Luca Urselli - Appunti di Scienze integrate (Fisica) - Meccanica (seconda parte): la Dinamica Le forze e le Leggi di Newton Dopo aver affrontato lo studio della Cinematica, introducendo le principali grandezze ed alcuni metodi che ci permettono di descrivere il moto dei corpi, passiamo ora alla Dinamica e quindi cominciamo ad occuparci delle cause che generano il moto e di come esse influiscono sul tipo di moto. Per far questo, sarà necessario introdurre nuove grandezze fisiche e sviluppare nuovi metodi. Prima di iniziare è opportuno sottolineare che la Meccanica che stiamo studiando è quella classica, sviluppata principalmente da Isaac Newton fra il XVII ed il XVIII secolo (e per questo chiamata anche Meccanica newtoniana). In questa teoria i concetti di tempo e di spazio introdotti nella Cinematica sono quelli cui siamo abituati nella vita quotidiana, nella quale siamo abituati a pensare all’esistenza di un tempo “assoluto” ed universale e di uno spazio pure “assoluto”. Nel corso del XX secolo queste idee sono state letteralmente demolite da nuove scoperte (dovute principalmente ad Albert Einstein) che hanno portato allo sviluppo di nuove teorie di Meccanica: da quella relativistica (in cui si scopre che le teorie classiche non sono più valide per corpi che si muovono a velocità enormi) a quella quantistica (in cui si scopre che le teorie classiche falliscono anche per corpi molto piccoli, ossia le particelle subatomiche). Si è scoperto in particolare che il tempo e lo spazio assoluti sono concetti solo ideali, ma non verificabili dal punto di vista pratico a causa del fatto che le nostre osservazioni, e quindi anche le nostre misurazioni, sono limitate dalla velocità della luce che, per quanto enorme, non è comunque infinita. Le teorie della relatività tengono conto di questo e sono dunque molto più precise ma, di conseguenza, molto più complicate già a livello di Cinematica (figurarsi poi a livello di Dinamica e di Statica) in quanto tengono conto del fatto che le misure di tempo e di spazio sono inevitabilmente relative all’osservatore che le compie e non possono essere assolute. Si è poi anche scoperto che, nel caso delle particelle subatomiche (che non potremo mai vedere con alcun microscopio per quanto potente possa essere ma che possiamo solo studiare per via indiretta, attraverso alcune “tracce” che esse lasciano), le misurazioni che si possono compiere devono necessariamente avere un alto grado di imprecisione per ragioni pratiche. I fisici sapevano già che ogni misura è inevitabilmente approssimativa, ma nel caso delle particelle subatomiche la cosa è ancora più grave: poiché per conoscere la posizione o la velocità di una di queste particelle occorre “bombardarla” con delle radiazioni (non essendoci altro modo per visualizzarle), inevitabilmente questo “bombardamento” ne altera il moto. Ne deriva che, se vogliamo conoscerne con alta precisione la posizione, avremo viceversa un’alta incertezza sulla sua velocità; al contrario, se ne misuriamo con alta precisione la velocità, avremo un’alta incertezza sulla posizione. In parole povere, di una particella subatomica si possono avere scarse informazioni: se sappiamo dov’è, non possiamo sapere dove sta andando e viceversa! È questo il noto Principio di Indeterminazione di Heisenberg su cui si poggiano le teorie quantistiche. Una volta chiarito che la realtà che ci circonda è molto più complicata di quanto credeva Newton, possiamo però tranquillizzarci: la Meccanica classica, anche se è una teoria affetta da errori, fornisce risultati che restano validi comunque con ottima approssimazione a patto che non si sconfini nei territori “vietati”, ossia il “molto veloce” ed il “molto piccolo”. Ancora oggi, dunque, continuiamo a studiare le teorie di Newton perché descrivono in maniera semplice la realtà che ci circonda. Era necessario però accennare alle teorie moderne in quanto su di esse si basano alcuni fenomeni più complessi che comunque si possono incontrare nella vita quotidiana. Basti pensare che la struttura dell’atomo, così come la si conosce oggi e la si studia in Chimica, è basata A.S. 2013-2014 - I.I.S.S. “Falcone” - Sava (TA) Luca Urselli - Appunti di Scienze integrate (Fisica) - Meccanica (seconda parte): la Dinamica unicamente sulla Meccanica Quantistica. Inoltre, molti strumenti tecnologici che ci circondano sono stati pure costruiti tenendo conto di teorie moderne e non della Meccanica classica. Riprendiamo il nostro cammino. Anche nello studio della Dinamica supporremo, almeno inizialmente, di poter trattare il corpo che si muove come se fosse una particella puntiforme. Le domande a cui dobbiamo rispondere sono diverse ma tutte collegate. Cos’è che fa “muovere” un corpo (ossia gli fa cambiare posizione al passare del tempo)? Cos’è che lo fa star fermo? Cos’è che lo fa andare più o meno veloce? Cos’è che gli fa cambiare direzione o verso? Cos’è che gli fa aumentare o diminuire la velocità (ossia lo fa accelerare positivamente o negativamente)? Cos’è che lo fa andare sempre alla stessa velocità, oppure sempre nella stessa direzione e nello stesso verso? La Meccanica newtoniana risponde alle domande precedenti basandosi sull’esperienza quotidiana, la quale ci dice che ad influenzare lo stato di moto di un corpo sono gli altri corpi che si trovano nell’ambiente circostante. Ciascuno di questi corpi “interagisce” con quello preso in esame e può quindi modificarne lo stato di moto. Quindi, se prendiamo in considerazione due corpi tra loro “vicini”, essi interagiscono fra loro in quanto ognuno dei due corpi fa parte dell’ambiente circostante dell’altro corpo. E dunque ciascuno dei due corpi può influire sullo stato di moto dell’altro. Per entrare maggiormente nei dettagli e poter descrivere in termini matematici l’interazione fra due corpi vicini, dobbiamo introdurre una nuova grandezza fisica derivata. L’interazione fra due particelle puntiformi consiste infatti nel fatto che ciascuna delle due particelle determina sull’altra un effetto che può essere espresso mediante una grandezza chiamata forza. Ogni interazione fra particelle è descritta quindi da due forze: quella che la prima particella determina sulla seconda e quella che la seconda particella determina sulla prima. Ciascuna delle due forze è “causata” dalla presenza di una particella ma ha “effetto” sull’altra particella, potendo modificarne lo stato di moto (mentre non ha effetti sulla particella da cui è causata). In particolare, quando una particella è isolata, cioè quando non ci sono altre particelle nell’ambiente circostante, allora su questa particella non può essere applicata alcuna forza (in quanto le forze sono causate dalla presenza di altre particelle). Di conseguenza lo stato di moto di questa particella non può essere modificato (il che però non significa, come vedremo più avanti, che la particella rimane ferma, ma solo che continuerà a muoversi sempre “allo stesso modo”). Se invece una particella non è isolata, essa interagisce con tutte le particelle dell’ambiente circostante e ciascuna interazione determina sulla particella da noi considerata una forza. Tutte queste forze (una per ogni interazione con l’ambiente circostante) insieme alterano, in qualche modo, lo stato di moto della nostra particella. Naturalmente, in questo caso, il discorso è valido per ciascuna altra particella dell’ambiente, che allo stesso modo subisce forze da tutte le altre. Per completare il discorso occorre ora specificare come sono fatte le forze e in che modo influiscono sul moto delle particelle. Per farlo, dobbiamo enunciare le tre importantissime leggi fisiche su cui è basata la Dinamica nell’ambito della Meccanica classica o newtoniana. Queste leggi sono appunto chiamate Leggi di Newton o Leggi della Dinamica (a volte vengono anche dette Principi della Dinamica) e sono anch’esse ricavate dall’esperienza quotidiana. A.S. 2013-2014 - I.I.S.S. “Falcone” - Sava (TA) Luca Urselli - Appunti di Scienze integrate (Fisica) - Meccanica (seconda parte): la Dinamica La Prima Legge di Newton è nota anche come Principio d’inerzia. Essa afferma che esiste almeno un sistema di riferimento dello spazio fisico dal quale le particelle isolate appaiono sempre muoversi di moto rettilineo uniforme. In alcuni testi questa legge tende ad essere semplificata e ci si limita a dire che una particella isolata si muove sempre di moto rettilineo uniforme (eliminando cioè la premessa sui sistemi di riferimento). In questo modo si evita di approfondire tutta una serie di problematiche riguardanti il fatto che il concetto di moto è relativo, ma si commette in realtà un grossissimo errore. Il moto assoluto non esiste, un oggetto si muove o è fermo non in assoluto ma sempre relativamente al punto di vista di un osservatore (cioè appunto rispetto ad un sistema di riferimento). Lo stesso oggetto che per un osservatore è fermo, per un altro osservatore si sta muovendo e per un altro osservatore ancora si sta pure muovendo ma di moto completamente diverso da quello percepito dal secondo osservatore. Pertanto il Principio d’inerzia, senza la premessa iniziale, diventerebbe privo di significato o comunque banale (si potrebbe affermare che qualsiasi corpo, anche non isolato, si muove sempre di moto rettilineo uniforme, basterebbe scegliere opportunamente il sistema di riferimento; addirittura, allo stesso modo, potremmo affermare che qualsiasi corpo è sempre fermo). La suddetta premessa è invece proprio la parte maggiormente significativa di questa legge fisica. La quale ci dice quindi che esiste un sistema di riferimento “privilegiato”, rispetto al quale, cioè, le cose funzionano in maniera abbastanza regolare dal punto di vista dinamico: se una particella è isolata, cioè se essa non interagisce con altre particelle, allora questa particella non può accelerare; essa può solo continuare a muoversi sempre nella stessa direzione e nello stesso verso, senza mai aumentare né diminuire la propria velocità (almeno fintanto che rimane isolata). Naturalmente tutto ciò è garantito se si continua ad osservare la particella isolata dal sistema di riferimento privilegiato. Cambiando sistema di riferimento, invece, è possibile assistere ad accelerazioni e cambi di direzione e verso anche per particelle isolate (spiegabili però col fatto che è il sistema di riferimento a non essere adatto: ad esempio, se siamo dentro un’auto e vediamo che fuori dall’auto un albero, inizialmente fermo, comincia a muoversi verso di noi, lo spieghiamo ovviamente col fatto che è il nostro punto di osservazione ad essere “sbagliato”, perché è in realtà l’auto che ha iniziato a muoversi verso l’albero). È evidente quindi che, per comprendere i fenomeni dal punto di vista dinamico, conviene mettersi ad osservare la realtà dal sistema di riferimento privilegiato la cui esistenza è assicurata dalla Prima Legge di Newton. In realtà questa legge, anche se afferma l’esistenza di un sistema di riferimento “buono”, permette di dedurre in realtà che ce ne sono infiniti altri. Infatti qualsiasi sistema di riferimento che si muove di moto rettilineo uniforme rispetto a quello garantito dal Principio d’Inerzia è altrettanto “buono”, perché in esso la velocità di qualsiasi particella si otterrà dalla velocità della medesima particella misurata nel sistema “privilegiato” sommando la velocità relativa del secondo sistema rispetto al primo. Ma poiché tale velocità relativa è costante (in quanto il secondo sistema si muove di moto rettilineo uniforme rispetto al primo), ne deriva che tutte le particelle che si muovono di moto rettilineo uniforme (cioè a velocità costante) rispetto al primo sistema devono muoversi di moto rettilineo uniforme anche rispetto al secondo (anche se le velocità di una stessa particella possono essere differenti rispetto ai due sistemi, saranno però entrambe costanti). Ciò varrà in particolare per le particelle isolate. Quest’ultima osservazione ci permette di dare una nuova definizione. Il sistema di riferimento privilegiato la cui esistenza è assicurata dalla Prima Legge di Newton e tutti i sistemi di riferimento A.S. 2013-2014 - I.I.S.S. “Falcone” - Sava (TA) Luca Urselli - Appunti di Scienze integrate (Fisica) - Meccanica (seconda parte): la Dinamica che si muovono di moto rettilineo uniforme rispetto ad esso sono chiamati sistemi di riferimento inerziali. Come conseguenza di quanto detto, in un qualsiasi sistema di riferimento inerziale, ogni particella isolata si muove sempre di moto rettilineo uniforme. Da questo momento in poi, quindi, studieremo il moto dei corpi osservandoli sempre da un sistema di riferimento inerziale (salvo diverse indicazioni). Prima di enunciare le altre due Leggi di Newton, è opportuno soffermare la nostra attenzione su un’altra conseguenza molto importante della prima. Essa ci dice che, se una particella è isolata, allora deve muoversi sempre sulla stessa retta e sempre con la stessa velocità. Ci si sarebbe potuti aspettare invece che una particella isolata debba addirittura essere costretta a rimanere ferma, ma ciò (al di là del già citato aspetto relativo del concetto di moto) non è in generale vero. Una particella che si stia muovendo in una certa direzione ed in un certo verso nello spazio fisico, con una certa velocità, se non è “disturbata” (cioè se non interagisce con altre particelle), continua a muoversi per sempre in questo modo! Le interazioni tra particelle, quindi, non sono indispensabili per far muovere le particelle stesse, ma solo per accelerarle (cioè modificarne le velocità). Di questo fatto possiamo inizialmente rimanere sorpresi, perché nello spazio che ci circonda è difficile poter osservare un corpo che si muove all’infinito sempre in un verso senza mai aumentare o diminuire la propria velocità. Ma il motivo per cui non riusciamo ad osservare ciò va ricercato nel fatto che, intorno a noi, è praticamente impossibile osservare corpi isolati! Prima o poi il nostro corpo interagisce con altri e quindi modifica il proprio stato di moto. Anzi, più precisamente, nella maggior parte dei casi, il nostro corpo tenderà a diminuire la propria velocità e a fermarsi, perché è molto più probabile che le particelle con cui si trova ad interagire finiscano per diminuire la sua velocità che non per aumentarla (in quanto, come vedremo, molte di queste interazioni provocano accelerazioni in verso opposto alla velocità del corpo e finiscono dunque per ostacolarne o quanto meno frenarne il moto). Questo erroneamente ci induce a credere che i corpi tendano verso uno stato naturale di moto che è l’assenza di moto, che i fisici chiamano quiete. È un errore in cui, se nessuno ci fa riflettere, è facile incappare. Invece il Principio d’Inerzia ci dice che lo stato naturale di moto non è la quiete ma il moto rettilineo uniforme. Possiamo convincerci meglio di questo fatto, pensando al seguente esperimento. Immaginiamo di dare una spinta ad un oggetto che è in grado, successivamente alla spinta, di scivolare o di rotolare lungo una superficie piana molto estesa (potenzialmente estesa all’infinito). Dopo la spinta iniziale, non interveniamo più sull’oggetto. L’esperienza ci dice che l’oggetto scivola o rotola per un po’ verso la direzione in cui è stato spinto, rallentando progressivamente fino a fermarsi. Il Principio d’Inerzia ci dice che, se fosse isolato, dovrebbe invece continuare a muoversi all’infinito. Ma il problema è che l’oggetto non è isolato! A fermarlo non è la tendenza naturale alla quiete, che non esiste, ma l’interazione con la superficie stessa su cui si muove, che tende a ostacolarlo a causa del contatto. Infatti, a parità di spinta iniziale, osserviamo che il moto dell’oggetto diventa più lungo quanto più siamo in grado di rendere lisce le superfici di contatto (si pensi al caso del disco da hockey su ghiaccio che, con un piccolo colpetto iniziale, compie un lungo tragitto sulla superficie ghiacciata). L’interpretazione corretta è che, se si potesse eliminare del tutto il contatto, l’oggetto si muoverebbe senza ostacoli senza mai rallentare! Osserviamo in conclusione che, comunque, la quiete è un caso particolare del moto rettilineo uniforme che si ottiene quando la velocità (costante) è uguale esattamente a . Pertanto risulta A.S. 2013-2014 - I.I.S.S. “Falcone” - Sava (TA) Luca Urselli - Appunti di Scienze integrate (Fisica) - Meccanica (seconda parte): la Dinamica vero che un oggetto isolato resta in quiete solo quando esso era già inizialmente in quiete, e questo è invece un fenomeno che osserviamo quotidianamente. La Seconda Legge di Newton è nota anche col nome di Legge fondamentale della Dinamica. Essa afferma che la somma di tutte le forze applicate su una particella puntiforme in un determinato istante di tempo è uguale al prodotto tra la massa della particella e la sua accelerazione, quest’ultima misurata nel medesimo istante da un qualsiasi sistema di riferimento inerziale. Questa legge chiarisce il significato del concetto di forza come grandezza fisica derivata (in quanto prodotto di una massa con un’accelerazione). Purtroppo, dal momento che l’accelerazione è una grandezza vettoriale (dotata cioè anche di direzione e verso), anche la forza lo è. Di conseguenza la relazione matematica espressa dalla Legge fondamentale della Dinamica è molto più complessa di quel che sembra. In particolare la “somma di tutte le forze” applicate sulla particella in un determinato istante non è agevole da calcolare, perché deve tener conto non solo dell’intensità di ciascuna forza, ma anche delle loro direzioni e dei loro versi. Dovremo accontentarci di studiare solo il caso in cui su un corpo è applicata una singola forza o al massimo quello in cui sono applicate più forze ma aventi tutte la stessa direzione nello spazio. La somma di tutte le forze applicate su una particella è chiamata la forza risultante applicata su questa particella. Se indichiamo con questa forza risultante in un dato istante di tempo, con la sua accelerazione nello stesso istante e con la massa della particella, la Seconda Legge di Newton è allora espressa dalla formula dove occorre tener conto che ed hanno la stessa direzione e lo stesso verso (cioè il corpo accelera nella direzione e nel verso della forza risultante). In pratica l’accelerazione impressa ad una particella da una forza è direttamente proporzionale alla forza stessa e la costante di proporzionalità è proprio la massa della particella. Si chiarisce così anche il significato fisico della massa, che avevamo anticipato nell’Introduzione: a parità di forza, un corpo di massa maggiore è accelerato meno di uno di massa minore, quindi la massa misura la capacità del corpo di resistere alle sollecitazioni esterne, ossia alle forze applicategli da altri corpi. Dal punto di vista pratico, ha spesso maggior utilità la formula inversa che, note la massa della particella e la forza risultante su essa applicata in un certo istante, permette di calcolare l’accelerazione della particella nel medesimo istante. L’altra formula inversa si rivela utile invece come metodo dinamico per misurare la massa di un corpo (così come la prima formula rappresenta un metodo dinamico per misurare le forze). In tutte e tre le formule va sottolineato che l’accelerazione è necessariamente quella misurata da un sistema di riferimento inerziale. Non occorre specificare di quale sistema inerziale si tratti, perché A.S. 2013-2014 - I.I.S.S. “Falcone” - Sava (TA) Luca Urselli - Appunti di Scienze integrate (Fisica) - Meccanica (seconda parte): la Dinamica l’accelerazione di qualsiasi particella è sempre la stessa in tutti gli infiniti sistemi di riferimento inerziali esistenti (in quanto due di essi si muovono a velocità costante, e quindi ad accelerazione nulla, l’uno rispetto all’altro). È per questo motivo che, come anticipavamo a conclusione della trattazione della Cinematica, il concetto di accelerazione riveste in Dinamica un’importanza superiore a quella del concetto di velocità (la quale invece non è la stessa in tutti i sistemi di riferimento inerziali). Per effetto delle formule precedenti, l’unità di misura della forza nel SI, chiamata newton ed indicata col simbolo , è stata scelta come quella forza che, applicata ad una particella avente la massa di , produce su essa un’accelerazione di . Vale dunque la relazione (notiamo che, a differenza di quanto fatto per velocità ed accelerazione, questa volta sono stati introdotti un nome ed un simbolo abbreviativi che, oltre ad essere un omaggio al padre della Meccanica, sono decisamente più comodi della faticosa locuzione “kilogrammo per metro al secondo quadrato”). In conclusione va osservato che, quando una particella è isolata, la forza risultante su essa applicata è uguale a . Allora, dalle formule inverse, segue che l’accelerazione è uguale a e quindi la particella deve muoversi con velocità costante, cioè di moto rettilineo uniforme. Quindi, la Seconda Legge di Newton contiene, come caso particolare, la Prima Legge. Tuttavia era necessario introdurre prima il caso dell’inerzia, in quanto indispensabile per introdurre il concetto di sistema di riferimento inerziale (presupposto dalla Seconda Legge). La Terza Legge di Newton è nota anche come Principio di azione e reazione. Essa afferma che, in un’interazione qualsiasi fra due particelle puntiformi, la forza applicata sulla prima particella dalla seconda in un determinato istante di tempo e la forza applicata sulla seconda particella dalla prima nel medesimo istante hanno la stessa direzione, la stessa intensità e versi opposti. In simboli, indicando con la forza applicata sulla prima particella dalla seconda e con la forza applicata sulla seconda particella dalla prima, vale l’uguaglianza che va interpretata nel senso che, se si assume come positivo il verso di una delle due forze, l’altra ha lo stesso valore assoluto e verso negativo. L’ultima legge della Dinamica regola il rapporto che esiste tra le differenti forze che costituiscono la medesima interazione fra due particelle date. Anche questa legge è dedotta dall’esperienza e possiamo convincerci della sua validità attraverso una semplice riflessione. Osserviamo anzitutto che le due forze di cui parla il Principio di azione e reazione sono forze che agiscono su particelle differenti. Non ha quindi senso sommarle ai fini del calcolo di una forza risultante. Tuttavia, sappiamo bene che il concetto di particella puntiforme è solo una semplificazione della realtà. I corpi che ci circondano non sono particelle prive di estensione spaziale, ma possiamo supporre che siano composti di parti così piccole da poter essere trattate come se fossero particelle puntiformi. Consideriamo allora due particelle facenti parte di uno stesso corpo più grande e consideriamo l’interazione fra esse. Se il Principio di azione e reazione non fosse vero, le due forze che queste A.S. 2013-2014 - I.I.S.S. “Falcone” - Sava (TA) Luca Urselli - Appunti di Scienze integrate (Fisica) - Meccanica (seconda parte): la Dinamica particelle si applicano reciprocamente potrebbero quindi non essere esattamente una l’opposta dell’altra. Ma in questo caso avrebbe senso sommarle (perché forze agenti su parti diverse di un medesimo corpo) e la loro somma sarebbe diversa da . Ne deriva dunque che, anche se il corpo fosse isolato, potrebbe esserci comunque una forza risultante non nulla applicata su di esso dovuta a cause “interne” e quindi il corpo sarebbe in grado di accelerare in maniera autonoma. Ciò va decisamente contro l’esperienza. La Terza Legge di Newton invece garantisce che, anche se vi sono forze interne fra le varie particelle di uno stesso corpo, esse si annullano a due a due e quindi la loro somma complessiva è sicuramente uguale a . Pertanto le forze interne non danno alcun contributo alla forza risultante agente sul corpo ed il corpo non è in grado di accelerare se non intervengono cause “esterne”, come ci suggerisce l’esperienza. A.S. 2013-2014 - I.I.S.S. “Falcone” - Sava (TA) Luca Urselli - Appunti di Scienze integrate (Fisica) - Meccanica (seconda parte): la Dinamica La forza peso Le tre Leggi di Newton risolvono il problema della Dinamica da un punto di vista soprattutto teorico: le cause del moto di un corpo (o meglio le cause delle variazioni del suo stato di moto, visto che il semplice moto rettilineo uniforme può avvenire “per inerzia”, ossia senza bisogno di cause) sono state individuate nelle forze, a loro volta dovute alle interazioni del corpo con gli altri corpi dell’ambiente circostante. Ora però, chiuso il problema teorico, entriamo nei dettagli dal punto di vista pratico, andando a vedere le principali forze che possono esplicarsi nella natura. Una delle forze più facili da incontrare nella realtà che ci circonda è la forza gravitazionale. La manifestazione più nota di questa forza si osserva quando un pianeta attrae un oggetto che si trova non lontano dalla sua superficie: l’oggetto viene attratto verso il centro del pianeta in un moto che solitamente chiamiamo caduta. Quando il pianeta in questione è la nostra Terra, siamo soliti dire che l’oggetto cade “verso il basso”, ma questo, tenendo conto della sfericità del pianeta, non è esatto: la caduta avviene sempre verso il centro della Terra. In realtà la forza di gravità in natura si registra non solo tra un pianeta (o in generale un qualsiasi corpo celeste) ed un oggetto piccolo non lontano dalla sua superficie. La forza di gravità si esercita tra due corpi qualsiasi, o meglio tra due particelle qualsiasi. Due palline che vengono lasciate cadere, oltre ad essere attratte verso il centro della Terra, si attraggono anche reciprocamente fra loro. Di questo però è praticamente impossibile accorgersi, perché l’attrazione gravitazionale che ciascuna pallina subisce dalla Terra ha un’intensità molto più grande rispetto all’attrazione gravitazionale tra le due palline. Ci si potrebbe accorgere dell’attrazione gravitazionale fra le due palline solo portandole nello spazio, molto lontano da grandi corpi celesti: in questo caso ciascuna pallina risentirebbe solo dell’attrazione gravitazionale dell’altra e potremmo vederle avvicinarsi l’una all’altra. Quanto abbiamo detto comporta addirittura che, quando lasciamo cadere una pallina per terra, non è solo il pianeta ad attrarre la pallina, ma accade anche il contrario: la pallina attrae il pianeta! Sembra incredibile, ma è proprio così: mentre la pallina viene attratta verso il centro della Terra, il nostro pianeta viene attratto verso la pallina… Tuttavia noi ci accorgiamo della pallina che va giù ma non della Terra che va su: il motivo è sempre lo stesso, il pianeta è così grande che l’attrazione gravitazionale che esso subisce dalla pallina praticamente non lo smuove, mentre la pallina è così piccola che l’attrazione gravitazionale che essa subisce dal pianeta è ben percettibile. D’altra parte, il fatto che anche il pianeta sia attratto dalla pallina è previsto dalla Terza Legge di Newton. Per le considerazioni appena svolte, e dal momento che noi siamo abituati a trascorrere la nostra esistenza con i piedi saldamente ancorati a… terra, resta comunque il fatto che l’unico aspetto della forza gravitazionale che risulta significativo considerare nella nostra vita quotidiana è quello della forza gravitazionale che ciascun oggetto subisce dal pianeta sul quale viviamo. Le forze gravitazionali che il pianeta subisce reciprocamente dagli oggetti sulla sua superficie e le forze gravitazionali che si applicano reciprocamente fra loro questi oggetti possono essere trascurate. La forza gravitazionale che un oggetto subisce da un pianeta prende il nome di forza peso o più semplicemente peso. Il peso è quindi, in Fisica, una cosa diversa dalla massa ed enunciamo qui le differenze più importanti: A.S. 2013-2014 - I.I.S.S. “Falcone” - Sava (TA) Luca Urselli - Appunti di Scienze integrate (Fisica) - Meccanica (seconda parte): la Dinamica la massa di un oggetto misura la capacità di quell’oggetto di resistere a qualsiasi sollecitazione esterna, invece il peso esprime l’attrazione gravitazionale che l’oggetto subisce da un pianeta; la massa di un oggetto è costante (finché l’oggetto rimane integro), mentre il peso cambia a seconda del pianeta su cui l’oggetto si trova e addirittura si annulla se l’oggetto si trova nello spazio vuoto dove nessun corpo celeste può attrarlo; la massa è una grandezza fisica fondamentale, invece il peso, essendo un caso particolare di forza, è una grandezza fisica derivata; la massa si misura, nel SI, in kilogrammi, mentre il peso, essendo una forza, si misura in newton; la massa è una grandezza fisica scalare, mentre il peso, essendo una forza, è una grandezza fisica vettoriale (la forza peso è diretta verso il centro del pianeta). Come anticipato nell’introduzione, nella vita quotidiana solitamente indichiamo con la parola “peso” ciò che invece in Fisica si chiama massa. Nel linguaggio scientifico adesso non possiamo più permettercelo. Il motivo di questa confusione nel linguaggio comune è tuttavia facile da spiegare: massa e peso, anche se sono concetti fondamentalmente diversi, sono comunque strettamente legati fra loro. Il legame fra queste due grandezze fisiche consiste in una scoperta attribuita a Galileo Galilei. Egli scoprì che, sottoponendo all’attrazione gravitazionale della Terra corpi anche molto diversi fra loro (per massa, materiale di cui sono costituiti e dimensioni), l’accelerazione che acquistano è sempre la stessa. Si tratta di un altro fatto abbastanza sorprendente e controintuitivo: ci si potrebbe aspettare che un corpo più pesante (ossia con massa maggiore) acquisisca un’accelerazione maggiore di un corpo più leggero e quindi cada più velocemente (e del resto lo diceva anche Aristotele). Invece ciò è falso. Tutti i corpi, sulla Terra, subiscono la stessa accelerazione di gravità. Il valore approssimativo di questa accelerazione, indicata col simbolo , è di poco meno di dieci metri al secondo quadrato, più precisamente (il simbolo ha il significato di “uguale circa a”). Più avanti torneremo a parlare di gravitazione e spiegheremo meglio come sia possibile che l’accelerazione di gravità sia la stessa per tutti gli oggetti. Tuttavia chiunque può fare dei semplicissimi esperimenti, provando a lasciar cadere da una certa altezza (per esempio da un balcone) due oggetti dei quali uno molto più leggero dell’altro. Nei limiti di quanto è possibile apprezzare a occhio nudo, ci si renderà conto che, se i due oggetti sono stati lasciati andare contemporaneamente e dalla stessa altezza, si muoveranno verso il basso sempre uno accanto all’altro finendo per toccare terra contemporaneamente. Occorre solo scegliere oggetti che non siano troppo frenati dall’aria: se si scelgono infatti una sferetta di piombo ed una piuma (o, al posto di quest’ultima, un foglio di carta) l’esperimento non funziona perché la piuma, a differenza della pallina, subisce la resistenza dell’aria e quindi viene rallentata (nel caso del foglio di carta si può in parte rimediare appallottolandolo prima di lasciarlo cadere). Questo non dimostra affatto che la piuma fa eccezione alla regola, ma solo che l’esperimento è disturbato dalla presenza di un’altra forza (la resistenza dell’aria) che non c’entra nulla con la forza gravitazionale. Ci si può convincere di questo in laboratorio: lì è possibile far funzionare l’esperimento anche nel caso di oggetti come la piuma, facendoli cadere all’interno di un lungo tubo trasparente nel quale, precedentemente, sarà stata aspirata via l’aria, creando il vuoto. In questo modo l’aria non oppone A.S. 2013-2014 - I.I.S.S. “Falcone” - Sava (TA) Luca Urselli - Appunti di Scienze integrate (Fisica) - Meccanica (seconda parte): la Dinamica resistenza e la piuma cade allo stesso modo della sferetta di piombo, dimostrando che l’accelerazione gravitazionale è sempre la stessa anche per corpi così leggeri! Il valore approssimativo che abbiamo fornito per l’accelerazione di gravità sulla superficie terrestre è stato ottenuto tramite misure sperimentali. Esso in realtà subisce delle piccole variazioni fra le varie zone del nostro pianeta (perché l’attrazione gravitazionale, essendo dovuta alla materia di cui è fatta la Terra, non è la stessa dappertutto in quanto la crosta terrestre presenta delle irregolarità). Inoltre, e questo è abbastanza ovvio, se ci si allontana molto dalla superficie terrestre, viaggiando verso l’alto (e quindi allontanandosi dal centro della Terra), l’accelerazione di gravità tende a diminuire. Quindi è solo approssimativamente costante (con tecniche di misurazione molto precise è possibile addirittura apprezzare la leggera diminuzione del suo valore misurandolo dapprima al piano terra e poi all’ultimo piano di un edificio molto alto). Come caso particolare della Seconda Legge di Newton, dal momento che è l’accelerazione prodotta dalla forza peso, si ha che la formula che lega il peso e la massa di un corpo è (ottenuta sostituendo la forza risultante generica con la forza peso e l’accelerazione generica con l’accelerazione di gravità). La formula inversa per ricavare la massa sapendo il peso è (non scriviamo l’altra formula inversa in quanto essa avrebbe l’unica funzione di ricavare l’accelerazione di gravità, il cui valore sperimentale sulla Terra abbiamo già fornito; in teoria può essere usata per misurare tale accelerazione di gravità ad esempio su un altro pianeta, ma per farlo occorre avere a disposizione un oggetto del quale si conoscano sia la massa sia il peso su quest’altro pianeta; in realtà però si usano altri metodi per misurare l’accelerazione di gravità di altri pianeti). Sulla teoria che abbiamo appena illustrato poggia il funzionamento del noto strumento di misura chiamato bilancia a bracci uguali. Essa è costituita da un’asta omogenea appoggiata per il suo centro ad un fulcro. Ciascuna delle due estremità dell’asta, chiamate bracci, sorregge, ad eguali distanze, un piatto orizzontale. Su uno dei due piatti viene appoggiato il peso incognito che si vuole misurare, mentre sull’altro piatto si appoggiano via via vari pesi noti, fino ad equilibrare il sistema, quanto i due piatti si mantengono alla stessa altezza e la bilancia smette di oscillare. In questo momento, in accordo col Principio d’Inerzia, la forza risultante applicata sulla bilancia dev’essere nulla: se ne deduce che la somma dei pesi noti sarà uguale al peso incognito (in quanto nessuno dei piatti viene tirato verso il basso da una forza peso maggiore di quella da cui è tirato l’altro piatto). Il principio di funzionamento è basato sulla forza peso: la bilancia non funzionerebbe nello spazio vuoto lontano dai pianeti, dove la forza peso è sempre nulla su entrambi i piatti indipendentemente dagli oggetti che vi sono appoggiati. Quando la bilancia è in equilibrio i due piatti sono alla stessa altezza e quindi su di essi l’accelerazione di gravità ha esattamente lo stesso valore (non ci sono nemmeno quelle possibili variazioni dovute alla differenza di distanza dal centro della Terra). Possiamo allora dimostrare che non solo i pesi, ma anche le masse degli oggetti sui due piatti saranno uguali. Infatti, indichiamo A.S. 2013-2014 - I.I.S.S. “Falcone” - Sava (TA) Luca Urselli - Appunti di Scienze integrate (Fisica) - Meccanica (seconda parte): la Dinamica con la massa complessiva appoggiata sul primo piatto, con quella appoggiata sul secondo piatto, con e i rispettivi pesi. Come si è detto, dal momento che la bilancia è in equilibrio, vale l’uguaglianza tra i due pesi. Da essa, usando la formula inversa per il calcolo delle masse, si ottiene e quindi effettivamente anche le due masse sono uguali. In effetti sui pesetti noti che vengono forniti con la bilancia sono segnate le loro masse (e non i loro pesi), in quanto esse sono costanti (mentre i pesi cambierebbero su un altro pianeta). In pratica, quindi, la bilancia a bracci uguali permette di misurare più la massa che il peso, sebbene il principio di funzionamento sia basato sulla forza gravitazionale (e pertanto resta valido il fatto che non può essere utilizzata dove non c’è gravità). Notiamo inoltre che, per usare la bilancia, non è nemmeno necessario conoscere il valore dell’accelerazione di gravità (tant’è che la bilancia funziona ugualmente bene anche su un altro pianeta, a patto che venga usata per misurare le masse e non i pesi). Concludiamo lo studio della forza peso rimarcando il fatto che è un’accelerazione e non una velocità. Un oggetto che viene lasciato cadere, quindi, non cade sempre alla stessa velocità: la velocità, inizialmente uguale a nell’istante esatto in cui l’oggetto viene lasciato, aumenta progressivamente durante la caduta (almeno finché è possibile trascurare altri fattori come ad esempio la resistenza dell’aria). Il moto dovuto alla sola forza gravitazionale è quindi un moto rettilineo uniformemente accelerato, con accelerazione uguale a . Questo moto è chiamato caduta libera. Il valore fornito di per la superficie terrestre ci dice che, ogni secondo che passa, la velocità di caduta aumenta di : quindi, se inizialmente la velocità è nulla, dopo essa è già aumentata a ; dopo la velocità sarà raddoppiata, diventando di ; dopo l’oggetto starà cadendo ad una velocità di ; e così via. Torneremo a riesaminare altri aspetti della forza gravitazionale nel capitolo dedicato alla Gravitazione. A.S. 2013-2014 - I.I.S.S. “Falcone” - Sava (TA) Luca Urselli - Appunti di Scienze integrate (Fisica) - Meccanica (seconda parte): la Dinamica La forza elastica I fenomeni di tipo elastico sono legati al concetto di molla. Questi fenomeni sono presenti in natura, ma più facili da vedere e da studiare se vengono prodotti artificialmente. Descriveremo qui il comportamento di una classica molla artificiale, quella di forma elicoidale, ma va detto che quanto sarà detto può essere facilmente applicato, con qualche adattamento, a tutti i fenomeni elastici sia naturali che artificiali (e quindi anche a molle di altre forme, ad esempio quelle a spirale utilizzate negli ingranaggi degli orologi meccanici). L’esperienza ci dice che, tenendo fermo uno dei due capi della molla ed applicando una piccola forza all’altro capo, avvertiamo una resistenza. Precisamente, se tiriamo la molla per allungarla, essa tira dalla parte opposta cercando di opporsi all’allungamento; se invece comprimiamo la molla per accorciarla, essa spinge verso di noi cercando di opporsi all’accorciamento. Questa descrizione è avvalorata dal fatto che, una volta lasciata andare, la molla ritorna nella posizione iniziale: se era stata tirata si riaccorcia, se era stata compressa, si riallunga. A.S. 2013-2014 - I.I.S.S. “Falcone” - Sava (TA)