Martedì 23 giugno 2015 ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Stagione 2014-2015 Concerto n. 20 Europa Galante Fabio Biondi direttore Farina Capriccio stravagante a quattro parti Vivaldi Concerto per flauto e orchestra in sol minore RV 439 “La notte” Geminiani La foresta incantata Un evento Il concerto è registrato da RAI Radio3 Di turno AntonioMagnifico Magnocavallo Marco Fracaro Andrea Kerbaker Luciano Martini Consulente Artistico Artistico Consulente Paolo Arcà Paolo Sponsor istituzionali Sponsor Barocco e oltre Con il contributo di Media partner Con il patrocinio e il contributo di Con il patrocinio di In collaborazione con È vietato, senza il consenso dell’artista, fare fotografie e registrazioni, audio o video, anche con il cellulare. Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo alla fine di ogni composizione. Si raccomanda di: • disattivare le suonerie dei telefoni e ogni altro apparecchio con dispositivi acustici; • evitare colpi di tosse e fruscii del programma; • non lasciare la sala fino al congedo dell’artista. Il programma è pubblicato sul nostro sito web il venerdì precedente il concerto. Carlo Farina (Mantova 1600 ca. - Vienna 1639) Capriccio stravagante a quattro parti (1627) (ca. 25’) La lira - Il pifferino - La lira variata - La trombetta - La gallina - Il gallo Il flautino pian pianino - Il tremulo - Il pifferino della soldatesca - Il gatto Il cane - La chitarra spagnola Nel 1627 viene pubblicato a Dresda un libro di musica destinato a controverse fortune, ma di grande rilievo storico. Il frontespizio recita, in tedesco: «Un altro volume di Pavane, Gagliarde, Correnti, Arie francesi, inoltre un divertente Quodlibet di Invenzioni più di ogni altra cosa rare». L’autore è Carlo Farina da Mantova, violinista in servizio dell’Elettore di Sassonia. Il “divertente Quodlibet”, intitolato nel libro Capriccio Stravagante à 4, è in realtà il pezzo di gran lunga più rilevante della raccolta, destinata a un piccolo consort di strumenti ad arco e soprattutto a un consumo domestico, come suggerisce l’immagine del frontespizio in cui si vedono alcuni gentiluomini intenti a suonare attorno a un tavolo. Carlo Farina era un eccellente violinista, poco più che ventenne, ingaggiato per guidare l’orchestra della corte di Dresda nel 1625. Si era formato nel mondo musicale di Mantova del primo Seicento, dominato dalle figure di Claudio Monteverdi e del grande violinista Salomone Rossi, dal quale probabilmente Farina ha ereditato l’accesa fantasia strumentale. Il termine Quodlibet, di uso corrente fino al tempo di Bach, non indicava un preciso genere musicale, ma piuttosto un atteggiamento di assoluta libertà formale e stilistica, dove ogni tipo di musica, colta o popolare, poteva mescolarsi a piacimento. Farina elenca nel Capriccio, che si snoda in un unico flusso dall’inizio alla fine, una serie di soggetti da imitare che comprendono strumenti musicali, versi di animali, parodie. L’aspetto virtuosistico e divertente consiste nel fatto che quattro strumenti ad arco siano in grado di simulare in maniera assai realistica il suono di fenomeni così diversi. Per ottenere gli effetti desiderati, Farina aggiunge in calce al volume una lista di accorgimenti pratici, per esempio: «Il Gatto vien sonato facendo morir quelle note cio è portar la man’ indietro à poco alla volta, ma le semicrome vengon sonate disgratiatamente alla peggio cio è facendo fuggir l’Archetto dentro e fuora del scannello, come fanno li Gatti quando scappono vià». Didascalie del genere probabilmente erano di scarso aiuto al dilettante che avesse voluto cimentarsi con la parte, ma tuttavia sono molto utili per rendere l’idea del carattere anche teatrale di questa musica. L’elemento scenografico, per esempio, emerge soprattutto nella didascalia della “Chitarra spagnola”, che andrebbe suonata “levando via il Violino dalla spalla, e mettendolo sott’al fianco sonando con le dite”. In sostanza, Farina ha cercato di creare una sorta di Wunderkammer musicale, simile a quelle di moda presso la maggior parte delle corti europee, dove si raccoglievano esempi dei fenomeni più stravaganti nell’ambito delle scienze, delle arti e delle tecniche. Per questo il giudizio dei secoli successivi è stato piuttosto severo con questo lavoro, giudicato di cattivo gusto e volgare da un’estetica romantica che vedeva nel concetto di Ut pictura musica una sorta di svilimento dell’arte compositiva. Oggi invece, con la grande riscoperta della musica strumentale dei Seicento e del Settecento, siamo in grado di collocare un lavoro come il Capriccio stravagante sullo sfondo della cultura figurativa e teatrale del suo tempo, cogliendo la dimensione innovativa e sperimentale del suo linguaggio. Antonio Vivaldi (Venezia 1678 - Vienna 1741) Concerto per flauto e orchestra in sol minore RV 439 (1729) (ca. 10’) Largo - Allegro - Largo - Allegro - Largo - Allegro La tensione figurativa della musica del Seicento trova una delle più alte e moderne espressioni nella produzione di Antonio Vivaldi, agli inizi del secolo successivo. La musica del Prete Rosso tuttavia ha una natura più complessa, dove il vecchio pittoricismo si fonde con l’indagine psicologica e la riflessione morale, sullo sfondo degli sviluppi linguistici e formali dello stile concertante. Uno splendido esempio di questo intreccio di relazioni è rappresentato dal Concerto per flauto in sol minore intitolato “La notte”. Di questo Concerto esistono varie versione, tutte attribuibili agli anni Venti del Settecento. La prima è un Concerto da camera, ovvero per un numero ridotto di strumenti obbligati e senza ripieno orchestrale, per flauto, fagotto, archi e continuo (RV 104), trasformato in seguito nel Concerto per flauto e orchestra RV 439. Vivaldi aggiunse un’ulteriore versione come Concerto per fagotto RV 501, con alcune significative differenze. La principale riguarda l’aspetto formale del Concerto, che passa da sei a cinque movimenti, e la trasformazione dalla tonalità di sol minore in quella di si bemolle maggiore. Ma quella che maggiormente interessa qui è l’aggiunta di un titolo per l’“Allegro finale”, “Sorge l’Aurora”, che illustra in maniera più evidente il percorso espressivo immaginato da Vivaldi. Il Concerto infatti recava fin dall’inizio un titolo anche per il secondo e penultimo movimento, rispettivamente “Fantasmi” e “Il sonno”. Vivaldi dunque intende raffigurare la notte come esperienza inquietante e angosciosa dell’uomo costretto a fare i conti con le immagini fantasmagoriche proiettate dal proprio inconscio, circondato dalle insidie e dai misteri delle tenebre. Il sonno finalmente lenisce gli affanni e placa la paura del buio, che alla fine viene scalzato dal sorgere dell’aurora. Questo scenario, tra l’altro, era un classico momento di riflessione religiosa, come si legge per esempio in un Inno del Breviario romano, in cui la preghiera invoca l’aiuto di Dio per scacciare i “somnia, et noctium phantasmata”. In fondo, è necessario ricordare che Vivaldi era pur sempre un sacerdote. Nella versione per flauto, il Concerto ha una dimensione molto più drammatica, a cominciare dalla cupa tonalità di sol minore. Il carattere teatrale è messo subito in luce nel “Largo” iniziale dalla contrapposizione suono – silenzio e dalla gestualità dei rapidi frammenti ascendenti di scala. È interessante notare anche l’invenzione coloristica dei lunghi pedali di trillo del flauto, che esprime in questo modo il sentimento crescente di inquietudine. Il “Presto” successivo, “Fantasmi”, scatena la fantasia strumentale di Vivaldi, che intreccia un dialogo concitato tra il solista e gli altri strumenti, con volatine tutto d’un fiato e ritmi tambureggianti. La tensione emotiva sfocia nella calma riflessiva dei due movimenti centrali, che formano una specie di contrappeso armonico del Concerto nella tonalità di do minore. In effetti qui è tracciata la cesura narrativa, perché l’ultima parte consiste nella raffigurazione del sonno e del risveglio. Alle spalle del Concerto esisteva una lunga tradizione di rappresentazione musicale del sonno, che trova svariati esempi nella stessa produzione di Vivaldi, come gli ubriachi dormienti delle Quattro stagioni o le varie arie del sonno sparse nei suoi drammi per musica. Questo sonno in particolare è un piccolo capolavoro di virtuosismo compositivo, con una concatenazione di armonie sempre “aperte”, che non trovano mai la quiete risolvendo sulla tonica. Il sol minore torna direttamente con l’“Allegro” finale, che però non viene definito apertamente come il ritorno della luce del giorno, come nella versione per fagotto. Il percorso espressivo va in quella direzione, ma la notte di Vivaldi è ancora ben mischiata al sorgere del sole, con tutte le sue ombre e sfumature misteriose, che dovranno aspettare un altro po’ forse per essere dissipate in maniera definitiva. Francesco Geminiani (Lucca 1687 - Dublino 1762) La foresta incantata (1754) (ca. 36’) Parte Prima n. 1 Andante - n. 2 Allegro moderato - n. 3 Andante - n. 4 Allegro moderato n. 5 Andante - n. 6 Allegro moderato - n. 7 Andante spiritoso - n. 8 Adagio n. 9 Allegro - n. 10 Grave - n. 11 Allegro moderato Parte Seconda n. 12 nessuna indicazione - n. 13 nessuna indicazione - n. 14 Allegro moderato - n. 15 Andante - n. 16 Andante - n. 17 Allegro - n. 18 Affettuoso La forêt enchantée era uno spettacolo ideato nel 1754 dall’architetto e scenografo Jean-Nicolas Servandoni nella Salle des Machines delle Tuileries a Parigi. La Salle des Machines era un vasto ambiente concepito per l’allestimento di sfarzosi spettacoli, con una capienza di circa 4000 posti, voluto da Luigi XIV su suggerimento del cardinal Mazarino. Gli anni della gestione di Servandoni, tra il 1738-1743 e il 1754-1758, sono stati il periodo d’oro del teatro delle Tuileries. Servandoni, ricordato soprattutto per il progetto della facciata della chiesa di Sainte-Sulpice, era un formidabile creatore di macchine teatrali, in grado di suscitare la meraviglia degli spettatori. Aveva ideato, con successo, un tipo di spettacolo muto di forte impronta visiva, fondendo il genere della pantomima inglese con la tradizione del teatro delle meraviglie seicentesco. La forêt enchantée prende spunto da una storia raccontata nella Gerusalemme liberata del Tasso, che permetteva molto bene a Servandoni di sciorinare gli effetti più spettacolari, all’interno di una visione che sposa l’idea illuministica di una Natura domata dalla tecnica. In estrema sintesi la trama è la seguente. Dopo l’incursione notturna di Argante e Clorinda nel campo cristiano e la distruzione della torre degli assedianti, il mago Ismeneo compie un potente incantesimo per impedire ai Crociati di entrare nella foresta a raccogliere la legna per fabbricare altre macchine da guerra. Anche i cavalieri più intrepidi sono paralizzati dal terrore di fronte all’apparizione di immagini mostruose. Rinaldo, impavido di fronte alla vista illusoria della foresta in fiamme, viene però bloccato dalla pietà per l’amata Clorinda, trasformata in un albero sanguinante al tocco della spada. Dopo varie vicende, il Tasso racconta come sia lo stesso Rinaldo in seguito a disincantare la foresta. Prima di affrontare l’impresa a cui lo sollecita Goffredo da Buglione, l’eroe cristiano rende visita a un santo eremita, il quale lo ammonisce ad aver fede e a non farsi ingannare per nessun motivo da quel che percepisce con i sensi. Rinaldo si inoltra nella foresta, ma invece di mostri e visioni spaventose trova musiche celestiali, ninfe danzanti e una natura piacevole e benigna. Vede nella foresta un mirto fiorito e come si dirige verso di esso per tagliarlo, viene blandito dalla bellissima maga Armida, che lo attende ancora piena d’amore e gli promette ogni sorta di delizie. Rinaldo però non cede e Armida si trasforma in un orribile gigante, ingaggiando una lotta tremenda per impedirgli di avvicinarsi all’albero. L’eroe risponde colpo su colpo e alla fine riesce a troncare l’albero, che si rivela un noce. La foresta torna immediatamente al suo stato naturale e i cristiani possono finalmente ricostruire le macchine per dare l’assalto a Gerusalemme. Servandoni si rivolse per la musica a Francesco Geminiani, uno dei maggiori violinisti e compositori del primo Settecento, attivo soprattutto a Londra e nel Regno Unito. Geminiani sembrava davvero l’uomo adatto a musicare una storia come questa, per lo stile infuocato e vibrante delle sue interpretazioni, sempre pronte a seguire l’umore del momento. Ne venne fuori una partitura ricca di sfumature espressive, elaborata in maniera elegante ma tuttavia piena di quel fuoco espressivo che aveva segnato la carriera violinistica di Geminiani. Gli allievi infatti gli avevano attribuito il soprannome di Furioso, proprio per lo scatto imprevedibile del suo modo di suonare, che a volte metteva in difficoltà l’orchestra o il basso continuo. Lo slancio appassionato di Geminiani si rispecchia anche nella sua musica, che si accende all’improvviso in maniera molto teatrale, specie alle prese con un soggetto immaginifico e colmo di effetti spettacolari come quello del Tasso. Oreste Bossini Fabio Biondi direttore Nato a Palermo nel 1961, Fabio Biondi ha iniziato la carriera a dodici anni con i primi concerti da solista con l’orchestra della RAI. A sedici anni viene invitato al Musikverein di Vienna per interpretare i Concerti per violino di Bach. Da allora collabora quale primo violino con i più famosi ensemble specializzati nell’esecuzione di musica antica su strumenti originali quali Cappella Real, Musica Antiqua Vienna, Il Seminario Musicale, La Chapelle Royale e i Musiciens du Louvre. Nel 1990 ha fondato l’ensemble Europa Galante, con il quale è stato ospite di importanti festival e sale da concerto quali Teatro alla Scala, Accademia di Santa Cecilia di Roma, Suntory Hall di Tokyo, Concertgebouw di Amsterdam, Royal Albert Hall di Londra, Musikverein a Vienna, Lincoln Center di New York e Sydney Opera House. In qualità di solista e direttore collabora con orchestre quali Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Orchestra da Camera di Rotterdam, Opera di Nizza, Opera di Halle, Orchestra da Camera di Zurigo, Orchestra da Camera di Norvegia, Orchestra Mozarteum di Salisburgo, Mahler Chamber Orchestra, Orchestra del Maggio Musicale, Orchestra Sinfonica della Radio Finlandese, Real Philarmonica de Galicia e English Concert. Nel 2009 ha diretto l’Orchestra del Teatro la Fenice nell’Agrippina di Händel con un cast di grande rilievo. Dal 2005 è direttore stabile per la musica antica della Stavanger Symphony Orchestra. Fabio Biondi si esibisce in duo con pianoforte, cembalo, fortepiano e come solista nelle sale concertistiche più importanti del mondo quali Cité de la Musique a Parigi, Hogi Hall a Tokyo, Carnegie Hall a New York e Wigmore Hall a Londra. Nel 2014, in duo con il cembalista Kenneth Weiss, ha presentato un programma di Sonate di J.S. Bach in Europa e negli Stati Uniti. Fabio Biondi si dedica con passione alla ricerca e allo studio di opere di rara esecuzione. Il suo repertorio copre 300 anni di musica e la sua produzione discografica lo conferma. Accanto alla registrazione delle Quattro stagioni di Vivaldi che ha meritato numerosi riconoscimenti, i Concerti Grossi di Corelli, le Sonate di Schubert, Schumann e Bach, troviamo oratori, serenate e opere di Alessandro Scarlatti e Händel, e il repertorio violinistico del Settecento italiano. Con Europa Galante ha meritato importanti premi discografici internazionali. Nell’aprile 2002 l’Associazione Nazionale dei Critici Musicali ha assegnato a Fabio Biondi e Europa Galante il Premio Abbiati; di nuovo nel 2008 è stato assegnato a Fabio Biondi ed Europa Galante, insieme alla Compagnia Marionettistica Colla, il premio speciale per Filemone e Bauci di Haydn (produzione della LXV Settimana Senese), per l’originalità e il pregio della riscoperta, restituendo il pieno splendore strumentale e vocale di questo lavoro di Haydn. Dal 2011 è Accademico dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Suona un violino Carlo Ferdinando Gagliano del 1766, appartenuto al suo Maestro Salvatore Cicero, e messo a sua disposizione dalla omonima fondazione. Con Europa Galante è stato ospite della nostra Società nel 2008 e 2011, per le Settimane Bach nel 2000 (14° ciclo) e per Musica e poesia a San Maurizio nel 2007 (61° ciclo). Europa Galante Fabio Ravasi, Elin Gabrielsson, Carla Marotta violini primi Andrea Rognoni, Luca Giardini, Silvia Falavigna violini secondi Stefano Marcocchi, Simone Laghi viole Alessandro Andriani, Perikli Pite violoncello Riccardo Coelati Rama violone Giangiacomo Pinardi tiorba Paola Poncet cembalo Marcello Gatti, Francesca Torri flauti Pierre Antoine Tremblay, Ricardo Rodriguez corni Luca Marzana tromba L’ensemble Europa Galante è stato fondato nel 1990 da Fabio Biondi, che ne è anche direttore artistico. Si è rapidamente affermato in campo internazionale in seguito alla pubblicazione di un primo disco, dedicato alla produzione concertistica di Vivaldi che ha meritato il Premio Cini di Venezia e, in Francia, il premio Choc de la Musique. L’ensemble, che suona su strumenti d’epoca, si è esibito nelle più importanti sale da concerto e teatri del mondo (Teatro alla Scala, Accademia di Santa Cecilia a Roma, Suntory Hall a Tokyo, Concertgebouw di Amsterdam, Royal Albert Hall di Londra, Lincoln Center di New York, Théâtre des Champs-Élysées a Parigi, Auditorio Nacional a Madrid, Sydney Opera House) ed è ospite di festival di primo piano quali Lufthansa Baroque Festival, Utrecht, Chopin di Varsavia, Mozart a Würzburg e BBC Proms a Londra. Dal 1998 collabora con l’Accademia di Santa Cecilia nel recupero di opere vocali del Settecento italiano. Nell’ambito di questa collaborazione, ha presentato l’oratorio di Gesù sotto il Peso della Croce e la Passione di Gesù Cristo di Francesco di Mayo, Sant’Elena al Calvario di Leonardo Leo e l’oratorio di Alessandro Scarlatti La Santissima Annunziata. Con il Festival Scarlatti di Palermo ha realizzato opere quali Massimo Puppieno, Il Trionfo dell’Onore, Carlo Re d’Alemagna e La Principessa Fedele. A Venezia collabora con la Fondazione Teatro La Fenice: Didone nel 2006, Bajazet ed Ercole sul Termodonte di Vivaldi nel 2007 e Virtù degli strali d’amori nel 2008. Fabio Biondi ed Europa Galante hanno meritato numerosi riconoscimenti: nel 2002 il Premio Abbiati della critica musicale italiana per l’insieme dell’attività concertistica e per l’esecuzione del Trionfo dell’Onore; nel 2008 insieme alla Compagnia Colla, il Premio speciale Abbiati per Filemone e Bauci di Haydn; nel 2004 il Premio Scanno per la Musica. Tra gli impegni recenti la prima esecuzione mondiale a Cracovia de L’Oracolo in Messenia di Vivaldi, poi ripreso in Francia a al Konzerthaus di Vienna, dove è stato registrato dal vivo per la Virgin Classics. Oltre alle numerose date europee, Europa Galante è stata negli Stati Uniti per una lunga tournée con la mezzosoprano Vivica Genaux con concerti in sedi prestigiose quali Walt Disney Hall e Carnegie Hall. Ha inoltre presentato di nuovo la Norma di Bellini in Spagna al Palau de la Musica (Valencia) e all’Auditorium Baluarte (Pamplona). Dal 1998 incide in esclusiva per Virgin Classics. Le numerose registrazioni hanno meritato riconoscimenti internazionali quali cinque Diapason d’Or, Premio RTL, nomina a Disco dell’anno in Spagna, Canada, Svezia, Francia e Finlandia, Prix du disque e il Premio della rivista Telerama. È stato ospite della nostra Società nel 2008 e 2011, per le Settimane Bach nel 2000 (14° ciclo) e per Musica e poesia a San Maurizio nel 2007 (61° ciclo). Apertura della stagione di concerti 2015-2016: Martedì 20 ottobre 2015, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Mario Brunello violoncello Andrea Lucchesini pianoforte Ciclo integrale delle Sonate e Variazioni per violoncello e pianoforte di Beethoven - I - Sonata n. 1 in fa maggiore op. 5 n. 1 - Dodici variazioni in fa maggiore su “Ein Mädchen oder Weibchen” dal “Flauto Magico” op. 66 - Dodici variazioni in sol maggiore su un tema dal “Giuda Maccabeo” di Händel WoO 45 - Sonata n. 2 in sol minore op. 5 n. 2 Il sodalizio tra Mario Brunello e Andrea Lucchesini è di lunga data e si fonda su un’intesa artistica e su un’affinità di idee come raramente si trova in artisti del loro calibro. I due musicisti si presentano per la prima volta al Quartetto nella classica formazione violoncello e pianoforte con un progetto attorno alla musica di Beethoven, che è stato il primo compositore a trattare questo genere in forma ampia e moderna. Le Sonate, anche le prime due dell’op. 5, ancora settecentesche, trattano infatti il violoncello come uno strumento ormai del tutto svincolato dal suo antico servizio di basso continuo. Completano il repertorio di questa formazione le varie serie di Variazioni, che rappresentano un momento di studio importante per le possibilità del violoncello come strumento solistico. Associazioni e abbonamenti Associazioni e Abbonamenti si possono sottoscrivere in sede fino a venerdì 24 luglio (ore 13.30 - 17.30, venerdì ore 9.30 - 12.30) e da martedì 1° settembre (ore 10 17.30). Sul nostro sito www.quartettomilano.it tutti i dettagli del programma. Per informazioni si prega di rivolgersi alla segreteria della Società (tel. 02 795.393, [email protected]). Ami la musica di qualità? Dona il 5x1000 alla Società del Quartetto. Codice fiscale 80107570154 Società del Quartetto di Milano - via Durini 24 20122 Milano - tel. 02.795.393 www.quartettomilano.it - [email protected]