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La Contrescarpe
Giuseppe Caccavale
IL VERO
Della croce, di essa rimase, aria,
solo quel braccio, il traversale: si stende,
invisibile si stende davanti al
cavo più profondo del cuore: tu
ricordi te a te stesso, tu
ti sollevi dalla menzogna -:
libero
per forte angoscia
tu ora respiri
e tu
parli1.
L'Esperienza di Sommières
Queste righe vogliono essere inchiostro teso nello spazio, queste righe
raccontano l’esperienza del mio incontro con la poesia di Paul Celan.
Non ho gli strumenti adatti per decifrare una sua poesia. Posso solo
tradurla, attraversarla con il mio comportamento, portarla alla luce in
un altro linguaggio. Il mondo in cui ho immerso la poesia di Celan è
quello visivo. Ecco l’esperienza.
1
Das Wirkliche, Celan 2001, pp. 76-77. Traduzione di Michele Ranchetti e Jutta Leskien.
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PAUL CELAN IN ITALIA 2007 - 2014
Il paesaggio in cui ero è ben presente ancora nei miei occhi. Era inizio estate del millenovecentonovanta, ero a Sommières, in quegli anni
abitavo nel Sud della Francia, a Marsiglia. Erano le prime ore del pomeriggio e mi trovavo su una grande dalla ai piedi di un vecchio mulino trasformato in abitazione, trascorrevo qualche giorno in casa di
amici. Avevo portato con me una raccolta di poesie appena comprata
nella libreria di Marsiglia L’odeur du temps, dove mi servivo di solito.
La raccolta nelle edizioni C. Bourgois con in copertina un’opera di
Kandinsky era Grille de parole – Grata di parole – di Paul Celan. Scesi
dal mulino e portai con me quel libro, mi accomodai sulla dalla ai bordi
del fiume Vidourle, intorno avevo alberi, l’acqua del fiume specchiava
il paesaggio, intorno voli di uccelli e silenzio. In quella sacralità così
semplicemente umana aprii il libro. Non avevo mai letto nulla di Celan, i miei occhi incontrarono questi versi: «Non leggere più – guarda!
Non guardare più – va!». Avevo trent’anni. Ero profondamente deluso
da ciò che accadeva nelle Arti Plastiche, gli artisti erano diventati un
esercito arruolato alla stessa guerra, quella della speculazione finanziaria. Ero orfano di esempi, dovevo per la sopravvivenza di ciò che
amavo, il mondo visivo, correre ai ripari. Quei versi furono per me un
balsamo, li leggevo come suoni dalla vita e non come cose scritte professionalmente. Guardavo quei versi come offerta verso orizzonti inediti, stando in Francia trovai quasi tutte le sue raccolte. Per me fu un
incontro salutare, un mondo di dolore trasformato in dono per costruire altri mondi, la possibilità per me di re-inventare con lo studio
modalità di lavoro oramai in disuso. Così dopo, grazie alla sua lettura,
incontrai Osip Mandel’štam, Nelly Sachs, Marina Cvetaeva, Rose
Ausländer. Tutti poeti che portavo nei miei viaggi di allora tra Gand e
il Monte Athos. Per me non si è trattato di utilizzare versi disegnandoli
o dipingendoli su superfici, la mia sensibilità mi spingeva verso profondità sconosciute, qualcosa che obbligava alla decifrazione, alla traduzione, all’attraversamento di ogni singola parola. Cominciai dalla
sabbia e dal suono del setaccio. Ogni granello di sabbia una parola,
ogni parola un gesto preciso. Un cominciare di nuovo a vedere daccapo. Ecco, le poesie di Paul Celan sono state per me degli strumenti
ottici di alta precisione. Leggendo, i miei occhi andavano a scuola di
ri-grammatizzazione dello sguardo. Lo strumento che mancava a mio
avviso alle Arti Visive, sentivo necessario ri-fondare lo sguardo. Devo
ringraziare queste poesie, mi hanno dato l’audacia di dissotterrare
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grammatiche visive che spingevano di nuovo l’occhio al centro dello
sguardo. Uno sguardo lucido e non una svilita ubriacatura visiva, non
la costruzione di un rassicurante stilema, bensì un inciampare continuo nella ricerca e nello studio. Ho scalato queste poesie chiodo dopo
chiodo per guardare da altitudini dove agli occhi si porgevano panorami con compiti chiarissimi, portare di nuovo le cose alla loro natura
di semplicità, entrare dentro a esse per portare alla superficie l’osso
grammaticale del loro farsi suono, parola, forma. Le parole lette seduto
sulla dalla ai piedi del Vidourle lasciarono respirare daccapo i miei occhi, avevo di fronte comportamenti inediti da intraprendere. Quelle
parole venivano da sofferenze inumane e stranamente mettevano
forza ai compiti da svolgere a un giovanotto come me. Forse la stessa
forza che l’uomo impiega per sterminare si trasforma in uguale forza
per mettere di nuovo in vita la vita. La poesia da allora è diventata per
me il solo mondo che resta incontaminato dopo il ‘pogrom consumistico’. La poesia è rifiuto e in questo costante rifiuto a non allinearsi si
trasforma in lezione di vita, in organismo carico d’energia, almeno per
chi la legge. La poesia mi fa dire adesso che c’è più figura in una parola
che in una figura. Paul Celan ha fatto del fumo parola. Solo dopo molti
anni in compagnia della sua opera mi accorgo che la sabbia mi è diventata forma, è diventata figura detta attraverso il gesto, attraverso
l’impegno fisico. La sabbia, la polvere di grafite, l’astrattezza degli elementi naturali hanno domato le mie mani, sulle righe dello spazio
come uno scriba scrivo a dettato ascoltando la chiarezza.
Il caso ha voluto che, dopo anni di lettura dell’opera di Paul Celan,
andassi a insegnare Arti Murali al 31 di rue d’Ulm a Parigi, nella Scuola
Nazionale Superiore di Arti Decorative. Paul Celan insegnava al 45 di
rue d’Ulm, all’École Normale Supérieure. Così il primo progetto elaborato con gli allievi non poteva che essere la lettura e la traduzione
visiva di una sua poesia. La rue d’Ulm è vicino a Place de la Contrescarpe, quindi la sua poesia La Contrescarpe si è trasformata dopo vari
studi di Arti Tipografiche in un muro alfabetico, un muro dipinto ad
affresco. Ogni parola è stata macerata nell’intonaco e, si è fatta forma,
colore, figura. La poesia si è fatta spazio, una pagina d’aria.
Ritorno alla mia prima lettura, ritorno alla dalla lungo il fiume a
Sommières. Quel particolare momento è sospeso lungo il mio cammino, continuamente cresce in me. Dal preciso strumento ottico che
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sono state le poesie di Paul Celan ora ogni sua raccolta è una costellazione che ho di fronte, scruto all’interno di essa e ogni parola come una
stella impone di illuminarmi di chiarezza il tempo che mi tocca vivere.
Figg. 1-3. La Contrescarpe, una poesia di Paul
Celan costruita a buon fresco nell'atelier di
Arti Murali sotto la direzione di
Giuseppe Caccavale — École Nationale
Supérieure des Arts Décoratifs di Parigi,
2011/2012.
La Contrescarpe
Bibliografia
Opere di Paul Celan
Sotto il tiro di presagi. Poesie inedite 1948-1969, traduzione e cura di
Michele Ranchetti e Jutta Leskien, Einaudi, Torino, 2001.
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