Programma Cineforum Nuovo Cinema Elio E’ bello, in un periodo in cui i cinema vengono sostituiti dai Bingo, scoprire che un gruppo di coraggiosi decide di aprire una nuova sala, a Calimera, e di scegliere una programmazione che lascia spazio al cinema emergente e alla musica di tutti i generi. Bravi ragazzi! Ogni Mercoledì al Caffè Letterario “Sound & Vision for The Club” DJ a rotazione 29/03/2003 Radici nel cemento @ Trepuzzi 02/04/2003 Sergio Cammariere @ teatro Italia, Gallipoli 05/04/2003 24 Grana + Negramaro @ Trepuzzi 10/04/2003 Luciano @ Bitritto 18/04/2003 PGR @ Andria www.coolclub.it [email protected] Coolclub.it è un sito internet e da oggi anche un foglio di informazione. Chiunque abbia la voglia di collaborare con noi può mandarci il suo materiale all’indirizzo email . Non fatevi pregare, siete i benvenuti. fotocopiato in proprio marzo 27 – Coppia di L. Miniero e P. Genovese; Piovono mucche di L. Vendruscolo aprile 3 – Respiro di E. Ciarlese aprile 10 - Pesci combattenti di A. D’Ambrosio e D. Di Biasio aprile 17 - Liberi di G. M. Tavarelli aprile 24 - I nostri anni di D. Caglianone Trentanove righe e quattrocentosedici cazzate Uno dei libri di Franco Fortini, grande poeta e cattivo maestro, Insistenze, era dedicato "a chi abita le carceri". Il carcere è il non luogo per eccellenza. Per noi che stiamo fuori tutto quello che succede lì dentro è come se non esistesse, come se le persone che vi abitano, non fossero mai nate, non appartenessero a questo mondo, o, provvisoriamente, ne fossero usciti. Per chi c'è stato, o per chi c'è dentro, invece, sembra che sia il contrario. Che il mondo sia quello delimitato da quei merdosissimi muri invalicabili. Questo per segnalarvi un momento, un luogo, dove questo non è vero, o meglio, dove accade che i due mondi si possano incontrare su un terreno neutro: la rete. Andate a visitare il sito , il sito dei detenuti di San Vittore. E' bello, ed è molto di più. Ora cambio argomento. Dedicato a chi parte. A chi lascia qualcosa dietro di sé. Dedicato a tutti noi che chissà quante volte siamo partiti lasciando qualcuno indietro, e chissà quante volte siamo rimasti a terra a guardare quel maledetto treno partire, sperando che si fermasse e che si aprissero le porte e che qualcuno scendesse. Dedicato alle lacrime. Dedicato alle lacrime che lavano gli occhi e che sono salate come il mare, e che vengono da dentro e che ci portano fuori. Dedicato a chi parte e vorrebbe restare e a chi resta e vorrebbe partire. Dedicato a chi crede che la sua vita è da una altra parte ma non sa bene dove, e a chi crede che la sua vita sia con qualcun altro in un altro luogo. Dedicato a chi non sa che cosa è giusto e sbagliato, dedicato a chi non importa. Restare soli a volti è piacevole, credere di essere soli quando si è circondati è meno piacevole. Dedicato a lei che se ne è andata. Riporto un passo di una canzone di Piero Ciampi, cantautore livornese che dopo essersi preparato per tutta la vita una morte per cirrosi epatica, se ne è andato per un cancro alla gola, e che tutti dovrebbero ascoltare almeno una volta (grazie Luca): CoolClub.it Numero dedicato all’amore, un po’ per l’arietta primaverile, un po’ per i recenti avvenimenti che hanno coinvolto un po’ tutti, un po’ perché oggi più che mai ce n’è veramente bisogno. Ho deciso di riempire queste righe con una dichiarazione d’amore, una dichiarazione d’amore a chi in questi anni mi ha amato e non mi ha ancora lasciato. Se esiste l’amore, Dario è l’amore. Lo so, sono un uomo e anche Dario lo è. Ma l’amore è di più, è di più di un uomo e una donna, è di più del matrimonio, di più di S.Valentino dei baci perugina e di scopare durante il fine settimana. L’amore è…ecco si, ve le ricordate le figurine molto in voga tra gli anni 70, 80, quelle di Painet con due bimbi che si tengono per mano, sorridono, sono nudi, nella natura, incorniciati dalla scritta love is… Beh il mio amore per Dario è come una figurina attaccata al cuore che non va più via, come un tatuaggio fatto in un posto nascosto ma il fatto di sapere che c’è ti fa stare bene. Il mio amore per Dario è come la birra, non puoi farne a meno. Il mio amore per Dario è come quando stai leggendo un libro e ti prende talmente tanto che ti svegli nel cuore della notte per leggerne almeno un’altra pagina. Il mio amore per Dario è un film francese che non ti stanchi mai di rivedere. Dario è un rosso, dal cuore ai capelli, è un maschio, odora di maschio. Fuma tre pacchi di sigarette al giorno, comprese quelle(e non sono poche) che quotidianamente gli scrocco, e profuma di tabacco come quei paesini dove i vecchietti mettono la foglie a seccare al sole. Quando fuma, Dario, è bellissimo. Ha un modo magico di tenere su la sigaretta, sembra parte di lui, delle sue dita, delle labbra che ogni volta che ne incontrano una si aprono in una smorfia che è un sorriso. Le maltratta le sigarette, le stringe forte, quasi avesse paura di una loro fuga, come un amante geloso. Io e Dario ridiamo nello stesso modo e quando ci siamo incontrati per la prima volta abbiamo riso perché ci siamo resi conto di come ridevamo quando ridevamo. Dario, una volta, si è addormentato mentre scopava. Lui sotto, lei sopra zum, zum, zum, ronf ronf. Dario è capace di innamorarsi tredici volte in un minuto e se fosse ricambiato sono sicuro che saprebbe soddisfarle tutte. Io e Dario quando stiamo insieme beviamo, parliamo e fumiamo fino allo sfinimento e stiamo bene così. Dario dice spesso “ Sesso? No grazie, prendo la birra.” E molte volte ha ragione. Dario mi ha regalato tanti libri e me ne ha prestati tanti che mai gli restituirò. Io e Dario abbiamo sofferto, soffriamo e soffriremo ma almeno ci siamo incontrati. Dario ha vissuto a Bologna per sei anni, faceva l’Università, lettere, poi è tornato a Lecce ma non si è ancora laureato. Dario ha 28 anni e ogni tanto gli dico che sta invecchiando anche se è più divertente dirlo a Gigi che ne ha 36. Dario sa tutto, o quasi, è la risposta alla mia sete di conoscere, è un maestro severo e un instancabile lettore. Dario è generoso e ha sempre una birra e una sigaretta per te. Dario è bello di una bellezza che puoi trovare solo in lui, ha fascino da vendere ed è normodotato. Dario ha letto “La ricerca del tempo perduto” e non è poco. Se Dario fosse una donna non credo che lo amerei così. Osvaldo Ci risiamo: scoppia la guerra e vengono vietate le canzoni. La musica ancora una volta fa la parte del leone nel trasmettere emozioni, idee e sentimenti, in questo caso diffusissimi come l’odio per la guerra. Riporto da Repubblica di oggi: “Vietato trasmettere canzoni e videoclip che abbiano a che vedere con la guerra. È questa la regola, dettata dalla Itc, l'autorità che vigila sulle telecomunicazioni in Inghilterra, che le emittenti radiofoniche e televisive del Regno Unito devono rispettare in questi giorni. Le radio e le tv britanniche stanno riscrivendo le loro playlist, eliminando canzoni che contengono parole come "bomba", "attacco", "soldati" e molte altre. Mtv, ha addirittura distribuito ai suoi dipendenti una lista nera che contiene video che non devono essere trasmessi in questi giorni, e la londinese Capital Radio impone ai dee jay di utilizzare dischi che abbiano un “sentimento positivo”, per non turbare le orecchie degli innocenti che mandano i propri soldati a fare la guerra in Iraq e a morire e ammazzare in nome della regina. Ecco alcuni dei titoli vietati da Mtv in Inghilterra: Tu no, aspetta, no... Se non so farti felice, Anche se continuo a bere Tu no, amore, no, Tu mi devi star vicino Perché ormai io sono fuori. Tu no, tu no, tu no, Qualche cosa te l'ho data Se mi guardi con quegli occhi... Tu no, tu no, tu no. Aerosmith: "Don't want miss a thing" Bon Jovi: "This ain't a love song" Iggy Pop: "Corruption" Radiohead: "Invasion" Megadeath: "Holy wars" Cranberries: "Zombie" U2: "Sunday Bloody Sunday" Paul Hardcastle: "19" Billy Idol: "Hot in the city" Gavin Friday: "You, me, and World War Three" Armand Van Helden: "Koochy" Manic Street Preacher: "So Why So sad" Trick Daddy: "Thug Holiday" Transplants: "Diamonds and guns". Oggi è il ventuno marzo, giorno due dell'era Bush jr. Porca guerra.. dario Come dire: Dio salvi la regina e quei poveri rincoglioniti che le danno retta. Piero Ciampi dario 0 2 Calla Venerdì 02/04/2003 Chlorò Basta ascoltare As Quick As It Comes da "Televise" per rendersi conto che i Calla sono un segreto che deve essere svelato al mondo, o perlomeno agli amanti dei Sigur Ros e dei Sonic Youth più lenti. La band newyorkese ha più spessore dei primi e meno irruenza dei secondi, ma soprattutto vive di luce propria, avendo finalmente trovato il coraggio di distaccarsi dalle atmosfere desertico-lisergiche del disco precedente Scavengers. Ora i Calla sono riusciti a creare un universo scuro, tutto da esplorare passando attraverso territori che sfiorano il prog senza mai abbracciarlo, giocano con la psichedelica, sono inondati di feedback, ipnotizzano con un basso profondo ed ammaliano con una voce impastata ed alcoolica. Televise non è solo i miglior disco dei Calla, è un album destinato a scaldare l'inverno di tutte le anime sensibili, a moltiplicare il senso di malinconia insito in tutti i cuori teneri e, allo stesso tempo, ad alleviarne le sofferenze. I tre sono riusciti a concretizzare le loro visioni di ieratica estasi e bellezza con un disco imperdibile, in grado di far raggiungere all'ascoltatore una sospensione temporale che si interrompe, purtroppo bruscamente, solo con la fine dell'album. Ma si può sempre premere play ancora. E ancora … Massimo Garofalo THE HOURS - il film Sono tre donne che nello stesso momento, in tempi e luoghi diversi, si guardano riflesse nello specchio e tirando un sospiro immergono il loro volto nell'acqua e poi con forza lo tirano via. Sono tre storie diverse ed uguali. "Tutto mescolato insieme". CALLA (USA - Quatermass / Audioglobe) - Italy tour 29 MAR 03 - MILANO @ Cox 18 (+ YELLOW CAPRA) 30 MAR 03 - TERNI @ Nexus (+ TV LUMIERE) 31 MAR 03 - NAPOLI @ Marabù Club 1 APR 03 - CATANIA @ Taxi Driver 2 APR 03 - CALIMERA (LECCE) @ Chlorò 3 APR 03 - ANCONA @ Thermos 4 APR 03 - MESTRE (VENEZIA) @ Jam Club 5 APR 03 - GIAIS DI AVIANO (PORDENONE) @ Velvet Rock Club 6 APR 03 - MILANO MARITTIMA (RAVENNA) @ Loco Squad 7 APR 03 - ROMA @ Init (+ THE FEVER) 8 APR 03 - QUARTU S. ELENA (CAGLIARI) @ F.B.I. Club (in luogo di CAGLIARI @ Abbey Road Village) 9 APR 03 - MARINA DI MASSA (MASSA) @ Baraonda 10 APR 03 - FAENZA (RAVENNA) @ Clan Destino >>> 11 APR 03 - MILANO @ Radio Popolare 11 APR 03 - PONDERANO (BIELLA) @ Babylonia 12 APR 03 - BRESCIA @ DonneMotori 13 APR 03 - GENOVA @ Milk E' la stessa voce che viene fuori urlante ma silenziosa da tre corpi differenti, ma che è voce dello stesso dramma interiore, voce del buio che ognuno di noi, solo, conosce e nasconde, in sé, e combatte, a volte, e vi convive mascherando. Ci sono vite poi in cui questo buio soffoca la luce. E la oscura. Da sempre e per sempre. E' il 1923 e Virginia Woolf scrive "Mrs Dalloway". Primo dopoguerra. Laura Brown legge quel romanzo. E, parallelamente, i nostri giorni. Clarissa Vaughan vive quella storia e ne porta il nome, come nomignolo datole dal suo unico, forse, vero grande amore: "Buon giorno, signora Dalloway"… E signora Dalloway è il filo in comune. Il punto d'arrivo e di partenza. Signora Dalloway è il segreto condiviso, è ciò che, a distanza di secoli e miglia, le unisce. In un unico destino di amore grande e grande dolore, in un destino di baci fugaci di labbra che colpevoli si attraggono ma devono respingersi, in un destino di mute grida d'aiuto, destino di vite spezzate che a loro modo però rinascono. Nelle parole, nella scrittura. Questo "The hours", film di Daldry tratto dall'omonimo romanzo di Cunningham. Queste le ore di vite che scorrono. Di vite "malate" e senza pace. Ma ad ognuno, "anche al paziente più reietto", è dato di scegliere della sua cura. E allora. Chi con dei pesanti sassi nelle tasche in un fiume, chi con una fuga, chi con l'amore e il suo ricordo, queste tre donne scelgono di se stesse, drammaticamente e intensamente scelgono della loro vita e della loro morte. Sono donne complicate che vivono così la loro complicatezza, complici, quasi, senza neanche conoscersi. Donne incomprese come incompreso spesso è il vuoto dentro loro stesse. H-Strycnine 18/04/2003 Chlorò - Calimera BETH GIBBONS & RUSTIN MAN: "Out of season" (Universal) “A volte è come se un disco riuscisse a suonare la tua vita, il tuo dolore per un amore che non c'è più, a tradurre in note quella dichiarazione d'amore che non le hai mai fatto, ad accompagnare, nel buio della stanza, il fumo della tua sigaretta fino sulla strada e a trasformarlo in piccoli segnali di fumo che lei, dall'altra parte della luna, non potrà mai vedere. Allora pensi che forse lei in quel preciso momento è nella sua stanza e ascolta il tuo stesso disco, fuma anche lei ma forse i suoi segnali di fumo non sono per te. Pensi che mai potrai incontrare l'amore perché per sopravvivere l'hai dovuto uccidere ma poi scopri tra gli accordi di una canzone che lei infondo c'è ancora, non qui, non ora e forse un giorno la incontrerai.” Era da un bel po' che non si sentiva più parlare dei Portishead, circa 5 anni di silenzio, anni in cui la scena di Bristol e soprattutto quella trip-hop ha subito una battuta d'arresto. Ecco poi che Beth Gibbons (voce del gruppo) e Adrian Utley ( chitarra) incontrano Paul Webb ( in arte Rustin man, ex bassista dei Talk talk). Nasce “Out of season”, un album che sembra suonare come un vinile degli anni 60, un album che mette da parte l'elettronica e riscopre il jazz, il folk, il soul. Un disco struggente in cui la splendida voce di Beth è protagonista assoluta. Canzoni cariche di malinconia, di sentimento, di mood, di una bellezza disarmante. Un disco che sembra omaggiare Billy Holiday, Nick Drake ma che non dimentica la grande personalità di una voce che come poche riesce a emozionare. Elegante come da sempre la musica dei Portishead, a tratti sussurato, a tratti ipnotico, sofferto. Un disco per chi è innamorato dell'amore e nonostante tutto resiste. Osvaldo Io, seduta davanti allo schermo, ho sentito di poter percepire la consistenza di quel vuoto, magicamente ritratto dal regista, ho cercato di capirlo per capire anche un po' il vuoto che silenziosamente profondo scava e cova nel nostro essere. Si riempie quel vuoto con "le ore"… Valentina Uno dei migliori gruppi della scena italiana crossover/hardcore insieme a Linea77, BrowBeat, Hut e Hangin' On A Thread. Le coordinate su cui si muovono gli H-(Strychnine) sono però decisamente più hardcore che crossover e questo si nota soprattutto nella splendida voce urlata del cantante e nelle ritmiche schiacciasassi della batteria. Nella loro musica si nota chiaramente l'influenza di gruppi come Snapcase, Sick Of It All, Helmet, Fugazi. L'influenza Rage Against The Machine invece emerge molto nei testi politicamente impegnati e molto arrabbiati e nell'attitudine del gruppo dal vivo. L'idea H-Strychnine nasce nella prima metà del 1998 dai fratelli Felix (drums) e Luciano (guitar/vocals). Il classico annuncio sul giornale ed ecco presentarsi Mauro (vocals) e suo fratello Andrea (bass/vocals). Ottobre '98 vede l'arrivo di Dario (guitar/vocals) che delinea definitivamente la formazione. La band compone in brevissimo tempo un repertorio di canzoni che le permettono di affrontare il "Dose your hate tour 98", oltre sessanta concerti in tutta Italia, on stage con numerossissime band italiane già affermate. Fra Marzo e Aprile '99 il gruppo entra in studio dove registra il suo demo che diventerà un mini cd pubblicato dalla NO-BRAIN RECORDS nel Luglio '99. Nello stesso mese la band è sul tent-stage del BEACH BUM FESTIVAL di Iesolo. Dopo l'estate cominciano a fioccare le recensioni per "Reach" (rilevante l'inclusione nel cd sampler allegato a Rocksound di Settembre), e gli H-Strychnine ottengono di suonare con band straniere della portata di EARTHTONE 9, GODFLESH, L7, Dj Bug, BURNING HEADS, TWICE ecc… Nel 2002 è uscito il nuovo album degli H-STRYCHNINE!!!! Il disco si intitola "PLAY WITH KITES" e contiene 11 nuovi brani. Il disco e' uscito per Ammonia Records, distribuito da V2 che utilizza i canali distributivi della SONY!! Inoltre il video è stato in onda su rock tv il video di "prison family" da il disco "reach" (ammonia rec./v2). A presto in onda su superock di MTV e su Match Music. Recensioni ed interviste disponibili al sito ufficiale: http://www.h-strychnine.com Niccolò Ammaniti “Io non ho paura.” (Einaudi) 2001 Terza opera di Ammaniti (35 anni, il più giovane vincitore, con questo libro, del Viareggio, il premio letterario più antico d'Italia). La storia è ambientata in un sud “ageografico” degli anni settanta dalle tinte forti in cui gli odori pungenti delle stoppie di grano e degli acquazzoni fanno da sfondo alla più intensa estate di Michele Amitrano, classe quinta B. Si tratta di un libro dal ritmo cinematografico e serratissimo vissuto attraverso gli occhi e i sentimenti di uno scolaro di 10 anni; da questo, come da “Fango” e “Branchie” (sempre di Ammaniti), è stato tratto un film. Diretto da Gabriele Salvatores il film è uscito insieme a una piece teatrale dal titolo “Io non ho paura: 14 danze per bambini intorno a un buco”, un viaggio-spettacolo costruito su alcune immagini del film che sarà in scena nelle principali città italiane. Il film, nelle sale in questi giorni, col suo manierismo ed i suoi cliché non rende onore al libro e sembra tradirne un po' lo spirito, soprattutto nel finale decisamente forzato. Ammaniti dipinge con grande forza i sentimenti del bambino che lotta incessantemente tra le sue paure diurne ed i mostri della notte sempre pronti ad afferrarlo, la perdita dell'innocenza attraverso la scoperta di emozioni quali l' amicizia, il tradimento, la disillusione, il senso del dovere, la forza di sconfiggere le proprie paure. Tutto racchiuso in poco più 200 pagine che ti catturano e ti proiettano nella dimensione estiva e campagnola che appartiene all'infanzia di ciascuno. Su tutto impera l'amara constatazione: “Piantala con questi mostri, Michele. I mostri non esistono…Devi avere paura degli uomini non dei mostri”. Antonio Polina @ Chlorò 14/03/2003 Avevo letto tantissimo sui Polina, avevo ascoltato pochissimo, ero curioso e impaziente di ascoltarli, vederli, conoscerli. Arrivano a casa nel tardo pomeriggio insieme a Checco (Insintesi), prendono possesso della stanza e ci immergiamo per un paio d'ore in una lunga chiaccherata sulla nuova scena elettronica italiana e non, sulla posse napoletana, sulle donne. Il tutto accompagnato da una raffica di caffè, una discreta quantità di birra, sigarette a piacere e una manciata di canne. Ed è subito simpatia: si ride, si scherza, ci si prepara “spiritualmente” alla serata. Il buon Checco li strappa al cucinino della perdizione verso le 20:00. Arrivo al Chlorò con la Colaci mobile verso le 23:00 insieme al fido Gigi e la festa comincia. Poca gente mentre Checco seleziona per circa un’ora della buona elettronica, una sorta di antipasto a quello che tutti aspettavano. Strano live set quello dei Polina, direi a strati. Il primo a salire sul palco è Luca Mazza ( M.c.beat box-leader) che seleziona Hip-hop bello tosto. E' tecnicissimo nel mixare, a giocare con i suoni, gli scratch, il mixer…credo di aver capito in quel momento cosa significa suonare i dischi. Nel frattempo comincia ad arrivare la gente, circa 200 persone, e il live set comincia a pompare. In consolle Ercole Longobardi (Programming-drums) che comicia a selezionare break-beat, dub, D'n'Bass. E proprio mentre tutti sono in pista e la serata raggiunge il suo climax, salgono tutti sul palco. Fulvio Di Nocera prende in mano il contrabbasso elettrico e Livio Lanzetta, che fino a quel momento proiettava le immagini e i filmati che hanno accompagnato la musica per tutta la serata, si attacca al microfono. Violenti, scatenati, a tratti hard core, i quattro sudano l'anima sul palchetto del Chlorò. I testi in bilico tra italiano, napoletano, inglese; le ritmiche che martellano, il basso diventa un campionatore, la danza diventa tribale. E poi a decrescere, scendono dal palco, poi risalgono, sembrano non stancarsi mai e anche noi non accusiamo stanchezza e vorremmo andare avanti tutta la notte. Birra a fiumi, sudore a catinelle e alle cinque planiamo nel letto. I Polina arrivano più tardi di noi, vanno a letto tardissimo e si svegliano presto per tornare a casa. Io resuscito verso le 12 ma avrei voluto fare loro i complimenti chiedergli delle cose. Ci hanno anche lasciato un disegno sul tavolo che ora è appeso in cucina a ricordo di una grande serata. Osvaldo Il Sabato Comincia Martedì Il sabato sera inizia il martedì. Il sabato sera inizia con i ricordi del sabato precedente. Il sabato sera inizia nella tua testa. La musica, la gente, la birra, il martini o il succo di frutta(bisogna essere democratici!?!?). Il sabato sera inizia quando pensi di non voler andare a cena con gli amici e poi a vedere un film in cassetta. Quello è un lunedì, un martedì, un giovedì...una domenica. Io di domeniche bestiali non ne ho mai vissute. Forse perché sono stato sempre troppo "Anglofilo", ma una "domenica bestiale, una domenica con te" per me, non è mai esistita. Una domenica è con "me" nel letto, e se ci sei tu (una/un tu immaginaria/o) hai meno voglia di me di parlare. Perché se la domenica non si ha nostalgia della sera precedente, allora, significa che il giorno prima non era, paradossalmente, un sabato; quindi non è una domenica. Sabato: ballare, parlare, bere, ballare, parlare, bere, ballare, parlare, bere...basta bere ora. Uscire alle sei del pomeriggio e andare in giro per i caffè o i pub. Mangiare. Riprendere il giro dei pub e capire dove va la persona che vuoi conoscere da tanto tempo ma a cui non hai il coraggio di presentarti. Oppure, scoprire dove vanno gli altri amici più tardi. Oppure, andare dove vuoi vivere qualcosa di diverso. La scoperta dell´acqua calda è qualcosa di affascinante. Ma a volte può sorprendere. Se ti piace ballare l´elettronica, la lunge, lo ska, il glam rock, l´indie rock o la psichedelica ´60 e ´70, il funky, il soul, etc... il sabato sera, allora devi andare a una festa dove suonino questi generi. Uno o due alla volta, per carità, il minestrone lo lasciamo per il pranzo. A Lecce, l´unico "Club" dove puoi ballare tutto questo, senza avere una coppietta che mangia pizze, panini, carpacci e prosciutti spagnoli, è l´Istanbul Cafè. Pochi tavoli, tanta birra, molta musica. Stranamente, l´Istanbul piace molto di più alle persone che vengono da fuori e si trovano a Lecce in vacanza, lavoro o altro. Oppure piace a chi ha vissuto in altre città in Italia o all´estero. Perché l´Istanbul, come struttura, non ha niente da invidiare a club Londinesi. La filosofia è la stessa. Il sabato sera si balla. Niente "divertentismo" all´italiana, forse "mainstream" inglese. Certo, non troverai la ragazza biondina che ti spilla la birra, ma a fine serata potrai ascoltare Franco(il proprietario), che si lamenta sui concerti di Bruce Sprengsteen, o che racconta di strani viaggi a Cuba, o che si lamenta del casino nel locale. Forse non è la stessa cosa, ma tutto questo è molto rock `n roll. Il sabato sera vado a ballare all´Istanbul. Inzio a pensarci il martedì mattina, perché il lunedì mi deve passare ancora l´hang-over. Lo direi in italiano ma non esiste una traduzione. Non chiedete il significato a Franco, perché non è portato per le lingue. Chiedetevelo il lunedì, dopo aver passato il sabato all´Istanbul Cafè, mentre contate le birre che avete bevuto e le ore che avete ballato. Born to Party, Forced to Work. Tobia Programma Istanbul Aprile 2003 Ven 04 USHUAIA live rock sab 05 WAR SOUND SYSTEM dj war il primo dj d'n’bass del Salento ven 11CHARAS dj set d 'n’b sab 12 SKA IN TOWN ven 18 - INSTINTESI dj set d'n’b sab 19 PSYCHO SUN powerpop superlover band dom 20 MARIACI dj set elettronica giov 24EXP live fuzz stoner rock da Siena ven 25 OISIN live rock da Brindisi sab 26 MONTECARLO NIGHT From Motown to Indierock mer 30 SHANK live hardcore band salentina + KMC dj VIOLLE Violle è l'ormai superata misura dell'intensità della luce, Violle è anche un richiamo al colore viola, l'unione del blu, colore freddo, intimo e profondo con il rosso, colore caldo passionale e furioso. Violle è una band e sembra concentrare nella musica tutti i significati e le sfumature che il loro nome può racchiudere. Di intensità ce n'è tanta nella loro musica, intensità epressiva, intensità sonora. Musica densa, a tratti spigolosa, musica come collage di appunti sconnessi che sembrano incrociarsi, incontrarsi fondersi come due colori. Il blu che racchiude tutto lo stridore, la sofferenza di chitarre che sembrano viaggiare oltre la musica per cercare nuovi codici per comunicare, blu profondo come testi che scavano e scoprono il disagio, ma anche la sensibiltà. E poi il rosso con l'intensità frenetica e pulsante di un basso e di una batteria che sembrano prendere l'orologio, macinarlo e costruire una strana macchina che segna i secondi a seconda delle necessità espressive. Rosso come la rabbia, la furia che questa band riesce a sprigionare, una cascata di note, rumori e parole che ti investe e ti infiamma. Questo sono i Violle, band nata nel 97 a nord di Lecce e a sud di Brindisi e punto di riferimento della musica indipendente salentina. All'attivo un demotape autoprodotto nel 98, un mini Cd registrato nel 2000 per Made in Globe ( etichetta da loro stessi fondata). Attualmente sono impegnati in studio per la realizzazione di un nuovo lavoro. Se proprio si deve classificare la loro musica in un genere direi che i Violle sono molto noise, un po' new wave, un po' no wave, un po' post rock. La stampa nazionale li ha paragonati ai Marlene Kuntz e io mi sono messo a ridere. I violle sono: Ezio (voce), Mauro (batteria), Andrea (basso), Roberto (chitarre). Per saperne di più www.violle.it / www.madeinglobe.org . Psycho Sun Istanbul Cafè - 19/04/2003 Gli Psycho Sun sono una delle band storiche del rock made in Salento. Da quasi un decennio, ormai, questi quattro ragazzi leccesi si muovono nel sottobosco dell'indipendente italiano. A partire dagli esordi noise-wave passando per sonorità indie-brit gli Psycho Sun sono approdati a una nuova e più stabile identità sonora. La musica degli Psycho Sun è oggi una miscela di Punk-Garage con forti venature Pop. Si sente molto l'influenza della musica degli anni 60 nelle loro nuove canzoni, la semplicità e il suono di gruppi come Kinks, Who, gli Stooges. Ma poi è come se questi dischi vengano suonati a 45 giri. La velocità aumenta, la voce stride, le chitarre fanno da muro a melodie che sembrano emergere a fatica. Si sente una certa vicinanza con band come Strokes o forse più ancora The Hives o International noise conspiracy per quella tendenza a giocare con il rock'n'roll, a guardarsi indietro attingendo qua e là tra generi e periodi musicali. Il 2003 segna per gli Psycho Sun un ritorno alle origini, all'ormai collaudata miscela di energia e melodia concentrata in canzoni che corrono veloci e lasciano il segno. Gli Psycho Sun hanno collezionato in questi ultimi anni numerosissimi concerti in tutta Italia e un mini tour in Inghilterra, hanno anche all'attivo due Cd e un terzo in preparazione in vista di una prossima tournèe oltre manica. Dopo circa un anno d'assenza gli Psycho Sun tornano a suonare nel Salento all'Istanbul Cafè di Squinzano sabato 19 Aprile. Vecchie e nuove canzoni in un concerto pieno di sorprese. MARLENE KUNZ il giorno dopo Lecce,15-16 marzo2003 Ore 4 di notte tra Sabato e Domenica. Dopo una bella serata all' Instanbul Cafè di Squinzano. Ad esattamente 24 ore di distanza ascolto “Catartica” e cerco di dar forma a quello che è stato il mio 14 Marzo 2003. Tramuto in parole, se pur con difficoltà, ciò che sinora è stato un misto, forte e straziante, di emozioni e percezioni e pensieri e sfoghi tutti in bilico tra realtà e finzione. Provo a dar voce a quella che è stata una giornata assolutamente imprevedibile. Cronaca e resoconto di quello che era nato e si è concluso per e con un concerto dei Marlene Kuntz, Marzo 2003 al palazzetto dello sport di Andria. Stavo infilando l'ultima parte del mio corpo in un divano letto, chiudo gli occhi, e per un attimo mi chiedo se sia meglio ringraziare il cielo che tutto fosse finito, o se al contrario dovessi essere grata di come la giornata fosse andata, o quantomeno di come si fosse conclusa… Percezioni assolutamente contraffatte. Sensazioni completamente irregolari. E' frenesia e nervosismo. A tratti. A tratti è attesa e dolce ed entusiasmo. E' un tragitto in una piccola vecchia Rover sorseggiando wine&coke e ascoltando il loro ultimo CD. Sono discorsi. Sono commenti. I Marlene. Sono cresciuti e cambiati dicono alcuni. Ed è normale. Si sono commercializzati. Non sono più loro sentenziano altri. A parte tutto questo i Marlene Kuntz sono ad Andria ed io, ed altri 4 con me, li raggiungo. Raggiungo la carica e la forza che da tempo mi regalano. La lieve e leggera melodia che da altrettanto tempo mi chiude, accarezzandomi, le palpebre per lasciarmi addormentare. Raggiungo quello che Cristiano e Dan e Riccardo e Luca hanno significato per me. Per sfiorare e poi afferrare le note e le parole che per anni mi hanno capita e disegnata e donato forza e dolcezza, ricordi e forti indescrivibili emozioni. Tacciatemi di ignoranza. Forse ignorante lo sono. Questo di adesso non è il più vero rock di primi Marlene ancora prodotti dal Consorzio, che arrabbiati, urlavano sdegno. Non più la meschinità di un “posso fare fuori parti di voi con semplicità, la mostruosità ravviva la parte cattiva che non ho avuto mai…” ( Il vile ). Non più bacchetta tra le corde della Stratocaster usata come uno slide. La parte incazzata dei Marlene si è assopita. Loro parlano di evoluzione. Sonorità raffinate mi dice Dan, basso sempre sensualmente presente. Musica per tutti, indistintamente, credono altri. Eppure a me piacciono ancora. Comunque, riescono ad alterare le mie percezioni, e gonfiare il cuore, fino a farmi esplodere in grida liberatorie. Ancora sanno esaltare i sensi di chi li ama e basta. A prescindere dalle diverse melodie di adesso. Marquee 13/03/2003 Caffè Letterario In un tourbillon di baci che ti ho dati, rubati, sulla porta, con la maniglia nella schiena, tra la gente che passava, sorrideva e andava avanti a cercare un posto, a sedersi per ascoltare Tobia, tra tutta quella gente e i baci di te che poi partivi, anche noi siamo andati avanti a sentire Tobia. Ti sei seduta sulle mia ginocchia, bevevi e ridevi, bella, come sempre ogni sera, come sempre ogni volta che ti guardavo, te che poi partivi. C'erano candele ovunque, le avevo accese io, le avevo disposte in ogni parte del locale, c'era una luce fioca e calda. Poi Tobia ha iniziato a cantare. Lontano dal solito, lontano da tutto, Tobia, accompagnato da Gianluca al piano, organo e tastierina, e Osvaldo con una batteria ridotta all'osso. Lontani da tutto. Osvaldo, abbandonato quel giorno stesso dalla sua donna lontana. Gianluca, lontano per sua stessa natura e costituzione. E Tobia, immensamente Tobia, con la sua voce stridula e dissonante, con le sue canzoni dolcissime e malinconiche, che mi portano dove altri sono stati. Mi portano ad amori tristi, veloci e romantici, consumati in una notte o sognati nell'arco di una vita. E anch'io me ne vado lontano, me ne vado alle mie bevute, alle tue ginocchia, me ne vado ai tuoi occhi proibiti, me ne vado agli sgabelli dei pub che ho visto nella mia vita. Me ne vado, portato dalla voce di Stefano, al fumo della mia stanza triste, al treno che so già che prenderai, tra pochi giorni, ai lunghi silenzi che mi porto appresso. Tre le cover che intona Tobia, dense di porcheria e amore. Walk on the wild side e Satellite of love, di Lou Reed e Life from Mars di David Bowie. Tre cover, a dettare la cifra di un concerto che sorprende tutti per intensità e luoghi visitati. Tra le canzoni che ascoltiamo quella sera, oltre ad alcuni pezzi degli PsychoSun, riarrangiati per l'occasione, e alcuni dei pezzi scritti da Tobia per lo spettacolo teatrale La ballata del pilota, gli altri sono inediti. Canzoni che qualcuno di noi ha avuto la fortuna di ascoltare nel privato della camera da letto di Tobia, o, magari di aver partecipato, in un modo o nell'altro alla loro nascita. Continuo a sognare di te, del mio amore per te, del tuo vino e della tua risata, e delle canzoni di Tobia, della sua chitarra, della batteria morbida e discreta di Osvaldo, dei suoni di Gianluca, di una serata che non mi piacerebbe restasse isolata. Dario Voce calda, modi eleganti, sguardo fisso che a stento riesco a metter da parte nel bagaglio di quelli che adesso stanno mutandosi in splendidi ricordi. Questo è ancora per me Cristiano Godano. Poesia e quiete. E dolcezza e confusione. Corpi abbandonati in un inebriante movimento. Danza sensuale. Questo è per me il concerto. Mille, mille e cinquecento individui per nulla impassibili o indifferenti. Io, sull'orlo di uno svenimento per l'aria e il fumo e i nervi e la stanchezza, vengo più volte implorata dalla protezione civile, ad andare aldilà delle sbarre. Ma per niente al mondo avrei lasciato quel mio posto in prima fila. E non perché mi ritengo una stupida fan. Solo per la voglia di sfogare e sfogarmi attraverso loro sul palco, e stare finalmente un po' bene. Poche ore prima ero fuori ai cancelli ancora chiusi immaginando loro. Dopo alcuni minuti come in un incubo ero nella sala d'attesa dell'ospedale d'Andria, tentando d'immaginare questa volta il viso del mio amico entrato in coma etilico. Passa un'altra ora. E per magia sono sotto il palco addossata alle transenne. E il dolore degli urti forti e i lividi ora dispersi sul mio corpo sono felicità irrinunciabile a paragone di ciò che questa giornata aveva per me riservato. Lucida ma inebriata. / Sola tra la gente. / Cuore straziato ma felice. / Io urlante silenzio. / Vuota e piena. Vita e morte. / Odio e amore. / Inconciliabili contrasti in me. Come mille sono i contrasti, inconciliabili, nei Marlene e la loro musica. Gli artisti cambiano ( in fondo “Scorre, tutto scorre in tempo immoto alla sua fine..”) ma i grandi amori restano. E allora. A chi mi chiede come sia potuto piacermi il loro ultimo cd e come sia potuta andare ad un loro concerto io abbasso la testa e quasi sentendomi colpevole ammetto che per me loro sono ancora loro. Quando nel post-concerto domando a Godano, sorridente lucido e dolcemente disponibile, quanto sia cambiato dai concerti di Cavallino e Melpignano e ultimo Alessano lui mi risponde “niente, nel genere”. Al mio interesse di sapere quanto abbia influito Berlino, luogo di registrazione di Senza Peso, sulla composizione del Cd Cristiano mi dice che tutto era già nell'aria. Tutto era già stato scritto. Era stato scritto nella sua mente, quando isolato in un isolato Agriturismo nella Maremma, si era appartato per scrivere musica. Ed io non posso che immaginarmelo lì, di fronte ad una copia dei dipinti di Schiele, cantandone i corpi scheletriti. Lo immagino così e così voglio continuare ad immaginarlo, lui per nulla banale. Forse melodico ma comunque intenso. Che, sempre, parla di amori spezzati e verità e suicidio e indifferenza e sollievo e notte e fine. Valentina Stanton Chlorò - 20/03/2003 Lavorano micro-gioielli-sonori questi quattro giovincelli londinesi dell'East London. Stanton per ricordare il nome di un attore inglese come qui da noi potrebbe essere quello di Ippazio Panìco. Stanton che è pure il nome di una sadomaso dentro un fumetto oltre Manica. Stanton come il pavimento reso viscido dopo essere stato stramazzato per bene. Hanno suonato, Chris (batteria), Bob (chitarra), Joe (basso) e Simon (Chitarra) in uno spazio interessante come il Chlorò di Calimera lo scorso 20 marzo. Hanno aperto la serata i Violle, band noise salentina dalle buone potenzialità ma con ancora tanta strada da fare. Quando li vedi che mangiano pizza e bevono birra credi di avere di fronte quattro studentelli di buona famiglia, molto probabilmente lo sono. Niente look, nessun aggancio estetico che ti possa far dire “quelli suonano” o cos'altro. Bravi ragazzi con i libri sotto il braccio insomma. Mi passano un vinile ben confezionato che sembra un 45 giri (ma è un 33) che hanno inciso con un gruppo di Torino, Pertubazioni. Tobia del Cooclub che ha portato gli Stanton nel Salento, traduce. E tra una capricciosa e una margherita dicono che la loro musica ha influenze che partono dalla new wave. Ma come, siete giovanissimi, che ne sapete di quella musica. Dice Bob che sono i corsi e riscorsi storici e che a 16 anni ascoltava già gli Smith, Joe Division e niente meno che la Gang of four. Poi, si parla d'altro, dell'Angiulino carne di cavallo, delle orecchiette e della Bbc che li ha invitati a suonare nella trasmissione cult Peel Session. “Buon appetito”. Mi guardano straniti. Fa Tobia: “Buon appetito non significa un cazzo nell'East London”. Ok. Ma che quartiere è l'East London? “C'è un tenore di vita medio basso” spiega Joe “si lavora ma non ci sono spazi per esibirsi. C'è lo Snam dove si alternano band che suonano il raggae e quelle che suonano la punk music”. La guerra in Iraq. “Stupido Blair dicono in coro. “Abbiamo votato laburisti solo per tradizione ma non per Blair. Molti non si fidano di lui. D'altronde non avevamo una valida alternativa sui conservatori”. Quando salgono sul palco e attaccono con i brani di “Wlaking songs”, già debitamente osannato dalla critita inglese, il loro album d'esordio, si sente subito che i suoni che producono sono precisi ed essenziali. I pezzi durano il tempo di un bacio con la lingua. La sensazione che ti resta dopo è la stessa. E' quella cosa lì e basta. Le chitarre sembrano ingarbugliarsi e invece l'una dialoga con l'altra. Basso e batteria non invadono territori ma aprono strade che vorresti più lunghe. E invece i pezzi finiscono presto e riprendono sempre puliti, essenziali. Ipnotismo della new wave miscelata all'attitudine punk? No, è tutto molto più semplice. D'altronde, vai a suonare la semplicità. Vincenzo de Filippi