ORTO E DINTORNI Un fiore per ogni mese Il festoso e leggiadro papavero TERRA TRENTINA 7/2008 Iris Fontanari 44 Quando si nomina il papavero, ci si immagina subito un campo di grano dorato punteggiato di rosso o anche un’ampia chiazza infuocata nel frutteto, nel vigneto o sui cigli delle strade di campagna nei mesi di giugno e luglio; e allora si va col ricordo all’infanzia, ossia al tempo in cui la pianta era la protagonista di tanti nostri giochi, perché i suoi petali infuocati servivano per tingerci le guance e i suoi boccioli per creare delle graziose bamboline, mentre le capsule fresche diventavano piccoli timbri adatti ad imprimere asterischi neri sul viso. Ma i papaveri non sono soltanto i comunissimi rosolacci che tutti conosciamo: sulla Terra vivono, infatti, almeno 70 specie diverse e i loro petali coprono quasi per intero i colori dell’arcobaleno (fatta eccezione per l’azzurro). I più appariscenti sono senza dubbio i papaveri rossi – il cui rappresentante più celebre è proprio il rosolaccio – che vivono fra l’Europa e Asia, dai quali sono state tratte alcune specie coltivate molto apprezzate dai giardinieri. Con l’introduzione di sempre nuove specie e poi attraverso l’ibridazione e la selezione, i papaveri possono oggi rivaleggiare con i fiori più belli. Attualmente vengono coltivate sia specie annuali, che fioriscono e muoiono lo stesso anno della semina, sia altre che sono perenni. Tra le specie più belle e facili da coltivare ci sono soprattutto le annuali, che provvedono da sé alla semina, e ricompaiono ogni anno conferendo, con la loro grazia leggiadra, un’atmosfera incantevole al giardino. UN PO’ DI STORIA Il papavero spontaneo (Papaver rhoeas) è noto fin dall’antichità, quando era simbolo di fertilità (a causa dei numerosi semi), ma anche di sonno e di morte per le sue proprietà narcotizzanti, di cui allora non si conosceva l’origine. Il nome “papaver” era usato già dai Romani per indicare le piante di questo genere; pare derivasse dal celtico “papa”, ossia la “pappa” nella quale un tempo si mescolava del succo di papavero per far dormire i bambini. morte durante il sonno. Virgilio, nell’Eneide, lo descrive come “il lento fiore del sonno”. Il suo segreto è racchiuso nella capsula che contiene un latice bianco denso (l’oppio) fatto sgorgare per mezzo di incisioni verticali. L’oppio è un’importante medicina, adatta a calmare il dolore per la morfina che contiene, la quale è ricavata anche allo stato puro. I semi di questa oppiacea sono innocui perché privi di alcaloidi e si usano per guarnire ciambelle e biscotti. NOTE BOTANICHE Il papavero è una pianta annuale piuttosto gracile, con fusto eretto o ascendente, peloso, ramificato, di color verde chiaro o cupo, alto anche 90 cm. Appartiene alla famiglia delle Papaveracee ed è diffuso dalle zone litoranee al piano submontano della nostra Penisola, fino a 1500-1700 metri d’altitudine. Le foglie sono numerose, profondamente incise, pelose; i fiori solitari hanno la corolla composta da quattro grandi petali, sottili e delicati, di color rosso vivo, a volte rosato o, caso rarissimo, bianco con alla base una macchia scura. Al centro del fiore sono presenti numerosi stami neri-bluastri e un unico grosso pistillo con ovario globoso, sormontato da uno stimma a forma di disco. Dopo la fecondazione, l’ovario si trasforma in una capsula, che reca superiormente lo stimma persistente e che contiene moltissimi piccoli semi neri. Quando si provocano lesioni nel fusto o in altre parti della pianta, si vede sgorgare un latice bianco di odore sgradevole. PROPRIETÀ ED USI Le proprietà di questa umile pianta, considerata infestante e perciò non coltivata nei giardini (benché un solo esemplare possa produrre in una stagione fino a 400 fiori!), sono da ricercarsi nell’azione sedativa, antispasmodica, espettorante, sudorifera, ipnotica e tossifuga. L’infuso si ottiene mettendo circa 15 g di petali essiccati in un litro d’acqua bollente e lasciandoveli per una decina di minuti. Si filtra quindi il liquido, lo si addolcisce con del miele e se ne bevono tre tazze al giorno (in particolare la sera prima di coricarsi). Le rosette fogliari del rosolaccio, che già a febbraio-marzo iniziano a germogliare nei campi, lessate e condite, costituiscono una buona verdura di contorno, in attesa che siano disponibili gli ortaggi coltivati. LA COLTURA DEI PAPAVERI ANNUALI... Dal rosolaccio, perfetto per ornare un prato lasciato al naturale, sono state tratte alcune razze coltivate, come la Shirley, a fiori semplici o doppi, che sbocciano da maggio a luglio e si presentano con corolle dai colori bellissimi (rosso scarlatto, bianco, rosa e arancio). Le varietà di questa razza hanno fiori con colori invertiti, ossia con le macchie alla base dei petali e gli stami chiari invece che neri. Una specie annuale abbastanza TERRA TRENTINA 7/2008 Originario delle regioni mediterranee orientali, il rosolaccio è giunto accidentalmente in Europa insieme ai cereali e ad altre specie che seguono lo stesso ciclo vegetativo del grano. Ciò è avvenuto in tempi lontanissimi, nel periodo neolitico, cioè non meno di quattro o cinque millenni fa. Non a caso, il papavero fu sacro a Demetra, la dea greca della fecondità campestre, e Cerere, la dea latina protettrice dei raccolti, era raffigurata con una corona di papaveri in testa. Il naturalista latino Plinio il Vecchio (I sec.), nella sua Naturalis Historia, descrive il papavero comune distinguendo le specie coltivate da quelle spontanee e affermando che, mentre le prime sono abbastanza grandi ed hanno la testa rotonda, le seconde sono più piccole ed hanno la testa allungata, però sono più efficaci sotto il profilo medico. Anche il papavero da oppio (Papaver somniferum) ha una storia molto antica, iniziata forse dai Sumeri e continuata poi dagli Egizi. Le “virtù” di questo papavero erano ben note pure ai Romani; Plinio, ad esempio, affermava che, somministrato come sonnifero, ma ingerito in dose troppo abbondante, poteva procurare la 45 ORTO E DINTORNI TERRA TRENTINA 7/2008 46 simile al rosolaccio è il P. commutatum, alto solo una quarantina di cm, ma con una ricca fioritura. I suoi fiori rossi hanno una grande macchia nera alla base. La pianta è molto indicata per aiuole che richiedono poche cure. Un’altra specie oggi molto diffusa e apprezzata è il già citato papavero da oppio, dai bellissimi fiori a corolla semplice con colori che vanno dal bianco sporco al malva o addirittura al rosso-violetto. In questa specie pure il frutto è ornamentale: si presenta come una grossa capsula, allungata o panciuta, contenente numerosi semi minuscoli, ricchi di un olio (“olio di papavero”) molto simile all’olio di girasole. Quest’olio, fluido, incolore e di sapore gradevole, contiene lecitina ed è molto indicato per l’alimentazione (anche se poco usato). Le capsule possono essere essiccate per essere utilizzate in composizioni decorative per la casa. Un altro papavero compreso fra gli annuali (anche se in realtà originariamente perenne) è il P. nudicaule, detto “islandese” in quanto originario delle regioni subartiche, molto resistente al freddo, che è stato trovato anche in montagna a 4600 metri d’altitudine! La specie naturale di questo papavero è quasi sconosciuta, mentre più famosi sono i suoi numerosi ibridi dai colori luminosi con un’infinita gamma di tonalità. La fioritura del papavero islandese è abbondante per tutta l’estate e i suoi fiori, fino a 40 per cespo, sono dolcemente profumati ed hanno petali increspati dai colori luminosi e con diverse tonalità di giallo, arancio, rosa, rosso ed anche bianco. Gli steli sono alti dai 30 ai 60 cm. Tutte le varietà di questo papavero sono particolarmente adatte per produrre fiori da recidere e per creare macchie colorate nel giardino. La coltivazione dei papaveri annuali è molto semplice: si seminano a spaglio in marzo-aprile, quindi si coprono i semi con un leggero strato di terra. Le piantine vanno poi diradate, lasciando una distanza di 30-40 cm tra l’una e l’altra. La concimazione si effettua una sola volta al mese con fertilizzante a lenta cessione, iniziando un mese dopo che i papaveri sono spuntati dal terreno. Si innaffia una volta alla settimana. Il terreno di semina può essere anche scarsamente fertile, purché ben drenato, sciolto e non eccessivamente acido o umido. Le piante si coltivano al sole, in aiuole, bordure o anche in spazi angusti. ... E DI QUELLI PERENNI Fra i papaveri perenni, una specie molto ornamentale è il P. orientale, che in natura si trova in molteplici forme e colori. Per questo motivo è stato utilizzato in incroci che hanno prodotto ibridi bellissimi. La pianta ha il fusto eretto con poche foglie e fiori solitari di 10-15 cm di diametro i cui colori vanno dal bianco a varie tonalità di rosa, arancione e rosso. Dopo la fioritura (maggio-giugno) essa riposa e le foglie seccano; a settembre riappare, sfidando poi il freddo e la neve per formare a primavera una robusta ceppaia da cui partono gli steli recanti i fiori. Il papavero orientale si semina in maggio-giugno in semenzaio o in vasetti di torba, ponendo i semi a pochissima profondità; le piantine si metteranno poi a dimora, distanti 50 cm l’una dall’altra, in ottobre o in marzo-aprile dell’anno successivo, scegliendo un terreno ben drenato, in pieno sole o in leggera ombra.