Fitoplasmi – Informazioni generali Elaborazione: Dr. Wolfgang Schweigkofler Centro per la Sperimentazione agraria e forestale di Laimburg (Bolzano) www.laimburg.it LAIMBURG Cosa sono i fitoplasmi? Sono batteri patogeni per le piante, che non possiedono pareti cellulari e che si possono sviluppare esclusivamente su tessuto vivo d’un ospite. I fitoplasmi consistono in cellule per lo piú rotondeggianti, talvolta anche di forma irregolare, con un diametro di circa 0,2-0,5 m e quindi molto piú piccoli delle tipiche cellule batteriche (circa 1,0-2,0 m). A differenza dei Virus, i fitoplasmi possiedono un proprio metabolismo, che tuttavia è assai ridotto, a tal punto che molte molecole vitali, indispensabili per la loro sussistenza, devono esser acquisite da cellule dell’ospite (vitalità biotrofica obbligata). Data la loro somiglianza con i micoplasmi patogeni dell’uomo, per lungo tempo i fitoplasmi furono definiti come “Mycoplasma-like-Organisms” (MLO), prima che a partire dal 1994 venisse introdotto l’attuale definizione terminologica.I fitoplasmi non si possono muovere autonomamente, ma si diffondono tramite insetti che fungono da vettori. Come si distinguono i fitoplasmi dai “tipici batteri”? I fitoplasmi sono piú piccoli rispetto alla maggior parte degli altri batteri. Poiché essi si adattano in stretti rapporti con i loro ospiti specifici, sia vegetali che animali, non si possono coltivare su pabulum artificiale, al contrario di quanto è possibile fare con numerosi altri batteri (per esempio il batterio del colpo di fuoco Erwinia amylovora). In seguito al fatto che manca loro la parete cellulare i fitoplasmi evidenziano una colorazione Gram-negativa. Si distinguono molto bene da altri gruppi di batteri, sia dal punto di vista genetico, che da quello biochimico. Quali sono i sintomi tipici d’un attacco da fitoplasmi? Dipendono dall’ospite. Nel caso d’una pianta ospite si possono osservare ingiallimenti fogliari, come anche colorazioni rosso-violacee sulle foglie, un freno sull’accrescimento con raccorciamento degli internodi (scopazzi), formazioni di rosette fogliari, stipole ingrossate, formazione di frutti piccoli e loro cascola precoce. In determinati casi (per es. ingiallimenti dell’olmo) si puó arrivare anche alla morte della pianta ospite. L’anticipo di vegetazione sul melo, cioè la produzione anticipata delle nuove cacciate a legno e della messa a frutto è un sintomo ancora incerto. Quali piante possono essere attaccate da fitoplasmi? Piú di 700 malattie delle piante sono causate da fitoplasmi, mentre la distribuzione geografica delle stesse va dalle zone temperato-calde fino a quelle dei tropici. Essi attaccano sia piante legnose che erbacee, specialmente se appartenenti al gruppo delle dicotiledoni, ma colpiscono anche alcune monocotiledoni (per es. le palme da cocco). Non giocano un ruolo importante come patogeni per le aghifoglie, ma si presentano frequentemente su latifoglie (per es. olmi, quercie, salici, pioppi, robinie, ontani). Dal punto di vista economico, nel Centro-europa, è importante in primo luogo l’attacco dei fitoplasmi su drupacee e pomacee (melo, pero, pesco, albicocco, ciliegio), come pure sulla vite. Le piante erbacee infettate in generale non pogono problemi di natura economica, ma possono contribuire come serbatoio di fitoplasmi ed in tal modo giocare un importante ruolo nella diffusione di malattie. Quale ruolo hanno gli insetti nella diffusione dei fitoplasmi? I fitoplasmi sono individui privi di movimento proprio, ma possono essere comunque diffusi soprattutto da cicaline e da psille (ordine: Emitteri; famiglie di: Issidae, Cixiidae e Psyllidae), dotate d’apparato boccale pungente-succhiante. Sia gli adulti che gli stadi larvali (ninfe) possono trasmettere e quindi diffondere fitoplasmi. Il loro grado di specificità nei confronti d’un determinato ospite si presenta in modo diverso. Alcuni vettori sono polifagi e pertanto attaccano tutta una lunga serie di piante ospiti differenti: per es. Hyalesthes obsoletus infetta la vite (legno nero), come anche il vilucchio (Convolvolus arvensis), l’ortica (Urtica dioica) e diverse altre piante. Altri vettori invece, succhiano la linfa solamente da un’unica specie di pianta, per es. Scaphoideus titanus, che trasmette la flavescenza dorata della vite. In generale si puó distinguere tra piante ospiti, sulle quali gli insetti vettori possono trascorrere tutto il loro ciclo vitale (cioè sia gli adulti, che le relative larve si nutrono della medesima pianta), piante ospiti che vengono visitate regolarmente solo dagli adulti (quindi senza rosure da parte delle larve) e piante ospiti che vengono visitate solo occasionalmente dagli adulti. Il vettore non è in grado di trasmettere i fitoplasmi subito dopo la rosura sulla pianta attaccata, ma solamente dopo un determinato periodo d’incubazione, la cui lunghezza dipende tra le altre cose anche dalla temperatura ambientale a cui è sottoposto l’insetto vettore. Durante il periodo d’incubazione succede che il fitoplasma si moltiplica e si diffonde nell’insetto vettore. Non avviene una trasmissione verticale dei fitoplasmi, cioè essi non vengono trasmessi attraverso l’uovo del vettore da una generazione alla successiva. Fitoplasmi sono stati in parte trovati anche in gruppi di insetti che con molta probabilità non fungono da vettori. Si presume che in questi insetti non si sviluppi un numero sufficiente di fitoplasmi, oppure la trasmissione alle piante ospiti relative non sia possibile, a causa di un apparato boccale conformato in modo non efficiente. Quali organi d’un insetto vengono interessati dai fitoplasmi? Dopo l’assunzione del fitoplasma da parte dell’insetto, i microorganismi si moltiplicano anzitutto nelle cellule intestinali dell’ospite, arrivano poi nell’emolinfa e da lì penetrano negli organi interni, come il cervello e le ghiandole salivari. Se nelle ghiandole salivari si raggiunge una determinata concentrazione di fitoplasmi, questi possono essere trasferiti ad una pianta. Nella maggioranza dei casi gli insetti stessi non vengono danneggiati dai fitoplasmi. Come avviene l’infezione della pianta ospite? Essa si verifica normalmente in seguito alla puntura di un insetto infettato, che ha una concentrazione di fitoplasmi nelle ghiandole salivari sufficientemente elevata. Per le piante coltivate la trasmissione puó avvenire anche con l’innesto. Quali sono le parti delle piante infestate dai fitoplasmi? Soprattutto i vasi cribrosi del sistema conduttore (floema). In base al comportamento dei vettori vengono attaccate principalmente foglie (tramite gli adulti) e radici (da larve nei diversi stadi). La distribuzione dei fitoplasmi nei tessuti dell’ospite è ancora un argomento praticamente sconosciuto, mentre potrebbero giocare un ruolo importante i mutamenti stagionali della specificità dei tessuti stessi. Tramite che cosa sono causati i sintomi di una malattia? Dettagli sulla patologia riguardante l’attacco da fitoplasmi sono ancora argomenti ignoti. Si ritiene che i fitoplasmi siano in grado di mutare il bilancio ormonale della pianta ospite, tanto da comportare variazioni nello sviluppo vegetativo. D’altro canto questa ipotesi non è stata ancora confermata in prove sperimentali specifiche. I fitoplasmi producono determinate proteine (per es. glucanasi e proteine simili all’emolisina), che potrebbero fungere da fattori di virulenza. Oltre a ciò i fitoplasmi prelevano dall’ospite numerosi prodotti metabolici, fatto che potrebbe portare ad una modifica dell’equilibrio fisiologico della pianta. I fitoplasmi sopravvivono nel terreno? Fitoplasmi si trovano in determinati stadi di insetti terricoli ed in radici viventi delle piante. Nel terreno stesso ed in materiale vegetale morto, i fitoplasmi non dovrebbero avere alcuna possibilità di sopravvivenza. Come si individuano i fitoplasmi? Un accertamento diretto risulta difficile, in quanto i fitoplasmi per le loro dimensioni piccolissime non si possono vedere tramite un normale microscopio, ma solamente al microscopio elettronico. Si presentano a questo riguardo due possibilità di colorazione dei fitoplasmi nei tessuti infetti: 1) DAPI (4,6-diamidino-2-phenylindolo) che si lega al DNA dei batteri; 2) Reagente Dienes che metabolizza i fitoplasmi e produce una colorazione azzurra. In ogni caso ambedue questi metodi di colorazione sono relativamente aspecifici e reagiscono anche con determinate altre sostanze. Si sono quindi sviluppati metodi specifici di riconoscimento per alcuni fitoplasmi economicamente importanti. Anticorpi mono- o policlonali si legano a determinate strutture superficiali dei fitoplasmi e quindi sono evidenziati mediante i cosidetti “ELISA-Tests”. Piú sensibili e selettive sono le informazioni su determinati tratti di DNA, specifici per ogni tipo d’individuo, ottenute mediante la tecnica PCR (“Polymerase-chain-reaction”). Sono in via di parziale realizzazione anche metodi analitici quantitativi per i fitoplasmi mediante il cosidetto “real-time-PCR”, che però nella maggioranza dei casi deve ancora essere esaminato circa le sue reali possibilità applicative per la pratica. Come si può impostare la difesa contro i fitoplasmi? In linea di principio occorre distinguere tra una difesa diretta contro i fitoplasmi ed una indiretta contro i relativi vettori. Dato che i fitoplasmi non possiedono pareti cellulari, sono resistenti ad antibiotici, che aggrediscono la sintesi delle pareti cellulari (per es. Pennicillina). Possono invece eliminare fitoplasmi gli antibiotici con meccanismo d’azione differente, come ad es. le tetracicline. Però con l’iniezione di una soluzione dotata di antibiotico nel tessuto infetto d’una pianta si puó ben diminuire l’entità dei sintomi, ma non curare per un lungo tempo la pianta. Trattamenti con antibiotici alle foglie ed al terreno non hanno alcuna efficacia. Le piante possono essere liberate dai fitoplasmi mediante termoterapia (45 minuti in un bagno d’acqua a 50 °C). Qui però si possono manifestare anche ripercussioni fitotossiche. Inoltre questo metodo è legato ad un certo impegno (economico e tecnico) e pertanto lo si applica solo in casi particolari. Una difesa contro i vettori dei fitoplasmi comprende sia metodi chimici, che tecniche colturali. Spesso i trattamenti insetticidi sono difficili da pianificare, in quanto molti insetti vettori volano come adulti per un periodo di tempo relativamente breve, mentre le ninfe si sviluppano nel terreno per lo piú molto protette. Inoltre vettori polifagi (che volano su piante ospiti diverse tra loro) si fermano frequentemente solo per un tempo determinato entro le superfici delle colture da trattare e vi giungono in volo dalle adiacenti colture a bosco o a siepe. Metodi, legati alle tecniche colturali, potrebbero essere ad es. l’aratura e la pacciamatura per fare una difesa contro gli stadi larvali, oppure l’estirpazione delle piante ospiti alternative. La semina tempestiva di “piante non ospiti” può evitare o quanto meno rallentare la comparsa in campo di piante ospiti (per es. l’ortica...) e quindi essere in grado di regolare la popolazione dei relativi vettori di fitoplasmi. In genere è necessaria una conoscenza molto buona della biologia dei vettori per esercitare una difesa di successo. Ci sono possibili resistenze nei confronti dell’attacco dei fitoplasmi? Sembra rara la possibilità di formazione di vere resistenze ai fitoplasmi: un caso è stato finora descritto per “coconut lethal yellowing”. Una certa tolleranza ad attacchi di fitoplasmi sembra esistere in certe piante da frutto (Prunus, Malus), certe specie di alberi forestali e per parchi (Fraxinus, Prunus virginiana) e piante erbacee (Lavandula). Si possono allevare i fitoplasmi? La risposta è no, almeno per quanto concerne le colture in purezza su pabulum artificiale. Esistono comunque anche diverse pubblicazioni che riferiscono di successi ottenuti con allevamento di fitoplasmi, ma tali successi nei risultati non si sono potuti riconfermare in altri laboratori. Tuttavia è possibile aumentare e moltiplicare la presenza di fitoplasmi nel materiale vegetale tramite l’innesto, la coltura di tessuti vegetali stessi ecc. Come si può attestare che una malattia delle piante è causata da fitoplasmi? Una prova sicura che la causa di una malattia è dovuta ad un microorganismo si ottiene verificando il “postulato di Koch” (vedi sotto). Dato che i fitoplasmi non si possono allevare, si deve ricordare che è difficile adempiere ai “postulati di Koch”. In pratica i fitoplasmi sono ritenuti come fautori di una determinata malattia delle piante, se la pianta manifesta sintomi tipici d’un attacco dovuto a fitoplasmi e nella pianta stessa è possibile individuare normalmente la presenza dei fitoplasmi stessi. Cosa sono i postulati di Koch? È il metodo per identificare la presenza di fitoplasmi, generalmente riconosciuto (cosí chiamato secondo il nome del microbiologo tedesco Robert Koch). Occorre anzitutto che si verifichino le seguenti condizioni: • Il patogeno deve essere isolato da una porzione di materiale malato e tenuto in coltura in purezza. • Dopo un’inoculazione artificiale con il patogeno su piante sane, su di esse si devono ripresentare sintomi identici a quelli già osservati sulla pianta malata. • Dalla parte ammalata, in seguito all’inoculo artificiale, deve essere possibile isolare nuovamente il patogeno. • Il patogeno così isolato si deve manifestare identico a quello inoculato. È possibile avere una trasmissione mediante i semi? Questo quesito non è stato ancora completamente chiarito. I fitoplasmi penetrano prevalentemente in tessuti molto ricchi d’acqua delle piante in vegetazione (specialmente nel floema) e solo in casi estremamente rari sono stati individuati in semi delle piante. Una colonizzazione dell’ embrione della pianta, da parte di fitoplasmi, è stata trovata nella noce di cocco, tuttavia i semi non erano in grado di germinare. In semi di melo e di vite non sono stati finora trovati fitoplasmi. Come si classificano i fitoplasmi? Sulla base delle differenze genetiche (analisi delle sequenze dei geni16SrRNA) i fitoplasmi si suddividono in gruppi come qui sotto riportato (elenco ancora incompleto): Gruppo di fitoplasmi 16SrI Gruppo-Aster-Yellows Rappresentante Aster yellow phytoplasma Giallume della vite 16SrIII X-disease-group 16SrIV Coconut lethal yellow-group 16SrV elm yellow group FDI Grapevine Yellow Coconut lethal yellow phytoplasma Flavescenza dorata FD-Pfalz Grapevine Yellow Elm yellows phytoplasma (EY1) Cherry lethal yellow (CLY) Jujube tree lethal yellow (JWY) Fitoplasma degli scopazzi (AP) European stone fruit yellows (ESFY) Rice yellow dwarf phytoplasma Sugarcane White leaf phytoplasma Legno nero Potato stolbur-Phytoplasma 16SrX Apple-proliferation-group (AP) 16SrXI Rice yellow dwarf-group 16SrXII Stolbur-group Candidatus australiense Phytoplasma Australian Grapevine Yellows Pianta ospite Aster vite pioppo vite vite Noce di cocco Presenza vite vite vite olmo ciliegio giuggiola melo albicocco, ciliegio I I I ISR, USA USA, MEX,Caraibi F, I, E D USA USA Cina Cina I, D F, I riso canna dazucchero Asia Asia vite patata, pomodoro, peperone, melanzana.. vite D, F, I, E,… Europa AUS Esistono anche gruppi analoghi di batteri? I fitoplasmi appartengono al gruppo dei mollicutes, che sono parassiti di animali e vegetali privi di parete cellulare, molto piú piccoli dei tipici batteri e dotati d’un matabolismo molto ridotto. La classificazione sistematica dei mollicutes in origine era impostata secondo i sintomi da loro provocati, ma oggi la classificazione si fa secondo la sequenza dei tratti di DNA del gene 16SrRNA. Altri rappresentanti dei mollicutes sono: Micoplasmi: sono costituiti da cellule per lo piú rotonde prive di movimento; parassiti del regno animale, per es. Mycoplasma pneumoniae, causa delle polmoniti atipiche nell’uomo. Spiroplasmi: parassiti spiraliformi di insetti e piante. Spiroplasma citri attacca piante di agrumi e numerose altre ancora, S. melliferum e S. apis sono dannosi per le api, S. floricula è stato isolato dai maggiolini. Molti spiroplasmi vivono anche come saprofiti a spese di diverse piante, senza causare malattie. Acholeplasmi: sono cellule immobili per lo piú rotondeggianti (talune anche filamentose), in parte sono parassiti dei vertebrati, ma hanno anche forme saprofitiche su piante ed insetti. A differenza dei micoplasmi, per accrescersi non hanno bisogno alcuno di sterolo esterno. Entomoplasmi: per lo piú forme immobili di cellule rotonde. Perché i fitoplasmi sono stati destinati a tessuti ospiti vivi? I fitoplasmi hanno un genoma estremamente ridotto, cioè mancano a loro molti geni, che in altri organismi codificano le azioni vitali del metabolismo. I fitoplasmi probabilmente non sono nella situazione di sintetizzare da soli i nucleotidi (le pietre basilari del DNA), ma le devono acquisire dalla pianta ospite. Mancano loro pure geni molto importanti per la biosintesi degli aminoacidi e degli acidi grassi. Poiché i fitoplasmi sono gli unici organismi che non formano alcuna ATP-sintetasi, probabilmente devono prelevare anche l’ATP (l’unità energetica di qualsiasi cellula vivente) dall’ambiente circostante.