Progetto Strategico Interreg IIIa Risknat Le tecniche radarinterferometriche nella pianificazione territoriale Enti realizzatori Regione Liguria, Settore Assetto del Territorio Regione Piemonte, Direzione Opere Pubbliche, Difesa del Suolo, Economia Montana e Foreste Regione Valle d’Aosta, Servizio Geologico Tele-Rilevamento Europa (TRE) Arpa Piemonte, DT Geologia e Dissesto Università di Genova, Dip. Ingegneria Costruzioni, Ambiente e Territorio Università di Pavia, Dip. Scienze della Terra e dell’Ambiente Fondazione Montagna Sicura Presentazione Il Progetto RiskNat ha rappresentato per la Regione Liguria, nel contesto di un difficile momento economico, una straordinaria risorsa, grazie alla quale è stato possibile acquisire utili strumenti per ampliare la conoscenza geologica del territorio. Tali strumenti, insieme a tutti i dati raccolti e diffusi attraverso il web, costituiranno un importante elemento di base per le future azioni di pianificazione e di tutela del territorio. Basti pensare che sono state realizzate due carte geologiche di elevato valore scientifico, complete dei rilievi marittimi e terrestri della zona compresa tra Imperia e Ventimiglia. Sono stati acquisiti i dati di interferometria radar satellitare multi temporale relativi al periodo 2003-2009 di tutta la Provincia di Imperia. Non meno importanti sono state le numerose azioni di informazione e di formazione realizzate sui temi del rischio sismico e geomorfologico, che hanno visto la partecipazione di numerosissime persone e che hanno anche trovato il sostegno degli Ordini professionali dei Geologi, degli Avvocati e dei Giornalisti. Questo volume non solo offre preziose indicazioni sull’utilizzo dei dati radar satellitari per l’analisi dei fenomeni franosi, ma costituisce la sintesi della proficua collaborazione tecnica tra Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta. La comunità dei tecnici ha ora a disposizione uno strumento scientifico in più, grazie al quale si potrà continuare a lavorare nella direzione della prevenzione dai rischi naturali. Renata Briano Assessore all’Ambiente della Regione Liguria Il progetto Interreg IIIa Alcotra Risknat è stato un progetto “strategico” non solo nella definizione formale ma nella realtà dei prodotti realizzati. Capitalizzando una rete transfrontaliera di professionalità e di conoscenze che data oramai da più di 20 anni il progetto ha permesso di sviluppare un gran numero di aspetti relativi ad un tema attuale e sostanziale come quello della difesa dai rischi naturali. Tra i vari prodotti realizzati spicca, quale prodotto strategico, il presente manuale di linee guida sull’interferometria satellitare applicata ai movimenti franosi. Tale tecnica vede le tre regioni italiane coinvolte nel progetto Risknat: Liguria, Valle d’Aosta e Piemonte come regioni pioniere a scala nazionale ed internazionale. Si tratta infatti di una tecnica recente nata e sviluppata nel nostro paese e nello stesso trova, ad oggi, i migliori casi di applicazione. Ci auguriamo che la diffusione di questo manuale possa contribuire ad un miglior uso dei dati disponibili per una più efficace opera di mitigazione dei rischi naturali legati ai fenomeni franosi. Roberto Ravello Assessore all’Ambiente, Difesa del suolo, Attività estrattive e Protezione civile della Regione Piemonte I progetti di Cooperazione territoriale transfrontaliera hanno sempre rappresentato una grande opportunità, per l’Amministrazione regionale, per confrontarsi con partner d’oltralpe sulle buone pratiche di gestione del territorio di montagna. In quest’ultima programmazione, Programma Operativo di Cooperazione territoriale europea transfrontaliera, Italia/Francia (Alpi) 2007/2013, il Dipartimento difesa del suolo e risorse idriche della Regione, ha voluto dare una forte connotazione pratica a tutte le attività intraprese all’interno dei progetti di Cooperazione territoriale. Nel momento della stesura delle proposte progettuali riguardanti i rischi naturali in montagna, si è cercato, infatti, 5 di introdurre e sviluppare delle metodologie anche innovative e tecnologicamente avanzate, ma con un occhio sempre rivolto allo scambio di buone pratiche ed alla concreta applicazione di queste nella gestione quotidiana del territorio. A questo proposito, sono nati i progetti transfrontalieri, tra cui RISKNAT (gestione in sicurezza dei territori di montagna transfrontalieri). Quest’ultimo si differenzia da altri progetti semplici poiché è un progetto cosiddetto strategico e cioè fortemente voluto da tutte le Amministrazioni del territorio transfrontaliero, italiane e francesi, e che tocca tutti i rischi naturali che interessano un territorio di montagna, dalle valanghe ai ghiacciai, dalle piene torrentizie ai movimenti gravitativi s.l. . Nato a metà 2009, il progetto RISKNAT prevede, tra l’altro, nell’ambito dello studio dei fenomeni franosi l’acquisizione di dati tele rilevati per il monitoraggio del territorio. Nello specifico, il Servizio geologico del Dipartimento difesa del suolo e risorse idriche, ha provveduto all’acquisto di dati radar da piattaforma satellitare ESA ERS 1&2 (relativi al periodo 1992-2001) e Radarsat (relativi al periodo 2003-2010), elaborati con tecnica interferometrica con appositi algoritmi per l’ottenimento di dati PS (Permanent Scatterer). Tali dati hanno permesso di acquisire informazioni importanti ed indispensabili per l’analisi e la conoscenza del territorio della Valle d’Aosta, costituendo una banca dati informativa unica nel suo genere per lo studio di fenomeni di deformazione superficiale. Marco Viérin Assessore alle Opere pubbliche, difesa del suolo e edilizia residenziale pubblica della Regione Autonoma Valle d’Aosta 6 Il progetto strategico Interreg IIIa Alcotra RiskNat Le regioni transfrontaliere delle Alpi occidentali condividono non solo rischi comuni, ma anche un vasto patrimonio di conoscenze ed esperienze di lavoro in comune, realizzate nel corso di quasi venti anni di cooperazione transfrontaliera. Numerose Istituzioni pubbliche dei territori alpini condividono lo stesso bisogno di valorizzare i risultati delle ricerche e sperimentazioni già realizzate, per declinarne delle applicazioni concrete a beneficio delle popolazioni, nonché la necessità di identificare insieme gli assi di miglioramento prioritari e di pianificare in modo coordinato le nuove azioni da svolgere. Peraltro, una coordinazione ampia in termini di estensione territoriale e mirata alla messa in comune del potenziale scientifico e tecnico disponibile nei territori alpini rende possibili diagnosi, sperimentazioni e innovazioni maggiormente efficaci. La proficua collaborazione, quasi ventennale, delle regioni transfrontaliere delle Alpi occidentali è alla base della volontà di costituire un Polo di risorse transfrontaliere sui rischi naturali. Il progetto strategico RiskNat, sviluppato tra il 2009 ed il 2012 (Italia/Francia), si pone come elemento centrale di una rete transfrontaliera consolidata, con l’obiettivo principale di creare e gestire una piattaforma interregionale di scambio di esperienze, di valorizzazione delle informazioni e di riflessione strategica condivisa. Gli obiettivi specifici del progetto: -- rafforzare l’azione dei servizi tecnici - pubblici di protezione contro i rischi naturali verso soluzioni di politiche di sviluppo territoriale impostate sulla sostenibilità; -- costituire una piattaforma interregionale “rischi naturali” di scambio delle esperienze, di valorizzazione delle informazioni e di riflessione strategica, funzionante in rete; -- mettere a punto servizi e metodi innovativi di previsione e mitigazione ad alto contenuto tecnologico; -- realizzare degli interventi pilota, quali buone pratiche di gestione di rischi integrati con la gestione ambientale e territoriale; -- sensibilizzare i gestori dei rischi alle buone pratiche di gestione ambientale e territoriale; -- stimolare la memoria collettiva delle popolazioni esposte; -- tendere ad una progressiva integrazione delle strutture e dei dispositivi della protezione civile in area transfrontaliera. Il progetto strategico è articolato in 3 assi ( o volet) principali: a. creazione di una piattaforma interregionale di scambio di esperienze, di valorizzazione delle informazioni e di riflessione strategica, funzionante in rete; b. sviluppo di metodi e di strumenti operativi, azioni innovative volte alla gestione del territorio; c. azioni pilota di buone pratiche di presa in conto dei rischi naturali nella gestione ambientale e territoriale. Il volet A del progetto ha permesso una coordinazione ed una validazione effettiva delle azioni transfrontaliere presenti e passate sui rischi naturali, tramite un’ampia diffusione delle attività e dei risultati presso le popolazioni e la comunità tecnico-amministrativa. Ha permesso altresì ai decisori, attraverso appositi gruppi di lavoro ed atelier, di valutare queste azioni così come di definire le nuove azioni prioritarie da intraprendere. 7 I volet B e C hanno permesso di realizzare delle azioni innovative su territori pilota, direttamente al servizio della sicurezza delle popolazioni e degli utilizzatori delle infrastrutture. L’aspetto innovativo è derivato sia dalla messa in opera coordinata ed integrata di diversi savoir-faire, altrimenti troppo sovente dissociati, sia dalle metodologie innovative sviluppate dal volet B ed in particolar modo per i siti pilota del volet C. Fondazione Montagna Sicura, Courmayeur (AO) 8 Sommario Il presente manuale riassume le esperienze maturate nell’ambito del progetto strategico Interreg Alcotra IIIa Risknat dalle Regioni Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta nel capo dell’applicazione della tecnica radarinterferometriche tramite persistent scatterers alla caratterizzazione dei movimenti di versante. La tecnica permette, ove sia disponibile una sufficiente serie di immagini radar satellitari, di valutare lo spostamento al suolo nel tempo, con precisione dell’ordine dei mm a-1, di bersagli radar a terra costituiti da rocce, fabbricati manufatti ecc. . La densità di tali punti, nelle analisi a scala regionale, può arrivare a migliaia per km2, permettendo un’ottima identificazione e caratterizzazione delle frane a cinematica lenta. A poco più di dieci anni dalla sua nascita la tecnica è, in molte regioni italiane, divenuta strumento di lavoro ordinario. Nel corso del progetto sono stati sviluppati numerosi applicativi per svolgere numerose funzioni di analisi, sia in di preche di post-elaborazione. Tra i vantaggi della tecnica il principale è probabilmente la possibilità di indagare aree molto vaste in tempi ristretti ed a costi contenuti, ottenendo informazioni circa i cinematismi di un gran numero di fenomeni franosi. Gli svantaggi sono legati essenzialmente ad aspetti geometrici, in quanto la tecnica rileva solo una componente del movimento totale, lungo l’asse tra il bersaglio ed il satellite. Nelle tre regioni interessate sono numerosi i casi di utilizzo per l’interpretazione dei movimenti franosi complessi e per il supporto alle procedure di pianificazione territoriale. Résumée Le rapport concerne les expériences faites, dans le projet stratégique Interreg Alcotra IIIa Risknat, par les Régions Liguria, Piemonte et Vallée d’Aoste dans l’application des techniques radarinterférométriques satellitaires persistent scatterers au domaine des mouvements de terrain. S’il y a sur une zone un numéro suffisant d’images radar, la technique peut identifier des cibles radar au sol (dites PS ou DS) et évaluer leurs déplacements avec précisions dans l’ordre des mm a-1 . Les cibles sont des roches exposées, des bâtiments, des structures etc. . La densité de ces points, dans une analyse à l’échelle régionale, peut arriver à milliers de points par km2, ainsi permettent une bonne identification et caractérisation des mouvements de terrain à cinématique lente. La technique, âge d’une douzaine d’années, est devenue un instrument de travail routinière dans plusieurs régions italiennes. Au cours du projet, on était développés beaucoup de logiciels pour effectuer des analyses tant de pre- que de post-élaboration. Entre les avantages de la technique, le principal est probablement la possibilité de couvrir des zones très vastes à bas prix, en obtenant ainsi des informations cinématiques sur un grand numéro de mouvements de terrain. Les limites sont reliées surtout aux aspects géométriques, car il n’est possible de détecter qu’une composante du déplacement total, le long de l’axe de visée (LOS, line of sight) entre le satellite et le cible. Dans les trois régions la technique a été beaucoup utilisée pour l’interprétation des mouvements de terrain et pour l‘aménagement du territoire. 9 Abstract The paper describes the experiences made in the Interreg Alcotra IIIa RiskNat project by three Italian regions, Liguria, Piemonte and Valle d’Aosta, in the field of landslide assessment by means of persistent scatterers radarinterferometry. If a sufficient series of radar images is available, the technique allows, with accuracies in the order of mm a-1, to evaluate the displacement of ground radar targets represented by rocks, buildings and other structures. In a regional scale analysis the density of these points (named PS or DS) may reach several thousands per km2, thus permitting a very good cinematic characterization of slow-moving landslides. The technique is about twelve years old and, in many Italian regions, is now an ordinary working tool. Within the project, several software tools were developed in order to perform both pre- and post-processing analyses. The technique has numerous advantages, the most important being the possibility of surveying wide areas at minimal cost, thus providing information about a large number of landslides. The drawbacks are basically related to geometric aspects, for the technique detects only one component of the total displacements, the one along the line connecting the radarsatellite and the ground target (named LOS, line of sight). In the three regions the technique was positively used both for landslides assessment and for land use planning. 10 Elenco autori Autore Ente Principali contributi nei capitoli Riccardo Berardi 1 6 Rossella Bovolenta 1 6 Massimo Broccolato 2 3, 6, 7 Alessio Colombo 3 3, 5, 7 Emanuela Curti 1 6 Daniele Drago 4 6 Alessandro Ferretti 5 1 Roberto Locatelli 5 1 Claudia Meisina 6 4 Davide Notti 6 4 Fabrizio Novali 5 1 Marco Paganone 2 3,6 Sonia Parodi 1 6 Stefano Podestà 1 6 Flavio Poggi 7 3, 6, 7 Anna Roccati 7 6 Rosanna Spezzano 3 6 Laura Sportaiuolo 3 6 Carlo Troisi 4 3, 5, 7 Francesco Zucca 6 4 1. Università di Genova, Dip. Ingegneria Costruzioni, Ambiente e Territorio, Via Montallegro 1, 16145 Genova 2. Regione Valle d’Aosta, Servizio Geologico, Loc. Amérique 33, 11020 Quart (AO) 3. Arpa Piemonte, DT Geologia e Dissesto, v. Pio VII 9, 10125 Torino 4. Regione Piemonte, Direzione Opere Pubbliche, Difesa del Suolo, Economia Montana e Foreste; Settore Prevenzione del Rischio Geologico, via Belfiore 23, 10135 Torino 5. Tele-Rilevamento Europa (TRE), Ripa di Porta Ticinese 79, 20143 Milano 6. Università di Pavia, Dip. Scienze della Terra e Ambiente, via Ferrata 1, 27100 Pavia 7. Regione Liguria, Settore Assetto del Territorio, v. D’Annunzio 111, 16121 Genova Coordinamento editoriale a cura di Alessio Colombo, Flavio Poggi e Carlo Troisi 11 Indice 5 7 9 11 13 Presentazione Il progetto strategico Interreg IIIa Alcotra RiskNat Sommario Elenco autori Indice 1. Introduzione 15 Introduzione 2. Principi di base del metodo 17 25 30 35 38 2.1 Nozioni elementari sui sistemi radar SAR 2.2 L’Interferometria SAR (misure InSAR) 2.3 La “Tecnica PS” - PSInSAR™ 2.4 Tecniche PS di seconda generazione: SqueeSAR™ 2.5 Precisione ed Accuratezza 3. Esperienze dei partecipanti 45 45 47 48 50 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 Introduzione Il PST, Piano Straordinario di Telerilevamento Ambientale Esperienze nella Regione Liguria Esperienze della Regione Piemonte Esperienze della Regione Autonoma Valle d’Aosta 4. Organizzazione e trattamento dei dati 53 53 61 73 83 86 4.1 4.2 4.3 4.4 4.4 4.5 Introduzione Carta della probabilità di identificazione di bersagli radar (metodo cr-index) Metodi di interpretazione dei dati interferometrici a scala regionale Confronto tra monitoraggio satellitare e monitoraggio strumentale Alcune problematiche nell’analisi del dato psi: salti di fase e periodi di misura Applicabilità delle tecniche PS alle varie tipologie di frana 5. Vantaggi e limiti del metodo 89 90 93 100 5.1 Introduzione 5.2 Vantaggi 5.3 Limiti del metodo 5.4 Esempi di utilizzo improprio 6. Applicazione della tecnica alla pianificazione territoriale 103 104 122 135 140 149 6.1 6.2 6.3 6.4 6.5 6.6 Procedure ed esempi applicativi Esempi applicativi in Regione Liguria Esempi applicativi in Regione Valle d’Aosta Problematiche riscontrate Linee guida esistenti Effetti delle deformazioni registrate con tecnica PSInSARTM sui fabbricati 7. Considerazioni conclusive 169 Considerazioni conclusive APPENDICE A Diffusione del dato PS/DS APPENDICE B Analisi di fattibilità e capitolati APPENDICE C Scheda per il censimento dei bersagli radar sui fabbricati sviluppata dall’Università di Genova, Dip. Ingegneria Costruzioni, Ambiente e Territorio per la Regione Liguria. Bibliografia di base 189 Testi consigliati 190 13 Introduzione Capitolo 1 Capitolo 1 Introduzione La presente pubblicazione è il frutto delle esperienze da parte delle Regioni Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta nel campo della caratterizzazione di movimenti franosi tramite tecniche radar-interferometriche satellitari nell’ambito del progetto Interreg IIIa Alcotra Risknat. La redazione è stata curata da funzionari dei servizi tecnici delle amministrazioni di cui sopra nonché dalle Università di Genova e Pavia e dalla TeleRilevamento Europa s.r.l., che hanno fornito assistenza tecnico-scientifica. Le tecniche di utilizzo delle analisi radarsatellitari sono relativamente recenti. Se l’utilizzo in campi quali le ricerche petrolifere, la valutazione di subsidenze ecc. è ora diffusa e normalmente utilizzata dai comparti tecnici che si interessano di tali fattispecie, la tecnica è ancora relativamente poco nota ai tecnici ed ai professionisti che potrebbero o dovrebbero utilizzarla a scala locale o regionale per attività di pianificazione e caratterizzazione dei movimenti franosi. Scopo di questo volume è quello di cercare di colmare, quantomeno in parte, questa lacuna offrendo un testo a carattere eminentemente pratico, che si rivolge a tecnici delle Pubbliche Amministrazioni e professionisti che intendano utilizzare i dati radar-interferometrici disponibili o che intendano proporre od effettuare nuove elaborazioni. Gli Autori sottolineano come la ratio di base della redazione sia stata quella di confrontare, esporre e commentare le risultanze delle proprie esperienze, senza pretesa alcuna di voler produrre un testo dottorale esaustivo dell’argomento. Un altro importante aspetto merita adeguata attenzione. Tutto quanto esposto si riferisce ad indagini effettuate tramite elaborazioni di immagini radar satellitari con gli algoritmi PSInSAR™ e SqueeSAR™, entrambe tecniche proprietarie brevettate dal Politecnico di Milano e commercializzate tramite la società Tele-Rilevamento Europa - T.R.E. s.r.l. (TRE), spin-off dello stesso Politecnico. Questo in quanto tale società è risultata, a seguito di procedure di gara, affidataria dei rilievi in tutte le tre Regioni interessate. Per tal motivo la Società Tele-Rilevamento Europa - T.R.E. s.r.l. (TRE) ha redatto il capitolo della pubblicazione relativo ai principi generali del metodo e dell’utilizzo degli algoritmi di cui sopra. Esistono altre società, a livello europeo e mondiale (comunque in numero limitato: 5-6 a livello europeo e meno di una decina a livello mondiale) che offrono prodotti consimili, tutti basati su algoritmi proprietari brevettati. Benché, per quanto noto a livello della letteratura scientifica disponibile, le varie tecniche elaborative sembrino produrre prodotti simili e confrontabili, gli scriventi non hanno, a tal riguardo, alcuna esperienza. In altri termini, anche se in generale la gran parte delle considerazioni proposte dovrebbero potersi applicare anche ad elaborazioni prodotte con altre tecniche, non vi è a riguardo, alcuna garanzia. L’articolazione essenzialmente: del testo prevede -- i principi di base della tecnica (cap. 2) -- una breve rassegna delle esperienze relative 15 -- -- 16 all’acquisizione ed all’interpretazione delle tecniche radarinterferometriche sviluppate dalle tre regioni interessate (cap. 3) -- l’utilizzo dei dati per le attività di pianificazione territoriale, con esempi dalle tre regioni (cap. 6); la descrizione di alcune delle tecniche sviluppate per l’organizzazione ed il trattamento dei dati radarinterferometrici (cap. 4); -- le modalità di diffusione dei dati adottate dalle regioni Liguria e Piemonte (appendice A) -- una serie di considerazioni relative alle analisi di fattibilità ed alla redazione di capitolati, utili alle pubbliche amministrazioni che vogliano affidare servizi di acquisizione dati con la tecnica dei persistent scatterers (appendice B). una esposizione dei vantaggi e dei limiti delle tecniche radarinterferometriche nel campo della caratterizzazione dei movimenti franosi (cap. 5); Principi di base del metodo Capitolo 2 Capitolo 2 Principi di base del metodo 2.1 Nozioni elementari sui sistemi radar SAR L’analisi di immagini satellitari acquisite da sistemi SAR satellitari è solitamente associata ad una catena di elaborazione molto complessa. La stessa formazione delle immagini ed il loro successivo utilizzo sono infatti frutto di diversi processi. In questa sezione si vuole darne una descrizione elementare, che potrà aiutare il lettore a conoscere alcune nozioni di base utili ad orientarsi nel mondo dei dati radar interferometrici. 2.1.1 Radar ad apertura sintetica (SAR) Le immagini satellitari fanno ormai parte del quotidiano in molte applicazioni. L’utilizzo, ad esempio, di Virtual Earth™, Google Earth™ e Google Maps™ ha rivoluzionato i sistemi informatici territoriali, mettendo a disposizione di tutti un’enorme quantità di dati ottici (ovvero “fotografie”) acquisiti da sensori satellitari dotati di ottiche potenti e raffinate. Un sensore radar non genera immagini di questo tipo (si veda la Figura 2 - 1), dato che opera in un’altra banda dello spettro elettromagnetico: quella delle microonde (le lunghezze d’onda sono di qualche centimetro, 100.000 volte maggiori dello spettro visibile). Essendo poi un sistema attivo, il radar crea immagini mediante l’emissione e la ricezione di onde elettromagnetiche, ovvero non sfrutta la radiazione solare per illuminare il terreno. Una caratteristica chiave dei sistemi radar, ben nota sin dalla seconda guerra mondiale, è poi la capacità di penetrare le nuvole ed ottenere informazioni relative ad eventuali target indipendentemente dalle condizioni meteorologiche locali. Proprio queste due caratteristiche, ovvero: la capacità di funzionare sia di giorno sia di notte e la capacità di penetrare le nuvole, hanno reso il radar lo strumento principe per applicazioni di Osservazione della Terra (OT) e di telerilevamento satellitare. Rispetto ad un sistema radar convenzionale, un Radar ad Apertura Sintetica (Synthetic Aperture Radar - SAR) mostra alcune peculiarità che sono legate alla tecnica utilizzata per ottenere immagini ad alta risoluzione anche operando a notevole distanza dall’area d’interesse (nel caso di sensori satellitari, si tratta di distanze di centinaia di km). Il lettore interessato può riferirsi alle numerose descrizioni disponibili in letteratura e su internet. 2.1.2 Sensori SAR -- In termini molto generali, i diversi tipi di sensore SAR oggi disponibili differiscono in funzione dei seguenti parametri; -- frequenza di funzionamento del radar; -- geometria e modalità di acquisizione; -- risoluzione ottenibile. La frequenza di funzionamento influenza Tabella 2 - 1: Bande dello spettro elettromagnetico. Banda P L S C X K Q Frequenza 0.25 / 0.5 GHz 1.0 / 2.0 GHz 2.0 / 4.0 GHz 4.0 / 8.0 GHz 8.0 / 12 GHz 12 / 40 GHz 40 / 50 GHz Lunghezza d’onda (media) 100 cm 30 cm 10 cm 6 cm 3 cm 1 cm 0.5 cm 17 sensibilmente le caratteristiche del SAR, soprattutto nel modo in cui interagisce con il terreno: gli oggetti tendono ad interagire con l’onda elettromagnetica quando le loro dimensioni fisiche diventano paragonabili alla lunghezza d’onda, la quale è direttamente legata alla frequenza di funzionamento del radar. Quest’ultima appartiene, solitamente, ad una delle bande dello spettro elettromagnetico riportate nella Tabella 2 - 1. Escludendo i SAR ad uso militare, per applicazioni civili sono disponibili SAR satellitari nelle bande L, C ed X. In generale, più alta è la frequenza utilizzata dal radar, migliore è la risoluzione delle immagini generate dal sensore e maggiore è la sensitività a possibili spostamenti del bersaglio in applicazioni interferometriche. 2.1.3 Proprietà del segnale SAR Il segnale radar è caratterizzato da due proprietà fondamentali: l’ampiezza e la fase. L’ampiezza è strettamente legata all’energia del segnale riflesso e rilevato dall’antenna del sensore: tutti gli impulsi che vengono emessi hanno la stessa energia, quelli Figura 2 - 1: Confronto tra immagine SAR (in alto) e immagine ottica (in basso) di una stessa area (aeroporto di Milano Linate). 18 Principi di base del metodo riflessi presentano livelli di energia anche molto diversi (e comunque sempre inferiori all’energia dell’impulso trasmesso). Generalmente i metalli e gli oggetti solidi quali manufatti e rocce esposte, presentano una elevata capacità di riflessione del fascio radar illuminante (in termini tecnici, questi elementi sono associati a valori elevati della cosiddetta Radar Cross Section o RCS) e sono pertanto ben visibili in un’immagine radar. Al contrario, materiali quali, ad esempio, legno, campi coltivati e foreste, hanno assai minore capacità di riflettere il segnale radar verso il Capitolo 2 sensore e, conseguentemente, generano dati SAR di bassa ampiezza. L’ampiezza è caratteristica delle immagini SAR di facile visualizzazione, ma non di immediata interpretazione a causa dell’inevitabile rumore di speckle. Lo speckle appare visivamente nella forma di un rumore “sale e pepe” che affligge l’immagine SAR, ma non è sintomo di bassa qualità della stessa, bensì è una caratteristica inevitabile indotta dall’interazione dell’impulso elettromagnetico con il terreno. Infatti ogni cella di risoluzione può contenere molti elementi riflettenti, ciascuno dei quali Figura 2 - 2: immagine di ampiezza SAR ERS-2 area aeroporto di Linate presso Milano (Italia), lo speckle è visibile come rumore tipo ‘sale e pepe’. Figura 2 - 3: La stessa area della Figura 2 - soprastante ottenuta come MIR: lo speckle è drasticamente ridotto. 19 reagisce in modo indipendente con l’impulso proveniente dal radar. I contributi dei vari elementi si sommano ora in modo costruttivo, ora in modo distruttivo, dando luogo a valori molto diversi di riflettività, anche per pixel che appartengono ad una stessa tipologia di superficie. è possibile ridurre l’effetto dello speckle mediante opportune tecniche di filtraggio dei dati SAR, la più semplice delle quali, se si dispone di una serie di immagini della stessa area acquisite dallo stesso sensore in istanti diversi, consiste nel mediarne i valori di ampiezza. L’immagine media così ottenuta è comunemente detta Multi-image Reflectivity Map (MIR). In Figura 2 - 2 e Figura 2 - 3 si può apprezzare la forte riduzione di rumore di speckle ottenuta mediando oltre 50 immagini SAR acquisite sull’aeroporto di Milano Linate. La seconda proprietà essenziale del segnale SAR è la fase, ed è ciò che rende possibile l’interferometria. Infatti, ad ogni pixel di una immagine SAR di ampiezza, è associato un valore di fase compreso 0 e 2π (oppure tra –π e +π). Un’immagine SAR è perciò costituita da due matrici di numeri: una contiene la classica “immagine”, legata all’energia retrodiffusa dagli elementi al suolo, e l’altra contenente valori molto più difficili da utilizzare, perché di più difficile interpretazione (Figura 2 - 4). La fase è determinata dal tempo di volo dell’impulso radar ed è perciò legata alla distanza tra il sensore e l’oggetto che riflette l’impulso radar a terra. È anche la caratteristica più difficile da interpretare per i “non addetti ai lavori” a causa della sua natura matematica. Semplificando, si può pensare al segnale SAR come ad un’onda sinusoidale: un ciclo completo di sinusoide coincide con la lunghezza d’onda (indicata spesso con il simbolo λ) corrispondente alla frequenza a cui opera il radar. La distanza tra sensore e bersaglio a terra può sempre essere espressa in un numero intero di cicli, più un segmento pari ad una frazione di lunghezza d’onda. La fase associata ad ogni pixel dell’immagine SAR descrive proprio questa frazione di ciclo, descrivibile con un numero da 0 a 2π. Più precisamente, tenendo conto del fatto che il segnale radar percorre due volte la distanza sensore-bersaglio (andata e ritorno), il parametro-chiave che determina il valore di fase del segnale radar è pari a due volte la distanza sensore-bersaglio. Semplificando un po’ le cose, ma andando al cuore del problema, si supponga di avere un radar che operi in banda C con lunghezza d’onda pari a 6 cm e che illumini un oggetto puntiforme distante esattamente 60 m. In questo caso la distanza sensore-bersaglio è esattamente pari a 1000 lunghezze d’onda Figura 2 - 4: Esempio di immagine SAR. Dati di ampiezza (a sinistra) e fase (a destra). ampiezza 20 fase Principi di base del metodo (60 m diviso 6 cm) e, anche considerando l’andata e il ritorno, la fase del pixel dell’immagine radar corrispondente al bersaglio sarà pari a 0: infatti, con esattamente 2000 lunghezze d’onda, copriamo il percorso dell’impulso radar. Se ora allontaniamo l’oggetto di 1 cm dal radar, le cose cambiano perché, sempre considerando l’andata e il ritorno, servirà un terzo di lunghezza d’onda in più per coprire il cammino dell’impulso illuminante. Questo fa sì che il valore di fase sia ora pari a 2π/3. Analogamente si possono calcolare i valori di fase per tutte le posizioni intermedie dell’oggetto comprese tra 0 (posizione iniziale) e 3 cm che andranno coprire tutto l’intervallo compreso tra 0 e 2π. Si noti come, portando l’oggetto a 3 cm dalla posizione Capitolo 2 iniziale, il parametro chiave (considerando sempre l’andata e il ritorno) diventi pari a 2 x 60.03 m = 120 m + 6 cm, ovvero ancora un numero intero di lunghezze d’onda (in questo secondo caso pari a 2001). Da questo esempio deduciamo perciò che qualsiasi spostamento del bersaglio di multipli di λ/2 (ovvero metà della lunghezza d’onda del segnale radar) non darà luogo a variazioni di fase: fase 0 e fase 2π corrispondono esattamente alla stessa configurazione. Un po’ come un orologio a lancette che segna le 12: senza informazioni a priori non possiamo sapere se è mezzogiorno o mezzanotte. L’esempio dell’orologio, o del cronometro, è un’altra similitudine usata spesso per avvicinare i non-esperti al concetto di fase del segnale SAR. Qui il protagonista è il tempo Figura 2 - 5: Illustrazione dei moti orbitali ascendenti e discendenti rispetto all’asse nord-sud. Figura 2 - 6: Illustrazione della geometria di acquisizione di un sistema SAR satellitare. Il moto del sensore è ortogonale al disegno 21 di volo dell’impulso radar. Supponendo, infatti, di far scattare un cronometro con una sola lancetta nell’istante in cui trasmettiamo l’impulso radar verso il nostro target e di fermarlo nell’istante in cui se ne riceve l’eco, la fase del segnale associata al bersaglio sarà legata alla posizione della lancetta, indipendentemente dal numero di giri da questa effettuata. Terminiamo questa sezione facendo notare come il tempo di volo dell’impulso radar, ovvero il tempo di propagazione tra antenna e terreno e viceversa, è influenzato, oltre dalla distanza sensore-oggetto a terra, anche dal mezzo di propagazione dell’onda elettromagnetica, ovvero l’atmosfera: nubi, pioggia, nebbia influenzano la velocità di propagazione del segnale e introducono, di conseguenza, effetti sulla fase rilevata. Acquisire dati SAR in zone ove sono presenti forti turbolenze in troposfera o in aree molto umide porta ad avere, a parità di sensore, dati maggiormente affetti da contributi di fase spuri dovuti all’atmosfera. Questo è un aspetto da sottolineare, dato che rappresenta spesso il maggiore ostacolo all’elaborazione dei dati interferometrici e può compromettere la qualità delle misure ad essi associate. 2.1.4 Geometria immagini di acquisizione delle Tutti i satelliti SAR oggi disponibili, seguono orbite polari eliosincrone, ovvero orbitano intorno alla terra passando in prossimità dei poli e sorvolando la stessa area ogni certo numero di giorni (questo parametro è detto tempo di rivisitazione o Repeat Cycle) e sempre alla stessa ora del giorno. È da notare che il moto combinato della rotazione terrestre e del satellite lungo l’orbita, fa sì che ogni area del pianeta risulti visibile dal sensore in due distinte geometrie di acquisizione: una con il satellite che scende da nord verso sud con l’antenna che solitamente è puntata verso ovest, e una da sud verso nord con l’antenna che puntata verso Est. Per questa ragione si afferma che è possibile acquisire immagini lungo tratti di orbita ascendente (da sud a nord) e discendente (da nord a sud). Le orbite polari eliosincrone mostrano con l’asse nordsud (ovvero rispetto ai meridiani terrestri) un angolo assai contenuto, che in genere è intorno ai 10 gradi, a seconda del satellite considerato (Figura 2 - 5). Oltre al moto ascendente e discendente, è l’angolo di puntamento dell’antenna radar a determinare in modo rilevante la geometria di acquisizione. Nella Figura 2 - 6 viene Figura 2 - 7: Confronto tra immagine SAR (a sinistra) ed ottica (destra): si notano i fenomeni di deformazione prospettica sulla immagine SAR nella zona montuosa. 22 Principi di base del metodo schematizzata la geometria di acquisizione. Il moto del satellite è da intendersi ortogonale al foglio. Dalla Figura 2 - 6 si può intuire come l’angolo di vista diventa un fattore importante in presenza di terreno montuoso. Infatti, mentre nel caso di terreno piano l’angolo con cui l’impulso radar impatta il terreno è sempre lo stesso, in presenza di asperità importanti, come un rilievo montuoso, l’angolo di incidenza cambia a seconda della pendenza locale. Questo fatto introduce deformazioni prospettiche, tipiche delle immagini SAR (Figura 2 - 7), ma ha anche importanti conseguenze sulla cella di risoluzione, che viene a dipendere, nelle sue dimensioni, dalla pendenza locale del terreno. L’impatto delle deformazioni prospettiche, inevitabili in caso di monitoraggio SAR di aree montuose, può essere limitato con successo ricorrendo ad una doppia analisi: una con dati acquisiti su orbita ascendente, ed una con dati acquisiti su orbita discendente. Infatti la peculiarità del SAR di acquisire puntando l’antenna a destra della direzione di moto, fa sì che le aree soggette a deformazioni prospettiche lungo orbita ascendente siano spesso ben visibili dall’orbita discendente e viceversa. Capitolo 2 2.1.5 Satelliti disponibili In Figura 2 - 8 viene riportato un quadro sinottico dei satelliti con radar SAR disponibili. Nello stesso quadro anche il periodo di attività. Per rimanere in orbita mediobassa (500-800 km), i satelliti necessitano di continue correzioni di posizionamento, che - essendo note - possono essere rese ininfluenti nell’elaborazione dei dati SAR. Tuttavia, tale aspetto implica la necessità di stoccare del carburante a bordo della piattaforma satellitare per poter attivare le necessarie manovre orbitali: questo significa che ogni satellite ha una certa attesa di “vita utile” (tipicamente 5-6 anni) superata la quale non può più considerarsi operativo, anche se il radar dovesse ancora funzionare. I casi ERS e RADARSAT-1 dimostrano, comunque, che è possibile avere satelliti molto longevi, con una vita utile anche superiore a 10 anni. Il tempo di rivisitazione dei satelliti SAR oggi disponibili va dagli 11 ai 35 giorni, a seconda del satellite. Questo parametro è fondamentale per le applicazioni interferometriche volte alla stima degli spostamenti superficiali: più frequenti sono le acquisizioni su una certa area d’interesse, più efficace sarà il monitoraggio satellitare di eventuali fenomeni in atto. Figura 2 - 8: Satelliti disponibili o programmati nei prossimi anni. 23 I dati raccolti dai relativi apparati SAR, possono essere acquistati od ordinati senza particolari limitazioni. Per quanto riguarda la costellazione italiana COSMO-SkyMed, essendo questa una missione duale (ovvero utilizzata sia per applicazioni civili sia militari), un eventuale conflitto tra richieste di dati per scopi commerciali e militari, assegna priorità alle richieste militari e può quindi accadere che alcune richieste di dati non possono essere evase. I radar SAR di ERS-1/2, ENVISAT, RADARSAT-1, RADARSAT-2 sono sensori in banda C (Figura 2 - 8), COSMO-SkyMed e TerraSAR-X operano in banda X, mentre ALOS-PALSAR era un sensore in banda L. Attualmente non ci sono satelliti con SAR operativi in banda L, ma i satelliti argentini SAOCOM 1A e 1B dovrebbero a breve colmare tale lacuna. Nella Figura 2 - 9 viene mostrato un confronto tra immagini di ampiezza della stessa area, acquisite da sensori con diversa risoluzione, si possono apprezzare le sensibili differenze tra le immagini ENVISAT (banda C), TerraSAR (banda X) e COSMO-SkyMed (banda X). Dal confronto appare chiaro come i satelliti che operano in banda X possano generare immagini a risoluzione più alta rispetto a quanto possibile grazie ai sensori gestiti dall’Agenzia Spaziale Europea. Concludiamo questa sezione invitando il lettore ad osservare un dato fondamentale: il numero di piattaforme satellitari che ospitano sensori radar sta crescendo in modo molto veloce. Nel giro di pochi anni, i dati SAR saranno utilizzati per un numero crescente di applicazioni, dalla change detection al monitoraggio dei versanti instabili, come verrà illustrato nei paragrafi seguenti descrivendo le tecniche SAR interferometriche. Sarà allora fondamentale avere un background culturale che permetta, anche al singolo professionista, di utilizzare nel modo corretto queste informazioni. Figura 2 - 9: Confronto tra immagini di ampiezza SAR relative a bande diverse, partendo dall’alto a sinistra e procedendo in senso orario: ENVISAT (banda C), TerraSAR- (banda X), COSMO-SkyMed (banda X), e ancora TerraSAR (banda X) 24 Principi di base del metodo 2.2 L’Interferometria SAR (misure InSAR) Nella sezione precedente si è brevemente descritto il SAR quale strumento di osservazione della superficie della terra. In questa sezione vengono descritte le tecniche interferometriche, ovvero come vengono elaborati i dati acquisiti dal sensore e cosa si può ottenere combinando in modo opportuno due o più immagini acquisite sulla stessa area. In questa sezione si vuole accompagnare il lettore a scoprire come e perché il SAR diviene uno straordinario strumento di misura delle variazioni di distanza, senza per questo addentrarsi nei dettagli tecnici. 2.2.1 Introduzione L’acronimo InSAR sta per Interferometric Synthetic Aperture Radar ed è entrato nel gergo comune della comunità scientifica attraverso varie pubblicazioni sulle riviste specializzate a partire dagli anni settanta. Con l’avvio delle applicazioni commerciali di questa tecnologia, il termine sta diventando noto anche ai non addetti ai lavori. L’acronimo InSAR è molto generico e fa da cornice ad una varietà di tecniche che a partire da una base comune si sono sviluppate nel corso degli anni. La trattazione seguente sarà focalizzata sul problema della misura da satellite di piccole deformazioni del terreno. Qualsiasi tecnica interferometrica deve necessariamente partire da almeno due immagini SAR di cui si confrontano i valori di fase. Come già introdotto nelle sezioni precedenti, questi valori sono legati alla distanza sensore-bersaglio: il loro confronto, almeno in teoria, può permettere di evidenziare eventuali variazioni di distanza, ovvero degli spostamenti. Per permettere il confronto delle misure relative agli istanti di acquisizione, le immagini da utilizzare dovranno essere riferite tutte alla stessa area geografica e - nel caso di SAR satellitari - devono essere acquisite lungo la stessa orbita nominale. L’orbita nominale è da intendersi non come una traiettoria rigorosa e immutabile, bensì come una sorta di cilindro, questo sì ben definito, entro cui il satellite si muove e in Capitolo 2 cui, ad ogni passaggio, occupa una posizione lievemente diversa (ma sempre contenuta entro il raggio del cilindro orbitale). Quindi, immaginando due passaggi consecutivi del satellite mentre illumina un certo bersaglio, nei due passaggi in cui il bersaglio stesso è illuminato, il satellite avrà occupato due posizioni leggermente diverse (si parla di distanze comprese tra pochi metri a qualche chilometro, a seconda del tipo di satellite). La distanza tra queste diverse posizioni del centro di fase dell’antenna, viene detta baseline e rappresenta un importante parametro per l’interferometria SAR. Tanto più elevato è il baseline, tanto più difficili risultano le misure interferometriche. Anticipiamo subito che, nonostante le inevitabili incertezze relative all’esatta posizione del satellite e nonostante le variazione di posizione nei diversi istanti di acquisizione, le tecniche interferometriche possono mettere in luce variazioni di distanza di pochi millimetri da centinaia di chilometri di distanza. Come si vedrà, in modo del tutto simile a quanto accade nelle misure GPS, questa precisione è raggiungibile grazie all’impiego dei valori di fase del segnale radar e in virtù di un approccio “differenziale” alla misura, in cui un punto a terra è utilizzato come riferimento e tutte le misure sono riferite ad esso. 2.2.2 Interferometria L’interferometria è, in senso stretto, la misurazione delle variazioni della fase del segnale SAR tra due acquisizioni distinte relative alla stessa area. Come detto nel paragrafo precedente, un movimento del terreno altera la distanza sensore-bersaglio, questa alterazione induce una variazione nella fase del segnale: questo è il “nocciolo” che sta alla base delle misure radar interferometriche. Infatti, supponendo di avere acquisito due immagini radar in tempi diversi sulla stessa area d’interesse e lungo la stessa orbita nominale del satellite, si potrà considerare le due immagini SAR sovrapponibili una all’altra e si potrà quindi calcolare la variazione di fase relativa ad ogni pixel. La differenza dei valori di fase tra due acquisizioni distinte di uno stesso bersaglio può essere indicata in termini analitici, come 25 somma di quattro contributi: I contributi indicati sono: -- l’effetto legato all’eventuale moto del bersaglio radar; -- l’effetto legato al baseline, ovvero alla diversa posizione del satellite agli istanti di acquisizione; -- l’effetto indotto dall’atmosfera, la quale introduce ritardi spuri nel tempo di volo; -- il rumore indotto da eventuali variazioni di riflettività (o “risposta radar”) del bersaglio e dagli apparati costituenti il sistema SAR. Ogni contributo evidenziato presenta caratteristiche specifiche. Tralasciando la trattazione matematica, cerchiamo di richiamare i fattori fondamentali. Il contributo legato al baseline è un contributo geometrico ed è spesso indicato come “contributo topografico” poiché si dimostra essere legato, oltre che alla diversa posizione del sensore agli istanti di acquisizione, anche al profilo altimetrico dell’area di interesse. Il contributo atmosferico nasce dalle variazioni dell’indice di rifrazione nell’atmosfera causato dalle sensibili variazioni della composizione della stessa, soprattutto in termini di percentuale di vapor acqueo. Seppur semplicistico, non è così sbagliato pensare che laddove ci sia una nuvola, vi sia una variazione di fase rispetto al caso di propagazione in assenza di essa; questa similitudine può essere utile per comprendere le caratteristiche spaziali del contributo atmosferico. Il contributo legato alla distanza sensorebersaglio è senz’altro un effetto geometrico, come quello legato al baseline, ma è possibile tenerlo separato dall’effetto topografico poiché si dimostra essere legato alla componente di spostamento del bersaglio lungo la direzione di puntamento dell’antenna. E’ questa la componente più importante nelle applicazioni InSAR volte alla stima degli spostamenti del terreno. Figura 2 - 10: Illustrazione del principio base dell’interferometria SAR, i dati numerici si riferiscono al radar ASAR installato a bordo del satellite ENVISAT. 26 Principi di base del metodo Il contributo legato al rumore di fase varia moltissimo in funzione del tipo di oggetto che viene illuminato dal radar. In genere, specchi d’acqua e superfici lisce orizzontali non danno una buona risposta. Il basso livello di segnale retro-diffuso fa sì che la potenza di rumore di fase sia molto elevata. Si può avere un elevato rumore di fase anche per oggetti con buona riflettività, ma che variano significativamente la loro “firma radar” nel tempo: è il tipico caso delle aree vegetate o dei campi agricoli. A distanza di giorni o mesi le caratteristiche di “scattering” possono essere completamente diverse (è il fenomeno della decorrelazione temporale). Nella fase interferometrica sono dunque “nascoste” informazioni sulla topografia dell’area osservata e sul possibile movimento dei bersagli radar, ovvero l’interferometria è una base che permette di creare strumenti di misura per la generazione di mappe digitali del terreno e/o per misurarne spostamenti. Se si conosce con precisione la posizione dei satelliti, ovvero il baseline, e la topografia, ovvero si dispone di un modello digitale di elevazione (DEM) di buona qualità, il contributo alla fase legato alla topografia e al baseline può essere valutato e sottratto dalla fase interferometrica. Restano i contributi di moto e quello atmosferico (il contributo di rumore è inevitabile e non predicibile). In generale, si può indicare la fase interferometrica, compensata del termine topografico, con la semplice relazione matematica: si individuano nella relazione: lo spostamento avvenuto tra le due acquisizioni ΔR e la lunghezza d’onda λ (Figura 2 - 10). La relazione indica che uno spostamento pari a metà della lunghezza d’onda, genera una variazione della fase interferometrica di 2π, ovvero un ciclo di fase. Questo perché lo spostamento ΔR viene percorso due volte dall’impulso radar: una volta sul tragitto di andata e una seconda volta sul tragitto di ritorno verso il sensore. Affinché l’interferometria SAR sia realmente informativa, occorre rispettarne alcuni limiti di applicabilità ben precisi, ovvero: -- le immagini devono essere acquisite dallo stesso radar, o da sensori identici e nella stessa modalità di acquisizione; -- le immagini devono essere acquisite lungo la stessa orbita nominale (geometria di acquisizione pressoché identica); -- il baseline tra le due acquisizioni deve essere inferiore al valore critico; -- il terreno non deve essere soggetto a variazioni di riflettività, ovvero le sue caratteristiche elettromagnetiche devono restare pressoché costanti nel tempo (aree fortemente vegetate e gli specchi d’acqua, ad esempio, variano continuamente la loro “firma radar” e non si prestano a misure interferometriche); -- il moto del terreno deve essere sufficientemente “piccolo” e tale, comunque, da non fare variare la riflettività del suolo. Questo è un concetto abbastanza complesso, ma che può essere intuito ricordando che l’unità di misura, nelle misure InSAR, è la lunghezza d’onda del radar: moti troppo veloci non si prestano ad essere monitorati da satellite. Capitolo 2 2.2.3 Interferogrammi A questo punto possiamo introdurre la definizione di interferogramma radar: un interferogramma è una mappa che mostra la differenza tra i valori di fase del segnale radar tra due acquisizioni di una stessa area. Per quanto detto nei paragrafi precedenti, l’interferogramma contiene informazioni relative ad eventuali deformazioni superficiali del terreno. In quanto differenza tra valori di fase, l’interferogramma è una matrice di valori numerici sempre compresi tra –π e +π; nella Figura 2 - 11 se ne può osservare un esempio, nel quale vengono riportate le variazioni di fase sulla superficie dell’area interessata dal sisma de L’Aquila, nell’aprile 2009. Tale mappa è stata ottenuta confrontando due immagini SAR acquisite dal satellite Envisat, rispettivamente prima e dopo l’evento sismico. Nella Figura 2 - 11 appaiono in grande evidenza delle bande colorate concentriche: queste bande sono frange interferometriche e sono l’indicatore principale, nonché il più immediato da osservare, che tra le due 27 acquisizioni vi è stato un sensibile movimento della superficie del terreno. Per quanto già detto nei paragrafi precedenti una frangia corrisponde ad una variazione di fase pari a 2π radianti che si traduce in uno spostamento del bersaglio pari a metà della lunghezza d’onda del radar utilizzato; nel caso di Figura 2 - 11 ad ogni frangia corrisponde uno spostamento di 28 mm (dati in banda C). Il risultato ottenuto è abbastanza impressionante: da 800km di distanza, con un satellite che corre a 7 km s-1 e che acquisisce sulla stessa area d’interesse ogni 35 giorni, è stato possibile mettere in evidenza un pattern di deformazione di una manciata di centimetri originato da un terremoto. Si intuisce l’impatto che hanno avuto questo tipo di risultati sulla comunità scientifica quando, a partire dal 1994, si sono moltiplicati gli esempi relativi ad aree sismiche e vulcaniche. 2.2.4 Interferometria differenziale (DInSAR) e mappe di deformazione Molto spesso, trattando di dati SAR, ci si imbatte nel termine interferogramma differenziale, oppure in quello di interferometria differenziale o nel suo acronimo DInSAR. Non si tratta tuttavia di qualcosa di diverso rispetto alla tecnica interferometrica introdotta nei paragrafi precedenti; piuttosto il termine “interferometria differenziale” sottolinea come i risultati a cui si è giunti siano stati ottenuti previa sottrazione dei contributi di fase legati alla topografia locale: ovvero, viene compensato il termine di fase definito precedentemente come “termine legato al baseline”. Il termine “differenziale” infatti nasce semplicemente dal fatto che la fase dell’interferogramma ha subito una sottrazione (differenza) di un termine noto: quello legato alle geometrie di acquisizione (e quindi al baseline presente tra le due acquisizioni) ed alla topografia locale. L’esempio mostrato in Figura 2 - 11, relativo al terremoto de L’Aquila, è – in realtà - un interferogramma differenziale, caratterizzato da una buona “coerenza interferometrica”, almeno nell’area centrale. Senza entrare nei dettagli matematici, possiamo affermare che un interferogramma che presenta una “buona coerenza interferometrica” è un’interferogramma dove le frange risultano “ben visibili” e sono caratterizzate, perciò, da un basso livello di rumore di fase. In questo caso, l’interferogramma può essere convertito in una mappa di deformazione, ovvero una rappresentazione di come, nell’arco temporale compreso tra le due acquisizioni Figura 2 - 11: Interferogramma tra due acquisizioni SAR raffigurante le deformazioni superficiali indotte dal sisma de L’Aquila (febbraio 2009 la prima, aprile 2009 la seconda). I valori di fase variano tra –π e +π. L’interferogramma è stato sovrapposto ad una immagine ottica solo per comodità di visualizzazione. 28 Principi di base del metodo utilizzate per costruire l’interferogramma, il terreno si è mosso, lungo la direzione di vista del satellite (ovvero, come sono variate le distanze sensore-bersaglio al suolo). La conversione da interferogramma a mappa di deformazione semplifica grandemente l’interpretazione dei dati interferometrici da parte dell’utente finale, infatti, data la natura ambigua dei valori di fase, che sono sempre compresi tra –π e +π, l’interpretazione corretta delle frange interferometriche non è immediata. In Figura 2 - 12 viene mostrato un esempio di mappa di deformazione del terreno ottenuta mediante la conversione di un interferogramma SAR. Sempre con riferimento alla Figura 2 - 12, nella parte sinistra è riportato un interferogramma che presenta buona coerenza su oltre metà della scena elaborata, nella parte coerente si notano delle frange interferometriche che denotano la presenza di fenomeni di spostamento del terreno, nella Figura 2 -12 a destra lo stesso interferogramma viene mostrato convertito in mappa di deformazione con range di spostamento tra -60 e +60 millimetri. L’aspetto cruciale della conversione non è l’unità di misura, ovvero il passaggio dalla fase ad una misura di distanza solitamente espressa in millimetri, bensì la soluzione dell’ambiguità dei valori di fase, Capitolo 2 che sono ciclicamente ripetuti, il cui effetto visivo è proprio la frangia interferometrica. Un incremento di fase di, ad esempio, ε radianti positivi su di una fase di +π, genera nell’interferogramma un valore di fase di –π+ε anziché π+ε. Dunque la conversione da interferogramma a mappa di deformazione ha come premessa la soluzione di un difficile problema, molto noto nella letteratura scientifica, che è risolvere l’ambiguità di fase, o, con termine molto usato, il phase unwrapping dell’interferogramma. Il problema del phase unwrapping (o “srotolamento di fase”) è molto complesso da risolvere, almeno nel caso in cui la densità delle frange interferometriche risulti elevata e il rumore di fase non sia trascurabile. Non si vuole qui descrivere le tecniche solitamente impiegate per l’ottenimento della mappa di deformazione, d’altra parte riteniamo importante richiamare l’idea di base con un semplice esempio: il problema del phase unwrapping è infatti simile a quello di passare da una serie di “curve di livello” di una mappa topografica (di cui si conosca semplicemente la variazione di quota tra una e l’altra) ad una vera e propria “mappa di elevazione” in cui ad ogni punto sia associata una quota; il tutto a partire da un punto di misura a quota nota. Figura 2 - 12: Esempio di mappa di deformazione in millimetri (a destra) e, a sinistra, l’interferogramma che l’ha originata. 29 2.2.5 Limiti dell’analisi DInSAR tradizionale Per quanto strumento in grado di fornire risultati utili e corretti, l’analisi DInSAR ha limiti evidenti, in parte già evidenziabili dall’analisi dei due esempi mostrati precedentemente: -- Gli interferogrammi possono essere ben compensati dagli effetti topografici, ma restano affetti dai disturbi atmosferici, che possono indurre errori nella stima del movimento (si notino i valori di fase, tutt’altro che costanti, presenti nella parte in basso di Figura 2 - 11). -- La precisione della stima eseguita non è desumibile dai dati utilizzati (a causa della impossibilità di compensare gli effetti atmosferici senza informazioni a priori). -- Consente una stima più o meno precisa del movimento tra i due istanti in cui sono state acquisite le immagini con cui si è generato l’interferogramma, ma non può dire nulla riguardo al tipo di movimento in corso (spostamento lineare nel tempo, moto stagionale, deformazione improvvisa). -- Punti isolati e coerenti non sono identificabili e non possono dare informazione utile. In generale, aree spazialmente limitate caratterizzate da buoni livelli di “coerenza interferometrica” non sono quasi mai utilizzabili. Semplificando, ma andando al cuore del problema, è lecito considerare l’analisi DInSAR come un buon metodo per analisi qualitative, ma uno strumento insufficiente per analisi quantitative. Nel corso degli anni, si sono perciò sviluppate tecniche più sofisticate rispetto all’approccio DInSAR convenzionale, volte a superarne i limiti. 30 2.3 La “Tecnica PS” - PSInSAR™ In questa sezione viene descritta la tecnica PSInSAR™ (o Permanent Scatterer Technique), la cui versione originale è stata brevettata dal Politecnico di Milano nel 1999 e costantemente migliorata dal gruppo di ricerca di TRE. In generale, le tecniche InSAR avanzate, che sfruttano lunghe serie di immagini radar multi-temporali per ricavare informazioni di movimento, sono definite tecniche di Persistent Scatterer Interferometry (PSI). La tecnica PSInSAR™ è una delle tecniche PSI e, invero, la prima ad essere stata sviluppata. 2.3.1 Sfruttare i Permanent Scatterer La ricerca, nel corso degli anni, ha proposto diversi approcci per mitigare o superare i limiti associati alle analisi DInSAR tradizionali. Una spinta in questo senso si è senz’altro avuta alla fine degli anni novanta con lo sviluppo della cosiddetta “Tecnica dei Permanent Scatterer” (PSInSAR™) a cui sono seguite tecnologie simili che ricalcano i concetti di basi introdotti dal gruppo del Politecnico di Milano. L’idea di base è quella di concentrare l’analisi su alcuni “bersagli radar” che mostrino caratteristiche elettromagnetiche costanti nel tempo ed estremamente adatte alle misure interferometriche (i Permanent Scatterer, appunto). Una volta identificati tali punti, caratterizzati da valori estremamente bassi di rumore di fase, è possibile applicare opportuni algoritmi che permettono di ridurre l’impatto dei disturbi atmosferici e ricavare le serie storiche di deformazione dei PS (con precisioni millimetriche), nonché stimarne accuratamente la quota rispetto ad un punto di riferimento (con precisioni metriche). Al fine di identificare i punti di misura radar disponibili e di poter filtrare in modo efficace il contributo atmosferico, è necessario disporre di un elevato numero di immagini acquisite sulla stessa zona. In generale si utilizzano almeno 12-15 scene, ma i risultati migliori si ottengono con più di 25-30 acquisizioni. Diversi oggetti possono rivelarsi dei PS, sia di origine naturale, sia di origine antropica. Tra i primi si individuano essenzialmente rocce esposte, superfici non vegetate, ammassi detritici. Tra i manufatti si annoverano: edifici, Principi di base del metodo lampioni, tralicci e in genere qualsiasi struttura metallica orientata in modo da riflettere il segnale radar verso l’antenna del satellite. Nella Figura 2 - 13 viene mostrato un tipico risultato di un’analisi PSInSAR™. I punti colorati corrispondono ai Permanent Scatterer identificati nell’area d’interesse: il loro colore indica la velocità media di spostamento lungo la congiungente sensore-bersaglio, positiva se si avvicina al satellite, negativa se si allontana. I PS sono stati sovrapposti ad una immagine ottica di riferimento per semplificarne l’interpretazione. Si noti come – a differenza di quanto ottenibile con un’analisi DInSAR convenzionale – le informazioni siano estratte su una griglia sparsa di punti di misura. Le informazioni basilari associate a ciascun PS, raccolte in file digitali sono: -- la posizione del bersaglio a terra, ovvero le sue coordinate spaziali (latitudine/est, longitudine/nord, quota); -- la velocità media annua di spostamento (misurata lungo la congiungente sensore- Capitolo 2 bersaglio), espressa in mm a-1, calcolata nell’intervallo di acquisizione delle immagini elaborate ed in relazione al punto di riferimento; -- la serie storica di spostamento, ossia una serie di valori che rappresenta, acquisizione per acquisizione, l’evoluzione dello spostamento subito da ciascun PS, espresso in mm e misurato nella direzione di vista del sistema. 2.3.2 Stima e rimozione degli effetti atmosferici La stima della componente atmosferica è uno dei punti di forza della tecnica PSInSAR™ (ed in generale delle tecniche PSI) rispetto alle analisi DInSAR. Alla base dell’algoritmo si trovano alcune osservazioni fatte dai ricercatori del Politecnico di Milano, relative alla caratterizzazione dei disturbi atmosferici negli interferogrammi SAR. Il contributo di fase legato agli effetti atmosferici è caratterizzabile in termini statistici, infatti: Figura 2 - 13: Visualizzazione del risultato di una analisi PSInSAR™ intorno al lago artificiale di Vairano, presso Presenzano (CE) 31 -- varia lentamente nello spazio: l’effetto dell’atmosfera su ogni immagine non genera mai brusche variazioni di fase da un pixel ad uno adiacente; -- è casuale nel tempo: l’evoluzione nel tempo non segue andamenti riscontrabili, ad esempio, nei casi di movimenti superficiali del terreno, come frane o subsidenze. La stima della componente atmosferica è effettuata a valle dell’identificazione dei punti di misura più favorevoli, dove le componenti di rumore di fase sono molto deboli. Il risultato è, per ogni immagine, una stima di componente di fase atmosferica su un sottoinsieme di punti. Le caratteristiche statistiche del contributo atmosferico (lentamente variabile spazialmente) fanno sì che tale conoscenza del segnale su una griglia sparsa di punti di misura sia comunque sufficiente per stimare il contributo atmosferico sugli altri pixel di ogni immagine, grazie ad un opportuno processo di interpolazione. A valle della stima, tutti i contributi atmosferici sono rimossi dai dati e si possono stimare le componenti relative allo spostamento nel tempo dei PS. 2.3.3 Misure relative Come già menzionato, le misure interferometriche sono sempre misure relative sia nel tempo, con la scelta della immagine master (o “zero temporale”), sia nello spazio, con la necessità di selezionare, all’interno dell’area d’interesse, un punto di riferimento rispetto al quale riferire tutte le stime di movimento dei PS. In genere, per le misure di spostamento (serie temporali di movimento), la convenzione adottata è di scegliere come “posizione zero” (o “origine dei tempi”) la prima immagine acquisita. Per quanto riguarda invece il punto di riferimento spaziale, esso deve essere un PS, altrimenti l’instabilità di fase si ripercuoterebbe su tutte le misure, rendendole inattendibili. La scelta viene effettuata in base a parametri statistici e, in assenza di informazioni a priori, il punto di riferimento è supposto non soggetto a spostamento. Se tali informazioni a priori fossero disponibili è possibile scegliere il punto di riferimento in zone particolarmente stabili, già utilizzate come riferimento per altre misure geodetiche. Come nel caso di altre misure differenziali, se il punto di riferimento è affetto da movimento, questo stesso moto influenzerà tutte le misure. Fortunatamente, l’influenza è la stessa per tutti i punti di misura e quindi non si tramuta in un problema di interpretazione dei risultati. Qui la differenza fondamentale rispetto ad altre reti geodetiche tradizionali è che, in una tipica analisi PS, i punti di misura sono migliaia ed un’analisi PS “locale” è comunque eseguita su parecchi km2. Questo fa sì che una scelta infelice del punto di riferimento (ovvero, la scelta di un punto instabile e soggetto a spostamento) crei solitamente un’anomalia facilmente Figura 2 - 14: Esempio di serie temporale di movimento di un PS, si nota la presenza di moto sia lineare che non lineare. 32 Principi di base del metodo evidenziabile nel risultato dell’indagine, che permette all’operatore di prendere subito le necessarie contromisure. Come approfondito nel par. 2.5.2.1 ciò che è importante sottolineare ai fini dell’interpretazione dei dati è che, qualsiasi sia la posizione del punto di riferimento scelto, due PS vicini tra loro avranno una deviazione standard relativa minima (e quindi una precisione elevata) che consente di fare analisi robuste sulle loro differenze di velocità. Un esempio di serie temporale di movimento di un PS è illustrata nella Figura 2 - 14. Si noti come alla prima acquisizione corrisponda il valore nullo. Come già ricordato, in assenza di altre informazioni, la serie storica di spostamento del punto di riferimento sarà una serie di zeri. Si rammenti infine come tutte le misure PS descrivano la sola componente del vettore di spostamento parallela alla congiungente sensore-bersaglio (lungo la cosiddetta Line Of Sight, LOS, del satellite). Questo è un dato fondamentale: non si deve mai iniziare l’analisi di un risultato InSAR senza avere bene in mente la geometria di acquisizione, ovvero qual’è la direzione che identifica la linea di vista del sensore radar. Qualora il movimento abbia componenti sia verticali, sia orizzontali significative e non si disponga di altre informazioni a priori sulla direzione di spostamento, è opportuno eseguire una doppia analisi PS, con due geometrie di acquisizione: una ascendente e una discendente. In questo caso, infatti, è possibile stimare sia la componente verticale, sia la componente est-ovest del moto orizzontale. Ad oggi, tuttavia, non è ancora possibile stimare la componente nord-sud con la stessa precisione con cui si possono ricavare informazioni relative alle altre due componenti. Capitolo 2 2.3.4 Quota Nella tecnica PSInSAR™, per ogni PS, oltre alla stima del movimento è fornita una stima del suo valore di quota. La fase interferometrica contiene un contributo legato alla topografia, dovuto al fatto che nelle diverse acquisizioni il satellite si trova ad osservare l’area di interesse da posizioni leggermente diverse. La diversa posizione di acquisizione di ogni immagine slave rispetto all’immagine master è descritta dal parametro noto come baseline, che introduce una relazione di proporzionalità tra fase interferometrica e quota. (cfr. 2.2). Il punto di partenza dell’analisi PSInSAR™ è la fase interferometrica differenziale, che si ottiene come già menzionato nel paragrafo 2.2.4, sottraendo il contributo di fase legato alla topografia dalla fase interferometrica utilizzando un modello digitale di elevazione (DEM) disponibile a priori. Nell’algoritmo PSInSAR™ si utilizza il DEM a copertura globale SRTM (http://srtm.usgs.gov). Tuttavia, la precisione offerta dai DEM normalmente disponibili non è tale da poter eliminare completamente il contributo topografico dal segnale della fase interferometria. Per questo motivo, l’analisi PSInSAR™ prevede la stima congiunta del contributo di spostamento e di un contributo residuo legato all’errore del DEM di riferimento. I valori stimati di questo errore sono estremamente precisi e consentono di migliorare il DEM utilizzato come a priori. I valori di quota forniti come risultato dell’analisi PSInSAR™ sono espressi in metri e riferiti all’ellissoide di riferimento WGS841. Per quanto riguarda le precisioni delle quote così ottenute, si rimanda al paragrafo 2.5. 1 L’ellissoide di riferimento WGS84 (acronimo di World Geodetic System 1984) è un sistema globale geocentrico, costituito da una terna cartesiana con origine coincidente con il centro di massa della Terra, l’asse Z diretto verso il polo N convenzionale al 1984, l’asse X passante per il meridiano di Greenwich al 1984 e l’asse Y diretto in modo da completare una terna destrorsa 33 2.3.5 Pregi e limiti del PSInSAR™ Nella tabella sottostante sono stati riassunti i principali pregi e le lacune della tecnica PSInSAR™ e, in generale, dei dati PSI. La tabella non va intesa come uno stato permanente delle tecniche InSAR; infatti, la tecnologia permette il continuo miglioramento dei dispositivi radar e dei satelliti che li ospitano. Già i recenti sensori disponibili offrono risoluzioni a terra maggiori rispetto ad un recentissimo passato, la creazione di costellazioni di satelliti con radar SAR identici (ad esempio COSMO-SkyMed) permette di ridurre sensibilmente la frequenza di ripetizione dei passaggi, permettendo un notevole aumento nella disponibilità di dati. Questi miglioramenti riducono anche l’impatto negativo della vegetazione, seppur non in modo definitivo. Inoltre la ricerca scientifica continua a migliorare le tecniche di elaborazione dei dati, consentendo migliori risultati anche su dati SAR ormai acquisiti e conservati negli archivi. Tabella 2 - 2: quadro riassuntivo dei pregi e dei limiti della tecnica PSInSAR™ Pregi Non è intrusivo, né distruttivo Vegetazione e neve ostacolano le misure Misure affidabili e precise Sono raramente misurabili moti veloci Possibilità di serie storiche fin dal 1992 grazie ai dati ESA-ERS Non misura moti paralleli all’orbita satellitare (Nord-Sud) Economico, specie su larga scala Acquisizioni limitate dai cicli orbitali Dati disponibili su scala mondiale Figura 2 - 15: Distributed Scatterer e Permanent Scatterer 34 Difetti Principi di base del metodo 2.4 Tecniche PS di seconda generazione: SqueeSAR™ La tecnica SqueeSAR™ è l’evoluzione del PSInSAR™, nonché il frutto della ricerca congiunta di TRE e Politecnico di Milano. Viene ora proposta da TRE come analisi standard ed è in corso l’iter per l’ottenimento del brevetto internazionale. Nei prossimi paragrafi verranno mostrate le sue peculiarità con enfasi sulle differenze rispetto al PSInSAR™. 2.4.1 Riflettori Distribuiti (DS) Nella sezione precedente sono state evidenziate le caratteristiche essenziali delle analisi PS, ponendone in risalto anche i limiti. Un importante passo avanti è stato conseguito in questi anni da TRE, in collaborazione con il Politecnico di Milano. L’obiettivo del filone di ricerca iniziato già nel 2005 era l’aumento della densità spaziale dei punti di misura relativi ad analisi interferometriche, anche in aree non urbanizzate, ovvero laddove la densità dei PS risulta solitamente bassa. è evidente, a parte poche eccezioni quali ad esempio grandi aree urbane o alcune tipologie di deserti rocciosi, che gran parte del territorio investito dal segnale SAR non darà luogo ad un Permanent Scatterer in ogni cella di risoluzione (pixel dell’immagine). Tra Capitolo 2 quanto non è catalogabile come PS, rientrano molte aree di terreno, parzialmente vegetate o con vegetazione non eccessivamente folta rispetto alla lunghezza d’onda del radar, in cui può esserci un segnale “debolmente coerente”, ovvero contenente informazione utile, ma troppo rumoroso per essere identificato come PS. Una delle idee alla base della tecnica SqueeSAR™ è quella di cercare di sfruttare i cosiddetti riflettore distribuiti (Distributed Scatterer - DS): aree omogenee di terreno rilevabili nelle immagini SAR come un gruppo di pixel adiacenti con caratteristiche elettromagnetiche simili (ad esempio un campo di grano o una zona coperta da una stessa tipologia di vegetazione). I DS, se elaborati in modo opportuno, possono fornire un elemento caratterizzato da un buon rapporto segnale/rumore (ovvero buona coerenza di fase), che può essere considerato come una sorta di PS virtuale, sul quale poter eseguire misure di spostamento del tutto simili a quelle eseguite con tecnica PS. L’idea di base è quella di elaborare congiuntamente l’informazione associata a tutti i pixel costituenti il DS. La tecnica SqueeSAR™, confrontata con la PSInSAR™, si differenzia nella presenza di un cruciale passo di elaborazione, non presente nella seconda, ovvero l’individuazione e la Figura 2 - 16: Esempi di PS: edifici, monumenti, viadotti, antenne, pali, condotte, rocce esposte. Rocky Outcrops Buildings Linear Structures Terrain Features Man-Made Structures Pipelines 35 costruzione dei candidati DS. L’operazione che genera i DS, può essere vista come un sofisticato filtro adattativo (a “supporto variabile”) che viene applicato ai dati SAR per esaltare, quanto più possibile, il rapporto segnale-rumore in quelle aree in cui è lecito presupporre la presenza di DS. La stima di movimento avviene con le stesse modalità e soluzioni algoritmiche utilizzate nella tecnica PSInSAR™, tuttavia è importante sottolineare come l’informazione tratta dai DS, non sia frutto di un’analisi puntuale (ovvero relativa ad un singolo pixel dell’immagine) come lo è l’analisi sui PS, bensì si riferisca ad un’area la cui estensione è variabile da DS a DS ed è funzione anche del sensore utilizzato (Figura 2 - 15). Nella Figura 2 - 16 e nella Figura 2 - 17 vengono mostrati alcuni esempi di cosa, fisicamente, possono essere i PS ed i DS identificabili con l’algoritmo SqueeSAR™. Si noti che, a valle di un’analisi SqueeSAR™ risulta sempre possibile non solo distinguere quali punti di misura siano PS o quali DS, ma anche conoscere l’estensione areale (espressa in m2) di ogni DS. Nelle Figura 2 - 18 e 2 - 19 vengono mostrati due esempi di confronto diretto tra risultati PSInSAR™ e SqueeSAR™. Come lecito attendersi, l’analisi SqueeSAR™, oltre a preservare tutti i PS dell’analisi PSInSAR™, amplia le possibilità di indagine e controllo coinvolgendo molte aree non urbanizzate, anche in territori montuosi. Come detto nei paragrafi precedenti, l’aspetto formale del risultato non cambia, ma può cambiare in modo sensibile la quantità di informazione ricavabile dagli stessi dati di partenza: grazie a SqueeSAR™ diventano quindi possibili misure di spostamento su aree considerate non idonee a qualsiasi altra tecnica PSI. La maggiore densità di punti di misura permette, inoltre, una migliore stima e rimozione delle componenti di fase legate ai disturbi atmosferici, migliorando l’accuratezza delle misure. Figura 2 - 17 Esempi di DS: terreni omogenei e superfici regolari. Homogenous Ground Scattered Outcrops 36 Principi di base del metodo Capitolo 2 Figura 2 - 18: Confronto tra analisi PSInSAR™(a sinistra) e SqueeSAR™(a destra) su stessa area. Figura 2 - 19: Confronto tra analisi PSInSAR™(a sinistra) e SqueeSAR™(a destra) su stessa area. 37 2.5 Precisione ed Accuratezza In questa sezione vengono descritti i parametri di qualità delle stime ottenute tramite dati InSAR. Verrà inoltre spiegato il problema dell’ambiguità delle misure di fase e in che modo esso si rifletta sull’interpretazione dei risultati. 2.5.1 Introduzione È importante fare chiarezza riguardo a due termini spesso utilizzati come sinonimi, ma che in realtà hanno significati diversi: la precisione e l’accuratezza. Il termine precisione, relativamente ad una serie di misure, indica il grado di convergenza dei valori misurati intorno alla loro media, mentre l’accuratezza quantifica la distanza tra le misure e il dato reale (ovvero ciò che si vorrebbe misurare). Facendo un’analogia con una successione di frecce scagliate su un bersaglio, tanto più le frecce sono raggruppate, quanto più la serie di tiri è precisa, mentre più il centro del gruppo di frecce si avvicina al centro del bersaglio, più la serie di tiri è accurata. Da ciò si deduce che una misura potrebbe essere precisa, ma non accurata. Le misure PSInSAR™ e SqueeSAR™, al pari di una misura di spostamento con tecnica geodetica tradizionale o GPS, sono misure relative: è pertanto più appropriato ragionare in termini di precisione, piuttosto che di accuratezza. Una volta, infatti, stimato e rimosso l’eventuale errore sistematico (originato ad esempio da una scelta del punto di riferimento non appropriata), il risultato sarà accurato, oltre che preciso. 2.5.2 Indici di precisione I campi di spostamento PS/DS si presentano con due indici di precisione, la cui comprensione è molto importante 1. La deviazione standard (STD) della velocità media di spostamento. 2. La coerenza temporale del punto di misura. Figura 2 - 20 Esempio di mappa di velocità media di spostamento (sinistra) e relative mappa della deviazione standard (a destra). 38 Principi di base del metodo 2.5.2.1 La deviazione standard delle misure di velocità La deviazione standard (STD) è un noto parametro statistico: è un indice che misura il grado di dispersione di una popolazione di dati attorno al valore medio. Questa misura (indicata spesso con σ) è solitamente utilizzata per quantificare il grado di precisione di un insieme di misure. Ipotizzando infatti di conoscere la deviazione standard di una popolazione di dati e supponendo una distribuzione normale degli errori (ovvero gaussiana), il 95% dei valori tende ad essere incluso nell’intervallo ±2σ rispetto al valor medio. In assenza di errori sistematici, precisione e accuratezza coincidono. Nel caso di analisi PS/DS è possibile ricavare una stima dei valori di deviazione standard Capitolo 2 della velocità media di spostamento di ciascun punto di misura rispetto al punto di riferimento. La Figura 2 - 20 mostra un esempio di mappa di velocità media (parte sinistra) e relativa deviazione standard (parte a destra). Dalla Figura 2 – 20 si evince che la deviazione standard è piccola vicino al punto di riferimento e tende a crescere allontanandosi da esso, tuttavia tale crescita non è direttamente proporzionale alla sola distanza: infatti a determinare la STD è anche il livello di rumore di fase di ciascun punto. In generale: 1. Tanto più le immagini SAR sono affette da componenti atmosferiche significative, tanto maggiore sarà la STD dei parametri stimati. Figura 2 - 21: confronto tra serie temporali a coerenze diverse: nella serie temporale riportata in alto la coerenza è inferiore rispetto alla serie temporale riportata in basso. 39 2. In generale, la deviazione standard aumenta con l’aumentare della distanza tra punto di misura e punto di riferimento. Nonostante gli algoritmi di filtraggio delle componenti atmosferiche, i dati InSAR sono comunque affetti da componenti spurie spazialmente correlate; questo significa che le misure relative tra due punti vicini sono – in generale - più precise di quelle relative a due punti distanti decine di chilometri. rispetto al punto di riferimento originale, ma non per questo non possono essere utilizzati per mappare con efficacia aree instabili, grazie a misure relative. Più precisamente, considerando come punto di riferimento un PS all’interno dell’area d’interesse sarà possibile evidenziare i moti differenziali ed il campo di velocità locale con estrema precisione (poiché PS vicini tra loro hanno differenze deviazioni standard minime). 3. Maggiore è il numero di dati disponibili minore è la deviazione standard. 2.5.2.2 La coerenza temporale 4. Cambiare il punto di riferimento implica la variazione dei valori di deviazioni standard di tutti i punti di misura. A questo punto è importante fare una precisazione importante sull’utilizzo dei valori di deviazione standard. A valle di analisi su vaste aree può capitare che tutti i dati relativi ad una certa zona, distante dal punto di riferimento parecchi chilometri, risultino associati a valori di deviazione standard (dei valori di velocità media) piuttosto elevati e pressoché identici (supponiamo pari a 2 mm a-1). Questo non significa che le misure siano da buttare. I punti di misura possono risultare infatti soggetti ad errori sistematici che ne compromettono la precisione delle misure La coerenza temporale, da non confondersi con la “coerenza interferometrica” citata precedentemente in relazione a singoli interferogrammi, è un indice che misura quanto bene il moto del punto di misura segua un certo modello analitico. La scelta del modello appropriato deve tenere conto di alcuni fattori: (a) numero di immagini elaborate; (b) intervallo temporale tra la prima e l’ultima acquisizione; (c) eventuali lacune nell’acquisizione (ad esempio intervalli sporadici o regolari di assenza di acquisizioni). Le serie temporali delle analisi PSInSAR™ e SqueeSAR™ vengono confrontate solitamente con modelli di tipo polinomiale e sinusoidale (andamenti stagionali). Figura 2 - 22: Deviazione standard della velocità media di spostamento per un PS/DS a meno di 4 km dal punto di riferimento in funzione dell’arco temporale coperto della acquisizioni. 40 Principi di base del metodo Stabilito il modello matematico da utilizzare, ogni serie temporale di movimento viene confrontata con il modello; il risultato del confronto è l’indice detto coerenza temporale. Il valore della coerenza temporale è compreso tra 0 (nessuna coerenza) ed 1 (massima coerenza). I dati creati dalle analisi PSInSAR™ e SqueeSAR™ vengono selezionati in base alla coerenza temporale, eliminando tutte le serie temporali che presentano una coerenza troppo bassa per garantire una corretta interpretazione del risultato. La selezione dipende da diversi fattori, dunque varia da elaborazione ad elaborazione, ed è basata su test statistici che determinano il livello minimo di coerenza da ritenere accettabile. Va sottolineato, infatti, come il valore numerico della coerenza non abbia una valenza assoluta: il valore di coerenza temporale è sicuro indice di precisione purché confrontato sempre all’interno dello stesso set di dati. La Figura 2 - 21 mostra due serie temporali di diversa coerenza. Risulta evidente come la serie temporale di coerenza maggiore (in basso) appaia molto meglio definita e “pulita” rispetto alla serie temporale di coerenza minore (in alto). Capitolo 2 2.5.3 Altri parametri caratterizzabili La deviazione standard gioca un ruolo fondamentale nella comprensione delle analisi PSInSAR™ e SqueeSAR™. I parametri per i quali è disponibile una valutazione della deviazione standard sono: (a) la velocità media di spostamento, in termini di mm a-1, e (b) la quota (in metri) dei punti di misura. Per quanto riguarda ancora la precisione delle stime di velocità media dei PS, la Figura 2 - 22 mostra l’effetto sulla deviazione standard (relativamente ad un PS/DS situato entro 4 km dal punto di riferimento) dell’intervallo temporale coperto dalle acquisizioni (periodo di monitoraggio), supponendo le acquisizioni stesse regolari nel tempo. La domanda a cui si intende rispondere è perciò la seguente: “Quanto tempo risulta necessario per acquisire un numero di immagini radar sufficiente ad avere una precisione migliore di un certo valore?”. La stessa Figura 2 – 22 evidenzia un valore simbolico di deviazione standard pari a 1 mm a-1: si evince come, a parità di intervallo di monitoraggio, si possano raggiungere precisioni maggiori con dati CSK (COSMOSkyMed) e TSX (TerraSAR-X) piuttosto che con dati ENVISAT o RADARSAT o, viceversa, fissata la precisione desiderata, occorra meno tempo Figura 2 - 23: Schematizzazione degli errori di posizionamento del PS in geometria SAR (dati in banda C: ERS, Envisat e Radarsat-1). Per i sensori in banda X i valori si riducono a ±1 e ±4. Nord P(x) +2 m P(y) -7 m Ovest +7 m PS Est -2 m Sud 41 per raggiungerla utilizzando dati in banda X. Questo aspetto è essenzialmente legato al revisiting time più basso dei sensori di nuova generazione. Per quanto riguarda, invece, le coordinate geografiche associate a ciascun punto di misura si hanno due tipi distinti di errori possibili: un errore comune a tutti i PS, che si risolve mediante un allineamento manuale dei dati (ad esempio utilizzando una immagine ottica di riferimento), ed un errore proprio di ogni PS/DS, che non è, di contro, facilmente eliminabile. Ad oggi non risulta possibile fornire delle deviazioni standard relative alle coordinate di ogni singolo punto, se non per quanto riguarda l’informazione di quota. Per le coordinate planimetriche sono tuttavia disponibili dei valori di riferimento (conservativi) della STD (Standard Deviation) che possono essere ritenuti comuni a tutti i punti. Nella Figura 2 - 23 lo schema illustra come la posizione associata ad ogni singolo PS/DS sia affetta da una regione di indeterminazione. Questa incertezza risulta tanto maggiore quanto maggiori sono le imprecisioni nella conoscenza dei dati necessari ad una corretta geocodifica (posizione e velocità del satellite, distanza sensore-bersaglio e quota del punto di misura). Un quadro di insieme delle precisioni tipiche ottenibili in analisi PS/DS è fornito in Tabella 2 - 3, nella quale vengono riportati i valori della deviazione standard per velocità di spostamento media, singola misura di spostamento, individuazione a terra in termini di coordinate geografiche (Nord, Est, altezza). Aspetto quest’ultimo da non sottovalutare, specie se l’obiettivo dell’analisi si riduce ad un singolo edificio o una parte di esso. 2.5.4 Ambiguità della misura È importante ricordare che, nel caso di fenomeni di deformazione con evoluzione rapida, si può presentare un problema di ambiguità della misura, che può complicare l’interpretazione dei risultati InSAR. In linea teorica, su un singolo bersaglio radar isolato, la tecnica interferometrica SAR consente di valutare correttamente tra due acquisizioni successive, solo movimenti inferiori a metà della lunghezza d’onda; eventuali spostamenti di entità maggiore verrebbero “equivocati”, ovvero confusi con movimenti più lenti. Al limite, se il bersaglio si muovesse esattamente di mezza lunghezza d’onda tra due acquisizioni, non risulterebbe possibile rilevare alcuna variazione rispetto al caso di bersaglio fermo, poiché non si misurerebbe alcuna variazione nella fase interferometrica. Per meglio comprendere in cosa consiste il fenomeno di equivocazione del moto si osservi la Figura 2 - 24. In questo caso, il solido grigio rappresenta un bersaglio radar. Il bersaglio è rappresentato in uno stato iniziale T0 (in blu), mentre in rosso sono rappresentati tre possibili casi A, B e C di spostamento di diversa entità (Sa, Sb e Sc) all’istante T1 successivo. Il grafico sinusoidale rappresenta la fase dell’onda elettromagnetica incidente sul bersaglio. In Figura 2 – 24 L Tabella 2 - 3: Tabella riassuntiva relativa alle precisioni ottenibili da analisi SqueeSAR™. Posizione in Nord Posizione in Est 42 ± 2 m (satelliti in banda C) ± 1 m (satelliti in banda X) ± 7 m (satelliti in banda C) ± 4 m (satelliti in banda X) Quota ellissoidica ± 1.5 m Velocità media di spostamento ± 1 mm a-1 Misura di spostamento singola ± 5 mm Principi di base del metodo rappresenta la distanza che l’onda deve percorrere affinché la sua fase ritorni al valore iniziale. Nel caso A all’istante T1 l’oggetto si è spostato di una quantità ΔR inferiore a L. Il sistema radar è in grado di rilevare senza ambiguità questo spostamento Sa misurando il valore della fase dell’onda all’istante T1. Supponiamo invece che all’istante T1 (caso B) l’oggetto compia un percorso Sb= L+ ΔR. Il valore della fase dell’onda rende conto anche in questo caso dello spostamento ΔR ma, osservando il valore della fase all’istante T1, non è possibile risalire al fatto che l’onda ha già compiuto un ciclo completo. In definitiva, il sistema di acquisizione misura uno spostamento pari a ΔR, mentre lo spostamento reale è L + ΔR. Nel caso C si ha una situazione analoga al caso B, ma adesso la fase dell’onda compie un numero intero n di cicli di fase, prima di compiere la variazione corrispondente a ΔR. Benché lo spostamento effettivo dell’oggetto sia Sc= nL + ΔR, per il sensore radar l’oggetto si è mosso solamente di ΔR. Anche in questo caso si è caduti in una situazione di equivocazione del moto. Capitolo 2 Dunque, i casi A, B e C sono del tutto equivalenti per il sistema di acquisizione, che misura in tutte e tre le situazioni uno spostamento dell’oggetto di ΔR. In conclusione, affinché non si commettano errori nella valutazione dello spostamento dell’oggetto, è necessario che tra i due istanti di osservazione l’oggetto non subisca spostamenti superiori a L. Per essere più precisi, per essere sicuri di misurare correttamente non solo lo spostamento ma anche il verso del moto (cioè, l’oggetto si è avvicinato o allontanato di una quantità ΔR), è necessario che l’oggetto non si sposti più di L/2. Applicando questa considerazione geometrica al caso specifico dei satelliti ERS, ENVISAT e RADARSAT (lunghezza d’onda λ di 5.6 cm) la distanza L dell’esempio di Figura 2 - 24 è pari a λ/2, cioè 2.8 cm (il fattore ½ tiene conto del fatto che il segnale percorre per due volte lo stesso cammino, dal sensore al bersaglio e viceversa). Pertanto la distanza massima misurabile tra un’acquisizione e la successiva (L/2) sarà pari a λ/4, ovvero 1.4 cm. Per i satelliti in banda X il valore di λ/4 sarà pari a 0.77 cm. Figura 2 - 24: Esempio di equivocazione del moto del PS. 43 È importante sottolineare che questi limiti teorici della tecnica si riferiscono a casi di moti di singoli bersagli radar isolati (ad esempio il movimento improvviso di una struttura che non coinvolge nessun altro bersaglio nelle immediate vicinanze). Il problema dell’ambiguità della misura può invece essere risolto in tutti quei casi in cui il moto è ‘spazialmente correlato’ e l’area oggetto di analisi è caratterizzata da una buona densità di punti di misura. Se si considera lo schema in Figura 2 - 25 è facile intuire come partendo dall’esterno dell’area in subsidenza (punti verdi) e integrando l’informazione di moto sui punti di misura vicini si riesca a misurare uno spostamento complessivo (20 mm) superiore a λ/4 (sul punto rosso). Il successo di questa operazione dipende dalla densità dei punti presenti nell’area. In Figura 2 - 26, invece, a parità di spostamento totale il numero di punti di misura non è sufficiente ad effettuare l’integrazione spaziale, si incorre quindi in un errore di ‘ambiguità’. Concludiamo questa sezione ricordando come il fenomeno dell’equivocazione di fase risulti di fatto molto simile al fenomeno dei cycle slip nelle misure GPS differenziali. Anche in questo caso si possono talora introdurre errori molto rilevanti nelle serie storiche GPS proprio perché si perde il conteggio del numero intero di lunghezze d’onda da considerare nelle misure. In generale, maggiore è la densità dei punti di misura e minore è l’entità di moto relativo tra punti di misura adiacenti, minore la probabilità di introdurre errori e sottostimare il campo di spostamento locale. Figura 2 - 25: Esempio di moto spazialmente correlato: tra due acquisizioni (T0 e T1) è possibile rilevare, sul punto rosso, uno spostamento di 20 mm (oltre il limite teorico per la banda C di 1.4 cm). Figura 2 - 26: Esempio di errore di ‘ambiguità: sul punto giallo lo spostamento viene sottostimato (6 mm) a causa della bassa densità di punti di misura nell’area. 44 Le esperienze delle Regioni partecipanti al progetto Alcotra Risknat Capitolo 3 Capitolo 3 Le esperienze delle Regioni partecipanti al progetto Alcotra Risknat 3.1 Introduzione I paragrafi seguenti riassumono brevemente le esperienze delle regioni Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta nel campo dell’utilizzo dei dati d’interferometria satellitare. Tali esperienze rappresentano la base per tutte le considerazioni esposte nel presente documento. L’appendice B riporta una serie di indicazioni frutto dell’esperienza delle stesse regioni nel campo delle analisi di fattibilità e della redazione di capitolati. 3.2 Il PST, Piano Straordinario di Telerilevamento Ambientale Il Piano Straordinario di Telerilevamento Ambientale (PST-A), ai sensi della legge 179 del 31 luglio 2002 art. 27, è un Accordo di Programma tra Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Protezione Civile (DPC) e Ministero della Difesa (MD) d’intesa con le Regioni e le Province Autonome, divenuto poi Piano Ordinario di Telerilevamento con la Legge 244 del 24 Dicembre 2007 articolo 2, comma 327. Obiettivo del Piano Straordinario di Telerilevamento è realizzare una banca dati, ad altissima risoluzione, che possa approfondire la conoscenza del territorio italiano, utilizzando alcune tra le tecnologie più evolute che le piattaforme satellitari e su aeromobili rendono attualmente disponibili, e favorire inoltre una condivisione dei dati territoriali tra i vari comparti della Pubblica Amministrazione. In particolare, il progetto prevede l’acquisizione e il recupero, da parte del Ministero, di dati acquisiti con tecnica Laserscanning LiDAR (da piattaforma aerea) e con tecnica interferometrica (da piattaforma satellitare). I dati acquisiti sono catalogati nella banca dati del Geoportale Nazionale (GN) che costituisce il sistema informativo geografico per eccellenza del Ministero dell’Ambiente (www.pcn.minambiente.it). I dati LiDAR forniscono informazioni di estremo dettaglio sulla morfologia del terreno risultando quindi di grande utilità per gli studi di analisi del rischio idrogeologico, per le attività di modellazione idraulica, per la pianificazione e la modellazione urbana. Grazie al PST-A, ad Aprile del 2012 il Ministero dell’Ambiente è riuscito a coprire con rilievi LiDAR 131.118 km2 di territorio italiano tra coste, bacini idrografici ed aree critiche. Attraverso il Geoportale Nazionale, si è arrivati in questo modo a mettere a disposizione di utenti pubblici, privati o altri Enti, dati topografici ad elevata risoluzione riguardanti ben il 43,44% del territorio nazionale. I dati inteferometrici SAR consentono di mappare efficacemente spostamenti superficiali del terreno legati a fenomeni franosi e di subsidenza. Il Ministero dell’Ambiente ha acquisito dati interferometrici per l’intero territorio italiano (Figura 3 - 1). Tale banca dati comprende immagini satellitari ERS 1-2 relative al periodo 1991-2000 e immagini satellitari ENVISAT relative al periodo 2003-2010. Inoltre, nel periodo 2009-2011 sono stati acquisiti dati interferometrici ad elevata risoluzione (Cosmo-SkyMed) per 3 aree critiche specifiche, quali Venezia, Bologna e Palermo, in vista di un’espansione del progetto su scala nazionale. Il Geoportale mette inoltre a disposizione elaborazioni PSI per l’intero dataset interferometrico in suo possesso. L’impiego della tecnica Permanent Scatterers Interferometry (PSI) consente il calcolo puntale e preciso della velocità degli spostamenti lenti del terreno, permettendo quindi un monitoraggio di maggior dettaglio di fenomeni geofisici quali, ad esempio, 45 subsidenza, frane e faglie sismiche, oltre alla verifica della stabilità di costruzioni e palazzi. Numerose altre informazioni cartografiche geologiche e ambientali sono messe a disposizione del pubblico attraverso il Geoportale Nazionale. Queste vanno dalle ortofoto a scala nazionale alle carte geologiche e topografiche, dalla mappatura della pericolosità e rischio idrogeologico alla mappatura delle aree protette e dell’uso del suolo, a molti altri dati geografici ancillari dell’intero territorio italiano. Il Geoportale Nazionale, paragonabile ad una Biblioteca Nazionale Centrale, mette a libera disposizione una base cartografica di riferimento, corredata da un dettagliato set di informazioni (metadati) indispensabili per la ricerca, la comprensione e il confronto dei dati descritti. I metadati seguono il Regolamento (CE) N. 1205/2008 recante attuazione della direttiva 2007/2/CE (InSPIRE). Il Ministero dell’Ambiente, attraverso il Geoportale Nazionale e in collaborazione con le varie Amministrazioni competenti, ha così realizzato un’infrastruttura di dati geografici articolata in un network di nodi periferici costituiti delle Pubbliche Amministrazioni centrali e locali cooperanti e dialoganti tra loro. La fruibilità di tutte le informazioni a livello centrale è garantita dal catalogo dei metadati del GN e dal fatto che le informazioni sono mantenute a livello dei nodi periferici: ciò garantisce l’aggiornamento continuo di dati e metadati. L’interoperabilità tra i nodi è garantita dall’utilizzo di standard internazionali applicati ai servizi web per la condivisione delle informazioni: WMS, WFS, WCS. Figura 3-1: Elaborazione con tecnica Permanent Scatterers Interferometry (PSI) di immagini ENVISAT, relative al periodo 2003-2010. Viene visualizzata la velocità media dello spostamento superficiale del terreno avvenuto lungo il periodo di tempo di riferimento, espressa in mm/anno. 46 Le esperienze delle Regioni partecipanti al progetto Alcotra Risknat 3.3 Esperienze nella Regione Liguria In Regione Liguria la prima esperienza di acquisizione e utilizzo pratico di dati PSInSARTM risale al 2004 ed è da accreditare al Settore Piani di Bacino della Provincia della Spezia che, nell’ambito di una Convenzione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Firenze relativa allo studio della frana di Castagnola in Comune di Framura, commissionò un’analisi di area locale su dati ERS discendenti. I risultati di tale acquisizione non furono eccezionali per la specifica questione della frana di Castagnola in quanto, come dimostrato dai risultati di monitoraggi condotti con altre tecniche, nell’area si è riscontrato un cinematismo a carattere fortemente stagionale, con brusche accelerazioni che gli algoritmi di calcolo di quel tempo non erano in grado di risolvere. Ciò fece sì che il corpo di frana risultasse privo di bersagli che, invece, erano diffusamente presenti negli areali circostanti. Questo permise di verificare, invece, la presenza di forti deformazioni a carico di altri due grandi corpi franosi già noti e monitorati nei dintorni, la frana di Lemeglio, in Comune di Moneglia Capitolo 3 e quella di Case Maestri in Comune di Deiva Marina. Immediatamente dopo questa prima esperienza, nel 2005, Regione Liguria acquisì direttamente, con propri fondi, analisi di area vasta di dati ERS sia ascendenti che discendenti per un settore di circa 1.000 km2 in Provincia di Genova e per la fascia costiera della Provincia della Spezia. L’anno successivo, sempre a valere su fondi propri, l’Amministrazione regionale completò la copertura relativa alla Provincia di Genova e acquisì i dati anche per la porzione padana di quella di Savona. Tale acquisizione seguì i positivi riscontri che la fase di analisi sperimentale dei dati acquisiti nel 2005 aveva fornito (Bottero et al., 2006); questi dati erano intesi soprattutto a fornire ai tecnici del Settore Assetto del Territorio, che avrebbero dovuto supportare numerose amministrazioni comunali di pertinenza padana nell’esecuzione degli approfondimenti funzionali alle verifiche di compatibilità degli strumenti urbanistici con il Piano di Bacino Stralcio per il Rischio Idrogeologico (PAI) del Fiume Po, un’importante base conoscitiva per la definizione dello stato di attività delle frane. Dal 2006 in poi, infatti, questi dati sono Figura 3-2. Storia delle acquisizioni di dati radarinterferometrici in Liguria 47 stati utilizzati correntemente a supporto delle attività del Settore Assetto del Territorio, che svolge anche le funzioni di segreteria dell’Autorità di Bacino di Rilievo Regionale. Nel 2007, inoltre, Regione Liguria avviava una convenzione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze finalizzato alla definizione di linee guida di approfondimento sulle frane per la riperimetrazione e la zonazione di areali a differente grado di pericolosità, di cui si parlerà più diffusamente in un successivo capitolo. Nell’ambito di questa convenzione è stato proposto, fra l’altro, l’utilizzo dei dati PS a supporto della definizione dello stato di attività delle frane. La figura 3 - 2 riassume la storia delle acquisizioni di dati radarinterferometrici in Liguria. Dal punto di vista della divulgazione dei dati, in prima battuta, a partire dal 2008, ha reso disponibili, solo per gli utenti istituzionali abilitati, la banca dati cartografica relativa alle aree anomale estratte con procedura automatica dai cluster di territorio analizzati con tecnica PSInSARTM, corredati da apposita manualistica intesa a guidare al meglio l’utente al corretto utilizzo dell’informazione. Solo recentemente, a seguito del passo intrapreso a livello nazionale con la diffusione diretta del dato PS da parte del Portale Cartografico e grazie alle attività intraprese nell’ambito del Progetto RiskNat, i dati attualmente disponibili sono stati resi pubblici a tutti gli utenti tramite un’apposita interfaccia, nell’ambito del Repertorio Cartografico Regionale (www. ambienteinliguria.it). A corredo di questi dati viene, inoltre, fornita opportuna manualistica contenente le informazioni di base in merito alla natura dei dati nonché alcune indicazioni tecniche circa le modalità di corretto utilizzo dei dati (vedi appendice A). 48 3.4 Esperienze della Regione Piemonte In Piemonte le attività connesse con l’acquisizione e l’analisi dei dati derivanti da interferometria satellitare sono state sino ad oggi sviluppate essenzialmente dal Dipartimento Tematico Geologia e Dissesto di Arpa Piemonte, l’agenzia regionale per la protezione ambientale. Le prime esperienze risalgono ai primi anni duemila (Figura 3–3), quando Arpa ed altri enti piemontesi effettuarono alcune sperimentazioni del metodo PSInSARTM su alcuni limitati settori del territorio regionale al fine di verificare se la neonata tecnica potesse essere proficuamente utilizzata per la valutazione di problematiche connesse ai movimenti franosi. Le ottime risultanze di tali verifiche portarono Arpa a finanziare, nel 2006, un’indagine che comportò l’elaborazione PS per l’intero territorio regionale, circa 25.000 km2, primo caso di una superficie così vasta coperta con tale tipo di indagine. L’elaborazione utilizzò immagini dei satelliti ERS1 ed ERS2 per l’intervallo di tempo compreso tra gli anni 1992 e 2001. Il settore Piemonte Nord (circa a nord del parallelo di Torino) venne coperto con analisi di immagini riprese sia in orbita ascendente che in orbita discendente; il settore Piemonte sud comportò l’analisi della sola orbita discendente. L’indagine identifico nel complesso circa 2.5 milioni di PS. Essendo la tecnica particolarmente idonea all’identificazione ed alla definizione delle deformazioni ad evoluzione lenta, l’intervallo di tempo compreso tra gli anni 1992 e 2001 è particolarmente significativo per il Piemonte, essendo stato tale periodo interessato da almeno sette eventi alluvionali principali (settembre/ottobre 1993; giugno 1994; novembre 1994; luglio 1996; ottobre 1996; giugno 2000; ottobre 2000). Questa prima indagine a scala di regione permise di ben definire e caratterizzare numerose grandi frane alpine con un buon grado di dettaglio e di evidenziare le enormi potenzialità della tecnica per tale tipo di analisi. Le risultanze, elaborate sotto forma di aree anomale (vedi capitolo 4) vennero rapidamente rese disponibili in rete sul sito di Arpa Piemonte. Le esperienze delle Regioni partecipanti al progetto Alcotra Risknat Nel 2010 Arpa, per conto di Regione Piemonte e nell’ambito del progetto RiskNat, ha effettuato un’indagine che copre, di fatto, gran parte dell’arco alpino occidentale con le province di Cuneo, Torino, Biella, Verbania ed il settore alpino della Provincia di Vercelli, utilizzando immagini della piattaforma RADARSAT 1 sull’intervallo di tempo 2003÷2009 e tecnica elaborativa SqueeSAR™ (vedi capitolo 2). La disponibilità d’immagini sul territorio d’interesse si riferisce all’acquisizione in modalità Standard Beam S3 per un periodo che va dal marzo 2003 fino a dicembre 2009 con una frequenza di passaggi regolari ogni 24 giorni con una media ad oggi di circa 75 immagini per track. Nel complesso l’analisi ha definito circa 2 milioni di PS/DS. Le risultanze, ora in corso di divulgazione, sono eccellenti e permettono di ottenere informazioni sulla quasi totalità delle grandi frane critiche a cinematica lenta in Piemonte. La disponibilità di una tale enorme mole di ottimi dati comporta, paradossalmente, una grossa difficoltà, quella, ovvero, di mobilizzare le risorse umane necessarie per le fasi di Capitolo 3 organizzazione interpretazione e riversamento dei dati e delle relative elaborazioni sugli strumenti informativi disponibili (IFFI, PAI ecc.). Nella Regione Piemonte, Arpa promuove attualmente l’utilizzo delle tecniche PS/DS in una molteplicità di campi: -- tutte le fattispecie inerenti il rischio idrogeologico quali frane, conoidi, depositi periglaciali; -- interpretazione geologica e per l’evoluzione neotettonica del territorio piemontese; -- monitoraggio deformazioni superficiali; -- attività estrattive; -- discariche; -- prelievo idrico dal sottosuolo; -- pratiche di VIA e VAS; -- attività relativa alle direttive di valutazione per conto del Centro di Competenza Arpa Piemonte per la realizzazione e verifica di prodotti e servizi per la previsione e la prevenzione del rischio idrogeologico per conto del Dipartimento di Protezione Civile Figura 3-3 Attività di Arpa Piemonte per l’acquisizione di dati radarinterferometrici. 49 Nazionale per il biennio 2007-2009 e 20102012. L’Agenzia partecipa tecnici aventi come radarinterferometriche: anche a gruppi tema le tecniche 3.5 Esperienze della Regione Autonoma Valle d’Aosta -- gruppo di valutazione e pianificazione della costellazione satellitare italiana CosmoSkyMed per conto del Dipartimento di Protezione Civile Nazionale. -- gruppo di controllo e di validazione prodotti del Piano Straordinario di Telerilevamento e Piano Ordinario di Telerilevamento per conto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Direzione Generale Difesa Del Suolo; In Valle d’Aosta gli uffici regionali hanno individuato alcune linee di sviluppo della ricerca inerenti il telerilevamento, che rappresentano elementi di approfondimento indispensabili sia per sostenere le azioni di previsione e prevenzione del dissesto, sia per favorire un equilibrato sviluppo territoriale. Nel 2007, l’Amministrazione regionale ha provveduto all’acquisto dei dati radar satellitari della piattaforma ESA-ERS per il periodo 19922001. Il trattamento dei dati con la tecnica PSInSARTM ha consentito la localizzazione di circa 370.000 bersagli fissi (Figura 3-4). Il lungo processo che ha visto e vede impegnata Arpa Piemonte, per conto di Regione Piemonte, nell’acquisizione, gestione ed elaborazione dei dati ha permesso di avere a disposizione degli addetti ai lavori un dataset di misure diffuse su tutto il territorio regionale che ricoprono un arco temporale di 20 anni con una numerosità che supera i 7.500.000 punti di misura disseminati sul territorio. Tale quantità di misure, oltre ad essere quotidianamente utilizzata dalla stessa Agenzia nello studio e nella comprensione dei fenomeni franosi, viene diffusa sia attraverso le pagine del web di Arpa Piemonte sia tramite il geoportale del Progetto RiskNat all’indirizzo http://webgis.arpa.piemonte.it/risknat/ (vedi anche appendice A). Nel 2010, l’Amministrazione regionale ha acquistato i dati radar satellitari della piattaforma RADARSAT per il periodo 20032010. Il trattamento dei dati con la tecnica SqueeSARTM (vedi cap. 2) ha consentito la localizzazione di circa di circa 770.000 bersagli fissi per la geometria ascendente e di circa 750.000 per la geometria discendente (Figura 3-5). Una elaborazione dei dati ERS 1992-2001 ha permesso di confrontare la distribuzione dei PS con i perimetri dei fenomeni individuati nell’ambito del progetto IFFI (Inventario delle frane in Italia); sono stati esplorati i dataset PS alla ricerca di settori in cui la copertura di PS fosse soddisfacente ed inoltre il segnale PS fosse diverso da zero. Figura 3-4: Distribuzione sul territorio valdostano dei PS da Piattaforma ESA-ERS della geometria ascendente (a sinistra) e discendente (a destra). 50 Le esperienze delle Regioni partecipanti al progetto Alcotra Risknat Queste aree sono state analizzate tramite foto-interpretazione utilizzando il volo RAVA 1997, ritenuto un buon compromesso tra quota di volo, copertura e anno di volo. La foto-interpretazione è stata finalizzata alla definizione speditiva del quadro geomorfologico locale con particolare riferimento agli elementi della dinamica gravitativa, nonché sulla base dell’interferenza con l’antropizzazione e attività dell’uomo da una parte e la presenza di ampia copertura PS dall’altra. Per 22 aree di frana significative (Figura 3-6) è stata redatta una serie di schede monografiche, in cui sono state raccolte Capitolo 3 le caratteristiche geomorfologiche, di distribuzione spaziale dei PS e per le quali sono state proposte delle interpretazioni di carattere dinamico dei fenomeni gravitativi analizzati. Per i fenomeni franosi analizzati è stata valutata una velocità PS media tra i PS ricadenti all’interno del limite di frana o di DGPV. Il calcolo della velocità PS media è stato effettuato per quei fenomeni franosi o per settori di questi che mostrano omogeneità dal punto di vista morfologico insieme a un numero e ad una distribuzione dei PS sufficiente a tale operazione. Figura 3-5: Distribuzione sul territorio valdostano dei PS/DS da Piattaforma RADARSAT della geometria ascendente (a sinistra) e discendente (a destra). Figura 3-6 Ubicazione dei fenomeni gravitativi (arancione: DGPV; rosa: frane) per i quali è stata prodotta la scheda monografica. 51 Organizzazione e trattamento dei dati Capitolo 4 Capitolo 4 Organizzazione e trattamento dei dati 4.1 Introduzione La diffusione di dati PS/DS su tutto il territorio nazionale (vedi anche il progetto PST, Piano Straordinario di Telerilevamento del Ministero dell’Ambiente, cap. 3-2) rende necessario lo sviluppo di standard relativi alle procedure per la loro analisi e interpretazione, mettendo ben in evidenza i limiti associati. Vengono perciò presentate nel presente capitolo le seguenti procedure di analisi del dato PSI, analizzandone i vantaggi e i limiti: -- determinazione della probabilità di identificazione di bersagli radar: metodo di pre-processing del dato al fine di individuare a priori le aree che è possibile studiare con la tecnica PS/DS; -- individuazione delle “aree anomale”: metodo di post-processing per l’interpretazione dei dati PS/DS a scala regionale; -- proiezione della velocità lungo la linea di massima pendenza: metodo di postprocessing per stimare la velocità nel caso di movimento parallelo al pendio; -- scomposizione del movimento: metodo di post-processing per valutare la componente verticale e la componente orizzontale E-O; -- confronto tra monitoraggio satellitare e monitoraggio strumentale. 4.2 Carta della probabilità di identificazione di bersagli radar (metodo cr-index) La distribuzione dei bersagli radar è influenzata da due fattori: a) l’uso del suolo (area urbana, prato, ecc.) e b) le deformazioni prospettiche (layover, foreshortening e shadowing) (vedi anche paragrafo 2.1.4) causate dalla geometria di acquisizione dei sistemi radar satellitari e dalla topografia del terreno. Appare auspicabile prima di acquisire dati interferometrici da satellite valutare in maniera speditiva la possibilità di identificare punti di misura radar nell’area di interesse. Al fine di individuare a priori le aree che è possibile studiare con la tecnica PSI è stato recentemente sviluppato il metodo di preprocessing, denominato CR-Index basato sulla combinazione di due fattori: la deformazione prospettica e l’uso del suolo (Colombo et al., 2006; Notti et al., 2011). Il modello “CR-index” fornisce la probabilità di avere PS/DS in una determinate area. L’indice CR è composto da due componenti: R-Index che considera gli effetti topografici e LU-index che considera l’uso del suolo. L’indice R L’indice R (Figura 4 - 1) deriva dalla combinazione della pendenza (S) e dell’esposizione del pendio (A), derivati dal DEM, e dei parametri della linea di vista (LOS) del satellite (angolo di incidenza e angolo di puntamento dalla direzione Ovest calcolato in senso antiorario). L’indice R rappresenta anche il rapporto tra le dimensioni di un pixel in Ground Range e di un pixel in Slant Range. L’indice R varia da valori negativi fino a 1 (o 100% se espresso in percentuale). I valori negativi indicano un’area interessata da fenomeni di layover e foreshortening, bassi valori (<0.4 o 40%) indicano una forte compressione dei pixel che limita la presenza di PS/DS, il valore 1 (o 100%) indica un pendio parallelo alla LOS. In generale quando l’indice R è maggiore di 0.4 il pendio ha una buona orientazione e l’uso del suolo è il principale fattore che influenza la distribuzione dei PS/DS. Gli effetti di shadowing possono essere evidenziati utilizzando un modello shaded relief, in genere sono molto limitati perché interessano pendii molto acclivi (> 56° con RADARSAT e > 67° con ERS), che rappresentano aree ridotte anche nei settori alpini. La Figura 4 - 2 mostra l’indice R calcolato, a partire da dati RADARSAT discendenti, per due pendii con esposizione opposta, in un’area test delle Alpi Piemontesi. Entrambi i versanti presentano lo stesso uso del suolo (detrito). 53 Sul versante occidentale, che presenta una buona esposizione, l’indice R è elevato; un pixel (AT) nella risoluzione di Ground Range (GR) ha le stesse dimensioni di un pixel (A’T’) in Slant Range (SR); la densità dei PS/DS è buona (Figura 4 - 3). Il versante orientale è interessato da fenomeni di layover: un pixel in Slant Range è molto compresso, in questa zona nessun PS/DS è stato identificato. Confrontando l’indice R ottenuto con diverse inclinazioni della LOS si osserva che le deformazioni topografiche sono elevate utilizzando un satellite con un basso angolo di incidenza. Il satellite RADARSAT, con un angolo di incidenza di 34°, presenta un’area interessata da distorsioni geometriche con dimensioni inferiori rispetto a quella del dato ERS (23°) (Figura 4 - 4). In Figura 4 - 5 è stato messo a confronto l’indice R con la densità dei PS/DS in differenti contesti geologici-geomorfologici (Alpi NO, Alpi Liguri, Appennino) e con differenti angoli di incidenza della LOS (34° e 23°). La distribuzione dei PS/DS presenta trend similari per tutti i settori: bassa densità dei PS/DS quando l’indice R è negativo, la massima densità dei bersagli è relativa ad un valore di R tra 40 e 80%, la densità diminuisce per valori di R superiori a 80%, in quanto si tratta di aree ubicate su pendii acclivi dove la presenza di bersagli è nulla. Le aree a bassa acclività, dove è maggiore la concentrazione di strutture antropiche e quindi di bersagli radar, hanno un R-index di 40-50%. Nelle Alpi la presenza di detrito su pendii acclivi aumenta la densità dei DS e quindi il valore di R. Figura 4 - 1: Procedura per la valutazione di “R-Index” 1) Dati da DEM Pendenza (S) Esposizione (A) 2) Parametri linea di vista LOS Angolo con l’Ovest (α ) Angolo di incidenza ( δ ) N 270° 190° 350° E - 180° O0° 34° 0° 34 ° S - 90 ° Puntamento LOS Discen. Puntamento LOS Ascend. R-index = - sin {([ S · sin (A + α ) ] - sin ( δ ) R Index * 100 Effetto ≤0 R Index * 100 Layover - Foreshortening Effetto 0 - 30 Effetti topografici elevati ≤0 Layover - Foreshortening 30 - 50 Effetti topografici moderati / deboli 0 - 30 > 50 EffettiEffetti topografici elevati topografici assenti 30 - 50 > 50 Distribuzione dei PS Nessun PS Distribuzione dei PS PS Scarsi Nessun PS Dipende in prevalenza dall'uso del suolo PS Scarsi Dipende solo dall'uso del suolo Effetti topografici moderati / deboli Dipende in prevalenza dall'uso del suolo Effetti topografici assenti Dipende solo dall'uso del suolo Figura 4 - 1: Procedura per la valutazione di “R-Index” 54 Organizzazione e trattamento dei dati Capitolo 4 Figura 4 - 2: R Index nel settore NO del Piemonte. Il rettangolo rosso rappresenta l’area in Figura 4 - 3. Figura 4 - 3: Profilo dei valori dell’indice R confrontati con la distribuzione dei PS RADARSAT discendente. 55 Figura 4 - 4: Rosone (Piemonte). Confronto di un’area interessata da effetti di layover-foreshortening (in rosso) utilizzando satelliti RADARSAT (angolo incid. 34 °) e ERS (angolo incid. 23°). Figura 4 - 5: Densità dei PS/DS vs classi di “R-Index”. Il numero di bersagli rilevato per la Provincia di Imperia appare decisamente più elevato rispetto alle altre aree in quanto derivante da elaborazioni di immagini Radarsat con tecnica SqueeSAR”. 56 Organizzazione e trattamento dei dati LU-Index Il secondo parametro utilizzato per la determinazione dell’indice CR è l’indice LU. Ad ogni classe di uso del suolo è assegnato un valore della probabilità di avere PS/DS basato su analisi statistiche di distribuzione di dato PS/DS per classi di uso del suolo maturate in esperienze precedenti. Per esempio, un’area urbana ha una probabilità elevata di avere PS (100%), aree a bosco hanno una probabilità prossima a 0 (Tabella 4 - 1). Capitolo 4 Nella determinazione dell’indice LU la definizione delle classi di uso del suolo e la loro risoluzione spaziale sono molto importanti. La Figura 4 - 6A presenta l’indice LU calcolato in Piemonte: si osservano i valori elevati di LU assegnati alle aree urbane (Città di Torino) e alle zone con detrito nelle Alpi. Anche in Provincia di Imperia la distribuzione è simile, con la massima densità nei centri urbani; la maggiore presenza delle aree coperte a bosco lascia ampie aree con LUindex basso. Tabella 4-1: Densità di PS/DS in diverse classi di uso del suolo. (dati RADARSAT, Regione Piemonte) Uso del suolo PS DS (PS+DS) km-2 PS km-2 DS km-2 Aree edificate 33% 67% 496 164 332 Praterie alpine 6% 94% 159 10 149 Detrito di versante 9% 91% 159 14 145 Arbusteti 8% 92% 76 6 70 Pascoli 26% 74% 65 17 48 Seminativo 26% 74% 52 14 Praterie 30% 70% 36 11 25 Bosco 9% 91% 27 2 24 39 Figura 4 - 6: LU index nel NO Piemonte (A) e in Provincia di Imperia (B) A B = 10 Km 57 CR-Index Gli indici LU e R vengono combinati per ottenere l’indice CR (Figura 4 -7). L’influenza dell’indice R nella determinazione della densità dei PS/DS è elevata per valori inferiori a 40%, per valori superiori l’uso del suolo è il principale fattore che condiziona la distribuzione dei PS/DS. Quando la probabilità di avere PS/DS è nulla per uno dei due parametri anche l’indice CR è nullo. CRi= (Ri + LUi * LU weight) / (1 + LU weight) * (“0” area) [1] Dove: CR = Indice di probabilità di avere PS; R = Indice di effetto della topografia; LU = Indice di uso del suolo; LU weight = Il peso dell’indice di uso del suolo Tabella 4-2: Indice CR confrontato con la densità di PS in Provincia di Imperia 58 Probabilità di PS (CR Index) km2 % AREA PS % PS Nulle 0 25 2% 1592 1% DENSITà PS (PS km-2) 63 Basse (0 – 20) 94 8% 6185 3% 66 Medio-Basse (20- 40) 661 58% 51972 26% 79 Medie (40 - 60) 270 24% 72696 37% 269 Medio-Alte (60 -80) 64 6% 42150 21% 663 Alte (80 – 100) Provincia di Imperia 24 2% 21635 11% 894 1138 100% 196230 100% 172 Organizzazione e trattamento dei dati Capitolo 4 Figura 4 - 7 A - B: CR-index in NO Piemonte per un dataset discendente e confronto con la reale distribuzione dei PS/DS. A B Figura 4 - 7 C - D: CR-index in Provincia di Imperia e confronto con la reale distribuzione dei PS/DS. C D = 10 Km 59 Applicazione del metodo Scala regionale e locale Vantaggi L’indice CR è un indice probabilistico che ha lo scopo di aiutare nella selezione delle aree in cui è possibile utilizzare la tecnica dei persistent scatterer. Il confronto tra la carta dell’indice CR e l’inventario delle frane permette di conoscere in anticipo quante frane sono idonee per uno studio con la tecnica PS/DS. In Figura 4 - 8 la percentuale di frane con almeno 1 PS è confrontata con i valori di indice CR in un’area del Piemonte nord-occidentale. Solo le frane con un indice CR > 60% hanno una buona probabilità di avere PS/DS. La percentuale di frane con almeno 1 PS/DS arriva al 70% per un indice CR > 80%. Nell’area di studio, le frane con un indice CR maggiore di 80 costituiscono il 25% dell’intero inventario IFFI. Limiti -- soggettività nella determinazione dei pesi dell’indice LU; -- qualità fortemente dipendente dalla carta di uso del suolo; -- una volta determinata la probabilità di avere PS/DS nell’area di studio occorre valutare la qualità dei bersagli (Figura 4 - 9). Figura 4 - 8: Percentuale di frane con almeno 1 PS/DS e indice CR. Figura 4 - 9 : Qualità dei bersagli. A = Serre per floricultura: bassa affidabilità, B = Muretti a secco sostegno terrazzamenti: bassa affidabilità, C = Rocce/detrito di versante: buona affidabilità. A 60 B C Organizzazione e trattamento dei dati 4.3 Metodi di interpretazione dei dati interferometrici a scala regionale L’estrazione di informazioni dai dati PS/DS per lo studio delle frane a scala regionale richiede lo sviluppo di metodologie di analisi che tengano conto dei seguenti fattori: -- elevata numerosità dei dataset PS/DS; -- vasta superficie dell’area di studio ; -- quantità e qualità dei diversi processi geologici attivi al momento della formazione dello stack interferometrico che in qualche maniera possono avere influenza sulle velocità registrate dai PS/DS. Procedure automatiche sono state sviluppate per identificare concentrazioni di PS/DS ad elevata velocità. Lu et al. (2010), hanno utilizzato l’analisi statistica hotspot di dati InSAR. Cascini et al. (2010) riportano una procedura di analisi di dati DInSAR. Nei paragrafi seguenti verranno brevemente descritti tre procedimenti sviluppati per trattare ed interpretare dati PS/DS a scala regionale: Capitolo 4 4.3.1 Procedimento delle “aree anomale” Nel 2009 Meisina et al. hanno sviluppato in collaborazione con Arpa Piemonte una metodologia di interpretazione geologica dei campi di moto descritti dai PS/DS basati sull’identificazione di aggregati o cluster di PS/DS che per caratteristiche fisiche e spaziali (velocità superiori od inferiori alla classe di velocità considerata stabile, e distanza interpunti e numerosità) possono rappresentare indizi di geo-processi. Tali raggruppamenti sono stati definiti come “aree anomale”. Le operazioni realizzate si concretizzano sostanzialmente in una serie di filtraggi d’attributo e spaziali dei dataset e permettono di concentrare l’analisi su gruppi di dati PS/DS con carattere locale. Lo scopo è quindi di generare “poligoni” contenenti PS/DS, verosimilmente congruenti in termini di cause, in modalità automatica, sfruttando le capacità proprie di un GIS di analizzare dati spaziali, con i seguenti obbiettivi guida: -- procedimento delle “aree anomale”; 1. riproducibilità, per quanto possibile, delle operazioni di filtraggio e aggregazione sviluppate da un operatore; -- proiezione delle velocità lungo la linea di massima pendenza; 2. semplicità di realizzazione pratica e concettuale; -- scomposizione del movimento. 3. possibilità di ripetere con rapidità le Figura 4 - 10 : Parametri per la definizione delle aree anomale 61 di PS/DS sopra la soglia di stabilità che deve essere presente per definire un’area anomala o critica (significatività). procedure in caso di riselezione di soglie (VEL e distanza di influenza); 4. realizzare un prodotto di immediato utilizzo all’interno di un GIS. La metodologia è già stata applicata in Regione Piemonte ed in provincia di Imperia, anche se con alcune modifiche. L’approccio consta delle seguenti fasi (Figura 4 - 10): Il primo step risulta fortemente critico rispetto al prosieguo del lavoro. I valori soglia da considerare come rappresentativi di uno status di stabilità possono derivare da: 1. definizione della soglia di velocità da considerare come rappresentativa di uno status di stabilità e selezione dei PS/DS in “movimento”; -- un’analisi combinata dei valori di velocità ottenuti attraverso le analisi statistiche preliminari (distribuzione dei valori di velocità all’interno di ogni dataset); 2. individuazione dell’area di compartecipazione tra i diversi PS, ovvero della zona di influenza tra PS/DS (scala di rappresentatività); -- considerazioni geologiche (trend regionali di movimento); -- considerazioni sull’accuratezza e precisione del dato (come da documentazione fornita da chi effettua le elaborazioni). 3. determinazione della numerosità minima Figura 4 - 11: Procedura per la definizione delle aree anomale 62 Organizzazione e trattamento dei dati Nello specifico, l’intervallo di velocità considerato come stabile è compreso tra -2 e +2 mm a-1. Tale valore soglia riflette principalmente la precisione di misura della velocità che è di 0,1-2 mm a-1 per un PS distante meno di 2 km dal punto di riferimento ed in caso di dataset composto da almeno 50 immagini. Questa operazione di selezione ha portato, come primo risultato, alla selezione solo dei punti PS che rispettavano queste soglie (Figura 4 - 11). state, pertanto, eliminate le aree anomale automatiche considerate non significative in quanto caratterizzate da un numero elevato di PS/DS stabili (rapporto tra PS/DS in movimento Pmov e PS totali Ptot < 20 %). Eventuale aggregazione delle aree: le aree anomale automatiche adiacenti, caratterizzate da velocità comparabili e ritenute appartenenti allo stesso processo geologico sono state manualmente aggregate in aree maggiori (“aree d’indagine”). La base di partenza del secondo step è la valutazione di una distanza di influenza e/o di rappresentatività dei PS/DS selezionati nella fase precedente, al fine di aggregare tra loro PS/DS in movimento, che verosimilmente si trovavano negli stessi ambiti morfologici (versante, fondovalle, ecc.). Da osservazioni morfologiche la distanza minima tra PS/DS di 50 m sembra rappresentare una buona soluzione per mantenere il risultato areale (area anomala o critica caratterizzata da PS/DS in movimento), all’interno di un unico “contesto geomorfologico”. Questo step è stato realizzato per mezzo di un’operazione di prossimità (buffer), ovvero sono stati generati cerchi con raggio di 50 metri attorno ai bersagli radar in movimento; la successiva unione di tali figure geometriche ha portato alla generazione di poligoni (aree omogenee o critiche) contenenti aggregazioni di PS distanti non più di 50 m uno dall’altro. Nell’operazione di buffer si è scelto di aggregare, nel caso di sovrapposizione, attraverso il dissolving, i poligoni risultanti. In questa maniera si premiano gli elementi ravvicinati. Successivamente si passa all’interpretazione delle aree. Si tratta di interpretare la cause del movimento rilevato; tale azione è avvenuta tramite la sovrapposizione in ambiente GIS, di layer informativi territoriali di varia natura (DEM, carte CTR, ortofoto, inventario fenomeni franosi IFFI, ecc.). Le aree anomale prodotte possono essere inserite all’interno di database regionali (come avvenuto in Regione Liguria e Regione Piemonte). Nel terzo step sono state considerate significative e selezionate le aree anomale con un contenuto minimo di PS/DS in movimento maggiore o uguale a 2. L’alto numero di aree ottenute ha, tuttavia, reso necessario lo sviluppo di ulteriori metodologie di selezione e/o di aggregazione di quelle in movimento. I criteri utilizzati a tale fine sono stati: -- “l’indice di omogeneità” (rapporto tra PS/DS in movimento Pmov e PS totali Ptot): sono Capitolo 4 Applicazione del metodo Scala regionale. Vantaggi -- Identificazione di aree in movimento dove si può concentrare l’attenzione del geologo; -- procedura semi-automatica in ambiente GIS che permette di interpretare in tempi relativamente veloci un numero molto elevato di dati su una vasta area; -- possibilità di creare database. Limiti Il prodotto derivato da questa procedura (area anomala), non vuole (e non deve) assolutamente assumere un ruolo di prodotto definitivo e soprattutto non ha un significato geologico; piuttosto esso è da considerare come un semilavorato su cui si può concentrare l’attenzione del geologo, che attraverso le attività di rilevamento sul terreno, fotointerpretazione ecc., può confermare o meno la sua significatività e quindi procedere alla sua interpretazione. 63 4.3.2 Proiezione delle velocità lungo la linea di massima pendenza Le tecniche interferometriche consentono di misurare la componente della deformazione relativa alla direzione che congiunge il sensore con il bersaglio a terra, ovvero la linea di vista del satellite (Line Of Sight - LOS). Le misure di spostamento fornite dai dati PS/DS sono, perciò, una componente di deformazione del vettore reale dello spostamento. Quanto più la direzione del vettore di deformazione reale si discosta dalla linea di vista, tanto minore è la componente di deformazione rilevata dal satellite e, al limite, nel caso di deformazione che si sviluppa con direzione perpendicolare alla LOS, il valore misurato risulta nullo (Figura 4 - 12). Uno dei principali limiti della tecnica PS/ DS consiste, inoltre, nella difficoltà della registrazione del movimento orizzontale del bersaglio lungo le direttrice Nord – Sud. Nello studio dei fenomeni franosi mediante dati PSI è importante di conseguenza valutare la percentuale di movimento che il dato interferometrico è in grado di misurare (es. per la determinazione dello stato di attività). Una soluzione per individuare il movimento reale può essere la proiezione delle velocità (VLOS) lungo il pendio (vSLOPE) (Figura 4 - 13). La conversione della velocità da VLOS in VSLOPE avviene tramite un algoritmo trigonometrico che tiene conto dell’inclinazione e dell’esposizione del pendio rispetto all’angolo di vista della LOS presupponendo che il movimento reale avvenga parallelamente al pendio. La velocità proiettata lungo il pendio (VSLOPE) è il rapporto tra VLOS e un coefficiente “C” che rappresenta la percentuale di movimento lungo il pendio. Il coefficiente C può essere calcolato tenendo conto della geometria della LOS e dall’acclività e dall’esposizione dei versanti derivati dal DEM attraverso la seguente espressione: H = SEN (σ) N = COS (90 - σ) * COS (θ) E = COS (90 - σ) * COS (α) C = [COS(s) * SEN(a - 90) * N ] +{ [-1 * COS(s) * COS(a - 90) ] * E } + [COS (S) * H] Dove: σ = Angolo di incidenza della LOS (° dalla verticale alla LOS) θ = Angolo della LOS con il Nord (° da N in senso orario) α = Angolo della LOS con L’Ovest (° da O in senso orario) s = pendenza (°) a = esposizione del versante (° da N in senso orario) VSLOPE = VLOS / C 64 Organizzazione e trattamento dei dati La figura 4-14 riporta la percentuale di movimento reale identificato su versanti a diversa inclinazione. Il coefficiente C può essere rappresentato attraverso una carta raster. La mappa permette di verificare rapidamente se un movimento registrato lungo la LOS è simile a quello reale o no, nel caso che il movimento sia parallelo all’immersione del pendio. La Figura 4 - 15 presenta l’andamento del coefficiente C su un caso di studio in terreni appenninici. Il coefficiente C presenta un trend speculare in geometria ascendente e discendente. Il movimento lungo il pendio esposto a Est (area rettangolare rossa in Figura 4 - 15A) è registrato per un 65% lungo la LOS in geometria ascendente e per il 20% (direzione opposta) in geometria discendente. Utilizzando valori di V LOS = -6 mm a-1 per la geometria ascendente e di + 1.6 mm a-1 in geometria discendente, la proiezione della VLOS lungo il pendio danno valori simili in entrambe le geometrie (8-9 mm a-1). La mappa del coefficiente C ha lo scopo di osservare se c’è una sottostima delle misure (Figura 4 - 15) ed è anche un modo per valutare come e dove effettuare la trasformazione VLOS - VSLOPE. Valutare la sottostima delle misure è importante specialmente nell’aggiornamento dello stato di attività dei fenomeni franosi (Figura 4 - 17), nella creazione delle aree anomale, nel confronto tra dati interferometrici e dati di monitoraggio da terra lungo la direzione di movimento (GPS, inclinometri, ecc.). Figura 4 – 12: Caso 1: spostamenti reali ≈ spostamenti lungo LOS. Caso 2: lo spostamento è ortogonale alla LOS; nessun movimento viene misurato. Caso 3: il movimento è verso il basso (allontanamento dal satellite) ma è misurato come positivo. Figura 4 - 13: Proiezione della velocità rilevata lungo la LOS (VLOS) lungo il versante (VSLOPE). 1 2 Capitolo 4 3 Direzione della LOS Direzione reale del movimento Proiezione con VLOS negativa Proiezione con VLOS positiva 65 Figura 4 - 14: Percentuale di movimento reale identificato in relazione all’esposizione dei versanti per versanti con inclinazioni di 10° e 20° L’esposizione verso Sud corrisponde a 180°. I valori negativi sono relativi a pendii con direzione di movimento opposta nella geometria della LOS. Dalla figura si nota che l’utilizzo di un satellite con un angolo di incidenza elevato (RADARSAT, 34°) permette una migliore identificazione del movimento rispetto ad un satellite con angolo ridotto (ERS, 23°). Da notare che per versanti a debole inclinazione (10-20°) esposti a Sud solo il 10-20% del movimento è registrato per ogni tipo di geometria o sensore. 66 Organizzazione e trattamento dei dati Capitolo 4 Figura 4 – 15: Carta dell’indice C per dati RADARSAT ascendenti (A) e discendenti (B). A B 67 Applicazione del metodo Limiti Scala locale. La trasformazione del dato è da ritenersi valida solo dove si presume che si abbia un movimento franoso con direzione di movimento all’incirca parallela a quella della massima pendenza. -- Assunzione che il movimento sia parallelo al pendio (nel caso di frane di tipologia diversa dagli scivolamenti traslazionali la metodologia non è applicabile); -- un altro problema si può osservare in Figura 4 - 16: il profilo topografico presenta ridotte variazioni nell’esposizione del versante come piccole scarpate o contropendenze. Queste irregolarità non modificano la direzione del movimento ma possono cambiare di molto il valore del coefficiente C e quindi della VSLOPE; -- quando C si avvicina a 0 la velocità viene enormemente sovrastimata, infatti dato che VSLOPE è uguale a VLOS/C, se C tende a 0, VSLOPE tende a infinito; -- la trasformazione è anche soggetta agli errori legati alla qualità del DEM originale usato per creare i modelli di slope e aspect. Vantaggi -- Determinazione di un valore di movimento prossimo a quello reale; -- possibilità di confrontare i dati interferometrici con quelli derivanti da monitoraggio tradizionale (inclinometri ecc.); -- verifica di moti deformativi con componenti geometriche fortemente sottostimate dalla tecnica PSI. Tabella 4-3. Valori di VLOS e di VSLOPE per l’area interessata da frane. Area in esame Carmine versante Est C VLOS mm a-1 Asce -6.2 Disce 1.6 Asce 0.65 VSLOPE mm a-1 Disce - 0.2 Asce -9.54 Disce -8.00 Figura 4 - 16: Percentuale di movimento misurato da dati ascendenti e discendenti lungo la sezione rappresentata in Figura 4 -15. Nel rettangolo rosso l’area interessata da frane. 68 Organizzazione e trattamento dei dati Capitolo 4 Figura 4 - 17: Frana di Ville San Pietro (scivolamento traslazionale che evolve in colamento con direzione di movimento verso N-NE); il movimento identificabile solo tramite proiezione della VLOS (B). A B 69 Figura 4 - 18: Esempio di scomposizione Raster. A) Raster VLOS Discendente; B) Raster VLOS Ascendente; C) Raster Velocità Est-Ovest; D) Raster Velocità Verticali. A 7 5 3 2 -2 -3 -5 -7 -10 B 7 5 3 2 -2 -3 -5 -7 -10 C 10 Est 7 5 2 -2 -5 -7 -10 D 7 5 3 2 -2 -3 -5 -7 -10 70 Ovest Organizzazione e trattamento dei dati 4.3.3 Scomposizione del movimento La disponibilità di dati PS/DS elaborati in orbita ascendente e discendente migliora sensibilmente la quantità e la qualità delle informazioni ricavabili sul fenomeno analizzato. E’ possibile, infatti, combinare i dati di velocità media forniti dalle due geometrie, risalendo così all’orientazione del vettore velocità sul piano orizzontale (E-O) e su quello verticale (zenit e nadir). La componente di deformazione N-S non può essere misurata poiché i sensori attualmente operativi seguono orbite orientate circa lungo i meridiani. Dall’osservazione della distribuzione delle velocità medie in orbita ascendente e discendente nell’area di interesse, è possibile ottenere informazioni sulla presenza di fenomeni franosi (una componente orizzontale del movimento è un’importante indizio dell’esistenza di una frana) e sul cinematismo in atto. Capitolo 4 Infatti, dissesti caratterizzati da prevalenti movimenti verticali (es. subsidenza), avranno una velocità di deformazione molto simile in entrambe le geometrie. Al contrario, le deformazioni caratterizzate da componenti prevalentemente orizzontali produrranno misure di deformazione caratterizzate da velocità ascendenti e discendenti diverse, spesso di segno opposto (vedi anche Figura 5-7). Per effettuare la scomposizione occorre prima scegliere un punto di riferimento locale prossimo all’area di studio per entrambi i dataset utilizzati in modo da annullare effetti di “messa in passo” su larga scala e per avere un punto di riferimento comune ad entrambi i dataset. Per combinare le due geometrie si interpolano in prima fase i dati PS/DS derivanti dai dataset ascendenti e discendenti in modo da ottenere due carte raster (generalmente con maglia 10 x 10 m) con i valori di VLOS. I valori di velocità registrati Figura 4 - 19: Le velocità scomposte nelle componenti E-O (X) e verticale (Y) per alcuni siti campione nelle regioni Piemonte e Liguria. A= Tavagnasco (TO), frana su versante Est acclive; B = DGPV di Sauze D’Oulx (TO), versante ad Ovest a debole pendenza; C = Villadossola (VB), subsidenza in fondovalle; D = Frana di Diano Arentino (IM), in blu la linea corrispondente a VLOS=0 (nel dataset ascendente tutti i punti al di sopra avranno una VLOS positiva); in rosso la linea che corrisponde a VLOS =0 nel dataset discendente. 71 lungo le orbite ascendenti, Va, e discendenti, Vd, sono quindi combinati geometricamente per ottenere le velocità lungo la direzione verticale, Vv, e orizzontale EO, VE. Purtroppo le velocità N-S non possono essere calcolate in quanto i satelliti sono poco sensibili in questa direzione. Vv e VE si ottengono attraverso la risoluzione, cella per cella, del seguente sistema: { in cui σa e σd sono rispettivamente gli angoli di incidenza nelle due geometrie (34°-35° per i satelliti RADARSAT). Quindi: Velocità Est - Ovest = (([VLOS Disce] / Hd) - ([VLOS Asce] / Ha)) / (Ed / Hd - Ea / Ha) con il fenomeno causa del movimento (Figura 4 - 19). Sul grafico è anche possibile plottare l’asse delle velocità lungo la LOS delle geometrie ascendenti e discendenti con valori uguali a 0. Fenomeni con movimento in prevalenza orizzontale (movimenti tettonici, o frane su pendii poco inclinati) saranno disposti intorno all’asse X e avranno le velocità lungo la LOS di segno opposto nelle due geometrie. Velocità orizzontali negative indicano movimenti verso Ovest mentre velocità positive verso Est; ad esempio movimenti di versante sui pendii esposti ai quadranti occidentali (moto verso Ovest e verso il basso) dovranno ricadere, generalmente, nel quadrante in basso a sinistra del grafico. Velocità prevalentemente verticali indicano fenomeni di subsidenza o cedimenti o, nel caso di velocità positive, fenomeni di sollevamento. Applicazione del metodo: Velocità Verticali = (([VLOS Disce] / Ed) - ([VLOS Asce]/ Ea)) / (Hd / Ed - Ha / Ea) Dove: Scala regionale e scala locale. Vantaggi -- Supporto all’individuazione di movimenti orizzontali E-O che possono essere correlati a frane; -- informazioni sul cinematismo in atto. Ed, Ea, = Coseni direttori EST Hd, Ha = Coseni direttori O La scomposizione è effettuata solo dove la densità di PS/DS per entrambi i dataset è maggiore di circa 250 PS km-2 (almeno 2 PS nel raggio di 50 m, come per le aree anomale). Utilizzando un semplice grafico in cui vengono proiettate le velocità nelle componenti verticali (asse Y) e Est-Ovest (asse X) è possibile vedere se il movimento è compatibile con la geometria del versante e/o Limiti -- Il metodo è applicabile solo se sono disponibili dati nelle due geometrie (ascendente e discendente) con una significativa densità (>250 PS km-2); -- non è possibile individuare il movimento lungo l’asse N-S. Tab. 4. Scomposizione dei valori medi di velocita (mm a-1 ) per alcuni siti Sito 72 Asce. Disce. E-O Verticali A - Tavagnasco -9.0 -1.0 7.3 -6.0 B - Sauze D’oulx 7.0 -12.4 -17.6 -3.3 C - Villadossola -7.1 -5.8 1.2 -7.8 D - Diano Arentino -5.0 1.0 5.4 -2.4 Organizzazione e trattamento dei dati dato ascendente e discendente permette di ottenere le componenti verticali ed Est - Ovest del movimento, ma non la componente orizzontale Nord - Sud. Gli inclinometri, se correttamente installati, misurano il movimento lungo la direzione di scivolamento. Il dato GPS registra molto bene le componenti orizzontali mentre con meno precisione quelle verticali. 4.4 Confronto tra monitoraggio satellitare e monitoraggio strumentale Il confronto fra misure PS e quelle relative ad altri strumenti di monitoraggio (in particolare inclinometri, GPS, rilievi topografici) deve essere fatto tenendo conto di come e cosa ciascun strumento misura (vedi anche cap. 5.2). Fra i fattori che bisogna tenere in considerazione sono da annoverare: -- Il periodo di misura: spesso è difficile che il periodo di monitoraggio satellitare coincida con quello strumentale, il confronto di conseguenza deve essere fatto con cautela; -- L’oggetto misurato. I punti di monitoraggio convenzionali in situ sono posizionati strategicamente sulla base di alcuni parametri quali il facile accesso del sito, la ripetibilità della misura, ecc.; la localizzazione dei PS dipende dalla disponibilità di immagini SAR (temporal sampling) e dalla presenza di bersagli radar (spatial sampling) (vedi paragrafo 2.5.4). I PS misurano lo spostamento di bersagli che di conseguenza non possono essere scelti a priori (rocce, edifici, detrito); inoltre, i movimenti registrati possono essere dati dalla somma più di processi (es. problemi strutturali di un edificio) e non solo da quelli della frana come avviene per strumenti di monitoraggio tradizionali. Gli inclinometri misurano lo spostamento cumulato del corpo di frana rispetto ad una superficie ritenuta stabile. I GPS misurano lo spostamento relativo di capisaldi prestabiliti sulla superficie del movimento franoso. -- La direzione di misura. Il dato PS/DS registra solo lo spostamento lungo la linea di vista del sensore; la presenza di Capitolo 4 -- La densità e la distribuzione spaziale dei punti di misura. Per il dato PS/DS e GBInSAR (radar terrestre) questo parametro è molto irregolare e non può essere scelto. La densità di misura può essere, però, di gran lunga maggiore di altri strumenti di monitoraggio. -- La frequenza delle misure. La frequenza di misura può variare da una a poche volte all’anno per GPS e inclinometri, può essere continua per inclinometri fissi o GBInSAR. Per il dato interferometrico dipende dal revisiting time del satellite (es. 34 giorni per i satelliti ERS, 24 giorni per RADARSAT). -- I range di misura dello strumento e la sua precisione. -- Gli errori e il rumore nella misura, ad esempio i problemi di phase unwrapping per il dato PS o la rottura di un inclinometro. Tenuto conto di tutti questi fattori, nonché del fatto che si sta trattando di spostamenti dell’ordine di grandezza dei millimetri o, al più, dei centimetri, è, quindi, normale che le velocità misurate spesso non siano uguali, anche se corrette. Nella maggior parte dei casi il confronto è da intendere in senso qualitativo e non quantitativo. Sono di seguito brevemente riportati alcuni casi nelle aree di studio di Liguria e Piemonte in cui le misure satellitari sono state confrontate con quelle strumentali da terra. 73 Scheda 1 - DGPV di Sauze d’Oulx (TO) Inquadramento geografico e geologico. Questa grande deformazione gravitativa (la più estesa del Piemonte) interessa il versante destro dell’alta Val di Susa. La DGPV è impostata nella formazione intensamente deformata e alterata dei calcescisti del dominio Pennidico piemontese. La morfologia con pendenze modeste ha favorito l’insediamento anche su versante e l’intero abitato di Sauze d’Oulx (TO) è localizzato nel settore inferiore della frana. Caratteristiche della frana. Nell’ambito della DGPV di Sauze d’Oulx possono essere distinti due settori con caratteri morfoevolutivi ben distinti (Figura 4 - 20): -- a) il settore di Jouvenceaux, esteso su un’area di 5,3 km2, è caratterizzato da una morfologia a cono. La deformazione coinvolge un’estesa massa di serpentiniti (circa 4 km2) costituita da volumi rocciosi relativamente poco fratturati alternati a zone di taglio di ampiezza metricapluridecametrica in cui le serpentiniti appaiono intensamente cataclasate; -- b) il settore di Sportinia-Richardette, esteso su un’area di 14,9 km2, contraddistinto da una morfologia ad anfiteatro che circonda l’abitato di Sauze d’Oulx. Nella parte medio-superiore del versante la deformazione è accompagnata da elementi morfostrutturali quali scarpate, contropendenze e depressioni chiuse. Il settore di Jouvenceaux può essere interpretato come un rock flow controllato da processi di creep profondo diffusamente sviluppati a spese delle serpentiniti cataclastiche; per contro nel settore di Sportinia-Richardette il movimento si è sviluppato con prevalenti meccanismi di creep concentrati lungo superfici di scivolamento multiple a geometria listrica che derivano dalla riattivazione di più sistemi di faglie. Figura 4 - 20: DGPV di Sauze d’Oulx A) Settore di Jouvenceaux, B) settore di Sportinia-Richardette 74 Organizzazione e trattamento dei dati Esposizione della frana. La frana è localizzata su un versante esposto ad Ovest - Nord Ovest con debole pendenza, condizioni ottimali per uno studio con dati satellitari discendenti. Dato PS. Si hanno a disposizione dati ERS (1992 2001) e RADARSAT (2003-2009). Il dato PS presenta una densità elevata nel settore inferiore di Jouvenceaux dove sorge l’abitato, mentre è molto più rado nel settore di Sportinia-Richardette, dove è presente solo il dato discendente che tuttavia ha misurato movimenti consistenti. I PS sono rappresentati per la maggior parte da edifici. La presenza di PS di entrambe le geometrie di acquisizione ha permesso la scomposizione del movimento nelle componenti verticali (-5 mm a-1 ) ed orizzontali Est - Ovest (-15 ÷ -20 mm a-1 ). Capitolo 4 Strumenti di monitoraggio In corrispondenza della frana sono stati installati diversi strumenti di monitoraggio (inclinometri, piezometri, capisaldi GPS). Tra il 2002 e il 2008 la DGPV è stata anche oggetto di una campagna di misura con il GBInSAR. Confronto fra le misure. Sono state confrontate le serie storiche del dato PS SqueeSARTM con il dato inclinometrico e il dato GBInSAR (fonte dati LisaLAB) (Figura 4 - 21). Il confronto è avvenuto fra le velocità misurate lungo la LOS perché la direzione del movimento della frana, nel settore esaminato, corrisponde circa a tale direzione, sia per il GBInSAR che per il dato PS. Il confronto fra le misure evidenzia che il dato PS RADARSAT si trova in accordo con le misure GBInSAR, mentre gli inclinometri misurano, in genere, velocità di spostamento inferiori. Tale differenza è probabilmente legata al fatto che molti inclinometri non raggiungono il substrato stabile, che nella zona dell’abitato si trova a profondità maggiori di 50 m. Figura 4 - 21: Il dato PS RADARSAT (2003 -2009) è in accordo con quello GBInSAR (2002-2006) ma non con quello inclinometrico (2002-2009). 75 Scheda 2 - Montaldo di Cosola (AL) Inquadramento Geografico e Geologico. La frana di Montaldo di Cosola in comune di Cabella Ligure (AL) è localizzata nell’Alta Valle del T. Borbera nell’Appennino Ligure. La frana interessa il versante destro della valle ed è impostata nel flysch calcareo-marnoso dei Calcari di M. Antola (Figura 4 - 22). Caratteristiche della frana. La frana è formata da più corpi sovrapposti. Il movimento franoso più recente si sviluppa su un accumulo detritico, di spessore variabile tra i 20 ed i 35 m, attribuibile ad un antico episodio franoso, localizzato sopra un substrato di alterazione calcareo-marnoso. La frana, innescata dall’incisione del Rio Figura 4 - 22: Inquadramento del sito di Montaldo 76 Montaldo, ha una geometria probabilmente rotazionale e si esplica attraverso lenti ma continui movimenti. La superficie di scivolamento in base ai dati inclinometrici si trova tra i -10 e i -15 m di profondità. Gli edifici dell’abitato, specie nel settore inferiore, presentano lesioni diffuse. Esposizione della frana. La frana è localizzata su un pendio esposto a SO a media pendenza, favorevole ad essere studiato con una geometria discendente. Dato PS. Sono disponibili i dati PSInSARTM ERS (1992 -2001) e il dato PSInSARTM Envisat (2003-2010) derivante dal PST (Piano Straordinario di Telerilevamento del Ministero dell’Ambiente), Organizzazione e trattamento dei dati entrambi in geometria discendente. I PS sono rappresentati per la maggior parte da edifici. Nell’abitato appaiono evidenti due settori sia con i dati ERS che ENVISAT: il settore settentrionale dell’abitato presenta velocità modeste o assenti (attorno ai -1÷-2 mm a-1 lungo LOS e -2/-5 mm a-1 se proiettate lungo la linea di massima pendenza), il settore meridionale, dove il dato interferometrico ha registrato velocità uguali a -10 mm a-1 lungo LOS (-20 mm a-1 se proiettate lungo pendio). Le zone a diverso movimento sono separate da una rottura di pendenza. Strumenti di monitoraggio. Sulla frana sono installati inclinometri, misuratori di giunti e capisaldi topografici. Capitolo 4 Il movimento registrato dagli inclinometri è di circa -16 mm a-1, nel settore superiore un inclinometro (attivo però dal 2002) ha registrato velocità attorno ai -5 mm a-1. Confronto fra le misure. Le misure PS e le misure inclinometriche presentano risultati concordanti, in particolare, considerando le velocità proiettate lungo la linea di massima pendenza. Tuttavia, il modello di algoritmo lineare e la mancanza di immagini dal 2001 non ha permesso di registrare nelle Time Series dei PS la notevole accelerazione del movimento dell’autunno 2000, a seguito di piogge abbondanti, registrata, invece, dagli inclinometri (Figura 4 - 23). Figura 4 - 23: Frana Cabella Ligure (AL) confronto fra piogge cumulate a sei mesi, dato PSInSARTM ERS (1992 -2001), inclinometro (1996- 2001) 77 Scheda 3 - Frana di Ville San Pietro (Borgomaro, IM). muri a secco in pietra. L’abitato sorge in una zona a pendenza modesta (10 - 15°). Inquadramento geografico e geologico. L’abitato di Ville San Pietro in comune di Borgomaro (IM) è situato nella valle del Maro, all’interno del bacino idrografico del Torrente Impero e più precisamente sul versante orografico destro. La formazione affiorante nel territorio su cui sorge Ville San Pietro è rappresentata dal Flysch di Sanremo, Membro di Villa Faraldi, costituito da strati, aventi spessori compresi tra circa 1 e 5 metri, in cui si alternano marne ed arenarie calcaree. Gran parte del versante ha subito un rimodellamento antropico tramite la realizzazione di terrazzamenti sostenuti da Caratteristiche delle frana. La frazione di Ville San Pietro sorge sul deposito di un’antica frana che tutt’oggi subisce fenomeni di rimodellamento attraverso riattivazioni parziali. Il fenomeno coinvolge praticamente tutto il versante, dal settore a monte di Case Soprane sino al Torrente Impero ed è classificabile come complesso (scivolamento traslazionale che evolve in un colamento). Esposizione della frana. La frana ha un movimento verso NNE, che, di conseguenza, non è interamente individuabile Figura 4 - 24: Ville San Pietro. PS RADARSAT Discendenti (2003 - 2008) e inclinometri (2006 - 2010) 78 Capitolo 4 Organizzazione e trattamento dei dati Confronto fra le misure. Le misure inclinometriche e il dato PS ad una prima analisi sembrano discordanti, mentre i PS mostrano stabilità gli inclinometri denotano movimenti, seppure non elevati (Figura 4 - 24). Questa discrepanza è solo apparente e dovuta a tre fattori: il diverso periodo di monitoraggio, l’orientazione del pendio, un certo grado di noise che sembra interessare il dato PS. Proiettando le velocità dei PS lungo la linea di massima pendenza (operazione possibile dal momento che il movimento della frana è di tipo traslazionale) si ottengono risultati confrontabili con il dato inclinometrico. L’analisi delle time series (Figura 4 - 25) evidenzia i seguenti trend, confrontabili con quelli delle misure inclinometriche: a) una sostanziale stabilità nel periodo 2003-2008, b) un’accelerazione del movimento a partire dall’autunno-inverno 2008 valutabile attorno a -7 mm a-1 lungo LOS (VSLOPE= -15 / -20 mm a-1 ). dai dati satellitari (il dato ascendente registra circa il 40% degli spostamenti della frana). Dato PS. La scomposizione del movimento ha mostrato una debole componente orizzontale verso Est. I movimenti lungo LOS registrati nel periodo 2003 - 2009 dal dato RADARSAT (SqueeSARTM) discendente sono compresi tra 0 e -3 mm a-1, se proiettati lungo pendio le velocità sono nell’ordine di 0 / -6 mm a-1. I movimenti maggiori si hanno in frazione Case Soprane e presso il cimitero. Strumenti di monitoraggio. Sulla frana sono installati cinque inclinometri, oltre ad alcuni piezometri, con misure a partire dal 2006. Gli inclinometri hanno misurato una direzione di movimento lungo il pendio verso NNE. I maggiori movimenti sono stati registrati a Case Soprane (- 6 mm a-1) ed a SO dell’abitato (- 9 mm a-1 ) (Figura 4 - 24). Figura 4 - 25: Time Series del dato PS lungo LOS e proiettato lungo pendio a confronto con inclinometro 5 0 -5 -10 -15 -20 -25 -30 -35 Mar/10 Sep/09 Mar/09 Sep/08 Mar/08 Sep/07 Mar/07 Sep/06 Mar/06 Sep/05 Mar/05 Sep/04 Mar/04 Sep/03 Mar/03 -40 DATO PS Vlos Vlos int. DATO PS Vslope Vslope int. Inclinometro 79 Scheda 4 – Frana di S. Stefano d’Aveto (GE) Inquadramento geografico e geologico. L’abitato di S. Stefano d’Aveto (GE) è situato nel bacino idrografico dell’Alta Val d’Aveto, più precisamente sul versante orografico destro dell’omonimo torrente. Il corpo morfologico sul quale insiste occupa una vallata orientata ENE-OSO, con il fianco destro rappresentato dai versanti meridionali dei monti Bocco e Groppo Rosso, quello sinistro concidente con i versanti settentrionali dei monti Moggetti e Cognetti, e chiusa a monte dallo spartiacque che segue l’allineamento dei monti Bue, Maggiorasca e Picchetto, al confine tra Liguria e Emilia-Romagna. Le formazioni affioranti sono riconducibili all’Unità tettonica di Ottone (Liguridi Esterne), in assetto tettonico costantemente rovesciato. In particolare, affiorano le marne ed i calcari marnosi del Flysch di Ottone, le Argilliti a Blocchi del Complesso di M. Veri ed il Complesso di Casanova. Sul fianco orografico sinistro affiorano i depositi torbiditici del Flysch di M. Orocco, riconducibili all’Unità tettonica di Orocco. Il nucleo storico dell’abitato sorge nella porzione mediana della vallata, in una zona subpianggiante e a debole acclività. Figura 4 - 26: S. Stefano d’Aveto. PS ENVISAT Discendenti (2002 - 2008) e inclinometri (2001 - 2009) 80 Organizzazione e trattamento dei dati Caratteristiche delle frana. L’abitato di S. Stefano d’Aveto e le sue frazioni di Rocca d’Aveto e Roncolongo (a monte del capoluogo) sorgono su un antico deposito di frana che si estende per oltre 3 km di lunghezza e circa 400 m di larghezza dalla località di Rocca d’Aveto fino a valle della località Gropparo, per un dislivello altimetrico di circa 500 m. Si tratta di un movimento in massa tipo debris flow che si è originato alle pendici dei monti Bue e Maggiorasca a partire da scorrimento di roccia in blocco (rock block slide) attraverso meccanismi che hanno interessato fino in profondità il Capitolo 4 substrato, caratterizzato dalla presenza di litotipi con caratteristiche geomeccaniche e idrogeologiche diverse. La porzione superiore del corpo di frana, dalla località Rocca d’Aveto fino a Roncolungo, è classificata come attiva (frana attiva a pericolosità geomorfologica elevata, Fa) mentre la porzione centrale, da Roncolongo alla località Gropparo, è classificata come quiescente: solo un limitato settore nella porzione mediana, a valle del Castello Malaspina, è classificato come frana attiva (Fa). Ai margini del corpo morfologico principale, sono stati individuati altri corpi di frana, Figura 4 - 27: Time Series del dato PS lungo LOS ed a confronto con inclinometro 81 diversamente classificati e tra loro coalescenti, oltre ad alcuni coni detritico-alluvionali, in sponda orografica sinistra, quest’ultimi responsabili della brusca deviazione del corso del R. Freddo, all’altezza del capoluogo. Esposizione della frana. La frana ha movimento verso OSO, lungo un pendio a medio-bassa acclività, favorevole pertanto ad essere studiato con geometria discendente. Dato PS. La scomposizione del movimento ha mostrato una prevalente componente orizzontale verso O. I movimenti lungo LOS registrati nel periodo 2002 - 2008 dal dato ENVISAT (PSinSAR) discendente sono compresi tra valori superiori a 15 mm a-1 e 2 mm a-1 : i valori maggiori si registrano in corrispondenza della località Rocca d’Aveto e Roncolongo, con una progressiva diminuzione delle velocità procedendo dalla testata al piede della frana. Analoghi movimenti sono registrati anche dal dato ERS discendente nel decennio precedente (1992-2001). Strumenti di monitoraggio. A partire dal 2001 sulla frana sono installati diversi inclinometri, oltre ad alcuni piezometri, distribuiti sull’intero corpo di frana: in particolare, 3 inclinometri in località Rocca d’Aveto e Gropparo, con misure dal 2001 al 2004, e 3 inclinometri in località S. Stefano centro e Gropparo, con misure dal 2007 al 2009 . Gli inclinometri hanno misurato una direzione di movimento lungo il pendio verso OSO. I maggiori movimenti sono stati registrati a Roncolongo (30 mm a-1) Figura 4 - 26. Sono stati inoltre installati complessivamente 30 capisaldi, distribuiti sull’intero corpo di frana dalla località Rocca d’Aveto al Gropparo, per un monitoraggio topografico e GPS. Le misure condotte nel periodo maggio 2008 - aprile 2009 hanno messo in evidenza una diminuzione delle velocità medie annue degli spostamenti planimetrici procedendo dal settore di monte verso la porzione basale: da velocità superiori a 30 mm a-1 (Roncolongo) a valori intorno a 28 mm a-1 82 (Centro e Gropparo), dove risultano tuttavia condizionati dalla presenza di componenti verticali localmente significative anche se non imputabili a fenomeni gravitativi, fino a valori nuovamente elevati, superiori a 30 mm/a-1 nel settore della Chiesa Parrocchiale. Confronto fra le misure. Le misure inclinometriche e il dato PS ad una prima analisi sembrano discordanti, dal momento che gli inclinometri denotano movimenti più elevati (Figura 4 - 27). Tuttavia, proiettando il dato inclinometrico lungo la direzione della LOS, si ottengono risultati confrontabili con il dato PS. Dopo aver applicato un procedimento d’interpolazione dei dati relativi agli spostamenti planimetrici e verticali misurati dai capisaldi topografici e GPS, è stato possibile un confronto tra i due metodi di monitoraggio dal quale è emerso un sostanziale accordo tra i due set di dati in merito alla prevalenza della componente planimetria verso O ed il trend che vede una progressiva diminuzione delle velocità di spostamento procedendo dalla testata al piede della frana. Più nel dettaglio, entrambi i dati indicano la presenza di una fascia a minore velocità, con valori dell’ordine di 15 mm a-1 (in allontanamento), in località Gropparo, di una fascia arcuata a minore velocità, con valori dell’ordine di 15 mm a-1, all’altezza del castello Malaspina, e, infine, di una zona arcuata a maggiore velocità, con valori dell’ordine di 25 mm a-1, all’altezza del centro di S. Stefano. A monte, in località Roncolongo, si registrano in entrambi i casi velocità più elevate, se pur con una lieve differenza circa il modulo, con movimenti dell’ordine di 20-25 mm a-1 nel caso dei dati PS e di oltre 30-35 mm a-1 nel caso dei capisaldi topografici. Probabilmente, le differenze tra le misure riscontrate nel settore più a monte sono da correlare alla distanza dei capisaldi topografici dai punti di lettura, al limite della tecnica. Per quanto riguarda, invece, i risultati delle interpolazioni dei dati GPS, sia planimetrici E-O sia verticali, i risultati ottenuti appaiono poco significativi per il ridotto numero di punti di misura disponibili: tuttavia, anche per i dati GPS è possibile riconoscere la Organizzazione e trattamento dei dati prevalente componente planimetrica verso O del movimento in accordo con i risultati delle misure PS e topografiche, mentre si osservano differenze per quanto riguarda l’entità degli spostamenti registrati non solo rispetto ai dati PS ma anche ai dati topografici. Tali differenze, molto probabilmente, sono da correlare alle diverse unità di misura utilizzate dalle tecniche (mm per PS e misure topografiche, cm per misure GPS) e al fatto che gli spostamenti misurati tramite i GPS risultano comunque prossimi al limite dell’errore strumentale. L’analisi delle time series (Figura 4 - 27) evidenzia trend confrontabili con quelli delle misure inclinometriche, soprattutto se proiettate lungo la LOS. Capitolo 4 4.4 Alcune problematiche nell’analisi del dato psi: salti di fase e periodi di misura Le velocità misurate lungo la LOS durante un certo intervallo temporale rappresentano le velocità medie del movimento. L’analisi delle serie storiche prodotte con algoritmo non lineare (es. dato SqueeSARTM) ha mostrato che, considerando solo le velocità medie e periodi limitati di misura, si rischia di sottovalutare o di non comprendere bene le dinamiche dei movimenti di alcuni processi. A questo bisogna aggiungere gli errori di phase unwrapping quando tra un’acquisizione e quella successiva si ha un movimento del bersaglio maggiore di λ/4, ovvero 14 mm usando la banda C (vedi anche cap. 2.5.4). Un caso evidente è rappresentato dalla frana di Mendatica (Imperia); si tratta di una grande frana complessa con fenomeni di rimobilizzazione della coltre più superficiale in corrispondenza dell’abitato di Mendatica, a seguito di precipitazioni intense. L’analisi delle serie storiche (Figura 4 - 28) del dato RADARSAT ascendente (2003 - 2009) mostra una sostanziale stabilità del Figura 4 - 28 : Serie storica di un PS in corrispondenza della frana di Mendatica. Dati RADARSAT (2003- 2009). ? ? 83 movimento nel periodo 2003 - 2008 con velocità modeste. A partire dall’autunno inverno 2008, caratterizzato da abbondanti precipitazioni, la serie storica presenta una brusca accelerazione; essa è, inoltre, molto rumorosa a causa, probabilmente, di problemi di phase unwrapping. Alla serie storica è stata aggiunta una replica λ/2 (28 mm) che introduce un salto alla fase inferiore (linea rossa tratteggiate in Figura 4 - 28). Tuttavia, il problema è che senza un confronto con altri strumenti di monitoraggio i salti di fasi possono essere solo ipotizzati e a priori non è possibile stabilire quanti ce ne possano essere stati, il rischio, pertanto, di sottostimare o sovrastimare i movimenti è molto alto. La velocità media del PS selezionato sulla frana di Mendatica è di -4.3 mm a-1 lungo LOS, dato che risulta parecchio inferiore alla velocità registrata dagli inclinometri (20 - 60 mm a-1) posti nelle immediate vicinanze, anche se proiettato lungo la linea di massima pendenza. Se nelle serie storiche si introduce almeno 1 salto di fase (gennaio 2009), il dato PS e gli inclinometri sembrano allinearsi. Una seconda elaborazione del dato PS che comprende l’elaborazione di immagini fino al 2010 ha permesso di ridurre gli effetti di rumore e di risolvere il problema di phase unwrapping (Figura 4 - 29). La serie storica 84 conferma una sostanziale stabilità nel periodo 2003 - 2008 seguita da un’accelerazione nell’inverno 2008 - 2009. La velocità media lungo LOS è di -8.7 mm a-1 , tuttavia, mentre nel periodo 2004 - 2008 le velocità sono tra i -2 e i -4 mm a-1, nel 2008 - 2009 raggiungono -40 mm a-1. In particolare la serie storica presenta i seguenti trend: -- Inverno 2003 - 2004: movimenti fino a 10 mm a-1 (frana attiva) piogge che raggiungono i 900 mm in 6 mesi; -- 2004 - 2008: movimenti tra 0 e 4 mm a-1 (frana quiescente), piogge inferiori ai 600700 mm in 6 mesi; -- dic. 2008 - giu. 2009: movimenti fino a 40 mm a-1 (riattivazione della frana con movimenti consistenti), picco di 1000 mm di pioggia in 6 mesi; -- giu 2009 - 2010: movimenti fino a 20 mm a-1 (frana attiva lenta attenuazione movimenti) diminuzione delle precipitazioni a 700 mm in 6 mesi. Tali movimenti sono, quindi, compatibili con l’andamento delle precipitazioni (Figura 4 - 30) e con le misure inclinometriche. Molte serie storiche di fenomeni franosi lenti presentano trend analoghi legati alle precipitazioni di medio-lungo periodo. Organizzazione e trattamento dei dati Capitolo 4 Figura 4 - 28: Serie storica di un PS sulla frana di Mendatica. Dati RADARSAT ascendenti (2003- 2010) Figura 4 - 21: Serie storica di un PS sulla frana di Mendatica. Dati RADARSAT ascendenti (2003- 2010) Figura 4 - 30: Velocità medie derivate dalle serie storiche dei dati RADARSAT ascendenti (2003-2010) e piogge cumulate a 6 mesi 5 0.1 0 -10 1100 -3.7 1000 -11.5 900 -15 800 -20 -22.8 700 -25 600 -30 500 -35 piogge mm Velocità LOS mm/yr -5 1200 -1.6 400 -39.1 Dec-10 Jun-10 Dec-09 Jun-09 Dec-08 Jun-08 Dec-07 Jul-07 Dec-06 Jul-06 Dec-05 Jul-05 200 Dec-04 -45 Jul-04 300 Jan-04 -40 85 4.5 Applicabilità delle tecniche PS alle varie tipologie di frana Non tutte le tipologie di movimento franoso si prestano alla caratterizzazione tramite le tecniche PS/DS. La tabella seguente riporta sinteticamente le principali valutazioni di carattere descrittivo emerse nell’ambito delle esperienze condotte dagli scriventi, relativamente all’applicabilità della tecnica per l’analisi delle varie tipologie di frana. La valutazione è stata effettuata dall’Università di Pavia, sulla base della copertura IFFI nelle regioni interessate. 86 Applicabilità scarsa o nulla Applicabilità in genere buona; dipende dai singoli casi Applicabilità ottima Applicabilità Organizzazione e trattamento dei dati Tipologia frana (legenda da progetto IFFI, 2005) Capitolo 4 Risultanze analisi PS/DS Rappresentano, in assoluto, la tipologia di fenomeno che maggiormente si presta alle analisi PS/DS in quanto si sviluppano di Deformazioni norma su ampie aree in settori di media ed alta montagna con velocità Gravitative Profonde di di spostamento relativamente limitate; condizioni queste che fanno Versante (DGPV) sì che, in zona alpina quasi il 100% delle DGPV presenti PS/DS con densità tali da permettere un’ottima caratterizzazione. Complesso Le grandi frane complesse, se presentano un numero sufficiente di PS/DS legati a roccia, fabbricati od infrastrutture, sono di norma molto ben caratterizzabili. Scivolamento rotazionale/traslativo Data l’ampia gamma di fenomeni franosi che ricade sotto tale categoria l’applicabilità della tecnica varia da zona a zona a seconda delle caratteristiche dei terreni, della presenza di fabbricati, della velocità delle dislocazioni. Nelle Langhe piemontesi, ad esempio, interessate da migliaia di frane per scivolamento planare lungo superficie di strato, la tecnica ha fornito su molti dei fenomeni informazioni estremamente utili e di estremo interesse, tali da indurre una ridefinizione del modello concettuale di tale tipologia di frana. Colamento lento I colamenti lenti che caratterizzano molti versanti appenninici impostati su terreni argillosi sono ben caratterizzabili a condizione che esista un numero sufficiente di PS/DS legati a fabbricati od infrastrutture. La natura litologica del substrato non permette infatti PS/DS “naturali”. Espansioni laterali Si tratta di movimenti lenti con una componente orizzontale importante. In ambiente appenninico la tecnica PS/DS ha permesso di ottenere discreti risultati nello studio delle deformazioni connesse alla presenza di placche rigide arenacee su substrato plastico deformabile (argilloso-marnoso). In particolare sono stati evidenziati cedimenti differenziali e "back-tilting" dei blocchi ai margini delle placche. I limiti della tecnica nello studio di tali deformazioni sono connesse alla presenza di riflettori PS/DS e alla direzione del movimento. Crollo/ribaltamento Trattandosi di movimenti a sviluppo rapido non sono caratterizzabili dalla tecnica Aree soggette a crolli / ribaltamenti diffusi In linea di massima la tecnica non trova applicazione. In certi settori alpini, tuttavia, l’analisi PS/DS può talora mettere in evidenza dislocazioni lungo pareti rocciose soggette a fenomeni di crollo/ ribaltamento, così indicando come i fenomeni osservati rappresentino spesso l’evoluzione di forme deformative permanenti, spesso associate a fenomeni franosi più ampi (grandi frane complesse, DGPV ecc.) Colamento rapido Trattandosi di movimenti a sviluppo rapido non sono caratterizzabili dalla tecnica Aree soggette a frane superficiali diffuse Trattandosi di movimenti a sviluppo rapido, che coinvolgono modesti spessori delle coperture superficiali, non sono caratterizzabili dalla tecnica Aree soggette a sprofondamenti diffusi Si tratta per lo più di movimenti rapidi e quindi non caratterizzabili dalla tecnica. Possibilità di uno studio “a ritroso” degli spostamenti provocati dalla presenza di futuri sprofondamenti (analisi dei segni precursori e previsione delle deformazioni). Sprofondamenti 87 Vantaggi e limiti della tecnica Capitolo 5 Capitolo 5 Vantaggi e limiti della tecnica 5.1 Introduzione Nei paragrafi seguenti verranno brevemente esposti e discussi i principali vantaggi ed i limiti della tecnica PS/DS. Le considerazioni esposte riguardano essenzialmente la valutazione dei movimenti franosi, in quanto gli scriventi hanno esperienza essenzialmente in tale campo (vedi cap. 3). Cionondimeno, molte delle considerazioni espresse sono perfettamente applicabili anche ad altri utilizzi. Vengono trattati gli elementi di ordine generale e quelli, più specifici, che si applicano ad analisi a scala regionale o locale. Molti dei punti citati sono già emersi altrove nel presente testo ma riteniamo opportuno esporli in maniera organica data l’importanza che la piena comprensione dei vantaggi e (soprattutto) dei limiti riveste ai fini di una corretto utilizzo delle tecniche radarsatellitari. Figura 5-1. Piemonte; i PS/DS derivanti da indagine RADARSAT hanno permesso di identificare un settore di versante con palesi evidenze di dislocazione in un’area ove l’inventario esistente non segnalava movimenti. Una successiva fase di approfondimento ha comportato l’identificazione di un movimento franoso ed il suo inserimento nell’inventario stesso. 89 5.2 Vantaggi 1) Il principale elemento di vantaggio della tecnica è probabilmente la possibilità di indagare vaste aree a prezzi relativamente contenuti ed in tempi ristretti. Questo fa sì che, a seguito di indagini a scala regionale o provinciale, il quadro conoscitivo di un gran numero di fenomeni franosi possa essere integrato con importanti informazioni di carattere cinematico, che richiederebbero altrimenti un monitoraggio diretto sui siti. In generale, le indagini effettuate da piattaforme ERS e Radarsat sulle regioni Valle d’Aosta, Piemonte e Liguria, hanno evidenziato come oltre il 30-35 % circa delle frane riconosciute sul progetto IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia) contengano uno o più PS/DS. Non tutte le tipologie di frana sono indagabili con la tecnica PS/ DS (vedi cap. 4.5); effettuando un ricalcolo sulle sole tipologie di frana indagabili (che rappresentano circa il 55-60% dei fenomeni totali) ne risulta come oltre il 60-65 % delle frane potenzialmente indagabili con la tecnica PS/DS contenga effettivamente uno o più PS/ DS. Per determinate tipologie di frana, quali le DGPV, tale valore supera di norma l’80%. Occorre, inoltre, considerare che le frane permanenti più “critiche” sono, ovviamente, quelle in prossimità di fabbricati o infrastrutture; poiché fabbricati ed infrastrutture costituiscono, di norma, buoni riflettori radar ne risulta che, nell’ambito delle analisi regionali, la quasi totalità dei fenomeni franosi caratterizzabili con la tecnica ed in prossimità di edifici contengono uno o più PS/DS. Si tratta di un’integrazione conoscitiva estremamente importante e con una resa elevatissima in termini di rapporto costi/ benefici. 2) Poiché le immagini radar-satellitari sono disponibili sul territorio italiano dal 1992 è possibile ottenere informazioni di spostamento a partire da tale data. La tecnica PS/DS è, sostanzialmente, l’unica tecnica di monitoraggio che permette valutazioni ex post, senza installazione di alcuna strumentazione in loco, in quanto i PS sono oggetti riflettenti facenti parte del ambiente come edifici rocce esposte manufatti ecc. . 90 3) In molti casi l’indagine PS/DS ha evidenziato settori di versante, con evidenze di movimento, non inclusi nell’inventario delle frane (Figura 5-1), e, quindi, il riconoscimento di fenomeni prima ignoti. L’esame di tali settori ha poi permesso di verificare come molti (circa il 50%) fossero frane non cartografate in precedenza nell’inventario, per una varietà di motivi: assenza di sufficienti evidenze per definire una frana, settori di versante in ombra e, quindi, difficilmente esaminabili in fotografia aerea, settori boscati ove però esistono PS/DS rappresentati da detrito, ecc. . In Piemonte, le analisi effettuate a seguito delle analisi PS/DS hanno permesso di identificare ed inserire nell’inventario circa 200 frane precedentemente non riconosciute (al 2011). Si noti come, in tale ambito, siano state identificate solo frane prima ignote con evidenza di movimento, fenomeni, quindi, di un certo rilievo e degni di attenzione. Se una frana non riconosciuta, ancorché contenente PS/DS, non ha palesato evidenze di movimento dopo il 1992 non viene comunque identificata sulla base di questa tecnica. 4) Miglior definizione/riperimetrazione/ caratterizzazione di frane note. L’indagine PS/ DS ha permesso, in moltissimi casi, di meglio ridefinire il quadro conoscitivo relativo a molti fenomeni franosi noti; questo in particolare in ambienti alpini, ove, oltre ai riflettori PS/DS costituiti da manufatti, è presente un gran numero di riflettori naturali costituiti da rocce e detriti. Le integrazioni ricavate dei PS/DS riguardano essenzialmente: -- ridefinizione del perimetro della frana (Figura 5–2); -- zonizzazione di grandi frane in settori a comportamento cinematico differente (Figura 5–3); -- supporto alla classificazione delle frane in classi di attività (attivo, quiescente, stabilizzato). Tale punto, importantissimo a livello della classificazione del territorio nei piani di bacino, presenta comunque delle criticità interpretative (vedi anche cap. 6), giungendo la tecnica PS/DS a livelli di Vantaggi e limiti della tecnica precisione al tempo non prevedibili da chi, a livello normativo, aveva stabilito e definito le classi di attività. 5) Integrazione con le risultanze dei sistemi di controllo convenzionali (vedi anche cap. 4.4). Ovunque siano presenti sistemi di controllo convenzionali (inclinometri, capisaldi topografici ecc.) le relative risultanze possono essere proficuamente integrate con le analisi PS/DS con creazione di un forte valore aggiunto nei termini seguenti: -- reciproca validazione delle risultanze; -- la conoscenza dei vettori reali di spostamento (da inclinometri o capisaldi topografici) permette di proiettare lungo gli stessi le velocità desunte da PS/DS, così ottenendo valutazioni molto precise; -- di norma i PS/DS permettono di integrare spazialmente, sui corpi di frana, le risultanze provenienti dai sistemi di controllo convenzionali. Gli esempi di confronto tra le risultanze di sistemi di controllo convenzionali e Capitolo 5 quelle provenienti dalla tecnica PS/DS sono numerose e, in generale, vi è buona, se non ottima, concordanza tra i due gruppi di dati (vedi anche cap. 4.4). Occorre, però, fare una importante considerazione per quanto riguarda il confronto con i dati inclinometrici, che rappresentano in assoluto la mole maggiore dei dati disponibili da sistemi convenzionali. Le velocità rilevabili dai PS/DS sono contenute in un campo piuttosto ristretto. Gli inclinometri convenzionali registrano deformazioni totali sino a 10-12 cm circa, dopodiché si tranciano e vanno fuori uso. Per gli strumenti installati su settori di frana in movimento tale deformazione avviene, sulla massa degli strumenti installati, in un arco di tempo di 1-5 anni. In altri termini, le due tecniche, inclinometrica e PS/DS, misurano entrambe lo stesso campo di velocità, per cui se vi sono dislocazioni evidenziate da entrambe le tecniche è, comunque, probabile che le velocità siano confrontabili. Figura 5–2. Riperimetrazione di fenomeno franoso a seguito di indagine PS (Chialamberto, Piemonte). A sinistra la perimetrazione della frana a seguito progetto IFFI. La stessa immagine riporta pure il seminato PS, che indica, a monte della frana perimetrata un settore (linea tratteggiata rossa) con indizi di movimento. A seguito di riesame, il fenomeno è stato riperimetrato (a destra). Figura Riperimetrazione di fenomeno franoso a seguito di indagine (Chialamberto, Figura 5–2.5–2. Riperimetrazione di fenomeno franoso a seguito di indagine PS PS (Chialamberto, Piemonte). A sinistra la perimetrazione della frana a seguito progetto IFFI. stessa91 Piemonte). A sinistra la perimetrazione della frana a seguito progetto IFFI. La La stessa immagine riporta il seminato indica, a monte della frana perimetrata un settore immagine riporta purepure il seminato PS,PS, cheche indica, a monte della frana perimetrata un settore (linea tratteggiata rossa) indizi di movimento. A seguito di riesame, il fenomeno è stato (linea tratteggiata rossa) concon indizi di movimento. A seguito di riesame, il fenomeno è stato Figura 5–3. Caratterizzazione di diverse morfologie, che spesso si sovrappongono, su versanti complessi a valle della Rocca la Meja (Alpi Cozie, CN). Tramite l’analisi PS sono stati distinti: (1) detrito/coni di falda con eventuali (2) nivo-morene alla base della falda, (3); area soggetta a soliflussi/colamenti lenti, (4) paleo rockglacier, (5) accumulo di detrito derivante da crolli e soggetto a processi periglacilali, (6) cordone morenico wurmiano. Pareti in roccia: i PS sono stabili (1) Coni di falda alla base delle pareti: PS stabili (2) Paleo rockglacier: PS stabili o con movimenti piuttosto contenuti (3) Depositi di versante e accumuli di crollo a SE del rock-glacier (4): i PS hanno registrato velocità di spostamento fino a 10 mm/anno in particolare nel settore inferiore dell’area in esame (4b) A A) Colamento lento di detrito B B) Il movimento dei blocchi (4-5 mm/anno) è probabilmente legato a processi periglaciali (processi di gelo-disgelo) che interessano la coltre di alterazione 92 Vantaggi e limiti della tecnica 5.3 Limiti del metodo A fronte di numerosi vantaggi la tecnica presenta comunque numerose limitazioni. La piena comprensione dei limiti da parte dei tecnici che si occupano di movimenti franosi è, ad opinione degli scriventi, un elemento essenziale in quanto la ampia (ed in costante aumento) disponibilità di dati PS/DS si presta, qualora i limiti nell’utilizzo del dato non siano perfettamente compresi, a grossolani errori ed applicazioni inopportune (alcune delle quali riportate al par. 5.4 ). Le righe che seguono riassumono brevemente i principali limiti della tecnica. 1) Misure di dislocazione rilevate lungo la LOS. La tecnica PS/DS, come già più volte ribadito nei precedenti capitoli, fornisce indicazioni Satellite ERS-Envisat Radarsat di spostamento del bersaglio unicamente lungo l’asse che collega il bersaglio stesso con il satellite, denominato LOS (line of sight, ovvero linea di vista o linea di mira). Tale concetto viene qui ribadito con vigore in quanto la sua piena comprensione è fondamentale per la corretta interpretazione del dato. Le velocità indicate da PS/DS, infatti, non saranno quasi mai le velocità reali delle dislocazioni ma solamente una loro componente. A seconda delle relazioni spaziali intercorrenti tra la LOS e l’orientazione dello spostamento reale tale componente presenta un grande margine di variazione, da alcune unità percentuali ad oltre il 95% del valore reale di spostamento (vedi anche cap. 2.1.4, cap. 4 e Figura 4-14). L’orientazione spaziale della LOS varia a seconda dei satelliti: Azimut θ valore medio circa Inclinazione σ valore medio circa ascendente 80° 27° discendente 282° 27° ascendente 80° 35° discendente 282° 35° orbita Capitolo 5 I satelliti radar illuminano la terra lungo un azimut θ mediamente pari a N 282° (per le orbite discendenti) e N 80° (per le orbite ascendenti). L’angolo σ rispetto alla normale è di circa 27° per i satelliti ERS e circa 35° per Radarsat (Figure 5–4 e 5–5) 93 Satellite Figura 5-4. Orbite dei satelliti (frecce blu) e proiezione della LOS (angolo θ, frecce rosse) per le orbite discendente (a Azimut Inclinazione orbita sinistra) ed ascendente (a destra). valore medio circa 80° 282° 80° 282° ascendente discendente ascendente discendente ERS-Envisat Radarsat valore medio circa 27° 27° 35° 35° I satelliti radar illuminano la terra lungo un azimut mediamente pari a N 282° (per le orbite discendenti) e N 80° (per le orbite ascendenti). L’angolo rispetto alla normale è di circa 27° per i satelliti ERS e circa 35° per Radarsat (Figure 5–4 e 5–5) Figura 5-4. Orbite dei satelliti (frecce blu) e proiezione della LOS (angolo per le orbite discendente (a sinistra) ed ascendente (a destra). , frecce rosse) Figura 5-5. Inclinazione σ della LOS per le orbite ascendenti e discendenti. Figura 5-5. Inclinazione 94 della LOS per le orbite ascendenti e discendenti. Qualsiasi interpretazione dei dati PS/DS non può quindi prescindere dalla contestualizzazione del dato nell’ottica dell’orientazione spaziale dei versanti interessati e Vantaggi e limiti della tecnica Capitolo 5 Qualsiasi interpretazione dei dati PS/ dislocazioni decisamente più rilevanti. Ad esempio: un movimento reale lungo un DS non può quindi prescindere dalla versante ad esposizione 190° N ed inclinazione contestualizzazione del dato nell’ottica di 20° di entità pari a 2 cm a-1 circa verrebbe dell’orientazione spaziale dei versanti rilevato da un’analisi RADARSAT ascendente interessati e delle direttrici di movimento come dislocazione di circa 2 mm a-1 (vedi note dei fenomeni franosi (vedi anche cap. Figura 4.14); una differenza di un ordine di 4.3.1) grandezza. Le figure 5-7 e 5-8 riportano altri Tale aspetto geometrico presenta numerosi casi di possibili problematiche interpretative corollari. Poiché i satelliti, come visto, legate alle geometrie di acquisizione. percorrono orbite circa N-S ed illuminano il terreno verso ovest o verso est (orbita discendente ed ascendente, rispettivamente), 2) Non tutto il territorio ne consegue che la tecnica identifica si presta all’applicazione del metodo. decisamente meglio i movimenti lungo Questo deriva dalla combinazione di due l’asse E-O, in quanto comportano maggiori ordini di elementi: allontanamenti od avvicinamenti al satellite. -- le relazioni geometriche intercorrenti tra il Le ed dislocazioni lungo l’asse N-S vengono discendente ascendente, rispettivamente), ne terreno consegue la tecnica identifica e la LOSche satellitare, che in condizioni decisamente evidenziate decisamente meglio imeno movimenti lungo(Figura l’asse E-O, in quanto comportano maggiori denominate di foreshortening, shadowing e 5 – 6), in quanto comportano minime o allontanamenti od avvicinamenti al satellite. Le dislocazioni N-S settori vengono layover (vedi lungo par. 4.2)l’asse determinano nullemeno componenti lungo l’asse E-O. In5 tale decisamente evidenziate (Figura – 6), in ciechi quanto comportano minime o nulle dal punto di vista radar; quindi, non sarà possibile verificare componenticaso, lungo l’asse E-O. In tale caso, quindi, non sarà possibile verificare seleeventuali -- la copertura al suolo, in quanto zone se eventuali dislocazioni misurate di valore -1 a prato, coltivate od innevate non del ), ascritte al campo dislocazionimolto misurate di valore molto <±2 mm a 1 basso (ad es.boscate, basso (ad es. <±2 mm a- ), ascritte offronoinvece, riflettori radar. margine dialerrore e quindi considerate “stabili” non siano, le minime componenti di campo del margine di errore e quindi dislocazioniconsiderate decisamente rilevanti. Ad esempio: un movimentodei reale lungodiun versante “stabili”più (vedi anche 4.3.1) non La combinazione due gruppi elementi -1 circa verrebbe rilevato ad esposizione 190° N ed inclinazione di 20° di entità pari a 2 cm a di cui sopra fa sì che, in media, nelle tre regioni siano, invece, le minime componenti di da un’analisi RADARSAT ascendente come dislocazione di circa 2 mm a-1; una differenza di un ordine di grandezza. Le figure 5-7 e 5-8 riportano altri casi di possibili problematiche interpretative legate alle geometrie di acquisizione. Figura 5–6. Difficoltà della tecnica PS/DS nell’identificazione di spostamenti lungo l’asse N-S. Un bersaglio a terra si sposta, tra le acquisizioni t0 e t1, da A a B. Poiché i satelliti si spostano lungo un asse circa N-S, l’analisi PS tenderà a non “vedere” lo spostamento in quanto non vi sarà (o vi sarà minima) variazione di distanza bersaglio-satellite tra acquisizioni successive. N N S Figura 5–6. Difficoltà della tecnica PS/DS nell’identificazione di spostamenti lungo l’asse N-S. Un bersaglio a terra si sposta, tra le acquisizioni t0 e t1, da A a B. Poiché i satelliti si spostano lungo un asse circa N-S, l’analisi PS tenderà a non “vedere” lo spostamento in quanto non vi sarà (o vi sarà minima) variazione di distanza bersagliosatellite tra acquisizioni successive. 95 che concorrono alla stesura delle presenti note (Valle d’Aosta, Piemonte e Liguria) circa il 30 % del territorio non sia adatto alla tecnica di indagine PS/DS. Quale corollario di quanto sopra riportato, occorre considerare che le ampie e numerose frane a cinematica lenta nei settori appenninici sono caratterizzabili con la tecnica PS/DS solo se su di esse sono presenti manufatti in grado di costituite bersagli. In ambiente appenninico, infatti, la predominanza di litologie marnoso-argillose e la copertura vegetale rende sostanzialmente assenti i riflettori radar naturali. Si noti, comunque, come, di norma, le frane più critiche, e, quindi, quelle ove è più importante ottenere informazioni, siano appunto quelle con abitati od infrastrutture ove però i PS saranno ubicati unicamente sulle stesse, cosi rendendo più problematica l’interpretazione. 3) La tecnica PS/DS evidenzia solamente le dislocazioni lente. Le elaborazioni PS/DS effettuate da piattaforma ERS evidenziano deformazioni, lungo la LOS, sino ad un valore massimo teorico di 10 cm a-1 circa; quelle da piattaforma Radarsat arrivano a circa 30 cm a-1. L’utilizzo di satelliti in banda X e con tempi di rivisitazione più brevi (dell’ordine dei 10-15 gg) porta le velocità rilevabili teoricamente sino a circa 60 cm a-1. Questo fa sì che solo determinate tipologie di frana (quelle, appunto, a cinematica lenta) possano essere caratterizzate dalla tecnica (vedi cap. 4.5). Se i riflettori superano tali velocità si ha una decorrelazione spaziale, una perdita di coerenza ed il PS/DS viene perso (vedi cap. 2). Si noti, comunque, che, sulla base di quanto espresso al precedente punto 1, si tratta di velocità lungo la LOS che potrebbero, quindi, rappresentare una frazione di dislocazioni più rilevanti. Figura 5-7. Un bersaglio a terra si sposta da A a B lungo una superficie orizzontale o a basso angolo. Lo spostamento del bersaglio verrà registrato come un allontanamento lungo la LOS nel rilievo da orbita discendente e come un avvicinamento lungo la LOS nel rilievo da orbita ascendente. Una mancata comprensione di tale meccanismo può comportare errori interpretativi. ascendente Per il rilievo radar da orbita discendente, nello spostamento da A a B il punto si è allontanato dal satellite lungo la LOS 96 discendente Per il rilievo radar da orbita ascendente nello spostamento da A a B il punto si è avvicinato al satellite lungo la LOS Figura 5-7. Un bersaglio a terra si sposta da A a B lungo una superficie orizzontale o a basso angolo. Lo spostamento del bersaglio verrà registrato come un allontanamento lungo la LOS nel rilievo da orbita discendente e come un avvicinamento lungo la LOS nel rilievo da orbita ascendente. Una mancata comprensione di tale meccanismo può comportare errori interpretativi. nello spostamento da A a B il punto si è avvicinato al satellite lungo la LOS nello spostamento da A a B il punto si è allontanato dal satellite lungo la LOS Vantaggi e limiti della tecnica Capitolo 5 Figura 5-7. Un bersaglio a terra si sposta da A a B lungo una superficie orizzontale o a Figura 5-8. Spostamenti di pari entità vengono rilevati dalla tecnica in maniera differente a seconda dell’asse del movimento. basso angolo. Lo spostamento del bersaglio verrà registrato come un allontanamento lungo Nella figura, lungo una sezione E-O, due bersagli presentano spostamenti uguali ma su versanti opposti. I rilievi da satellite laascendente LOS nelindicheranno rilievo daperorbita discendente e come un avvicinamento lungo la LOS nel rilievo il punto a sinistra uno spostamento prossimo a quello reale totale e per il punto a destra una daminima orbita ascendente. Una mancata comprensione di tale meccanismo può comportare componente dello spostamento totale. errori interpretativi. t0 t t1 1 t 0 A A Spostamenti di pari entità B B Misuro, lungo la LOS, uno spostamento circa uguale a quello reale totale Misuro, lungo la LOS, una minima componente dello spostamento reale totale Figura 5–9. Valori di precisione di velocità e posizionamento di un bersaglio PS/DS a terra. Precisione La precisione dipende da diversi fattori: -- numero di immagini elaborate; -- densità di PS; -- condizioni climatiche; -- distanza dal REF, ecc. . Valori tipici per distanze < 1 km dal punto di riferimento (REF) Posizionamento Est Nord Verticale Precisione (1σ) 5m 2m 1.5 m Spostamento in LOS Velocità media di spostamento Misura singola Precisione (1σ) 0.3 mm a-1 3 mm a-1 97 4) In caso di bersagli associati a fabbricati, difficoltà di attribuire la velocità di spostamento a deformazioni del terreno o a cedimenti della struttura. Quando gli unici riflettori PS/DS presenti sono fabbricati od infrastrutture, occorre estrema prudenza nell’attribuire al movimento franoso le velocità di dislocazione desunte dai PS/DS (Figura 5-11). Questo poiché ciascun manufatto, a fronte di una certa deformazione del terreno, può presentare comportamenti e reazioni profondamente differenti a seconda di una serie di elementi quali: -- tipologia e profondità delle fondazioni; -- i meccanismi di interazione suolo-struttura; -- tipologia costruttiva dei fabbricati (Cemento Armato, muratura, costruzioni antiche in pietrame ecc.); -- forma e dimensioni geometriche; -- posizione relativa sul versante. Tali elementi sono evidenti negli studi effettuati dall’Università di Genova per conto della Regione Liguria (vedi cap. 6). La valutazione dei movimenti a fronte di dislocazioni rilevate su soli manufatti andrà, quindi, effettuata con estrema prudenza e, preferibilmente, previa verifica sul terreno di quanto risultante dai PS/DS (Figure 5-10 e 5-11). 5) Impossibilità di conoscere a priori la distribuzione e posizione dei bersagli. Contrariamente a quanto accade per altre tecniche di monitoraggio, ove posso scegliere ex ante e con precisione ogni punto di controllo (ove, ad esempio, installare uno strumento), non è possibile sapere, a priori, dove e quanti punti PS/DS saranno identificati. Posso sapere a priori che su di un certo settore di versante le probabilità di avere PS/ DS sono maggiori o minori (vedi anche cap. Figura 5-10. Mentre la velocità dei PS/DS rilevata in roccia e su elementi naturali all’interno del corpo di frana può, ragionevolmente, essere ascritta alla frana stessa, lo stesso non può esser fatto nel caso di PS costituiti da fabbricati. In tal caso la dislocazione misurata rappresenta il prodotto di un’interazione tra il movimento della frana ed i meccanismi di interazione suolo-struttura. 98 Vantaggi e limiti della tecnica Capitolo 5 Figura 5-11. Caso nel quale la risposta strutturale dell’edifico al movimento di frana fa sì che le velocità relative alla frana, al bersaglio ed al PS siano tra loro differenti, anche in maniera consistente. 5) Impossibilità di conoscere a priori la distribuzione e posizione dei bersagli. Contrariamente a quanto accade per altre tecniche di monitoraggio, ove posso scegliere ex 5) Impossibilità di conoscere a priori la distribuzione e posizione dei bersagli. ante e con precisione ogni punto di controllo (ove, ad esempio, installare uno strumento), Contrariamente a quanto accade per altre tecniche di monitoraggio, ove posso scegliere ex non è possibile sapere, a priori, dove e quanti punti PS/DS saranno identificati. Posso ante e con precisione ogni punto di controllo (ove, ad esempio, installare uno strumento), sapere a priori che su di un certo settore di versante le probabilità di avere PS/DS sono non è possibile sapere, a priori, dove e quanti punti PS/DS saranno identificati. Posso maggiori o minori (vedi anche cap. 4) in funzione della presenza di potenziali riflettori e sapere a priori che su di un certo settore di versante le probabilità di avere PS/DS sono delle condizioni geometriche del versante rispetto alle orbite satellitari, ma densità ed maggiori o minori (vedi anche cap. 4) in funzione della presenza di potenziali riflettori e ubicazione deicondizioni PS/DS saranno noti solo indagini effettuate. delle geometriche deladversante rispetto alle orbite satellitari, ma densità ed ubicazione dei PS/DS saranno noti solo ad indagini effettuate. 6) Impossibilità di identificare fisicamente in riflettore radar sul terreno. Il PS, ed ancor meno il DS (vedi anche cap. di 2-4), non sono punti identificabili in radar chiarosul sulterreno. terrenoIl così come lo meno 6) Impossibilità identificare fisicamente in riflettore PS, ed ancor possonoil essere un caposaldo topografico o la testa di un inclinometro, anche se, talvolta, DS (vedi anche cap. 2-4), non sono punti identificabili in chiaro sul terreno così come lo (soprattutto nel caso dei un PS)caposaldo è possibile individuare con precisione cosa possono essere topografico o al la suolo testa di undiscreta inclinometro, anche se, si talvolta, sta misurando. In generale, il PS/DS corrisponde a un “centro di fase” ovvero un punto (soprattutto nel caso dei PS) è possibile individuare al suolo con discreta precisione cosa si immateriale, virtuale, laIn cui posizione e configurazione ai bersagli sta misurando. generale, il PS/DS corrisponde arispetto un “centro di fase” radar ovveroreali un punto dipendono da diversi e variabili elementi. Nell’esempio di Figura 5-12A il bersaglio immateriale, virtuale, la cui posizione e configurazione rispetto ai bersagli radar radar reali che costituisce il PSdaè diversi costituito dalla configurazione a diedro derivante da 5-12A un lastricato ed il radar dipendono e variabili elementi. Nell’esempio di Figura il bersaglio muro verticale di un fabbricato. Il centro di fase corrispondente al PS, rispetto al quale che costituisce il PS è costituito dalla configurazione a diedro derivante da un lastricato ed il verrannomuro valutati gli spostamenti nel tempo, in questo corrisponde con rispetto un punto verticale di un fabbricato. Il centro di fase caso, corrispondente al PS, al quale ubicato verranno lungo lo spigolo definito dal punto d’incontro tra lastricato (livello strada) e muro valutati gli spostamenti nel tempo, in questo caso, corrisponde con un punto verticaleubicato ad esso adiacente. Dato quanto però, tra accadere che PS ubicati lungo lo spigolo definito dalsopra, punto può, d’incontro lastricato (livello strada) ine muro corrispondenza di fabbricati, ed agli stessi attribuiti, siano, in realtà, relativi a manufatti od verticale adiacente. Dato quanto sopra, può, però, che PS alubicati in Figura 5-12.ad A) Ilesso bersaglio radar dalla configurazione a diedro lastricato/muro verticale.accadere Il centro di fase rispetto quale oggetti presenti nell’immediato intorno, non particolarmente idonei per le loro caratteristiche corrispondenza di fabbricati, ed agli stessi attribuiti, siano, in realtà, relativi a manufatti od verranno valutati gli spostamenti si colloca, in questo caso, in corrispondenza dello spigolo tra i due elementi strutturali strutturali a fornire indicazioni circa la stabilità diparticolarmente un comparto idonei territoriale oggetti nonsimili per le(Es.: loro muretti, caratteristiche (cerchiopresenti rosso). B) Innell’immediato natura si identificanointorno, configurazioni in rocce esposte ecc. . baracche in lamiera, tettoie, indicazioni ricoveri attrezzi, strutturali a fornire circa ecc.). la stabilità di un comparto territoriale (Es.: muretti, baracche in lamiera, tettoie, ricoveri attrezzi, ecc.). A B Figura 5-12. A) Il bersaglio radar dalla configurazione a diedro lastricato/muro verticale. Il 5-12. A)alIl quale bersaglio radar valutati dalla configurazione a diedro lastricato/muro verticale. Il centro diFigura fase rispetto verranno gli spostamenti si colloca, in questo caso, centro di fase rispetto quale verranno valutati gli spostamenti si colloca, questo in corrispondenza dello spigoloaltra i due elementi strutturali (cerchio rosso). B) In in natura si caso, in corrispondenza i due elementi identificano configurazioni dello simili spigolo in roccetra esposte ecc. . strutturali (cerchio rosso). B) In natura si 99 identificano configurazioni simili in rocce esposte ecc. . 4) in funzione della presenza di potenziali riflettori e delle condizioni geometriche del versante rispetto alle orbite satellitari, ma densità ed ubicazione dei PS/DS saranno noti solo ad indagini effettuate. 6) Impossibilità di identificare fisicamente in riflettore radar sul terreno. Il PS, ed ancor meno il DS (vedi anche cap. 2-4), non sono punti identificabili in chiaro sul terreno così come lo possono essere un caposaldo topografico o la testa di un inclinometro, anche se, talvolta, (soprattutto nel caso dei PS) è possibile individuare al suolo con discreta precisione cosa si sta misurando. In generale, il PS/DS corrisponde a un “centro di fase” ovvero un punto immateriale, virtuale, la cui posizione e configurazione rispetto ai bersagli radar reali dipendono da diversi e variabili elementi. Nell’esempio di Figura 5-12A il bersaglio radar che costituisce il PS è costituito dalla configurazione a diedro derivante da un lastricato ed il muro verticale di un fabbricato. Il centro di fase corrispondente al PS, rispetto al quale verranno valutati gli spostamenti nel tempo, in questo caso, corrisponde con un punto ubicato lungo lo spigolo definito dal punto d’incontro tra lastricato (livello strada) e muro verticale ad esso adiacente. Dato quanto sopra può, quindi, accadere che PS ubicati in corrispondenza di fabbricati, ed agli stessi attribuiti, siano, in realtà, relativi a manufatti od oggetti presenti nell’immediato intorno, non particolarmente idonei per le loro caratteristiche strutturali a fornire indicazioni circa la stabilità di un comparto territoriale (Es.: muretti, baracche in lamiera, tettoie, ricoveri attrezzi, ecc.). 5.4 Esempi di utilizzo improprio Pur trattandosi di una tecnica relativamente recente, la tecnica PS/DS già registra un certo numero di casi nei quali l’utilizzo del dato è stato effettuato in maniera, inopportuna, errata o semplicistica. Questo è dovuto, ad opinione degli scriventi, ai seguenti elementi: -- alcune Regioni (tra le quali Valle d’Aosta, Liguria, Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, Campania, Toscana) nonché il Ministero dell’Ambiente (tramite il PST, Piano Straordinario di Telerilevamento) hanno effettuato rilievi radarsatellitari e (giustamente) divulgato le risultanze; -- la disponibilità di tali dati su ampie porzioni di territorio, associata alle indubbie e numerose potenzialità, ha indotto molti tecnici a farne ampio uso; -- alla diffusione dei dati da parte delle amministrazioni non si è però associata un’adeguata campagna di formazione ed educazione all’uso dei dati stessi per cui in alcuni casi il dato è stato male utilizzato o male interpretato. Si noti che alcune delle attività sviluppate nell’ambito del progetto Risknat quali le presenti note ed alcune giornate di presentazione e divulgazione hanno precisamente lo scopo di ovviare a quanto sopra espresso, formando i tecnici delle PA ed i professionisti all’utilizzo corretto dei dati. Le righe che seguono illustrano alcuni esempi (ripresi, ahinoi, da casi reali) di inopportuno utilizzo dei dati PS/DS. Indagini PS commissionate su aree inadatte a tale tipo di analisi. Come già in precedenza esposto, non tutto il territorio si presta a tale tipo di analisi. In alcuni casi amministrazioni locali hanno commissionato indagini PS (di norma per indagini da applicarsi ad espansioni urbanistiche) poi rivelatesi inutilizzabili per una pluralità di motivi (innevamento, orientazione sfavorevole del versante, mancanza di PS/ DS ecc.). Un’analisi di fattibilità, ancorché speditiva (vedi anche appendice B), avrebbe potuto evitare una spesa inutile. 100 Vantaggi e limiti della tecnica Uso semplicistico dei dati Per uso semplicistico si intende un interpretazione del tipo: “rosso = si muove, giallo = si muove poco, verde = sta fermo”. Gli intervalli di velocità utilizzati in fase di interpretazione sono arbitrari e vengono decisi da chi effettua l’elaborazione stessa. In assenza di un’adeguata “sensibilità” al dato ed alla relativa elaborazione l’uso semplicistico ed acritico (ovvero non valutato nell’ottica delle condizioni locali) può portare a conclusioni totalmente errate. Si hanno anche casi di acritica trasposizione di un seminato PS “così come viene” in una zonizzazione del territorio a fini pianificatori: rosso = inedificabile; giallo = edificabile a certe condizioni; verde = edificabile. Acritica accettazione del dato PS come dato “risolutore”. Il dato PS/DS, ancorché utilissimo, non è il solo ed unico elemento valido per la caratterizzazione di un fenomeno franoso, ma è semplicemente uno degli elementi che, associato ad altri dati derivanti dalle classiche Capitolo 5 modalità investigative (rilievo sul terreno, fotointerpretazione ecc., vedi Figura 5-13), concorre alla definizione di un modello del fenomeno franoso. Interpretazione generica degli spostamenti rilevati come dovuti a sole componenti subverticali. Come già più volte osservato, la tecnica registra solo una componente, più o meno subverticale, del movimento complessivo; questo non significa assolutamente che il movimento abbia sola componente subverticale. L’interpretazione degli spostamenti rilevati va effettuata sulla base dell’orientazione dei versanti e del modello cinematico della frana. Acritica attribuzione alla frana dei valori di velocità derivanti dai PS/DS. Talvolta si è verificato che sia stata associata alla classificazione dello stato di attività delle frane ai fini della pianificazione, comunale o di bacino. Figura 5-13. La tecnica PS/DS è una (non l’unica) tecnica da utilizzarsi per la caratterizzazione di una frana Rilevo geomorfologico Sistemi di Fotointerpretazione Indagini geognostiche Caratterizzazione del fenomeno franoso controllo Indagini Rilievo geologico PS Analisi storica 101 Come già più volte specificato, i valori di velocità PS/DS vanno letti ed interpretati a seconda delle relazioni spaziali intercorrenti tra la LOS e l’orientazione dello spostamento reale del corpo di frana. 102 registrabili dalla tecnica. In nessun caso l’assenza di PS/DS può essere, comunque, interpretata come assenza di movimenti in atto. Assenza di PS interpretata come assenza di movimenti. Acritica interpretazione di spostamenti rilevati su manufatti come spostamenti dovuti ai corpi di frana. L’assenza di PS/DS può semplicemente essere dovuta all’assenza di riflettori adeguati oppure al fatto che i riflettori esistono ma che i movimenti hanno superato le velocità Come notato al cap. 5.3 occorre un’estrema prudenza nell’attribuire alla frana le velocità di dislocazione desunte dai PS/DS; in nessun caso la trasposizione può essere acritica.