Alessandra Bailetti 8. A proposito di film Safe House / La magnifica presenza / È nata una star? Safe House – Nessuno è al sicuro di Daniel Espinosa Universal Pictures 2011 Certo, i thriller non sono la mia passione soprattutto se carichi di sangue, ma una serata in Maremma, un solo cinema, un solo film, gli amici, e allora si vede Safe House, che è un film d’azione velocissimo e sanguinolento come si conviene. Tobin Frost (Denzel Washington) è un ex agente della Cia bravissimo e imprendibile che decide dopo molti anni di giocare in proprio e di vendere la sua merce al migliore offerente. La merce in questione è un micro file con i nomi delle talpe della Cia stessa e delle intelligence dei più importanti paesi del pianeta. Siamo in Sud Africa, il paesaggio è molto bello, ma è una sottile cornice dell’azione. Frost, ricercato da mezzo mondo, messo alle strette, si inietta il file sotto pelle e sceglie di consegnarsi all’Ambasciata Usa. Viene chiuso in una casa segreta di sicurezza, safe house appunto, dove prigionieri o testimoni importanti transitano salvaguardati da un sistema di protezione rigido e complesso. Il giovane agente, custode della casa, non è stato mai coinvolto in azioni movimentate, si annoia, vorrebbe un ruolo di prima linea, aspira a trasferirsi in Francia dove vive la sua donna che teme altrimenti di perdere, ora riceve in gestione il mitico Frost. Diventano in molti a volersi accaparrare il prigioniero, la vicenda si complica quando Frost riesce a scappare. Il suo giovane custode non lo molla e dopo una serie di azioni rocambolesche lo aiuta perfino, ne raccoglie le considerazioni sulla vita passata, la solitudine, gli ultimi pensieri… Poi Frost muore, l’agente recupera il file, lo manda alla CNN anonimamente, si suppone che i traditori vengano intercettati. Il giovane viene promosso, diventa capo di un dipartimento della Cia, l’onore a stelle e strisce è salvo. Va a Parigi, in un bistrot saluta con uno sguardo la sua donna, poi sparisce. Frost lo aveva detto: “Non sarà lei a lasciarti, la lascerai tu”. □□□□□□□□ La magnifica presenza di Ferzan Özpetek 01 Distribution 2012 Quando vedi questo film è facile pensare a Questi Fantasmi di Eduardo o meglio al film Fantasmi a Roma di Pietrangeli con Mastroianni e Gassman, per parlare solo dei film di casa nostra. Questo per dire che i fantasmi invadono spesso la fantasia. La solitudine poi, e un po’ meno la paura della solitudine, creano un miscuglio di sensazioni a volte contraddittorie che possono dare volto agli incubi o fare addirittura compagnia. Özpetek dice che la magnifica presenza è Elio Germano. È bravo infatti, anche se un po’ inflazionato in questo periodo, risponde bene al suo ruolo di ragazzo ingenuo e insicuro, impaurito dalla sua omosessualità. Niente male la battuta che rivolge alla cugina quando lo solletica con un approccio sessuale: “Non riesco a essere gay, figurati se posso essere eterosessuale”. Il film non mi è piaciuto come altri di F.Ö. a cui invece sono particolarmente affezionata, Hammam, Le fate ignoranti, La finestra di fronte. Ricorrono anche qui le atmosfere decadenti, le musiche mediorientali, l’omosessualità sofferta, ma i toni mi sembrano più cupi, melodrammatici, sarà l’incertezza del momento che ci fa essere tutti più tetri. La storia. Un giovane siciliano, Pietro, aspirante attore, viene a Roma, va a vivere finalmente da solo in una vecchia bella casa dove spera di poter liberamente accogliere un fidanzato conosciuto anni prima. La casa però è abitata da una compagnia teatrale di fantasmi fermi agli anni ’30, una strana e simpatica famiglia Adams nostrana, che dopo divertenti momenti di panico dà al nostro eroe solidarietà e compagnia. E di solidarietà ha bisogno perché il fidanzato tanto ambito lo maltratta, la sua vita di gay non riesce a concretizzarsi, il lavoro di attore non decolla e il suo futuro si conferma quello di fare di notte i cornetti per una pasticceria. I fantasmi, invece, nei loro abiti e trucchi d’epoca esprimono preoccupazioni e ansie del loro tempo (c’è anche un omaggio al Teatro Valle, il più antico di Roma, oggi occupato contro il rischio di chiusura). Sono personaggi interessanti che insieme a orrende e curiose figure interferiscono nella vita del ragazzo. Sono queste figure, alcune oniriche altre reali, che spingono Pietro a ricercare i segni della vita passata di quei fantasmi di casa sua. Su tutte spicca una regina novantenne con negli occhi l’orgoglio della sua intelligenza e della sua vecchiaia. È Anna Proclemer. Il finale non saprei come definirlo se non come una non fine, un punto interrogativo. □□□□□□□□ È nata una star? di Lucio Pellegrini Warner Bros Italia 2012 È nata una stella, senza il dubbio del punto interrogativo, è anche il titolo di un film americano degli anni ’50, George Cukor il regista, Judy Garland il viso e la sua voce soprattutto. Avrei preferito che questo film fosse un remake di quello piuttosto che il brodo allungato di un racconto di Nick Hornby. Stimo la comicità di Luciana Littizzetto e di Rocco Papaleo, mi meraviglia molto che si siano trascinati in un film così noioso malgrado qualche loro battuta simpatica, rapida e tagliente come al solito, ma la storia non regge i 95 minuti del film. Scoprire di avere un figlio appena uscito dall’adolescenza, protagonista di un porno perché superdotato sessualmente, deve essere traumatico. Poi però si deve scegliere o la piega pornografica pecoreccia, che sta pure nella tradizione della commedia all’italiana, oppure il filone del difficile rapporto genitori figli, con lo spazio e la rilevanza che a questa questione spetta in termini di immagini, di linguaggio, di prospettiva. Gli accenni non bastano, fra una battuta e l’altra c’è tanto tempo senza sostanza, così scivola tutto via dalla memoria, ci si annoia. Il film finisce dove potrebbe cominciare: senza vergogna, può la pornografia essere un’occasione di lavoro come quel ragazzo lascia intendere?