Labirinto della Masone Il labirinto di bambù. È il più grande labirinto esistente, composto interamente di piante di bambù (in totale sono circa 200.000), appartenenti ad una ventina di specie diverse, alte tra i 30 centimetri e i 15 metri. Il percorso è lungo oltre 3 chilometri. Franco Maria Ricci spiega così la scelta del bambù: “C’è, sul retro della mia casa a Milano, una sorta di hortus conclusus, un giardinetto circondato da alte mura. All’inizio non sapevo che farne; poi, un giorno, un giardiniere giapponese, competente e gentile, mi suggerì di piantarci un boschetto di bambù. Per acquistare i pochi bambù che mi erano necessari andai in Provenza, dove scoprii la Bambouseraie d’Anduze. Si tratta di un vivaio che ospita circa 200 specie diverse di bambù, è la più grande piantagione in Europa. Nel mio giardinetto milanese i bambù crebbero subito rigogliosi. Mi stavo innamorando di quella pianta. Tornai alla Bambouseraie e questa volta i miei acquisti furono ingenti: avevo deciso di piantare un giardino di bambù sulle terre che circondavano la mia casa di campagna, a Fontanellato. Ancora una volta si trattò di un esperimento felice. Sino a quel momento il bambù non aveva alcun rapporto col Labirinto; poi un giorno ebbi una folgorazione: quella pianta mi offriva la materia prima ideale per costruirlo.” Il bambù è una pianta sempreverde, elegante, flessuosa, vigorosa, rapida nella crescita. La sua forza è l’elevata fotosintesi che riduce l’anidride carbonica restituendo ingenti quantità di ossigeno. La Fondazione Franco Maria Ricci favorirà il restauro del paesaggio padano, rovinato da capannoni disadorni, proponendo agli imprenditori di utilizzare il bambù per mascherare le brutture con cortine verdi e fornendo le piante necessarie e un servizio di consulenza. Gli edifici del Labirinto della Masone sono stati progettati da Pier Carlo Bontempi, architetto di Parma noto e attivo su un piano internazionale. Bontempi condivide con Franco Maria Ricci l’amore per le forme classiche, per una tradizione italiana ed europea, fatta di opere concluse, definitive, ma anche di visioni e fantasie rimaste sospese e come in attesa. Nel concepire il disegno del dedalo Ricci si è ispirato ai mosaici delle ville e delle terme romane; per le opere murarie sono stati scelti come punto di riferimento, d’accordo con Bontempi, i grandi architetti del periodo della Rivoluzione Francese: Boullée, Ledoux, Lequeu, e l’italiano Antolini, autore di un visionario progetto del Foro Bonaparte a Milano (mai eseguito ma giunto sino a noi sotto forma di un volume di Bodoni). Sia pure in tono minore, Bontempi ha disegnato e costruito le opere murarie avendo presenti quei sogni, quelle utopie. Tutti gli edifici sono realizzati in mattoni a mano, materiale da costruzione tipico del territorio padano, in modo da creare armonia tra le strutture architettoniche e il paesaggio circostante. Disposta su cinquemila metri quadrati, eclettica e curiosa, la collezione d’arte rispecchia il gusto di Franco Maria Ricci. I pezzi sono circa cinquecento e attraversano cinque secoli di Storia dell’Arte, dal XVI al XX. Si va dalla grande scultura del Seicento a quella neoclassica, ai busti dell’epoca di Napoleone, a cui fanno da controcanto le Vanitas, nature morte con teschio, spesso granguignolesche, qualche volta opera di artisti famosi, come Ligozzi. Non mancano i manieristi (Carracci, Cambiaso…), né artisti legati agli anni d’oro del ducato di Parma (Boudard, Baldrighi, Ferrari…), né la pittura dell’Ottocento, tra cui spicca Hayez. Infine, a documentare gli accostamenti al Novecento, le opere di Wildt, Ligabue, Savinio, unite alle eleganze di epoca Déco. L’allestimento non è quello casuale di una quadreria, né quello scientifico di un Museo: procede per associazioni, e non si astiene dal sottolineare i parallelismi che esistono tra le scelte di editore e quelle di collezionista.