lo stress è la reazione avversa ad eccessive pressioni o ad altro
tipo di richieste.
Esiste una profonda differenza tra il concetto di pressione, un fattore
talvolta positivo e motivante, e lo stress che insorge quando il peso
di tale pressione diventa eccessivo.
CHE COS’È LO STRESS
Lo stress positivo o EUSTRESS si ha quando uno o più stimoli, anche di
natura diversa, allenano la capacità di adattamento psicofisica
individuale.
L’eustress è quindi una forma di energia utilizzata per poter più
agevolmente raggiungere un obiettivo.
FORME “ESTREME” DI DISAGIO NEGLI AMBIENTI DI LAVORO
BURNOUT
MOBBING
BURN OUT
Forma particolare di
stress lavorativo
che fa sentire chi ne è
colpito
senza alcuna via di
uscita, “bruciato”,
“consumato
dal proprio lavoro”
MOBBING
SOGGETTI ATTORI DEL MOBBING
 Mobber: parte attiva ;
 Mobbizzato: soccombente;
 Side mobbers: spettatori silenziosi e consapevoli;
 Co mobbers: individui psicologicamente conformisti pronti ad
adeguarsi alle opinioni e azioni del più forte
TIPOLOGIE DI MOBBING
Tipologia di
mobbing
Verticale
Orizzontale
Ascendente
Le differenze di genere
NORMATIVA E DIFFERENZE DI GENERE
Il Testo Unico 81/2008 , all'articolo 28, va oltre la
concezione tradizionale di tutela del lavoro
femminile circoscritta alla gravidanza e introduce,
per la prima volta, anche i pericoli connessi al
genere come materia da considerare per la
valutazione del rischio.
I RISCHI DI GENERE
I rischi connessi alla differenza di genere identificano le caratteristiche
comportamentali, fisiologiche, strutturali maschili e femminili nel loro
impatto dinamico sull'organizzazione dell'attività lavorativa. Nel T.U. il
legislatore sottolinea il genere sia per i rischi già noti e censiti (chimici,
biologici, fisici, ergonomici) sia per i rischi emergenti di carattere
fortemente organizzativo e psicosociale.
TEORIA DELLA COMBUSTIONE
La combustione è una rapida reazione chimica
di ossidazione ad andamento esotermico e
con la caratteristica presenza della fiamma,
con emissione cioè di radiazioni termiche
visibili ed invisibili.
IL TRIANGOLO DELLA COMBUSTIONE
COMBUSTIBILE
COMBURENTE (OSSIGENO)
COMBUSTIONE
ENERGIA TERMICA
IL TRIANGOLO DELLA COMBUSTIONE
IL COMBUSTIBILE
È la sostanza in grado di bruciare
SOLIDO: carbone,legno, carta, etc.
LIQUIDO: alcool, benzina, gasolio, etc.
GASSOSO: metano, idrogeno, propano, etc.
IL COMBURENTE
È la sostanza che permette al combustibile di bruciare
OSSIGENO
Contenuto nell’aria allo stato di gas
LA T° DI ACCENSIONE
È la temperatura alla quale
bisogna portare un materiale affinché questo prenda fuoco
PARAMETRI FISICI DELLA COMBUSTIONE
La combustione è influenzata da diversi parametri chimico/fisici, i principali
sono:





TEMPERATURA DI ACCENSIONE (AUTOACCENSIONE)
INNESCO
TEMPERATURA DI INFIAMMABILITA’
LIMITI DI INFIAMMABILITA’
POTERE CALORIFICO
PRODOTTI DELLA COMBUSTIONE
GAS:
FIAMMA:
FUMO:
Prodotto della combustione che
rimane allo stato gassoso anche
quando raggiungono raffreddandosi
la temperatura ambiente
Costituite dall’emissione di luce
conseguente alla combustione di
gas sviluppati in un incendio.
Sono formati da piccolissime
particelle solide (aerosol) o liquide
(nebbie o vapori condensati).
PRODOTTI
DELLA
COMBUSTIONE
CALORE:
E’
la
causa
principale
della
propagazione degli incendi. Realizza
l’aumento della temperatura di tutti i
materiali
e
corpi
esposti,
provocandone il danneggiamento fino
alla distruzione
BRACI:
Residuo del combustibile che non
ha partecipato direttamente alla
combustione.
PREVENZIONE E PROTEZIONE ANTINCENDIO
E se un incendio scoppia davvero?
Cosa bisogna fare?
1. Mantenere la calma, ragionare senza farsi
prendere dal panico e soprattutto non improvvisare!
NO!
PREVENZIONE E PROTEZIONE ANTINCENDIO
2. Date immediatamente l’allarme
solo secondo le procedure
del piano di emergenza,
(solitamente premendo un
pulsante di allarme incendio).
3. Successivamente
avvertite la squadra antincendio,
a voce o telefonando al numero
previsto, descrivendo
dettagliatamente la situazione.
LA GESTIONE
DELL’ EMERGENZA
ART. 18 D. LGS. 81/08
il datore di lavoro adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione
incendi e all’evacuazione dei lavoratori, tali misure devono essere
adeguate alla natura dell’attività, alle dimensioni dell’azienda, al
numero delle persone presenti
SCOPO
Il piano di emergenza regola le azioni da porre in essere e ne
assegna la responsabilità di esecuzione quando in azienda è
dichiarato uno stato di emergenza che impone l’evacuazione dello
stabile o di alcune zone per preservare l’incolumità delle persone
OBIETTIVI
il principale obiettivo è quello di proteggere la vita umana
e salvaguardare la proprieta’ e l’ambiente
AZIONI
Le azioni devono essere
poche, semplici ed efficaci
(con procedure complesse il rischio di saltare alcuni
passaggi fondamentali è molto elevato)
SEGNALETICA DI SICUREZZA
DECRETO LEGISLATIVO 81/08
Titolo V
SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
LA SEGNALETICA
La segnaletica svolge un ruolo
fondamentale
nella prevenzione degli infortuni
I cartelli in base a forma e colore
ci danno informazioni differenti
SEGNALI DI DIVIETO
VIETATO FUMARE
VIETATO FUMARE O USARE FIAMME LIBERE
VIETATO AI PEDONI
DIVIETO DI SPEGNERE CON ACQUA
ACQUA NON POTABILE
SEGNALI DI PERICOLO O AVVERTIMENTO
MATERIALE INFIAMMABILE
MATERIALE ESPLOSIVO
SOSTANZE VELENOSE
SOSTANZE CORROSIVE
SOSTANZE INFETTE
SEGNALI DI PERICOLO O AVVERTIMENTO
PERICOLO GENERICO
ATTENZIONE AI CARICHI SOSPESI
PERICOLO CARRELLI IN MOVIMENTO
TENSIONE ELETTRICA
MATERIALI RADIOATTIVI O IONIZZANTI
SEGNALI DI OBBLIGO O PRESCRIZIONE
PROTEZIONE DEGLI OCCHI
CASCO DI PROTEZIONE
PROTEZIONE VIE RESPIRATORIE
GUANTI DI PROTEZIONE
CALZATURE DI PROTEZIONE
PROTEZIONE DELL’UDITO
SEGNALI DI SALVATAGGIO
DIREZIONE USCITA D’EMERGENZA
USCITA D’EMERGENZA
FRECCIA DI DIREZIONE
PRONTO SOCCORSO
SCALA D’EMERGENZA
SEGNALETICA ANTINCENDIO
ALLARME ANTINCENDIO
ESTINTORE
ESTINTORE CARRELLATO
NASPO
IDRANTE
SEGNALETICA ANTINCENDIO
telefono per
interventi
antincendio
direzione da seguire
segnali aggiuntivi
scala
SEGNALI DI DIVIETO
Divieto di accesso
ai non autorizzati
Sulla porta dei locali tecnici
Sui quadri elettrici
- Tensione elettrica
- Divieto di spegnere con acqua
- Non eseguire lavori senza aver prima
tolto la corrente
SEGNALI DI DIVIETO
In tutti i locali di lavoro
PLANIMETRIE PIANO DI EVACUAZIONE
CARTELLO
NUMERI UTILI
numeri
interni
incaricati
emergenza
numeri
esterni
GRAZIE
PER L’ATTENZIONE