RILIEVO DI DETTAGLIO DELLA BATIMETRIA COSTIERA LAZIALE CON TECNOLOGIE LiDAR E VALUTAZIONE DELLE CARATTERISTICHE FISICHE E BIOLOGICHE IN AREE MARINE DELLA COSTA LAZIALE DI SPECIFICO INTERESSE AMBIENTALE FASE 1A - Ricerca bibliografica di settore e implementazione della metodologia Giugno 2009 Responsabile del Programma: Dr. Luisa Nicoletti Responsabile Operativo: Dr. Andrea Taramelli Hanno collaborato per l’ISPRA: • Dr. Matteo Conti • Dott.ssa Elena Pallottini • Dott.ssa Monica Targusi • Dott.ssa Emiliana Valentini INDICE PREMESSA....................................................................................................................................... 2 1. INTRODUZIONE..................................................................................................................... 3 2. ANALISI BIBLIOGRAFICA DI SETTORE......................................................................... 5 2.1. Aspetti morfologici...................................................................................................................... 5 2.2. Aspetti ambientali ..................................................................................................................... 10 3.IMPLEMENTAZIONE DI METOLOGIE DI ELABORAZIONE ED ACQUISIZIONE .. 14 3.1. Aspetti morfologici.................................................................................................................... 14 3.2. Aspetti ambientali ..................................................................................................................... 17 4. MATERIALI E METODI...................................................................................................... 20 5. ESPORTABILITA' DEI DATI ............................................................................................. 29 6. BIBLIOGRAFIA..................................................................................................................... 30 1 PREMESSA L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), nell’ambito della Convenzione di Ricerca per il “Rilievo di dettaglio della batimetria costiera laziale con tecnologie LiDAR e valutazione delle caratteristiche fisiche e biologiche in aree marine della costa laziale di specifico interesse ambientale” (lettera del 16-12-2008, prot. ISPRA n. 11606/08), è stato incaricato di produrre una serie di elaborati aggiornati al 2009 relativi ad alcuni aspetti morfologici e ambientali di due aree della fascia costiera della Regione Lazio con lo scopo di fornire elementi di valutazione ambientale finalizzati alla gestione integrata delle zone costiere tramite l’impiego di nuove metodiche di rilievo. Tale obiettivo verrà perseguito mediante l’esecuzione di diverse attività articolate nelle fasi di seguito descritte: FASE 1 A Ricerca bibliografica di settore e implementazione della metodologia; B Acquisizione e groundtruthing; FASE 2 - Caratterizzazione morfologica (analisi morfometrica); FASE 3 - Caratterizzazione ambientale. Nella presente relazione, relativa alla Fase 1A “Ricerca bibliografica di settore e implementazione della metodologia”, vengono presentate: 1. una review bibliografica per definire lo stato dell’arte, in ambito italiano e internazionale, riguardante l’indagine di aree marino/costiere tramite l’utilizzo di telerilevamento dati telerilevati; 2. l’implementazione di un approccio metodologico che consenta il raggiungimento degli obiettivi indicati nella suddetta Convenzione. 2 1. INTRODUZIONE L’intuizione dell’utilizzo del laser per studi topografici e batimetrici in ambito di fascia costiera ha avuto origine nei primi anni Settanta, ma solo negli anni Ottanta gli istituti di ricerca hanno sviluppato delle applicazioni. Negli anni Novanta sono nate le prime apparecchiature sperimentali che poi sono state commercializzate e stanno riscontrando oggi un notevole successo per le importanti ricadute nella pratica professionale di tutti i giorni. La grande versatilità dei laser scanner e il costante sviluppo di software dedicati all’elaborazione dei dati raccolti, fa sì che questa tecnica di rilievo si adatti a un vastissimo ambito di applicazioni civili per l’analisi, la pianificazione e la gestione del territorio nonché del patrimonio costruito. In ambito internazionale le esperienze statunitensi sono all’avanguardia: a titolo d’esempio, si può citare il programma di monitoraggio delle zone a rischio idraulico elaborato nel 2003 dal FEMA (Federal Emergency Management Agency – http//www.csc.noaa.gov), ma anche l’impiego diffuso di tale tecnologia da parte del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) e dell’USGS (U.S. Geological Survey -, http//www. coastal.er.usgs.gov ) Anche in ambito europeo i progetti di studio in cui è stato utilizzato il laserscanning aereo sono diversi (nei Paesi Bassi è stato ampiamente utilizzato per il monitoraggio dell’erosione costiera – Persson et al, 2005). In ambito italiano si sono invece sviluppate ricerche e acquisizioni di dati LiDAR sia topografici che batimetrici soprattutto in ambito fluviale (Casella et al., 2002; Pranzini, 2007). La scansione laser da aereomobile rappresenta invece una nuova metodologia di acquisizione dati ad elevata precisione particolarmente adatta al rilievo di bassi fondali in fascia costiera (Cicciodemarco, 2003; Chiocci et al., 2004). In particolare l’esperienza comparativa condotta dall’Universita’ di Pavia (Casella, 2002) ha fornito dati di notevole interesse per l’analisi dei meccanismi di generazione degli errori (Brovelli et al., 2002; Brovelli et al., 2004) suddividendoli in una parte sistematica (±4cm) e in una accidentale (±6cm). Sulla base di questi risultati si sono quindi avuti dei primi tentativi nell’utilizzo del dato LiDAR (topografico e batimetrico) in ambito di fascia costiera (Anzidei et al., 2004). In particolare vanno menzionate le esperienze condotte dalla Regione Emilia Romagna (http://www.regione.emiliaromagna.it/wcm/geologia/canali/costa/progetti/01_lidar.htm) in cui sono stati acquisiti dati LiDAR su un’area di circa 9500 ha e dalla Regione Toscana con acquisizione di dati LiDAR e iperspettrali CASI nel tratto costiero del Gombo (Pranzini, 2007). Il rilievo LiDAR batimetrico e topografico contemporaneo rappresenta ad oggi una delle tecnologie più promettenti per la determinazione di parametri morfometrici in fascia costiera (Pranzini et al., 2008). Tuttavia, il dato LiDAR, ha come fattore di svantaggio le lunghe e laboriose fasi di 3 preprocessing tali da generare procedure complesse di classificazione e segmentazione basate su criteri fondati esclusivamente sull’analisi delle differenze geometriche dei punti laser. Meno note, ma non per questo non meno efficaci, sono invece le tecniche di classificazione basate sull’integrazione del dato LiDAR con immagini multi-risoluzione (Chust et al., 2008). La possibilità, infatti, di integrare il dato LiDAR altimetrico con informazioni derivabili da ortofoto digitali (RGB) che possono accompagnare l’acquisizione del dato LiDAR, permette di utilizzare algoritmi di segmentazione del dato basate sull’analisi delle componenti radiometriche. Queste tecniche hanno avuto un recente sviluppo che si e’ dimostrato ulteriormente efficace quando l’estrazione dell’informazione di radianza e’ derivata oltre che da immagini multi spettrali anche da immagini provenienti da sensori iperspettrali (Rosso et al., 2006) Queste, a seguito dell'implementazione di opportuni algoritmi di calibrazione (Gutierrez et al., 2001; Gilvear et al., 2004), necessari ad ovviare all'instabilità del dato di riflettanza dovuta alla forte dipendenza di quest'ultimo da fattori ambientali e geometrici, hanno garantito un'ampia serie di informazioni pienamente sintetizzabili, come noto, attraverso il concetto di "firma spettrale". I dati telerilevanti in contemporanea si basano sul principio fisico per cui ogni materiale risponde in maniera differente alle diverse lunghezze d'onda emesse da una sorgente luminosa. Questa importante proprietà della materiale permette, in maniera diretta, di classificare differenti target, o gruppi di target, a partire dalla loro risposta radiometrica, investigando la quota parte di radianza riflessa nelle singole lunghezze d'onda registrabili dallo strumento. La capacità degli strumenti che saranno utilizzati nel rilievo programmato permettera’ quindi sia di registrare un numero elevato di intervalli di banda (102 canali), sia di poter acquisire un numero elevato di meta-informazioni relative alla natura chimico-fisica del materiale al suolo, che di poter sovrapporre e correlare queste ultime con le informazioni di natura geometrica derivabili, dal rilievo LiDAR sia topografico che batimetrico. 4 2. ANALISI BIBLIOGRAFICA DI SETTORE L’importanza del rilevamento, quantificazione e monitoraggio delle caratteristiche fisiche delle aree costiere, è stata ampiamente riconosciuta dalla comunità scientifica quale elemento chiave nello studio degli impatti ambientali (Henderson-Sellers e Pitman, 1992). Un modo vantaggioso di portare avanti tali studi su scala areale, è quello di usare le osservazioni via satellite nelle bande visibili (VIS), bande del vicino infrarosso (NIR) e bande altimetriche (LiDAR). Questi dati presentano il grande vantaggio, rispetto ai dati classici di rilevamento, di fornire una copertura areale quasi continua (la continuità effettiva dipende dalle proprietà della superficie riflettente), e ottenibile a costi relativamente bassi su aree estese. Questo tipo di studi può produrre un’enorme quantità di dati ambientali inerenti le aree a mare con una riduzione dei costi e tempi complessivi di misura rispetto alle tecniche tradizionali (Lillycrop et al., 1994; Krabil et al., 2000). 2.1. Aspetti morfologici La comprensione dello stato di conservazione, delle modalità di evoluzione e della dinamica del sistema spiaggia-duna è essenziale non solo per la protezione ma anche per una corretta gestione della fascia costiera (Saye et al., 2005). Spiaggia sommersa, spiaggia emersa e duna costituiscono tre distinti elementi di uno stesso sistema, strettamente dipendenti l’uno dall’altro. Per questo motivo, è verosimile aspettarsi che i cambiamenti che interessano una di queste tre componenti, abbiano un’influenza diretta o indiretta sulle variazioni delle altre due (Psuty, 1988; Saye et al., 2005). Ai fini di una corretta gestione e pianificazione del territorio, in accordo con i principi ICZM (Integrated Coastal Zone Management), il sistema costiero deve quindi essere studiato ed analizzato integralmente, sia dal punto di vista morfologico che ecologico-ambientale (Irish e White, 1998). Dal punto di vista strettamente morfologico, l’individuazione di parametri significativi che descrivono la fascia costiera è importante poiché, attraverso l’analisi morfometrica di tali parametri, oltre ad una caratterizzazione di dettaglio, è possibile risalire a informazioni relative allo stato del sistema e anche, se confrontate con dati pregressi, sulla dinamica del sistema stesso (White e Wang, 2003). Il principale obiettivo di un’analisi morfometrica della fascia costiera (dalla profondità di chiusura al retroduna) consiste nell’elaborazione dei dati topo-batimetrici, mediante i quali sia possibile individuare le caratteristiche della spiaggia emersa, sommersa e delle dune costiere delle aree indagate. Dall’analisi di questi dati è possibile individuare opportuni parametri morfometrici 5 (Taramelli e Melelli, 2008), distinti in primari, direttamente calcolati dai dati di quota assoluta, e secondari, calcolati attraverso la combinazione di parametri primari e di altre eventuali variabili, quali ad esempio i limiti del sistema spiaggia/duna e la distribuzione dei depositi eolici, alla massima risoluzione permessa dal tipo di dati. L’analisi morfometrica relativa alla spiaggia sommersa, alla spiaggia emersa e alle dune costiere, permette dunque di definire l’andamento topografico e batimetrico delle aree indagate, di analizzare sezioni e profili e di eseguire computi volumetrici. Nel caso in cui sia prevista un’acquisizione periodica di dati morfologici, le informazioni volumetriche aprono la possibilità ad una stima del bilancio sedimentario del sistema spiaggia-duna. Le stime relative all’input e output di sedimento all’interno del sistema, se basate su rilievi periodici e costanti, possono ad esempio, fornire informazioni sull’efficacia di eventuali interventi di protezione della fascia costiera, come ad esempio la realizzazione di opere per il ripristino dunale (Vanhée, 2002), con importanti ricadute nella gestione e pianificazione territoriale (Anthony et al., 2006). In generale, l’analisi morfologica applicata alle diverse componenti della fascia costiera e attraverso l’indagine dei meccanismi di feedback esistenti tra di esse, opportunamente integrata con studi di natura ecologico-ambientale (cfr. § 3.2), si rivela di fondamentale importanza per individuare e valutare eventuali criticità presenti all’interno del sistema, quali ad esempio quelle legate a fenomeni di erosione e/o ad eccessiva pressione d’uso (Nickling e Davidson-Arnott, 1990; Bauer e Davidson-Arnott, 2002; Davidson-Arnott, 2005; Davidson-Arnott et al., 2005). L’integrazione con dati provenienti da precedenti campagne (analisi multitemporale), permette inoltre di fare considerazioni circa la dinamica del sistema (Anthony et al., 2006), consentendo di predire e affrontare correttamente tali criticità. Sebbene siano diverse le tecniche tradizionali che possono essere utilizzate per ottenere dati morfologici, esse variano sia in termini di applicabilità sia in termini di risoluzione spaziale e temporale. Ad esempio, i dati batimetrici, vengono tradizionalmente ottenuti da rilievi mediante Single Beam (in acque poco profonde) e Multi Beam (in fondali più profondi) con una risoluzione spaziale che si aggira attorno ai +/-15 cm (Morang et al., 1997; Hicks e Hume, 1997; Gibeaut et al., 1998; Van der Wal e Pye, 2003). L’impossibilità di acquisire omogeneamente dati nella fascia di transizione da fondali profondi a fondali poco profondi e zona intertidale rappresenta senza dubbio la maggiore limitazione nell’impiego di strumenti in campo (Gasperini, 2005). Anche l’acquisizione di dati topografici relativi alla fascia costiera emersa (spiaggia emersa e duna) presenta delle criticità. Convenzionalmente, dati topografici possono essere rilevati mediante 6 teodolite e stazione totale (EDM): in condizioni favorevoli la risoluzione spaziale è di +/-1 cm, ma più spesso è dell’ordine dei +/-5 cm. Anche il GPS differenziale (Global Positioning System) viene utilizzato per l’acquisizione di dati topografici, che possono raggiungere precisioni dell’ordine di pochi cm (Morton et al., 1993). Tuttavia, l’impiego di questi strumenti comporta notevoli sforzi sia dal punto di vista logistico che relativamente alla fase di acquisizione dei dati in campo. Dal punto di vista logistico, ad esempio, il rilievo topografico di dune costiere molto vegetate o, in generale, di aree non accessibili si può rivelare molto difficoltoso o impossibile. Pertanto, i dati acquisiti direttamente in situ (a meno che non si conducano campagne di campionamento dispendiose sia intermini di costi che di tempi) spesso si rivelano limitati, riferendosi ad esempio a singoli profili di spiaggia emersa e duna o ad aree circoscritte e poco rappresentative del sito di studio (Andrews et al., 2002). Per ovviare a tali problematiche ed acquisire informazioni su vasta scala areale indipendentemente dalle caratteristiche del sito, si può ricorrere alla fotointerpretazione di immagini stereoscopiche (Dolan et al., 1978; DeKimpe et al., 1991) o all’elaborazione di immagini satellitari (White e El Asmar, 1999). Tali tecniche però si rivelano di scarsa utilità per quanto riguarda la risoluzione dei dati altimetrici (Andrews et al., 2002). Di contro, la fotogrammetria, che permette di restituire dati altimetrici con buona risoluzione, è piuttosto costosa. In questo senso, il LiDAR presenta un’alternativa vantaggiosa per ottenere informazioni morfologiche ad elevata risoluzione relative all’intera fascia costiera, indipendentemente dalle caratteristiche del sito da indagare (Irish e White, 1998). Dal momento che la tecnologia LiDAR (e iperspettrale) permette di acquisire dati relativi a diverse matrici lungo tutta la fascia costiera senza soluzione di continuità, notevoli sono stati ad oggi gli sforzi volti ad utilizzare i set di dati topo-batimetrici rilevati tramite questa tecnologia per sofisticate analisi morfologiche ad elevata risoluzione (ad es. Andrews et al., 2002; Woolard, 1999; Woolard e Colby, 2002; Saye et al., 2005). Nata alla fine anni '70 negli Stati Uniti, la tecnologia LiDAR ha trovato con il passare degli anni un numero crescente di applicazioni in differenti contesti quali ad esempio: - l’analisi del rischio idraulico; - le valutazioni ambientali; - la gestione delle foreste; - il rilievo di infrastrutture; - il monitoraggio delle attività estrattive; - il monitoraggio costiero. 7 Nell’ambito del monitoraggio costiero, gli U.S.A. sono senz’altro all’avanguardia: dal 1996 hanno avviato un progetto di monitoraggio finalizzato alla protezione della fascia costiera dai rischi, che vede coinvolti il Coastal Services Center del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), la NASA e l’USGS. L’ U.S. Army Corps of Engineers utilizza ad esempio dati topografici in combinazione con dati batimetrici (acquisiti tramite un sensore SHOAL) per la valutazione del rischio costiero dovuto agli uragani (Meredith et al., 1999). L’USGS (U.S. Geological Survey), nell’ambito del Coastal and Marine Geology Program (CMGP), sta collaborando con la NASA (National Aeronautics and Space Administration) e l’NPS (National Park Service) per acquisire dati topografici LiDAR in ambiente costiero al fine di ottenere una serie periodica di carte topo-batimetriche ad altissima risoluzione e dettaglio relative sia alla fascia emersa che alla fascia sommersa da utilizzare in ambito ecologico-ambientale (http://www.marine.usgs.gov). Inoltre l’USGS sta attualmente collaborando con l’SFCN (South Florida & Caribbean Network), l’NCBN (Northeast Coastal and Barrier Network) e il GULN (Gulf Coast Network) per l’acquisizione di dati LiDAR in aree protette (Parchi Nazionali) da utilizzare in ambito zoologico, botanico e geologico. In particolare, il monitoraggio tramite LiDAR viene utilizzato per: - stimare i cambiamenti nella morfologia di dune, scogliere, spiagge (in particolare la posizione della linea di riva); - effettuare stime volumetriche per quantificare la perdita di sedimenti a seguito di eventi estremi (ad esempio gli uragani); - monitorare comunità bentoniche; - analizzare le comunità vegetali costiere. Per quanto riguarda le stime volumetriche, esse vengono effettuate a partire da DEM (Digital Elevation Models) generati dai dati LiDAR grezzi. Ad esempio, nell’ambito del programma “Volumetric Change Analysis along Gateway National Recreation Area – Sandy Hook and Fire Island National Seashore”, a partire dai dati raccolti nel 2002, nel 2005 e nel 2007, è stato possibile calcolare le variazioni morfologiche e volumetriche intercorse nel breve periodo nell’area oggetto di studio, evidenziando come i maggiori cambiamenti abbiano interessato la spiaggia emersa e siano principalmente influenzati dalla disponibilità di sedimento, dagli eventi estremi e dall’attività antropica. I risultati di questo studio, dimostrano quindi l’efficacia dei monitoraggi condotti tramite strumenti che permettono di acquisire notevoli quantità di dati in aree vaste. In particolare, l’utilizzo del LiDAR per l’acquisizione periodica di dati, ha permesso di identificare negli eventi 8 estremi una delle cause che più intervengono nella rimodellazione morfologica della fascia costiera, rivelandone l’importanza quale strumento di previsione e pianficazione (http://ngom.usgs.gov/dsp/mapping/volumetric_change.html). Oltre a quelli degli Stati Uniti, a livello internazionale numerosi sono stati i tentativi di integrare dati di campo con dati telerilevati (Psuty, 1988; Davidson-Arnott e Law, 1990; Arens, 1994; Davidson-Arnott e Law, 1996; Davidson-Arnott, 2005) ad esempio con lo scopo di monitorare i cambiamenti topografici all’interno del sistema spiaggia-duna e di ovviare alle limitazioni proprie di entrambi gli approcci metodologici. In questo contesto si inseriscono anche gli studi relativi all’utilizzo di dati LiDAR applicati all’analisi morfologica della fascia costiera. Tra i più significativi si possono citare gli studi di Sallenger et al., (2003) per la quantificazione dei cambiamenti nella morfologia della spiaggia, di Andrews et al., (2002) e di Woolard e Colby (2002) per l’analisi morfodinamica e le variazioni volumetriche delle dune costiere, e di Saye et al. (2005) per l’analisi delle interazioni morfologiche ed evolutive tra spiaggia emersa e duna. In particolare, in quest’ultimo studio è emerso come i dati morfo-batimetrici ad alta risoluzione acquisiti tramite LiDAR, integrati con quelli acquisiti secondo metodi convenzionali, abbiano permesso di indagare e di quantificare efficacemente le relazioni che influenzano reciprocamente spiaggia e duna. Analogamente a quanto emerso negli analoghi studi americani sopra citati, anche questi studi confermano come questo strumento possa rappresentare una valida alternativa alle metodologie convenzionali, rivelandosi estremamente vantaggioso per acquisire dati topo-batimetrici da utilizzare per estrarre una varietà di parametri morfometrici che, se comparati con quelli derivati da rilievi tradizionali, possono trovare applicazione per monitorare e predire trends evolutivi del sistema costiero. In ambito nazionale il LiDAR rappresenta ancora una tecnologia innovativa in via di implementazione e pochi sono ancora i casi in cui è stato utilizzato nello studio e nel monitoraggio delle aree costiere. A questo proposito, merita di essere citata l’esperienza dell’Emilia-Romagna, (http://www.regione.emilia-romagna.it/wcm/geologia/canali/costa/progetti/01_lidar.htm) che ha condotto un’Analisi della vulnerabilità per ingressione marina durante gli eventi di mareggiata lungo il litorale regionale tramite dati LiDAR. Il lavoro contiene la metodologia proposta per la cartografia della vulnerabilità da ingressione marina durante le mareggiate lungo il litorale emiliano romagnolo. 9 2.2. Aspetti ambientali Negli ultimi decenni la scelta dei metodi per la valutazione dello stato dell’ambiente si è indirizzata verso lo studio delle componenti biologiche dell’ecosistema in grado di rispondere, con differente sensibilità, alle modificazioni dell’ambiente. . Gli effetti dei disturbi, intesi come variazioni delle caratteristiche ambientali dovute a fattori sia naturali che antropici, si ripercuotono sulle comunità biotiche . Tra le comunità biologiche, in particolare le comunità bentoniche, sono considerate tra i più adeguati descrittori sintetici dell’ambiente poiché forniscono informazioni complete e a lungo termine circa le condizioni globali del sistema (Pearson e Rosenberg, 1978). Nell’ambiente marino il dominio bentonico comprende tutti i fondali che si estendono dalla riva fino alle massime profondità oceaniche. Gli organismi bentonici sono distribuiti su tali fondali in diverse associazioni a seconda del tipo di substrato, della profondità e dei fattori ad essa legati (luce, salinità, gas disciolti, nutrienti, idrodinamismo e granulometria del substrato). I numerosi fattori abiotici e l’elevato numero di specie creano una diversificazione in tale ambiente, spesso difficile da schematizzare. Il modello attualmente più utilizzato, tra i vari proposti per il Mar Mediterraneo, è quello di Pérès e Picard (1964) che individua sia per il sistema fitale (presenza di luce) che per quello afitale (senza luce) le diverse biocenosi presenti sui fondali mobili e duri. Secondo tale modello all’interno di ciascun sistema si possono individuare dei “piani” che si susseguono verticalmente e si estendono tra due livelli “critici” entro i quali le condizioni ambientali si mantengono più o meno costanti. Tra gli esempi più rappresentativi in ambito comunitario dell’utilizzo di dati telerilevati basati su diversi sensori e validati in campo secondo strategie di campionamento tradizionali, il MESH (Mapping European Seabed Habitats) è un programma internazionale di mappatura degli habitat marini, partito nel 2004 sotto la guida del Joint Nature Conservation Committee Inglese e finanziato dall’ Unione Europea (INTERREG IIIB). Questo programma è finalizzato allo sviluppo di standard internazionali, protocolli e sistemi informativi per la mappatura dei fondali marini dell’Europa Nord-Occidentale (ENO) e prevede, in modo particolare, l’implementazione di metodologie comuni per l’analisi ambientale di aree intertidali e, più in generale, di aree marino costiere in cui la scarsa profondità rende difficoltoso il rilievo batimetrico e soprattutto quello della componente biologica associata al fondale ed alla colonna d’acqua. In un’ottica di armonizzazione e standardizzazione delle metodologie, anche tenendo conto del sistema EUNIS, adottato dall’EPA, nel 2005 è stato pubblicato (http://www.searchmesh.net/) un report tecnico contenente una dettagliata revisione metodologica e bibliografica sui diversi strumenti e tecniche per l’indagine ambientale da remoto. 10 Un’altra importante sorgente di informazioni e di riferimenti bibliografici aggiornati sugli strumenti utili all’analisi di aspetti ambientali è sicuramente la reportistica pubblicata in rete (http://www.csc.noaa.gov/benthic/) dal CSC-NOAA (Coastal Services Center - National Oceanic and Atmospheric Administration) in cui si possono trovare ampie trattazioni relative all’importanza della mappatura di comunità bentoniche e delle caratteristiche biologiche dell’ambiente costiero sommerso per fini gestionali e di protezione e conservazione della natura e dell’utilizzo di sistemi di indagine innovativi e non invasivi come quelli basati sul telerilevamento. Il LiDAR come strumento di mappatura degli habitat è ampiamente utilizzato in ambiente terrestre (Goodwin et al., 2007; Lee e Lucas, 2007) in cui viene generalmente impiegato per studiare la densità delle foreste e parametri strutturali quali ad esempio l’altezza degli alberi e il tipo di foresta (Goodwin et al., 2007), per analizzare lo stato di salute e la fitofenologia (Lee e Lucas, 2007). Diversi risultano anche gli studi da remoto condotti sulla vegetazione delle dune costiere come ad esempio quelli condotti rispettivamente lungo le coste centrali del Texas (Paine et al., 2004) e del Molise (Acosta et al., 2005) che hanno evidenziato l’utilità, la rapidità e l’efficacia del rilevamento da remoto per la stima dell’altezza delle dune costiere e della copertura vegetale. In entrambe gli studi il confronto tra i dati telerilevati e le misure di campo è risultato fondamentale per la validazione dell’interpretazione dei dati dimostrando che il solo rilevamento da remoto sarebbe potrebbe portare degli artefatti nella stima della quota effettiva del sistema dunale, proprio a causa della presenza di una fitta copertura vegetale (Paine et al., 2004). In ambiente marino il LiDAR è uno strumento ampiamente utilizzato per gli studi sulla clorofilla, per il monitoraggio del fitoplancton (Barbini et al., 1998; Nieke et al., 1997; Liu et al., 2008), dello zooplancton (Brown et al., 2002) e dei banchi di pesci (Brown et al., 2002; Churnside et al., 2003; Carrera et al., 2006; Tenningen et al., 2006). Per quel che riguarda il monitoraggio del fitoplancton (Barbini et al., 1998), in uno studio condotto in laboratorio su colture algali di campioni prelevati lungo le coste italiane del Nord Adriatico e del Nord Tirreno, è stato dimostrato che è possibile caratterizzare diverse associazioni algali attraverso misure di fluorescenza laser-indotta. Tale studio ha dimostrato la possibilità di impiegare i sistemi di rilevamento basati su sensori laser per il monitoraggio della distribuzione spaziale di diversi taxa algali anche per fini previsionali sui bloom algali. Secondo questo studio il LiDAR- fluorosensor system, combinando l’emissione di clorofilla con altri pigmenti, permetterebbe di mappare la distribuzione spaziale dei vari taxa algali anche su una scala molto ampia. In uno studio condotto nel golfo di St. Lawrence (Quebec) e in una baia a sud della penisola Liaodong, è stata dimostrata 11 l’efficacia dell’impiego della tecnologia LIDAR per stimare la concentrazione superficiale di clorofilla a (chl a) in ambienti costieri (Nieke et al., 1997, Liu et al., 2008). La tecnologia LIDAR, utilizzata negli studi sullo zooplancton e sui banchi di aringhe (Brown et al., 2002) nel nord Pacifico, così come gli studi condotti in Florida (Churnside et al., 2003) e nella Baia di Biscay (Carrera et al., 2006) su alcuni banchi di pesce e nelle acque della Norvegia sui banchi di Scomber scombrus (Tenningen et al., 2006), generalmente permette di valutare la distribuzione spaziale di tali organismi e i loro modelli di aggregazione, indubbiamente importanti per meglio comprendere la variabilità biologica e temporale di tali aggregazioni. Numerosi sono anche gli studi relativi alla topografia e complessità (i.e. rugosità) delle colonie di coralli (Torres Pulliza, 2004; Brock et al., 2006) e quelli relativi alla mappatura delle praterie di Posidonia oceanica (Thiago et al., 2008). La mappatura delle foreste di mangrovie per ottenere dati di altezza e biomassa effettuata nel parco nazionale degli Evergladess (Florida) con il LIDAR da Simard et al., 2006 e quella delle praterie di P. ocenaica (Thiago et al., 2008) con la stessa tecnologia sono pratiche ampiamente utilizzate ai fini della tutela e della gestione di questi habitat costieri. La tecnologia LIDAR è comunque tutt’ora poco impiegata e in via di sperimentazione per quel che riguarda la mappatura dei popolamenti zoobentonici (Brennan e Webster, 2006). Per incrementare l’accuratezza del rilevamento da remoto, generalmente il LIDAR viene accoppiato a sistemi iperspettrali (Lee, 2003). Nell’ambiente marino costiero tali sistemi vengono normalmente impiegati per rilevare le caratteristiche topografiche, batimetriche e sedimentologiche di un fondale (Méléder et al., 2007). La conoscenza di queste caratteristiche strutturali del fondo e lo stretto legame esistente tra i popolamenti bentonici e il fondo stesso consentirebbe di predire, con buona approssimazione, la tipologia di popolamento presente e permetterebbe quindi la redazione di mappe di distribuzione di probabilità di tali popolamenti (Populus et al., 2004). L’impiego di questa tecnologia è in via di sperimentazione e, al fine di validare il dato ottenuto, i diversi studi che sono stati condotti hanno previsto in parallelo un campionamento in mare (Populus et al., 2004) o hanno fatto riferimento a dati bibliografici (Chust et al., 2008; Van der Wal et al., 2008).. Uno studio sulla distribuzione spaziale dei popolamenti macrobentonici intertidali, che integrasse dati da remoto con serie storiche di dati presi su campo, è stato condotto anche in zone di estuario del sud-est dei Paesi Bassi (Van der Wal et al., 2008). Da quanto fin qui esposto appare evidente che il LIDAR è una tecnologia ampiamente utilizzata in alcuni settori della ricerca e dell’ecologia marina e marino costiera; che trova ampio riscontro negli studi sui popolamenti fitoplanctonici e zooplanctonici, sui banchi di pesce, sui coralli e sulle foreste di mangrovie e sulle praterie di P. oceanica. In altri ambiti, come ad esempio nello studio dei 12 popolamenti zoobentonici, il LIDAR è una tecnologia in via di sperimentazione che comunque si basa su estrapolazioni a posteriori del dato e in molti casi, per valutarne il potere discriminante, richiede la validazione con dati prelevati di campo o bibliografici. Infatti è la conoscenza di alcune caratteristiche strutturali dei fondali come ad esempio la tipologia del fondo, la granulometria del sedimento e la profondità che permetterebbe di predire con buona approssimazione la tipologia di popolamento associata. In questo senso quindi negli ultimi anni si sta valutando il contributo di un sistema di acquisizione remota mediante telerilevamento con LIDAR per la mappatura degli habitat costieri. 13 3. IMPLEMENTAZIONE DI METOLOGIE DI ELABORAZIONE ED ACQUISIZIONE Partendo dalla ricerca bibliografica di settore, l’obiettivo di questa fase è di implementare una metodologia di elaborazione dei dati acquisiti da remoto, che fornisca un supporto reale ai sistemi di monitoraggio ambientale, che potrebbero divenire, in seguito ai risultati ottenuti nel corso di tale sperimentazione, aggiornabili con costi minori. I risultati e i prodotti di un tale studio potrebbero essere in grado di fornire nuove metodologie per una caratterizzazione ambientale delle zone costiere 3.1. Aspetti morfologici Ciò che si ottiene con un rilievo LiDAR è una distribuzione di punti ai quali sono associate le coordinate e la quota (XYZ) ed il valore dell’intensità riflessa (I). L’intero processo di calcolo e rettifica dei punti laser viene preceduto da una fase di calibrazione del sistema, da effettuarsi prima o contestualmente al rilievo LiDAR. L’elaborazione dei dati LiDAR prevede diverse fasi: a seguito del calcolo della traiettoria e dell’orientazione del sensore mediante DGPS/INS, viene generato un archivio di punti XYZ, successivamente classificati sulla base dell’altezza, intensità della riflessione, ecc. (http://www.regione.emilia-romagna.it/wcm/geologia/canali/costa/progetti/01_lidar.htm). Dalla nuvola di punti si ottengono, per elaborazioni successive che comprendono sia un filtraggio automatico che uno manuale, dataset che descrivono quantitativamente l’andamento della superficie topografica. Nell’analisi morfometrica verranno utilizzati sia Digital Elevation Models (DEM) che Digital Terrain Models (DTM) per l’estrazione di attributi topografici sia primari che secondari (Speight, 1984, Melelli et al., 2007) a partire dai quali saranno possibili diverse elaborazioni, come ad esempio curve di livello del terreno e modelli tridimensionali. In particolare, i DEM rappresentano in forma digitale le quote della superficie rilevata (comprensivi degli elementi morfologicamente rilevati rispetto alla superficie del terreno). Diversamente, un DTM rappresenta in forma digitale la superficie del terreno con l’esclusione di tutti gli elementi morfologicamente rilevati rispetto ad essa, quali ad esempio le infrastrutture, la vegetazione, ecc. Il confronto DTM/DEM, permette infine di ricavare utili informazioni quali ad esempio quelle relative allo spessore dello strato di vegetazione presente sulle dune costiere. 14 La metodologia proposta per l’esecuzione dell’analisi morfometrica prevista in questa fase delle attività è basata su quanto esplicitato al par. 3.2 del piano operativo. La procedura utilizzata sarà la seguente: 1. Selezione dei parametri morfometrici significativi adatti ad una caratterizzazione della fascia costiera mediante l’analisi della mutabilità spaziale di uno specifico processo geomorfologico o di particolari associazioni di forme relative alla spiaggia sommersa, alla spiaggia emersa e alle dune costiere retrostanti. 2. Estrazione dei parametri morfometrici a partire dai dati topo-batimetrici. Tali parametri verranno utilizzati nella caratterizzazione morfologica della fascia costiera. 3. Analisi morfometrica dei parametri estratti, attraverso il riconoscimento della geometria e della disposizione spaziale delle morfologie più significative. L’analisi verrà condotta a partire dai modelli 3D ottenuti mediante due differenti approcci metodologici: un approccio sarà quello geometrico, che sfrutta le proprietà che alcune forme hanno di mantenere le medesime caratteristiche geometriche esprimibili in termini di angoli (pendenza, curvatura) e rapporti dimensionali (altezza, ampiezza, profondità); l’altro utilizzerà il segnale di backscatter, ossia i contrasti nel segnale di ampiezza di rifrazione. Essa riguarderà elementi morfologici appartenenti alla spiaggia sommersa (quali ad esempio la presenza di barre sommerse), alla spiaggia emersa (quali ad esempio linea di riva, pendenza, curvatura, volume di sedimento) e ai depositi eolici (quali ad esempio piede e cresta della duna, volume di sedimento, pendenza, curvatura e copertura vegetale). A tale scopo sarà utilizzato anche il software Digital Shoreline Analysis System (DSAS) 3.2 (Thieler et al., 2005). DSAS è un’estensione di ESRI ArcGIS© v.9.x che permette di calcolare la variazione di serie storiche di shapefiles lineari (ad esempio la linea di riva) tramite la generazione di transetti perpendicolari ad una linea di riferimento (baseline) appositamente creata dall’operatore. 4. Interpretazione delle forme e dei processi da cui dipendono evoluzione e stato ambientale dell’area. In particolare, la metodologia applicata consentirà di individuare i limiti del sistema spiaggia/duna e la distribuzione dei depositi eolici alla massima risoluzione permessa dal tipo di dati. Infine, i dati acquisiti mediante rilievo LiDAR potranno essere: - confrontati con quelli derivati da rilievi pregressi ove disponibili. Tale confronto, mediante l’individuazione delle modificazioni morfologiche intercorse nel periodo di tempo considerato, 15 permetterà di acquisire informazioni relative al budget sedimentario e alla dinamica del sistema costiero; - utilizzati come base conoscitiva di confronto per qualsiasi rilievo futuro, anche realizzato con tecniche di acquisizione diverse. 16 3.2. Aspetti ambientali L’analisi da remoto può essere un valido strumento per la comprensione di pattern e processi funzionali e strutturali degli ecosistemi costieri. Considerando l’elevato grado di risoluzione spaziale che si può ottenere integrando rilievi LiDAR e iperspettrali e, contestualmente, l’elevata superficie rilevabile in tempi relativamente brevi, questo strumento permette di interpretare l’ambiente a diverse scale di osservazione a partire da quelle locali fino a livello regionale e di paesaggio. Nella caratterizzazione ambientale basata sui dati telerilevati, non si hanno ancora consolidate basi conoscitive per l’applicazione e la conseguente risoluzione di dati biologici soprattutto in ambiente acquatico ed ancor meno a livello della fascia di transizione terra-acqua. L’ampia letteratura scientifica disponibile presenta numerosi casi di applicazione dell’interpretazione di dati telerilevati ancora strettamente lagati a procedure di validazione con dati di campo sia rilevati con approccio tradizionale che di natura spettroradiometrica. La strategia proposta per la realizzazione dell’analisi ambientale prevista in questa fase delle attività è basata sulla metodologia esplicitata al par. 2.1.2 del Piano Operativo (ISPRA, 2009) e prevede le seguenti fasi: 1. applicazione delle procedure di SMA (spectral mixing analysis) per l’individuazione dei singoli elementi riflettenti del territorio e risoluzione di segnali misti provenienti dalle porzioni di territorio analizzate; 2. riclassificazione delle immagini sulla base degli elementi riflettenti puri che verranno visualizzati come campi continui; 3. validazione della procedura adottata mediante dati di campo di precedenti campagne di analisi e parzialmente integrati con dati di nuova acquisizione; 4. produzione di elaborati cartografici che individuino aree omogenee per caratteristiche ambientali. In questo studio, ci si propone di implementare l’approccio metodologico basato sulla Spectral Mixing Analysis per l’interpretazione ecologica ed in particolare, ci si propone di valutare la rilevabilità e le caratteristiche dell’assorbimento spettrale delle biomasse vegetali e della componente organica in ambiente costiero sommerso, emerso ed intertidale. Le sostanze otticamente attive potenzialmente presenti nella colonna d’acqua sono sicuramente quelle che contengono clorofilla, la materia organica disciolta e quella sospesa. Le proprietà ottiche 17 di queste componenti sono strettamente legate alla qualità dell’acqua e sono state discusse in dettaglio da alcuni autori (Bukata, 2000; Dekker, 1993; Kirk, 1994 e lett. citata). Saranno prodotte mappature di diverso dettaglio sulla vegetazione associata alla spiaggia emersa ed al cordone dunale e questo tipo di elaborati sarà strettamente legato al rilievo morfologico, basato principalmente sul dato LiDAR, per definire una zonazione delle principali associazioni vegetali, una valutazione dello spessore e dello stato di salute della vegetazione. Più complessa sarà l’interpretazione dell’area di battigia o intertidale, ovvero della zona di transizione tra la spiaggia emersa e sommersa, ambiente in cui l’architettura sedimentologica e quella topo-batimetrica interagiscono con il gradiente idrico determinando, a piccole scale di osservazione, una notevole variabilità spaziale e temporale. L’aspetto su cui ci si propone di porre maggiore attenzione è sicuramente quello dell’integrazione di informazioni derivanti da diverse sorgenti di dati finalizzata sia ad una migliore descrizione delle componenti ambientali rilevabili che alla continua validazione degli elaborati prodotti, in termini di replicabilità ed esportabilità tra componenti diverse all’interno di uno stesso sito, ma anche e soprattutto tra i due siti. Le scansioni LiDAR ed iperspettrali forniscono infatti importanti informazioni che possono essere comprese e quindi utilizzate solo attraverso lo sviluppo di specifici algoritmi in grado di permettere la discriminazione dei singoli contributi al segnale rilevato. Per “integrazione” si intende la fusione fra dati acquisiti con sistemi realmente distinti e s’intende altresì l’applicazione di un approccio multidisciplinare finalizzato alla sperimentazione, in ambito costiero, di metodologie all’avanguardia ed innovative che saranno implementate, soprattutto nell’interpretazione ecologica della distribuzione di diversi habitat. In particolare i dati laser ed iperspettrali saranno elaborati e georiferiti in un unico datum di riferimento geodetico in cui il dato laser viene considerato la base geometrica di partenza, in quanto esso rappresenta la fonte di dati più accurata e più ricca di informazioni e di contenuti spaziali, mentre il dato iperspettrale costituirà il serbatoio di informazioni ecologiche. Il sistema iperspettrale MIVIS (Multispectral Infrared & Visible Imaging Spectrometer) è uno strumento modulare composto da quattro spettrometri che misurano simultaneamente la radiazione elettromagnetica riflessa dalla superficie terrestre in 102 differenti bande spettrali: • 1° spettrometro: 20 bande nella regione spettrale del visibile (0,433-0,833 µm); • 2° spettrometro: 8 bande nella regione spettrale dell’infrarosso vicino (1,150-1,550 µm); • 3° spettrometro: 64 bande nella regione spettrale dell’infrarosso medio (2,000-2,500 µm); • 4° spettrometro: 10 bande nella regione spettrale dell’infrarosso termico (8,200-12,700 µm). 18 Si tratta di un sensore a scansione (whiskbroom scanner) in cui le immagini ottenute presentano una forte deformazione geometrica in direzione trasversale alla direzione di acquisizione. Il dataset di partenza , dovrà essere preliminarmente indagato al fine di individuare le bande più significative ai fini dell’indagine ambientale e ciò sarà possibile sia utilizzando l’ampia letteratura già disponibile che valutando, in fase sperimentale, la possibilità di ottenere ulteriori informazioni incrementando il numero di canali oggetto di processamento. Il rilievo iperspettrale, ottenuto in condizioni meteorologiche ottimali e con elevato numero di canali, potrebbe fornire la possibilità di mappare la distribuzione dei diversi tipi di sedimento e del loro contenuto idrico (relativamente alla spiaggia emersa ed alla zona intertidale), della produzione primaria e di alcune delle proprietà ottiche della colonna d’acqua quali la torbidità, biomassa fitoplanctonica e la presenza di fanerogame. Tutte queste informazioni di carattere ecologico, opportunamente interpretate ed integrate al rilievo batimetrico e topografico, nonché alla eventuale mappatura granulometrica del sedimento, potranno utilmente fornire una base per l’individuazione dei principali habitat bentonici e dunque, delle diverse comunità biologiche ad essi associate. Dati validabili grazie alla disponibilità di mappature pregresse svolte da ISPRA. 19 4. MATERIALI E METODI Per comprendere i principali processi che governano un sistema tanto complesso come la fascia costiera, dove componenti eterogenee sono collegate da interazioni multiple, è necessaria una grande quantità di informazioni acquisite con specifiche scale spaziali e differenti livelli di analisi. Ad oggi, è universalmente riconosciuta dalla comunità scientifica l’importanza dell’evoluzione delle metodologie e delle strumentazioni per il telerilevamento, che consentono di condurre studi su scala areale in diversi contesti ambientali (Bach et al., 2007). Le tradizionali tecniche di rilevamento e di monitoraggio non sono sempre efficaci e, quando possibili, non convenienti economicamente (Brinkman, 2000; White and Wang, 2003). Le indagini da remoto, ed in modo particolare la combinazione delle informazioni ottenibili mediante sensori laser ed iperspettrali, possono fornire dati ambientali con un elevato grado di risoluzione (Estep et al., 1994). Essi costituiscono un valido ed unico contributo alla comprensione dell’ambiente a livello ecosistemico e paesaggistico, livelli per i quali sono richieste informazioni relative a processi che avvengono a piccola scala cioè a livelli gerarchici inferiori. (Ustin et al., 2004). Il LiDAR è un mezzo per la rilevazione dei parametri superficiali che ben si presta a studi per la valutazione di fenomeni erosivi delle aree costiere (White and Wang, 2003). Il rilievo laser scanning aviotrasportato viene generalmente eseguito mediante sensore laser a scansione bicolore (che opera nelle lunghezze d’onda dell’infrarosso vicino, 1064 nm, e nel verde, 532 nm) con l’obiettivo di distribuire uniformemente i punti rilevati lungo la zona indagata (alcuni sistemi LiDAR, rilevando lungo una traccia sinusoidale, possono originare una disomogeneità nella densità dei punti concentrandoli sui bordi della strisciata). L’apparecchiatura emette un raggio laser nelle lunghezze d’onda dell’infrarosso e l’emissione di un ulteriore raggio laser nel campo del verde, permettendo anche il rilievo dei fondali fino a profondità dipendenti dal livello di torbidità dell’acqua. Durante gli ultimi cinque anni di operazioni di indagine (Milli and Surace, 2006), i sensori LiDAR specifici per l’acquisizione di dati batimetrici hanno fornito un efficace strumento per la gestione delle aree costiere (Irish et Lillycrop, 1999; Pe’eri and Philpot, 2007). In questo studio i dati grezzi ottenuti verranno sottoposti a diversi “filtraggi” come descritto in letteratura (Roggero, 2001a; 2001b; Sithole, 2001). Dapprima verranno eliminati i punti “anomali”, facilmente riconoscibili in quanto molto più alti o molto più bassi rispetto ai punti circostanti: i primi possono essere dovuti ad oggetti che non sono sul terreno, mentre i secondi sono dovuti a 20 riflessioni multiple. Eliminati questi punti, si otterrà un modello digitale della superficie (DSM) che comprende i target di diverse risposte quali manufatti o scatter delle onde. Per ottenere il modello digitale (DEM) batimetrico, il backscatter dell’acqua verrà eliminato sfruttando i doppi echi che si originano in corrispondenza della superficie stessa: infatti una parte del raggio riesce ad attraversare la superficie dell’acqua e ad originare una seconda eco in corrispondenza della batimetria. Tale metodologia permette di discriminare la batimetria alla profondità di diversi metri. Inoltre la metodologia implementata permetterà di eseguire contemporaneamente rilievi del fondale e della zona emersa come anche le strutture costiere Il sensore iperspettrale è basato su una potente e versatile tecnologia in grado di registrare centinaia di ristrette bande spettrali nella porzione dello spettro elettromagnetico in cui assorbe (visibile, infrarosso vicino e medio infrarosso). La risoluzione spettrale molto alta rende possibile la discriminazione tra differenti oggetti sulla base della loro risposta spettrale in ciascuna delle bande e di approfondire l’analisi fino ad una scala di estremo dettaglio. L’approccio metodologico che verrà adottato per il processing di dati iperspettrali ad elevato standard qualitativo è la SMA (spectral mixing analysis - Smith et al., 1990; Adams et al., 1995; Roberts et al., 1998b; Elmore et al., 2000; Small, 2004). Ogni elemento presente nelle scene acquisite da remoto fornisce una risposta (riflettanza) diversa a seconda della lunghezza d’onda (λ) con cui è indagato, che è funzione della natura fisica dell’elemento stesso. Per ogni scena indagata avremo, dunque, che lo stesso elemento fisico riflettente (endmember) fornisce una differente risposta spettrale nelle diverse bande con cui viene rilevato; l’insieme di tali risposte costituisce la firma spettrale dell’endmember. Va inoltre sottolineato come le immagini siano costituite da singoli pixel che, essendo la risultante di segnali complessi provenienti da più endmembers, sono unità visive miste (mixed pixel). Partendo da tali premesse, un’immagine fornisce un segnale (riflettanza) estremamente complesso e dovuto alla combinazione lineare delle risposte degli endmembers presenti. La SMA assimila tale segnale ad uno spazio multidimensionale con tante dimensioni quanti sono gli elementi riflettenti che lo costituiscono. Mediante un procedimento definito Analisi delle Componenti Principali (Boardman, 1989; Boardman and Kruse, 1994; Melelli et al., 2007, Taramelli e Melelli, 2009) è possibile isolare la riflettanza dovuta ai singoli elementi fisici riflettenti “puri”(ad es. acqua, suolo, vegetazione ecc.) e individuare quali siano quelli che forniscono la maggior parte delle informazioni alla scena. Una volta definita la riflettenza di elementi puri è possibile risolvere il segnale derivante dai mixed pixel sviluppando modelli di equazioni lineari che, risolti, forniscono la percentuale di endmembers presenti in ogni pixel o gruppo di pixel della scena. Il risultato finale è una 21 riclassificazione dell’immagine in cui si visualizzano, in modo continuo, le frazioni degli endmembers sulla scena e, dunque, la disposizione spaziale di aree omogenee (Adams et al., 1986, 1993, 1995; Smith et al., 1985; Gillespie et al., 1990; Boardman, 1993; Melelli et al., 2007). Di seguito vengono riportate le equazioni di primo grado calcolate in letteratura (Boardman, 1989; Boardman e Kruse, 1994; Small, 2004) e che permettono di risolvere il segnale complesso proveniente da una immagine: fSe11 + fVe12 + fDe13 = r1 fSe21 + fVe22 + fDe23 = r2 fSe31 + fVe32 + fDe33 = r3 fSe41 + fVe42 + fDe43 = r4 fSe51 + fVe52 + fDe53 = r5 fSe61 + fVe62 + fDe63 = r6 in cui ri è il segnale complesso che proviene da un pixel o gruppo di pixel nelle diverse bande di indagine, eij rappresenta il segnale degli endmembers puri, rispettivamente substrato (S), vegetazione (V), acqua (D), f sono le percentuali dei tre endmembers presenti e sono le incognite rispetto a cui il sistema di equazioni va risolto. Sostanzialmente la Spectral Mixing Analysis, partendo dalla radiazione emessa da una data porzione del territorio, consente di interpretare una risposta complessa mediante la scomposizione in singoli elementi che vengono successivamente interpretati e ricondotti a determinate matrici ambientali o elementi topografici. Nella presente ricerca, partendo da una definizione dello stato dell’arte inerente le metodologie sopra descritte, si intende implementare l’approccio descritto al fine di indagare alcuni aspetti ambientali delle aree rilevate. Il dato iperspettrale, se ottenuto in condizioni meteorologiche ottimali e con un sufficiente numero di canali, consente di analizzare la distribuzione dei diversi tipi di sedimento (Rainey et al., 2003) e del loro contenuto idrico (relativamente alla spiaggia emersa Ben Dor et al., 1999), la componente fotosintetizzante (la produzione primaria o meglio i pigmenti fotosintetici sono indubbiamente gli elementi che possono essere meglio rilevati) e alcune delle proprietà ottiche della colonna d’acqua (torbidità e biomassa fitoplanctonica). Questo tipo di informazioni, unitamente a valutazioni topografiche e batimetriche derivanti dal processing delle scansioni LiDAR, consentirà di analizzare le molteplici variabili caratterizzanti gli ambienti di fascia costiera con l’obiettivo di ottimizzarne la gestione. L’uso combinato delle due tecnologie consente di valutare con maggior dettaglio l’informazione derivante dall’area indagata. 22 La tecnologia LiDAR mediante il backscatter dei target indagati consente di avere informazioni di carattere morfologico ad un buon livello di dettaglio; tuttavia sono numerosi i fattori presenti sul territorio che possono “disturbare” il segnale e quindi l’informazione ricevuta. L’utilizzo contemporaneo dei dati iperspettrali permette di risolvere segnali complessi e quindi sostanzialmente di separare l’informazione relativa alla morfologia del territorio da quella di altre matrici ambientali o elementi del territorio. I risultati ottenuti mediante l’uso combinato dei dati da remoto devono essere validati con dati di campo di neoacquisizione o su serie di dati già esistenti (cartografie o, eventualmente, immagini satellitari). Una buona correlazione fra risultati ottenuti da dati differenti per acquisizione e processing, confermerà l’affidabilità dell’approccio metodologico adottato. Non mediante una risoluzione spaziale assoluta, ma mediante una elevata risoluzione spettrale, dovuta all’uso combinato di diverse tecnologie, si possono ottenere informazioni qualitativamente ottimali per una corretta interpretazione e gestione del territorio, delle componenti fisiche di cui è composto e delle dinamiche che lo governano. A differenza delle indagini classiche in situ, volte alla determinazione puntuale di quantità e spesso caratterizzate da tempistiche e costi elevati, la possibilità di utilizzare le informazioni derivanti da immagini iperspettrali consente di ricavare dette informazioni su larga scala e correlarle a posteriori ad indici riconosciuti in letteratura (Roberts et al., 1998a; Li et al., 2005; Giardino et al., 2007a; 2007b). La riproducibilità nella derivazione di simili informazioni a partire da dati telerilevati dipende da tre parametri principali: • Quota di acquisizione del dato telerilevato (dimensione dei pixel a terra); • calibrazione radiometrica del dato basata su una corretta modellizzazione del comportamento dell'atmosfera; • ampia differenziazione nel campionamento delle "firme spettrali" necessarie alla classificazione delle immagini iperspettrali. Nel corso di questa fase dello studio ci si propone di elaborare le scansioni LiDAR ed iperspettrali attraverso l’uso della SMA (spectral mixing analysis) con lo scopo di ottenere informazioni utili ad una caratterizzazione ambientale (Mancini et al., 2008). Per quanto riguarda le immagini iperspettrali, i nuovi sensori sono certamente un utile strumento per l’individuazione e l’analisi dei parametrici fisico-chimici del territorio. Data l’elevata sensibilità delle strumentazioni, gli elaborati ottenuti sono un prodotto complesso derivante dai numerosi elementi presenti sulla superficie rilevata. Sostanzialmente le immagini ottenute sono costituite da singoli pixel “misti” e ciò che osserviamo al loro interno è il risultato della combinazione di diversi segnali spettrali dovuti ai differenti elementi fisici presenti all’interno del pixel. Gli elaborati ottenibili saranno basati su tecniche di spectral mixing analysis (SMA), che consentiranno di valutare alcuni dei processi fisici 23 e delle caratteristiche delle superfici rilevate. L’analisi riguarderà una recente metodologia per la stima della frazione degli elementi riflettenti in accordo con la stima al 10% da foto aeree (Small, 2000; Taramelli e Melelli, 2009). La stima quantitativa di frazione è preferibile ad un’analisi basata sui tradizionali metodi di classificazione in quanto 1) piccoli cambiamenti in densità possono essere più facilmente individuati, 2) analisi multitemporali possono essere verificate per consistenza interna, 3) a differenza dell’“hard classification”, la frazione stimata può essere verificata attraverso misure al suolo e non risentire di problemi di saturazione e non-linearità tipici della stima da classificazioni statistiche. La strategia che verrà adottata per il raggiungimento degli obiettivi della presente ricerca è già stata testata con ottimi esiti in precedenti progetti di ricerca (Bach et al., 2007; Taramelli e Melelli, 2008a; Pasqui et al., 2009, Taramelli, 2009), in particolare nel 2005 – 2006 la “Sino-Italian Collaboration Program For Environmental Protection Granted Proposal” ha coinvolto Columbia University e il MATTM (Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) nel “Project on Environmental Base Line Identification (Beijing and Alashan Area, China) for dust storm emission using remote sensing “. Il progetto ha consentito di effettuare nella regione cinese di Alashan una classificazione ambientale mediante l’integrazione di dati Backscatter SAR, LANDSAT, Hyperion (iperspettrale) e dati di campo acquisiti con spettroradiometro (vedi FIG.1, Fig. 2 e Fig. 3). 24 Fig.1 – Da Taramelli, 2009 – 1a: Immagine in falsi colori del σºhh power in banda C- e banda L dei dati 13046/7. Il colore blu rappresenta basso backscatter mentre il rosso rappresenta alto backscatter (Latitudine 40.52°N; longitudine 104.43°E). Lo swath dell’immagine ha una width di circa 45 km. Radar illumination dall’alto. 1b. immagine in bianco e nero del rapporto tra L-Band σºhh e la somma di C-Band σºhh con L-Band σºhh dello stesso dataset 13046/7. 1c. rappresenta la stessa porzione dell’immagine SIR-C in un mosaico Landsat TM di aprile 2004. Sostanzialmente sono state individuate nella regione aree omogenee appartenenti a 4 categorie principali: aree scure prive di riflessività (es. acqua), vegetazione, roccia e suolo (Fig. 2). 25 Fig. 2 - Spectral mixing space per il mosaico di Alashan in immagini ETM+ (Pasqui et al., 2008) che corrisponde ad una ambiente deposizionale di acqua bassa. Lo scatter plot (colori accesi rappresentano densita’ di pixel maggiori) mostra le proiezioni ortogonali dello spazio tridimensionale delle tre prime componenti principali che rappresentano il 90% della varianza delle immagini. La prima dimensione corrisponde a roccia/suolo substrato; la seconda dimensione corrisponde alla frazione vegetale; la terza rappresenta la differenza tra un tipo di substrato (argilla) e un secondo tipo di substrato (sabbia). L’analisi è completamente quantitativa potendo raffrontare dati, sia da remoto che di campo, dipendenti dalla natura fisica dei target indagati; come si osserva nella parte inferiore della fig. 3 la correlazione fra gli spettri ottenuti con le diverse strumentazioni appare buona. In tal caso dunque l’applicazione della SMA ha consentito di distinguere gli effetti spettrali di diverse caratteristiche sedimentologiche, di contenuto di umidità o di diversa composizione litologica (Fig. 3). 26 Fig.3 – Le prime 6 immagini rappresentano gli Spectral mixing spaces delle immagini Landsat (ottico), Hyperion (iperspettrale) e dello spettrometro di campo (Pasqui et al., 2009). I tre grafici sottostanti evidenziano la riflettanza degli elementi riflettenti “puri” della scena: vegetazione, superfici scure non riflettenti e due tipologie di substrato (roccia e suolo). Il progetto WindDUST 05 ha evidenziato come i dati relativi alle firme spettrali, eseguite in situ e in laboratorio, dimostrano che, per una determinazione quantitativa della distribuzione della caratterizzazione ambientale, l’analisi dei dati telerilevati deve includere misure acquisite nell’ infrarosso vicino e nel termico (SWIR – Alberotanza et al., 1999; 2001; Sabetta et al., 2006; Van der Wal e Herman, 2007). Inoltre, la frequenza di acquisizione delle immagini, in relazione ai cicli inter-annuali e alle variazioni del contenuto in umidità delle zone di acque basse, è fondamentale per ottimizzare le differenze spettrali tra i le classi e le caratteristiche ecologiche associate, come ad esempio la produttività primaria e i tassi di decomposizione. In particolare il principale fattore responsabile della variabilità (varianza) spettrale è l’umidità. Nella prima dimensione della variazione spettrale all’interno del mixing space, le traiettorie di perdita di umidità sono consistentemente monotoniche. Il contenuto d’acqua risulta evidente sia per quanto riguarda l’assorbimento di H2O a 1450nm e 1950nm sia per quanto riguarda i cambiamenti di fase dell’albedo a tutte le lunghezze d’onda. Due fonti indipendenti di variazione spettrale possono 27 essere quindi distinte a partire dai risultati della SMA su spettri ottenuti dal data fusion con i dati di backscatter. Nella presente ricerca si vuole condurre un’analisi analoga a quella sopra descritta, in un contesto ambientale differente, in modo da poter testare le effettive potenzialità dell’approccio metodologico adottato. L’uso combinato di dati da remoto (LiDAR e iperspettrale) e la validazione dei risultati ottenuti potrebbero consentire la messa a punto di una metodologia solida e affidabile per l’indagine di porzioni emerse e sommerse della fascia costiera che consenta di interpretare le forme, la natura fisica e le dinamiche di ecosistema altamente complesso. Attraverso l’integrazione di dati di natura morfologica, fisica e biologica, è possibile ottenere una visione d’insieme della porzione di ambiente indagato e dunque una caratterizzazione delle dinamiche del paesaggio costiero anche da un punto di vista strettamente ecologico. 28 5. ESPORTABILITA' DEI DATI Per poter valutare l’accuratezza degli elaborati, sarà effettuata una continua comparazione tra dati pregressi, dati di campo ma anche e soprattutto tra i prodotti ottenuti grazie ai due sensori sia singolarmente sia integrati (correzioni geometriche, punti di validazione etc…). La ricerca proposta avrà quindi la possibilità di confermare (o confutare) tutte queste osservazioni tramite l’estensione delle analisi ad un numero maggiore di aree test e ad una più ampia variabilità di casi. Sarà inoltre in grado di confermare (o confutare) la possibilità di rilevare proprietà spettrali in un contesto ambientale costiero a partire dall’analisi di immagini satellitari iperspettrali e a banda larga. 29 6. BIBLIOGRAFIA Acosta A., Carranza M.L., Izzi C.F. (2005) - Combining land cover mapping of coastal dunes with vegetation analysis. Applied Vegetation Science 8: 133-138. Adams, J.B., Sabol, D.E., Kapos, V., Filho, R.A., Roberts, D.A., Smith, M.O., and Gillespie, A.R. (1995) - Classification of multispectral images based on fractions of endmembers: Application to land cover change in the Brazilian Amazon. Remote Sensing of Environment 52: 137-151. Adams, J.B., Smith, M.O., and Gillespie, A.R. 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