Papavero Immortalati da Claude Monet, i papaveri rossi tipici delle nostre campagne mediterranee evocano nella memoria di ciascuno lontane emozioni di estati calde, tranquille e spensierate e ricordi di libertà e di impegni. Nel mondo anglosassone Papaver rhoeas è tradizionalmente dedicato alla memoria delle vittime sui campi di battaglia della prima e seconda guerra mondiale; ad esempio, in Gran Bretagna, nel Remebrance Day, tutti portano un papavero rosso all’occhiello. Il termine Papaver deriva dal latino papo (=pappa) o da una parola celtica con il medesimo significato. L’etimologia del nome evidenzia come, probabilmente, in passato fosse unito ai cibi, in particolare quello dei bambini per conciliare il loro sonno. I costituenti principali del papavero rosso,(da non confondersi con il papaverum somniferum da cui si ricava la morfina) sono: 0,7 di alcaloidi isochinolici, protropina, captisina, sanguinaria, glicosidi antocianici. La pianta, oltre a gli antociani che conferiscono il tipico colore rosso acceso ai petali dei fiori, contiene piccole quantità di alcaloidi che agiscono in maniera simile alle benzodiazepine. L’impiego terapeutico è quasi esclusivamente riservato per disturbi e affezioni a carico delle vie respiratorie, insonnia e come calmante ed analgesico. Ancor oggi lo sciroppo di papavero è adoperato per bambini, sia come sedativo che come espettorante: oltre ad essere efficace risulta gradevole sia come sapore che colore. E’ da segnalare inoltre una indicazione terapeutica; l’utilizzo della pianta nell’eretismo cardiaco dell’adulto (cuore sano). E’ sempre comunque utile contrastare quanto prima le difficoltà nel dormire, poichè l’insonnia aumenta il rischio di molte patologie anche di alcune che non collegheremmo al sonno: obesità, ipertensione, infarto, ed altri problemi cardiovascolari, depressione e maggiore vulnerabilità alle infezioni. Per capire dei gravi effetti provocati sulla salute dal mancato riposo, evidenziamo che è scientificamente dimostrato che dormire meno di 5 ore per notte addirittura triplica il rischio di infarto. 1/1