Le tecniche radarinterferometriche nella pianificazione

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Progetto Strategico Interreg IIIa Risknat
Le tecniche radarinterferometriche
nella pianificazione territoriale
Enti realizzatori
Regione Liguria, Settore Assetto del Territorio
Regione Piemonte, Direzione Opere Pubbliche,
Difesa del Suolo, Economia Montana e Foreste
Regione Valle d’Aosta, Servizio Geologico
Tele-Rilevamento Europa (TRE)
Arpa Piemonte, DT Geologia e Dissesto
Università di Genova,
Dip. Ingegneria Costruzioni, Ambiente e Territorio
Università di Pavia,
Dip. Scienze della Terra e dell’Ambiente
Fondazione Montagna Sicura
Presentazione
Il Progetto RiskNat ha rappresentato per la Regione Liguria, nel contesto di un difficile momento
economico, una straordinaria risorsa, grazie alla quale è stato possibile acquisire utili strumenti
per ampliare la conoscenza geologica del territorio. Tali strumenti, insieme a tutti i dati raccolti
e diffusi attraverso il web, costituiranno un importante elemento di base per le future azioni di
pianificazione e di tutela del territorio. Basti pensare che sono state realizzate due carte geologiche
di elevato valore scientifico, complete dei rilievi marittimi e terrestri della zona compresa tra Imperia
e Ventimiglia. Sono stati acquisiti i dati di interferometria radar satellitare multi temporale relativi
al periodo 2003-2009 di tutta la Provincia di Imperia. Non meno importanti sono state le numerose
azioni di informazione e di formazione realizzate sui temi del rischio sismico e geomorfologico, che
hanno visto la partecipazione di numerosissime persone e che hanno anche trovato il sostegno
degli Ordini professionali dei Geologi, degli Avvocati e dei Giornalisti.
Questo volume non solo offre preziose indicazioni sull’utilizzo dei dati radar satellitari per l’analisi
dei fenomeni franosi, ma costituisce la sintesi della proficua collaborazione tecnica tra Liguria,
Piemonte e Valle d’Aosta. La comunità dei tecnici ha ora a disposizione uno strumento scientifico
in più, grazie al quale si potrà continuare a lavorare nella direzione della prevenzione dai rischi
naturali.
Renata Briano
Assessore all’Ambiente della Regione Liguria
Il progetto Interreg IIIa Alcotra Risknat è stato un progetto “strategico” non solo nella definizione
formale ma nella realtà dei prodotti realizzati. Capitalizzando una rete transfrontaliera di
professionalità e di conoscenze che data oramai da più di 20 anni il progetto ha permesso di
sviluppare un gran numero di aspetti relativi ad un tema attuale e sostanziale come quello della
difesa dai rischi naturali. Tra i vari prodotti realizzati spicca, quale prodotto strategico, il presente
manuale di linee guida sull’interferometria satellitare applicata ai movimenti franosi. Tale tecnica
vede le tre regioni italiane coinvolte nel progetto Risknat: Liguria, Valle d’Aosta e Piemonte
come regioni pioniere a scala nazionale ed internazionale. Si tratta infatti di una tecnica recente
nata e sviluppata nel nostro paese e nello stesso trova, ad oggi, i migliori casi di applicazione.
Ci auguriamo che la diffusione di questo manuale possa contribuire ad un miglior uso dei dati
disponibili per una più efficace opera di mitigazione dei rischi naturali legati ai fenomeni franosi.
Roberto Ravello
Assessore all’Ambiente, Difesa del suolo, Attività estrattive e Protezione civile della Regione Piemonte
I progetti di Cooperazione territoriale transfrontaliera hanno sempre rappresentato una grande
opportunità, per l’Amministrazione regionale, per confrontarsi con partner d’oltralpe sulle buone
pratiche di gestione del territorio di montagna. In quest’ultima programmazione, Programma
Operativo di Cooperazione territoriale europea transfrontaliera, Italia/Francia (Alpi) 2007/2013, il
Dipartimento difesa del suolo e risorse idriche della Regione, ha voluto dare una forte connotazione
pratica a tutte le attività intraprese all’interno dei progetti di Cooperazione territoriale. Nel momento
della stesura delle proposte progettuali riguardanti i rischi naturali in montagna, si è cercato, infatti,
5
di introdurre e sviluppare delle metodologie anche innovative e tecnologicamente avanzate, ma
con un occhio sempre rivolto allo scambio di buone pratiche ed alla concreta applicazione di queste
nella gestione quotidiana del territorio. A questo proposito, sono nati i progetti transfrontalieri,
tra cui RISKNAT (gestione in sicurezza dei territori di montagna transfrontalieri). Quest’ultimo si
differenzia da altri progetti semplici poiché è un progetto cosiddetto strategico e cioè fortemente
voluto da tutte le Amministrazioni del territorio transfrontaliero, italiane e francesi, e che tocca
tutti i rischi naturali che interessano un territorio di montagna, dalle valanghe ai ghiacciai, dalle
piene torrentizie ai movimenti gravitativi s.l. . Nato a metà 2009, il progetto RISKNAT prevede,
tra l’altro, nell’ambito dello studio dei fenomeni franosi l’acquisizione di dati tele rilevati per il
monitoraggio del territorio. Nello specifico, il Servizio geologico del Dipartimento difesa del suolo
e risorse idriche, ha provveduto all’acquisto di dati radar da piattaforma satellitare ESA ERS 1&2
(relativi al periodo 1992-2001) e Radarsat (relativi al periodo 2003-2010), elaborati con tecnica
interferometrica con appositi algoritmi per l’ottenimento di dati PS (Permanent Scatterer). Tali dati
hanno permesso di acquisire informazioni importanti ed indispensabili per l’analisi e la conoscenza
del territorio della Valle d’Aosta, costituendo una banca dati informativa unica nel suo genere per
lo studio di fenomeni di deformazione superficiale.
Marco Viérin
Assessore alle Opere pubbliche, difesa del suolo e edilizia residenziale pubblica della Regione Autonoma
Valle d’Aosta
6
Il progetto strategico Interreg IIIa Alcotra RiskNat
Le regioni transfrontaliere delle Alpi occidentali condividono non solo rischi comuni, ma anche
un vasto patrimonio di conoscenze ed esperienze di lavoro in comune, realizzate nel corso di
quasi venti anni di cooperazione transfrontaliera. Numerose Istituzioni pubbliche dei territori
alpini condividono lo stesso bisogno di valorizzare i risultati delle ricerche e sperimentazioni
già realizzate, per declinarne delle applicazioni concrete a beneficio delle popolazioni, nonché
la necessità di identificare insieme gli assi di miglioramento prioritari e di pianificare in modo
coordinato le nuove azioni da svolgere.
Peraltro, una coordinazione ampia in termini di estensione territoriale e mirata alla messa in
comune del potenziale scientifico e tecnico disponibile nei territori alpini rende possibili diagnosi,
sperimentazioni e innovazioni maggiormente efficaci. La proficua collaborazione, quasi ventennale,
delle regioni transfrontaliere delle Alpi occidentali è alla base della volontà di costituire un Polo di
risorse transfrontaliere sui rischi naturali. Il progetto strategico RiskNat, sviluppato tra il 2009 ed il
2012 (Italia/Francia), si pone come elemento centrale di una rete transfrontaliera consolidata, con
l’obiettivo principale di creare e gestire una piattaforma interregionale di scambio di esperienze, di
valorizzazione delle informazioni e di riflessione strategica condivisa.
Gli obiettivi specifici del progetto:
--
rafforzare l’azione dei servizi tecnici - pubblici di protezione contro i rischi naturali verso soluzioni
di politiche di sviluppo territoriale impostate sulla sostenibilità;
--
costituire una piattaforma interregionale “rischi naturali” di scambio delle esperienze, di
valorizzazione delle informazioni e di riflessione strategica, funzionante in rete;
--
mettere a punto servizi e metodi innovativi di previsione e mitigazione ad alto contenuto
tecnologico;
--
realizzare degli interventi pilota, quali buone pratiche di gestione di rischi integrati con la
gestione ambientale e territoriale;
--
sensibilizzare i gestori dei rischi alle buone pratiche di gestione ambientale e territoriale;
--
stimolare la memoria collettiva delle popolazioni esposte;
--
tendere ad una progressiva integrazione delle strutture e dei dispositivi della protezione civile
in area transfrontaliera.
Il progetto strategico è articolato in 3 assi ( o volet) principali:
a. creazione di una piattaforma interregionale di scambio di esperienze, di valorizzazione delle
informazioni e di riflessione strategica, funzionante in rete;
b. sviluppo di metodi e di strumenti operativi, azioni innovative volte alla gestione del territorio;
c. azioni pilota di buone pratiche di presa in conto dei rischi naturali nella gestione ambientale e
territoriale.
Il volet A del progetto ha permesso una coordinazione ed una validazione effettiva delle azioni
transfrontaliere presenti e passate sui rischi naturali, tramite un’ampia diffusione delle attività e dei
risultati presso le popolazioni e la comunità tecnico-amministrativa. Ha permesso altresì ai decisori,
attraverso appositi gruppi di lavoro ed atelier, di valutare queste azioni così come di definire le
nuove azioni prioritarie da intraprendere.
7
I volet B e C hanno permesso di realizzare delle azioni innovative su territori pilota, direttamente al
servizio della sicurezza delle popolazioni e degli utilizzatori delle infrastrutture. L’aspetto innovativo
è derivato sia dalla messa in opera coordinata ed integrata di diversi savoir-faire, altrimenti troppo
sovente dissociati, sia dalle metodologie innovative sviluppate dal volet B ed in particolar modo
per i siti pilota del volet C.
Fondazione Montagna Sicura, Courmayeur (AO)
8
Sommario
Il presente manuale riassume le esperienze maturate nell’ambito del progetto strategico Interreg
Alcotra IIIa Risknat dalle Regioni Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta nel capo dell’applicazione della
tecnica radarinterferometriche tramite persistent scatterers alla caratterizzazione dei movimenti
di versante. La tecnica permette, ove sia disponibile una sufficiente serie di immagini radar
satellitari, di valutare lo spostamento al suolo nel tempo, con precisione dell’ordine dei mm a-1,
di bersagli radar a terra costituiti da rocce, fabbricati manufatti ecc. . La densità di tali punti, nelle
analisi a scala regionale, può arrivare a migliaia per km2, permettendo un’ottima identificazione
e caratterizzazione delle frane a cinematica lenta. A poco più di dieci anni dalla sua nascita la
tecnica è, in molte regioni italiane, divenuta strumento di lavoro ordinario. Nel corso del progetto
sono stati sviluppati numerosi applicativi per svolgere numerose funzioni di analisi, sia in di preche di post-elaborazione. Tra i vantaggi della tecnica il principale è probabilmente la possibilità
di indagare aree molto vaste in tempi ristretti ed a costi contenuti, ottenendo informazioni circa i
cinematismi di un gran numero di fenomeni franosi. Gli svantaggi sono legati essenzialmente ad
aspetti geometrici, in quanto la tecnica rileva solo una componente del movimento totale, lungo
l’asse tra il bersaglio ed il satellite. Nelle tre regioni interessate sono numerosi i casi di utilizzo per
l’interpretazione dei movimenti franosi complessi e per il supporto alle procedure di pianificazione
territoriale.
Résumée
Le rapport concerne les expériences faites, dans le projet stratégique Interreg Alcotra IIIa Risknat,
par les Régions Liguria, Piemonte et Vallée d’Aoste dans l’application des techniques radarinterférométriques satellitaires persistent scatterers au domaine des mouvements de terrain. S’il y
a sur une zone un numéro suffisant d’images radar, la technique peut identifier des cibles radar
au sol (dites PS ou DS) et évaluer leurs déplacements avec précisions dans l’ordre des mm a-1 .
Les cibles sont des roches exposées, des bâtiments, des structures etc. . La densité de ces points,
dans une analyse à l’échelle régionale, peut arriver à milliers de points par km2, ainsi permettent
une bonne identification et caractérisation des mouvements de terrain à cinématique lente. La
technique, âge d’une douzaine d’années, est devenue un instrument de travail routinière dans
plusieurs régions italiennes. Au cours du projet, on était développés beaucoup de logiciels pour
effectuer des analyses tant de pre- que de post-élaboration. Entre les avantages de la technique, le
principal est probablement la possibilité de couvrir des zones très vastes à bas prix, en obtenant
ainsi des informations cinématiques sur un grand numéro de mouvements de terrain. Les limites
sont reliées surtout aux aspects géométriques, car il n’est possible de détecter qu’une composante
du déplacement total, le long de l’axe de visée (LOS, line of sight) entre le satellite et le cible. Dans
les trois régions la technique a été beaucoup utilisée pour l’interprétation des mouvements de
terrain et pour l‘aménagement du territoire.
9
Abstract
The paper describes the experiences made in the Interreg Alcotra IIIa RiskNat project by three
Italian regions, Liguria, Piemonte and Valle d’Aosta, in the field of landslide assessment by means
of persistent scatterers radarinterferometry. If a sufficient series of radar images is available, the
technique allows, with accuracies in the order of mm a-1, to evaluate the displacement of ground
radar targets represented by rocks, buildings and other structures. In a regional scale analysis the
density of these points (named PS or DS) may reach several thousands per km2, thus permitting
a very good cinematic characterization of slow-moving landslides. The technique is about twelve
years old and, in many Italian regions, is now an ordinary working tool. Within the project, several
software tools were developed in order to perform both pre- and post-processing analyses. The
technique has numerous advantages, the most important being the possibility of surveying
wide areas at minimal cost, thus providing information about a large number of landslides.
The drawbacks are basically related to geometric aspects, for the technique detects only one
component of the total displacements, the one along the line connecting the radarsatellite and
the ground target (named LOS, line of sight). In the three regions the technique was positively
used both for landslides assessment and for land use planning.
10
Elenco autori
Autore
Ente
Principali contributi nei capitoli
Riccardo
Berardi
1
6
Rossella
Bovolenta
1
6
Massimo
Broccolato
2
3, 6, 7
Alessio
Colombo
3
3, 5, 7
Emanuela
Curti
1
6
Daniele
Drago
4
6
Alessandro
Ferretti
5
1
Roberto
Locatelli
5
1
Claudia
Meisina
6
4
Davide
Notti
6
4
Fabrizio
Novali
5
1
Marco
Paganone
2
3,6
Sonia
Parodi
1
6
Stefano
Podestà
1
6
Flavio
Poggi
7
3, 6, 7
Anna
Roccati
7
6
Rosanna
Spezzano
3
6
Laura
Sportaiuolo
3
6
Carlo
Troisi
4
3, 5, 7
Francesco
Zucca
6
4
1. Università di Genova, Dip. Ingegneria Costruzioni, Ambiente e Territorio, Via Montallegro 1,
16145 Genova
2. Regione Valle d’Aosta, Servizio Geologico, Loc. Amérique 33, 11020 Quart (AO)
3. Arpa Piemonte, DT Geologia e Dissesto, v. Pio VII 9, 10125 Torino
4. Regione Piemonte, Direzione Opere Pubbliche, Difesa del Suolo, Economia Montana e Foreste;
Settore Prevenzione del Rischio Geologico, via Belfiore 23, 10135 Torino
5. Tele-Rilevamento Europa (TRE), Ripa di Porta Ticinese 79, 20143 Milano
6. Università di Pavia, Dip. Scienze della Terra e Ambiente, via Ferrata 1, 27100 Pavia
7. Regione Liguria, Settore Assetto del Territorio, v. D’Annunzio 111, 16121 Genova
Coordinamento editoriale a cura di Alessio Colombo, Flavio Poggi e Carlo Troisi
11
Indice
5
7
9
11
13
Presentazione
Il progetto strategico Interreg IIIa Alcotra RiskNat
Sommario
Elenco autori
Indice
1. Introduzione
15
Introduzione
2. Principi di base del metodo
17
25
30
35
38
2.1 Nozioni elementari sui sistemi radar SAR
2.2 L’Interferometria SAR (misure InSAR)
2.3 La “Tecnica PS” - PSInSAR™
2.4 Tecniche PS di seconda generazione: SqueeSAR™
2.5 Precisione ed Accuratezza
3. Esperienze dei partecipanti
45
45
47
48
50
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
Introduzione
Il PST, Piano Straordinario di Telerilevamento Ambientale
Esperienze nella Regione Liguria
Esperienze della Regione Piemonte
Esperienze della Regione Autonoma Valle d’Aosta
4. Organizzazione e trattamento dei dati
53
53
61
73
83
86
4.1
4.2
4.3
4.4
4.4
4.5
Introduzione
Carta della probabilità di identificazione di bersagli radar (metodo cr-index)
Metodi di interpretazione dei dati interferometrici a scala regionale
Confronto tra monitoraggio satellitare e monitoraggio strumentale
Alcune problematiche nell’analisi del dato psi: salti di fase e periodi di misura
Applicabilità delle tecniche PS alle varie tipologie di frana
5. Vantaggi e limiti del metodo
89
90
93
100
5.1 Introduzione
5.2 Vantaggi
5.3 Limiti del metodo
5.4 Esempi di utilizzo improprio
6. Applicazione della tecnica alla pianificazione territoriale
103
104
122
135
140
149
6.1
6.2
6.3
6.4
6.5
6.6
Procedure ed esempi applicativi
Esempi applicativi in Regione Liguria
Esempi applicativi in Regione Valle d’Aosta
Problematiche riscontrate
Linee guida esistenti
Effetti delle deformazioni registrate con tecnica PSInSARTM sui fabbricati
7. Considerazioni conclusive
169
Considerazioni conclusive
APPENDICE A Diffusione del dato PS/DS
APPENDICE B Analisi di fattibilità e capitolati
APPENDICE C Scheda per il censimento dei bersagli radar sui fabbricati sviluppata dall’Università
di Genova, Dip. Ingegneria Costruzioni, Ambiente e Territorio per la Regione Liguria.
Bibliografia di base
189
Testi consigliati
190
13
Introduzione
Capitolo 1
Capitolo 1 Introduzione
La presente pubblicazione è il frutto delle
esperienze da parte delle Regioni Liguria,
Piemonte e Valle d’Aosta nel campo della
caratterizzazione di movimenti franosi
tramite tecniche radar-interferometriche
satellitari nell’ambito del progetto Interreg
IIIa Alcotra Risknat. La redazione è stata
curata da funzionari dei servizi tecnici delle
amministrazioni di cui sopra nonché dalle
Università di Genova e Pavia e dalla TeleRilevamento Europa s.r.l., che hanno fornito
assistenza tecnico-scientifica.
Le tecniche di utilizzo delle analisi radarsatellitari sono relativamente recenti. Se
l’utilizzo in campi quali le ricerche petrolifere,
la valutazione di subsidenze ecc. è ora diffusa
e normalmente utilizzata dai comparti tecnici
che si interessano di tali fattispecie, la tecnica
è ancora relativamente poco nota ai tecnici ed
ai professionisti che potrebbero o dovrebbero
utilizzarla a scala locale o regionale per attività
di pianificazione e caratterizzazione dei
movimenti franosi. Scopo di questo volume
è quello di cercare di colmare, quantomeno
in parte, questa lacuna offrendo un testo a
carattere eminentemente pratico, che si rivolge
a tecnici delle Pubbliche Amministrazioni
e professionisti che intendano utilizzare i
dati radar-interferometrici disponibili o che
intendano proporre od effettuare nuove
elaborazioni. Gli Autori sottolineano come la
ratio di base della redazione sia stata quella
di confrontare, esporre e commentare le
risultanze delle proprie esperienze, senza
pretesa alcuna di voler produrre un testo
dottorale esaustivo dell’argomento.
Un altro importante aspetto merita adeguata
attenzione. Tutto quanto esposto si riferisce
ad indagini effettuate tramite elaborazioni
di immagini radar satellitari con gli algoritmi
PSInSAR™ e SqueeSAR™, entrambe tecniche
proprietarie brevettate dal Politecnico di
Milano e commercializzate tramite la società
Tele-Rilevamento Europa - T.R.E. s.r.l. (TRE),
spin-off dello stesso Politecnico. Questo in
quanto tale società è risultata, a seguito
di procedure di gara, affidataria dei rilievi
in tutte le tre Regioni interessate. Per tal
motivo la Società Tele-Rilevamento Europa
- T.R.E. s.r.l. (TRE) ha redatto il capitolo della
pubblicazione relativo ai principi generali del
metodo e dell’utilizzo degli algoritmi di cui
sopra. Esistono altre società, a livello europeo
e mondiale (comunque in numero limitato:
5-6 a livello europeo e meno di una decina
a livello mondiale) che offrono prodotti
consimili, tutti basati su algoritmi proprietari
brevettati. Benché, per quanto noto a livello
della letteratura scientifica disponibile, le
varie tecniche elaborative sembrino produrre
prodotti simili e confrontabili, gli scriventi
non hanno, a tal riguardo, alcuna esperienza.
In altri termini, anche se in generale la
gran parte delle considerazioni proposte
dovrebbero potersi applicare anche ad
elaborazioni prodotte con altre tecniche, non
vi è a riguardo, alcuna garanzia.
L’articolazione
essenzialmente:
del
testo
prevede
--
i principi di base della tecnica (cap. 2)
--
una breve rassegna delle esperienze relative
15
--
--
16
all’acquisizione ed all’interpretazione delle
tecniche radarinterferometriche sviluppate
dalle tre regioni interessate (cap. 3)
--
l’utilizzo dei dati per le attività di
pianificazione territoriale, con esempi dalle
tre regioni (cap. 6);
la descrizione di alcune delle tecniche
sviluppate per l’organizzazione ed il
trattamento dei dati radarinterferometrici
(cap. 4);
--
le modalità di diffusione dei dati adottate
dalle regioni Liguria e Piemonte (appendice
A)
--
una serie di considerazioni relative alle analisi
di fattibilità ed alla redazione di capitolati,
utili alle pubbliche amministrazioni che
vogliano affidare servizi di acquisizione
dati con la tecnica dei persistent scatterers
(appendice B).
una esposizione dei vantaggi e dei limiti
delle
tecniche
radarinterferometriche
nel campo della caratterizzazione dei
movimenti franosi (cap. 5);
Principi di base del metodo
Capitolo 2
Capitolo 2 Principi di base del metodo
2.1 Nozioni elementari sui sistemi
radar SAR
L’analisi di immagini satellitari acquisite da
sistemi SAR satellitari è solitamente associata ad
una catena di elaborazione molto complessa.
La stessa formazione delle immagini ed il loro
successivo utilizzo sono infatti frutto di diversi
processi. In questa sezione si vuole darne una
descrizione elementare, che potrà aiutare il
lettore a conoscere alcune nozioni di base
utili ad orientarsi nel mondo dei dati radar
interferometrici.
2.1.1 Radar ad apertura sintetica (SAR)
Le immagini satellitari fanno ormai parte del
quotidiano in molte applicazioni. L’utilizzo,
ad esempio, di Virtual Earth™, Google Earth™
e Google Maps™ ha rivoluzionato i sistemi
informatici territoriali, mettendo a disposizione
di tutti un’enorme quantità di dati ottici
(ovvero “fotografie”) acquisiti da sensori
satellitari dotati di ottiche potenti e raffinate.
Un sensore radar non genera immagini di
questo tipo (si veda la Figura 2 - 1), dato
che opera in un’altra banda dello spettro
elettromagnetico: quella delle microonde (le
lunghezze d’onda sono di qualche centimetro,
100.000 volte maggiori dello spettro visibile).
Essendo poi un sistema attivo, il radar crea
immagini mediante l’emissione e la ricezione
di onde elettromagnetiche, ovvero non
sfrutta la radiazione solare per illuminare il
terreno. Una caratteristica chiave dei sistemi
radar, ben nota sin dalla seconda guerra
mondiale, è poi la capacità di penetrare le
nuvole ed ottenere informazioni relative
ad eventuali target indipendentemente
dalle condizioni meteorologiche locali.
Proprio queste due caratteristiche, ovvero:
la capacità di funzionare sia di giorno sia di
notte e la capacità di penetrare le nuvole,
hanno reso il radar lo strumento principe per
applicazioni di Osservazione della Terra (OT) e
di telerilevamento satellitare.
Rispetto ad un sistema radar convenzionale,
un Radar ad Apertura Sintetica (Synthetic
Aperture Radar - SAR) mostra alcune peculiarità
che sono legate alla tecnica utilizzata per
ottenere immagini ad alta risoluzione anche
operando a notevole distanza dall’area
d’interesse (nel caso di sensori satellitari,
si tratta di distanze di centinaia di km). Il
lettore interessato può riferirsi alle numerose
descrizioni disponibili in letteratura e su
internet.
2.1.2 Sensori SAR
--
In termini molto generali, i diversi tipi di
sensore SAR oggi disponibili differiscono in
funzione dei seguenti parametri;
--
frequenza di funzionamento del radar;
--
geometria e modalità di acquisizione;
--
risoluzione ottenibile.
La frequenza di funzionamento influenza
Tabella 2 - 1: Bande dello spettro elettromagnetico.
Banda
P
L
S
C
X
K
Q
Frequenza
0.25 / 0.5 GHz
1.0 / 2.0 GHz
2.0 / 4.0 GHz
4.0 / 8.0 GHz
8.0 / 12 GHz
12 / 40 GHz
40 / 50 GHz
Lunghezza d’onda
(media)
100 cm
30 cm
10 cm
6 cm
3 cm
1 cm
0.5 cm
17
sensibilmente le caratteristiche del SAR,
soprattutto nel modo in cui interagisce con
il terreno: gli oggetti tendono ad interagire
con l’onda elettromagnetica quando le loro
dimensioni fisiche diventano paragonabili alla
lunghezza d’onda, la quale è direttamente
legata alla frequenza di funzionamento
del
radar.
Quest’ultima
appartiene,
solitamente, ad una delle bande dello spettro
elettromagnetico riportate nella Tabella 2 - 1.
Escludendo i SAR ad uso militare, per
applicazioni civili sono disponibili SAR
satellitari nelle bande L, C ed X. In generale, più
alta è la frequenza utilizzata dal radar, migliore
è la risoluzione delle immagini generate dal
sensore e maggiore è la sensitività a possibili
spostamenti del bersaglio in applicazioni
interferometriche.
2.1.3 Proprietà del segnale SAR
Il segnale radar è caratterizzato da due
proprietà fondamentali: l’ampiezza e la fase.
L’ampiezza è strettamente legata all’energia
del segnale riflesso e rilevato dall’antenna
del sensore: tutti gli impulsi che vengono
emessi hanno la stessa energia, quelli
Figura 2 - 1: Confronto tra immagine SAR (in alto) e immagine ottica (in basso) di una stessa area (aeroporto di Milano
Linate).
18
Principi di base del metodo
riflessi presentano livelli di energia anche
molto diversi (e comunque sempre inferiori
all’energia dell’impulso trasmesso).
Generalmente i metalli e gli oggetti solidi
quali manufatti e rocce esposte, presentano
una elevata capacità di riflessione del fascio
radar illuminante (in termini tecnici, questi
elementi sono associati a valori elevati della
cosiddetta Radar Cross Section o RCS) e sono
pertanto ben visibili in un’immagine radar. Al
contrario, materiali quali, ad esempio, legno,
campi coltivati e foreste, hanno assai minore
capacità di riflettere il segnale radar verso il
Capitolo 2
sensore e, conseguentemente, generano dati
SAR di bassa ampiezza.
L’ampiezza è caratteristica delle immagini SAR
di facile visualizzazione, ma non di immediata
interpretazione a causa dell’inevitabile rumore
di speckle. Lo speckle appare visivamente nella
forma di un rumore “sale e pepe” che affligge
l’immagine SAR, ma non è sintomo di bassa
qualità della stessa, bensì è una caratteristica
inevitabile
indotta
dall’interazione
dell’impulso elettromagnetico con il terreno.
Infatti ogni cella di risoluzione può contenere
molti elementi riflettenti, ciascuno dei quali
Figura 2 - 2: immagine di ampiezza SAR ERS-2 area aeroporto di Linate presso Milano (Italia), lo speckle è visibile come
rumore tipo ‘sale e pepe’.
Figura 2 - 3: La stessa area della Figura 2 - soprastante ottenuta come MIR: lo speckle è drasticamente ridotto.
19
reagisce in modo indipendente con l’impulso
proveniente dal radar. I contributi dei vari
elementi si sommano ora in modo costruttivo,
ora in modo distruttivo, dando luogo a valori
molto diversi di riflettività, anche per pixel
che appartengono ad una stessa tipologia di
superficie.
è possibile ridurre l’effetto dello speckle
mediante opportune tecniche di filtraggio
dei dati SAR, la più semplice delle quali, se
si dispone di una serie di immagini della
stessa area acquisite dallo stesso sensore in
istanti diversi, consiste nel mediarne i valori
di ampiezza. L’immagine media così ottenuta
è comunemente detta Multi-image Reflectivity
Map (MIR). In Figura 2 - 2 e Figura 2 - 3 si può
apprezzare la forte riduzione di rumore di
speckle ottenuta mediando oltre 50 immagini
SAR acquisite sull’aeroporto di Milano Linate.
La seconda proprietà essenziale del segnale
SAR è la fase, ed è ciò che rende possibile
l’interferometria. Infatti, ad ogni pixel di una
immagine SAR di ampiezza, è associato un
valore di fase compreso 0 e 2π (oppure tra –π
e +π). Un’immagine SAR è perciò costituita da
due matrici di numeri: una contiene la classica
“immagine”, legata all’energia retrodiffusa
dagli elementi al suolo, e l’altra contenente
valori molto più difficili da utilizzare, perché
di più difficile interpretazione (Figura 2 - 4).
La fase è determinata dal tempo di volo
dell’impulso radar ed è perciò legata alla
distanza tra il sensore e l’oggetto che
riflette l’impulso radar a terra. È anche la
caratteristica più difficile da interpretare per
i “non addetti ai lavori” a causa della sua
natura matematica. Semplificando, si può
pensare al segnale SAR come ad un’onda
sinusoidale: un ciclo completo di sinusoide
coincide con la lunghezza d’onda (indicata
spesso con il simbolo λ) corrispondente alla
frequenza a cui opera il radar. La distanza
tra sensore e bersaglio a terra può sempre
essere espressa in un numero intero di cicli,
più un segmento pari ad una frazione di
lunghezza d’onda. La fase associata ad ogni
pixel dell’immagine SAR descrive proprio questa
frazione di ciclo, descrivibile con un numero da
0 a 2π. Più precisamente, tenendo conto del
fatto che il segnale radar percorre due volte la
distanza sensore-bersaglio (andata e ritorno),
il parametro-chiave che determina il valore di
fase del segnale radar è pari a due volte la
distanza sensore-bersaglio.
Semplificando un po’ le cose, ma andando
al cuore del problema, si supponga di avere
un radar che operi in banda C con lunghezza
d’onda pari a 6 cm e che illumini un oggetto
puntiforme distante esattamente 60 m. In
questo caso la distanza sensore-bersaglio è
esattamente pari a 1000 lunghezze d’onda
Figura 2 - 4: Esempio di immagine SAR. Dati di ampiezza (a sinistra) e fase (a destra).
ampiezza
20
fase
Principi di base del metodo
(60 m diviso 6 cm) e, anche considerando
l’andata e il ritorno, la fase del pixel
dell’immagine radar corrispondente al
bersaglio sarà pari a 0: infatti, con esattamente
2000 lunghezze d’onda, copriamo il percorso
dell’impulso radar.
Se ora allontaniamo l’oggetto di 1 cm dal
radar, le cose cambiano perché, sempre
considerando l’andata e il ritorno, servirà un
terzo di lunghezza d’onda in più per coprire
il cammino dell’impulso illuminante. Questo
fa sì che il valore di fase sia ora pari a 2π/3.
Analogamente si possono calcolare i valori
di fase per tutte le posizioni intermedie
dell’oggetto comprese tra 0 (posizione
iniziale) e 3 cm che andranno coprire tutto
l’intervallo compreso tra 0 e 2π. Si noti come,
portando l’oggetto a 3 cm dalla posizione
Capitolo 2
iniziale, il parametro chiave (considerando
sempre l’andata e il ritorno) diventi pari a 2
x 60.03 m = 120 m + 6 cm, ovvero ancora un
numero intero di lunghezze d’onda (in questo
secondo caso pari a 2001). Da questo esempio
deduciamo perciò che qualsiasi spostamento
del bersaglio di multipli di λ/2 (ovvero metà
della lunghezza d’onda del segnale radar)
non darà luogo a variazioni di fase: fase 0 e
fase 2π corrispondono esattamente alla stessa
configurazione. Un po’ come un orologio a
lancette che segna le 12: senza informazioni a
priori non possiamo sapere se è mezzogiorno
o mezzanotte.
L’esempio dell’orologio, o del cronometro,
è un’altra similitudine usata spesso per
avvicinare i non-esperti al concetto di fase del
segnale SAR. Qui il protagonista è il tempo
Figura 2 - 5: Illustrazione dei moti orbitali ascendenti e discendenti rispetto all’asse nord-sud.
Figura 2 - 6: Illustrazione della geometria di acquisizione
di un sistema SAR satellitare. Il moto del sensore è
ortogonale al disegno
21
di volo dell’impulso radar. Supponendo,
infatti, di far scattare un cronometro con una
sola lancetta nell’istante in cui trasmettiamo
l’impulso radar verso il nostro target e di
fermarlo nell’istante in cui se ne riceve l’eco,
la fase del segnale associata al bersaglio
sarà legata alla posizione della lancetta,
indipendentemente dal numero di giri da
questa effettuata.
Terminiamo questa sezione facendo
notare come il tempo di volo dell’impulso
radar, ovvero il tempo di propagazione tra
antenna e terreno e viceversa, è influenzato,
oltre dalla distanza sensore-oggetto a terra,
anche dal mezzo di propagazione dell’onda
elettromagnetica, ovvero l’atmosfera: nubi,
pioggia, nebbia influenzano la velocità di
propagazione del segnale e introducono,
di conseguenza, effetti sulla fase rilevata.
Acquisire dati SAR in zone ove sono presenti
forti turbolenze in troposfera o in aree molto
umide porta ad avere, a parità di sensore, dati
maggiormente affetti da contributi di fase
spuri dovuti all’atmosfera.
Questo è un aspetto da sottolineare, dato
che rappresenta spesso il maggiore ostacolo
all’elaborazione dei dati interferometrici e
può compromettere la qualità delle misure
ad essi associate.
2.1.4 Geometria
immagini
di
acquisizione
delle
Tutti i satelliti SAR oggi disponibili, seguono
orbite polari eliosincrone, ovvero orbitano
intorno alla terra passando in prossimità dei
poli e sorvolando la stessa area ogni certo
numero di giorni (questo parametro è detto
tempo di rivisitazione o Repeat Cycle) e sempre
alla stessa ora del giorno. È da notare che il
moto combinato della rotazione terrestre e
del satellite lungo l’orbita, fa sì che ogni area
del pianeta risulti visibile dal sensore in due
distinte geometrie di acquisizione: una con
il satellite che scende da nord verso sud con
l’antenna che solitamente è puntata verso
ovest, e una da sud verso nord con l’antenna
che puntata verso Est. Per questa ragione si
afferma che è possibile acquisire immagini
lungo tratti di orbita ascendente (da sud a
nord) e discendente (da nord a sud). Le orbite
polari eliosincrone mostrano con l’asse nordsud (ovvero rispetto ai meridiani terrestri)
un angolo assai contenuto, che in genere è
intorno ai 10 gradi, a seconda del satellite
considerato (Figura 2 - 5).
Oltre al moto ascendente e discendente, è
l’angolo di puntamento dell’antenna radar a
determinare in modo rilevante la geometria
di acquisizione. Nella Figura 2 - 6 viene
Figura 2 - 7: Confronto tra immagine SAR (a sinistra) ed ottica (destra): si notano i fenomeni di deformazione prospettica
sulla immagine SAR nella zona montuosa.
22
Principi di base del metodo
schematizzata la geometria di acquisizione. Il
moto del satellite è da intendersi ortogonale
al foglio.
Dalla Figura 2 - 6 si può intuire come
l’angolo di vista diventa un fattore importante
in presenza di terreno montuoso. Infatti,
mentre nel caso di terreno piano l’angolo con
cui l’impulso radar impatta il terreno è sempre
lo stesso, in presenza di asperità importanti,
come un rilievo montuoso, l’angolo di
incidenza cambia a seconda della pendenza
locale. Questo fatto introduce deformazioni
prospettiche, tipiche delle immagini SAR
(Figura 2 - 7), ma ha anche importanti
conseguenze sulla cella di risoluzione, che
viene a dipendere, nelle sue dimensioni, dalla
pendenza locale del terreno.
L’impatto delle deformazioni prospettiche,
inevitabili in caso di monitoraggio SAR di aree
montuose, può essere limitato con successo
ricorrendo ad una doppia analisi: una con
dati acquisiti su orbita ascendente, ed una
con dati acquisiti su orbita discendente. Infatti
la peculiarità del SAR di acquisire puntando
l’antenna a destra della direzione di moto,
fa sì che le aree soggette a deformazioni
prospettiche lungo orbita ascendente siano
spesso ben visibili dall’orbita discendente e
viceversa.
Capitolo 2
2.1.5 Satelliti disponibili
In Figura 2 - 8 viene riportato un quadro
sinottico dei satelliti con radar SAR disponibili.
Nello stesso quadro anche il periodo di
attività. Per rimanere in orbita mediobassa (500-800 km), i satelliti necessitano
di continue correzioni di posizionamento,
che - essendo note - possono essere rese
ininfluenti nell’elaborazione dei dati SAR.
Tuttavia, tale aspetto implica la necessità
di stoccare del carburante a bordo della
piattaforma satellitare per poter attivare le
necessarie manovre orbitali: questo significa
che ogni satellite ha una certa attesa di “vita
utile” (tipicamente 5-6 anni) superata la quale
non può più considerarsi operativo, anche se
il radar dovesse ancora funzionare. I casi ERS
e RADARSAT-1 dimostrano, comunque, che è
possibile avere satelliti molto longevi, con una
vita utile anche superiore a 10 anni.
Il tempo di rivisitazione dei satelliti SAR
oggi disponibili va dagli 11 ai 35 giorni,
a seconda del satellite. Questo parametro
è fondamentale per le applicazioni
interferometriche volte alla stima degli
spostamenti superficiali: più frequenti sono
le acquisizioni su una certa area d’interesse,
più efficace sarà il monitoraggio satellitare di
eventuali fenomeni in atto.
Figura 2 - 8: Satelliti disponibili o programmati nei prossimi anni.
23
I dati raccolti dai relativi apparati SAR,
possono essere acquistati od ordinati senza
particolari limitazioni. Per quanto riguarda
la costellazione italiana COSMO-SkyMed,
essendo questa una missione duale (ovvero
utilizzata sia per applicazioni civili sia militari),
un eventuale conflitto tra richieste di dati per
scopi commerciali e militari, assegna priorità
alle richieste militari e può quindi accadere
che alcune richieste di dati non possono
essere evase.
I radar SAR di ERS-1/2, ENVISAT, RADARSAT-1,
RADARSAT-2 sono sensori in banda C (Figura 2
- 8), COSMO-SkyMed e TerraSAR-X operano in
banda X, mentre ALOS-PALSAR era un sensore
in banda L. Attualmente non ci sono satelliti
con SAR operativi in banda L, ma i satelliti
argentini SAOCOM 1A e 1B dovrebbero a
breve colmare tale lacuna.
Nella Figura 2 - 9 viene mostrato un
confronto tra immagini di ampiezza della
stessa area, acquisite da sensori con diversa
risoluzione, si possono apprezzare le sensibili
differenze tra le immagini ENVISAT (banda
C), TerraSAR (banda X) e COSMO-SkyMed
(banda X). Dal confronto appare chiaro come
i satelliti che operano in banda X possano
generare immagini a risoluzione più alta
rispetto a quanto possibile grazie ai sensori
gestiti dall’Agenzia Spaziale Europea.
Concludiamo questa sezione invitando il
lettore ad osservare un dato fondamentale: il
numero di piattaforme satellitari che ospitano
sensori radar sta crescendo in modo molto
veloce. Nel giro di pochi anni, i dati SAR
saranno utilizzati per un numero crescente
di applicazioni, dalla change detection al
monitoraggio dei versanti instabili, come verrà
illustrato nei paragrafi seguenti descrivendo
le tecniche SAR interferometriche.
Sarà allora fondamentale avere un
background culturale che permetta, anche al
singolo professionista, di utilizzare nel modo
corretto queste informazioni.
Figura 2 - 9: Confronto tra immagini di ampiezza SAR relative a bande diverse, partendo dall’alto a sinistra e procedendo in
senso orario: ENVISAT (banda C), TerraSAR- (banda X), COSMO-SkyMed (banda X), e ancora TerraSAR (banda X)
24
Principi di base del metodo
2.2 L’Interferometria SAR
(misure InSAR)
Nella sezione precedente si è brevemente
descritto il SAR quale strumento di
osservazione della superficie della terra.
In questa sezione vengono descritte le
tecniche interferometriche, ovvero come
vengono elaborati i dati acquisiti dal sensore
e cosa si può ottenere combinando in modo
opportuno due o più immagini acquisite
sulla stessa area. In questa sezione si vuole
accompagnare il lettore a scoprire come
e perché il SAR diviene uno straordinario
strumento di misura delle variazioni di
distanza, senza per questo addentrarsi nei
dettagli tecnici.
2.2.1 Introduzione
L’acronimo InSAR sta per Interferometric
Synthetic Aperture Radar ed è entrato nel
gergo comune della comunità scientifica
attraverso varie pubblicazioni sulle riviste
specializzate a partire dagli anni settanta.
Con l’avvio delle applicazioni commerciali di
questa tecnologia, il termine sta diventando
noto anche ai non addetti ai lavori. L’acronimo
InSAR è molto generico e fa da cornice ad una
varietà di tecniche che a partire da una base
comune si sono sviluppate nel corso degli
anni. La trattazione seguente sarà focalizzata
sul problema della misura da satellite di
piccole deformazioni del terreno.
Qualsiasi tecnica interferometrica deve
necessariamente partire da almeno due
immagini SAR di cui si confrontano i valori
di fase. Come già introdotto nelle sezioni
precedenti, questi valori sono legati alla
distanza sensore-bersaglio: il loro confronto,
almeno in teoria, può permettere di
evidenziare eventuali variazioni di distanza,
ovvero degli spostamenti. Per permettere il
confronto delle misure relative agli istanti
di acquisizione, le immagini da utilizzare
dovranno essere riferite tutte alla stessa
area geografica e - nel caso di SAR satellitari
- devono essere acquisite lungo la stessa
orbita nominale.
L’orbita nominale è da intendersi non come
una traiettoria rigorosa e immutabile, bensì
come una sorta di cilindro, questo sì ben
definito, entro cui il satellite si muove e in
Capitolo 2
cui, ad ogni passaggio, occupa una posizione
lievemente diversa (ma sempre contenuta
entro il raggio del cilindro orbitale). Quindi,
immaginando due passaggi consecutivi del
satellite mentre illumina un certo bersaglio,
nei due passaggi in cui il bersaglio stesso
è illuminato, il satellite avrà occupato due
posizioni leggermente diverse (si parla di
distanze comprese tra pochi metri a qualche
chilometro, a seconda del tipo di satellite). La
distanza tra queste diverse posizioni del centro
di fase dell’antenna, viene detta baseline e
rappresenta un importante parametro per
l’interferometria SAR. Tanto più elevato è il
baseline, tanto più difficili risultano le misure
interferometriche.
Anticipiamo subito che, nonostante le
inevitabili incertezze relative all’esatta
posizione del satellite e nonostante le
variazione di posizione nei diversi istanti di
acquisizione, le tecniche interferometriche
possono mettere in luce variazioni di distanza
di pochi millimetri da centinaia di chilometri
di distanza. Come si vedrà, in modo del
tutto simile a quanto accade nelle misure
GPS, questa precisione è raggiungibile grazie
all’impiego dei valori di fase del segnale radar
e in virtù di un approccio “differenziale” alla
misura, in cui un punto a terra è utilizzato
come riferimento e tutte le misure sono
riferite ad esso.
2.2.2 Interferometria
L’interferometria è, in senso stretto, la
misurazione delle variazioni della fase del
segnale SAR tra due acquisizioni distinte
relative alla stessa area. Come detto nel
paragrafo precedente, un movimento del
terreno altera la distanza sensore-bersaglio,
questa alterazione induce una variazione nella
fase del segnale: questo è il “nocciolo” che sta
alla base delle misure radar interferometriche.
Infatti, supponendo di avere acquisito due
immagini radar in tempi diversi sulla stessa
area d’interesse e lungo la stessa orbita
nominale del satellite, si potrà considerare le
due immagini SAR sovrapponibili una all’altra
e si potrà quindi calcolare la variazione di fase
relativa ad ogni pixel.
La differenza dei valori di fase tra due
acquisizioni distinte di uno stesso bersaglio
può essere indicata in termini analitici, come
25
somma di quattro contributi:
I contributi indicati sono:
--
l’effetto legato all’eventuale moto del
bersaglio radar;
--
l’effetto legato al baseline, ovvero alla
diversa posizione del satellite agli istanti di
acquisizione;
--
l’effetto indotto dall’atmosfera, la quale
introduce ritardi spuri nel tempo di volo;
--
il rumore indotto da eventuali variazioni di
riflettività (o “risposta radar”) del bersaglio
e dagli apparati costituenti il sistema SAR.
Ogni contributo evidenziato presenta
caratteristiche
specifiche.
Tralasciando
la trattazione matematica, cerchiamo di
richiamare i fattori fondamentali.
Il contributo legato al baseline è un contributo
geometrico ed è spesso indicato come
“contributo topografico” poiché si dimostra
essere legato, oltre che alla diversa posizione
del sensore agli istanti di acquisizione, anche
al profilo altimetrico dell’area di interesse.
Il contributo atmosferico nasce dalle
variazioni
dell’indice
di
rifrazione
nell’atmosfera causato dalle sensibili variazioni
della composizione della stessa, soprattutto
in termini di percentuale di vapor acqueo.
Seppur semplicistico, non è così sbagliato
pensare che laddove ci sia una nuvola, vi
sia una variazione di fase rispetto al caso
di propagazione in assenza di essa; questa
similitudine può essere utile per comprendere
le caratteristiche spaziali del contributo
atmosferico.
Il contributo legato alla distanza sensorebersaglio è senz’altro un effetto geometrico,
come quello legato al baseline, ma è
possibile
tenerlo
separato
dall’effetto
topografico poiché si dimostra essere
legato alla componente di spostamento del
bersaglio lungo la direzione di puntamento
dell’antenna. E’ questa la componente più
importante nelle applicazioni InSAR volte alla
stima degli spostamenti del terreno.
Figura 2 - 10: Illustrazione del principio base dell’interferometria SAR, i dati numerici si riferiscono al radar ASAR installato
a bordo del satellite ENVISAT.
26
Principi di base del metodo
Il contributo legato al rumore di fase varia
moltissimo in funzione del tipo di oggetto che
viene illuminato dal radar. In genere, specchi
d’acqua e superfici lisce orizzontali non danno
una buona risposta. Il basso livello di segnale
retro-diffuso fa sì che la potenza di rumore di
fase sia molto elevata. Si può avere un elevato
rumore di fase anche per oggetti con buona
riflettività, ma che variano significativamente
la loro “firma radar” nel tempo: è il tipico caso
delle aree vegetate o dei campi agricoli. A
distanza di giorni o mesi le caratteristiche di
“scattering” possono essere completamente
diverse (è il fenomeno della decorrelazione
temporale).
Nella fase interferometrica sono dunque
“nascoste” informazioni sulla topografia
dell’area osservata e sul possibile movimento
dei bersagli radar, ovvero l’interferometria è
una base che permette di creare strumenti di
misura per la generazione di mappe digitali
del terreno e/o per misurarne spostamenti.
Se si conosce con precisione la posizione
dei satelliti, ovvero il baseline, e la topografia,
ovvero si dispone di un modello digitale
di elevazione (DEM) di buona qualità, il
contributo alla fase legato alla topografia e al
baseline può essere valutato e sottratto dalla
fase interferometrica. Restano i contributi di
moto e quello atmosferico (il contributo di
rumore è inevitabile e non predicibile).
In generale, si può indicare la fase
interferometrica, compensata del termine
topografico, con la semplice relazione
matematica:
si individuano nella relazione: lo spostamento
avvenuto tra le due acquisizioni ΔR e la
lunghezza d’onda λ (Figura 2 - 10).
La relazione indica che uno spostamento
pari a metà della lunghezza d’onda, genera
una variazione della fase interferometrica di
2π, ovvero un ciclo di fase. Questo perché
lo spostamento ΔR viene percorso due volte
dall’impulso radar: una volta sul tragitto di
andata e una seconda volta sul tragitto di
ritorno verso il sensore.
Affinché l’interferometria SAR sia realmente
informativa, occorre rispettarne alcuni limiti di
applicabilità ben precisi, ovvero:
--
le immagini devono essere acquisite dallo
stesso radar, o da sensori identici e nella
stessa modalità di acquisizione;
--
le immagini devono essere acquisite lungo
la stessa orbita nominale (geometria di
acquisizione pressoché identica);
--
il baseline tra le due acquisizioni deve essere
inferiore al valore critico;
--
il terreno non deve essere soggetto a
variazioni di riflettività, ovvero le sue
caratteristiche elettromagnetiche devono
restare pressoché costanti nel tempo (aree
fortemente vegetate e gli specchi d’acqua,
ad esempio, variano continuamente la loro
“firma radar” e non si prestano a misure
interferometriche);
--
il moto del terreno deve essere
sufficientemente “piccolo” e tale, comunque,
da non fare variare la riflettività del suolo.
Questo è un concetto abbastanza complesso,
ma che può essere intuito ricordando che
l’unità di misura, nelle misure InSAR, è la
lunghezza d’onda del radar: moti troppo
veloci non si prestano ad essere monitorati
da satellite.
Capitolo 2
2.2.3 Interferogrammi
A questo punto possiamo introdurre la
definizione di interferogramma radar: un
interferogramma è una mappa che mostra
la differenza tra i valori di fase del segnale
radar tra due acquisizioni di una stessa area.
Per quanto detto nei paragrafi precedenti,
l’interferogramma
contiene
informazioni
relative ad eventuali deformazioni superficiali
del terreno.
In quanto differenza tra valori di fase,
l’interferogramma è una matrice di valori
numerici sempre compresi tra –π e +π; nella
Figura 2 - 11 se ne può osservare un esempio,
nel quale vengono riportate le variazioni
di fase sulla superficie dell’area interessata
dal sisma de L’Aquila, nell’aprile 2009. Tale
mappa è stata ottenuta confrontando due
immagini SAR acquisite dal satellite Envisat,
rispettivamente prima e dopo l’evento sismico.
Nella Figura 2 - 11 appaiono in grande
evidenza delle bande colorate concentriche:
queste bande sono frange interferometriche
e sono l’indicatore principale, nonché il
più immediato da osservare, che tra le due
27
acquisizioni vi è stato un sensibile movimento
della superficie del terreno. Per quanto già
detto nei paragrafi precedenti una frangia
corrisponde ad una variazione di fase pari a
2π radianti che si traduce in uno spostamento
del bersaglio pari a metà della lunghezza
d’onda del radar utilizzato; nel caso di Figura
2 - 11 ad ogni frangia corrisponde uno
spostamento di 28 mm (dati in banda C).
Il risultato ottenuto è abbastanza
impressionante: da 800km di distanza, con un
satellite che corre a 7 km s-1 e che acquisisce
sulla stessa area d’interesse ogni 35 giorni, è
stato possibile mettere in evidenza un pattern
di deformazione di una manciata di centimetri
originato da un terremoto. Si intuisce l’impatto
che hanno avuto questo tipo di risultati sulla
comunità scientifica quando, a partire dal
1994, si sono moltiplicati gli esempi relativi
ad aree sismiche e vulcaniche.
2.2.4 Interferometria differenziale (DInSAR)
e mappe di deformazione
Molto spesso, trattando di dati SAR, ci
si imbatte nel termine interferogramma
differenziale,
oppure
in
quello
di
interferometria differenziale o nel suo acronimo
DInSAR. Non si tratta tuttavia di qualcosa di
diverso rispetto alla tecnica interferometrica
introdotta nei paragrafi precedenti; piuttosto
il termine “interferometria differenziale”
sottolinea come i risultati a cui si è giunti
siano stati ottenuti previa sottrazione dei
contributi di fase legati alla topografia
locale: ovvero, viene compensato il termine di
fase definito precedentemente come “termine
legato al baseline”.
Il termine “differenziale” infatti nasce
semplicemente dal fatto che la fase
dell’interferogramma ha subito una sottrazione
(differenza) di un termine noto: quello legato
alle geometrie di acquisizione (e quindi al
baseline presente tra le due acquisizioni) ed
alla topografia locale. L’esempio mostrato
in Figura 2 - 11, relativo al terremoto de
L’Aquila, è – in realtà - un interferogramma
differenziale, caratterizzato da una buona
“coerenza interferometrica”, almeno nell’area
centrale.
Senza entrare nei dettagli matematici,
possiamo affermare che un interferogramma
che presenta una “buona coerenza
interferometrica”
è
un’interferogramma
dove le frange risultano “ben visibili” e
sono caratterizzate, perciò, da un basso
livello di rumore di fase. In questo caso,
l’interferogramma può essere convertito
in una mappa di deformazione, ovvero
una rappresentazione di come, nell’arco
temporale compreso tra le due acquisizioni
Figura 2 - 11: Interferogramma tra due acquisizioni SAR raffigurante le deformazioni superficiali indotte dal sisma de L’Aquila
(febbraio 2009 la prima, aprile 2009 la seconda). I valori di fase variano tra –π e +π. L’interferogramma è stato sovrapposto
ad una immagine ottica solo per comodità di visualizzazione.
28
Principi di base del metodo
utilizzate per costruire l’interferogramma, il
terreno si è mosso, lungo la direzione di vista
del satellite (ovvero, come sono variate le
distanze sensore-bersaglio al suolo).
La conversione da interferogramma a mappa
di deformazione semplifica grandemente
l’interpretazione dei dati interferometrici
da parte dell’utente finale, infatti, data la
natura ambigua dei valori di fase, che sono
sempre compresi tra –π e +π, l’interpretazione
corretta delle frange interferometriche non è
immediata. In Figura 2 - 12 viene mostrato
un esempio di mappa di deformazione del
terreno ottenuta mediante la conversione di
un interferogramma SAR.
Sempre con riferimento alla Figura 2 - 12,
nella parte sinistra è riportato un
interferogramma che presenta buona
coerenza su oltre metà della scena elaborata,
nella parte coerente si notano delle frange
interferometriche che denotano la presenza
di fenomeni di spostamento del terreno, nella
Figura 2 -12 a destra lo stesso interferogramma
viene mostrato convertito in mappa di
deformazione con range di spostamento tra
-60 e +60 millimetri. L’aspetto cruciale della
conversione non è l’unità di misura, ovvero il
passaggio dalla fase ad una misura di distanza
solitamente espressa in millimetri, bensì la
soluzione dell’ambiguità dei valori di fase,
Capitolo 2
che sono ciclicamente ripetuti, il cui effetto
visivo è proprio la frangia interferometrica.
Un incremento di fase di, ad esempio, ε
radianti positivi su di una fase di +π, genera
nell’interferogramma un valore di fase di
–π+ε anziché π+ε.
Dunque la conversione da interferogramma
a mappa di deformazione ha come premessa
la soluzione di un difficile problema,
molto noto nella letteratura scientifica,
che è risolvere l’ambiguità di fase, o, con
termine molto usato, il phase unwrapping
dell’interferogramma.
Il problema del phase unwrapping (o
“srotolamento di fase”) è molto complesso
da risolvere, almeno nel caso in cui la densità
delle frange interferometriche risulti elevata e
il rumore di fase non sia trascurabile. Non si
vuole qui descrivere le tecniche solitamente
impiegate per l’ottenimento della mappa
di deformazione, d’altra parte riteniamo
importante richiamare l’idea di base con un
semplice esempio: il problema del phase
unwrapping è infatti simile a quello di passare
da una serie di “curve di livello” di una mappa
topografica (di cui si conosca semplicemente
la variazione di quota tra una e l’altra) ad una
vera e propria “mappa di elevazione” in cui ad
ogni punto sia associata una quota; il tutto a
partire da un punto di misura a quota nota.
Figura 2 - 12: Esempio di mappa di deformazione in millimetri (a destra) e, a sinistra, l’interferogramma che l’ha originata.
29
2.2.5 Limiti dell’analisi DInSAR tradizionale
Per quanto strumento in grado di fornire
risultati utili e corretti, l’analisi DInSAR ha limiti
evidenti, in parte già evidenziabili dall’analisi
dei due esempi mostrati precedentemente:
--
Gli interferogrammi possono essere ben
compensati dagli effetti topografici, ma
restano affetti dai disturbi atmosferici,
che possono indurre errori nella stima
del movimento (si notino i valori di fase,
tutt’altro che costanti, presenti nella parte
in basso di Figura 2 - 11).
--
La precisione della stima eseguita non è
desumibile dai dati utilizzati (a causa della
impossibilità di compensare gli effetti
atmosferici senza informazioni a priori).
--
Consente una stima più o meno precisa
del movimento tra i due istanti in cui sono
state acquisite le immagini con cui si è
generato l’interferogramma, ma non può
dire nulla riguardo al tipo di movimento
in corso (spostamento lineare nel tempo,
moto stagionale, deformazione improvvisa).
--
Punti isolati e coerenti non sono identificabili
e non possono dare informazione utile.
In generale, aree spazialmente limitate
caratterizzate da buoni livelli di “coerenza
interferometrica” non sono quasi mai
utilizzabili.
Semplificando, ma andando al cuore del
problema, è lecito considerare l’analisi
DInSAR come un buon metodo per analisi
qualitative, ma uno strumento insufficiente
per analisi quantitative. Nel corso degli anni, si
sono perciò sviluppate tecniche più sofisticate
rispetto all’approccio DInSAR convenzionale,
volte a superarne i limiti.
30
2.3 La “Tecnica PS” - PSInSAR™
In questa sezione viene descritta la
tecnica PSInSAR™ (o Permanent Scatterer
Technique), la cui versione originale è stata
brevettata dal Politecnico di Milano nel 1999
e costantemente migliorata dal gruppo di
ricerca di TRE. In generale, le tecniche InSAR
avanzate, che sfruttano lunghe serie di
immagini radar multi-temporali per ricavare
informazioni di movimento, sono definite
tecniche di Persistent Scatterer Interferometry
(PSI). La tecnica PSInSAR™ è una delle
tecniche PSI e, invero, la prima ad essere stata
sviluppata.
2.3.1 Sfruttare i Permanent Scatterer
La ricerca, nel corso degli anni, ha proposto
diversi approcci per mitigare o superare i limiti
associati alle analisi DInSAR tradizionali. Una
spinta in questo senso si è senz’altro avuta alla
fine degli anni novanta con lo sviluppo della
cosiddetta “Tecnica dei Permanent Scatterer”
(PSInSAR™) a cui sono seguite tecnologie
simili che ricalcano i concetti di basi introdotti
dal gruppo del Politecnico di Milano.
L’idea di base è quella di concentrare
l’analisi su alcuni “bersagli radar” che
mostrino caratteristiche elettromagnetiche
costanti nel tempo ed estremamente adatte
alle misure interferometriche (i Permanent
Scatterer, appunto). Una volta identificati tali
punti, caratterizzati da valori estremamente
bassi di rumore di fase, è possibile applicare
opportuni algoritmi che permettono di ridurre
l’impatto dei disturbi atmosferici e ricavare le
serie storiche di deformazione dei PS (con
precisioni millimetriche), nonché stimarne
accuratamente la quota rispetto ad un punto
di riferimento (con precisioni metriche).
Al fine di identificare i punti di misura radar
disponibili e di poter filtrare in modo efficace il
contributo atmosferico, è necessario disporre
di un elevato numero di immagini acquisite
sulla stessa zona. In generale si utilizzano
almeno 12-15 scene, ma i risultati migliori si
ottengono con più di 25-30 acquisizioni.
Diversi oggetti possono rivelarsi dei PS, sia di
origine naturale, sia di origine antropica. Tra i
primi si individuano essenzialmente rocce
esposte, superfici non vegetate, ammassi
detritici. Tra i manufatti si annoverano: edifici,
Principi di base del metodo
lampioni, tralicci e in genere qualsiasi struttura
metallica orientata in modo da riflettere il
segnale radar verso l’antenna del satellite.
Nella Figura 2 - 13 viene mostrato un
tipico risultato di un’analisi PSInSAR™. I punti
colorati corrispondono ai Permanent Scatterer
identificati nell’area d’interesse: il loro colore
indica la velocità media di spostamento lungo
la congiungente sensore-bersaglio, positiva se
si avvicina al satellite, negativa se si allontana.
I PS sono stati sovrapposti ad una immagine
ottica di riferimento per semplificarne
l’interpretazione. Si noti come – a differenza
di quanto ottenibile con un’analisi DInSAR
convenzionale – le informazioni siano estratte
su una griglia sparsa di punti di misura.
Le informazioni basilari associate a ciascun
PS, raccolte in file digitali sono:
--
la posizione del bersaglio a terra, ovvero
le sue coordinate spaziali (latitudine/est,
longitudine/nord, quota);
--
la velocità media annua di spostamento
(misurata lungo la congiungente sensore-
Capitolo 2
bersaglio), espressa in mm a-1, calcolata
nell’intervallo
di
acquisizione
delle
immagini elaborate ed in relazione al punto
di riferimento;
--
la serie storica di spostamento, ossia una
serie di valori che rappresenta, acquisizione
per
acquisizione,
l’evoluzione
dello
spostamento subito da ciascun PS, espresso
in mm e misurato nella direzione di vista
del sistema.
2.3.2 Stima e rimozione degli effetti
atmosferici
La stima della componente atmosferica è
uno dei punti di forza della tecnica PSInSAR™
(ed in generale delle tecniche PSI) rispetto
alle analisi DInSAR. Alla base dell’algoritmo
si trovano alcune osservazioni fatte dai
ricercatori del Politecnico di Milano, relative
alla caratterizzazione dei disturbi atmosferici
negli interferogrammi SAR. Il contributo di fase
legato agli effetti atmosferici è caratterizzabile
in termini statistici, infatti:
Figura 2 - 13: Visualizzazione del risultato di una analisi PSInSAR™ intorno al lago artificiale di Vairano, presso Presenzano (CE)
31
--
varia lentamente nello spazio: l’effetto
dell’atmosfera su ogni immagine non
genera mai brusche variazioni di fase da un
pixel ad uno adiacente;
--
è casuale nel tempo: l’evoluzione nel tempo
non segue andamenti riscontrabili, ad
esempio, nei casi di movimenti superficiali
del terreno, come frane o subsidenze.
La stima della componente atmosferica è
effettuata a valle dell’identificazione dei punti
di misura più favorevoli, dove le componenti di
rumore di fase sono molto deboli. Il risultato è,
per ogni immagine, una stima di componente
di fase atmosferica su un sottoinsieme
di punti. Le caratteristiche statistiche del
contributo atmosferico (lentamente variabile
spazialmente) fanno sì che tale conoscenza
del segnale su una griglia sparsa di punti di
misura sia comunque sufficiente per stimare il
contributo atmosferico sugli altri pixel di ogni
immagine, grazie ad un opportuno processo
di interpolazione. A valle della stima, tutti i
contributi atmosferici sono rimossi dai dati e
si possono stimare le componenti relative allo
spostamento nel tempo dei PS.
2.3.3 Misure relative
Come
già
menzionato,
le
misure
interferometriche sono sempre misure
relative sia nel tempo, con la scelta della
immagine master (o “zero temporale”), sia
nello spazio, con la necessità di selezionare,
all’interno dell’area d’interesse, un punto di
riferimento rispetto al quale riferire tutte le
stime di movimento dei PS.
In genere, per le misure di spostamento
(serie temporali di movimento), la convenzione
adottata è di scegliere come “posizione zero”
(o “origine dei tempi”) la prima immagine
acquisita. Per quanto riguarda invece il
punto di riferimento spaziale, esso deve
essere un PS, altrimenti l’instabilità di fase si
ripercuoterebbe su tutte le misure, rendendole
inattendibili. La scelta viene effettuata in
base a parametri statistici e, in assenza di
informazioni a priori, il punto di riferimento
è supposto non soggetto a spostamento. Se
tali informazioni a priori fossero disponibili
è possibile scegliere il punto di riferimento
in zone particolarmente stabili, già utilizzate
come riferimento per altre misure geodetiche.
Come nel caso di altre misure differenziali,
se il punto di riferimento è affetto da
movimento, questo stesso moto influenzerà
tutte le misure. Fortunatamente, l’influenza
è la stessa per tutti i punti di misura e
quindi non si tramuta in un problema di
interpretazione dei risultati. Qui la differenza
fondamentale rispetto ad altre reti geodetiche
tradizionali è che, in una tipica analisi PS, i
punti di misura sono migliaia ed un’analisi
PS “locale” è comunque eseguita su parecchi
km2. Questo fa sì che una scelta infelice del
punto di riferimento (ovvero, la scelta di un
punto instabile e soggetto a spostamento)
crei solitamente un’anomalia facilmente
Figura 2 - 14: Esempio di serie temporale di movimento di un PS, si nota la presenza di moto sia lineare che non lineare.
32
Principi di base del metodo
evidenziabile nel risultato dell’indagine, che
permette all’operatore di prendere subito le
necessarie contromisure.
Come approfondito nel par. 2.5.2.1
ciò che è importante sottolineare ai fini
dell’interpretazione dei dati è che, qualsiasi
sia la posizione del punto di riferimento
scelto, due PS vicini tra loro avranno una
deviazione standard relativa minima (e quindi
una precisione elevata) che consente di fare
analisi robuste sulle loro differenze di velocità.
Un esempio di serie temporale di movimento
di un PS è illustrata nella Figura 2 - 14. Si noti
come alla prima acquisizione corrisponda il
valore nullo. Come già ricordato, in assenza
di altre informazioni, la serie storica di
spostamento del punto di riferimento sarà
una serie di zeri.
Si rammenti infine come tutte le misure PS
descrivano la sola componente del vettore
di spostamento parallela alla congiungente
sensore-bersaglio (lungo la cosiddetta Line
Of Sight, LOS, del satellite). Questo è un dato
fondamentale: non si deve mai iniziare l’analisi
di un risultato InSAR senza avere bene in mente
la geometria di acquisizione, ovvero qual’è la
direzione che identifica la linea di vista del
sensore radar.
Qualora il movimento abbia componenti
sia verticali, sia orizzontali significative e
non si disponga di altre informazioni a priori
sulla direzione di spostamento, è opportuno
eseguire una doppia analisi PS, con due
geometrie di acquisizione: una ascendente
e una discendente. In questo caso, infatti, è
possibile stimare sia la componente verticale,
sia la componente est-ovest del moto
orizzontale. Ad oggi, tuttavia, non è ancora
possibile stimare la componente nord-sud
con la stessa precisione con cui si possono
ricavare informazioni relative alle altre due
componenti.
Capitolo 2
2.3.4 Quota
Nella tecnica PSInSAR™, per ogni PS, oltre
alla stima del movimento è fornita una stima
del suo valore di quota.
La fase interferometrica contiene un
contributo legato alla topografia, dovuto al
fatto che nelle diverse acquisizioni il satellite
si trova ad osservare l’area di interesse da
posizioni leggermente diverse. La diversa
posizione di acquisizione di ogni immagine
slave rispetto all’immagine master è descritta
dal parametro noto come baseline, che
introduce una relazione di proporzionalità tra
fase interferometrica e quota. (cfr. 2.2).
Il punto di partenza dell’analisi PSInSAR™ è
la fase interferometrica differenziale, che si
ottiene come già menzionato nel paragrafo
2.2.4, sottraendo il contributo di fase legato
alla topografia dalla fase interferometrica
utilizzando un modello digitale di elevazione
(DEM) disponibile a priori. Nell’algoritmo
PSInSAR™ si utilizza il DEM a copertura
globale SRTM (http://srtm.usgs.gov).
Tuttavia, la precisione offerta dai DEM
normalmente disponibili non è tale
da poter eliminare completamente il
contributo topografico dal segnale della
fase interferometria. Per questo motivo,
l’analisi PSInSAR™ prevede la stima congiunta
del contributo di spostamento e di un
contributo residuo legato all’errore del DEM di
riferimento. I valori stimati di questo errore
sono estremamente precisi e consentono di
migliorare il DEM utilizzato come a priori.
I valori di quota forniti come risultato
dell’analisi PSInSAR™ sono espressi in metri e
riferiti all’ellissoide di riferimento WGS841.
Per quanto riguarda le precisioni delle quote
così ottenute, si rimanda al paragrafo 2.5.
1
L’ellissoide di riferimento WGS84 (acronimo di World
Geodetic System 1984) è un sistema globale geocentrico,
costituito da una terna cartesiana con origine coincidente
con il centro di massa della Terra, l’asse Z diretto verso
il polo N convenzionale al 1984, l’asse X passante per il
meridiano di Greenwich al 1984 e l’asse Y diretto in modo
da completare una terna destrorsa
33
2.3.5 Pregi e limiti del PSInSAR™
Nella tabella sottostante sono stati riassunti
i principali pregi e le lacune della tecnica
PSInSAR™ e, in generale, dei dati PSI.
La tabella non va intesa come uno
stato permanente delle tecniche InSAR;
infatti, la tecnologia permette il continuo
miglioramento dei dispositivi radar e dei
satelliti che li ospitano. Già i recenti sensori
disponibili offrono risoluzioni a terra maggiori
rispetto ad un recentissimo passato, la
creazione di costellazioni di satelliti con radar
SAR identici (ad esempio COSMO-SkyMed)
permette di ridurre sensibilmente la frequenza
di ripetizione dei passaggi, permettendo un
notevole aumento nella disponibilità di dati.
Questi miglioramenti riducono anche
l’impatto negativo della vegetazione, seppur
non in modo definitivo. Inoltre la ricerca
scientifica continua a migliorare le tecniche di
elaborazione dei dati, consentendo migliori
risultati anche su dati SAR ormai acquisiti e
conservati negli archivi.
Tabella 2 - 2: quadro riassuntivo dei pregi e dei limiti della tecnica PSInSAR™
Pregi
Non è intrusivo, né distruttivo
Vegetazione e neve ostacolano le misure
Misure affidabili e precise
Sono raramente misurabili moti veloci
Possibilità di serie storiche fin dal 1992 grazie
ai dati ESA-ERS
Non misura moti paralleli all’orbita satellitare
(Nord-Sud)
Economico, specie su larga scala
Acquisizioni limitate dai cicli orbitali
Dati disponibili su scala mondiale
Figura 2 - 15: Distributed Scatterer e Permanent Scatterer
34
Difetti
Principi di base del metodo
2.4 Tecniche PS di seconda
generazione: SqueeSAR™
La tecnica SqueeSAR™ è l’evoluzione del
PSInSAR™, nonché il frutto della ricerca
congiunta di TRE e Politecnico di Milano. Viene
ora proposta da TRE come analisi standard ed
è in corso l’iter per l’ottenimento del brevetto
internazionale. Nei prossimi paragrafi verranno
mostrate le sue peculiarità con enfasi sulle
differenze rispetto al PSInSAR™.
2.4.1 Riflettori Distribuiti (DS)
Nella sezione precedente sono state
evidenziate le caratteristiche essenziali delle
analisi PS, ponendone in risalto anche i limiti.
Un importante passo avanti è stato conseguito
in questi anni da TRE, in collaborazione con
il Politecnico di Milano. L’obiettivo del filone
di ricerca iniziato già nel 2005 era l’aumento
della densità spaziale dei punti di misura
relativi ad analisi interferometriche, anche
in aree non urbanizzate, ovvero laddove la
densità dei PS risulta solitamente bassa.
è evidente, a parte poche eccezioni quali
ad esempio grandi aree urbane o alcune
tipologie di deserti rocciosi, che gran parte
del territorio investito dal segnale SAR non
darà luogo ad un Permanent Scatterer in ogni
cella di risoluzione (pixel dell’immagine). Tra
Capitolo 2
quanto non è catalogabile come PS, rientrano
molte aree di terreno, parzialmente vegetate
o con vegetazione non eccessivamente folta
rispetto alla lunghezza d’onda del radar, in cui
può esserci un segnale “debolmente coerente”,
ovvero contenente informazione utile, ma
troppo rumoroso per essere identificato come
PS.
Una delle idee alla base della tecnica
SqueeSAR™ è quella di cercare di sfruttare
i cosiddetti riflettore distribuiti (Distributed
Scatterer - DS): aree omogenee di terreno
rilevabili nelle immagini SAR come un
gruppo di pixel adiacenti con caratteristiche
elettromagnetiche simili (ad esempio un
campo di grano o una zona coperta da una
stessa tipologia di vegetazione). I DS, se
elaborati in modo opportuno, possono fornire
un elemento caratterizzato da un buon
rapporto segnale/rumore (ovvero buona
coerenza di fase), che può essere considerato
come una sorta di PS virtuale, sul quale poter
eseguire misure di spostamento del tutto
simili a quelle eseguite con tecnica PS. L’idea
di base è quella di elaborare congiuntamente
l’informazione associata a tutti i pixel
costituenti il DS.
La tecnica SqueeSAR™, confrontata con la
PSInSAR™, si differenzia nella presenza di un
cruciale passo di elaborazione, non presente
nella seconda, ovvero l’individuazione e la
Figura 2 - 16: Esempi di PS: edifici, monumenti, viadotti, antenne, pali, condotte, rocce esposte.
Rocky Outcrops
Buildings
Linear Structures
Terrain Features
Man-Made Structures
Pipelines
35
costruzione dei candidati DS. L’operazione
che genera i DS, può essere vista come
un sofisticato filtro adattativo (a “supporto
variabile”) che viene applicato ai dati SAR
per esaltare, quanto più possibile, il rapporto
segnale-rumore in quelle aree in cui è lecito
presupporre la presenza di DS.
La stima di movimento avviene con le stesse
modalità e soluzioni algoritmiche utilizzate
nella tecnica PSInSAR™, tuttavia è importante
sottolineare come l’informazione tratta dai DS,
non sia frutto di un’analisi puntuale (ovvero
relativa ad un singolo pixel dell’immagine)
come lo è l’analisi sui PS, bensì si riferisca ad
un’area la cui estensione è variabile da DS a
DS ed è funzione anche del sensore utilizzato
(Figura 2 - 15).
Nella Figura 2 - 16 e nella Figura 2 - 17
vengono mostrati alcuni esempi di cosa,
fisicamente, possono essere i PS ed i DS
identificabili con l’algoritmo SqueeSAR™.
Si noti che, a valle di un’analisi SqueeSAR™
risulta sempre possibile non solo distinguere
quali punti di misura siano PS o quali DS, ma
anche conoscere l’estensione areale (espressa
in m2) di ogni DS.
Nelle Figura 2 - 18 e 2 - 19 vengono
mostrati due esempi di confronto diretto
tra risultati PSInSAR™ e SqueeSAR™. Come
lecito attendersi, l’analisi SqueeSAR™, oltre
a preservare tutti i PS dell’analisi PSInSAR™,
amplia le possibilità di indagine e controllo
coinvolgendo molte aree non urbanizzate,
anche in territori montuosi. Come detto nei
paragrafi precedenti, l’aspetto formale del
risultato non cambia, ma può cambiare in
modo sensibile la quantità di informazione
ricavabile dagli stessi dati di partenza: grazie
a SqueeSAR™ diventano quindi possibili
misure di spostamento su aree considerate
non idonee a qualsiasi altra tecnica PSI.
La maggiore densità di punti di misura
permette, inoltre, una migliore stima e
rimozione delle componenti di fase legate ai
disturbi atmosferici, migliorando l’accuratezza
delle misure.
Figura 2 - 17 Esempi di DS: terreni omogenei e superfici regolari.
Homogenous Ground
Scattered Outcrops
36
Principi di base del metodo
Capitolo 2
Figura 2 - 18: Confronto tra analisi PSInSAR™(a sinistra) e SqueeSAR™(a destra) su stessa area.
Figura 2 - 19: Confronto tra analisi PSInSAR™(a sinistra) e SqueeSAR™(a destra) su stessa area.
37
2.5 Precisione ed Accuratezza
In questa sezione vengono descritti i
parametri di qualità delle stime ottenute
tramite dati InSAR. Verrà inoltre spiegato il
problema dell’ambiguità delle misure di fase e
in che modo esso si rifletta sull’interpretazione
dei risultati.
2.5.1 Introduzione
È importante fare chiarezza riguardo a
due termini spesso utilizzati come sinonimi,
ma che in realtà hanno significati diversi:
la precisione e l’accuratezza. Il termine
precisione, relativamente ad una serie di
misure, indica il grado di convergenza dei
valori misurati intorno alla loro media,
mentre l’accuratezza quantifica la distanza
tra le misure e il dato reale (ovvero ciò che
si vorrebbe misurare). Facendo un’analogia
con una successione di frecce scagliate
su un bersaglio, tanto più le frecce sono
raggruppate, quanto più la serie di tiri è
precisa, mentre più il centro del gruppo di
frecce si avvicina al centro del bersaglio, più
la serie di tiri è accurata. Da ciò si deduce che
una misura potrebbe essere precisa, ma non
accurata.
Le misure PSInSAR™ e SqueeSAR™, al pari
di una misura di spostamento con tecnica
geodetica tradizionale o GPS, sono misure
relative: è pertanto più appropriato
ragionare in termini di precisione, piuttosto
che di accuratezza. Una volta, infatti, stimato
e rimosso l’eventuale errore sistematico
(originato ad esempio da una scelta del punto
di riferimento non appropriata), il risultato
sarà accurato, oltre che preciso.
2.5.2 Indici di precisione
I campi di spostamento PS/DS si presentano
con due indici di precisione, la cui
comprensione è molto importante
1. La deviazione standard (STD) della
velocità media di spostamento.
2. La coerenza temporale del punto di
misura.
Figura 2 - 20 Esempio di mappa di velocità media di spostamento (sinistra) e relative mappa della deviazione standard (a
destra).
38
Principi di base del metodo
2.5.2.1 La deviazione standard delle misure
di velocità
La deviazione standard (STD) è un noto
parametro statistico: è un indice che misura
il grado di dispersione di una popolazione di
dati attorno al valore medio. Questa misura
(indicata spesso con σ) è solitamente utilizzata
per quantificare il grado di precisione di
un insieme di misure. Ipotizzando infatti
di conoscere la deviazione standard di una
popolazione di dati e supponendo una
distribuzione normale degli errori (ovvero
gaussiana), il 95% dei valori tende ad essere
incluso nell’intervallo ±2σ rispetto al valor
medio. In assenza di errori sistematici,
precisione e accuratezza coincidono.
Nel caso di analisi PS/DS è possibile ricavare
una stima dei valori di deviazione standard
Capitolo 2
della velocità media di spostamento di
ciascun punto di misura rispetto al punto
di riferimento. La Figura 2 - 20 mostra un
esempio di mappa di velocità media (parte
sinistra) e relativa deviazione standard (parte
a destra). Dalla Figura 2 – 20 si evince che
la deviazione standard è piccola vicino al
punto di riferimento e tende a crescere
allontanandosi da esso, tuttavia tale crescita
non è direttamente proporzionale alla sola
distanza: infatti a determinare la STD è anche
il livello di rumore di fase di ciascun punto. In
generale:
1. Tanto più le immagini SAR sono affette
da componenti atmosferiche significative,
tanto maggiore sarà la STD dei parametri
stimati.
Figura 2 - 21: confronto tra serie temporali a coerenze diverse: nella serie temporale riportata in alto la coerenza è inferiore
rispetto alla serie temporale riportata in basso.
39
2. In generale, la deviazione standard aumenta
con l’aumentare della distanza tra punto di
misura e punto di riferimento. Nonostante
gli algoritmi di filtraggio delle componenti
atmosferiche, i dati InSAR sono comunque
affetti da componenti spurie spazialmente
correlate; questo significa che le misure
relative tra due punti vicini sono – in
generale - più precise di quelle relative a
due punti distanti decine di chilometri.
rispetto al punto di riferimento originale, ma
non per questo non possono essere utilizzati
per mappare con efficacia aree instabili,
grazie a misure relative. Più precisamente,
considerando come punto di riferimento un
PS all’interno dell’area d’interesse sarà possibile
evidenziare i moti differenziali ed il campo di
velocità locale con estrema precisione (poiché
PS vicini tra loro hanno differenze deviazioni
standard minime).
3. Maggiore è il numero di dati disponibili
minore è la deviazione standard.
2.5.2.2 La coerenza temporale
4. Cambiare il punto di riferimento implica la
variazione dei valori di deviazioni standard
di tutti i punti di misura.
A questo punto è importante fare una
precisazione importante sull’utilizzo dei valori
di deviazione standard. A valle di analisi
su vaste aree può capitare che tutti i dati
relativi ad una certa zona, distante dal punto
di riferimento parecchi chilometri, risultino
associati a valori di deviazione standard (dei
valori di velocità media) piuttosto elevati e
pressoché identici (supponiamo pari a 2 mm
a-1). Questo non significa che le misure siano
da buttare. I punti di misura possono risultare
infatti soggetti ad errori sistematici che ne
compromettono la precisione delle misure
La coerenza temporale, da non confondersi
con la “coerenza interferometrica” citata
precedentemente in relazione a singoli
interferogrammi, è un indice che misura
quanto bene il moto del punto di misura
segua un certo modello analitico. La scelta
del modello appropriato deve tenere conto
di alcuni fattori: (a) numero di immagini
elaborate; (b) intervallo temporale tra la
prima e l’ultima acquisizione; (c) eventuali
lacune nell’acquisizione (ad esempio intervalli
sporadici o regolari di assenza di acquisizioni).
Le serie temporali delle analisi PSInSAR™ e
SqueeSAR™ vengono confrontate solitamente
con modelli di tipo polinomiale e sinusoidale
(andamenti stagionali).
Figura 2 - 22: Deviazione standard della velocità media di spostamento per un PS/DS a meno di 4 km dal punto di
riferimento in funzione dell’arco temporale coperto della acquisizioni.
40
Principi di base del metodo
Stabilito il modello matematico da utilizzare,
ogni serie temporale di movimento viene
confrontata con il modello; il risultato
del confronto è l’indice detto coerenza
temporale. Il valore della coerenza temporale
è compreso tra 0 (nessuna coerenza) ed 1
(massima coerenza). I dati creati dalle analisi
PSInSAR™ e SqueeSAR™ vengono selezionati
in base alla coerenza temporale, eliminando
tutte le serie temporali che presentano una
coerenza troppo bassa per garantire una
corretta interpretazione del risultato.
La selezione dipende da diversi fattori,
dunque varia da elaborazione ad elaborazione,
ed è basata su test statistici che determinano
il livello minimo di coerenza da ritenere
accettabile. Va sottolineato, infatti, come il
valore numerico della coerenza non abbia
una valenza assoluta: il valore di coerenza
temporale è sicuro indice di precisione purché
confrontato sempre all’interno dello stesso
set di dati.
La Figura 2 - 21 mostra due serie temporali
di diversa coerenza. Risulta evidente come
la serie temporale di coerenza maggiore (in
basso) appaia molto meglio definita e “pulita”
rispetto alla serie temporale di coerenza
minore (in alto).
Capitolo 2
2.5.3 Altri parametri caratterizzabili
La deviazione standard gioca un ruolo
fondamentale nella comprensione delle
analisi PSInSAR™ e SqueeSAR™. I parametri
per i quali è disponibile una valutazione
della deviazione standard sono: (a) la velocità
media di spostamento, in termini di mm a-1,
e (b) la quota (in metri) dei punti di misura.
Per quanto riguarda ancora la precisione
delle stime di velocità media dei PS, la Figura 2
- 22 mostra l’effetto sulla deviazione standard
(relativamente ad un PS/DS situato entro 4
km dal punto di riferimento) dell’intervallo
temporale coperto dalle acquisizioni (periodo
di monitoraggio), supponendo le acquisizioni
stesse regolari nel tempo. La domanda a cui
si intende rispondere è perciò la seguente:
“Quanto tempo risulta necessario per acquisire
un numero di immagini radar sufficiente ad
avere una precisione migliore di un certo
valore?”. La stessa Figura 2 – 22 evidenzia un
valore simbolico di deviazione standard pari a
1 mm a-1: si evince come, a parità di intervallo
di monitoraggio, si possano raggiungere
precisioni maggiori con dati CSK (COSMOSkyMed) e TSX (TerraSAR-X) piuttosto che con
dati ENVISAT o RADARSAT o, viceversa, fissata
la precisione desiderata, occorra meno tempo
Figura 2 - 23: Schematizzazione degli errori di posizionamento del PS in geometria SAR (dati in banda C: ERS, Envisat e
Radarsat-1). Per i sensori in banda X i valori si riducono a ±1 e ±4.
Nord
P(x)
+2 m
P(y)
-7 m
Ovest
+7 m
PS
Est
-2 m
Sud
41
per raggiungerla utilizzando dati in banda X.
Questo aspetto è essenzialmente legato al
revisiting time più basso dei sensori di nuova
generazione.
Per quanto riguarda, invece, le coordinate
geografiche associate a ciascun punto di
misura si hanno due tipi distinti di errori
possibili: un errore comune a tutti i PS, che si
risolve mediante un allineamento manuale dei
dati (ad esempio utilizzando una immagine
ottica di riferimento), ed un errore proprio di
ogni PS/DS, che non è, di contro, facilmente
eliminabile.
Ad oggi non risulta possibile fornire delle
deviazioni standard relative alle coordinate di
ogni singolo punto, se non per quanto riguarda
l’informazione di quota. Per le coordinate
planimetriche sono tuttavia disponibili dei
valori di riferimento (conservativi) della STD
(Standard Deviation) che possono essere
ritenuti comuni a tutti i punti.
Nella Figura 2 - 23 lo schema illustra come la
posizione associata ad ogni singolo PS/DS sia
affetta da una regione di indeterminazione.
Questa incertezza risulta tanto maggiore
quanto maggiori sono le imprecisioni nella
conoscenza dei dati necessari ad una corretta
geocodifica (posizione e velocità del satellite,
distanza sensore-bersaglio e quota del punto
di misura).
Un quadro di insieme delle precisioni
tipiche ottenibili in analisi PS/DS è fornito in
Tabella 2 - 3, nella quale vengono riportati i
valori della deviazione standard per velocità
di spostamento media, singola misura di
spostamento, individuazione a terra in termini
di coordinate geografiche (Nord, Est, altezza).
Aspetto quest’ultimo da non sottovalutare,
specie se l’obiettivo dell’analisi si riduce ad un
singolo edificio o una parte di esso.
2.5.4 Ambiguità della misura
È importante ricordare che, nel caso di
fenomeni di deformazione con evoluzione
rapida, si può presentare un problema di
ambiguità della misura, che può complicare
l’interpretazione dei risultati InSAR. In linea
teorica, su un singolo bersaglio radar
isolato, la tecnica interferometrica SAR
consente di valutare correttamente tra due
acquisizioni successive, solo movimenti
inferiori a metà della lunghezza d’onda;
eventuali spostamenti di entità maggiore
verrebbero “equivocati”, ovvero confusi con
movimenti più lenti. Al limite, se il bersaglio
si muovesse esattamente di mezza lunghezza
d’onda tra due acquisizioni, non risulterebbe
possibile rilevare alcuna variazione rispetto
al caso di bersaglio fermo, poiché non si
misurerebbe alcuna variazione nella fase
interferometrica.
Per meglio comprendere in cosa consiste
il fenomeno di equivocazione del moto si
osservi la Figura 2 - 24. In questo caso, il
solido grigio rappresenta un bersaglio radar.
Il bersaglio è rappresentato in uno stato
iniziale T0 (in blu), mentre in rosso sono
rappresentati tre possibili casi A, B e C di
spostamento di diversa entità (Sa, Sb e Sc)
all’istante T1 successivo. Il grafico sinusoidale
rappresenta la fase dell’onda elettromagnetica
incidente sul bersaglio. In Figura 2 – 24 L
Tabella 2 - 3: Tabella riassuntiva relativa alle precisioni ottenibili da analisi SqueeSAR™.
Posizione in Nord
Posizione in Est
42
± 2 m (satelliti in banda C)
± 1 m (satelliti in banda X)
± 7 m (satelliti in banda C)
± 4 m (satelliti in banda X)
Quota ellissoidica
± 1.5 m
Velocità media di spostamento
± 1 mm a-1
Misura di spostamento singola
± 5 mm
Principi di base del metodo
rappresenta la distanza che l’onda deve
percorrere affinché la sua fase ritorni al valore
iniziale.
Nel caso A all’istante T1 l’oggetto si è
spostato di una quantità ΔR inferiore a L. Il
sistema radar è in grado di rilevare senza
ambiguità questo spostamento Sa misurando
il valore della fase dell’onda all’istante T1.
Supponiamo invece che all’istante T1 (caso
B) l’oggetto compia un percorso Sb= L+ ΔR.
Il valore della fase dell’onda rende conto
anche in questo caso dello spostamento ΔR
ma, osservando il valore della fase all’istante
T1, non è possibile risalire al fatto che l’onda
ha già compiuto un ciclo completo. In
definitiva, il sistema di acquisizione misura
uno spostamento pari a ΔR, mentre lo
spostamento reale è L + ΔR.
Nel caso C si ha una situazione analoga al
caso B, ma adesso la fase dell’onda compie
un numero intero n di cicli di fase, prima di
compiere la variazione corrispondente a ΔR.
Benché lo spostamento effettivo dell’oggetto
sia Sc= nL + ΔR, per il sensore radar l’oggetto
si è mosso solamente di ΔR. Anche in
questo caso si è caduti in una situazione di
equivocazione del moto.
Capitolo 2
Dunque, i casi A, B e C sono del tutto
equivalenti per il sistema di acquisizione,
che misura in tutte e tre le situazioni uno
spostamento dell’oggetto di ΔR.
In conclusione, affinché non si commettano
errori nella valutazione dello spostamento
dell’oggetto, è necessario che tra i due
istanti di osservazione l’oggetto non subisca
spostamenti superiori a L. Per essere
più precisi, per essere sicuri di misurare
correttamente non solo lo spostamento ma
anche il verso del moto (cioè, l’oggetto si è
avvicinato o allontanato di una quantità ΔR),
è necessario che l’oggetto non si sposti più di
L/2.
Applicando
questa
considerazione
geometrica al caso specifico dei satelliti ERS,
ENVISAT e RADARSAT (lunghezza d’onda λ di
5.6 cm) la distanza L dell’esempio di Figura
2 - 24 è pari a λ/2, cioè 2.8 cm (il fattore ½
tiene conto del fatto che il segnale percorre
per due volte lo stesso cammino, dal sensore
al bersaglio e viceversa). Pertanto la distanza
massima misurabile tra un’acquisizione e la
successiva (L/2) sarà pari a λ/4, ovvero 1.4 cm.
Per i satelliti in banda X il valore di λ/4 sarà
pari a 0.77 cm.
Figura 2 - 24: Esempio di equivocazione del moto del PS.
43
È importante sottolineare che questi limiti
teorici della tecnica si riferiscono a casi di
moti di singoli bersagli radar isolati (ad
esempio il movimento improvviso di una
struttura che non coinvolge nessun altro
bersaglio nelle immediate vicinanze).
Il problema dell’ambiguità della misura
può invece essere risolto in tutti quei casi
in cui il moto è ‘spazialmente correlato’ e
l’area oggetto di analisi è caratterizzata da
una buona densità di punti di misura. Se si
considera lo schema in Figura 2 - 25 è facile
intuire come partendo dall’esterno dell’area
in subsidenza (punti verdi) e integrando
l’informazione di moto sui punti di misura
vicini si riesca a misurare uno spostamento
complessivo (20 mm) superiore a λ/4 (sul
punto rosso).
Il successo di questa operazione dipende
dalla densità dei punti presenti nell’area. In
Figura 2 - 26, invece, a parità di spostamento
totale il numero di punti di misura non
è sufficiente ad effettuare l’integrazione
spaziale, si incorre quindi in un errore di
‘ambiguità’.
Concludiamo questa sezione ricordando
come il fenomeno dell’equivocazione di fase
risulti di fatto molto simile al fenomeno dei
cycle slip nelle misure GPS differenziali. Anche
in questo caso si possono talora introdurre
errori molto rilevanti nelle serie storiche
GPS proprio perché si perde il conteggio
del numero intero di lunghezze d’onda da
considerare nelle misure.
In generale, maggiore è la densità dei punti
di misura e minore è l’entità di moto relativo
tra punti di misura adiacenti, minore la
probabilità di introdurre errori e sottostimare
il campo di spostamento locale.
Figura 2 - 25: Esempio di moto spazialmente correlato: tra due acquisizioni (T0 e T1) è possibile rilevare, sul punto rosso,
uno spostamento di 20 mm (oltre il limite teorico per la banda C di 1.4 cm).
Figura 2 - 26: Esempio di errore di ‘ambiguità: sul punto giallo lo spostamento viene sottostimato (6 mm) a causa della
bassa densità di punti di misura nell’area.
44
Le esperienze delle Regioni partecipanti
al progetto Alcotra Risknat
Capitolo 3
Capitolo 3 Le esperienze delle Regioni
partecipanti al progetto Alcotra Risknat
3.1 Introduzione
I paragrafi seguenti riassumono brevemente
le esperienze delle regioni Liguria, Piemonte
e Valle d’Aosta nel campo dell’utilizzo
dei dati d’interferometria satellitare.
Tali
esperienze rappresentano la base per tutte
le considerazioni esposte nel presente
documento. L’appendice B riporta una serie di
indicazioni frutto dell’esperienza delle stesse
regioni nel campo delle analisi di fattibilità e
della redazione di capitolati.
3.2 Il PST, Piano Straordinario
di Telerilevamento Ambientale
Il Piano Straordinario di Telerilevamento
Ambientale (PST-A), ai sensi della legge 179
del 31 luglio 2002 art. 27, è un Accordo di
Programma tra Ministero dell’Ambiente e
della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM),
Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Protezione Civile (DPC)
e Ministero della Difesa (MD) d’intesa con le
Regioni e le Province Autonome, divenuto
poi Piano Ordinario di Telerilevamento con
la Legge 244 del 24 Dicembre 2007 articolo
2, comma 327.
Obiettivo del Piano Straordinario di
Telerilevamento è realizzare una banca
dati, ad altissima risoluzione, che possa
approfondire la conoscenza del territorio
italiano, utilizzando alcune tra le tecnologie
più evolute che le piattaforme satellitari e su
aeromobili rendono attualmente disponibili,
e favorire inoltre una condivisione dei dati
territoriali tra i vari comparti della Pubblica
Amministrazione.
In particolare, il progetto prevede
l’acquisizione e il recupero, da parte del
Ministero, di dati acquisiti con tecnica Laserscanning LiDAR (da piattaforma aerea) e
con tecnica interferometrica (da piattaforma
satellitare). I dati acquisiti sono catalogati nella
banca dati del Geoportale Nazionale (GN) che
costituisce il sistema informativo geografico
per eccellenza del Ministero dell’Ambiente
(www.pcn.minambiente.it).
I dati LiDAR forniscono informazioni di
estremo dettaglio sulla morfologia del terreno
risultando quindi di grande utilità per gli
studi di analisi del rischio idrogeologico, per
le attività di modellazione idraulica, per la
pianificazione e la modellazione urbana.
Grazie al PST-A, ad Aprile del 2012 il Ministero
dell’Ambiente è riuscito a coprire con rilievi
LiDAR 131.118 km2 di territorio italiano tra
coste, bacini idrografici ed aree critiche.
Attraverso il Geoportale Nazionale, si è arrivati
in questo modo a mettere a disposizione
di utenti pubblici, privati o altri Enti, dati
topografici ad elevata risoluzione riguardanti
ben il 43,44% del territorio nazionale.
I dati inteferometrici SAR consentono
di mappare efficacemente spostamenti
superficiali del terreno legati a fenomeni
franosi e di subsidenza.
Il Ministero dell’Ambiente ha acquisito dati
interferometrici per l’intero territorio italiano
(Figura 3 - 1). Tale banca dati comprende
immagini satellitari ERS 1-2 relative al periodo
1991-2000 e immagini satellitari ENVISAT
relative al periodo 2003-2010. Inoltre, nel
periodo 2009-2011 sono stati acquisiti
dati interferometrici ad elevata risoluzione
(Cosmo-SkyMed) per 3 aree critiche specifiche,
quali Venezia, Bologna e Palermo, in vista di
un’espansione del progetto su scala nazionale.
Il Geoportale mette inoltre a disposizione
elaborazioni PSI per l’intero dataset
interferometrico in suo possesso. L’impiego
della
tecnica
Permanent
Scatterers
Interferometry (PSI) consente il calcolo
puntale e preciso della velocità degli
spostamenti lenti del terreno, permettendo
quindi un monitoraggio di maggior dettaglio
di fenomeni geofisici quali, ad esempio,
45
subsidenza, frane e faglie sismiche, oltre alla
verifica della stabilità di costruzioni e palazzi.
Numerose altre informazioni cartografiche
geologiche e ambientali sono messe
a disposizione del pubblico attraverso
il Geoportale Nazionale. Queste vanno
dalle ortofoto a scala nazionale alle carte
geologiche e topografiche, dalla mappatura
della pericolosità e rischio idrogeologico alla
mappatura delle aree protette e dell’uso del
suolo, a molti altri dati geografici ancillari
dell’intero territorio italiano.
Il Geoportale Nazionale, paragonabile ad
una Biblioteca Nazionale Centrale, mette a
libera disposizione una base cartografica di
riferimento, corredata da un dettagliato set di
informazioni (metadati) indispensabili per la
ricerca, la comprensione e il confronto dei dati
descritti. I metadati seguono il Regolamento
(CE) N. 1205/2008 recante attuazione della
direttiva 2007/2/CE (InSPIRE).
Il Ministero dell’Ambiente, attraverso il
Geoportale Nazionale e in collaborazione con
le varie Amministrazioni competenti, ha così
realizzato un’infrastruttura di dati geografici
articolata in un network di nodi periferici
costituiti delle Pubbliche Amministrazioni
centrali e locali cooperanti e dialoganti tra
loro. La fruibilità di tutte le informazioni a
livello centrale è garantita dal catalogo dei
metadati del GN e dal fatto che le informazioni
sono mantenute a livello dei nodi periferici:
ciò garantisce l’aggiornamento continuo di
dati e metadati.
L’interoperabilità tra i nodi è garantita
dall’utilizzo
di
standard
internazionali
applicati ai servizi web per la condivisione
delle informazioni: WMS, WFS, WCS.
Figura 3-1: Elaborazione con tecnica Permanent Scatterers Interferometry (PSI) di immagini ENVISAT, relative al periodo
2003-2010. Viene visualizzata la velocità media dello spostamento superficiale del terreno avvenuto lungo il periodo di
tempo di riferimento, espressa in mm/anno.
46
Le esperienze delle Regioni partecipanti
al progetto Alcotra Risknat
3.3 Esperienze nella Regione Liguria
In Regione Liguria la prima esperienza
di acquisizione e utilizzo pratico di dati
PSInSARTM risale al 2004 ed è da accreditare
al Settore Piani di Bacino della Provincia della
Spezia che, nell’ambito di una Convenzione
con il Dipartimento di Scienze della Terra
dell’Università degli Studi di Firenze relativa
allo studio della frana di Castagnola in Comune
di Framura, commissionò un’analisi di area
locale su dati ERS discendenti. I risultati di tale
acquisizione non furono eccezionali per la
specifica questione della frana di Castagnola
in quanto, come dimostrato dai risultati di
monitoraggi condotti con altre tecniche,
nell’area si è riscontrato un cinematismo a
carattere fortemente stagionale, con brusche
accelerazioni che gli algoritmi di calcolo di
quel tempo non erano in grado di risolvere.
Ciò fece sì che il corpo di frana risultasse privo
di bersagli che, invece, erano diffusamente
presenti negli areali circostanti. Questo
permise di verificare, invece, la presenza di
forti deformazioni a carico di altri due grandi
corpi franosi già noti e monitorati nei dintorni,
la frana di Lemeglio, in Comune di Moneglia
Capitolo 3
e quella di Case Maestri in Comune di Deiva
Marina.
Immediatamente dopo questa prima
esperienza, nel 2005, Regione Liguria acquisì
direttamente, con propri fondi, analisi di area
vasta di dati ERS sia ascendenti che discendenti
per un settore di circa 1.000 km2 in Provincia di
Genova e per la fascia costiera della Provincia
della Spezia. L’anno successivo, sempre a
valere su fondi propri, l’Amministrazione
regionale completò la copertura relativa alla
Provincia di Genova e acquisì i dati anche per
la porzione padana di quella di Savona. Tale
acquisizione seguì i positivi riscontri che la
fase di analisi sperimentale dei dati acquisiti
nel 2005 aveva fornito (Bottero et al., 2006);
questi dati erano intesi soprattutto a fornire
ai tecnici del Settore Assetto del Territorio,
che avrebbero dovuto supportare numerose
amministrazioni comunali di pertinenza
padana nell’esecuzione degli approfondimenti
funzionali alle verifiche di compatibilità degli
strumenti urbanistici con il Piano di Bacino
Stralcio per il Rischio Idrogeologico (PAI) del
Fiume Po, un’importante base conoscitiva
per la definizione dello stato di attività delle
frane. Dal 2006 in poi, infatti, questi dati sono
Figura 3-2. Storia delle acquisizioni di dati radarinterferometrici in Liguria
47
stati utilizzati correntemente a supporto delle
attività del Settore Assetto del Territorio,
che svolge anche le funzioni di segreteria
dell’Autorità di Bacino di Rilievo Regionale.
Nel 2007, inoltre, Regione Liguria avviava
una convenzione con il Dipartimento di
Scienze della Terra dell’Università di Firenze
finalizzato alla definizione di linee guida
di approfondimento sulle frane per la
riperimetrazione e la zonazione di areali
a differente grado di pericolosità, di cui si
parlerà più diffusamente in un successivo
capitolo. Nell’ambito di questa convenzione
è stato proposto, fra l’altro, l’utilizzo dei
dati PS a supporto della definizione dello
stato di attività delle frane. La figura 3 - 2
riassume la storia delle acquisizioni di dati
radarinterferometrici in Liguria.
Dal punto di vista della divulgazione dei
dati, in prima battuta, a partire dal 2008, ha
reso disponibili, solo per gli utenti istituzionali
abilitati, la banca dati cartografica relativa
alle aree anomale estratte con procedura
automatica dai cluster di territorio analizzati
con tecnica PSInSARTM, corredati da apposita
manualistica intesa a guidare al meglio l’utente
al corretto utilizzo dell’informazione. Solo
recentemente, a seguito del passo intrapreso
a livello nazionale con la diffusione diretta
del dato PS da parte del Portale Cartografico
e grazie alle attività intraprese nell’ambito del
Progetto RiskNat, i dati attualmente disponibili
sono stati resi pubblici a tutti gli utenti
tramite un’apposita interfaccia, nell’ambito
del Repertorio Cartografico Regionale (www.
ambienteinliguria.it). A corredo di questi dati
viene, inoltre, fornita opportuna manualistica
contenente le informazioni di base in merito
alla natura dei dati nonché alcune indicazioni
tecniche circa le modalità di corretto utilizzo
dei dati (vedi appendice A).
48
3.4 Esperienze
della Regione Piemonte
In Piemonte le attività connesse con
l’acquisizione e l’analisi dei dati derivanti
da interferometria satellitare sono state
sino ad oggi sviluppate essenzialmente dal
Dipartimento Tematico Geologia e Dissesto
di Arpa Piemonte, l’agenzia regionale per la
protezione ambientale. Le prime esperienze
risalgono ai primi anni duemila (Figura
3–3), quando Arpa ed altri enti piemontesi
effettuarono alcune sperimentazioni del
metodo PSInSARTM su alcuni limitati settori
del territorio regionale al fine di verificare
se la neonata tecnica potesse essere
proficuamente utilizzata per la valutazione di
problematiche connesse ai movimenti franosi.
Le ottime risultanze di tali verifiche portarono
Arpa a finanziare, nel 2006, un’indagine
che comportò l’elaborazione PS per l’intero
territorio regionale, circa 25.000 km2, primo
caso di una superficie così vasta coperta
con tale tipo di indagine. L’elaborazione
utilizzò immagini dei satelliti ERS1 ed ERS2
per l’intervallo di tempo compreso tra gli
anni 1992 e 2001. Il settore Piemonte Nord
(circa a nord del parallelo di Torino) venne
coperto con analisi di immagini riprese sia in
orbita ascendente che in orbita discendente;
il settore Piemonte sud comportò l’analisi
della sola orbita discendente. L’indagine
identifico nel complesso circa 2.5 milioni
di PS. Essendo la tecnica particolarmente
idonea all’identificazione ed alla definizione
delle deformazioni ad evoluzione lenta,
l’intervallo di tempo compreso tra gli anni
1992 e 2001 è particolarmente significativo
per il Piemonte, essendo stato tale periodo
interessato da almeno sette eventi alluvionali
principali (settembre/ottobre 1993; giugno
1994; novembre 1994; luglio 1996; ottobre
1996; giugno 2000; ottobre 2000).
Questa prima indagine a scala di regione
permise di ben definire e caratterizzare
numerose grandi frane alpine con un buon
grado di dettaglio e di evidenziare le enormi
potenzialità della tecnica per tale tipo di
analisi. Le risultanze, elaborate sotto forma
di aree anomale (vedi capitolo 4) vennero
rapidamente rese disponibili in rete sul sito di
Arpa Piemonte.
Le esperienze delle Regioni partecipanti
al progetto Alcotra Risknat
Nel 2010 Arpa, per conto di Regione
Piemonte e nell’ambito del progetto RiskNat,
ha effettuato un’indagine che copre, di
fatto, gran parte dell’arco alpino occidentale
con le province di Cuneo, Torino, Biella,
Verbania ed il settore alpino della Provincia
di Vercelli, utilizzando immagini della
piattaforma RADARSAT 1 sull’intervallo di
tempo 2003÷2009 e tecnica elaborativa
SqueeSAR™ (vedi capitolo 2). La disponibilità
d’immagini sul territorio d’interesse si riferisce
all’acquisizione in modalità Standard Beam S3
per un periodo che va dal marzo 2003 fino a
dicembre 2009 con una frequenza di passaggi
regolari ogni 24 giorni con una media ad oggi
di circa 75 immagini per track. Nel complesso
l’analisi ha definito circa 2 milioni di PS/DS.
Le risultanze, ora in corso di divulgazione,
sono eccellenti e permettono di ottenere
informazioni sulla quasi totalità delle grandi
frane critiche a cinematica lenta in Piemonte.
La disponibilità di una tale enorme mole di
ottimi dati comporta, paradossalmente, una
grossa difficoltà, quella, ovvero, di mobilizzare
le risorse umane necessarie per le fasi di
Capitolo 3
organizzazione interpretazione e riversamento
dei dati e delle relative elaborazioni sugli
strumenti informativi disponibili (IFFI, PAI
ecc.).
Nella Regione Piemonte, Arpa promuove
attualmente l’utilizzo delle tecniche PS/DS in
una molteplicità di campi:
--
tutte le fattispecie inerenti il rischio
idrogeologico quali frane, conoidi, depositi
periglaciali;
--
interpretazione geologica e per l’evoluzione
neotettonica del territorio piemontese;
--
monitoraggio deformazioni superficiali;
--
attività estrattive;
--
discariche;
--
prelievo idrico dal sottosuolo;
--
pratiche di VIA e VAS;
--
attività relativa alle direttive di valutazione
per conto del Centro di Competenza Arpa
Piemonte per la realizzazione e verifica
di prodotti e servizi per la previsione e la
prevenzione del rischio idrogeologico per
conto del Dipartimento di Protezione Civile
Figura 3-3 Attività di Arpa Piemonte per l’acquisizione di dati radarinterferometrici.
49
Nazionale per il biennio 2007-2009 e 20102012.
L’Agenzia partecipa
tecnici aventi come
radarinterferometriche:
anche a gruppi
tema le tecniche
3.5 Esperienze della Regione
Autonoma Valle d’Aosta
--
gruppo di valutazione e pianificazione della
costellazione satellitare italiana CosmoSkyMed per conto del Dipartimento di
Protezione Civile Nazionale.
--
gruppo di controllo e di validazione prodotti
del Piano Straordinario di Telerilevamento
e Piano Ordinario di Telerilevamento per
conto del Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare, Direzione
Generale Difesa Del Suolo;
In Valle d’Aosta gli uffici regionali hanno
individuato alcune linee di sviluppo della
ricerca inerenti il telerilevamento, che
rappresentano elementi di approfondimento
indispensabili sia per sostenere le azioni di
previsione e prevenzione del dissesto, sia per
favorire un equilibrato sviluppo territoriale.
Nel 2007, l’Amministrazione regionale ha
provveduto all’acquisto dei dati radar satellitari
della piattaforma ESA-ERS per il periodo 19922001. Il trattamento dei dati con la tecnica
PSInSARTM ha consentito la localizzazione di
circa 370.000 bersagli fissi (Figura 3-4).
Il lungo processo che ha visto e vede
impegnata Arpa Piemonte, per conto di
Regione Piemonte, nell’acquisizione, gestione
ed elaborazione dei dati ha permesso di
avere a disposizione degli addetti ai lavori un
dataset di misure diffuse su tutto il territorio
regionale che ricoprono un arco temporale
di 20 anni con una numerosità che supera
i 7.500.000 punti di misura disseminati sul
territorio. Tale quantità di misure, oltre ad
essere quotidianamente utilizzata dalla stessa
Agenzia nello studio e nella comprensione dei
fenomeni franosi, viene diffusa sia attraverso
le pagine del web di Arpa Piemonte sia tramite
il geoportale del Progetto RiskNat all’indirizzo
http://webgis.arpa.piemonte.it/risknat/
(vedi anche appendice A).
Nel 2010, l’Amministrazione regionale
ha acquistato i dati radar satellitari della
piattaforma RADARSAT per il periodo 20032010. Il trattamento dei dati con la tecnica
SqueeSARTM (vedi cap. 2) ha consentito la
localizzazione di circa di circa 770.000 bersagli
fissi per la geometria ascendente e di circa
750.000 per la geometria discendente (Figura
3-5).
Una elaborazione dei dati ERS 1992-2001 ha
permesso di confrontare la distribuzione dei
PS con i perimetri dei fenomeni individuati
nell’ambito del progetto IFFI (Inventario delle
frane in Italia); sono stati esplorati i dataset PS
alla ricerca di settori in cui la copertura di PS
fosse soddisfacente ed inoltre il segnale PS
fosse diverso da zero.
Figura 3-4: Distribuzione sul territorio valdostano dei PS da Piattaforma ESA-ERS della geometria ascendente (a sinistra) e
discendente (a destra).
50
Le esperienze delle Regioni partecipanti
al progetto Alcotra Risknat
Queste aree sono state analizzate tramite
foto-interpretazione utilizzando il volo RAVA
1997, ritenuto un buon compromesso tra
quota di volo, copertura e anno di volo.
La foto-interpretazione è stata finalizzata
alla definizione speditiva del quadro
geomorfologico locale con particolare
riferimento agli elementi della dinamica
gravitativa, nonché sulla base dell’interferenza
con l’antropizzazione e attività dell’uomo da
una parte e la presenza di ampia copertura
PS dall’altra.
Per 22 aree di frana significative (Figura
3-6) è stata redatta una serie di schede
monografiche, in cui sono state raccolte
Capitolo 3
le
caratteristiche
geomorfologiche,
di
distribuzione spaziale dei PS e per le quali
sono state proposte delle interpretazioni di
carattere dinamico dei fenomeni gravitativi
analizzati. Per i fenomeni franosi analizzati è
stata valutata una velocità PS media tra i PS
ricadenti all’interno del limite di frana o di
DGPV.
Il calcolo della velocità PS media è stato
effettuato per quei fenomeni franosi o per
settori di questi che mostrano omogeneità
dal punto di vista morfologico insieme a
un numero e ad una distribuzione dei PS
sufficiente a tale operazione.
Figura 3-5: Distribuzione sul territorio valdostano dei PS/DS da Piattaforma RADARSAT della geometria ascendente (a
sinistra) e discendente (a destra).
Figura 3-6 Ubicazione dei fenomeni gravitativi (arancione: DGPV; rosa: frane) per i quali è stata prodotta la scheda
monografica.
51
Organizzazione e trattamento dei dati
Capitolo 4
Capitolo 4 Organizzazione e trattamento dei dati
4.1 Introduzione
La diffusione di dati PS/DS su tutto il
territorio nazionale (vedi anche il progetto
PST, Piano Straordinario di Telerilevamento
del Ministero dell’Ambiente, cap. 3-2) rende
necessario lo sviluppo di standard relativi alle
procedure per la loro analisi e interpretazione,
mettendo ben in evidenza i limiti associati.
Vengono perciò presentate nel presente
capitolo le seguenti procedure di analisi del
dato PSI, analizzandone i vantaggi e i limiti:
--
determinazione
della
probabilità
di
identificazione di bersagli radar: metodo di
pre-processing del dato al fine di individuare
a priori le aree che è possibile studiare con
la tecnica PS/DS;
--
individuazione delle “aree anomale”: metodo
di post-processing per l’interpretazione dei
dati PS/DS a scala regionale;
--
proiezione della velocità lungo la linea
di massima pendenza: metodo di postprocessing per stimare la velocità nel caso
di movimento parallelo al pendio;
--
scomposizione del movimento: metodo di
post-processing per valutare la componente
verticale e la componente orizzontale E-O;
--
confronto tra monitoraggio satellitare e monitoraggio strumentale.
4.2 Carta della probabilità di
identificazione di bersagli radar
(metodo cr-index)
La distribuzione dei bersagli radar è
influenzata da due fattori: a) l’uso del suolo
(area urbana, prato, ecc.) e b) le deformazioni
prospettiche (layover, foreshortening e
shadowing) (vedi anche paragrafo 2.1.4)
causate dalla geometria di acquisizione dei
sistemi radar satellitari e dalla topografia del
terreno. Appare auspicabile prima di acquisire
dati interferometrici da satellite valutare in
maniera speditiva la possibilità di identificare
punti di misura radar nell’area di interesse.
Al fine di individuare a priori le aree che è
possibile studiare con la tecnica PSI è stato
recentemente sviluppato il metodo di preprocessing, denominato CR-Index basato sulla
combinazione di due fattori: la deformazione
prospettica e l’uso del suolo (Colombo et al.,
2006; Notti et al., 2011).
Il modello “CR-index” fornisce la probabilità
di avere PS/DS in una determinate area.
L’indice CR è composto da due componenti:
R-Index che considera gli effetti topografici e
LU-index che considera l’uso del suolo.
L’indice R
L’indice R (Figura 4 - 1) deriva dalla
combinazione della pendenza (S) e
dell’esposizione del pendio (A), derivati dal
DEM, e dei parametri della linea di vista (LOS)
del satellite (angolo di incidenza e angolo di
puntamento dalla direzione Ovest calcolato
in senso antiorario). L’indice R rappresenta
anche il rapporto tra le dimensioni di un pixel
in Ground Range e di un pixel in Slant Range.
L’indice R varia da valori negativi fino a
1 (o 100% se espresso in percentuale). I
valori negativi indicano un’area interessata
da fenomeni di layover e foreshortening,
bassi valori (<0.4 o 40%) indicano una forte
compressione dei pixel che limita la presenza
di PS/DS, il valore 1 (o 100%) indica un pendio
parallelo alla LOS. In generale quando l’indice
R è maggiore di 0.4 il pendio ha una buona
orientazione e l’uso del suolo è il principale
fattore che influenza la distribuzione dei PS/DS.
Gli effetti di shadowing possono essere
evidenziati utilizzando un modello shaded
relief, in genere sono molto limitati perché
interessano pendii molto acclivi (> 56° con
RADARSAT e > 67° con ERS), che rappresentano
aree ridotte anche nei settori alpini.
La Figura 4 - 2 mostra l’indice R calcolato, a
partire da dati RADARSAT discendenti, per due
pendii con esposizione opposta, in un’area
test delle Alpi Piemontesi. Entrambi i versanti
presentano lo stesso uso del suolo (detrito).
53
Sul versante occidentale, che presenta una
buona esposizione, l’indice R è elevato; un
pixel (AT) nella risoluzione di Ground Range
(GR) ha le stesse dimensioni di un pixel (A’T’)
in Slant Range (SR); la densità dei PS/DS è
buona (Figura 4 - 3). Il versante orientale è
interessato da fenomeni di layover: un pixel
in Slant Range è molto compresso, in questa
zona nessun PS/DS è stato identificato.
Confrontando l’indice R ottenuto con
diverse inclinazioni della LOS si osserva che
le deformazioni topografiche sono elevate
utilizzando un satellite con un basso angolo
di incidenza. Il satellite RADARSAT, con un
angolo di incidenza di 34°, presenta un’area
interessata da distorsioni geometriche con
dimensioni inferiori rispetto a quella del dato
ERS (23°) (Figura 4 - 4).
In Figura 4 - 5 è stato messo a confronto
l’indice R con la densità dei PS/DS in differenti
contesti geologici-geomorfologici (Alpi NO,
Alpi Liguri, Appennino) e con differenti angoli
di incidenza della LOS (34° e 23°).
La distribuzione dei PS/DS presenta trend
similari per tutti i settori: bassa densità
dei PS/DS quando l’indice R è negativo, la
massima densità dei bersagli è relativa ad un
valore di R tra 40 e 80%, la densità diminuisce
per valori di R superiori a 80%, in quanto si
tratta di aree ubicate su pendii acclivi dove la
presenza di bersagli è nulla. Le aree a bassa
acclività, dove è maggiore la concentrazione
di strutture antropiche e quindi di bersagli
radar, hanno un R-index di 40-50%. Nelle Alpi
la presenza di detrito su pendii acclivi aumenta
la densità dei DS e quindi il valore di R.
Figura 4 - 1: Procedura per la valutazione di “R-Index”
1) Dati da DEM
Pendenza
(S)
Esposizione (A)
2) Parametri linea di vista LOS
Angolo con l’Ovest (α )
Angolo di incidenza ( δ )
N 270°
190°
350°
E - 180°
O0°
34°
0°
34 °
S - 90 °
Puntamento LOS Discen.
Puntamento LOS Ascend.
R-index = - sin {([ S · sin (A + α ) ] - sin ( δ ) 
R Index * 100
Effetto
≤0
R Index * 100
Layover - Foreshortening
Effetto
0 - 30
Effetti topografici elevati
≤0
Layover - Foreshortening
30 - 50
Effetti topografici moderati / deboli
0 - 30 > 50 EffettiEffetti
topografici
elevati
topografici
assenti
30 - 50
> 50
Distribuzione dei PS
Nessun PS
Distribuzione dei PS
PS Scarsi
Nessun PS
Dipende in prevalenza dall'uso del suolo
PS Scarsi
Dipende
solo dall'uso del suolo
Effetti topografici moderati / deboli
Dipende in prevalenza dall'uso del suolo
Effetti topografici assenti
Dipende solo dall'uso del suolo
Figura 4 - 1: Procedura per la valutazione di “R-Index”
54
Organizzazione e trattamento dei dati
Capitolo 4
Figura 4 - 2: R Index nel settore NO del Piemonte. Il rettangolo rosso rappresenta l’area in Figura 4 - 3.
Figura 4 - 3: Profilo dei valori dell’indice R confrontati con la distribuzione dei PS RADARSAT discendente.
55
Figura 4 - 4: Rosone (Piemonte). Confronto di un’area interessata da effetti di layover-foreshortening (in rosso) utilizzando
satelliti RADARSAT (angolo incid. 34 °) e ERS (angolo incid. 23°).
Figura 4 - 5: Densità dei PS/DS vs classi di “R-Index”. Il numero di bersagli rilevato per la Provincia di Imperia appare
decisamente più elevato rispetto alle altre aree in quanto derivante da elaborazioni di immagini Radarsat con tecnica
SqueeSAR”.
56
Organizzazione e trattamento dei dati
LU-Index
Il secondo parametro utilizzato per la
determinazione dell’indice CR è l’indice LU. Ad
ogni classe di uso del suolo è assegnato un
valore della probabilità di avere PS/DS basato
su analisi statistiche di distribuzione di dato
PS/DS per classi di uso del suolo maturate in
esperienze precedenti.
Per esempio, un’area urbana ha una
probabilità elevata di avere PS (100%), aree
a bosco hanno una probabilità prossima a 0
(Tabella 4 - 1).
Capitolo 4
Nella determinazione dell’indice LU la
definizione delle classi di uso del suolo
e la loro risoluzione spaziale sono molto
importanti. La Figura 4 - 6A presenta l’indice
LU calcolato in Piemonte: si osservano i valori
elevati di LU assegnati alle aree urbane (Città
di Torino) e alle zone con detrito nelle Alpi.
Anche in Provincia di Imperia la distribuzione
è simile, con la massima densità nei centri
urbani; la maggiore presenza delle aree
coperte a bosco lascia ampie aree con LUindex basso.
Tabella 4-1: Densità di PS/DS in diverse classi di uso del suolo. (dati RADARSAT, Regione Piemonte)
Uso del suolo
PS
DS
(PS+DS) km-2
PS km-2
DS km-2
Aree edificate
33%
67%
496
164
332
Praterie alpine
6%
94%
159
10
149
Detrito di versante
9%
91%
159
14
145
Arbusteti
8%
92%
76
6
70
Pascoli
26%
74%
65
17
48
Seminativo
26%
74%
52
14
Praterie
30%
70%
36
11
25
Bosco
9%
91%
27
2
24
39
Figura 4 - 6: LU index nel NO Piemonte (A) e in Provincia di Imperia (B)
A
B
= 10 Km
57
CR-Index
Gli indici LU e R vengono combinati per
ottenere l’indice CR (Figura 4 -7).
L’influenza dell’indice R nella determinazione
della densità dei PS/DS è elevata per valori
inferiori a 40%, per valori superiori l’uso del
suolo è il principale fattore che condiziona
la distribuzione dei PS/DS. Quando la
probabilità di avere PS/DS è nulla per uno dei
due parametri anche l’indice CR è nullo.
CRi= (Ri + LUi * LU weight) / (1 + LU weight) * (“0” area) [1]
Dove:
CR = Indice di probabilità di avere PS;
R = Indice di effetto della topografia;
LU = Indice di uso del suolo;
LU weight = Il peso dell’indice di uso del suolo
Tabella 4-2: Indice CR confrontato con la densità di PS in Provincia di Imperia
58
Probabilità di PS (CR Index)
km2
% AREA
PS
% PS
Nulle 0
25
2%
1592
1%
DENSITà PS
(PS km-2)
63
Basse (0 – 20)
94
8%
6185
3%
66
Medio-Basse (20- 40)
661
58%
51972
26%
79
Medie (40 - 60)
270
24%
72696
37%
269
Medio-Alte (60 -80)
64
6%
42150
21%
663
Alte (80 – 100)
Provincia di Imperia
24
2%
21635
11%
894
1138
100%
196230
100%
172
Organizzazione e trattamento dei dati
Capitolo 4
Figura 4 - 7 A - B: CR-index in NO Piemonte per un dataset discendente e confronto con la reale distribuzione dei PS/DS.
A
B
Figura 4 - 7 C - D: CR-index in Provincia di Imperia e confronto con la reale distribuzione dei PS/DS.
C
D
= 10 Km
59
Applicazione del metodo
Scala regionale e locale
Vantaggi
L’indice CR è un indice probabilistico che
ha lo scopo di aiutare nella selezione delle
aree in cui è possibile utilizzare la tecnica
dei persistent scatterer. Il confronto tra la
carta dell’indice CR e l’inventario delle frane
permette di conoscere in anticipo quante
frane sono idonee per uno studio con la
tecnica PS/DS. In Figura 4 - 8 la percentuale
di frane con almeno 1 PS è confrontata con
i valori di indice CR in un’area del Piemonte
nord-occidentale. Solo le frane con un indice
CR > 60% hanno una buona probabilità di
avere PS/DS. La percentuale di frane con
almeno 1 PS/DS arriva al 70% per un indice
CR > 80%. Nell’area di studio, le frane con un
indice CR maggiore di 80 costituiscono il 25%
dell’intero inventario IFFI.
Limiti
--
soggettività nella determinazione dei pesi
dell’indice LU;
--
qualità fortemente dipendente dalla carta
di uso del suolo;
--
una volta determinata la probabilità di avere
PS/DS nell’area di studio occorre valutare la
qualità dei bersagli (Figura 4 - 9).
Figura 4 - 8: Percentuale di frane con almeno 1 PS/DS e indice CR.
Figura 4 - 9 : Qualità dei bersagli. A = Serre per floricultura: bassa affidabilità, B = Muretti a secco sostegno terrazzamenti:
bassa affidabilità, C = Rocce/detrito di versante: buona affidabilità.
A
60
B
C
Organizzazione e trattamento dei dati
4.3 Metodi di interpretazione
dei dati interferometrici a scala
regionale
L’estrazione di informazioni dai dati PS/DS
per lo studio delle frane a scala regionale
richiede lo sviluppo di metodologie di analisi
che tengano conto dei seguenti fattori:
--
elevata numerosità dei dataset PS/DS;
--
vasta superficie dell’area di studio ;
--
quantità e qualità dei diversi processi
geologici attivi al momento della
formazione dello stack interferometrico che
in qualche maniera possono avere influenza
sulle velocità registrate dai PS/DS.
Procedure
automatiche
sono
state
sviluppate per identificare concentrazioni di
PS/DS ad elevata velocità. Lu et al. (2010),
hanno utilizzato l’analisi statistica hotspot di
dati InSAR. Cascini et al. (2010) riportano una
procedura di analisi di dati DInSAR.
Nei paragrafi seguenti verranno brevemente
descritti tre procedimenti sviluppati per
trattare ed interpretare dati PS/DS a scala
regionale:
Capitolo 4
4.3.1 Procedimento delle “aree anomale”
Nel 2009 Meisina et al. hanno sviluppato
in collaborazione con Arpa Piemonte una
metodologia di interpretazione geologica
dei campi di moto descritti dai PS/DS basati
sull’identificazione di aggregati o cluster
di PS/DS che per caratteristiche fisiche e
spaziali (velocità superiori od inferiori alla
classe di velocità considerata stabile, e
distanza interpunti e numerosità) possono
rappresentare indizi di geo-processi. Tali
raggruppamenti sono stati definiti come “aree
anomale”.
Le operazioni realizzate si concretizzano
sostanzialmente in una serie di filtraggi
d’attributo e spaziali dei dataset e permettono
di concentrare l’analisi su gruppi di dati PS/DS
con carattere locale.
Lo scopo è quindi di generare “poligoni”
contenenti PS/DS, verosimilmente congruenti
in termini di cause, in modalità automatica,
sfruttando le capacità proprie di un GIS
di analizzare dati spaziali, con i seguenti
obbiettivi guida:
--
procedimento delle “aree anomale”;
1. riproducibilità, per quanto possibile, delle
operazioni di filtraggio e aggregazione
sviluppate da un operatore;
--
proiezione delle velocità lungo la linea di
massima pendenza;
2. semplicità di realizzazione pratica e
concettuale;
--
scomposizione del movimento.
3. possibilità di ripetere con rapidità le
Figura 4 - 10 : Parametri per la definizione delle aree anomale
61
di PS/DS sopra la soglia di stabilità che
deve essere presente per definire un’area
anomala o critica (significatività).
procedure in caso di riselezione di soglie
(VEL e distanza di influenza);
4. realizzare un prodotto di immediato
utilizzo all’interno di un GIS.
La metodologia è già stata applicata in
Regione Piemonte ed in provincia di Imperia,
anche se con alcune modifiche. L’approccio
consta delle seguenti fasi (Figura 4 - 10):
Il primo step risulta fortemente critico
rispetto al prosieguo del lavoro. I valori soglia
da considerare come rappresentativi di uno
status di stabilità possono derivare da:
1. definizione della soglia di velocità da
considerare come rappresentativa di uno
status di stabilità e selezione dei PS/DS in
“movimento”;
--
un’analisi combinata dei valori di velocità
ottenuti attraverso le analisi statistiche
preliminari
(distribuzione dei valori di
velocità all’interno di ogni dataset);
2. individuazione dell’area di compartecipazione tra i diversi PS, ovvero della zona di
influenza tra PS/DS (scala di rappresentatività);
--
considerazioni geologiche (trend regionali
di movimento);
--
considerazioni sull’accuratezza e precisione
del dato (come da documentazione fornita
da chi effettua le elaborazioni).
3. determinazione della numerosità minima
Figura 4 - 11: Procedura per la definizione delle aree anomale
62
Organizzazione e trattamento dei dati
Nello specifico, l’intervallo di velocità
considerato come stabile è compreso tra
-2 e +2 mm a-1. Tale valore soglia riflette
principalmente la precisione di misura della
velocità che è di 0,1-2 mm a-1 per un PS
distante meno di 2 km dal punto di riferimento
ed in caso di dataset composto da almeno 50
immagini. Questa operazione di selezione ha
portato, come primo risultato, alla selezione
solo dei punti PS che rispettavano queste
soglie (Figura 4 - 11).
state, pertanto, eliminate le aree anomale
automatiche considerate non significative
in quanto caratterizzate da un numero
elevato di PS/DS stabili (rapporto tra PS/DS
in movimento Pmov e PS totali Ptot < 20 %).
Eventuale aggregazione delle aree: le
aree anomale automatiche adiacenti,
caratterizzate da velocità comparabili e
ritenute appartenenti allo stesso processo
geologico
sono
state
manualmente
aggregate in aree maggiori (“aree
d’indagine”).
La base di partenza del secondo step è la
valutazione di una distanza di influenza e/o
di rappresentatività dei PS/DS selezionati
nella fase precedente, al fine di aggregare tra
loro PS/DS in movimento, che verosimilmente
si trovavano negli stessi ambiti morfologici
(versante, fondovalle, ecc.).
Da osservazioni morfologiche la distanza
minima tra PS/DS di 50 m sembra rappresentare
una buona soluzione per mantenere il risultato
areale (area anomala o critica caratterizzata da
PS/DS in movimento), all’interno di un unico
“contesto geomorfologico”.
Questo step è stato realizzato per mezzo di
un’operazione di prossimità (buffer), ovvero
sono stati generati cerchi con raggio di 50
metri attorno ai bersagli radar in movimento;
la successiva unione di tali figure geometriche
ha portato alla generazione di poligoni (aree
omogenee o critiche) contenenti aggregazioni
di PS distanti non più di 50 m uno dall’altro.
Nell’operazione di buffer si è scelto di
aggregare, nel caso di sovrapposizione,
attraverso il dissolving, i poligoni risultanti.
In questa maniera si premiano gli elementi
ravvicinati.
Successivamente si passa all’interpretazione
delle aree. Si tratta di interpretare la cause del
movimento rilevato; tale azione è avvenuta
tramite la sovrapposizione in ambiente GIS,
di layer informativi territoriali di varia natura
(DEM, carte CTR, ortofoto, inventario fenomeni
franosi IFFI, ecc.).
Le aree anomale prodotte possono essere
inserite all’interno di database regionali
(come avvenuto in Regione Liguria e Regione
Piemonte).
Nel terzo step sono state considerate
significative e selezionate le aree anomale con
un contenuto minimo di PS/DS in movimento
maggiore o uguale a 2.
L’alto numero di aree ottenute ha, tuttavia,
reso necessario lo sviluppo di ulteriori
metodologie di selezione e/o di aggregazione
di quelle in movimento. I criteri utilizzati a
tale fine sono stati:
--
“l’indice di omogeneità” (rapporto tra PS/DS
in movimento Pmov e PS totali Ptot): sono
Capitolo 4
Applicazione del metodo
Scala regionale.
Vantaggi
--
Identificazione di aree in movimento dove
si può concentrare l’attenzione del geologo;
--
procedura semi-automatica in ambiente
GIS che permette di interpretare in tempi
relativamente veloci un numero molto
elevato di dati su una vasta area;
--
possibilità di creare database.
Limiti
Il prodotto derivato da questa procedura
(area anomala), non vuole (e non deve)
assolutamente assumere un ruolo di
prodotto definitivo e soprattutto non ha un
significato geologico; piuttosto esso è da
considerare come un semilavorato su cui si
può concentrare l’attenzione del geologo, che
attraverso le attività di rilevamento sul terreno,
fotointerpretazione ecc., può confermare o
meno la sua significatività e quindi procedere
alla sua interpretazione.
63
4.3.2 Proiezione delle velocità lungo la linea
di massima pendenza
Le tecniche interferometriche consentono di
misurare la componente della deformazione
relativa alla direzione che congiunge il sensore
con il bersaglio a terra, ovvero la linea di vista
del satellite (Line Of Sight - LOS).
Le misure di spostamento fornite dai
dati PS/DS sono, perciò, una componente
di deformazione del vettore reale dello
spostamento.
Quanto più la direzione del vettore di
deformazione reale si discosta dalla linea
di vista, tanto minore è la componente di
deformazione rilevata dal satellite e, al limite,
nel caso di deformazione che si sviluppa con
direzione perpendicolare alla LOS, il valore
misurato risulta nullo (Figura 4 - 12).
Uno dei principali limiti della tecnica PS/
DS consiste, inoltre, nella difficoltà della
registrazione del movimento orizzontale del
bersaglio lungo le direttrice Nord – Sud.
Nello studio dei fenomeni franosi mediante
dati PSI è importante di conseguenza valutare
la percentuale di movimento che il dato
interferometrico è in grado di misurare (es.
per la determinazione dello stato di attività).
Una soluzione per individuare il movimento
reale può essere la proiezione delle velocità
(VLOS) lungo il pendio (vSLOPE) (Figura 4 - 13).
La conversione della velocità da VLOS in VSLOPE
avviene tramite un algoritmo trigonometrico
che
tiene
conto
dell’inclinazione
e
dell’esposizione del pendio rispetto all’angolo
di vista della LOS presupponendo che il
movimento reale avvenga parallelamente al
pendio.
La velocità proiettata lungo il pendio (VSLOPE)
è il rapporto tra VLOS e un coefficiente “C” che
rappresenta la percentuale di movimento
lungo il pendio. Il coefficiente C può essere
calcolato tenendo conto della geometria
della LOS e dall’acclività e dall’esposizione
dei versanti derivati dal DEM attraverso la
seguente espressione:
H = SEN (σ)
N = COS (90 - σ) * COS (θ)
E = COS (90 - σ) * COS (α)
C = [COS(s) * SEN(a - 90) * N ] +{ [-1 * COS(s) * COS(a - 90) ] * E } + [COS (S) * H]
Dove:
σ = Angolo di incidenza della LOS (° dalla verticale alla LOS)
θ = Angolo della LOS con il Nord (° da N in senso orario)
α = Angolo della LOS con L’Ovest (° da O in senso orario)
s = pendenza (°)
a = esposizione del versante (° da N in senso orario)
VSLOPE = VLOS / C
64
Organizzazione e trattamento dei dati
La figura 4-14 riporta la percentuale di
movimento reale identificato su versanti a
diversa inclinazione. Il coefficiente C può
essere rappresentato attraverso una carta
raster. La mappa permette di verificare
rapidamente se un movimento registrato
lungo la LOS è simile a quello reale o no,
nel caso che il movimento sia parallelo
all’immersione del pendio.
La Figura 4 - 15 presenta l’andamento del
coefficiente C su un caso di studio in terreni
appenninici. Il coefficiente C presenta un
trend speculare in geometria ascendente e
discendente.
Il movimento lungo il pendio esposto a Est
(area rettangolare rossa in Figura 4 - 15A)
è registrato per un 65% lungo la LOS in
geometria ascendente e per il 20% (direzione
opposta) in geometria discendente.
Utilizzando valori di V LOS = -6 mm a-1 per la
geometria ascendente e di + 1.6 mm a-1 in
geometria discendente, la proiezione della
VLOS lungo il pendio danno valori simili in
entrambe le geometrie (8-9 mm a-1).
La mappa del coefficiente C ha lo scopo
di osservare se c’è una sottostima delle
misure (Figura 4 - 15) ed è anche un modo
per valutare come e dove effettuare la
trasformazione VLOS - VSLOPE.
Valutare la sottostima delle misure è
importante specialmente nell’aggiornamento
dello stato di attività dei fenomeni
franosi (Figura 4 - 17), nella creazione
delle aree anomale, nel confronto tra dati
interferometrici e dati di monitoraggio da
terra lungo la direzione di movimento (GPS,
inclinometri, ecc.).
Figura 4 – 12: Caso 1: spostamenti reali ≈ spostamenti
lungo LOS. Caso 2: lo spostamento è ortogonale alla LOS;
nessun movimento viene misurato. Caso 3: il movimento
è verso il basso (allontanamento dal satellite) ma è
misurato come positivo.
Figura 4 - 13: Proiezione della velocità rilevata lungo la
LOS (VLOS) lungo il versante (VSLOPE).
1
2
Capitolo 4
3
Direzione della LOS
Direzione reale del movimento
Proiezione con VLOS negativa
Proiezione con VLOS positiva
65
Figura 4 - 14: Percentuale di movimento reale identificato in relazione all’esposizione dei versanti per versanti con
inclinazioni di 10° e 20° L’esposizione verso Sud corrisponde a 180°. I valori negativi sono relativi a pendii con direzione di
movimento opposta nella geometria della LOS. Dalla figura si nota che l’utilizzo di un satellite con un angolo di incidenza
elevato (RADARSAT, 34°) permette una migliore identificazione del movimento rispetto ad un satellite con angolo ridotto
(ERS, 23°). Da notare che per versanti a debole inclinazione (10-20°) esposti a Sud solo il 10-20% del movimento è registrato
per ogni tipo di geometria o sensore.
66
Organizzazione e trattamento dei dati
Capitolo 4
Figura 4 – 15: Carta dell’indice C per dati RADARSAT ascendenti (A) e discendenti (B).
A
B
67
Applicazione del metodo
Limiti
Scala locale. La trasformazione del dato è da
ritenersi valida solo dove si presume che si
abbia un movimento franoso con direzione di
movimento all’incirca parallela a quella della
massima pendenza.
--
Assunzione che il movimento sia parallelo
al pendio (nel caso di frane di tipologia
diversa dagli scivolamenti traslazionali la
metodologia non è applicabile);
--
un altro problema si può osservare in Figura
4 - 16: il profilo topografico presenta ridotte
variazioni nell’esposizione del versante come
piccole scarpate o contropendenze. Queste
irregolarità non modificano la direzione del
movimento ma possono cambiare di molto
il valore del coefficiente C e quindi della
VSLOPE;
--
quando C si avvicina a 0 la velocità viene
enormemente sovrastimata, infatti dato che
VSLOPE è uguale a VLOS/C, se C tende a 0,
VSLOPE tende a infinito;
--
la trasformazione è anche soggetta agli
errori legati alla qualità del DEM originale
usato per creare i modelli di slope e aspect.
Vantaggi
--
Determinazione di un valore di movimento
prossimo a quello reale;
--
possibilità
di
confrontare
i
dati
interferometrici con quelli derivanti da
monitoraggio tradizionale (inclinometri
ecc.);
--
verifica di moti deformativi con componenti
geometriche fortemente sottostimate dalla
tecnica PSI.
Tabella 4-3. Valori di VLOS e di VSLOPE per l’area interessata da frane.
Area in esame
Carmine versante Est
C
VLOS mm a-1
Asce
-6.2
Disce
1.6
Asce
0.65
VSLOPE mm a-1
Disce
- 0.2
Asce
-9.54
Disce
-8.00
Figura 4 - 16: Percentuale di movimento misurato da dati ascendenti e discendenti lungo la sezione rappresentata in Figura
4 -15. Nel rettangolo rosso l’area interessata da frane.
68
Organizzazione e trattamento dei dati
Capitolo 4
Figura 4 - 17: Frana di Ville San Pietro (scivolamento traslazionale che evolve in colamento con direzione di movimento
verso N-NE); il movimento identificabile solo tramite proiezione della VLOS (B).
A
B
69
Figura 4 - 18: Esempio di scomposizione Raster. A) Raster VLOS Discendente; B) Raster VLOS Ascendente; C) Raster Velocità
Est-Ovest; D) Raster Velocità Verticali.
A
7
5
3
2
-2
-3
-5
-7
-10
B
7
5
3
2
-2
-3
-5
-7
-10
C
10 Est
7
5
2
-2
-5
-7
-10
D
7
5
3
2
-2
-3
-5
-7
-10
70
Ovest
Organizzazione e trattamento dei dati
4.3.3 Scomposizione del movimento
La disponibilità di dati PS/DS elaborati in
orbita ascendente e discendente migliora
sensibilmente la quantità e la qualità
delle informazioni ricavabili sul fenomeno
analizzato.
E’ possibile, infatti, combinare i dati di
velocità media forniti dalle due geometrie,
risalendo così all’orientazione del vettore
velocità sul piano orizzontale (E-O) e su quello
verticale (zenit e nadir). La componente di
deformazione N-S non può essere misurata
poiché i sensori attualmente operativi
seguono orbite orientate circa lungo i
meridiani.
Dall’osservazione
della
distribuzione
delle velocità medie in orbita ascendente
e discendente nell’area di interesse, è
possibile ottenere informazioni sulla presenza
di fenomeni franosi (una componente
orizzontale del movimento è un’importante
indizio dell’esistenza di una frana) e sul
cinematismo in atto.
Capitolo 4
Infatti, dissesti caratterizzati da prevalenti
movimenti verticali (es. subsidenza), avranno
una velocità di deformazione molto simile
in entrambe le geometrie. Al contrario, le
deformazioni caratterizzate da componenti
prevalentemente orizzontali produrranno
misure di deformazione caratterizzate da
velocità ascendenti e discendenti diverse,
spesso di segno opposto (vedi anche Figura
5-7).
Per effettuare la scomposizione occorre
prima scegliere un punto di riferimento locale
prossimo all’area di studio per entrambi i
dataset utilizzati in modo da annullare effetti
di “messa in passo” su larga scala e per avere
un punto di riferimento comune ad entrambi
i dataset.
Per combinare le due geometrie si
interpolano in prima fase i dati PS/DS
derivanti dai dataset ascendenti e discendenti
in modo da ottenere due carte raster
(generalmente con maglia 10 x 10 m) con
i valori di VLOS. I valori di velocità registrati
Figura 4 - 19: Le velocità scomposte nelle componenti E-O (X) e verticale (Y) per alcuni siti campione nelle regioni Piemonte
e Liguria. A= Tavagnasco (TO), frana su versante Est acclive; B = DGPV di Sauze D’Oulx (TO), versante ad Ovest a debole
pendenza; C = Villadossola (VB), subsidenza in fondovalle; D = Frana di Diano Arentino (IM), in blu la linea corrispondente
a VLOS=0 (nel dataset ascendente tutti i punti al di sopra avranno una VLOS positiva); in rosso la linea che corrisponde a
VLOS =0 nel dataset discendente.
71
lungo le orbite ascendenti, Va, e discendenti,
Vd, sono quindi combinati geometricamente
per ottenere le velocità lungo la direzione
verticale, Vv, e orizzontale EO, VE. Purtroppo le
velocità N-S non possono essere calcolate in
quanto i satelliti sono poco sensibili in questa
direzione. Vv e VE si ottengono attraverso
la risoluzione, cella per cella, del seguente
sistema:
{
in cui σa e σd sono rispettivamente gli angoli
di incidenza nelle due geometrie (34°-35° per
i satelliti RADARSAT).
Quindi:
Velocità Est - Ovest =
(([VLOS Disce] / Hd) - ([VLOS Asce] / Ha)) /
(Ed / Hd - Ea / Ha)
con il fenomeno causa del movimento (Figura
4 - 19).
Sul grafico è anche possibile plottare l’asse
delle velocità lungo la LOS delle geometrie
ascendenti e discendenti con valori uguali a 0.
Fenomeni con movimento in prevalenza
orizzontale (movimenti tettonici, o frane su
pendii poco inclinati) saranno disposti intorno
all’asse X e avranno le velocità lungo la LOS di
segno opposto nelle due geometrie.
Velocità orizzontali negative indicano
movimenti verso Ovest mentre velocità
positive verso Est; ad esempio movimenti
di versante sui pendii esposti ai quadranti
occidentali (moto verso Ovest e verso il
basso) dovranno ricadere, generalmente, nel
quadrante in basso a sinistra del grafico.
Velocità prevalentemente verticali indicano
fenomeni di subsidenza o cedimenti o,
nel caso di velocità positive, fenomeni di
sollevamento.
Applicazione del metodo:
Velocità Verticali =
(([VLOS Disce] / Ed) - ([VLOS Asce]/ Ea)) /
(Hd / Ed - Ha / Ea)
Dove:
Scala regionale e scala locale.
Vantaggi
--
Supporto all’individuazione di movimenti
orizzontali E-O che possono essere correlati
a frane;
--
informazioni sul cinematismo in atto.
Ed, Ea, = Coseni direttori EST
Hd, Ha = Coseni direttori O
La scomposizione è effettuata solo dove
la densità di PS/DS per entrambi i dataset è
maggiore di circa 250 PS km-2 (almeno 2 PS
nel raggio di 50 m, come per le aree anomale).
Utilizzando un semplice grafico in cui
vengono proiettate le velocità nelle
componenti verticali (asse Y) e Est-Ovest
(asse X) è possibile vedere se il movimento è
compatibile con la geometria del versante e/o
Limiti
--
Il metodo è applicabile solo se sono
disponibili dati nelle due geometrie
(ascendente e discendente) con una
significativa densità (>250 PS km-2);
--
non è possibile individuare il movimento
lungo l’asse N-S.
Tab. 4. Scomposizione dei valori medi di velocita (mm a-1 ) per alcuni siti
Sito
72
Asce.
Disce.
E-O
Verticali
A - Tavagnasco
-9.0
-1.0
7.3
-6.0
B - Sauze D’oulx
7.0
-12.4
-17.6
-3.3
C - Villadossola
-7.1
-5.8
1.2
-7.8
D - Diano Arentino
-5.0
1.0
5.4
-2.4
Organizzazione e trattamento dei dati
dato ascendente e discendente permette
di ottenere le componenti verticali ed
Est - Ovest del movimento, ma non la
componente orizzontale Nord - Sud. Gli
inclinometri, se correttamente installati,
misurano il movimento lungo la direzione
di scivolamento. Il dato GPS registra molto
bene le componenti orizzontali mentre con
meno precisione quelle verticali.
4.4 Confronto tra monitoraggio
satellitare e monitoraggio
strumentale
Il confronto fra misure PS e quelle relative ad
altri strumenti di monitoraggio (in particolare
inclinometri, GPS, rilievi topografici) deve
essere fatto tenendo conto di come e cosa
ciascun strumento misura (vedi anche cap.
5.2). Fra i fattori che bisogna tenere in
considerazione sono da annoverare:
--
Il periodo di misura: spesso è difficile che il
periodo di monitoraggio satellitare coincida
con quello strumentale, il confronto di
conseguenza deve essere fatto con cautela;
--
L’oggetto
misurato.
I
punti
di
monitoraggio convenzionali in situ sono
posizionati strategicamente sulla base
di alcuni parametri quali il facile accesso
del sito, la ripetibilità della misura, ecc.;
la localizzazione dei PS dipende dalla
disponibilità di immagini SAR (temporal
sampling) e dalla presenza di bersagli
radar (spatial sampling) (vedi paragrafo
2.5.4). I PS misurano lo spostamento di
bersagli che di conseguenza non possono
essere scelti a priori (rocce, edifici, detrito);
inoltre, i movimenti registrati possono
essere dati dalla somma più di processi (es.
problemi strutturali di un edificio) e non
solo da quelli della frana come avviene
per strumenti di monitoraggio tradizionali.
Gli inclinometri misurano lo spostamento
cumulato del corpo di frana rispetto ad una
superficie ritenuta stabile. I GPS misurano lo
spostamento relativo di capisaldi prestabiliti
sulla superficie del movimento franoso.
--
La direzione di misura. Il dato PS/DS
registra solo lo spostamento lungo la
linea di vista del sensore; la presenza di
Capitolo 4
--
La densità e la distribuzione spaziale
dei punti di misura. Per il dato PS/DS e
GBInSAR (radar terrestre) questo parametro
è molto irregolare e non può essere scelto.
La densità di misura può essere, però, di
gran lunga maggiore di altri strumenti di
monitoraggio.
--
La frequenza delle misure. La frequenza
di misura può variare da una a poche volte
all’anno per GPS e inclinometri, può essere
continua per inclinometri fissi o GBInSAR.
Per il dato interferometrico dipende dal
revisiting time del satellite (es. 34 giorni per
i satelliti ERS, 24 giorni per RADARSAT).
--
I range di misura dello strumento e la sua
precisione.
--
Gli errori e il rumore nella misura, ad
esempio i problemi di phase unwrapping per
il dato PS o la rottura di un inclinometro.
Tenuto conto di tutti questi fattori, nonché
del fatto che si sta trattando di spostamenti
dell’ordine di grandezza dei millimetri o, al
più, dei centimetri, è, quindi, normale che le
velocità misurate spesso non siano uguali,
anche se corrette. Nella maggior parte dei
casi il confronto è da intendere in senso
qualitativo e non quantitativo.
Sono di seguito brevemente riportati
alcuni casi nelle aree di studio di Liguria e
Piemonte in cui le misure satellitari sono state
confrontate con quelle strumentali da terra.
73
Scheda 1 - DGPV di Sauze d’Oulx (TO)
Inquadramento geografico e geologico.
Questa grande deformazione gravitativa (la
più estesa del Piemonte) interessa il versante
destro dell’alta Val di Susa.
La DGPV è impostata nella formazione
intensamente deformata e alterata dei
calcescisti del dominio Pennidico piemontese.
La morfologia con pendenze modeste ha
favorito l’insediamento anche su versante
e l’intero abitato di Sauze d’Oulx (TO) è
localizzato nel settore inferiore della frana.
Caratteristiche della frana.
Nell’ambito della DGPV di Sauze d’Oulx
possono essere distinti due settori con
caratteri morfoevolutivi ben distinti (Figura
4 - 20):
--
a) il settore di Jouvenceaux, esteso su
un’area di 5,3 km2, è caratterizzato da
una morfologia a cono. La deformazione
coinvolge un’estesa massa di serpentiniti
(circa 4 km2) costituita da volumi rocciosi
relativamente poco fratturati alternati
a zone di taglio di ampiezza metricapluridecametrica in cui le serpentiniti
appaiono intensamente cataclasate;
--
b) il settore di Sportinia-Richardette, esteso
su un’area di 14,9 km2, contraddistinto da
una morfologia ad anfiteatro che circonda
l’abitato di Sauze d’Oulx.
Nella parte medio-superiore del versante
la deformazione è accompagnata da
elementi morfostrutturali quali scarpate,
contropendenze e depressioni chiuse.
Il settore di Jouvenceaux può essere
interpretato come un rock flow controllato
da processi di creep profondo diffusamente
sviluppati a spese delle serpentiniti
cataclastiche; per contro nel settore di
Sportinia-Richardette il movimento si è
sviluppato con prevalenti meccanismi di creep
concentrati lungo superfici di scivolamento
multiple a geometria listrica che derivano
dalla riattivazione di più sistemi di faglie.
Figura 4 - 20: DGPV di Sauze d’Oulx A) Settore di Jouvenceaux, B) settore di Sportinia-Richardette
74
Organizzazione e trattamento dei dati
Esposizione della frana.
La frana è localizzata su un versante esposto
ad Ovest - Nord Ovest con debole pendenza,
condizioni ottimali per uno studio con dati
satellitari discendenti.
Dato PS.
Si hanno a disposizione dati ERS (1992 2001) e RADARSAT (2003-2009). Il dato PS
presenta una densità elevata nel settore
inferiore di Jouvenceaux dove sorge l’abitato,
mentre è molto più rado nel settore di
Sportinia-Richardette, dove è presente solo
il dato discendente che tuttavia ha misurato
movimenti consistenti.
I PS sono rappresentati per la maggior parte
da edifici. La presenza di PS di entrambe
le geometrie di acquisizione ha permesso
la scomposizione del movimento nelle
componenti verticali (-5 mm a-1 ) ed orizzontali
Est - Ovest (-15 ÷ -20 mm a-1 ).
Capitolo 4
Strumenti di monitoraggio
In corrispondenza della frana sono stati
installati diversi strumenti di monitoraggio
(inclinometri, piezometri, capisaldi GPS). Tra il
2002 e il 2008 la DGPV è stata anche oggetto
di una campagna di misura con il GBInSAR.
Confronto fra le misure.
Sono state confrontate le serie storiche del
dato PS SqueeSARTM con il dato inclinometrico
e il dato GBInSAR (fonte dati LisaLAB) (Figura
4 - 21). Il confronto è avvenuto fra le velocità
misurate lungo la LOS perché la direzione del
movimento della frana, nel settore esaminato,
corrisponde circa a tale direzione, sia per il
GBInSAR che per il dato PS.
Il confronto fra le misure evidenzia che il dato
PS RADARSAT si trova in accordo con le misure
GBInSAR, mentre gli inclinometri misurano, in
genere, velocità di spostamento inferiori. Tale
differenza è probabilmente legata al fatto
che molti inclinometri non raggiungono il
substrato stabile, che nella zona dell’abitato
si trova a profondità maggiori di 50 m.
Figura 4 - 21: Il dato PS RADARSAT (2003 -2009) è in accordo con quello GBInSAR (2002-2006) ma non con quello
inclinometrico (2002-2009).
75
Scheda 2 - Montaldo di Cosola (AL)
Inquadramento Geografico e Geologico.
La frana di Montaldo di Cosola in comune di
Cabella Ligure (AL) è localizzata nell’Alta Valle
del T. Borbera nell’Appennino Ligure. La frana
interessa il versante destro della valle ed è
impostata nel flysch calcareo-marnoso dei
Calcari di M. Antola (Figura 4 - 22).
Caratteristiche della frana.
La frana è formata da più corpi sovrapposti.
Il movimento franoso più recente si sviluppa
su un accumulo detritico, di spessore variabile
tra i 20 ed i 35 m, attribuibile ad un antico
episodio franoso, localizzato sopra un
substrato di alterazione calcareo-marnoso.
La frana, innescata dall’incisione del Rio
Figura 4 - 22: Inquadramento del sito di Montaldo
76
Montaldo, ha una geometria probabilmente
rotazionale e si esplica attraverso lenti
ma continui movimenti. La superficie di
scivolamento in base ai dati inclinometrici
si trova tra i -10 e i -15 m di profondità. Gli
edifici dell’abitato, specie nel settore inferiore,
presentano lesioni diffuse.
Esposizione della frana.
La frana è localizzata su un pendio esposto
a SO a media pendenza, favorevole ad essere
studiato con una geometria discendente.
Dato PS.
Sono disponibili i dati PSInSARTM ERS (1992
-2001) e il dato PSInSARTM Envisat (2003-2010)
derivante dal PST (Piano Straordinario di
Telerilevamento del Ministero dell’Ambiente),
Organizzazione e trattamento dei dati
entrambi in geometria discendente. I PS sono
rappresentati per la maggior parte da edifici.
Nell’abitato appaiono evidenti due settori
sia con i dati ERS che ENVISAT: il settore
settentrionale dell’abitato presenta velocità
modeste o assenti (attorno ai -1÷-2 mm a-1
lungo LOS e -2/-5 mm a-1 se proiettate lungo
la linea di massima pendenza), il settore
meridionale, dove il dato interferometrico ha
registrato velocità uguali a -10 mm a-1 lungo
LOS (-20 mm a-1 se proiettate lungo pendio).
Le zone a diverso movimento sono separate
da una rottura di pendenza.
Strumenti di monitoraggio.
Sulla frana sono installati inclinometri,
misuratori di giunti e capisaldi topografici.
Capitolo 4
Il movimento registrato dagli inclinometri
è di circa -16 mm a-1, nel settore superiore
un inclinometro (attivo però dal 2002) ha
registrato velocità attorno ai -5 mm a-1.
Confronto fra le misure.
Le misure PS e le misure inclinometriche
presentano risultati concordanti, in particolare,
considerando le velocità proiettate lungo la
linea di massima pendenza.
Tuttavia, il modello di algoritmo lineare
e la mancanza di immagini dal 2001
non ha permesso di registrare nelle Time
Series dei PS la notevole accelerazione del
movimento dell’autunno 2000, a seguito di
piogge abbondanti, registrata, invece, dagli
inclinometri (Figura 4 - 23).
Figura 4 - 23: Frana Cabella Ligure (AL) confronto fra piogge cumulate a sei mesi, dato PSInSARTM ERS (1992 -2001),
inclinometro (1996- 2001)
77
Scheda 3 - Frana di Ville San Pietro
(Borgomaro, IM).
muri a secco in pietra. L’abitato sorge in una
zona a pendenza modesta (10 - 15°).
Inquadramento geografico e geologico.
L’abitato di Ville San Pietro in comune di
Borgomaro (IM) è situato nella valle del
Maro, all’interno del bacino idrografico del
Torrente Impero e più precisamente sul
versante orografico destro. La formazione
affiorante nel territorio su cui sorge Ville
San Pietro è rappresentata dal Flysch di
Sanremo, Membro di Villa Faraldi, costituito
da strati, aventi spessori compresi tra circa
1 e 5 metri, in cui si alternano marne ed
arenarie calcaree. Gran parte del versante ha
subito un rimodellamento antropico tramite
la realizzazione di terrazzamenti sostenuti da
Caratteristiche delle frana.
La frazione di Ville San Pietro sorge sul
deposito di un’antica frana che tutt’oggi
subisce
fenomeni
di
rimodellamento
attraverso riattivazioni parziali. Il fenomeno
coinvolge praticamente tutto il versante,
dal settore a monte di Case Soprane sino
al Torrente Impero ed è classificabile come
complesso (scivolamento traslazionale che
evolve in un colamento).
Esposizione della frana.
La frana ha un movimento verso NNE, che, di
conseguenza, non è interamente individuabile
Figura 4 - 24: Ville San Pietro. PS RADARSAT Discendenti (2003 - 2008) e inclinometri (2006 - 2010)
78
Capitolo 4
Organizzazione e trattamento dei dati
Confronto fra le misure.
Le misure inclinometriche e il dato PS ad
una prima analisi sembrano discordanti,
mentre i PS mostrano stabilità gli inclinometri
denotano movimenti, seppure non elevati
(Figura 4 - 24). Questa discrepanza è solo
apparente e dovuta a tre fattori: il diverso
periodo di monitoraggio, l’orientazione del
pendio, un certo grado di noise che sembra
interessare il dato PS. Proiettando le velocità
dei PS lungo la linea di massima pendenza
(operazione possibile dal momento che il
movimento della frana è di tipo traslazionale)
si ottengono risultati confrontabili con il
dato inclinometrico. L’analisi delle time
series (Figura 4 - 25) evidenzia i seguenti
trend, confrontabili con quelli delle misure
inclinometriche: a) una sostanziale stabilità
nel periodo 2003-2008, b) un’accelerazione
del movimento a partire dall’autunno-inverno
2008 valutabile attorno a -7 mm a-1 lungo
LOS (VSLOPE= -15 / -20 mm a-1 ).
dai dati satellitari (il dato ascendente registra
circa il 40% degli spostamenti della frana).
Dato PS.
La scomposizione del movimento ha
mostrato una debole componente orizzontale
verso Est. I movimenti lungo LOS registrati
nel periodo 2003 - 2009 dal dato RADARSAT
(SqueeSARTM) discendente sono compresi tra
0 e -3 mm a-1, se proiettati lungo pendio le
velocità sono nell’ordine di 0 / -6 mm a-1.
I movimenti maggiori si hanno in frazione
Case Soprane e presso il cimitero.
Strumenti di monitoraggio.
Sulla frana sono installati cinque inclinometri,
oltre ad alcuni piezometri, con misure a
partire dal 2006. Gli inclinometri hanno
misurato una direzione di movimento lungo il
pendio verso NNE. I maggiori movimenti sono
stati registrati a Case Soprane (- 6 mm a-1) ed
a SO dell’abitato (- 9 mm a-1 ) (Figura 4 - 24).
Figura 4 - 25: Time Series del dato PS lungo LOS e proiettato lungo pendio a confronto con inclinometro
5
0
-5
-10
-15
-20
-25
-30
-35
Mar/10
Sep/09
Mar/09
Sep/08
Mar/08
Sep/07
Mar/07
Sep/06
Mar/06
Sep/05
Mar/05
Sep/04
Mar/04
Sep/03
Mar/03
-40
DATO PS Vlos
Vlos int.
DATO PS Vslope
Vslope int.
Inclinometro
79
Scheda 4 – Frana di S. Stefano d’Aveto (GE)
Inquadramento geografico e geologico.
L’abitato di S. Stefano d’Aveto (GE) è situato
nel bacino idrografico dell’Alta Val d’Aveto, più
precisamente sul versante orografico destro
dell’omonimo torrente. Il corpo morfologico
sul quale insiste occupa una vallata orientata
ENE-OSO, con il fianco destro rappresentato
dai versanti meridionali dei monti Bocco e
Groppo Rosso, quello sinistro concidente con
i versanti settentrionali dei monti Moggetti e
Cognetti, e chiusa a monte dallo spartiacque
che segue l’allineamento dei monti Bue,
Maggiorasca e Picchetto, al confine tra Liguria
e Emilia-Romagna. Le formazioni affioranti
sono riconducibili all’Unità tettonica di
Ottone (Liguridi Esterne), in assetto tettonico
costantemente rovesciato. In particolare,
affiorano le marne ed i calcari marnosi
del Flysch di Ottone, le Argilliti a Blocchi
del Complesso di M. Veri ed il Complesso
di Casanova. Sul fianco orografico sinistro
affiorano i depositi torbiditici del Flysch di
M. Orocco, riconducibili all’Unità tettonica di
Orocco. Il nucleo storico dell’abitato sorge
nella porzione mediana della vallata, in una
zona subpianggiante e a debole acclività.
Figura 4 - 26: S. Stefano d’Aveto. PS ENVISAT Discendenti (2002 - 2008) e inclinometri (2001 - 2009)
80
Organizzazione e trattamento dei dati
Caratteristiche delle frana.
L’abitato di S. Stefano d’Aveto e le sue
frazioni di Rocca d’Aveto e Roncolongo (a
monte del capoluogo) sorgono su un antico
deposito di frana che si estende per oltre 3
km di lunghezza e circa 400 m di larghezza
dalla località di Rocca d’Aveto fino a valle della
località Gropparo, per un dislivello altimetrico
di circa 500 m. Si tratta di un movimento
in massa tipo debris flow che si è originato
alle pendici dei monti Bue e Maggiorasca
a partire da scorrimento di roccia in blocco
(rock block slide) attraverso meccanismi
che hanno interessato fino in profondità il
Capitolo 4
substrato, caratterizzato dalla presenza di
litotipi con caratteristiche geomeccaniche e
idrogeologiche diverse.
La porzione superiore del corpo di frana,
dalla località Rocca d’Aveto fino a Roncolungo,
è classificata come attiva (frana attiva a
pericolosità geomorfologica elevata, Fa)
mentre la porzione centrale, da Roncolongo
alla località Gropparo, è classificata come
quiescente: solo un limitato settore nella
porzione mediana, a valle del Castello
Malaspina, è classificato come frana attiva (Fa).
Ai margini del corpo morfologico principale,
sono stati individuati altri corpi di frana,
Figura 4 - 27: Time Series del dato PS lungo LOS ed a confronto con inclinometro
81
diversamente classificati e tra loro coalescenti,
oltre ad alcuni coni detritico-alluvionali,
in sponda orografica sinistra, quest’ultimi
responsabili della brusca deviazione del corso
del R. Freddo, all’altezza del capoluogo.
Esposizione della frana.
La frana ha movimento verso OSO, lungo
un pendio a medio-bassa acclività, favorevole
pertanto ad essere studiato con geometria
discendente.
Dato PS.
La scomposizione del movimento ha
mostrato una prevalente componente
orizzontale verso O. I movimenti lungo LOS
registrati nel periodo 2002 - 2008 dal dato
ENVISAT (PSinSAR) discendente sono
compresi tra valori superiori a 15 mm a-1 e
2 mm a-1 : i valori maggiori si registrano in
corrispondenza della località Rocca d’Aveto e
Roncolongo, con una progressiva diminuzione
delle velocità procedendo dalla testata al
piede della frana.
Analoghi movimenti sono registrati anche
dal dato ERS discendente nel decennio
precedente (1992-2001).
Strumenti di monitoraggio.
A partire dal 2001 sulla frana sono installati
diversi inclinometri, oltre ad alcuni piezometri,
distribuiti sull’intero corpo di frana: in
particolare, 3 inclinometri in località Rocca
d’Aveto e Gropparo, con misure dal 2001 al
2004, e 3 inclinometri in località S. Stefano
centro e Gropparo, con misure dal 2007 al
2009 . Gli inclinometri hanno misurato una
direzione di movimento lungo il pendio
verso OSO. I maggiori movimenti sono stati
registrati a Roncolongo (30 mm a-1) Figura
4 - 26.
Sono stati inoltre installati complessivamente
30 capisaldi, distribuiti sull’intero corpo di
frana dalla località Rocca d’Aveto al Gropparo,
per un monitoraggio topografico e GPS. Le
misure condotte nel periodo maggio 2008
- aprile 2009 hanno messo in evidenza una
diminuzione delle velocità medie annue
degli spostamenti planimetrici procedendo
dal settore di monte verso la porzione
basale: da velocità superiori a 30 mm a-1
(Roncolongo) a valori intorno a 28 mm a-1
82
(Centro e Gropparo), dove risultano tuttavia
condizionati dalla presenza di componenti
verticali localmente significative anche se non
imputabili a fenomeni gravitativi, fino a valori
nuovamente elevati, superiori a 30 mm/a-1 nel
settore della Chiesa Parrocchiale.
Confronto fra le misure.
Le misure inclinometriche e il dato PS ad
una prima analisi sembrano discordanti, dal
momento che gli inclinometri denotano
movimenti più elevati (Figura 4 - 27). Tuttavia,
proiettando il dato inclinometrico lungo la
direzione della LOS, si ottengono risultati
confrontabili con il dato PS.
Dopo aver applicato un procedimento
d’interpolazione dei dati relativi agli
spostamenti planimetrici e verticali misurati
dai capisaldi topografici e GPS, è stato possibile
un confronto tra i due metodi di monitoraggio
dal quale è emerso un sostanziale accordo
tra i due set di dati in merito alla prevalenza
della componente planimetria verso O ed il
trend che vede una progressiva diminuzione
delle velocità di spostamento procedendo
dalla testata al piede della frana.
Più nel dettaglio, entrambi i dati indicano
la presenza di una fascia a minore velocità,
con valori dell’ordine di 15 mm a-1 (in
allontanamento), in località Gropparo, di una
fascia arcuata a minore velocità, con valori
dell’ordine di 15 mm a-1, all’altezza del castello
Malaspina, e, infine, di una zona arcuata a
maggiore velocità, con valori dell’ordine di 25
mm a-1, all’altezza del centro di S. Stefano.
A monte, in località Roncolongo, si registrano
in entrambi i casi velocità più elevate, se pur
con una lieve differenza circa il modulo, con
movimenti dell’ordine di 20-25 mm a-1 nel
caso dei dati PS e di oltre 30-35 mm a-1 nel
caso dei capisaldi topografici. Probabilmente,
le differenze tra le misure riscontrate nel
settore più a monte sono da correlare alla
distanza dei capisaldi topografici dai punti di
lettura, al limite della tecnica.
Per quanto riguarda, invece, i risultati delle
interpolazioni dei dati GPS, sia planimetrici
E-O sia verticali, i risultati ottenuti appaiono
poco significativi per il ridotto numero di
punti di misura disponibili: tuttavia, anche
per i dati GPS è possibile riconoscere la
Organizzazione e trattamento dei dati
prevalente componente planimetrica verso O
del movimento in accordo con i risultati delle
misure PS e topografiche, mentre si osservano
differenze per quanto riguarda l’entità degli
spostamenti registrati non solo rispetto ai dati
PS ma anche ai dati topografici.
Tali differenze, molto probabilmente, sono
da correlare alle diverse unità di misura
utilizzate dalle tecniche (mm per PS e
misure topografiche, cm per misure GPS) e
al fatto che gli spostamenti misurati tramite
i GPS risultano comunque prossimi al limite
dell’errore strumentale.
L’analisi delle time series (Figura 4 - 27)
evidenzia trend confrontabili con quelli
delle misure inclinometriche, soprattutto se
proiettate lungo la LOS.
Capitolo 4
4.4 Alcune problematiche nell’analisi
del dato psi: salti di fase e periodi di
misura
Le velocità misurate lungo la LOS durante
un certo intervallo temporale rappresentano
le velocità medie del movimento. L’analisi
delle serie storiche prodotte con algoritmo
non lineare (es. dato
SqueeSARTM) ha
mostrato che, considerando solo le velocità
medie e periodi limitati di misura, si rischia di
sottovalutare o di non comprendere bene le
dinamiche dei movimenti di alcuni processi.
A questo bisogna aggiungere gli errori di
phase unwrapping quando tra un’acquisizione
e quella successiva si ha un movimento del
bersaglio maggiore di λ/4, ovvero 14 mm
usando la banda C (vedi anche cap. 2.5.4).
Un caso evidente è rappresentato dalla
frana di Mendatica (Imperia); si tratta di
una grande frana complessa con fenomeni
di
rimobilizzazione
della
coltre
più
superficiale in corrispondenza dell’abitato
di Mendatica, a seguito di precipitazioni
intense. L’analisi delle serie storiche (Figura
4 - 28) del dato RADARSAT ascendente (2003
- 2009) mostra una sostanziale stabilità del
Figura 4 - 28 : Serie storica di un PS in corrispondenza della frana di Mendatica. Dati RADARSAT (2003- 2009).
?
?
83
movimento nel periodo 2003 - 2008 con
velocità modeste. A partire dall’autunno
inverno 2008, caratterizzato da abbondanti
precipitazioni, la serie storica presenta una
brusca accelerazione; essa è, inoltre, molto
rumorosa a causa, probabilmente, di problemi
di phase unwrapping. Alla serie storica è
stata aggiunta una replica λ/2 (28 mm) che
introduce un salto alla fase inferiore (linea
rossa tratteggiate in Figura 4 - 28). Tuttavia,
il problema è che senza un confronto con
altri strumenti di monitoraggio i salti di fasi
possono essere solo ipotizzati e a priori non è
possibile stabilire quanti ce ne possano essere
stati, il rischio, pertanto, di sottostimare o
sovrastimare i movimenti è molto alto.
La velocità media del PS selezionato sulla
frana di Mendatica è di -4.3 mm a-1 lungo
LOS, dato che risulta parecchio inferiore alla
velocità registrata dagli inclinometri (20 - 60
mm a-1) posti nelle immediate vicinanze,
anche se proiettato lungo la linea di massima
pendenza. Se nelle serie storiche si introduce
almeno 1 salto di fase (gennaio 2009), il dato
PS e gli inclinometri sembrano allinearsi.
Una seconda elaborazione del dato PS che
comprende l’elaborazione di immagini fino
al 2010 ha permesso di ridurre gli effetti di
rumore e di risolvere il problema di phase
unwrapping (Figura 4 - 29). La serie storica
84
conferma una sostanziale stabilità nel periodo
2003 - 2008 seguita da un’accelerazione
nell’inverno 2008 - 2009. La velocità media
lungo LOS è di -8.7 mm a-1 , tuttavia, mentre
nel periodo 2004 - 2008 le velocità sono tra i
-2 e i -4 mm a-1, nel 2008 - 2009 raggiungono
-40 mm a-1.
In particolare la serie storica presenta i
seguenti trend:
--
Inverno 2003 - 2004: movimenti fino
a 10 mm a-1 (frana attiva) piogge che
raggiungono i 900 mm in 6 mesi;
--
2004 - 2008: movimenti tra 0 e 4 mm a-1
(frana quiescente), piogge inferiori ai 600700 mm in 6 mesi;
--
dic. 2008 - giu. 2009: movimenti fino a
40 mm a-1 (riattivazione della frana con
movimenti consistenti), picco di 1000 mm
di pioggia in 6 mesi;
--
giu 2009 - 2010: movimenti fino a 20 mm a-1
(frana attiva lenta attenuazione movimenti)
diminuzione delle precipitazioni a 700 mm
in 6 mesi.
Tali movimenti sono, quindi, compatibili con
l’andamento delle precipitazioni (Figura 4 - 30)
e con le misure inclinometriche. Molte serie
storiche di fenomeni franosi lenti presentano
trend analoghi legati alle precipitazioni di
medio-lungo periodo.
Organizzazione e trattamento dei dati
Capitolo 4
Figura 4 - 28: Serie storica di un PS sulla frana di Mendatica. Dati RADARSAT ascendenti (2003- 2010)
Figura 4 - 21: Serie storica di un PS sulla frana di Mendatica. Dati RADARSAT ascendenti (2003- 2010)
Figura 4 - 30: Velocità medie derivate dalle serie storiche dei dati RADARSAT ascendenti (2003-2010) e piogge cumulate
a 6 mesi
5
0.1
0
-10
1100
-3.7
1000
-11.5
900
-15
800
-20
-22.8 700
-25
600
-30
500
-35
piogge mm
Velocità LOS mm/yr
-5
1200
-1.6
400
-39.1
Dec-10
Jun-10
Dec-09
Jun-09
Dec-08
Jun-08
Dec-07
Jul-07
Dec-06
Jul-06
Dec-05
Jul-05
200
Dec-04
-45
Jul-04
300
Jan-04
-40
85
4.5 Applicabilità delle tecniche PS
alle varie tipologie di frana
Non tutte le tipologie di movimento franoso
si prestano alla caratterizzazione tramite le
tecniche PS/DS.
La tabella seguente riporta sinteticamente le
principali valutazioni di carattere descrittivo
emerse nell’ambito delle esperienze condotte
dagli scriventi, relativamente all’applicabilità
della tecnica per l’analisi delle varie tipologie
di frana.
La valutazione è stata effettuata dall’Università
di Pavia, sulla base della copertura IFFI nelle
regioni interessate.
86
Applicabilità scarsa o nulla
Applicabilità in genere buona; dipende dai singoli casi
Applicabilità ottima
Applicabilità
Organizzazione e trattamento dei dati
Tipologia frana
(legenda da progetto
IFFI, 2005)
Capitolo 4
Risultanze analisi PS/DS
Rappresentano, in assoluto, la tipologia di fenomeno che
maggiormente si presta alle analisi PS/DS in quanto si sviluppano di
Deformazioni
norma su ampie aree in settori di media ed alta montagna con velocità
Gravitative Profonde di
di spostamento relativamente limitate; condizioni queste che fanno
Versante (DGPV)
sì che, in zona alpina quasi il 100% delle DGPV presenti PS/DS con
densità tali da permettere un’ottima caratterizzazione.
Complesso
Le grandi frane complesse, se presentano un numero sufficiente di
PS/DS legati a roccia, fabbricati od infrastrutture, sono di norma molto
ben caratterizzabili.
Scivolamento
rotazionale/traslativo
Data l’ampia gamma di fenomeni franosi che ricade sotto tale
categoria l’applicabilità della tecnica varia da zona a zona a seconda
delle caratteristiche dei terreni, della presenza di fabbricati, della velocità
delle dislocazioni. Nelle Langhe piemontesi, ad esempio, interessate da
migliaia di frane per scivolamento planare lungo superficie di strato, la
tecnica ha fornito su molti dei fenomeni informazioni estremamente
utili e di estremo interesse, tali da indurre una ridefinizione del modello
concettuale di tale tipologia di frana.
Colamento lento
I colamenti lenti che caratterizzano molti versanti appenninici
impostati su terreni argillosi sono ben caratterizzabili a condizione
che esista un numero sufficiente di PS/DS legati a fabbricati od
infrastrutture. La natura litologica del substrato non permette infatti
PS/DS “naturali”.
Espansioni laterali
Si tratta di movimenti lenti con una componente orizzontale
importante. In ambiente appenninico la tecnica PS/DS ha permesso di
ottenere discreti risultati nello studio delle deformazioni connesse alla
presenza di placche rigide arenacee su substrato plastico deformabile
(argilloso-marnoso). In particolare sono stati evidenziati cedimenti
differenziali e "back-tilting" dei blocchi ai margini delle placche. I limiti
della tecnica nello studio di tali deformazioni sono connesse alla
presenza di riflettori PS/DS e alla direzione del movimento.
Crollo/ribaltamento
Trattandosi di movimenti a sviluppo rapido non sono caratterizzabili
dalla tecnica
Aree soggette
a crolli / ribaltamenti
diffusi
In linea di massima la tecnica non trova applicazione. In certi
settori alpini, tuttavia, l’analisi PS/DS può talora mettere in evidenza
dislocazioni lungo pareti rocciose soggette a fenomeni di crollo/
ribaltamento, così indicando come i fenomeni osservati rappresentino
spesso l’evoluzione di forme deformative permanenti, spesso associate
a fenomeni franosi più ampi (grandi frane complesse, DGPV ecc.)
Colamento rapido
Trattandosi di movimenti a sviluppo rapido non sono caratterizzabili
dalla tecnica
Aree soggette
a frane superficiali
diffuse
Trattandosi di movimenti a sviluppo rapido, che coinvolgono modesti
spessori delle coperture superficiali, non sono caratterizzabili dalla
tecnica
Aree soggette a
sprofondamenti diffusi
Si tratta per lo più di movimenti rapidi e quindi non caratterizzabili
dalla tecnica. Possibilità di uno studio “a ritroso” degli spostamenti
provocati dalla presenza di futuri sprofondamenti (analisi dei segni
precursori e previsione delle deformazioni).
Sprofondamenti
87
Vantaggi e limiti della tecnica
Capitolo 5
Capitolo 5 Vantaggi e limiti della tecnica
5.1 Introduzione
Nei paragrafi seguenti verranno brevemente
esposti e discussi i principali vantaggi ed i
limiti della tecnica PS/DS. Le considerazioni
esposte riguardano essenzialmente la
valutazione dei movimenti franosi, in quanto
gli scriventi hanno esperienza essenzialmente
in tale campo (vedi cap. 3). Cionondimeno,
molte delle considerazioni espresse sono
perfettamente applicabili anche ad altri
utilizzi. Vengono trattati gli elementi di
ordine generale e quelli, più specifici, che si
applicano ad analisi a scala regionale o locale.
Molti dei punti citati sono già emersi altrove
nel presente testo ma riteniamo opportuno
esporli in maniera organica data l’importanza
che la piena comprensione dei vantaggi e
(soprattutto) dei limiti riveste ai fini di una
corretto utilizzo delle tecniche radarsatellitari.
Figura 5-1. Piemonte; i PS/DS derivanti da indagine RADARSAT hanno permesso di identificare un settore di versante
con palesi evidenze di dislocazione in un’area ove l’inventario esistente non segnalava movimenti. Una successiva fase di
approfondimento ha comportato l’identificazione di un movimento franoso ed il suo inserimento nell’inventario stesso.
89
5.2 Vantaggi
1) Il principale elemento di vantaggio della
tecnica è probabilmente la possibilità di
indagare vaste aree a prezzi relativamente
contenuti ed in tempi ristretti. Questo fa sì
che, a seguito di indagini a scala regionale o
provinciale, il quadro conoscitivo di un gran
numero di fenomeni franosi possa essere
integrato con importanti informazioni di
carattere cinematico, che richiederebbero
altrimenti un monitoraggio diretto sui siti.
In generale, le indagini effettuate da
piattaforme ERS e Radarsat sulle regioni
Valle d’Aosta, Piemonte e Liguria, hanno
evidenziato come oltre il 30-35 % circa delle
frane riconosciute sul progetto IFFI (Inventario
dei Fenomeni Franosi in Italia) contengano
uno o più PS/DS. Non tutte le tipologie di
frana sono indagabili con la tecnica PS/
DS (vedi cap. 4.5); effettuando un ricalcolo
sulle sole tipologie di frana indagabili (che
rappresentano circa il 55-60% dei fenomeni
totali) ne risulta come oltre il 60-65 % delle
frane potenzialmente indagabili con la tecnica
PS/DS contenga effettivamente uno o più PS/
DS. Per determinate tipologie di frana, quali le
DGPV, tale valore supera di norma l’80%.
Occorre, inoltre, considerare che le
frane permanenti più “critiche” sono,
ovviamente, quelle in prossimità di fabbricati
o infrastrutture; poiché fabbricati ed
infrastrutture costituiscono, di norma, buoni
riflettori radar ne risulta che, nell’ambito delle
analisi regionali, la quasi totalità dei fenomeni
franosi caratterizzabili con la tecnica ed in
prossimità di edifici contengono uno o più
PS/DS. Si tratta di un’integrazione conoscitiva
estremamente importante e con una resa
elevatissima in termini di rapporto costi/
benefici.
2) Poiché le immagini radar-satellitari
sono disponibili sul territorio italiano dal
1992 è possibile ottenere informazioni di
spostamento a partire da tale data. La tecnica
PS/DS è, sostanzialmente, l’unica tecnica
di monitoraggio che permette valutazioni
ex post, senza installazione di alcuna
strumentazione in loco, in quanto i PS sono
oggetti riflettenti facenti parte del ambiente
come edifici rocce esposte manufatti ecc. .
90
3) In molti casi l’indagine PS/DS ha
evidenziato settori di versante, con evidenze
di movimento, non inclusi nell’inventario delle
frane (Figura 5-1), e, quindi, il riconoscimento
di fenomeni prima ignoti.
L’esame di tali settori ha poi permesso di
verificare come molti (circa il 50%) fossero
frane non cartografate in precedenza
nell’inventario, per una varietà di motivi:
assenza di sufficienti evidenze per definire
una frana, settori di versante in ombra e,
quindi, difficilmente esaminabili in fotografia
aerea, settori boscati ove però esistono PS/DS
rappresentati da detrito, ecc. .
In Piemonte, le analisi effettuate a seguito
delle analisi PS/DS hanno permesso di
identificare ed inserire nell’inventario circa
200 frane precedentemente non riconosciute
(al 2011). Si noti come, in tale ambito, siano
state identificate solo frane prima ignote con
evidenza di movimento, fenomeni, quindi,
di un certo rilievo e degni di attenzione.
Se una frana non riconosciuta, ancorché
contenente PS/DS, non ha palesato evidenze
di movimento dopo il 1992 non viene
comunque identificata sulla base di questa
tecnica.
4) Miglior definizione/riperimetrazione/
caratterizzazione di frane note. L’indagine PS/
DS ha permesso, in moltissimi casi, di meglio
ridefinire il quadro conoscitivo relativo a molti
fenomeni franosi noti; questo in particolare in
ambienti alpini, ove, oltre ai riflettori PS/DS
costituiti da manufatti, è presente un gran
numero di riflettori naturali costituiti da rocce
e detriti. Le integrazioni ricavate dei PS/DS
riguardano essenzialmente:
--
ridefinizione del perimetro della frana
(Figura 5–2);
--
zonizzazione di grandi frane in settori a
comportamento
cinematico
differente
(Figura 5–3);
--
supporto alla classificazione delle frane
in classi di attività (attivo, quiescente,
stabilizzato). Tale punto, importantissimo a
livello della classificazione del territorio nei
piani di bacino, presenta comunque delle
criticità interpretative (vedi anche cap. 6),
giungendo la tecnica PS/DS a livelli di
Vantaggi e limiti della tecnica
precisione al tempo non prevedibili da chi,
a livello normativo, aveva stabilito e definito
le classi di attività.
5) Integrazione con le risultanze dei sistemi
di controllo convenzionali (vedi anche
cap. 4.4). Ovunque siano presenti sistemi
di controllo convenzionali (inclinometri,
capisaldi topografici ecc.) le relative risultanze
possono essere proficuamente integrate con
le analisi PS/DS con creazione di un forte
valore aggiunto nei termini seguenti:
--
reciproca validazione delle risultanze;
--
la conoscenza dei vettori reali di
spostamento (da inclinometri o capisaldi
topografici) permette di proiettare lungo
gli stessi le velocità desunte da PS/DS, così
ottenendo valutazioni molto precise;
--
di norma i PS/DS permettono di integrare
spazialmente, sui corpi di frana, le risultanze
provenienti dai sistemi di controllo
convenzionali.
Gli esempi di confronto tra le risultanze
di sistemi di controllo convenzionali e
Capitolo 5
quelle provenienti dalla tecnica PS/DS sono
numerose e, in generale, vi è buona, se non
ottima, concordanza tra i due gruppi di dati
(vedi anche cap. 4.4).
Occorre, però, fare una importante
considerazione per quanto riguarda il
confronto con i dati inclinometrici, che
rappresentano in assoluto la mole maggiore
dei dati disponibili da sistemi convenzionali.
Le velocità rilevabili dai PS/DS sono
contenute in un campo piuttosto ristretto.
Gli inclinometri convenzionali registrano
deformazioni totali sino a 10-12 cm circa,
dopodiché si tranciano e vanno fuori uso. Per
gli strumenti installati su settori di frana in
movimento tale deformazione avviene, sulla
massa degli strumenti installati, in un arco
di tempo di 1-5 anni. In altri termini, le due
tecniche, inclinometrica e PS/DS, misurano
entrambe lo stesso campo di velocità, per
cui se vi sono dislocazioni evidenziate da
entrambe le tecniche è, comunque, probabile
che le velocità siano confrontabili.
Figura 5–2. Riperimetrazione di fenomeno franoso a seguito di indagine PS (Chialamberto, Piemonte). A sinistra la
perimetrazione della frana a seguito progetto IFFI. La stessa immagine riporta pure il seminato PS, che indica, a monte
della frana perimetrata un settore (linea tratteggiata rossa) con indizi di movimento. A seguito di riesame, il fenomeno è
stato riperimetrato (a destra).
Figura
Riperimetrazione
di fenomeno
franoso
a seguito
di indagine
(Chialamberto,
Figura
5–2.5–2.
Riperimetrazione
di fenomeno
franoso
a seguito
di indagine
PS PS
(Chialamberto,
Piemonte).
A
sinistra
la
perimetrazione
della
frana
a
seguito
progetto
IFFI.
stessa91
Piemonte). A sinistra la perimetrazione della frana a seguito progetto IFFI. La La
stessa
immagine
riporta
il seminato
indica,
a monte
della
frana
perimetrata
un settore
immagine
riporta
purepure
il seminato
PS,PS,
cheche
indica,
a monte
della
frana
perimetrata
un settore
(linea
tratteggiata
rossa)
indizi
di movimento.
A seguito
di riesame,
il fenomeno
è stato
(linea
tratteggiata
rossa)
concon
indizi
di movimento.
A seguito
di riesame,
il fenomeno
è stato
Figura 5–3. Caratterizzazione di diverse morfologie, che spesso si sovrappongono, su versanti complessi a valle della Rocca
la Meja (Alpi Cozie, CN). Tramite l’analisi PS sono stati distinti: (1) detrito/coni di falda con eventuali (2) nivo-morene alla
base della falda, (3); area soggetta a soliflussi/colamenti lenti, (4) paleo rockglacier, (5) accumulo di detrito derivante da
crolli e soggetto a processi periglacilali, (6) cordone morenico wurmiano.
Pareti in roccia: i PS sono stabili (1)
Coni di falda alla base delle pareti: PS stabili (2)
Paleo rockglacier: PS stabili o con movimenti piuttosto contenuti (3)
Depositi di versante e accumuli di crollo a SE del rock-glacier (4): i PS hanno registrato
velocità di spostamento fino a 10 mm/anno in particolare nel settore inferiore dell’area
in esame (4b)
A
A) Colamento lento di detrito
B
B) Il movimento dei blocchi (4-5 mm/anno) è probabilmente legato a processi
periglaciali (processi di gelo-disgelo) che interessano la coltre di alterazione
92
Vantaggi e limiti della tecnica
5.3 Limiti del metodo
A fronte di numerosi vantaggi la tecnica
presenta comunque numerose limitazioni. La
piena comprensione dei limiti da parte dei
tecnici che si occupano di movimenti franosi
è, ad opinione degli scriventi, un elemento
essenziale in quanto la ampia (ed in costante
aumento) disponibilità di dati PS/DS si presta,
qualora i limiti nell’utilizzo del dato non siano
perfettamente compresi, a grossolani errori
ed applicazioni inopportune (alcune delle
quali riportate al par. 5.4 ).
Le righe che seguono riassumono
brevemente i principali limiti della tecnica.
1) Misure di dislocazione rilevate lungo la LOS.
La tecnica PS/DS, come già più volte ribadito
nei precedenti capitoli, fornisce indicazioni
Satellite
ERS-Envisat
Radarsat
di spostamento del bersaglio unicamente
lungo l’asse che collega il bersaglio stesso
con il satellite, denominato LOS (line of sight,
ovvero linea di vista o linea di mira).
Tale concetto viene qui ribadito con vigore
in quanto la sua piena comprensione è
fondamentale per la corretta interpretazione
del dato. Le velocità indicate da PS/DS,
infatti, non saranno quasi mai le velocità
reali delle dislocazioni ma solamente una
loro componente. A seconda delle relazioni
spaziali intercorrenti tra la LOS e l’orientazione
dello spostamento reale tale componente
presenta un grande margine di variazione, da
alcune unità percentuali ad oltre il 95% del
valore reale di spostamento (vedi anche cap.
2.1.4, cap. 4 e Figura 4-14).
L’orientazione spaziale della LOS varia a
seconda dei satelliti:
Azimut θ
valore medio circa
Inclinazione σ
valore medio circa
ascendente
80°
27°
discendente
282°
27°
ascendente
80°
35°
discendente
282°
35°
orbita
Capitolo 5
I satelliti radar illuminano la terra lungo un azimut θ mediamente pari a N 282° (per le orbite
discendenti) e N 80° (per le orbite ascendenti). L’angolo σ rispetto alla normale è di circa 27° per i
satelliti ERS e circa 35° per Radarsat (Figure 5–4 e 5–5)
93
Satellite
Figura 5-4. Orbite dei satelliti (frecce blu) e proiezione della LOS
(angolo θ, frecce rosse) per le orbite discendente
(a
Azimut
Inclinazione
orbita
sinistra) ed ascendente
(a destra).
valore medio circa
80°
282°
80°
282°
ascendente
discendente
ascendente
discendente
ERS-Envisat
Radarsat
valore medio circa
27°
27°
35° 35°
I satelliti radar illuminano la terra lungo un azimut mediamente pari a N 282° (per le orbite
discendenti) e N 80° (per le orbite ascendenti). L’angolo rispetto alla normale è di circa
27° per i satelliti ERS e circa 35° per Radarsat (Figure 5–4 e 5–5)
Figura 5-4. Orbite dei satelliti (frecce blu) e proiezione della LOS (angolo
per le orbite discendente (a sinistra) ed ascendente (a destra).
, frecce rosse)
Figura 5-5. Inclinazione σ della LOS per le orbite ascendenti e discendenti.
Figura 5-5. Inclinazione
94
della LOS per le orbite ascendenti e discendenti.
Qualsiasi interpretazione dei dati PS/DS non può quindi prescindere dalla
contestualizzazione del dato nell’ottica dell’orientazione spaziale dei versanti interessati e
Vantaggi e limiti della tecnica
Capitolo 5
Qualsiasi interpretazione dei dati PS/
dislocazioni decisamente più rilevanti. Ad
esempio: un movimento reale lungo un
DS non può quindi prescindere dalla
versante ad esposizione 190° N ed inclinazione
contestualizzazione del dato nell’ottica
di 20° di entità pari a 2 cm a-1 circa verrebbe
dell’orientazione
spaziale
dei
versanti
rilevato da un’analisi RADARSAT ascendente
interessati e delle direttrici di movimento
come dislocazione di circa 2 mm a-1 (vedi
note dei fenomeni franosi (vedi anche cap.
Figura 4.14); una differenza di un ordine di
4.3.1)
grandezza. Le figure 5-7 e 5-8 riportano altri
Tale aspetto geometrico presenta numerosi
casi di possibili problematiche interpretative
corollari. Poiché i satelliti, come visto,
legate alle geometrie di acquisizione.
percorrono orbite circa N-S ed illuminano
il terreno verso ovest o verso est (orbita
discendente ed ascendente, rispettivamente),
2) Non tutto il territorio
ne consegue che la tecnica identifica
si presta all’applicazione del metodo.
decisamente meglio i movimenti lungo
Questo deriva dalla combinazione di due
l’asse E-O, in quanto comportano maggiori
ordini di elementi:
allontanamenti od avvicinamenti al satellite.
-- le relazioni geometriche intercorrenti tra il
Le ed
dislocazioni
lungo l’asse
N-S vengono
discendente
ascendente,
rispettivamente),
ne terreno
consegue
la tecnica
identifica
e la LOSche
satellitare,
che in condizioni
decisamente
evidenziate
decisamente
meglio imeno
movimenti
lungo(Figura
l’asse E-O,
in
quanto
comportano
maggiori
denominate di foreshortening, shadowing
e
5
–
6),
in
quanto
comportano
minime
o
allontanamenti od avvicinamenti al satellite. Le dislocazioni
N-S settori
vengono
layover (vedi lungo
par. 4.2)l’asse
determinano
nullemeno
componenti
lungo l’asse
E-O. In5 tale
decisamente
evidenziate
(Figura
– 6), in ciechi
quanto
comportano
minime o nulle
dal punto
di vista radar;
quindi, non sarà possibile verificare
componenticaso,
lungo
l’asse E-O. In tale caso, quindi, non
sarà
possibile
verificare
seleeventuali
-- la copertura al suolo, in quanto
zone
se eventuali dislocazioni misurate di valore
-1
a prato,
coltivate
od innevate
non del
),
ascritte
al
campo
dislocazionimolto
misurate
di
valore
molto
<±2
mm
a
1 basso (ad es.boscate,
basso (ad es. <±2 mm a- ), ascritte
offronoinvece,
riflettori radar.
margine dialerrore
e
quindi
considerate
“stabili”
non
siano,
le
minime
componenti
di
campo del margine di errore e quindi
dislocazioniconsiderate
decisamente
rilevanti.
Ad esempio:
un
movimentodei
reale
lungodiun
versante
“stabili”più
(vedi
anche 4.3.1)
non
La combinazione
due gruppi
elementi
-1
circa
verrebbe
rilevato
ad esposizione
190°
N
ed
inclinazione
di
20°
di
entità
pari
a
2
cm
a
di cui sopra fa sì che, in media, nelle tre regioni
siano, invece, le minime componenti di
da un’analisi RADARSAT ascendente come dislocazione di circa 2 mm a-1; una differenza
di un ordine di grandezza. Le figure 5-7 e 5-8 riportano altri casi di possibili problematiche
interpretative legate alle geometrie di acquisizione.
Figura 5–6. Difficoltà della tecnica PS/DS nell’identificazione di spostamenti lungo l’asse N-S. Un bersaglio a terra si sposta,
tra le acquisizioni t0 e t1, da A a B. Poiché i satelliti si spostano lungo un asse circa N-S, l’analisi PS tenderà a non “vedere”
lo spostamento in quanto non vi sarà (o vi sarà minima) variazione di distanza bersaglio-satellite tra acquisizioni successive.
N
N
S
Figura 5–6. Difficoltà della tecnica PS/DS nell’identificazione di spostamenti lungo
l’asse N-S. Un bersaglio a terra si sposta, tra le acquisizioni t0 e t1, da A a B. Poiché i
satelliti si spostano lungo un asse circa N-S, l’analisi PS tenderà a non “vedere” lo
spostamento in quanto non vi sarà (o vi sarà minima) variazione di distanza bersagliosatellite tra acquisizioni successive.
95
che concorrono alla stesura delle presenti
note (Valle d’Aosta, Piemonte e Liguria) circa il
30 % del territorio non sia adatto alla tecnica
di indagine PS/DS.
Quale corollario di quanto sopra riportato,
occorre considerare che le ampie e numerose
frane a cinematica lenta nei settori appenninici
sono caratterizzabili con la tecnica PS/DS
solo se su di esse sono presenti manufatti
in grado di costituite bersagli. In ambiente
appenninico, infatti, la predominanza di
litologie marnoso-argillose e la copertura
vegetale rende sostanzialmente assenti i
riflettori radar naturali.
Si noti, comunque, come, di norma, le
frane più critiche, e, quindi, quelle ove è
più importante ottenere informazioni, siano
appunto quelle con abitati od infrastrutture
ove però i PS saranno ubicati unicamente
sulle stesse, cosi rendendo più problematica
l’interpretazione.
3) La tecnica PS/DS evidenzia solamente le
dislocazioni lente.
Le elaborazioni PS/DS effettuate da
piattaforma ERS evidenziano deformazioni,
lungo la LOS, sino ad un valore massimo
teorico di 10 cm a-1 circa; quelle da piattaforma
Radarsat arrivano a circa 30 cm a-1.
L’utilizzo di satelliti in banda X e con tempi
di rivisitazione più brevi (dell’ordine dei 10-15
gg) porta le velocità rilevabili teoricamente
sino a circa 60 cm a-1. Questo fa sì che
solo determinate tipologie di frana (quelle,
appunto, a cinematica lenta) possano essere
caratterizzate dalla tecnica (vedi cap. 4.5).
Se i riflettori superano tali velocità si ha
una decorrelazione spaziale, una perdita di
coerenza ed il PS/DS viene perso (vedi cap. 2).
Si noti, comunque, che, sulla base di quanto
espresso al precedente punto 1, si tratta di
velocità lungo la LOS che potrebbero, quindi,
rappresentare una frazione di dislocazioni più
rilevanti.
Figura 5-7. Un bersaglio a terra si sposta da A a B lungo una superficie orizzontale o a basso angolo. Lo spostamento del
bersaglio verrà registrato come un allontanamento lungo la LOS nel rilievo da orbita discendente e come un avvicinamento
lungo la LOS nel rilievo da orbita ascendente. Una mancata comprensione di tale meccanismo può comportare errori
interpretativi.
ascendente
Per il rilievo radar da orbita discendente,
nello spostamento da A a B il punto si è
allontanato dal satellite lungo la LOS
96
discendente
Per il rilievo radar da orbita ascendente
nello spostamento da A a B il punto si è
avvicinato al satellite lungo la LOS
Figura 5-7. Un bersaglio a terra si sposta da A a B lungo una superficie orizzontale o a
basso angolo. Lo spostamento del bersaglio verrà registrato come un allontanamento lungo
la LOS nel rilievo da orbita discendente e come un avvicinamento lungo la LOS nel rilievo
da orbita ascendente. Una mancata comprensione di tale meccanismo può comportare
errori interpretativi.
nello spostamento da A a B il punto si è
avvicinato al satellite lungo la LOS
nello spostamento da A a B il punto si è
allontanato dal satellite lungo la LOS
Vantaggi e limiti della tecnica
Capitolo 5
Figura
5-7. Un bersaglio a terra si sposta da A a B lungo una superficie orizzontale o a
Figura 5-8. Spostamenti di pari entità vengono rilevati dalla tecnica in maniera differente a seconda dell’asse del movimento.
basso
angolo.
Lo spostamento del bersaglio verrà registrato come un allontanamento lungo
Nella figura, lungo una sezione E-O, due bersagli presentano spostamenti uguali ma su versanti opposti. I rilievi da satellite
laascendente
LOS nelindicheranno
rilievo daperorbita
discendente e come un avvicinamento lungo la LOS nel rilievo
il punto a sinistra uno spostamento prossimo a quello reale totale e per il punto a destra una
daminima
orbita
ascendente.
Una
mancata comprensione di tale meccanismo può comportare
componente dello spostamento totale.
errori interpretativi.
t0
t
t1
1
t
0
A
A
Spostamenti di pari entità
B
B
Misuro, lungo la LOS, uno spostamento
circa uguale a quello reale totale
Misuro, lungo la LOS, una minima
componente dello spostamento reale totale
Figura 5–9. Valori di precisione di velocità e posizionamento di un bersaglio PS/DS a terra.
Precisione
La precisione dipende da diversi fattori:
--
numero di immagini elaborate;
--
densità di PS;
--
condizioni climatiche;
--
distanza dal REF, ecc. .
Valori tipici per distanze < 1 km dal punto di riferimento (REF)
Posizionamento
Est
Nord
Verticale
Precisione (1σ)
5m
2m
1.5 m
Spostamento in LOS
Velocità media di spostamento
Misura singola
Precisione (1σ)
0.3 mm a-1
3 mm a-1
97
4) In caso di bersagli associati a fabbricati,
difficoltà di attribuire la velocità di
spostamento a deformazioni del terreno o a
cedimenti della struttura.
Quando gli unici riflettori PS/DS presenti
sono fabbricati od infrastrutture, occorre
estrema prudenza nell’attribuire al movimento
franoso le velocità di dislocazione desunte dai
PS/DS (Figura 5-11). Questo poiché ciascun
manufatto, a fronte di una certa deformazione
del terreno, può presentare comportamenti e
reazioni profondamente differenti a seconda
di una serie di elementi quali:
--
tipologia e profondità delle fondazioni;
--
i meccanismi di interazione suolo-struttura;
--
tipologia costruttiva dei fabbricati (Cemento
Armato, muratura, costruzioni antiche in
pietrame ecc.);
--
forma e dimensioni geometriche;
--
posizione relativa sul versante.
Tali elementi sono evidenti negli studi
effettuati dall’Università di Genova per
conto della Regione Liguria (vedi cap. 6).
La valutazione dei movimenti a fronte di
dislocazioni rilevate su soli manufatti andrà,
quindi, effettuata con estrema prudenza e,
preferibilmente, previa verifica sul terreno di
quanto risultante dai PS/DS (Figure 5-10 e
5-11).
5) Impossibilità di conoscere a priori la
distribuzione e posizione dei bersagli.
Contrariamente a quanto accade per altre
tecniche di monitoraggio, ove posso scegliere
ex ante e con precisione ogni punto di
controllo (ove, ad esempio, installare uno
strumento), non è possibile sapere, a priori,
dove e quanti punti PS/DS saranno identificati.
Posso sapere a priori che su di un certo
settore di versante le probabilità di avere PS/
DS sono maggiori o minori (vedi anche cap.
Figura 5-10. Mentre la velocità dei PS/DS rilevata in roccia e su elementi naturali all’interno del corpo di frana può,
ragionevolmente, essere ascritta alla frana stessa, lo stesso non può esser fatto nel caso di PS costituiti da fabbricati. In
tal caso la dislocazione misurata rappresenta il prodotto di un’interazione tra il movimento della frana ed i meccanismi di
interazione suolo-struttura.
98
Vantaggi e limiti della tecnica
Capitolo 5
Figura 5-11. Caso nel quale la risposta strutturale dell’edifico al movimento di frana fa sì che le velocità relative alla frana,
al bersaglio ed al PS siano tra loro differenti, anche in maniera consistente.
5) Impossibilità di conoscere a priori la distribuzione e posizione dei bersagli.
Contrariamente a quanto accade per altre tecniche di monitoraggio, ove posso scegliere ex
5) Impossibilità di conoscere a priori la distribuzione e posizione dei bersagli.
ante e con precisione ogni punto di controllo (ove, ad esempio, installare uno strumento),
Contrariamente a quanto accade per altre tecniche di monitoraggio, ove posso scegliere ex
non è possibile sapere, a priori, dove e quanti punti PS/DS saranno identificati. Posso
ante e con precisione ogni punto di controllo (ove, ad esempio, installare uno strumento),
sapere a priori che su di un certo settore di versante le probabilità di avere PS/DS sono
non è possibile sapere, a priori, dove e quanti punti PS/DS saranno identificati. Posso
maggiori o minori (vedi anche cap. 4) in funzione della presenza di potenziali riflettori e
sapere a priori che su di un certo settore di versante le probabilità di avere PS/DS sono
delle condizioni geometriche del versante rispetto alle orbite satellitari, ma densità ed
maggiori o minori (vedi anche cap. 4) in funzione della presenza di potenziali riflettori e
ubicazione
deicondizioni
PS/DS saranno
noti solo
indagini effettuate.
delle
geometriche
deladversante
rispetto alle orbite satellitari, ma densità ed
ubicazione dei PS/DS saranno noti solo ad indagini effettuate.
6) Impossibilità di identificare fisicamente in riflettore radar sul terreno. Il PS, ed ancor meno
il DS (vedi
anche cap. di
2-4),
non sono
punti identificabili
in radar
chiarosul
sulterreno.
terrenoIl così
come
lo meno
6) Impossibilità
identificare
fisicamente
in riflettore
PS, ed
ancor
possonoil essere
un
caposaldo
topografico
o
la
testa
di
un
inclinometro,
anche
se,
talvolta,
DS (vedi anche cap. 2-4), non sono punti identificabili in chiaro sul terreno così come lo
(soprattutto
nel caso
dei un
PS)caposaldo
è possibile
individuare
con
precisione
cosa
possono
essere
topografico
o al
la suolo
testa di
undiscreta
inclinometro,
anche
se, si
talvolta,
sta misurando.
In
generale,
il
PS/DS
corrisponde
a
un
“centro
di
fase”
ovvero
un
punto
(soprattutto nel caso dei PS) è possibile individuare al suolo con discreta precisione cosa si
immateriale,
virtuale, laIn cui
posizione
e configurazione
ai bersagli
sta misurando.
generale,
il PS/DS
corrisponde arispetto
un “centro
di fase” radar
ovveroreali
un punto
dipendono
da
diversi
e
variabili
elementi.
Nell’esempio
di
Figura
5-12A
il
bersaglio
immateriale, virtuale, la cui posizione e configurazione rispetto ai bersagli radar
radar reali
che costituisce
il PSdaè diversi
costituito
dalla configurazione
a diedro derivante
da 5-12A
un lastricato
ed il radar
dipendono
e variabili
elementi. Nell’esempio
di Figura
il bersaglio
muro verticale
di
un
fabbricato.
Il
centro
di
fase
corrispondente
al
PS,
rispetto
al
quale
che costituisce il PS è costituito dalla configurazione a diedro derivante da un lastricato ed il
verrannomuro
valutati
gli spostamenti
nel tempo,
in questo
corrisponde
con rispetto
un punto
verticale
di un fabbricato.
Il centro
di fase caso,
corrispondente
al PS,
al quale
ubicato verranno
lungo lo spigolo
definito
dal
punto
d’incontro
tra
lastricato
(livello
strada)
e
muro
valutati gli spostamenti nel tempo, in questo caso, corrisponde con un punto
verticaleubicato
ad esso
adiacente.
Dato
quanto
però, tra
accadere
che
PS ubicati
lungo
lo spigolo
definito
dalsopra,
punto può,
d’incontro
lastricato
(livello
strada) ine muro
corrispondenza
di
fabbricati,
ed
agli
stessi
attribuiti,
siano,
in
realtà,
relativi
a
manufatti
od
verticale
adiacente.
Dato quanto
sopra,
può, però,
che
PS alubicati
in
Figura 5-12.ad
A) Ilesso
bersaglio
radar dalla configurazione
a diedro
lastricato/muro
verticale.accadere
Il centro di fase
rispetto
quale
oggetti presenti
nell’immediato
intorno,
non
particolarmente
idonei
per
le
loro
caratteristiche
corrispondenza
di
fabbricati,
ed
agli
stessi
attribuiti,
siano,
in
realtà,
relativi
a
manufatti
od
verranno valutati gli spostamenti si colloca, in questo caso, in corrispondenza dello spigolo tra i due elementi strutturali
strutturali
a fornire indicazioni
circa la stabilità
diparticolarmente
un comparto idonei
territoriale
oggetti
nonsimili
per le(Es.:
loro muretti,
caratteristiche
(cerchiopresenti
rosso). B) Innell’immediato
natura si identificanointorno,
configurazioni
in rocce esposte ecc. .
baracche
in lamiera,
tettoie, indicazioni
ricoveri attrezzi,
strutturali
a fornire
circa ecc.).
la stabilità di un comparto territoriale (Es.: muretti,
baracche in lamiera, tettoie, ricoveri attrezzi, ecc.).
A
B
Figura 5-12. A) Il bersaglio radar dalla configurazione a diedro lastricato/muro verticale. Il
5-12. A)alIl quale
bersaglio
radar valutati
dalla configurazione
a diedro
lastricato/muro
verticale. Il
centro diFigura
fase rispetto
verranno
gli spostamenti
si colloca,
in questo caso,
centro di fase
rispetto
quale
verranno
valutati
gli spostamenti
si colloca,
questo
in corrispondenza
dello
spigoloaltra
i due
elementi
strutturali
(cerchio rosso).
B) In in
natura
si caso,
in corrispondenza
i due elementi
identificano
configurazioni dello
simili spigolo
in roccetra
esposte
ecc. . strutturali (cerchio rosso). B) In natura si
99
identificano configurazioni simili in rocce esposte ecc. .
4) in funzione della presenza di potenziali
riflettori e delle condizioni geometriche del
versante rispetto alle orbite satellitari, ma
densità ed ubicazione dei PS/DS saranno noti
solo ad indagini effettuate.
6) Impossibilità di identificare fisicamente in
riflettore radar sul terreno.
Il PS, ed ancor meno il DS (vedi anche cap.
2-4), non sono punti identificabili in chiaro
sul terreno così come lo possono essere
un caposaldo topografico o la testa di un
inclinometro, anche se, talvolta, (soprattutto
nel caso dei PS) è possibile individuare al
suolo con discreta precisione cosa si sta
misurando. In generale, il PS/DS corrisponde
a un “centro di fase” ovvero un punto
immateriale, virtuale, la cui posizione e
configurazione rispetto ai bersagli radar reali
dipendono da diversi e variabili elementi.
Nell’esempio di Figura 5-12A il bersaglio
radar che costituisce il PS è costituito dalla
configurazione a diedro derivante da un
lastricato ed il muro verticale di un fabbricato.
Il centro di fase corrispondente al PS, rispetto
al quale verranno valutati gli spostamenti nel
tempo, in questo caso, corrisponde con un
punto ubicato lungo lo spigolo definito dal
punto d’incontro tra lastricato (livello strada)
e muro verticale ad esso adiacente.
Dato quanto sopra può, quindi, accadere
che PS ubicati in corrispondenza di fabbricati,
ed agli stessi attribuiti, siano, in realtà,
relativi a manufatti od oggetti presenti
nell’immediato intorno, non particolarmente
idonei per le loro caratteristiche strutturali
a fornire indicazioni circa la stabilità di un
comparto territoriale (Es.: muretti, baracche in
lamiera, tettoie, ricoveri attrezzi, ecc.).
5.4 Esempi di utilizzo improprio
Pur trattandosi di una tecnica relativamente
recente, la tecnica PS/DS già registra un certo
numero di casi nei quali l’utilizzo del dato
è stato effettuato in maniera, inopportuna,
errata o semplicistica. Questo è dovuto, ad
opinione degli scriventi, ai seguenti elementi:
--
alcune Regioni (tra le quali Valle d’Aosta,
Liguria, Piemonte, Lombardia, Trentino
Alto Adige, Campania, Toscana) nonché
il Ministero dell’Ambiente (tramite il PST,
Piano Straordinario di Telerilevamento)
hanno effettuato rilievi radarsatellitari e
(giustamente) divulgato le risultanze;
--
la disponibilità di tali dati su ampie porzioni
di territorio, associata alle indubbie e
numerose potenzialità, ha indotto molti
tecnici a farne ampio uso;
--
alla diffusione dei dati da parte delle
amministrazioni non si è però associata
un’adeguata campagna di formazione ed
educazione all’uso dei dati stessi per cui in
alcuni casi il dato è stato male utilizzato o
male interpretato.
Si noti che alcune delle attività sviluppate
nell’ambito del progetto Risknat quali
le presenti note ed alcune giornate di
presentazione
e
divulgazione
hanno
precisamente lo scopo di ovviare a quanto
sopra espresso, formando i tecnici delle PA ed
i professionisti all’utilizzo corretto dei dati.
Le righe che seguono illustrano alcuni
esempi (ripresi, ahinoi, da casi reali) di
inopportuno utilizzo dei dati PS/DS.
Indagini PS commissionate su aree inadatte
a tale tipo di analisi.
Come già in precedenza esposto, non
tutto il territorio si presta a tale tipo di
analisi. In alcuni casi amministrazioni locali
hanno commissionato indagini PS (di norma
per indagini da applicarsi ad espansioni
urbanistiche) poi rivelatesi inutilizzabili per una
pluralità di motivi (innevamento, orientazione
sfavorevole del versante, mancanza di PS/
DS ecc.). Un’analisi di fattibilità, ancorché
speditiva (vedi anche appendice B), avrebbe
potuto evitare una spesa inutile.
100
Vantaggi e limiti della tecnica
Uso semplicistico dei dati
Per uso semplicistico si intende un
interpretazione del tipo: “rosso = si muove,
giallo = si muove poco, verde = sta fermo”.
Gli intervalli di velocità utilizzati in fase di
interpretazione sono arbitrari e vengono
decisi da chi effettua l’elaborazione stessa. In
assenza di un’adeguata “sensibilità” al dato ed
alla relativa elaborazione l’uso semplicistico ed
acritico (ovvero non valutato nell’ottica delle
condizioni locali) può portare a conclusioni
totalmente errate. Si hanno anche casi di
acritica trasposizione di un seminato PS “così
come viene” in una zonizzazione del territorio
a fini pianificatori: rosso = inedificabile; giallo
= edificabile a certe condizioni; verde =
edificabile.
Acritica accettazione del dato PS come dato
“risolutore”.
Il dato PS/DS, ancorché utilissimo, non
è il solo ed unico elemento valido per la
caratterizzazione di un fenomeno franoso,
ma è semplicemente uno degli elementi che,
associato ad altri dati derivanti dalle classiche
Capitolo 5
modalità investigative (rilievo sul terreno,
fotointerpretazione ecc., vedi Figura 5-13),
concorre alla definizione di un modello del
fenomeno franoso.
Interpretazione generica degli spostamenti
rilevati come dovuti a sole componenti subverticali.
Come già più volte osservato, la tecnica
registra solo una componente, più o meno
subverticale, del movimento complessivo;
questo non significa assolutamente che
il movimento abbia sola componente
subverticale.
L’interpretazione
degli
spostamenti rilevati va effettuata sulla base
dell’orientazione dei versanti e del modello
cinematico della frana.
Acritica attribuzione alla frana dei valori di
velocità derivanti dai PS/DS.
Talvolta si è verificato che sia stata associata
alla classificazione dello stato di attività delle
frane ai fini della pianificazione, comunale o
di bacino.
Figura 5-13. La tecnica PS/DS è una (non l’unica) tecnica da utilizzarsi per la caratterizzazione di una frana
Rilevo
geomorfologico
Sistemi di
Fotointerpretazione
Indagini
geognostiche
Caratterizzazione del
fenomeno franoso
controllo
Indagini
Rilievo
geologico
PS
Analisi
storica
101
Come già più volte specificato, i valori di
velocità PS/DS vanno letti ed interpretati a
seconda delle relazioni spaziali intercorrenti
tra la LOS e l’orientazione dello spostamento
reale del corpo di frana.
102
registrabili dalla tecnica. In nessun caso
l’assenza di PS/DS può essere, comunque,
interpretata come assenza di movimenti in
atto.
Assenza di PS interpretata come assenza di
movimenti.
Acritica interpretazione di spostamenti
rilevati su manufatti come spostamenti
dovuti ai corpi di frana.
L’assenza di PS/DS può semplicemente
essere dovuta all’assenza di riflettori adeguati
oppure al fatto che i riflettori esistono ma
che i movimenti hanno superato le velocità
Come notato al cap. 5.3 occorre un’estrema
prudenza nell’attribuire alla frana le velocità
di dislocazione desunte dai PS/DS; in nessun
caso la trasposizione può essere acritica.
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