sirio e mitologia dogon - Il Corriere delle Regioni

SIRIO E MITOLOGIA DOGON
Ultimo aggiornamento Domenica 31 Gennaio 2016 10:26
La mitologia dei Dogon e il mistero della stella Sirio. Ill popolo Dogon stanziato sulle falesie
di Bandiagara nell'attuale Stato del Mali è stato scoperta e rivelato al mondo dal celebre
etnologo Marcel Griaule di francesco Lamendola La mitologia dei Dogon e il mistero della stella Sirio
di
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Francesco Lamendola Come è noto, la mitologia del popolo Dogon, stanziato sulle falesie di Bandiagara nell'attuale
Stato del Mali (ex Africa Occidentale Francese) è stata 'scoperta' e rivelata al mondo dal
celebre etnologo Marcel Griaule, che soggiornò a lungo a fra di essi prima e dopo la seconda
guerra mondiale, e giunse al punto di conquistarne la piena fiducia. Fu così che un vecchio
cacciatore cieco, Ogotemmeli, decise di rivelargli, in u a serie di colloqui riservatissimi che
durarono più di un mese, i ricchissimi tesori della mitologia Dogon, che allo studioso francese
apparvero altrettanto affascinanti di quella greca narrata da Esiodo ne Le opere e i giorni o dallo
stesso Omero nell'Iliade e nell'Odissea. Fu per far conoscere al mondo tali tesori, che egli
giudicava in tutto degni essere paragonati a quelli della mitologia greca, e per sfatare il luogo
comune di un'Africa nera "senza storia e senza civiltà", che Griaule decise di pubblicare un
volume di etnologia dalle caratteristiche atipiche: niente note erudite, niente citazioni dirette, ma
un lungo racconto di tipo letterario, nel quale era riassunta l'intera cosmogonia, la metafisica e
la religione dei Dogon (che non si erano convertiti all'islamismo, ma era rimasti fedeli al culto
dei loro padri), così come il vecchio saggio Ogotemmeli glie lo aveva narrato: Dieu d'eau, nel
1946 (Dio d'acqua: trad. it. di Giorgio Agamben, Milano, Garzanti, 1972). Era stato il vecchio
negro a far chiamare Griaule, allorché aveva compreso che quell'uomo meritava la sua fiducia e
che gli si offriva una occasione unica, a lui molto anziano e prossimo al traguardo (sarebbe
morto nel 1947), di salvare il patrimonio mitologico dei Dogon affidandolo alla civiltà dei bianchi,
che lo avrebbero preservato (un po' come Alce Nero raccontò le gesta degli Indiani d'America a
John Neihardt, dando origine a uno dei libri che più avrebbero contribuito alla conoscenza del
mondo materiale e spirituale dei "pellirossa" in Occidente). Ecco come Griaule racconta la
genesi della sua opera:
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"(…) questi uomini vivono su una cosmogonia, su una metafisica e su una religione che li
pone sullo stesso piano dei popoli dell'antichità e che la stessa cristologia avrebbe interesse a
studiare.
"Questa dottrina, un uomo venerabile l'ha confidata all'autore. Ogotemmeli, di Ogol Basso, un
cacciatore divenuto cieco in seguito a un incidente, doveva alla sua infermità di essersi potuto
istruire lungamente e con cura. Dotato di un'intelligenza eccezionale, di un'abilità fisica ancora
visibile pur nel suo stato, di una saggezza il cui prestigio si stendeva in tutto il paese, egli aveva
compreso l'interesse degli studi etnologici dei bianchi e aveva atteso per quindici anni
l'occasione di rivelare ad essi la sua scienza. Voleva, senza dubbio, che quei bianchi fossero al
corrente delle istituzioni, dei costumi e dei riti più importanti.
"Nell'ottobre del 1946, egli mandò a chiamare l'autore, e, per trentatré giorni, si svolsero dei
colloqui indimenticabili che misero a nudo l'ossatura di un sistema del mondo la cui
conoscenza sconvolgerà da cima a fondo le idee correnti sulla mentalità negra come sulla
mentalità dei primitivi in generale.
"Si sarebbe tentati di credere che si tratti di una dottrina esoterica. (…) Pur non essendo
conosciuta, nel suo insieme, che dai vecchi e da alcuni iniziati, questa dottrina non è esoterica
perché ogni uomo che abbia raggiunto la vecchiaia può possederla. Sacerdoti totemici di ogni
età ne conoscono le parti corrispondenti alla loro specialità. Di più: i riti che si riferiscono a
questo corpo di credenze sono praticati dal popolo intero.
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"Certo questo popolo non ha sempre la conoscenza profonda dei suoi gesti e delle sue
preghiere; ma, in questo, esso assomiglia a tutti gli altri popoli. Non si può accusare di
esoterismo il dogma cristiano della transustanziazione col pretesto che l'uomo della strada
ignora questa parola e ha appena delle idee vaghe sulla cosa.
"Una riserva dello stesso genere potrebbe essere avanzata circa il valore esplicativo e
rappresentativo che questa dottrina ha rispetto alla mentalità negra in generale. Si potrebbe
obiettare che quel che vale per i Dogon non vale per le altre popolazioni del Sudan.
"A questo, l'autore e i suoi collaboratori possono rispondere con sicurezza: il pensiero
Bambara si fonda su una metafisica altrettanto ordinata e ricca, i cui princìpi di base sono
paragonabili a quelli dei Dogon. (…) Lo stesso avviene per i Bozo, pescatori del Niger, per i
Kurumba, coltivatori del centro dell'Ansa, per gli enigmatici Fabbri delle stesse regioni, presso i
quali le ricerche sono appena incominciate.
"Non si tratta, dunque, di un sistema di pensiero isolato, ma del primo esempio di una lunga
serie.
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"L'autore si augura di poter raggiungere due scopi: da una parte, portare a conoscenza di un
pubblico non specializzato, e senza l'abituale apparato scientifico, un'opera che l'uso riserva ai
soli eruditi; dall'altro, rendere omaggio al primo negro della Federazione Occidentale che abbia
rivelato al mondo dei bianchi una cosmogonia altrettanto ricca di quella di Esiodo, poeta di un
mondo morto, e una metafisica che presenta il vantaggio di proiettarsi in mille riti e gesti su una
scena dove si muove una folla di uomini vivi." (op. cit., pp. 10-12).
E così è stato: migliaia di lettori occidentali, attraverso le pagine del libro Dio d'acqua, hanno
potuto fare la sorprendente scoperta (sorprendente per oro, s'intende) di quanto grandi siano la
profondità e la ricchezza delle credenze tradizionali del popolo Dogon..
"(…) quando, nel 1956, Griaule morì - scrive Robert Temple ne Il mistero di Sirio (edizione
riveduta e tr. casale Monferrato, Edizioni Piemme, 2001, p. 57) - quasi 250.000 membri della
tribù si riunirono per assistere alle sue esequie, in Mali, tributando il loro omaggio a un uomo
ritenuto un grande saggio, pari a uno dei loro sacerdoti. Tale reverenza denota implicitamente
la fiducia accordatagli da tutta la tribù. Non c'è dubbio che dobbiamo a questo uomo
straordinario la conoscenza delle tradizioni sacre dei Dogon."
New corso dei colloqui avuti con Ogotemmeli, e anche delle ricerche precedentemente
condotte insieme alla sua collaboratrice Germaine Dieterlen fin dai primi anni '30 del
Novecento, Griaule aveva potuto comunque venire a contatto con un grande mistero
astronomico, al quale peraltro non sembra aver dato gran peso, tutto assorbito com'era dal
contenuto delle tradizioni di quel popolo e non dalle modalità in cui avevano acquisito
determinate conoscenze. In breve si tratta di questo. I Dogon possedevano conoscenze
astronomiche assolutamente stupefacenti, poiché sapevano indicare con esattezza alcuni corpi
celesti, e perfino certe loro caratteristiche orbitali e chimico-fisiche che non sono in alcun modo
visibili a occhio nudo. Così riassume la questione Piero Bianucci , giornalista e divulgatore
scientifico, nel suo libro Stella per stella, Firenze, Giunti, 1997, p. 34:
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"Negli anni Quaranta due antropologi francesi, Marcel Griaule e Germaine Dieterlen,
scoprirono presso il popolo africano dei Dogon, nell'attuale repubblica del Mali, una
sconcertante mitologia dalla quale risultava nota a quel popolo primitivo l'esistenza dei satelliti
di Giove, degli anelli di Saturno e addirittura di Sirio B, la stella nana bianca visibile nei pressi di
Alfa Canis solo con i più potenti telescopi. Non solo: i Dogon affermavano che «questa stella è
l'oggetto più pesante che esista» (e in effetti Sirio B è così densa che un centimetro cubo della
sua materia peserebbe sulla Terra due quintali). Subito si scatenarono le spiegazioni più
avventurose: i Dogon erano forse stati visitati da un'astronave di alieni proveniente da Sirio
B?".
Ma, subito dopo, Bianucci si riprende e cerca di minimizzare il dato sconvolgente,
rassicurando le nostre certezze scientiste ed eurocentriche:
"Brecher e Sagan hanno proposto una spiegazione molto più cauta: le informazioni su Giove,
Saturno e Sirio B possono essere giunte ai Dogon attraverso missionari gesuiti e quindi essere
state integrate in miti precedenti. Queste contaminazioni, del resto, sono frequenti e ben note
agli antropologi."
Tutto chiarito, dunque? Nessun mistero, nessuna conoscenza 'impossibile' da parte di questo
popolo africano che non conosceva l'uso del telescopio né di altre tecnologie per l'osservazione
el cielo? Non proprio: a cominciare dal fatto che Sirio B venne osservata per la prima volta,
attraverso le lenti del telescopio, soltanto nel 1861 (ma perché Bianucci omette di ricordarlo?).
Un po' troppo tardi, quindi, perché tale informazioni, ammesso che sia stata portata ai Dogon da
missionari cattolici (cosa che peraltro non risulta; e perché avrebbero dovuto farlo, poi?),
potesse "venire integrata" nel corpus delle loro dottrine mitologico-cosmogoniche. Una simile
operazione, necessariamente, richiede molto tempo per giungere a compimento: è un po'
incredibile, pertanto, che i pochi anni intercorrenti fra l'arrivo dei primi bianchi e la ricerca di
Griasule e Dieterlen l'abbiano resa possibile. Ricordiamo che i Dogon avevano fama di guerrieri
selvaggi e primitivi; difesero a lungo la loro indipendenza e, fra tutti i popoli dell'Africa
occidentale (con l'eccezione dei Berberi del Riff marocchino) furono gli ultimi ad aprisi alla
colonizzazione europea, e tra i più tenaci nel conservare le loro tradizioni religiose, sia nei
confronti del cristianesimo che dell'islamismo. Certo, si può capire che l'origine delle
conoscenze astronomiche dei Dogon (e non solo dei Dogon: i Shilluk dell'Africa meridionale, ad
esempio, conoscevano il pianeta Urano, che, secondo la scienza occidentale, venne scoperto
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dall'astronomo William Herschel solo nel 1781, naturalmente col telescopio) diano un po'
fastidio a una visione riduzionistica et etnocentrica della storia delle scienze. Un bruscolo
nell'occhio, che prude maledettamente e che bisogna levarsi ad ogni costo, prima che il suo
discutibile esempio faccia scuola, e metta in crisi tutto il bel castello delle nostre supposte
certezze. Ma c'è ancora di più. Le maschere cerimoniali dei Dogon utilizzate nella festa di Po
Tolo, cioè Sirio, che si tiene ogni cinquant'anni, sono state esaminate e giudicate antiche di
molti secoli. Secoli, addirittura: alcune risalirebbero a un'epoca che, nella storia europea,
corrisponde al periodo della lotta per le investiture fra papato e Impero. E allora, signori
scienziati positivisti, come la mettiamo con le vostre teorie relative alla trasmissione delle
conoscenze su Sirio mediante l'opera dei missionari dei primi anni del Novecento?
Fin dalla prima edizione del suo libro, The Sirius Mystery, apparsa nel 1976, l'americano
Robert K. Temple avanzava senza troppe perifrasi l'ipotesi che le conoscenze astronomiche dei
Dogon fossero di origine extraterrestre, anche se - a suo avviso - dovettero giungervi per via
indiretta, e cioè dagli antichi Egizi (che le ricevettero insieme ai Sumeri), attraverso un lungo
arco di spazio e di tempo. Così scriveva Temple nell'edizione citata (Il mistero di Sirio, tr. it. di
Donatella Cerutti, Milano, SugarCo, 1978, pp. 11-18):
"Le tradizioni più segrete dei Dogon si incentrano tutte attorno alla stella che viene chiamata
con il nome del seme più piccolo che essi conoscano:, la cui denominazione botanica è
Digitaria; questo è appunto il nome usato nell'articolo per indicare la stella, anche se il nome
vero con cui i Dogon indicano la stella è po. Però (…) Griaule e Dieterlen fanno solo un breve
accenno alla reale esistenza di una stella che si comporta esattamente come affermavano i
Dogon, in una nota a pie' di pagina e sbrigativamente: «non si È trovata risposta alla domanda,
anzi non È neppure stata cercata, di come possa essere possibile che uomini sprovvisti di
strumenti scientifici conoscessero i movimenti ed alcune caratteristiche di stelle che sono a
malapena visibili». Ma, così dicendo, i due antropologi rivelano la loro mancanza di nozioni
astronomiche, poiché la stella Sirio B che gira attorno a Sirio non è affatto «a malapena
visibile»: è totalmente invisibile a occhio nudo ed è stata scoperta soltanto il secolo scorso
[ossia l'Ottocento, nota nostra] grazie all'uso del telescopio. Come Arthur Clarke mi ha scritto in
una lettera del 17 luglio 1968, dopo aver deciso di controllare i fatti: «comunque, Sirio B ha una
grandezza di circa 8… quasi invisibile anche se Sirio A non la cancella completamente.
Soltanto nel 1970 Irving Lindenblad, della U. S. Naval Observatory, è riuscito a scattare una
fotografoia di Sirio B. (… )
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"Griaule e Dieterlen affermavano che , secondo i Dogon, la stella Digitaria compie una
rivoluzione attorno a Sirio della durata di cinquanta anni. Non mi ci volle molto per scoprire, fatte
le opportune ricerche su a Sirio B, che il suo periodo orbitale attorno a Sirio era esattamente di
cinquant'anni. (…)
"Il guaio, quando si cerca di iniziare una ricerca seria sulla possibilità di un contatto
extraterrestre con la terra, è che molte persone sensibili vengono sconcertate già da un'idea
del genere. Invece, molti di coloro che accetterebbero a braccia aperte e pieni d'entusiasmo
ricerche di questo tipo appartengono a quel tipo di gente a cui uno meno vorrebbe essere
accomunato.
"(…) uno dei risultati della mia ricerca, che è cominciata in modo inoffensivo con una tribù
africana, è stato quello di dimostrare la possibilità che la civiltà quale noi la conosciamo sia
stata importata agli inizi da una altra stella. Le culture tra loro collegate degli Egizi e dei Sumeri
nel bacino del Mediterraneo sono semplicemente venuti fuori dal nulla. Non intendo dire con
questo che prima di allora non ci fossero persone vive. Sappiamo che la Terra era fittamente
abitata, ma non abbiamo trovate tracce di civiltà. E popolazione e civiltà sono cose
notevolmente diverse.(…)
"Ora, si supponga o meno che ci sia stata un'invasione in Egitto di esseri civilizzati che
portarono con sé la loro cultura, rimane tuttavia il fatto che quando noi risaliamo a quel periodo
storico, ci troviamo di fronte ad avvenimenti tanto imponderabili che non possiamo affermare
più nulla con assoluta certezza. Ciò che sappiamo è che i popoli primitivi in quella regione si
trovarono di colpo a vivere in civiltà rigogliose e opulente. E tutto accadde molto bruscamente.
Alla luce dell'evidenza connessa con la questione di Sirio (…), bisogna prendere in seria
considerazione l'ipotesi che la civiltà su questo pianeta dipenda in parte da una visita compiuta
da avanzati esseri extraterrestri. Non è necessario ipotizzare oggetti volanti o divinità in tuta
spaziale. (…) I visitatori extraterrestri provenienti da Sirio, quali io li ho ipotizzati, dovevano
essere creature anfibie con la necessità di vivere in un ambiente ricco d'acqua."
Nella seconda versione del suo best-seller, pubblicata nel 1998 (e che contiene una
interessante appendice sulle conoscenze astronomiche del filosofo neoplatonico Proclo, da cui
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si evincerebbe che gli antichi sapevano molte più cose, sui corpi e sui moti celesti, di quante
non lasci credere la scienza "ufficiale" tolemaico-aristotelica), Temple riprende le sue
argomentazioni di ventidue anni prima, arricchendoli di nuovi dati e nuove riflessioni. "La
questione che intendo porre con questo libro - afferma (ed. cit., p. 51) - è la seguente: la Terra è
già stata visitata da esseri intelligenti provenienti dalla regione della stella Sirio?". E, al termine
del suo libro di quasi 500 pagine, risponde affermativamente. Tramite fra l'opera di
civilizzazione operata dagli esseri anfibi giunti dal sistema di Sirio e il popolo sudanese dei
Dogon è stata la civiltà egiziana la quale, come è noto, ha sempre riservato una particolarissima
attenzione alla stella Alfa della costellazione del cane (compreso il fatto che, in base a certi
calcoli, su di essa sarebbe orientata la Grande Piramide di Giza). In realtà, i passaggi del
ragionamento di Temple sono più articolati e complessi di quanto la semplice enunciazione
della tesi conclusiva lasci immaginare. Contro di essi, però, gioca il fatto che la grande
maggioranza degli studiosi di formazione accademica (storici, archeologi, etnologi, astronomi
ecc.) provano una ripugnanza istintiva anche solo a prendere minimamente in considerazione,
sia pure come ipotesi di lavoro, che possano esservi stati dei contatti fra l'umanità antica ed
esseri provenienti dallo spazio. Questo rifiuto pregiudiziale ha fatto sì che si sia creata tutta una
letteratura para-scientifica, incline alle semplificazioni arbitrarie e poco rigorosa nei metodi
d'indagine, che ha diffuso queste tesi fra un ampio pubblico ma, in compenso, le ha totalmente
screditate agli occhi degli studiosi "seri". Per cui in questo campo, così come in altri (ad es.,
quello delle pratiche della medicina naturale) si è creato uno scollamento totale, anzi una vera e
propria voragine di incomunicabilità e di disprezzo reciproco fra il sapere della cultura
accademica e quello del vasto pubblico dei lettori e degli appassionati non specialisti.
Cerchiamo quindi di riepilogare i termini salienti della questione Dogon-Sirio, cedendo la
parola allo studioso tedesco Ulrich Dopatka (che a sua volta, essendo un "discepolo" del
famoso Erich von Däniken, non è una voce neutrale né gode molto credito ra gli scienziati, e
che tuttavia ha il merito di aver riepilogato in maniera abbastanza chiara e sintetica l'intera
questione.
"L'accompagnatore di Sirio, una nana bianca di grandissima entità, è classificata fra le stelle
fisse di nona grandezza. La sua esistenza fu accennata scientificamente nel 1848 e venne
osservata la prima volta soltanto nel 1861; si è calcolato che compie un'orbita completa di 50
anni circa. Sebbene la sua massa corrisponda a quella de Sole, ha un diametro di appena
41.000 km., pr cui la sua luminosità è molto scarsa. Le opinioni degli astronomi divergono sulla
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possibilità di orbite planetarie stabili in un sistema di stelle doppie. Benché ipotetiche, il
matematico Su-Shu Huang le ha calcolate.
"Quattro tribù stanziate nel mali possiedono una strabiliante conoscenza di Sirio B, invisibile a
occhio nudo. Come dice il linguista e orientalista Robert K. G. Temple, dopo otto anni di studi
basati sulle ricerche dell'antropologo Griaule, nel suo The Sirius Mystery uscito a Londra nel
1976, i Dogon, stanziati sui monti Hombori nel Bandiagara, i Bambara e i Bozo del distretto di
Segu e i Minianka del Kutiala celebrano ancora oggi un culto incentrato su Sirio B. Il nome
ch'essi danno a questa stella è Po Tolo, derivato da po, ossia da quello di un cereale dai chicchi
minuscoli (Digitaria exilis), per cui i mitologisti definiscono le cerimonie 'culto della Digitaria',
mentre i Dogon ele altre tribù la chiamano festa di Sigui e durante il suo svolgimento ripetono
quasi esattamente i complessi movimenti orbitali del sistema di Sirio e, dato che la celebrano
ogni 50 anni, la fanno coincidere con la durata dell'evoluzione del suo compagno. Non basta: i
Dogon affermano che Po Tolo è bensì la stella più piccola della costellazione, ma la più
pesante, composta di sagala, una materia densissima che sarebbe a indicare il plasma
contenuto nelle stelle soggette a una fortissima compressione. Conoscono inoltre altri compagni
di Sirio, come Emme Ya e il Calzolaio. Emme Ya, a loro detta, sarebbe quattro volte meno
pesane di Po Tolo. Siccome le maschere e i recipienti rituali fabbricati apposta per ciascuna
festa vengono conservati, è stato possibile risalire alle origini del culto e stabilire che ebbe inizio
nel XII secolo. Secondo M. Ovenden i dati in questione sarebbero potuti giungere alle tribù da
altre culture, forse dall'Egitto. I Dogon, però, sostengono di averli appresi dagli dèi [e ciò
sarebbe in contraddizione con le tesi di R. Temple, nota nostra]. Da escludere in ogni caso un
influsso delle conoscenze astronomiche moderne. M. Griaule, che soggiornò fra loro nel 1931 e
nel 1946, poté assodare che non sapevano nulla delle scoperte scientifiche attuali. Il loro
patrimonio tradizionale è antichissimo. Ogotemmeli, sacerdote dei Dogon, conosce anche la
storia di Nommo, il dio creatore che ritornò in volo fra le stelle Diversamente un contatto fra dèi
e uomini non sarebbe stato possibile (un parallelo con altre culture). La dea dei Dogon, invece,
fu obbligata a rimanere sulla Terra. Dèi e uomini, assicura Ogotemmeli, si assomigliavano. Il
fatto che queste notizie confermate in tempi recenti dall'astronomia siano note ai Dogon da
secoli e secoli è una prova che le ricevettero ai preastronautiche scesero fra loro [ma qui
Dopatka corre un po' troppo in fretta]. Si noti che i Dogon sanno anche dell'esistenza di pianeti
appartenenti al sistema di Sirio.(…)
"Nommo è il dio creatore della loro mitologia e con lo stesso nome designano anche le
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creature anfibie che portarono tra loro i primi rudimenti della civiltà. Li raffigurano con la testa
munita di antenne e il corpo di pesce. La leggenda ha una sorprendente somiglianza con quella
di Oannes. Anche la dea egizia Iside era raffigurata a volte, forse solo simbolicamente, con una
coda di pesce sulla nuca. I Nommo dei Dogon, dice la leggenda, respiravano dalle clavicole.
Sarebbero stati manati sulla Terra dal dio supremo Amma, dove sbarcarono da un'arca che
turbinava nell'aria e si era osata, con un fragore di tuono, nella parte nord-est della loro regione.
Forse un indizio dell'origine egiziana della mitologia di Sirio?" (Ulrich Dopatka, Dizionario UFO,
Milano, Sperling & Kupfer, 1980, pp. 353-362). L'Autore prosegue citando vari aspetti della
mitologia egizia e di quella greca 8ad esempio il mito degli Argonauti) che potrebbero
ricollegarsi alla questione, nonché alcune cocnoscenze astronomiche 'eterodosse' della civiltà
ellenica. "Secondo un discusso trattato neoplatonico comparso intorno all'inizio dell'era
cristiana, «la stella occhio del cosmo», Iside, si dovrebbe collegare con Osiride che domina
anche nella più completa oscurità, e questa frase si riferisce forse alla precedente conoscenza
di un invisibile compagno di Sirio", essendo Sirio un simbolo celeste della stessa Iside (id., pp.
359-360).
Ma qui ridiamo la parola a R. Temple, che riassume nel modo seguente le conoscenze
astronomiche di Proclo (nato però a Costantinopoli nel 412 e morto ad Atene nel 485 e dunque
quattro secoli dopo l'inizio dell'era cristiana):
"Ciò che Proclo sapeva:
1. la teoria tolemaica è completamente sbagliata.
2. La Luna è composta di 'terra' e, essendo collocata nella volta celeste, è una 'Terra
celeste'.
3. Sono i pianeti a ruotare, e non le loro 'sfere'; lo fanno entro le loro 'sfere' (o orbite);
4. Tutte le stelle girano sul proprio asse,
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5. Tutti i pianeti girano sul proprio asse.
6. Nelle loro rivoluzioni, i pianeti si allontanano dalla Terra e si avvicinano a essa.
7. I cieli contengono tutti i quattro elementi in varie proporzioni ma tendono a privilegiare il
fuoco. Il fuoco astrale è diverso a quello terrestre ed è meglio definibile come 'energia' (il fuoco
terrestre è una forma oscura e svilita del vero fuoco o, per esprimersi come Proclo, 'la feccia e i
sedimenti del fuoco'.
8. Proclo conosceva anche la teoria eliocentrica di Eraclide Pontico, ma non la accettava,
in ciò confortato dalla confutazione che ne fece Platone (ma Teofrasto disse invece che Platone
cambiò idea in vecchiaia, cosa che Proclo non sapeva).
9. I pianeti hanno satelliti invisibili che ruotano loro attorno.
10. Anche certe stelle fosse hanno satelliti invisibili
11. Per noi, questi invisibili oggetti orbitanti sono altrettanto importanti di quelli visibile e 'ci
permettono di iniziare la contemplazione dei corpi celesti'.
12. Ogni stella o pianeta è 'un mondo'.
13. Proclo era stato iniziato ai misteri egizi e babilonesi e quindi poté probabilmente venire a
conoscenza del mistero di Sirio." (Temple, Il mistero di Sirio, cit., 2001, pp. 382-383).
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Tutto questo dimostrerebbe, secondo Temple, o quanto meno costituirebbe un fortissimo
indizio a favore della tesi secondo cui delle conoscenze astronomiche di origine non terrestre
giunsero nell'antico Egitto in un'epoca imprecisata, di lì in Grecia (si ricordi come il sacerdote
egiziano disse a Solone, nel Timeo platonico, che i Greci erano come bambini quanto alle loro
idee sull'antichità del genere umano) e, più tardi, attraverso il Sudan, alle quattro tribù stanziate
nell'odierno Mali 8che vi giunsero in epoca relativamente recente), tra le quali quella dei Dogon.
Che dire di tutta questa teoria? Certo la si può criticare a piacere, asserendo che una serie di
indizi non costituiscono affatto una prova e, tanto meno, una dimostrazione. D'altra parte, essa
costituisce un Sirio e organico tentativo di spiegare dei fatti altrimenti incomprensibili. E non
dovrebbe essere questo lo scopo cui deve tendere una scienza che sia rettamente intesa: non,
cioè, come assenso preconcetto ai dogmi del sapere accademico costituito, ma come ricerca a
trecentosessanta gradi per tentare di chiarire ciò che, allo stato attuale delle conoscenze,
onestamente non siamo in grado di spiegare?
Francesco Lamendola
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Francesco Lamendola è nato a Udine nel 1956. Laureato in Materie Letterarie e in Filosofia, è
abilitato in Lettere, in Filosofia e Storia, Filosofia e Pedagogia, Storia dell’Arte, Psicologia
Sociale. Insegna nell’Istituto Superiore “Marco Casagrande” di Pieve di Soligo e ha pubblicato
una decina di volumi tra saggi storici, musicali, filosofici, di poesia e di narrativa, di cui
ricordiamo “Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C.”, “Il genocidio dimenticato. La
soluzione finale del problema herero nel sud-ovest africano”, “Metafisica del Terzo Mondo”,
“L’unità dell’Essere”, “La bambina dei sogni e altri racconti”, “Voci di libertà dei popoli oppressi.”
Fogli Sparsi (E-Book). Collabora con numerose riviste scientifiche (tra cui “Il Polo” dell’Istituto
Geografico Polare e “L’Universo” dell’Ist. Geogr. Militare) e letterarie, su cui ha pubblicato
diverse centinaia di articoli e a siti internet “Arianna Editrice”, “Edicola Web” ,”Libera Opinione” e
“il Corriere delle Regioni” Quaderni culturali: Giornale Web animato aggiornato sui suoi ultimi
scritti. Tiene conferenze per la Società “Dante Alighieri” di Treviso, per l’”Alliance Française”,
per l’Associazione Italiana di Cultura Classica, per l’Associazione Eco-Filosofica, per l’Istituto
per la Storia del Risorgimento, “Alfa e Omega”, “Il pensiero mazziniano” e per varie
Amministrazioni Comunali, oltre alla presentazione di mostre di pittura e scultura.
Archivio sinottico di tutti gli articoli di Francesco Lamendola clicca: Archivio sinottico “Francesco Lamendola”
Altre notizie su: www.ariannaeditrice.it
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Già pubblicato sul sito di Arianna Editrice in data in data 11/06/2007
In redazione il 04 Luglio 2015
Clicca per scaricare il formato pdf
I Dogon e il misterio di Sirio.pdf
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