Il tackle nel deserto L’altro volto del mondo arabo visto attraverso un pallone >sedizioni Guelpa_cop.indd 1 ISBN 978-88-89484-43-2 Luigi Guelpa Il tackle nel deserto euro 12,50 Luigi Guelpa In Marocco vive l’unico calciatore al mondo dichiarato patrimonio umanitario dell’Unesco. In Kuwait un fattorino è stato promosso presidente dell’azienda per cui lavorava dopo un gol in Coppa del Mondo. Le ragazze che a Kabul indossavano il burqa ora fanno shopping per le vie del centro di Stoccarda, anche se non sanno cosa sia un perizoma. Mentre a Teheran sono ancora costrette a travestirsi da uomo per entrare in uno stadio e applaudire Mahdavikia, preso a schiaffi pubblicamente dalla moglie perché bigamo. E che dire di Pelè? Stella per una notte del campionato libanese, mentre negli stessi giorni, ad Algeri, il piccolo Zidane veniva definito un brocco dal suo primo allenatore. Il calcio islamico è un caleidoscopio di colori, emozioni e di sorprese, un po’ come Palazzo Yacoubian di Al Aswani, il libro preferito di Aboutrika, stella del campionato egiziano che giudica un insulto arricchirsi con il calcio e che per questa ragione ha rifiutato un’offerta... faraonica dal Real Madrid. Muezzin e petrodollari, Corano e lusso sfrenato, kebab e ostriche. Sceicchi che acquistano il Manchester City solo perché era la loro squadra in un gioco della Playstation. Facce agli antipodi della stessa medaglia. È il calcio islamico, distante anni luce da quello di casa nostra, ma ricco di fascino e di pluralità. Poco conosciuto e lontano da ogni stereotipo. Anche se nelle terre sequestrate dal deserto un gol di Al Jaber vale quanto una punizione di Ronaldinho o un dribbling di Messi, e il baffone Shehata è più Special One di Mourinho. Luigi Guelpa, armato di carta, penna e macchina fotografica digitale, ha attraversato maghreb e medioriente come uno dei suoi tanti abitanti. Ascoltando storie, bevendo tè alla menta nei bazar di Marrakech, giocando a pallone per le strade polverose di Bamako, mescolandosi tra venditori di tappeti nel suk di Assuan, conversando con le prostitute di Rabat e i capricciosi sceicchi di Dubai. Se esiste il mal d’Africa ora esiste anche una saudade per il mondo islamico. Forse più recente, ma non meno contagiosa. sedizioni 2-07-2009 9:10:49