1 LA PRIMA GUERRA PERSIANA Antefatti - Le origini della prima guerra persiana risalgono alla rivolta che sconvolse le città della Ionia d’Asia nel 499. Guidate da Aristagora, tiranno di Mileto, le città unitesi in una grande alleanza (lega ionica) si ribellarono ai satrapi dell’impero persiano. Grazie ai rinforzi provenienti dalle città di Atene ed Eretria i ribelli riuscirono ad espugnare l’importante città di Sardi (498). Fu un successo effimero e di breve durata: i Persiani mobilitarono il loro imponente apparato bellico ed ebbero facilmente la meglio dei ribelli. Nel 494 con la presa e la distruzione di Mileto terminava la rivolta ionica. Nel 490 il re persiano Dario decise di condurre una spedizione punitiva contro quelle città che avevano appoggiato la rivolta ionica (Atene ed Eretria). Tuttavia, visto lo spiegamento di forze consistente, si pensa che la spedizione punitiva rientrasse in un progetto più ampio di conquista della Grecia intera. Dopo aver raso al suolo Eretria, le truppe persiane, comandate da Dati ed Artaferne, sbarcarono nella piana di Maratona. Qui l’esercito ateniese, guidato da Milziade, con il solo appoggio di un contingente di mille opliti della vicina Platea, sconfisse i Persiani nella battaglia che rimarrà impressa nella memoria di tutto il mondo greco. LA SECONDA GUERRA PERSIANA Nel 486 il Gran Re Serse, succeduto al padre Dario, approntò una nuova spedizione contro la Grecia, deciso ora più che mai ad eliminare quella fastidiosa spina nel fianco. Dopo aver costruito un leggendario ponte di barche sull’Ellesponto per traghettare l’esercito, sottomise tutte le città della Tracia e ridusse a stato vassallo la Macedonia: da qui sarebbe partita l’offensiva contro le poleis. Queste ultime, intuendo la grave minaccia, si riunirono nel 481 presso l’istmo di Corinto e decisero di costituire un’alleanza difensiva, a cui tuttavia non aderirono numerose città. Lo sforzo militare maggiore competeva alla fanteria spartana e alla flotta ateniese. Nel 480, nel tentativo di bloccare l’avanzata via terra dei Persiani, l’esercito spartano si posizionò nel passo delle Termopili, passaggio obbligato per entrare nella Grecia centrale, mentre la flotta ateniese si posizionò di fronte al Capo Artemisio. La battaglia infuriò per numerosi giorni, finche l’esercito spartano, piegato dalla stanchezza e dal tradimento di Efialte, fu sconfitto; Leonida con 300 spartani si immolò per ritardare l’avanzata del nemico. Annientati gli eroi spartani, l’esercito persiano irruppe nella Grecia centrale; l’Attica e la Beozia furono saccheggiate, Atene data alle fiamme. Fu allora che lo stratego ateniese Temistocle prese in mano la situazione: fece posizionare la flotta presso l’isola di Salamina; qui avvenne la battaglia che decise la prima parte della guerra. Infatti la flotta persiana, più numerosa, ma che usava navi da guerra troppo grandi per quella zona di mare fu sconfitta da quella ateniese. I Persiani si ritirarono quindi in Beozia per ricevere i rifornimenti e i rinforzi necessari per un’altra campagna in Grecia; messi al corrente di ciò, gli alleati greci inviarono un esercito comandato dallo spartano Pausania, che nella grande battaglia di Platea inflisse una pesantissima sconfitta ai Persiani. Frattanto la flotta alleata comandata da Leotichida sconfiggeva quella persiana nella battaglia navale di capo Micale. Ufficialmente la Seconda Guerra Persiana termina con la presa di Sesto nel 478 per opera dell’ateniese Santippo (padre del futuro stratega Pericle). Tuttavia il clima di tensione tra la Persia e la Grecia resterà una costante della storia futura greca: dopo la rinuncia ad una politica di intervento militare, la Persia decise infatti di annientare le poleis greche cercandole di metterle una contro l’altra, finanziando ora una ora l’altra. LA PENTECONTAETIA La Pentecontaetìa, periodo dal 478 ad inizio Guerra del Peloponneso, è l’età che vide il più splendido rigoglio dello spirito e del progresso civile dei Greci. Avvenimenti importanti: 1. la nascita della Lega Delio-Attica (477) con tesoro comune nell’isola di Delo, trasferito ad Atene nel 454. 2. il ruolo di Pericle (nato nel 495) nell’attuazione dell’imperialismo armato ateniese. 2 3. La pace di Callia nel 449: Atene rinunciava ad intervenire negli affari di Cipro e d’Egitto, il Gran Re si impegnava a non portar navi da guerra nell’Egeo, a non assalire città alleate di Atene nelle isole egèe e sulle coste dell’Asia Minore. LA GUERRA DEL PELOPONNESO Viene chiamata guerra del Peloponneso quel conflitto che oppose Sparta ed Atene con le rispettive alleate dal 431 al 404. Per maggiore chiarezza la guerra viene divisa in tre fasi: 1. la fase archidamica (431-421 che prende il nome dal re spartano Archidamo); 2. la spedizione in Sicilia (415-413) 3. la fase deceleica (413-404 dalla città di Decelea occupata da Sparta) LA FASE ARCHIDAMICA (431-421) Alla vigilia del conflitto era oramai evidente a tutti che lo scontro tra Atene e Sparta era inevitabile. Le due potenze incarnavano due ordinamenti diametralmente opposti (democrazia ed oligarchia), avevano due idee totalmente diverse riguardo al commercio e all’economia (l’una era la città capitalista, centro dei commerci, l’altra incarnava l’ideale dell’autarchia). Serviva solamente un pretesto per scatenare il conflitto: la situazione di Corinto e Megara (entrambe appartenenti alla lega peloponnesiaca) fu la classica goccia che fece traboccare il vaso. Corinto ebbe a lamentarsi per l’appoggio dato da Atene alla sua rivale Corcira (colonia di Corinto), Megara per l’embargo su tutti i porti della lega delio-attica decretato da Atene contro la città. Sparta, resasi conto che l’imperialismo di Atene metteva in serio pericolo il suo primato sulla Grecia decise di inviare un ultimatum ad Atene, intimando di ritirare la sua flotta da Corcira e di sospendere l’embargo; ricevuto un rifiuto, dichiarò guerra. Pericle, il principale fautore della guerra, aveva lucidamente approntato un piano per la guerra: egli comprese che la forza di Atene risiedeva nella flotta, e che fintanto che il Pireo fosse rimasto a loro, la città, protetta dalle Lunghe Mura, sarebbe stata inespugnabile. Quando quindi gli spartani, guidati da Archidamo, invasero l’Attica, Pericle fece rifugiare tutti i cittadini all’interno delle mura, mentre la flotta ateniese saccheggiava con rapide incursione le coste peloponnesiache. Tuttavia le precarie condizione igieniche in cui vivevano gli ateniesi favorirono il diffondersi della peste, portata probabilmente dalle navi provenienti dall’Egitto. Tra le migliaia di vittime trovò la morte anche Pericle (429) e la sua scomparsa lasciò un vuoto profondissimo nella città di Atene. Alla sua morte le sorti della guerra furono prese in mano da Cleone, favorevole a portare avanti la guerra ad oltranza, mentre i capi del partito della pace si riunirono intorno a Nicia. Nel frattempo la situazione di Atene si faceva sempre più grave per la continua defezione degli alleati, stanchi di pagare ingenti tributi alla città tiranna. In questo clima la città di Mitilene (428) decise si staccarsi dalla lega delio-attica; Cleone infuriato per la secessione, inviò un corpo di soldati che dopo un faticoso assedio riconquistò la città. La decisione presa di uccidere tutti i cittadini maschi e di rendere schiavi donne e bambini rende l’idea del livello di ferocia che la guerra aveva raggiunto (la decisione fu poi rivista in assemblea, nonostante il parere contrario di Cleone, e fu “solamente” deciso di giustiziare mille cittadini). Gli spartani non si comportarono molto meglio: quando, dopo lungo assedio, conquistarono Platea (alleata fedele fin dalla prima guerra persiana) giustiziarono la maggior parte della guarnigione. Nel 425 gli ateniesi comandati da Demostene ottennero una importante vittoria sugli spartani, occupando la città di Pilo e bloccando sull’isola di Sfacteria ben 120 spartiati. Trovandosi la guerra in casa, lo spartano Brasida decise di spostare il campo delle operazioni in Tracia, vero cuore della potenza ateniese. Nel 424 Brasida espugnò la città di Anfipoli, nodo importante per il commercio ateniese; l’ateniese Tucidide (lo storico), reo di non aver impedito l’occupazione della città, fu condannato all’esilio. Il principale scenario di guerra rimase la Tracia, dove nel 422 Cleone tentò la riconquista di Anfipoli, nella battaglia che seguì sia Cleone che Brasida trovarono la morte. 3 Sfiancate da dieci anni di guerra, dalle gravi perdite, nonché dalla scomparsa dei principali generali, Atene e Sparta concordarono nel 421 una tregua che viene definita “pace di Nicia” dal nome del plenipotenziario ateniese. L’accordo confermò lo status quo, riconoscendo ad Atene tutti i possedimenti che deteneva all’inizio della guerra e garantendone la posizione di predominio sul mare. LA SPEDIZIONE IN SICILIA (415-413) Nonostante la pace favorevole, ad Atene si diffuse un vasto strato di insofferenti alla pace, considerata come svantaggiosa e mutilata. Il giovane Alcibiade, nipote di Pericle, cavalcò l’onda di questo malcontento, promettendo di sconfiggere definitivamente l’odiata nemica. Prendendo come pretesto la richiesta di aiuto di Segesta, minacciata da Selinunte (a sua volta alleata di Siracusa), Alcibiade deliberò di invadere la Sicilia. Il suo scopo era semplice: assoggettare le poleis della Sicilia per guadagnare ricchezze e mezzi da riversare nella lotta contro Sparta. Nel 415 una flotta imponente (134 triremi con un equipaggio di 25000 uomini oltre a 6400 truppe da sbarco) salpò alla volta di Siracusa. Tuttavia un grave episodio turbò la partenza della flotta: una notte, poco prima della partenza, qualcuno aveva mutilato le statue di Hermes; di ciò fu accusato Alcibiade. Quest’ ultimo, raggiunto dall’accusa quando oramai era giunto in Sicilia, invece di tornare ad Atene, decise di rifugiarsi presso Sparta, cominciando a collaborare con il nemico. Nel mentre la flotta ateniese, comandata da Nicia, trovò non poche difficoltà nell’assedio di Siracusa, difesa strenuamente dall’abile comandante Ermocrate. Quando (414) la caduta della città sembrava imminente, i rinforzi spartani, guidati da Gilippo, piombarono sugli assedianti infliggendo loro numerose perdite. Gli ateniesi decisero quindi di ritirarsi, ma temporeggiarono un giorno a causa di un’eclissi di luna (considerata sfavorevole). Fu l’errore definitivo: approfittando di ciò Gilippo ed Ermocrate distrussero la flotta nel porto, mentre la cavalleria siracusana annientava l’esercito ateniese che tentava di scappare via terra. I sopravissuti furono rinchiusi nelle Latomie, mentre Nicia e l’altro stratega Demostene furono giustiziati. LA FASE DECELEICA (413-404)1 Gli Spartani decisero di riprendere le invasioni dell’Attica, usando però come base la città di Decelera, a nord della regione, per rendere più agevole il controllo del territorio. Per schiacciare una volta per tutte Atene, cercarono l’appoggio del Gran Re Dario II che acconsentì 1 La narrazione di Tucidide si interrompe al 411. 4 a finanziare Sparta, ricevendone in cambio il possesso delle città della Ionia d’Asia. Veniva così creata quella tenaglia spartano-persiana che stritolerà militarmente e soprattutto economicamente l’impero ateniese. In una Atene piegata dalla disastrosa spedizione in Sicilia, gli oligarchici, che fino ad allora erano stati relegati ai margini della vita politica, decisero di prendere il potere con un colpo di mano. Guidati da Pisandro, da Antifonte e da Teramene nel 411 occuparono l’Acropoli, instaurando il cosiddetto Governo dei Quattrocento. Tuttavia gli scarsi risultati nell’andamento della guerra, uniti alla dura repressione interna portarono all’abbattimento del regime ed al ritorno della democrazia, ripristinata da Alcibiade, postosi a capo degli esuli democratici a Samo. Le due vittorie nelle battaglie navali di Abido (411) e di Cizico fecero credere che sotto la sua guida Atene potesse addirittura ribaltare le sorti del conflitto; tuttavia una successiva sconfitta nel 407 determinò la sua definitiva uscita di scena. In un ultimo sforzo economico e militare Atene allestì una flotta di 110 navi, arruolando come marinai anche gli schiavi e i meteci con la promessa della cittadinanza. La successiva vittoria alle Arginuse nella primavera del 406, ottenuta tuttavia solo al prezzo di gravi perdite non bastò ad evitare la catastrofica disfatta di Egospòtami (405). Assediata per terra e per mare dal generale spartano Lisandro, dissanguata di uomini e di mezzi, Atene si arrese nel 404. Finiva la guerra del Peloponneso. La pace che seguì segnò il definitivo tramonto della potenza ateniese: Atene dovette ridurre la flotta a dodici unità (basti pensare che prima del 431 disponeva di 300 triremi), abbattere le lunghe mura del Pireo, sciogliere la Lega delio-attica e entrare in quella peloponnesiaca. Nell’Atene sconfitta gli Spartani imposero inoltre la costituzione di un governo oligarchico, che passò alla storia come quello dei Trenta tiranni. Guidati da Crizia i Trenta imposero un clima di terrore sulla città, arrivando a giustiziare sommariamente migliaia di cittadini sospettati di voler ripristinare la democrazia o soltanto “colpevoli” di possedere ricchi patrimoni su cui i Trenta volevano mettere le mani. Il regime durò solamente un anno, perché gli esuli democratici, guidati da Trasibulo riuscirono a cacciare i Trenta e a ripristinare la democrazia, ma la paura di perdere la libertà restò grande. È un caso che rientra in questo periodo di incertezza la condanna a morte di Socrate (399) che era stato maestro di Crizia e di Alcibiade, due personaggi che avevano condotto alla rovina Atene. Un episodio che interessò marginalmente il mondo greco in quel periodo fu il problema della successione dinastica nel regno di Persia, che coinvolse Artaserse e il fratello Ciro il Giovane. Quest’ultimo decise di reclutare 12000 mercenari greci per conquistare il trono; tra questi vi era anche Senofonte, che stava fuggendo da Atene a seguito della restaurazione della democrazia. Pur vincenti nella battaglia di Cunassa (401) i Greci, a seguito della morte di Ciro, furono costretti ad affrontare una ritirata di cinque mesi fino all’odierna Trebisonda. DALL’EGEMONIA SPARTANA A QUELLA TEBANA La vittoria di Sparta era stata salutata con gioia da tutti quei popoli che avevano visto in Atene un terribile oppressore. Sparta tuttavia dopo la vittoria nella Guerra del Peloponneso iniziò a intervenire sempre più spesso nella politica delle altre città-stato, imponendo regimi oligarchici, soffocando l’autonomia degli alleati e pretendendo ingenti tributi. Sotto la guida di Agesilao tentò di riprendere il controllo delle città della Ionia d’Asia cadute sotto il dominio persiano, ma, dopo una splendida vittoria a Sardi (395), Agesilao fu costretto a ritornare in patria per fronteggiare una coalizione di ateniesi, tebani, argivi e corinzi appoggiati economicamente dalla Persia. Dopo che la flotta spartana venne sbaragliata a Cnido (394) da quella ateniese, solamente il successo a Coronea avvenuto nello stesso 394 riuscì ad impedire il tracollo spartano. Vedendosi tuttavia accerchiata, Sparta decise di stipulare nel 386 la pace di Antalcida con la Persia: Sparta rinunciava alle città della Ionia d’Asia, ricevendo in cambio l’appoggio militare persiano contro il risorgere di Atene. Tuttavia il malcontento che regnava in Grecia non poté essere arginato con l’appoggio della Persia, e rimase latente, in attesa del momento opportuno per esplodere. 5 Un episodio di per sé marginale, come il colpo di stato degli esuli democratici tebani, guidati da Pelopida ed Epaminonda, fu invece la scintilla che pose fine all’egemonica spartana sulla Grecia. I Tebani intrapresero infatti una politica di espansione che finì per allarmare gli Spartani. Lo scontro tra Tebani e Spartani avvenne nel 371 a Leuttra. Qui il battaglione sacro di Epaminonda sbaragliò gli Spartani, soprattutto grazie all’innovativa tattica della falange obliqua. Aiutati da Tebe i Messeni si ribellarono a Sparta, costituendo un loro regno alle pendici del monte Itome. Sparta si ritrovò quindi privata di un terzo del suo territorio e dell’apporto decisivo degli iloti (che erano alla base dell’economia spartana). La prorompente avanzata tebana spaventò non solo Sparta, ma perfino Atene. Per bloccare l’ascesa di Tebe le due vecchie nemiche si coalizzarono: nella battaglia di Mantinea (362) i Tebani ottennero un’altra vittoria, ma nella mischia perse la vita Epaminonda (Pelopida era morto in battaglia nel 364). Priva dei suoi capi, dopo appena nove anni Tebe ripiegò: i suoi successi erano stati frutto della straordinaria personalità dei due generali, ma mancava un progetto di ampio respiro capace di riunire tutte le altre città della Grecia. L’ASCESA DELLA MACEDONIA Nella Grecia appena devastata dalla fine del conflitto che aveva opposto Tebe al duopolio Atene-Sparta, un nuovo nemico si affacciò sulla scena.:la Macedonia. Governata da un abile ed ambizioso re come Filippo II, dotata delle enormi risorse auree delle miniere del Pangeo e forte di un esercito completamente rinnovato (che aveva come punto di forza la falange macedone), la Macedonia si impose in breve tempo come la potenza dominante in Grecia. Dopo aver ottenuto il diritto di intervenire negli affari della Grecia a seguito della Guerra Sacra (Filippo vi era intervenuto per difendere il santuario di Delfi) e dopo aver conquistato la città greca di Olinto (che provocò l’indignazione di Demostene) nel 338 a Cheronea sconfisse una coalizione di Tebani e Ateniesi. Tuttavia il progetto di Filippo non contemplava l’assoggettamento delle città greche: Filippo obbligò infatti le città greche (esclusa Sparta) ad aderire ad un alleanza panellenica contro la Persia, che prese il nome di Lega di Corinto. Gli ambiziosi piani di Filippo (che contemplavano la conquista della Persia) furono tuttavia stroncati dalla sua morte in una congiura di palazzo.(336 a.C.) La sua eredità politica e militare fu raccolta dal giovane figlio Alessandro III che i posteri chiameranno Magno. Il giovane diede subito grande prova di carattere quando dovette stroncare la ribellione di alcune poleis che si erano ribellate dopo la morte del padre. Con una campagna rapidissima Alessandro cinse d’assedio e conquistò Tebe: l’intera città fu rasa al suolo e i suoi abitanti resi schiavi (l’unica casa che non fu distrutta fu quella del poeta Pindaro). Alessandro potè quindi concentrarsi sul progetto paterno. Sbarcato nel 334 in Asia Minore con 35000 uomini, sconfisse subito l’esercito persiano nella battaglia del Granico, che gli assicurò il dominio dell’Asia Minore. L’anno seguente sconfisse il re persiano Dario III nella grande battaglia di Isso. Determinante fu per la vittoria macedone la vigliacca fuga del re molto prima che la battaglia si potesse definire persa. Prima di puntare verso Babilonia, cuore dell’impero, Alessandro conquistò le città fenice per privare Dario della flotta e l’Egitto, dove venne accolto come un liberatore. Nel 331 decise quindi di infliggere il colpo di grazia a Dario:nella grande battaglia di Gaugamela dove l’esercito macedone sbaragliò quello persiano; Dario si salvò nuovamente con la fuga. Incominciò quindi una feroce caccia al re fuggitivo, che si concluse alla notizia che Dario era stato assassinato da un satrapo ribelle. Saputo ciò, Alessandro prima punì il satrapo, poi seppellì Dario con tutti gli onori (non si sottovaluti il significato politico di questa manovra). Decise inoltre di prendere in sposa una principessa della Bactriana, Rossane, nel tentativo di fondere e conciliare vinti e vincitori. Accecato dalla gloria, Alessandro si spinse sempre più oltre nelle sue campagne militari, fino a raggiungere l’India; qui fu costretto a tornare indietro dall’esercito, stremato da sette anni di campagne militari. Tornato a Babilonia, Alessandro fu costretto ad affrontare un diffuso malcontento dovuto al suo tentativo di conciliare greci e “barbari”. In oscure congiure di palazzo 6 rimasero uccisi il vecchio generale Parmenione con il figlio, mentre una sera, in un attacco d’ira uccise il suo commilitone e amico Clito. Mentre preparava una grande spedizione in Arabia, Alessandro fu colto dalla morte nel 323, a soli 33 anni. Grande generale e stratega, Alessandro si rivelò invece uno scarso politico: alla sua morte il suo enorme regno si divise in tanti stati, ognuno governato dai suoi vecchi generali , nessuno dei quali in grado di assorbire l’altro. I tre regni che si affermarono furono quello di Macedonia sotto gli Antigonidi, l’impero dei Seleucidi in Siria, Mesopotamia e Persia ed infine quello d’Egitto sotto la guida dei Tolomei. Si ricorda anche il regno di Pergamo, sede di una grane biblioteca, mentre l’Epiro rimase indipendente. Tutti questi regni finirono comunque per essere assoggettati da Roma verso il II secolo a.C. (la Macedonia nel 168 a.C., l’impero dei Seleucidi ufficialmente nel 64, anche se era decaduto più di 100 anni prima, ed infine l’Egitto nel 31 a.C., data fondamentale perché segna la fine dell’Ellenismo) .