ORTO E DINTORNI
Un fiore per ogni mese
Il festoso e leggiadro
papavero
TERRA TRENTINA 7/2008
Iris Fontanari
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Quando si nomina il papavero, ci
si immagina subito un campo di
grano dorato punteggiato di rosso o anche un’ampia chiazza infuocata nel frutteto, nel vigneto o
sui cigli delle strade di campagna
nei mesi di giugno e luglio; e allora si va col ricordo all’infanzia,
ossia al tempo in cui la pianta era
la protagonista di tanti nostri giochi, perché i suoi petali infuocati
servivano per tingerci le guance
e i suoi boccioli per creare delle graziose bamboline, mentre le
capsule fresche diventavano piccoli timbri adatti ad imprimere
asterischi neri sul viso.
Ma i papaveri non sono soltanto
i comunissimi rosolacci che tutti
conosciamo: sulla Terra vivono,
infatti, almeno 70 specie diverse
e i loro petali coprono quasi per
intero i colori dell’arcobaleno (fatta eccezione per l’azzurro). I più
appariscenti sono senza dubbio i
papaveri rossi – il cui rappresentante più celebre è proprio il rosolaccio – che vivono fra l’Europa
e Asia, dai quali sono state tratte
alcune specie coltivate molto apprezzate dai giardinieri.
Con l’introduzione di sempre
nuove specie e poi attraverso
l’ibridazione e la selezione, i papaveri possono oggi rivaleggiare
con i fiori più belli.
Attualmente vengono coltivate sia
specie annuali, che fioriscono e
muoiono lo stesso anno della semina, sia altre che sono perenni.
Tra le specie più belle e facili da
coltivare ci sono soprattutto le
annuali, che provvedono da sé
alla semina, e ricompaiono ogni
anno conferendo, con la loro
grazia leggiadra, un’atmosfera
incantevole al giardino.
UN PO’ DI STORIA
Il papavero spontaneo (Papaver
rhoeas) è noto fin dall’antichità,
quando era simbolo di fertilità (a
causa dei numerosi semi), ma anche di sonno e di morte per le
sue proprietà narcotizzanti, di cui
allora non si conosceva l’origine.
Il nome “papaver” era usato già
dai Romani per indicare le piante di questo genere; pare derivasse dal celtico “papa”, ossia la
“pappa” nella quale un tempo si
mescolava del succo di papavero
per far dormire i bambini.
morte durante il sonno. Virgilio,
nell’Eneide, lo descrive come “il
lento fiore del sonno”.
Il suo segreto è racchiuso nella capsula che contiene un latice bianco denso (l’oppio) fatto
sgorgare per mezzo di incisioni
verticali. L’oppio è un’importante
medicina, adatta a calmare il dolore per la morfina che contiene,
la quale è ricavata anche allo stato puro. I semi di questa oppiacea sono innocui perché privi di
alcaloidi e si usano per guarnire
ciambelle e biscotti.
NOTE BOTANICHE
Il papavero è una pianta annuale
piuttosto gracile, con fusto eretto
o ascendente, peloso, ramificato, di color verde chiaro o cupo,
alto anche 90 cm. Appartiene alla
famiglia delle Papaveracee ed è
diffuso dalle zone litoranee al
piano submontano della nostra
Penisola, fino a 1500-1700 metri
d’altitudine.
Le foglie sono numerose, profondamente incise, pelose; i fiori
solitari hanno la corolla composta
da quattro grandi petali, sottili e
delicati, di color rosso vivo, a volte rosato o, caso rarissimo, bianco
con alla base una macchia scura.
Al centro del fiore sono presenti
numerosi stami neri-bluastri e un
unico grosso pistillo con ovario
globoso, sormontato da uno stimma a forma di disco.
Dopo la fecondazione, l’ovario
si trasforma in una capsula, che
reca superiormente lo stimma
persistente e che contiene moltissimi piccoli semi neri.
Quando si provocano lesioni nel
fusto o in altre parti della pianta,
si vede sgorgare un latice bianco
di odore sgradevole.
PROPRIETÀ ED USI
Le proprietà di questa umile
pianta, considerata infestante e
perciò non coltivata nei giardini
(benché un solo esemplare possa produrre in una stagione fino
a 400 fiori!), sono da ricercarsi
nell’azione sedativa, antispasmodica, espettorante, sudorifera, ipnotica e tossifuga.
L’infuso si ottiene mettendo circa
15 g di petali essiccati in un litro
d’acqua bollente e lasciandoveli
per una decina di minuti. Si filtra
quindi il liquido, lo si addolcisce
con del miele e se ne bevono tre
tazze al giorno (in particolare la
sera prima di coricarsi).
Le rosette fogliari del rosolaccio,
che già a febbraio-marzo iniziano
a germogliare nei campi, lessate
e condite, costituiscono una buona verdura di contorno, in attesa
che siano disponibili gli ortaggi
coltivati.
LA COLTURA DEI PAPAVERI
ANNUALI...
Dal rosolaccio, perfetto per ornare
un prato lasciato al naturale, sono
state tratte alcune razze coltivate,
come la Shirley, a fiori semplici o
doppi, che sbocciano da maggio
a luglio e si presentano con corolle dai colori bellissimi (rosso scarlatto, bianco, rosa e arancio).
Le varietà di questa razza hanno
fiori con colori invertiti, ossia con
le macchie alla base dei petali e
gli stami chiari invece che neri.
Una specie annuale abbastanza
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Originario delle regioni mediterranee orientali, il rosolaccio è
giunto accidentalmente in Europa
insieme ai cereali e ad altre specie
che seguono lo stesso ciclo vegetativo del grano. Ciò è avvenuto
in tempi lontanissimi, nel periodo
neolitico, cioè non meno di quattro o cinque millenni fa.
Non a caso, il papavero fu sacro
a Demetra, la dea greca della fecondità campestre, e Cerere, la
dea latina protettrice dei raccolti,
era raffigurata con una corona di
papaveri in testa. Il naturalista
latino Plinio il Vecchio (I sec.),
nella sua Naturalis Historia, descrive il papavero comune distinguendo le specie coltivate da
quelle spontanee e affermando
che, mentre le prime sono abbastanza grandi ed hanno la testa
rotonda, le seconde sono più
piccole ed hanno la testa allungata, però sono più efficaci sotto
il profilo medico.
Anche il papavero da oppio (Papaver somniferum) ha una storia
molto antica, iniziata forse dai Sumeri e continuata poi dagli Egizi.
Le “virtù” di questo papavero
erano ben note pure ai Romani;
Plinio, ad esempio, affermava
che, somministrato come sonnifero, ma ingerito in dose troppo
abbondante, poteva procurare la
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simile al rosolaccio è il P. commutatum, alto solo una quarantina di cm, ma con una ricca fioritura. I suoi fiori rossi hanno una
grande macchia nera alla base.
La pianta è molto indicata per aiuole che richiedono poche cure.
Un’altra specie oggi molto diffusa
e apprezzata è il già citato papavero da oppio, dai bellissimi fiori
a corolla semplice con colori che
vanno dal bianco sporco al malva o addirittura al rosso-violetto.
In questa specie pure il frutto è
ornamentale: si presenta come
una grossa capsula, allungata o
panciuta, contenente numerosi
semi minuscoli, ricchi di un olio
(“olio di papavero”) molto simile all’olio di girasole. Quest’olio,
fluido, incolore e di sapore gradevole, contiene lecitina ed è
molto indicato per l’alimentazione (anche se poco usato). Le
capsule possono essere essiccate
per essere utilizzate in composizioni decorative per la casa.
Un altro papavero compreso fra
gli annuali (anche se in realtà originariamente perenne) è il P. nudicaule, detto “islandese” in quanto
originario delle regioni subartiche,
molto resistente al freddo, che è
stato trovato anche in montagna
a 4600 metri d’altitudine! La specie naturale di questo papavero è
quasi sconosciuta, mentre più famosi sono i suoi numerosi ibridi
dai colori luminosi con un’infinita
gamma di tonalità.
La fioritura del papavero islandese è abbondante per tutta l’estate
e i suoi fiori, fino a 40 per cespo,
sono dolcemente profumati ed
hanno petali increspati dai colori
luminosi e con diverse tonalità di
giallo, arancio, rosa, rosso ed anche bianco. Gli steli sono alti dai
30 ai 60 cm.
Tutte le varietà di questo papavero sono particolarmente adatte
per produrre fiori da recidere e
per creare macchie colorate nel
giardino.
La coltivazione dei papaveri annuali è molto semplice: si seminano a spaglio in marzo-aprile,
quindi si coprono i semi con un
leggero strato di terra. Le piantine vanno poi diradate, lasciando una distanza di 30-40 cm tra
l’una e l’altra.
La concimazione si effettua una
sola volta al mese con fertilizzante a lenta cessione, iniziando un
mese dopo che i papaveri sono
spuntati dal terreno. Si innaffia
una volta alla settimana.
Il terreno di semina può essere
anche scarsamente fertile, purché
ben drenato, sciolto e non eccessivamente acido o umido. Le piante
si coltivano al sole, in aiuole, bordure o anche in spazi angusti.
... E DI QUELLI PERENNI
Fra i papaveri perenni, una specie molto ornamentale è il P.
orientale, che in natura si trova
in molteplici forme e colori. Per
questo motivo è stato utilizzato
in incroci che hanno prodotto
ibridi bellissimi.
La pianta ha il fusto eretto con poche foglie e fiori solitari di 10-15
cm di diametro i cui colori vanno
dal bianco a varie tonalità di rosa,
arancione e rosso. Dopo la fioritura (maggio-giugno) essa riposa
e le foglie seccano; a settembre
riappare, sfidando poi il freddo e
la neve per formare a primavera
una robusta ceppaia da cui partono gli steli recanti i fiori.
Il papavero orientale si semina
in maggio-giugno in semenzaio
o in vasetti di torba, ponendo i
semi a pochissima profondità; le
piantine si metteranno poi a dimora, distanti 50 cm l’una dall’altra, in ottobre o in marzo-aprile
dell’anno successivo, scegliendo
un terreno ben drenato, in pieno
sole o in leggera ombra.