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Anno VI
2016
dicembre
Periodico religioso di collegamento tra i membri e gli amici
della Famiglia Mariana Le Cinque Pietre
Shalom a voi fratelli e sorelle. Al termine dell’anno Giubilare della
Misericordia Papa Francesco nella sua bellissima e toccante lettera apostolica Misericordia et misera invita le nostre comunità di continuare a
celebrare e vivere la Misericordia di Dio. Egli ci presenta l’icona di quanto abbiamo celebrato nell’anno giubilare: l’incontro tra la donna adultera
e Gesù. L’incontro tra la misera e la Misericordia. Il Papa mette in evidenza il contrasto di atteggiamento sia dei rigoristi, uomini della legge
che vogliono lapidare la donna e l’atteggiamento di Gesù che nel suo silenzio guarda negli occhi della donna,legge nel suo cuore e comprende il suo desiderio di essere liberata e perdonata. Il silenzio di Gesù fa emergere
la voce di Dio nelle coscienze,sia della donna e degli accusatori. La presenza di Gesù suscita nel cuore dell’uomo
e della donna il desiderio di essere perdonato e liberato dalle false illusioni di questo mondo. Il compito di noi
cristiani è quello di essere testimoni della gioia e della speranza che viene dall’incontro con Colui che risponde
alle esigenze del cuore umano: esigenza di essere amato e di amare. Affermava Sant’Agostino che il peccato è
amare in modo assoluto le creature e le cose del mondo.
Quanta differenza rispetto ai legalisti, pronti a imporre leggi e norme ma non presentano l’amore di Dio che come
dice Francesco suscita gioia e che possiede il volto della consolazione. I rigoristi freddi dopo la pubblicazione di
questa lettera sono anche coloro che contestano il Papa di concedere ai sacerdoti la facoltà di assolvere il peccato
di aborto che rimane intrinsecamente azione cattiva. Che consolazione per le donne.
Siamo chiamati a celebrare la misericordia nella celebrazione dell’Eucarestia,del sacramento della riconciliazione,
nella celebrazione dell’ascolto della Parola di Dio e nell’unzione dei malati e infine nell’azione caritativa perché
la misericordia è di carattere sociale, non possiamo essere indifferenti davanti alle diverse forme di povertà. Ciascuno è chiamato a essere artigiano delle opere di misericordia. Questo non si tratta dell’invito di essere missionari delle cinque pietre? Non siamo forse chiamati a dire al mondo che la “Misericordia divina supera ogni colpa e
che ci si salva amando e pregando”? (Regola). Non siamo chiamati a essere le mani tese della Madre dei Poveri?
Può non interpellarci a noi missionari, cavalieri di Maria?
Il Papa sottolinea che il ministero della confessione è una vera missione sacerdotale. Invita i sacerdoti a essere
accoglienti; testimoni della paternità di Dio; solleciti nell’aiutare a riflettere sul male commesso; chiari
nell’esporre i principi morali; disponibili all’accompagnamento spirituale; lungimiranti nel discernimento di ogni
singolo caso; generosi nell’offrire il perdono di Dio. Il sacerdote deve essere guida,sostegno e conforto. Come
diceva Sant’ Alfonso che ogni confessore deve essere padre,medico, dottore e infine giudice.
Il sacerdote che ha incarnato queste caratteristiche è proprio Padre Pio da Pietrelcina. Aiutava ogni
singola persona a comprendere la gravità del peccato alla luce dell’amore di Dio e a vivere il comandamento dell’amore con responsabilità.
Noi della Famiglia vi auguriamo Buon Natale, che Gesù Bambino riempia i vostri cuori di pace e di
amore. Il cuore di Gesù Bambino batte di amore per il Padre e per ciascuno di noi. L’amore è la
vita di Dio.
dal vostro fratello Benedetto di Gesù Misericordioso
Verso il Natale
Poesie e racconti
YOGA? No grazie, sono cristiano!
Non moriremo mai più
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SPECIALE Sui passi di Fatima
I magi adorano Gesù Bambino
La natura umana e divina di Gesù
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“Ciò che di più bello potete offrire
nella Novena del Natale
è che in nessun giorno siate tristi,
ma sempre nella gioia”
di fra Francesco Maria di Gesù Abbandonato,
frate di Maria
“Ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è
nato per noi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia.” (Lc 2,10-12).
Sembrava una notte come tante altre e invece quella notte fu riempita di luce. In una
mangiatoia è esplosa la gioia di vivere: è nato Gesù, il Figlio di Dio! La vita di un piccolo Bambino ridà significato e dignità alla vita umana: forse ci riteniamo piccoli, forse ci
troviamo anche noi nella povertà di una “mangiatoia”, ma il Dio Bambino in questo Natale
vuole richiamarci alla gioia della vita: con la sua nascita ci vuol dire che anche la mia vita
e la tua vita, ogni vita umana è un prodigio d’amore!
Una notte che ogni anno riviviamo e che così può ridare l’aurora alle nostre notti. L’aveva
compreso bene san Francesco che nel Natale del 1223 fece rivivere il mistero della vita a
tutti coloro che accorsero a Greccio. Quella notte a Greccio tutto fu un sussulto di gioia:
vennero i frati, accorse la popolazione festante e davanti alla rappresentazione del primo
Presepe vivente della storia tutti rimasero allietati di un gaudio mai assaporato prima.
Francesco fece sperimentare l’ineffabile gioia di una vita trasformata davanti al mistero
del Natale. (cfr. Vita Prima 468-470 di Tommaso da Celano)
Quest’anno davanti al Presepe vogliamo riscoprire il grande dono che Dio ci ha fatto:
la gioia della vita!
“Non tralasciamo di preparare nelle nostre case il
Presepe. Non importa se sarò piccolissimo perché
il nostro appartamento non consente di avere più
spazio, ciò che conta è rivivere e far rivivere ai
nostri figli la bellezza del Mistero della nascita di
Gesù: Dio che si è fatto uomo per amore nostro.”
(padre Giovanni dell’Immacolata, Famiglia, accendi
la tua lampada, pag.53, Edizioni Palumbi, 2016)
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Fammi uguale, Signore, a quelle
foglie
moribonde che vedo oggi nel sole
tremar dell'olmo sul più alto ramo.
Tremano sì, ma non di pena: è tanto
limpido il sole, e dolce il distaccarsi
dal ramo, per congiungersi sulla terra.
S'accendono alla luce ultima, cuori
pronti all'offerta; e l'angoscia, per
esse,
ha la. clemenza d'una mite aurora.
Fa' ch'io mi stacchi dal più alto ramo
di mia vita, così, senza lamento,
penetrata di Te come del sole.
(Ada Negri Poesie di Dio,
a cura di Enzo Bianchi, p. 174)
Una volta due studenti si fermarono presso una fontana ben piazzata su una lastra di pietra. Sulla lastra erano incise alcune parole appena decifrabili sotto il
fango. Lavata la pietra, lessero: “Qui giace l’anima del dott. Pedro Garcia”. “ Assurdo”, commentò uno dei due. “Come si può seppellire un’anima?”. L’altro, invece,
si fece più pensieroso, mentre si allontanava dalla fontana. Ad un tratto, tornò
sui suoi passi e con la punta del bastone, tentò di smuovere la pietra. Finalmente
la sollevò e la ribaltò. Sotto vi era una borsa di pelle con un vero tesoro: centinaia di denari d’oro! A quella vista, gridò: “Ecco l’anima del dottore Pedro de
Garcia, la molla della sua vita, l’ideale supremo, il vero oggetto dei suoi amori”.
PELLEGRINO Pino, Racconti, p. 78
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di suor Maria Francesca del Volto Santo,
suora di Maria
Shalom a tutti voi. Il mese scorso abbiamo affrontato il tema dell’orazione mentale,
considerandola come un tuffo del cuore e della mente nell’Amore. Ora, il motivo di questo articolo è merito di un frate di Maria, che tornando a casa dalla scuola mi ha detto
di aver visto per strada una mamma che leggeva il seguente volantino: “YOGA PER BAMBINI”.
In molti cristiani del nostro tempo è vivo il desiderio di imparare a pregare in modo
autentico e approfondito, nonostante le non poche difficoltà che la cultura moderna pone all'avvertita esigenza di silenzio, di raccoglimento e di meditazione. L'interesse che
in questi anni hanno suscitato anche tra i cristiani alcune forme di meditazione connesse
a religioni orientali, è un segno non piccolo di tale bisogno di raccoglimento spirituale e
di profondo contatto col mistero divino. Di fronte a questo fenomeno, tuttavia, da molte
parti è sentita pure la necessità di poter disporre di sicuri criteri di carattere dottrinale e pastorale che consentano di educare alla preghiera, nelle sue molteplici manifestazioni, restando nella luce della verità rivelatasi in Gesù, tramite la genuina tradizione
della Chiesa.
Il contatto sempre più frequente con altre religioni e con i loro differenti stili e metodi
di preghiera, ha condotto negli ultimi decenni molti fedeli a interrogarsi sul valore che
possono avere per i cristiani forme non cristiane di meditazione. La questione riguarda
soprattutto i metodi orientali. C'è chi si rivolge oggi a tali metodi per motivi terapeutici: l'irrequietezza spirituale di una vita sottoposta al ritmo assillante della società tecnologicamente avanzata spinge un certo numero di cristiani a cercare in essi la via della
calma interiore e dell'equilibrio psichico.
Nell’affrontare questo tema ho deciso di farmi accompagnare da padre Joseph-Marie
Verdlinde attraverso il suo libro: “Da Cristo al Guru andata e ritorno”. In questo libro
egli vuole mettere in guardia i “cercatori di senso” che si rivolgono alle religioni
dell’Oriente e chiarisce le implicazioni dello yoga, che va ben oltre un metodo di rilassamento e di meditazione.
Padre Joseph-Marie nasce da una famiglia cattolica, diviene scienziato in chimica nucleare e, quando la sua ricerca spirituale lo spinge a praticare la meditazione trascendentale, viene ammesso a seguire un guru in alcuni ashrams (monasteri) dell’Himalaya poco accessibili agli occidentali. E’ lì che egli approfondirà la sua conoscenza dell’induismo e del
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buddismo e delle pratiche religiose che ne conseguono. Durante questo periodo, però, fa
l’incontro decisivo con Gesù, che lo spinge a lasciare la meditazione trascendentale
per seguirlo sui sentieri del Vangelo.
Lo yoga ha come mira essenziale, quella di liberare in noi l’essere spirituale dagli elementi di
natura materiale e di restituirlo, così, al suo isolamento e alla sua purezza originali.
Lo yoga è una pratica che ha la pretesa di condurre all’illuminazione facendo a meno della
grazia e contando solo sulle proprie forze.
Padre Joseph-Marie, nel suo libro ricorda il sorriso divertito del guru davanti alla motivazioni addotte dagli occidentali nel praticare lo yoga: rilassamento, distensione, dominio
ecc… In sostanza il guru affermava: “Voi praticate queste tecniche sacre per degli effetti
periferici ai quali noi non diamo alcuna importanza e non ponete la minima attenzione alle
trasformazioni profonde che esse inducono in voi! La vostra ignoranza o la vostra mancanza
di interesse per quegli effetti profondi non impediscono alle tecniche di produrre in voi
quello per il quale esse sono concepite…”
Dobbiamo sapere che non esiste nessuna tecnica che possa forzare la venuta di Dio in noi.
La grazia è che Dio stesso si china verso di noi, liberamente. L’autentica mistica cristiana
nulla ha a che vedere con la tecnica: essa è sempre un dono di Dio.
L’augurio che voglio rivolgere a tutti coloro che leggeranno questo articolo è il seguente:
siate testimoni di Gesù e della verità. Se vi capita di incontrare persone che praticano yoga, testimoniate la verità, e se ne sentite il desiderio leggete e studiate questo libro che
padre Joseph-Marie ha scritto. Darà più luce alla vostra fede, ma allo stesso tempo vi permetterà di essere testimoni della verità, smascherando le menzogne relative alla meditazione trascendentale. Buona missione e buona testimonianza.
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di fra Giuseppe Maria di sorella umiltà,
frate di Maria
“Siamo nati e non moriremo mai più”. Una frase che ci può lasciare un po’ perplessi, un po’ sconcertati. Ma, scavando a fondo, analizzando bene e con occhi di Dio,
beh, non può essere che così. Io non comprendevo tale frase, nonostante per diverse volte, me la sono ritrovata di fronte, nelle librerie. Invece, l’hanno compresa bene i protagonisti del libro che vi presento e soprattutto l’ha compresa bene
Chiara, la prima protagonista. “Siamo nati e non moriremo mai più: storia di
Chiara Corbello Petrillo” racconta appunto la vita di Chiara e suo marito Enrico
Petrillo (petrisco, come a volte lo chiama lei) alle prese con le gioie e i dolori del
loro cammino. Una vita vissuta nella totale fiducia in colui che ci ha creato, Dio
Padre, che li ha portati a dire dei sì uno più grande dell’altro, sotto l’azione dello
Spirito Santo.
Questo libro parla di un totale atto di abbandono a Dio, di una testimonianza di
fede forte e colma di bellezza, di speranza, di amore. E’ un libro che sin dalle prime pagine fa battere forte il cuore, che ti ruba del tempo per poterlo leggere e,
come nel mio caso per poterlo rileggere, per poterne assaporare la gioia e la speranza, per poter interiorizzare alcune frasi.
Tra le sue pagine c’è sì una bella dose di dolore, di tribolazioni, ma Chiara ed Enrico, offrendo tutto ciò a Gesù, riescono non solo a trasformarlo in gioia per loro,
ma anche per il prossimo, specialmente per una coppia di loro amici, che sarà poi
l’autore del libro.
Gli episodi che si susseguono lasciano senza parole (e talvolta con tante lacrime!!)
come quando Chiara uscendo dall’ ospedale per un grave problema, alle sue compagne di stanza dice “mi raccomando, pregate come facevamo queste notti e ricordate che noi siamo qui dentro, per rendere migliori gli altri”.
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Una storia di amore meravigliosa, vissuta fin dall’inizio in tre: Chiara, Enrico e
Dio, che loro non hanno mai escluso. Una storia che profuma di santità e che ci
fa comprendere che la santità, appunto, è per tutti e non solo per preti o suore.
Un rapporto, quello di Chiara ed Enrico, che illumina da quanto è colmo di bellezza, di Paradiso. Una storia che nessuno forse avrebbe accettato con il sorriso sulle labbra come ha fatto questa giovane coppia, che ha confidato sempre
in Gesù e Maria per trasformare le loro tribolazioni in benedizioni, in una danza
per Dio, in canti di gioia! Tutto è veramente dono per loro e anche la morte, sarà
semplicemente la porta per entrare nella vita eterna, dove non moriremo mai più!
Un libro che consiglio vivamente di leggere e che aiuterà a vivere ogni giorno con
più gratitudine verso il Cielo: ”siamo nati e non moriremo mai più”, una frase che
ci fa guardare con gli occhi verso l’infinito, verso l’eterno!
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di suor Maria Teresa dell’Annunciazione,
suora di Maria
La prima apparizione della Madonna a Lucia, Francesco e Giacinta fu il 13 Maggio 1917.
Nelle sue memorie Suor Lucia racconta che quel giorno con Giacinta e Francesco giocavano sul pendio di Cova d’Iria, facendo un muricciolo attorno a una macchia, quando
all’improvviso videro una specie di lampo e pensando all’arrivo di un temporale cominciarono ad avviarsi verso casa spingendo le pecore verso la strada. Nei pressi di un grande
leccio videro ancora un altro lampo e dopo alcuni passi videro sopra il leccio una
“Signora” vestita tutta di bianco, più luminosa del sole, diffondendo una luce più chiara e intensa di un bicchiere di cristallo pieno d’acqua cristallina attraversato dai raggi
del sole più ardente. I tre bambini restarono sorpresi e si trovarono immersi nella luce
che la circondava e che lei diffondeva.
La Madonna rassicurò i bambini a non aver paura, Lucia chiese di dove fosse e cosa volesse, la Madonna rispose che era del cielo e che era venuta a chiedere di recarsi lì per
sei mesi consecutivi il giorno 13 a quella stessa ora e dopo si sarebbe presentata e avrebbe detto cosa voleva. Lucia chiese per lei, per Francesco e Giacinta se sarebbero
andati in cielo, la Madonna rispose “sì”, ma Francesco avrebbe dovuto recitare molti rosari.
Lucia chiese di due ragazze morte da poco tempo, la risposta fu che una era in cielo invece l’altra era in purgatorio e lì sarebbe rimasta a lungo.
La Madonna chiese se volessero offrire a Dio le sofferenze che Egli vorrà mandargli in
riparazione dei peccati con cui è offeso e per la conversione dei peccatori; alla loro risposta affermativa gli annunciò che avrebbero dovuto soffrire molto ma la grazia di Dio sarebbe stata il loro conforto e mentre pronunciava queste parole, riferì suor Lucia,
“aprì per la prima volta le mani, comunicandoci una luce così
intensa, una specie di riflesso che da esse usciva e ci penetrava nel petto e nel più intimo dell’anima, facendoci vedere
noi stessi in Dio, che era quella luce, più chiaramente di come ci vediamo nel migliore degli specchi.” Sempre per impulso si inginocchiarono e ripeterono “Santissima Trinità, io
Vi adoro. Mio Dio, io vi amo nel Santissimo Sacramento”.
Passati i primi momenti la Madonna aggiunse di recitare ogni giorno il rosario per ottenere la pace nel mondo e la fine della guerra. Detto questo comincia ad elevarsi verso il
cielo.
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di Filippo Betti,
operatore di Shalom
La Prima guerra mondiale fu il risultato di un lungo periodo di tensioni tra le principali
potenze europee. La Germania, in particolare, voleva imporsi come Paese guida del continente, contrastata dall'Inghilterra e dalla Francia. L'impero austro-ungarico e quello
russo vedevano invece minacciata la loro integrità dalle richieste di indipendenza dei diversi popoli sottomessi.
Il conflitto scoppiò dopo l'assassinio (28 giugno 1914) di Francesco Ferdinando, erede
al trono d'Austria. L'Austria ne ritenne responsabile la Serbia, dichiarandole guerra. Il
meccanismo delle alleanze fece entrare nel conflitto Gran Bretagna, Francia e Russia da
un lato, e dall'altro Germania e Austria. L'Italia si mantenne inizialmente neutrale, ma
nel maggio del 1915 entrò in guerra, a fianco di Francia e Inghilterra, dopo lunghi e accesi contrasti interni. Nel 1917 avvennero due fatti di importanza decisiva: la firma
dell'armistizio con la Germania da parte della Russia (guidata dopo la rivoluzione da
un governo bolscevico) e l'entrata in guerra degli Stati Uniti.
Il 1918 fu l'anno decisivo del conflitto: Germania e Austria erano ormai vicine al crollo
economico. Le forze dell'Intesa si imposero definitivamente sul fronte occidentale mentre le truppe italiane vincevano a Vittorio Veneto ed entravano a Trento e Trieste. L'11
novembre 1918 vi fu la firma dell'armistizio tra
Germania ed Alleati. La guerra era finalmente
terminata, lasciando dietro di sé milioni di morti ed enormi problemi.
Al conflitto hanno preso parte più di 70 milioni
di militari in tutto il mondo. Le vittime della
guerra sono state almeno 9 milioni tra i soldati
e 7 milioni tra i civili.
Pur avendone avuto un ruolo marginale, anche il
Portogallo ha partecipato alla “Grande guerra”
dalla parte dell’Intesa. Nel 1916 infatti, dietro
pressioni inglesi, lo Stato Iberico fu indotto a sequestrare ben trentasei navi da carico
tedesche bloccate dall’inizio del conflitto nei suoi scali. Ciò costrinse la Germania a dichiarare guerra alla Repubblica lusitana.
Nell’apparizione a Fatima del 13 luglio 1917, la Madonna predisse che: "La guerra sta
per finire; ma se la gente non cessa di offendere Dio, una peggiore scoppierà durante il regno di Pio XI." Dalle conseguenze ancor più devastanti fu, infatti, la Seconda
guerra mondiale.
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di padre Giovanni dell’Immacolata,
frate di Maria
e padre della Famiglia Mariana le Cinque Pietre
Maria è “vergine” che significa?
Certo il primo significato che viene alla mente è l’integrità fisica. Maria dice all’angelo
“non conosco uomo” non ho avuto esperienze fisiche con un uomo.
Ma se solo fosse questo pur con la sua importanza sarebbe molto poco.
Il termine “vergine” vuol dire tutta data a Dio.
Una volta e ora anche se sono più rare eccezioni una giovane voleva conservarsi vergine
per il suo sposo per il giorno delle nozze. Non era per mutilare o impoverire la propria
femminilità ma per conservare il dono della propria fedeltà un amore custodito, un
cuore che non si è aperto a chiunque ma che si è saputo ...
“Verginità” quindi dono di un amore pieno, appassionato, infuocato da un amore grande.
Maria dunque è vergine perché appassionata, infiammata da un amore totale per il
suo Dio, è tutta per lui.
Ma Maria è anche Madre, madre del Figlio di Dio e
quindi solo in lei si può avere il miracolo di una Madre Vergine.
Ma Maria è anche Madre della Chiesa, perché essendosi data tutta a Dio può essere resa madre dal
Figlio anche la madre dei suoi figli, ai quali vuole indicare la via del Cielo e sostenerli in questo cammino.
A Fatima si presenta come colei che viene dal Cielo,
tutta di Dio e come colei che vuole condurre al cielo: “Io verrò in cielo?” chiede Lucia, “Sì verrai con
me in cielo” risponde Maria, e mostra anche la via
“pregate il rosario ogni giorno”
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raccontato da Maria Valtorta nel suo: “L’Evangelo come mi è stato rivelato”
di suor Marian della Natività di Gesù Bambino,
suora di Maria
Vedo Betlemme piccola e bianca, raccolta come una chioccia sotto al
lume delle stelle. Ad un tratto vedo aumentare la luce notturna... alzo lo sguardo... Una
stella, di insolita grandezza che la fa parere una piccola luna, si avanza nel cielo, seguita da una scia di bellissimi colori. Brillando con più splendore la stella si ferma sopra
una piccola casa. Dentro la casa la Santa Vergine veglia presso la culla del Figlio e prega.
Dalla via maestra si avanza una cavalcata. Cavalli bardati ed altri condotti a mano, dromedari e cammelli cavalcati o portanti il loro carico. Presso la casetta, la cavalcata, di
uno splendore fantastico sotto la luce della stella, si ferma e tre uomini scendono dalle
loro cavalcature. Dalle vesti ricchissime si intuisce che sono tre potenti. Questa visione si interrompe qui per poi riprendere con l’adorazione a Gesù Bambino il giorno successivo.
Entrano i tre Magi nella casetta, seguiti ognuno da un servo. Maria è seduta col Bambino
in grembo ed ha vicino Giuseppe in piedi. I tre si prostrano davanti al Bambino, mentre i
servi appoggiano per terra gli oggetti da loro portati: un pesante cofano tutto intarsiato, un lavoratissimo calice e una specie di anfora in oro, larga e bassa.
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Il Bambino sorride, tutto vestito di bianco, mentre il più anziano dei Magi spiega come
una notte avevano visto accendersi una nuova stella nel cielo, nata per dire agli uomini
una verità benedetta, un segreto di Dio. Ma gli uomini non le avevano fatto caso, perché avevano l’anima confitta nel fango. Non alzavano lo sguardo a Dio e non sapevano
leggere le parole che Egli traccia, ne sia in eterno benedetto, con astri di fuoco sulla
volta dei cieli. Ma essi l’avevano notata e si erano sforzati di capirne la voce. Così, studiando il cielo, erano venuti a conoscere il nome della stella: “Messia”, e compresero
che bisognava seguirla per poterLo trovare.
Così, da posti diversi, ognuno all’insaputa dell’altro, erano partiti per dare lode al Messia venuto al mondo e chiederGli la salvezza eterna. Viaggiando la notte, erano venuti
verso la Palestina, perché la stella andava in tal senso. Si erano quindi incontrati e insieme erano andati a Gerusalemme, poiché il Messia doveva essere il Re di Gerusalemme, il re dei Giudei. Ma la stella sul cielo di quella città era scomparsa, a causa della
corruzione degli abitanti del posto, che non meritavano di vederla. Dopo essere passati dal re Erode si erano diretti quindi a Betlemme, dove la stella era riapparsa davanti
a loro, sino a fermarsi sopra la casa dove era nato il Salvatore Divino. E ora Lo adoravano, offrendoGli il loro cuore, che mai avrebbe cessato di benedire Dio della grazia
concessa, e dandogli i loro doni: l’oro, come conviene a re; l’incenso come conviene a Dio; la mirra, poiché, dice il più anziano dei Magi a Maria, il suo Bambino è uomo oltre che
Dio, ed essendo il Salvatore dovrà, per salvare la terra, caricarsi del suo male, di cui
uno dei castighi è la morte. Questa resina è per quell’ora. Perché le carni, che son sante, non conoscano putredine di corruzione e conservino integrità sino alla loro risurrezione. Maria, nascondendo con un sorriso la sua tristezza per questo presagio, offre
loro il Bambino. Dopo averLo adorato i tre ripartono, mentre Maria guida la manina di
Gesù con un gesto di addio e benedizione.
Ancora oggi, attraverso i Re Magi, Gesù ci dice di non aver paura di abbandonare le
nostre comodità e sicurezze e di cercarLo con umiltà e fiducia per portarGli i nostri
doni, nella consapevolezza che, se i nostri fini sono buoni e giusti, Egli, che legge i cuori, non mancherà di farsi trovare. Maria prenderà la mano di Gesù e la guiderà ancora.
Ora questa mano sa benedire, ma a volte cade stanca e sfiduciata per i peccati degli
uomini e allora è Lei che ne leva lo sdegno col baciarla. Gesù non resiste ai baci di Maria. Bisogna andare da Lei per farLa nostra avvocata e Lei, anche senza parole ma col
ricordo della sua Croce Lo ammonirà: “Se sei Salvatore, salva.”
Ecco il “Vangelo della fede” nell’apparizione della scena dei Magi. Meditiamo e imitiamo. Per il nostro bene, dice Gesù.
Maria Valtorta,
“L’Evangelo come mi è stato rivelato”.
(Vol. 1, cap.34: Adorazione dei Magi.
E’ “Vangelo della fede”)
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di fra Angelo Maria di Gesù Crocifisso,
frate di Maria
Nel prologo del vangelo di San Giovanni leggiamo: “E il verbo si fece carne e venne ad
abitare in mezzo a noi…” (Gv 1,14a). Noi cristiani adoriamo Gesù, Vero Dio e Vero Uomo; per arrivare ad affermare tale verità, la Chiesa in passato ha dovuto ricorrere a diversi Concili: Efeso nel 431 e soprattutto Calcedonia nel 451. La controversia circa
“L’unità di persona e dualità di nature di Gesù Cristo” risale a questo periodo e i fautori sono stati i due esponenti di rilievo delle scuole di Alessandria e di Antiochia: Cirillo, patriarca di Alessandria (morto nel 444) e Nestorio, patriarca di Costantinopoli
(dopo il 381-451). Disputa che apparentemente viene risolta durante il concilio di Efeso.
I fautori di Nestorio e quelli di Cirillo di Alessandria continuarono ad alimentare la disputa. Nestorio, nonostante la sua deposizione (431) continuò a portare avanti la sua difesa e lo fece soprattutto attraverso l’opera intitolata “Liber Heraclidis”.
Nel versante della scuola Alessandrina, il monaco Eutiche non fa altro che inasprire la
discussione teologica proponendo una visione dell’unione tra il Verbo e la Carne che però
sfociò nell’errore del monofisismo. Eutiche sosteneva che in Cristo, dopo l’unione, era
presente una sola natura, confondendo e mescolando le due nature (= natura umana – natura divina). Con tale ragionamento, Egli, travisava vistosamente la dottrina insegnata da
Nicea e da Efeso. Le tesi di Eutiche furono condannate nel corso di un sinodo svoltosi a
Costantinopoli nel 448, a seguito della reazione messa in atto da Flaviano di Costantinopoli, il quale in quell’occasione lesse una professione di fede che conteneva la seguente
affermazione: «… riconosciamo che Cristo è di due nature dopo l’incarnazione, mentre confessiamo un solo Cristo, un solo Figlio, un solo Signore, in una ipostasi e in
una persona».
Con il concilio di Calcedonia che fu celebrato nel 451, si arriva a dare una risposta chiara
alle eresie che attentavano sia all’unità di persona (Nestorianesimo) sia alla dualità e distinzione delle nature (Monofisismo), al Concilio parteciparono circa 600 Vescovi.
La definizione propriamente detta si presenta come una vera e propria confessione di
fede, si divide in due parti. Nella prima viene riassunto l’insegnamento cristologico formatosi nel corso dei secoli precedenti, viene ripresa in sostanza, la formula di unione
sancita nel 433 tra i rappresentanti della scuola alessandrina e di quella antiochena. La
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seconda parte rappresenta la novità più importante: raccoglie tutto ciò che si poteva
dire in quel tempo per arrivare ad una concordanza logica tra l’unità di persona e la
dualità di nature.
Il simbolo calcedonese distingue due parti: 1) noi insegniamo a confessare un solo medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella
sua umanità, vero Dio e vero Uomo [ composto ] di anima razionale e di corpo, consustanziale al padre per la divinità, e consustanziale a noi per l’umanità simile in tutto a
noi, fuorché nel peccato, generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e in
questi ultimi tempi per noi e per la nostra salvezza da maria vergine e madre di Dio, secondo l’umanità, 2) uno e medesimo Cristo Signore unigenito; da riconoscersi in due nature senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili, non essendo venuta meno la
differenza delle nature a causa della loro unione, ma essendo stata, anzi, salvaguardata
la proprietà di ciascuna natura, e concorrendo a formare una sola persona e ipostasi;
egli non è diviso o separato in due persone, ma è un unico e medesimo Figlio, unigenito,
Dio, Verbo e Signore Gesù Cristo, come un tempo hanno insegnato i profeti e poi lo
stesso Gesù Cristo, e infine come ci ha trasmesso il simbolo dei padri.
Sulla linea dottrinale così tracciata, vengono selezionati quattro avverbi: a) senza confusione e b) senza mutamento, c) senza divisione e d) senza separazione. I primi due
si riferiscono all’eresia monofisista; gli altri due all’eresia nestoriana. Senza
“confusione e senza mutamento”: significa che il Verbo non si trasforma in carne perdendo la propria identità divina, né che la carne viene assorbita, quindi alterata o compromessa dal Verbo. L’Incarnazione non va spiegata come se fosse una fusione od una
mescolanza tra le due nature. Rimane inalterata la differenza specifica per cui in Gesù
Cristo possiamo confessare il suo essere Uomo e il suo essere Dio, e lo confessiamo
perché si riconosce che è così, i ragione della testimonianza offerta dai racconti evangelici. “Senza divisione e senza separazione”: parlare di dualità in Cristo non significa
ammettere due individui posti uno accanto
all’altro, o congiunti tra di loro. I due avverbi
non sono sinonimi, c’è una sfumatura che li
differenzia. Il testo conciliare vuole insistere
sulla verità che con l’Incarnazione avviene una
reale “comunicazione” tra il Verbo e la natura
umana da Lui assunta: il Verbo trasmette alla
natura umana la propria specificità personale
e ne assume le proprietà individuanti.«E il
Verbo si fece carne e venne ad abitare in
mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la
sua gloria, gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre, pieno di grazia e di
verità» (Gv 1,14).
[cfr. Battaglia Vincenzo, Gesù Cristo luce del mondo, Manuale di Cristologia, Roma 2008, pp
224-235]
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