Cinema benedetto di un regista maledetto - i

Cinema benedetto di un regista maledetto
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Cinema benedetto di un regista maledetto
Vincenzo Ruocco (May 16, 2009)
“Odyssey in Rome” documentario diretto da Alex Grazioli. Grande interesse al John Calandra
Institute. Opera affascinante che racconta il mondo artistico di Abel Ferrara, regista, attore,
sceneggiatore e musicista statunitense di origini italiane
“Essere un regista indipendente certamente significa voler raccontare storie indipendenti”, e così è
la storia di “Mary” descritta da Abel Ferrara.
Tre anni estenuanti motivati da difficoltà finanziarie, produttori non trovati negli Stati Uniti, cercati
altrove e scovati in Italia. E Alex Grazioli ha avuto così l’idea di seguire e filmare il regista, da lui
definito contoversial oltre che indipendente.
“Mary” è un film sulla religione, sulla storia altra di Maria Maddalena.
Attraverso i Vangeli ritrovati in Egitto nel 1945 si narra una versione umana della vicenda di Gesù,
offrendo un diverso punto di vista sulla figura femminile. Dipinta per anni come una prostituta
pentita e poi riabilitata da alcuni brani recuperati proprio nel secolo scorso.
Moglie o amante di Gesù, forse sororale discepola, queste le ipotesi. Queste le provocazioni.
Abel è la stella del documentario in cui si mostra totalmente, alternando momenti di forza e di
debolezza, di dolcezza ad altri di ira, attimi di lucida follia ad altri di incosciente concentrazione.
Talento smisurato in grado di esprimersi non soltanto attraverso il cinema ma anche la musica.
Lo ascoltiamo suonare la chitarra e cantare splendidamente brani da lui stesso composti.
Un artista dalle grandi potenzialità ma al tempo stesso irrisolto, incompleto per certi versi. Incapace
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di “fare i conti” col cinema americano, industria nel senso più totale del termine.
I suoi film stanno ormai diventando di nicchia e i produttori preferiscono altri progetti potenzialmente
più redditizi.
Dove è dunque il problema?
Forse i tempi sono cambiati, forse Ferrara non è un uomo di questi tempi. Un artista oggi sempre più
non si afferma mai solamente attraverso il puro talento, si richiedono altre capacità come quella di
conoscere e saper gestire anche le fasi del processo che esulano dall’essere dietro la macchina da
presa.
Questo può essere secondo noi il messaggio e al tempo stesso la provocazione di “Odyssey in Rome”
[2]. Far comprendere la necessità di saper maneggiare il know-how moderno, riuscire a
destreggiarsi nell’ambito della produzione, della pubblicità e della distribuzione, elementi
concatenati e indispensabili per un progetto fattibile.
E c'è da chiedersi infatti. Che senso ha aggiudicarsi il Premio Speciale della Giuria alla Mostra
Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia per poi passare quasi inosservato al grande
pubblico?
Alla luce di queste considerazioni come giudicare oggi il panorama cinematografico internazionale? E
quale orientamento contraddistingue le majors americane e i produttori indipendenti?
Forse il problema non è la produzione, o non solamente. Forse il problema non è neppure del
"Sistema". Sappiamo benissimo che il risultato di un processo impegnativo e costoso, non solamente
dal punto di vista finanziario, come la produzione di un film deve essere il successo al botteghino, il
guadagno per fugare ogni possibile dubbio.
Non si discute l'estro del Ferrara visionario e, in questo caso, mistico; semmai ciò su cui bisogna
riflettere è l'utilità o non di Ferrara all'industria cinematografica.
Non riscuotendo il successo in grado di soddisfare le necessità dei produttori, questo regista è
destinato probabilmente a scivolare sempre più ai margini dello stesso cinema indipendente,
divenendo autore di culto per un audience scarsa dal punto di vista numerico, seppure
estremamente fedele dal punto di vista partecipativo.
Il documentario approda così in una terra di nessuno in cui ciò che si consegue non è la felicità.
Smuove il fondo sabbioso del mare alzando un numero indecifrato di piccolissimi granuli dorati, tanti
quante le domande poste alla fine della proiezione dal pubbilco presente in sala. E forse, quasi per
assurdo, è il documentario stesso la vera opera vincitrice.
Ancora una volta invito all'ennesima valutazione, lungi da noi il desiderio di lanciare discredito
sull'opera ferrariana. Ma quanti di coloro che hanno assistito al documentario finiranno per vedere
"Mary"?
In questa domanda ed eventuali risposte forse ancora una provocazione di "Odyssey in Rome" .
Source URL: http://www.iitaly.org/magazine/article/cinema-benedetto-di-un-regista-maledetto
Links
[1] http://www.iitaly.org/files/9257mary1242245812jpg
[2] http://www.odysseyinrome.com/
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