Lugano, Auditorio Stelio Molo, RSI
N
e
2007—2008
Domenica
17.30
o
21.10.07
25.11.07
16.12.07
17.2.08
v
e
c
e
p r e s e n t e
7 concerti
per capire la musica degli ultimi
cento anni
30.3.08
n
13.4.08
7-8.6.08
t
direzione artistica e musicale
Giorgio Bernasconi
Conservatorio
della Svizzera italiana
Rete Due – Radio Svizzera
SUPSI – Scuola Universitaria Professionale
della Svizzera italiana
o
Presentazioni di
Guido Salvetti
Giuseppe Clericetti
Entrata libera
2007
N
e
Introduzione
Massimo Zicari
o
v
e
c
e
p r e s e n t e
2008
n
t
o
La questione della cosiddetta musica contemporanea è stata lungamente dibattuta e gli aspetti più o meno problematici che questa dimensione dell’arte chiama
in causa sono numerosi, così come assai articolate sono le sue implicazioni. Alla
sua origine vi è senza dubbio quella presa di coscienza avvenuta in epoca romantica, che cambiò in maniera radicale lo statuto della pratica musicale, elevandola
dalla dimensione di mero artigianato d’arte a quella di creazione artistica. In un
saggio su Chopin scritto nel 1836, Robert Schumann concludeva la sua analisi dei
due concerti per pianoforte e orchestra chiarendo il senso della grandezza del suo
compositore in questi termini: «[…] un progresso dell’arte nostra si inizia con un
progresso degli artisti verso un’aristocrazia spirituale, per gli statuti della quale non
sia solamente richiesta, ma già presupposta, la conoscenza del «mestiere inferiore», e per cui nessuno vi sarebbe ammesso se non reca tanto ingegno da attuare
ciò che esige dagli altri, come fantasia, sentimento e spirito… E tutto questo per
far nascere l’epoca di una cultura musicale universale, dove mai un dubbio dovrà
dominare sulla verità […]».
Il senso di queste parole è chiaro e ci fornisce alcuni spunti per una riflessione più
ampia. Per primo troviamo formulato il concetto di progresso, ovvero di miglioramento continuo, nel senso di quella crescita qualitativa che distingue in qualche
modo le nuove generazioni dalle precedenti. Il secondo concetto è quello di «aristocrazia spirituale» e ci aiuta a comprendere la dimensione verso la quale il discorso di Schumann si proietta: la vera arte è appannaggio e prerogativa di una eli-
te spirituale che si raccoglie intorno ad alcune idealità condivise nel profondo, e
che non ha nulla a che fare con quella entità brulicante, amorfa ed indifferenziata
che oggi giorno definiremmo massa. Questa ambìta dimensione di pura spiritualità relega il possesso delle pur sempre necessarie competenze grammaticali musicali ai piedi della scala, quale mero punto di partenza, presupposto di cui cogliamo
la natura ed i limiti nei termini quasi spregiativi di «mestiere inferiore». La terza parola chiave è quella di genio, che si svela dietro il concetto di ingegno e che si qualifica in termini di fantasia, sentimento e spirito. Il vero genio spicca il suo volo ben
oltre i limiti di un sapiente e pur tuttavia inferiore artigianato, e libera le sue ali tra
le vette dell’espressione pura ed incontaminata: creazione ispirata, unica ed irripetibile. La missione consiste nel far prevalere ad ogni istante la Verità su tutto ciò
che è menzogna, dubbio, commercio dei sensi, mercato. In questo senso, ainoi,
il musicista, se vero artista, viene investito di una grande responsabilità: su di lui
cade il fardello di dover «evangelizzare» il suo pubblico, seppure nella consapevolezza che soltanto pochi eletti saranno in grado di condividere il senso profondo dell’arte, in un rito pagano che si rinnova nelle sale da concerto, a luci spente,
in religioso silenzio ed assorta concentrazione.
Da questo scenario, ancora ottocentensco, e dalle formulazioni di Schumann alla
lapidaria affermazione di Schoenberg per cui se è arte non è per tutti e se è per
tutti non è arte, il passo è breve. Ci si ritrova di fronte ad un tipo di artista che dichiara esplicitamente di non avere bisogno del pubblico, o per lo meno, di non
averne bisogno nella misura in cui esso non sia capace di condivedere con lui il
senso profondo del messaggio artistico di cui egli è latore. Ci ritroviamo così a
chiudere il cerchio sulla dimensione divaricata che costituisce la cifra distintiva dei
nostri tempi, quella di un mondo musicale diviso tra i grandi fenomeni mediatici,
eventualmente multimediali, da una parte, e dall’altra l’esercizio di una forma di
ritualità cristallizzata che si perpetua nella convinzione che l’arte sia, an sich, portatrice di una serie di valori intrinseci. Malgrado forme di musica reservata siano
più o meno sempre esistite anche in passato, il segno più distintivo dei nostri tempi in fatto d’arte risiede proprio in questa radicale divaricazione tra arte come consumo (a prescindere dalle sue forme) e arte come valore (da recuperare nel passato, ma eventualmente anche da rinnovare attraverso la sperimentazione, la
ricerca ed il progresso).
All’interno di una siffatta cornice, il ruolo di un conservatorio che, come il nostro,
dichiari di fare della produzione musicale moderna e contemporanea uno dei suoi
punti di forza si rivela in tutta la sua controversa natura. Difatti, fino a qualche tempo fa, la struttura più tipica di un conservatorio replicava un modello che, in buona
parte, affondava le sue radici nei conservatori napoletani e negli ospedali veneziani di vivaldiana memoria. Il conservatorio di Parigi, figlio della Rivoluzione, conclude un’epoca definendo un nuovo modello orientato ad un più alto livello di
specializzazione e di professionalità. Entrambi i modelli hanno però quale riferimento primario il proprio presente, la quotidianità di una produttività musicale che
raramente si guardava indietro per recuperare il passato: da Scarlatti, a Cimarosa
a Paisiello per la Napoli dei teatri, a Cherubini, d’Indy e Gossec per la Parigi delle
barricate e dei grandi allestimenti spettacolari all’ombra della Bastiglia. La formazione, quindi, si profilava quale rispecchiamento di una creatività musicale che
necessitava di maestranze dotate di competenza e professionalità adeguate e
quindi, in poche parole, capaci di un saper fare orientato al prodotto ed al suo
immediato destinatario, il pubblico.
Lo sviluppo che segue durante tutto il XIX secolo vede progressivamente accentuarsi la distanza tra la struttura dei curricula, e la natura sempre più innovativa, a
volte trasgressiva, del lavoro dei compositori, impegnati nella ricerca di soluzioni
estetiche all’avanguardia. Laddove il processo di creazione musicale ha cercato
di forzare i limiti della consuetudine strumentale, anche quelli dettati dalle caratteristiche acustiche e morfologiche degli strumenti (per non parlare poi di quelle degli strumentisti) la natura della formazione musicale ha per lo più continuato a volgere indietro lo sguardo per replicare un repertorio che ha ancora oggi in Scarlatti,
Bach, Clementi, Mozart, Beethoven, Schumann, Brahms e una manciata di tardoromantici i suoi numi tutelari ed i suoi padri spirituali.
Si giunge quindi, ed è qui che volevo arrivare, alla formulazione di un paradosso
che pone ancor oggi il repertorio del passato al centro della formazione, per relegare il repertorio del presente ai suoi margini, con la possibilità di riservarsi il diritto di recuperarlo all’occorrenza, all’insegna di un eclettismo pedagogico a volte
vagamente sospetto. Il problema è in realtà ben più complesso e chiama in causa un intero sistema di gestione della formazione che ha nei concorsi un importantissimo tassello e che riconosce nel grande repertorio della tradizione classico-romantica il suo riferimento irrinunciabile.
Ma vi è anche un più sottile assunto di natura ideologica dietro questo atteggiamento, cioè quello che lega tale repertorio al concetto di identità culturale ed attribuisce alla costante rivisitazione del nostro passato artistico la funzione di strumento per il recupero e la quotidiana riscoperta della nostra identità di uomini
occidentali, di cittadini europei. È lo stesso concetto per cui è importante cominciare a studiare la letteratura italiana a partire da Dante Alighieri per poi avvicinarsi gradualmente a quell’altro ieri rappresentato da un Ungaretti o da un Montale
permettendoci di riscoprire le radici dell’italianità attraverso i grandi del passato.
In maniera del tutto analoga vale l’antico «adagio» secondo il quale, solo dopo
aver studiato i classici, i nostri giovani saranno in grado di comprendere ed apprezzare i moderni, magari fino ad arrivare ai gialli di Camilleri o, perché no, alle
canzoni di Francesco Guccini. A questo aggiungerei che, nella nostra quotidianità, la funzione che, per esempio nel ‘700 veniva assolta da certa musica che noi
oggi definiamo classica, è passata a quei generi che tendiamo a riconoscere come
d’intrattenimento e, più spesso, di consumo, quindi leggeri, ancora una volta quasi a segnare la distanza rispetto a quell’altra musica, quella alta, che abbiamo bisogno di richiamare in vita nella dimensione un po’ museale delle stagioni concertistiche specialistiche (riecco il rito pagano della celebrazione artistica).
Ancora una volta, la questione è estremamente complessa, direi anzi controversa, al punto da farmi sperare che quei compositori che per il loro lavoro traggono
spunto da ben altre premesse non me ne vogliano per le semplificazioni e le conseguenti forzature che queste righe introduttive necessariamente comportano.
A nostro beneficio direi che da tali premesse risulta chiaro come alla luce del paradosso al quale ho prima accennato, un’iniziativa che miri ad esplorare e proporre
il repertorio dei nostri tempi ricollocandolo al centro dei nostri interessi artistici e
didattici, abbia il merito di contribuire a colmare il divario tra queste distinte entità
e controbilanciare una tendenza altrimenti nefasta. A beneficio del pubblico, aggiungerei che il consolidarsi di quella consuetudine all’ascolto che è la prima
condizione per lo sviluppo di un sano atteggiamento critico, metterà presto ognuno di noi nella condizione di poter ignorare i consigli gratuiti del musicologo incravattato di turno e cominciare invece a fidarsi delle proprie orecchie e del proprio
istinto in fatto di musica (Hans Christian Andersen e I vestiti nuovi dell’imperatore, docet).
Buon ascolto.
Giorgio Bernasconi
Nato a Lugano, si è diplomato in corno al Conservatorio G. Verdi di Milano. Ha
proseguito gli studi presso la Hochschule für Musik di Friburgo in Germania dove
ha studiato composizione con Klaus Huber e direzione d’orchestra con Francis
Travis, diplomandosi nel 1976. Nello stesso anno diventa direttore del Gruppo
Musica Insieme di Cremona, un ensemble specilizzato nel repertorio moderno e
contemporaneo tra i più reputati in Italia in quegli anni.
Fino alla sua scomparsa, collabora con la grande cantante Cathy Berberian, con
cui effettua concerti in Europa e all’estero. Dal 1982, e per quasi vent’anni, è stato
direttore principale dell’Ensemble Contrechamps di Ginevra, con il quale, oltre ad
essere costantemente presente nelle più importanti sedi concertistiche europee,
ha effettuato tournées in America latina, India, Giappone, Russia. Parallelamente
a queste attività, inizia nel 1985 una collaborazione come direttore musicale e artistico con l’Accademia strumentale Italiana di Parma, un’orchestra da camera prevalentemente impegnata nel repertorio del secondo settecento. Ha diretto, come
direttore ospite, diverse orchestre italiane e straniere quali l’Orchestra della Svizzera italiana, l’Orchestra Nazionale Belga, la Tokyo Symphony Orchestra, l’Orchestra
Filarmonica di Radio France, L’Orchestra della Rai di Torino, la Verdi di Milano. Con
l’Orchestra Sinfonica «Arturo Toscanini» dell’Emilia Romagna, si instaura un lungo
rapporto di collaborazione; è responsabile per il repertorio contemporaneo, e ha
effettuato tournées in Giappone, Russia, Cina e America del Nord. Dal 1999, presso il Conservatorio della Svizzera italiana, è responsabile artistico e musicale, della
rassegna «Novecento e presente», di sua ideazione, e titolare dell’insegnamento
della direzione d’orchestra per il repertorio contemporaneo. Dal mese di ottobre di
quest’anno è insegnante e responsabile didattico del «Corso di perfezionamento
per ensemble da camera sul repertorio del XX secolo» organizzato dall’«Accademia Teatro alla Scala» in collaborazione con la Regione Lombardia.
Domenica 21 ottobre 2007
Lugano, Auditorio Stelio Molo, RSI, 17.30
Albert Roussel
1869-1937
Suite en fa, op. 33 (1926)
per orchestra
Preludio
Sarabanda
Giga
Thüring Bräm
*1944
Concerto per Pipa* e Orchestra
Lento
Tranquillo
Violentemente
Solista Yang Jing (*liuto cinese)
Sergej Prokofief
1891-1953
Sinfonia n. 5 op. 100 (1944)
Andante
Allegro marcato
Adagio
Allegro giocoso
Junge Philharmonie Zentralschweiz
Direttore Thüring Bräm
Domenica 25 novembre 2007
Lugano, Auditorio Stelio Molo, RSI, 17.30
Silvestre Revueltas
1899-1940
Sensemaya (Canto para matar una culebra) (1937)
per orchestra da camera
Manuel De Falla
1876-1946
El amor brujo (1915)
per orchestra da camera e cantaora de flamenco
Primo quadro
Introducción y Escena
Canción del amor dolido
Sortilegio
Danza del fin del día
Escena (El amor vulgar)
Romance del pescator
Intermedio
Solista Charo Martin
Quadro segundo
Introducción (El fuego fatuo)
Escena (El terror)
Danza del fuego fatuo
Interludio (Alucinaciones)
Canción del fuego fatuo
Conjuro para reconquistar el amor perdido
Escena (El amor popular)
Danza y canción de la bruja fingida
Final (las campanas del amanecer)
Darius Milhaud
1892-1974
Da Saudades do Brasil (1919)
Suite de Danses pour Orchestre de chambre
1. Ouverture
2. Sorocaba
3. Leme
4. Ipanema
5. Gavea
6. Corcovado
7. Sumaré
8. Paineras
9. Larenjera
Domenica 16 dicembre 2007
Lugano, Auditorio Stelio Molo, RSI, 17.30
Hanns Eisler
1898-1962
Nonett n. 1 «Variationen» (1939)
Boris Blacher
1903-1975
Virtuose Musik (1966)
per violino solo, dieci fiati, timpani, percussione e arpa
Violino solista Piotr Nikiforoff
KarlAmadeus Hartmann
1904-1963
Concertino (1939)
per tromba e sette strumenti
Tromba solista Francesco Tamiati
Hans Werner Henze
*1926
Theater-und-Salon-Musik (1952)
aus dem Mimodram «Der Idiot»
per ensemble
Domenica 17 febbraio 2008
Lugano, Auditorio Stelio Molo, RSI, 17.30
Hans Ulrich Lehmann
*1937
Battements (1994-95)
per percussioni e orchestra da camera
Percussioni Luca Bruno
Francesco Hoch
*1943
Miniature (2001)
5 piccoli «Studi» interrotti da 5 «Espressivi e Ricordi»
per violini ad libitum (prima esecuzione assoluta)
Mathias Steinauer
*1959
Sott’acqua op 17.3 (1999)
per ensemble e uno strumento suonato in maniera improvvisata
Violoncello elettrico Zeno Gabaglio
Rudolf Kelterborn
*1931
Ensemble – Buch II (1992-94)
Musik in vier Sätzen mit Texten von Georg Trakl
per voce e strumenti
Soprano solista Eva Nievergelt
Domenica 30 marzo 2008
Lugano, Auditorio Stelio Molo, RSI, 17.30
Alessandro Piccinini
1560-1613
Toccata a due stromenti
per arciliuto e arpa tripla
Claudio Monteverdi
1567-1643
L’Orfeo intavolato
Sinfonia e solo «Possente spirto»
per arciliuto e arpa tripla
«Ecco di dolci raggi il sole armato»
per voce e arciliuto
Jacob van Eyck
ca.1590-1657
«Amarilli mia bella»
Variazioni sul tema di Giulio Caccini
per flauto dolce soprano
Claudio Monteverdi
L’Orfeo intavolato
Ritornello I
1567-1643
John Cage
1912-1992
A flower (1950)
per voce e pianoforte chiuso
Carlo Gesualdo
Principe di Venosa
1560-1613
«Beltà, poiché t’assenti»
Madrigale
intavolatura per arciliuto e arpa tripla
Claudio Monteverdi
1567-1643
L’Orfeo intavolato
Ritornello I
Francesco Pennisi
1934-2000
«I mandolini e le chitarre» (1986)
per voce, flauto, arpa e pianoforte
Claudio Monteverdi
1567-1643
L’Orfeo intavolato
Ritornello II
Jacob van Eyck
ca.1590-1657
Engels Nachtegaeltje
Doen Daphne d’over Schoone Maeght
(da Der Fluyten Lust-hof)
per flauto dolce
Claudio Monteverdi
1567-1643
L’Orfeo intavolato
Ritornello I
Niccolò Castiglioni
1932-1996
Je me tiens seur de ce dont plus j’ay dobté (1978)
testo di Robertet
per soprano leggero e pianoforte
Claudio Monteverdi
1567-1643
L’Orfeo intavolato
Ritornello I
Luciano Berio
1925-2003
Gesti (1966)
per flauto dolce
Henry Purcell
1659-1695
Fairest isle
per voce e arciliuto
Dario Castello
ca. 1590 - 1656
Sonata prima a’ soprano solo
da Sonate concertate in stil moderno
per flauto dolce e arciliuto
Carlo Gesualdo
Gagliarda del principe
per arciliuto e arpa
Claudio Monteverdi
L’Orfeo intavolato
Ritornello I
Stefano Gervasoni
1962
Concertino per voce e fischietti (1993)
testi di Toti Scialoja
Soprano Barbara Zanichelli
Arciliuto Luca Pianca
Arpa tripla Margret Köll
Flauto dolce Stefano Bragetti
Domenica 13 aprile 2008
Lugano, Auditorio Stelio Molo, RSI, 17.30
Alban Berg
1885-1935
5 Orchesterlieder op. 4 (1912)
Nach Ansichtskarten – Texten von Peter Altenberg
per voce e orchestra,
Seele, wie bist du schöner…
Sahst du nach dem Gewitterregen…
Über die Grenzen des All…
Nichts ist gekommen…
Hier ist Friede…
Trascrizione per orchestra da camera di Diderik Wagenaar
Soprano solista Elisabeth Gillming
Guida all’ascolto a cura di Emanuele Ferrari
Sabato 7- Domenica 8 giugno 2008
Bellinzona, Officine FFS, 22.00
Philipp Glass
*1937
«Einstein on the Beach» (1976)
Opera in 4 atti di Philipp Glass e Robert Wilson (*1941)
versione semi-scenica a cura di Fabrizio Rosso
per voci, violino solista, fiati, coro di voci bianche e 3 speaker
Violino solista Mariarosaria D’Aprile
Soprano solista Barbara Zanichelli
Voci Elisabeth Gillming, Paola Turcas, Sara Gamarro
Voci recitanti Massimo Ghilardi, Signe Holtsmark, Sabine Zahn
Elementi del «Coro Clairière»
Direttore del coro Brunella Clerici
Regista del suono e coordinatore Fabrizio Rosso
Mixer e luci Luca Congedo
Allestimento, regia e comunicazione: studenti in Comunicazione visiva della SUPSI–DACD
un corso di laurea BA del Laboratorio cultura visiva
responsabile del progetto SUPSI–LCV: Tom Brooks
docenti SUPSI: Andreas Gysin, Roberto Vitalini
21 ottobre
Albert Roussel, Suite in fa op. 33
Il tenente di marina Albert Roussel (Tourcoing 1869 - Royan 1937), con la sua produzione ci aiuta a tratteggiare la delicata fase che,
in quella prospettiva fatta di necessarie semplificazioni che caratterizza la musicologia storica, collega tra loro due epoche dai tratti
in verità ben distinti. Il tardo romanticismo francese, quello del wagneriano Vincent d’Indy, suo maestro, si protende verso un Novecento delle cui tinte variegate e distanti abbiamo un chiaro sentore già a partire dalla quantità di ismi che lo qualificano. Albert Roussel strizza l’occhio al figurativismo degli impressionisti, quindi accoglie le suggestioni modali delle tradizioni orientali (a lui note grazie ai numerosi viaggi in Indocina) per approdare ad una sapiente scrittura di stampo neoclassico in cui si innestano i modi fauve cari
allo Stravinskij dei balletti russi.
La Suite in fa op. 33, scritta nel 1926, fu eseguita per la prima volta il 21 gennaio dell’anno successivo a Boston, dalla Boston Symphony
Orchestra, diretta da Serge Koussevitsky, dedicatario dell’opera. Si tratta di un chiaro tributo alla forma barocca della Suite, successione di danze stilizzate di cui Roussel ripercorre solo parzialmente la canonica struttura di preludio, alemanda, corrente e giga. Il carico
emozionale è affidato alle movenze della seconda danza, una spagnolesca sarabanda, incorniciata tra due veloci movimenti dalla
caratterizzazione ritmica assai vigorosa.
Thüring Bräm, Konzert für Pipa
Thüring Bräm (Basilea, *1944) compone il Konzert für Pipa (Concerto per liuto cinese) per la solista Yang Jing, in occasione dei venti
anni di attività della Junge Philharmonie Zentralschweiz, da lui stesso fondata nel 1987. Il concerto guarda indietro a quelle forme della tradizione che appartengono ad uno strumento per noi inconsueto, e secondo modalità assolutamente specifiche. Come sappiamo, in un processo compositivo può essere d’aiuto riferirsi a fonti d’ispirazione extra musicali, in questo caso esse sono da rinvenire
nelle memorie di viaggio contenute ne Le città invisibili, di Italo Calvino, che hanno accompagnato il compositore nella realizzazione
di questo lavoro. Il giovane Marco Polo riferisce al Kublai Kahn dei suoi viaggi in un continente sconosciuto. Egli racconta di luoghi
stranieri, di città celestiali, disperate, voluttuose. La forma del concerto è suggerita dalla struttura di una tale città. Ognuno di noi sa
cosa è una città, ma con questo particolare strumento solista si intende offrire la possibilità di entrare in un mondo nuovo, dal timbro
particolare e dalle sonorità a noi estranee.
Sergej Prokofief, Sinfonia n. 5 op. 100
Dopo la prima, la Classica (1916/17), la più nota delle sette sinfonie lasciateci da Sergej Prokovief (Sontsovka, Ucraina, 1891 - Mosca
1953) è probabilmente la quinta, che risale al 1944 ed appartiene alla piena maturità del compositore. Prokovief si ristabilisce definitivamente in Russia nel 1932 dopo una carriera che lo ha condotto nelle principali capitali europee in qualità di pianista (la critica aveva
subito riconosciuto in lui le doti funamboliche e la vena impetuosa che ne contraddistinguevano l’indole, affibbiandogli l’appellativo
di «Chopin cosacco») e che gli ha permesso una maturazione personale all’insegna della più raffinata apertura cosmopolita. Egli giunge
alla realizzazione della quinta sinfonia dopo un lungo apprendistato compositivo che si può qualificare attraverso l’opposizione di forze di segno assolutamente contrario: da una parte lo stile nazionale russo, nella concezione di Rimskij-Korsakov, dall’altra la voca-
zione internazionale chiarita dalle collaborazioni con Diaghilew. Aderendo entusiasta al socialismo, Prokovief va ad incarnare la condizione problematica dell’artista, diviso tra libertà creativa e vincoli ideologici e di regime, tra esigenze di rinnovamento e blocchi della
censura.
Con i suoi canonici quattro movimenti, la Sinfonia n. 5, op. 100 ritrova parzialmente il colore strumentale e la limpidezza formale della
prima, la classica, accogliendo allo stesso tempo le istanze dell’estetica socialista e, con essa, l’idea di un’arte realistica, vicina alla
sensibilità del popolo, quest’ultimo non mero destinatario, ma soggetto e punto di partenza del processo artistico.
25 novembre
La poesia Sensemayá è stata pubblicata nel 1934 nella raccolta dal titolo West Indies Ltd, del poeta cubano Nicolás Guillén (19021989), poeta della passione civile e di un’identità cubana alla ricerca delle sue radici. A cominciare dal titolo (sensemayá è un’onomatopea alla cui origine vi è forse una parola africana) i versi evocano i ritmi e le movenze di un rituale afro-caraibico eseguito per accompagnare l’uccisione del serpente e prendono avvio dalle sonorità pure di sillabe accozzate in misteriose formule magiche, come quel
«mayombe-bombe-mayombé», uno scongiuro ripetuto con cadenza ossessiva proprio per ammazzare il serpente (Renzo Barazzoni). A questa evocazione seguono versi che richiamano con forza l’immagine spaventosa del rettile, vitreo l’occhio, infida la strisciante
invisibile presenza, in una cantilena che restituisce ai nostri occhi, e alle nostre orecchie, tutta la potenza incantatoria e la gestualità
di un ancestrale rito pagano:
¡Mayombe-bombe-mayombé!
¡Mayombe-bombe-mayombé!
¡Mayombe-bombe-mayombé!
La culebra tiene los ojos de vidrio;
la culebra viene y se enreda en un palo;
con sus ojos de vidrio, en un palo;
con sus ojos do vidrio.
La culebra camina sin patas;
la culebra se esconde en la yerba;
caminando se esconde en la yerba,
caminando sin patas.
¡Mayombe-bombe-mayombé!
¡Mayombe-bombe-mayombé!
¡Mayombe-bombe-mayombé!
Mayombe-bombe-mayombé!
Mayombe-bombe-mayombé!
Mayombe-bombe-mayombe!
Il serpente ha gli occhi di vetro;
il serpente viene e si annoda ad un palo;
coi suoi occhi di vetro, ad un palo;
coi suoi occhi di vetro.
Il serpente cammina senza gambe;
il serpente si nasconde nell’erba;
camminando si nasconde nell’erba,
camminando senza gambe
Mayombe-bombe-mayombé!
Mayombe-bombe-mayombé!
Mayombe-bombe-mayombé!
Silvestre Revueltas, Sensemaya
Il messicano Silvestre Revueltas (1899-1940) mette in musica Sensemaya nel 1937 a Città del Messico, strumentandola per piccola
orchestra. L’anno successivo realizza una seconda versione per una grande orchestra capace di 27 strumenti a fiato e 14 percussionisti, oltre agli archi. La musica, che alla sua prima apparizione nella versione per grande orchestra fu avvicinata a quella dello Stravinskij della Sagra della primavera, si dipana pressocché interamente su una figura ritmica di ostinato che scandisce la misteriosa formula magica iniziale Mayombe-bombe-mayombe fino alla fine del brano.
Manuel De Falla, El amor brujo
Manuel De Falla (1876-1946), spagnolo di Cordova, compone El amor brujo (L’amore stregone), per orchestra da camera e cantaora
de flamenco, tra il 1914 ed il 1915. Fu la nota danzatrice gitana Pastora Imperio, allora all’apice della popolarità, a commissionare a
De Falla il lavoro, che però nella sua prima versione per canto e orchestra da camera non ottenne il successo desiderato. Per questa
ragione, l’anno dopo fu trasformata da De Falla in un balletto per una normale orchestra sinfonica, comprendente anche tre brevi canzoni intonate da un mezzosoprano. Anche la trama del brano sembra essere nata dalle rievocazioni dei racconti della madre di Pastora
Imperio, poi rimaneggiati dal poeta e drammaturgo spagnolo Gregorio Martinez Sierra, che ne firmò il libretto. Concepito inizialmente
come una gitanería, El Amor brujo narra la vicenda a lieto fine della zingara Candelas, perseguitata nel suo amore per Carmelo dal
fantasma di un uomo da lei amato in precedenza. È un’opera di spiccato colore folclorico andaluso (i testi non sono in lingua castigliana, ma nel dialetto Andaluso degli zingari), nella quale non è difficile cogliere echi del canto popolare zingaresco. La musica di De Falla ha momenti di grande bellezza e originalità in pagine divenute ormai popolari e trascritte infinite volte, come la Danza rituale del
fuoco e la Danza del terrore.
Darius Milhaud, da Saudades do Brasil
Darius Milhaud (1892-1974), deve la sua conoscenza della cultura musicale brasiliana ad un soggiorno a Rio de Janeiro durato circa
due anni, dal 1917 al 1918, quale segretario dell’allora ambasciatore francese, il poeta Paul Claudel. La suite di danze per orchestra
Saudades do Brasil, scritta nel 1919 al suo rientro a Parigi, raccoglie le impressioni di questo soggiorno in una serie di 12 brani, ognuno
dei quali porta il nome di uno dei distretti della città di Rio, tra i quali Copacabana, la periferia meridionale della città, nota per i suoi
chilometri di spiagge di sabbia finissima. La suite, combina con maestria i ritmi e le movenze della tradizione e del folclore musicale
brasiliano con i più sofisticati orientamenti di Milhaud verso la politonalità. Solo successivamente, Milhaud si sarebbe legato a Cocteau e Satie, per poi entrare a far parte del gruppo de «i sei», ovvero «Les Six», come ebbe a chiamarli il critico musicale Henri Collet nel 1920, gruppo impegnato nell’idea di una musica oggettiva, musique d’ameublement nella definizione di Satie, d’arredamento
potremmo dire noi, in polemica opposizione alla serietà degli impressionisti e dei wagneriani, quelli la cui musica va ascoltata… «con
la testa tra le mani».
16 dicembre
Hanns Eisler, Nonett Nr. 1 «Variationen»
La biografia di Hanns Eisler (Lipsia, 1898 - Berlino, 1962), figlio del filosofo Rudolf Eisler, si lega significativamente a quegli avvenimenti che testimoniano la nascita del comunismo, lo scoppio di due guerre mondiali ed il successivo istaurarsi della guerra fredda. Arruolato nell’esercito austriaco durante il primo conflitto mondiale, nel 1919 si trasferisce a Vienna, dove è allievo di Arnold Schönberg fino
al 1923. In questa fase assimila la grande lezione della dodecafonia che poi abbandona, anche se non definitivamente, a causa del
suo successivo interesse verso l’idea comunista. Trasferitosi a Berlino nel 1925, nel 1929 inizia la sua collaborazione con Bertolt Brecht
(Die Mutter) e compone diverse ballate ad ispirazione patriottica e sonate per pianoforte. Comunista, a causa del nazismo nel 1933
è costretto a trasferirsi negli Stati Uniti, prima a New York, poi a Los Angeles, dove divide la sua attività compositiva tra la sperimentazione, con il ritorno alla musica dodecafonica, e il teatro di Hollywood. Quale persona non gradita alla democrazia degli Stati Uniti,
Eisler è costretto a fare ritorno in Germania, quella dell’Est, dove rimane fino alla fine della sua carriera continuando a scrivere pur tra
le difficoltà e le incomprensioni dovute al regime e alla censura.
Nonett Nr. 1 «Variationen» è una variazione ciclica su una frase musicale, la cui composizione risale al 1939, durante gli anni americani. Il titolo originale, Improvvisazione su un tema, chiarisce la struttura del brano (tema e variazioni), per il quale Eisler fa uso della tecnica di composizione dodecafonica. Le 32 variazioni che lo compongono richiamano, non casualmente, le 32 variazioni in Do minore
di Beethoven chiarendo il proprio debito verso la tradizione classica viennese e la figura di Beethoven in particolare. Il Nonett fu composto per il film Grapes of Wrath da un romanzo di John Steinbeck, ma non venne poi utilizzato.
L’opera ha una durata piuttosto breve, intorno ai 6 minuti circa: sono però pochi minuti molto intensi in cui le variazioni sono concentrate e si concatenano tra loro. La ricchezza del brano sta nell’essere organizzato in sei gruppi individuabili: Energico – Allegretto
(moderato) – Quasi marcia – Allegro – Energico – Allegro.
In particolare è interessante notare, nella sezione Quasi marcia, la presenza del riferimento alla guerra in atto con un ritmo di marcia
che con dei tratti dissonanti e cascate di trilli vuole riprodurre i gridi fascisti, così come nel secondo Energico che sembra acclamare
alla vittoria: questi elementi fanno del Nonetto Nr. 1 di Eisler una musica illustrativa e descrittiva.
Boris Blacher, Virtuose Musik (1966)
Con Hanns Eisler, il tedesco Boris Blacher (1903-1975) condivide la difficile condizione di artista non gradito al regime durante i difficili anni che accompagnano il secondo conflitto mondiale. Di origine balcanica, nato in Cina e cresciuto in alcune delle regioni più remote dei continenti asiatico ed europeo, tra cui la Siberia, quello che sarebbe divenuto uno dei musicisti più influenti della Berlino degli
anni ’50 dovette subire le censure del regime nazista a causa della natura degenerata della sua musica. Nell’accezione del regime
nazionalsocialista, le ragioni che potevano condurre a questa condizione di degenerazione potevano essere diverse, e spaziare dagli
orientamenti ideologici, al grado di fervore nazionalistico, al patrimonio cromosomico, al colore della pelle alla natura delle scelte estetiche dell’artista in questione. La riabilitazione di Blacher avviene con la caduta del regime e la sconfitta della Germania: architetto,
matematico, musicologo e compositore, egli recupera quella rispettabilità che il regime gli aveva negata, per poi raggiungere la noto-
rietà ed il prestigio di incarichi istituzionali importanti. Nel 1953 è direttore della Musikhochschule di Berlino, poi Facoltà della Universität der Künste Berlin, dove, dal 1960, occupa anche la cattedra di composizione di musica elettronica, quindi è nominato presidente della Akademie der Künste.
La scrittura musicale di Blacher è concisa, animata dall’idea di un sapiente artigianato, di un lavoro quotidiano e di continua applicazione, in contrasto con quell’altra idea tutta romantica di una creazione visionaria ed ispirata. La scrittura di Blacher si muove dalla tonalità all’atonalità e, a partire dal 1948, sperimenta la dodecafonia e fa uso dei metri variabili per creare simmetria attraverso procedimenti di variazione, regolati da misure aritmetiche.
Karl Amadeus Hartmann, Concertino
Karl Amadeus Hartmann (1905-1963), nasce e muore a Monaco, dove trascorre tutta la sua vita. Dopo gli studi alla Staatliche Akademie der Tonkunst con Josef Haas è introdotto negli ambienti dell’avanguardia artistica cittadina, raccolti nella società «Die Juryfreien»,
e riesce a far conoscere i suoi primi lavori. Nel 1933 entra in contatto con il direttore d’orchestra Hermann Scherchen, al quale dedica il Quartetto d’archi n. 1, scritto nel 1933. Sono gli anni in cui Hartmann non solo raggiunge la maturità artistica, che passa attraverso la contaminazione di stili diversi, il jazz, il dadaismo, la nuova oggettività, ma chiarisce anche la sua personale distanza dall’ideologia e dalle conseguenti crudeltà e aberrazioni del regime nazionalsocialista. Ne sono testimonianza, sempre agli inizi degli anni
’30, lavori come Miserere, dedicato ai prigionieri dei campi di concentramento di Dachau, e la Sinfonia n. 1, su testi di Walt Whitman,
il cui sottotitolo recita Versuch eines Requiems (Tentativo per un Requiem). Tra il 1941 ed il 1942 Hartmann sarà a Vienna, allievo del
compositore Anton Webern e sostenitore della scuola di Arnold Schoenberg.
Tra i pochi musicisti che alla fine della guerra possono dirsi estranei agli orrori del nazismo, nel 1945 Hartmann assume un ruolo importantissimo sulla scena culturale bavarese, con l’incarico di Dramaturg (direttore artistico) presso la Bayerische Staatsoper e responsabile dei concerti Musica Viva, per la Radio bavarese, nella prospettiva di operare un recupero di tutto ciò che il Terzo Reich aveva
bandito ed educare il pubblico alle novità più recenti ed avanzate delle avanguardie.
Il Concertino viene composto nel 1933, in pieno periodo nazista, e poi eseguito a Strasburgo. Nel suo periodo di studio Hartmann
sottolinea l’antitesi tra polifonia ed espressione: la polifonia, a suo avviso, implica un calcolo, una freddezza compositiva che si scontra con il carattere istintivo dell’espressione. Hartmann propone ugualmente uno stile compositivo molto ragionato e calcolato, nulla
deve essere lasciato al caso, dal ritmo alla melodia: la musica di Hartmann è drammatica e caratterizzata da una forte gestualità.
Hans Werner Henze, Theater und Salon Musik aus dem Mimodram «Der Idiot»
Hans Werner Henze (1926) è originario della Westphalia, in Germania, ma dal 1952 risiede in Italia, a Marino, nel Lazio, dove si è stabilito per sfuggire all’ostilità dimostrata nei suoi confronti da una cultura conservatrice ed ostile alle sue aperte posizioni marxiste. Arruolato nel 1944 nell’esercito tedesco, dopo le difficili esperienze della guerra e della prigionia, riprende lo studio della musica con Wolfgang Fortner ad Heidelberg nel 1946. Gli orientamenti stilistici e compositivi di Henze abbracciano tendenze assolutamente divergenti
tra loro, che vanno dal neoclassicismo, al Jazz, dalla tecnica dodecafonica allo strutturalismo all’uso della musica popolare.
La sua prima opera teatrale di rilievo, Boulevard Solitude, del 1951, rileva questa abile commistione di figure provenienti dall’ambito
jazzistico ed elementi della canzone popolare francese del tempo.
Der Idiot, Mimodram mit Szenen aus Dostojewskys gleichnamigen Roman (mimodramma con scene dal romanzo omonimo di Dostojeskij, 1952) è un balletto-pantomima nato dalla collaborazione con la poetessa austriaca Ingeborg Bachmann, con la quale Henze
collaborò anche per le opere Der Prinz von Homburg (1958, basata su un testo di Heinrich von Kleist) e Der junge Lord (1964).
17 febbraio
Hans Ulrich Lehmann, Battements (1994-95)
Hans Ulrich Lehmann (*1937) ha studiato nei conservatori di Biel, dove ha conseguito il diploma in violoncello, di Zurigo, per il diploma
in teoria musicale, e Basilea, dove ha studiato con Pierre Boulez e Karlheinz Stockhausen. Ha poi studiato musicologia con Kurt von
Fischer all’università di Zurigo.
Tra i riconoscimenti che ha ottenuto vi è il premio della Fondazione Conrad Ferdinand Meyer (1973), il premio di composizione della
Associazione Svizzera dei Musicisti (Schweizerischer Tonkünstlerverein, 1988), il premio della città di Zollikon/Zurigo (1990) ed il premio della città di Zurigo (1993).
È stato presidente dell’Associazione Svizzera dei Musicisti dal 1983 al 1986, membro del comitato della SUISA, la società svizzera
per i diritti d’autore, dal 1987, e suo presidente, dal 1991.
Ha insegnato alla Musik-Akademie Basel dal 1961 al 1972, quale docente di teoria musicale e nuova musica all’università di Zurigo
dal 1969 al 1990, ed ha insegnato composizione e teoria musicale alla Musikhochschule di Zurigo dal 1976 al 1998. Ha dato conferenze in tutta Europa.
Francesco Hoch, Miniature (2001) 5 piccoli «Studi» interrotti da 5 «Espressivi e Ricordi»
Francesco Hoch è nato a Lugano nel 1943. Si diploma di composizione con F. Donatoni ed in canto presso il Conservatorio G. Verdi
di Milano per poi proseguire gli studi di direzione d’orchestra e di musica elettronica. Segue alcuni corsi di composizione anche con
Silvano Bussotti, K. Stockhausen e G. Ligeti. Le sue composizioni sono state eseguite nella maggior parte dei paesi europei, in Russia, USA, Giappone, Medio oriente e America latina.
Ha ottenuto numerosi riconoscimenti e premi (Parigi ’73, Siena ’74, Biennale Venezia e «Angelicum» Milano ’75, Berna ’76, Pro Helvetia ’80-05, Ginevra ’87, U.E.R. ’87, UBS Giubileo ’91, Zurigo ’95, Lucerna ’96, S. Pietroburgo ’03). Ha pubblicato un’ottantina di opere
strumentali, vocali, teatrali, per scene, danza, elettroniche presso Edizioni Suvini Zerbini di Milano. È fondatore dell’Associazione per
la musica contemporanea, Oggimusica di Lugano, e per numerosi anni ha svolto attività didattiche musicali sperimentali nel Cantone Ticino.
I suoi periodi creativi possono essere così distinti: ’68-’70 «Attorno all’indeterminazione», ’70-’75 «Ricerca polidirezionale», ’75-’80
«Musica figurale», ’80-’83 «Ostinati variabili», ’83-’85 «Il tempo della dissoluzione», ’87-’88 «Silenzio», ‘86/ ’89-’93 «Opere postume»,
dal’94 «L’impietoso presente del cieco navigare a vista».
Similmente a quanto avviene nelle composizioni «Es ist Zeit» per uno o più flautisti e «Su gentile invito», entrambe scritte nel 2000, in
queste «Miniature» del 2001, è data la possibilità di sfruttare lo spazio del luogo esecutivo con un’azione scenica, la quale, riflettendo la struttura stessa della composizione, può assumere la funzione di ricomporre dall’esterno la globale frammentarietà del brano.
Le «Miniature» alternano 5 piccoli «Studi» dalla più fredda e più meccanica struttura caleidoscopica, in ognuno dei quali vengono
affrontate tecniche violinistiche diverse, con 5 «Espressivi e Ricordi» che elaborano, negli «Espressivi» un calore e una melodicità più
pronunciati, e nei «Ricordi» il ritorno di frammenti provenienti dagli «Studi» eseguiti in precedenza.
Ne deriva che la composizione, seppur aggirandosi nell’ormai quasi irrecuperabile perdita di una logica consequenziale, mostra ancora almeno il desiderio di non perdere anche quella memoria che pure sembra essere condannata alla frammentarietà.
Mathias Steinauer, Sott’acqua op 17.3 (1999)
Mathias Steinauer è nato a Basilea nel 1959. Si è diplomato in pianoforte, teoria e composizione musicale presso la Musik-Akademie
di Basilea con Peter Efler, Robert Suter e Roland Moser. Ha in seguito proseguito la sua formazione a Budapest con György Kurtàg.
Le sue opere sono state eseguite in molti Paesi d’Europa, in Russia, Azerbaigian, Brasile, Cina, Stati Uniti e Giappone. La sua produzione artistica comprende opere per orchestra, concerti per strumenti solisti, musica vocale e composizioni per diverse formazioni
cameristiche.
È docente di teoria, composizione e musica contemporanea alla «Zürcher Hochschule der Künste».
Nel 2004 è direttore artistico del festival World New Music Days 2004 (giornate mondiali di musica contemporanea in Svizzera). Suoi
CD sono stati pubblicati da Altrisuoni e Grammont. Mathias Steinauer è uno degli entusiasti organizzatori di OggiMusica e vive in Ticino.
Sott’acqua (1999), per sassofono soprano, corno, trombone, fisarmonica/pianoforte, percussione e uno strumento suonato in maniera improvvisata.
Un incontro tra la musica pensata, composta e scritta, e la musica non scritta, spesso non annotabile sul pentagramma, inventata al
momento. I confini possono essere sottili, nebulosi e sfumati. Come sulla superficie dell’acqua si toccano due mondi che, pur avendo
una certa affinità, ubbidiscono a leggi diverse.
Il 60% del mondo è ricoperto da un mare profondo che nasconde, oltre gli 800 metri di profondità, animali particolari la cui esistenza
ci è nota da poco tempo. Questi pesci sopportano perfettamente l’enorme pressione e si orientano in un mondo freddo e completamente buio grazie ad organi luminosi e a fantastici sensori laterali, che percepiscono, quasi come le nostre orecchie, tutti i minimi
cambiamenti di pressione.
Rudolf Kelterborn, Ensemble – Buch II (1992-94)
Musik in vier Sätzen mit Texten von Georg Trakl
Rudolf Kelterborn, nato a Basilea nel 1931 si è formato alla Musikakademie Basel diplomandosi in direzione d’orchestra e teoria musicale, per poi proseguire gli studi con Jacques Handschin (musicologia), Günter Bialas, Wolfgang Fortner e Willy Burkhard (composizione).
Ha insegnato in vari conservatori e scuole universitarie (Basilea, Detmond, Zurigo, Karlsruhe) ed è stato docente ospite negli Stati
Uniti, in Inghilterra, Giappone e Cina. Dal 1969 al 1974 è stato caporedattore della Schweizerischen Musikzeitung (Rivista Musicale
Svizzera), dal 1974 al 1980 direttore del settore musicale della Radio della Svizzera tedesca DRS e, dal 1983 al 1994 direttore della
Accademia di Musica di Basilea. Come compositore, Kelterborn ha esplorato generi diversi ottenendo numerosi premi e riconoscimenti ed è attivo come direttore, soprattutto per la realizzazione di lavori propri. Ha pubblicato numerosi articoli sull’analisi musicale
e dal 1987 è stato responsabile della programmazione dei concerti «Basel Music Forum», insieme a Heinz Holliger, Klaus Schweizer
e Jürg Wyttenbach. Ensemble – Buch II è stato composto in occasione del venticinquesimo anniversario dell’ensemble «das neue
werk» di Amburgo. Diversamente dall’Ensemble Buch I, che consiste di 9 brani, ognuno completo ed a se stante, Ensemble Buch II
si compone di quattro ampi movimenti, ognuno dei quali differisce per struttura e carattere. I testi di Trakl sostengono la musica assolvendo a funzioni diverse. Essi commentano la musica (abbinati ad essa oppure quali semplici sfondi concettuali, come accade nel
terzo movimento, nel quale la voce non partecipa affatto). Questi testi sono costruiti in frasi distinte, nella maniera tradizionale, ma
occasionalmente sono ristrutturati, per analogia rispetto al processo musicale, come avviene, per esempio, nella penultima sezione
del primo movimento.
30 marzo 2008
Divagazioni, tra antico e moderno
Il programma di questa serata può essere immaginato come un grande rondeau, ovvero uno di quei brani musicali che nel ’700 alternavano ad un ritornello, ovvero un refrain, una serie episodi diversi per natura e carattere. A prescindere dal fil rouge dato da questa
struttura, l’idea che collega, con infinite sfaccettature, i brano in programma è quella della ricerca e della sperimentazione quale comune denominatore tra passato e presente. Infatti, quella che sembra essere la caratteristica più peculiare dei nostri tempi, in fatto di
arte e di musica, costituisce da sempre un motore formidabile per lo sviluppo e la ricerca di nuovi soluzioni espressive.
Il refrain della serata è dato da alcune pagine dell’Orfeo di Claudio Monteverdi, in una suggestiva versione intavolata, ovvero scritta
secondo le modalità tipiche dell’epoca (in una scrittura in grado di suggerire al musicista la posizione delle note sulla tastiera, anziché il loro nome sul rigo musicale) e realizzata a cura di Luca Pianca e Margret Köll. A questo fanno da pendant pagine legate alla
grande stagione del primo seicento barocco, da quel dilettante eccellente che fu Carlo Gesualdo da Venosa, al liutista bolognese
Alessandro Piccinini, al virtuoso di flauto olandese Jacob van Eyck, all’inglese Henry Purcell, che si alternano con pagine dei nostri
giorni, da John Cage, sperimentatore a volte estremo nell’uso inconsueto, se non bizzarro, di strumenti come il pianoforte, a sperimentatori quali Luciano Berio, Francesco Pennisi, Niccolò Castiglioni, fino a Stefano Gervasoni.
13 aprile 2008
Alban Berg, 5 Orchesterlieder op. 4
I cinque lied orchestrali op. 4 furono scritti da Alban Berg nell’autunno del 1912 su testi di cinque cartoline postali di Peter Altenberg
(1859-1919), pseudonimo di Richard Engländer. Altenberg, poeta a metà strada tra tardo romanticismo ed espressionismo, si caratterizza per il tono concentrato e intenso delle immagini, spesso intese come improvvise percezioni sensibili della propria interiorità
soggettiva. Le cartoline postali di Altengerg ebbero una certa notorietà in quanto il suo autore le inviava realmente ad amici e nemici
durante i suoi soggiorni estivi.
I.
Seele, wie bist du schöner, tiefer, nach Schneestürmen.
Auch du hast sie, gleich der Natur.
Und über beiden liegt noch ein trüber Hauch,
eh das Gewölk sich verzog!
I.
Anima, come sei più bella, più profonda dopo una tempesta di neve.
Anche tu ne hai una, uguale alla natura.
E sopra entrambe grava ancora un cupo soffio, Ah, le nubi si sono
disperse!
II.
Sahst du nach dem Gewitterregen den Wald?!?
Alles rastet, blickt und ist schöner als zuvor.
Siehe, Frau, auch du brauchst Gewitterregen!
II.
Hai visto il bosco dopo il temporale?
Tutto riposa, brilla ed è più bello di prima.
Guarda, o donna, anche tu hai bisogno di un temporale!
III.
Über die Grenzen des All blicktest du sinnend hinaus;
Hattest nie Sorge um Hof und Haus!
Leben und Traum vom Leben plötzlich ist alles aus.
Über die Grenzen des All blickst du noch sinnend hinaus!
III.
Oltre i confini del Tutto volgevi lo sguardo pensosa;
Hai avuto cura della casa e dei beni!
Vita e sogno di vita. D’un tratto è tutto finito.
Oltre i confini del Tutto volgi ancora pensosa lo sguardo!
IV.
Nichts ist gekommen, nichts wird kommen für meine Seele.
Ich habe gewartet, gewartet oh, gewartet!
Die Tage werden dahin Schleichen, und umsonst wehen
meine aschblonden seidenen Haare um mein bleiches Antlitz!
IV.
Nulla è avvenuto, nulla avverrà per la mia anima.
Ho atteso, atteso, oh quanto ho atteso!
I giorni scorreranno ora lentamente, e invano i miei biondi capelli di
seta ondeggiano intorno al mio pallido volto!
V.
Hier ist Friede. Hier weine ich mich aus über alles!
Hier löst sich mein unfassbares, unermessliches Leid,
das mir die Seele verbrennt...
Siehe, hier sind keine Menschen, keine Ansiedlungen.
Hier ist Friede!
Hier tropft Schnee leise in Wasserlachen...
V.
Qui è la pace. Qui mi sfogo piangendo su tutto!
Qui si scioglie, senza misura, il mio incomprensibile dolore,
che mi arde l’anima…
guarda, qui non vi sono uomini, né dimore.
Qui è pace!
Qui gocciola la neve leggera in pozze d’acqua…
Berg trae spunto da questi cinque brevi testi per un trattamento di tipo aforistico della musica, che fa ricorso alla tecnica dodecafonica per restituire logica costruttiva alla scrittura. L’ultimo dei cinque testi è realizzato nella forma di una passacaglia, una danza barocca che si basa sulla ripetizione di una figura di ostinato al basso, figura che quindi si ripete sempre uguale, generando però, ad ogni
sua ripetizione, una sempre diversa elaborazione armonica e melodica. Berg sembra quasi dover ricorrere all’antica forma per poter
ritrovare quella coerenza smarrita con la distruzione del linguaggio tonale.
L’arte di ascoltare, è il titolo di una lezione-concerto per conoscere a fondo gli Orchesterlieder op.4 di Alban Berg in modo vivace e
innovativo. Il ciclo di brani verrà eseguito per intero all’inizio del concerto, per poi essere approfondito con l’aiuto del musicologo
Emanuele Ferrari che, insieme ai musicisti, ripercorrerà i cinque Lieder analizzandone i passi più significativi, che verranno commentati e fatti via via riascoltare al pubblico. L’idea è quella di avvicinarsi nel modo più chiaro al linguaggio musicale dell’autore e all’orizzonte espressivo dei pezzi, prestando agli ascoltatori l’orecchio del musicista e attirando l’attenzione sui particolari di solito riservati
agli addetti ai lavori. Alla fine dello spettacolo i Lieder verranno nuovamente eseguiti per intero: il pubblico potrà così verificare i cambiamenti intervenuti nell’apprezzare il pezzo e la ricchezza dei suoi significati.
7-8 giugno 2008
Philipp Glass, Einstein on the Beach
Einstein on the Beach, la cui prima rappresentazione avvenne al Festival di Avignone il 25 luglio del 1976, comincia a prendere forma
nel 1974 dalla collaborazione del compositore Philipp Glass con Robert Wilson, allora agli inizi della sua carriera, oggi personaggio
eclettico considerato figura di riferimento per quanto riguarda il teatro di sperimentazione americano. Il titolo, originariamente Einstein
on the Beach on Wall Street, nasce dalla suggestione di una vecchia fotografia che ritraeva il noto scienziato in spiaggia, con tanto
di bretelle, e costituisce il punto di partenza per un percorso di testi e di immagini tra loro irrelati, che si riferiscono alla cronaca americana degli anni settanta, fino ad includere richiami alla musica dei Beatles. La struttura originaria dell’opera si articola in quattro atti,
nove scene e cinque Knee Plays, ovvero interludi, brani di raccordo, come chiarisce la parola knie, che in inglese significa ginocchio.
Ma seppure l’opera è strutturata in maniera apparentemente tradizionale, il punto di partenza non è dato né dal libretto, né dalla partitura, scritta in seguito, bensì da una sequenza di spazi scenici costruiti intorno al personaggio, ma privi di qualsiasi connessione tra
loro o con il personaggio, se non in chiave del tutto metaforica. L’idea di realizzare Einstein on the Beach all’interno della serie di concerti Novecento e Presente ha presupposto, quale conditio sine qua non, che se ne realizzasse una versione ridotta sia per ciò che
riguardava l’organico, sia la durata. Fabrizio Rosso, ha quindi deciso di trascrivere il pezzo basandosi su una versione Highlights pubblicata dalla Nonesuch Records già nel 1996 e attuando una serie di mediazioni che andassero incontro alle disponibilità di organico
che questo preciso contesto imponeva. Da qui, per esempio, la decisione di utilizzare un coro di voci bianche e di eliminare le voci
soliste maschili, operando scelte atte a chiarire le specificità del nuovo lavoro piuttosto che mitigare la sua distanza dall’originale.
Ne risulta una trascrizione che mira ad una sorta di «riduzione in scala», ovvero ad una forma di ridimensionamento capace di rispettare gli equilibri originari e allo stesso tempo restituire al pubblico di oggi la sostanza teatrale di cui è portatrice la versione originale.
Interpreti
21 ottobre
Thüring Bräm
Thüring Bräm nasce a Basilea nel 1944, dove completa gli studi musicali diplomandosi in pianoforte e direzione. Allo stesso tempo
approfondisce gli studi musicologici alle università di Basilea e Heidelberg. Dal 1970 al 1973 è negli Stati Uniti impegnato quale direttore e corripetitore al Curtis Institute of Music di Philadelphia, alla Santa Fe Summer Opera, all’Aspen Music Festival e continua lo
studio alla University of California a Berkley con un Master of Arts in composizione. Dal 1973 al 1987 è alla guida della Musikschule
della Musik-Akademie Basel, e dal 1987 direttore del Conservatorio di Lucerna, nonché direttore e fondatore della Musikhochschule Luzern.
Come compositore ha raccolto innumerevoli riconoscimenti e premi a livello nazionale ed internazionale, affiancando all’attività creativa quella di direttore e di musicologo, con numerose pubblicazioni e conferenze.
Come compositore,i suoi orientamenti lo hanno condotto ad avvicinarsi ad Anton Webern e Pierre Boulez, per poi affrontare le tecniche improvvisative e la sperimentazione musicale di John Cage, per poi ritornare ad adottare una prospettiva più «tradizionale» nel
trattamento dei materiali musicali.
Yang Jing
Dopo dodici anni di attività con l’Orchestra Nazionale Cinese, Yang Jing ha avviato una carriera solistica a livello internazionale che
la ha portata ad esibirsi in tutto il mondo. Nel 1999, assieme alla Tokyo Metropolitan Symphony Orchestra sotto la guida di Naoto
Ohtomo, ha eseguito in prima assoluta il Concerto per Pipa di Monoru Miki, alla Suntory Hall di Tokyo, presentandolo successivamente con la Nagoya Philharmonic Orchestra, con lo stesso direttore, con la Osaka Century Orchestra diretta da Kazuhiro Koizumi,
la Kansai Philharmonic Orchestra diretta da Taijiro Iimori, l’Orchestra Filarmonica della Cina con Yang Yang, l’Orchestra Sinfonica di
Honolulu con Samuel Wong e l’Orchestra Asia diretta da Park Bum Hoon. Nell’autunno del 2004 l’Orchestra da Camera di Zurigo la
ha scritturata per eseguire questo concerto nella versione da camera.
Nel 2003 ha eseguito in prima assoluta il concerto per pipa «Ballade of the Eternal Sorrow» di Mo Fan, con la Tokyo Geidai Symphony
Orchestra diretta da Sato Kotaro a Tokyo, in Giappone, e poi a Boston, negli Stati Uniti, con la Boston Newton Symphony Orchestra
diretta da Jeffrey Rink.
Nell’estate del 2000 ha preso parte alla rappresentazione dell’opera di Monoru Miki «The Tale of Genji» in prima assoluta al teatro dell’opera di Saint Louis, con la St. Louis Symphony Orchestra, e l’anno successivo al Teatro Nissay di Tokyo.
L’intensa attività concertistica l’ha portata ad esibirsi in alcune delle più prestigiose sale da concerto in Europa, Nord America ed Asia,
come la Carnegie Hall di New York, il Barbican Centre di Londra, la Suntory Hall di Tokyo, la Jerusalem Concert Hall in Israele ecc.
Accanto alla intensa attività artistica, dal 2002 ha assunto il ruolo di direttore musicale dell’Asia Ensemble di Tokyo.
Junge Philharmonie Zentralschweiz
La Junge Philharmonie Zentralschweiz è stata fondata nel 1987 da Thüring Bräm per avviare alla pratica orchestrale gli studenti di
musica a livello professionale, all’interno e a completamento dei curricula della Musikhochschule Luzern. Nel maggio del 2006 ne ha
assunto la guida Andreas Brenner.
Numerosi CD costituiscono la riprova concreta dell’assiduo lavoro e dei successi di questa orchestra, il cui compito consiste principalmente nel dedicarsi allo studio della letteratura orchestrale dai suoi inizi sino ai nostri giorni. Al suo repertorio appartengono anche
alcune prime esecuzioni assolute, così come concerti per strumenti antichi e pagine importanti del repertorio barocco. La Junge Philharmonie Zentralschweiz si esibisce in diverse formazioni, dall’ensemble barocco fino alla grande orchestra sinfonica, passando per
l’orchestra d’armonie di fiati.
Charo Martin
25 novembre
Nasce a Huelva (Spagna), laureata in lettere, ha studiato pianoforte al Conservatorio di Huelva. Si è specializzata nel canto flamenco
e nel ballo.
Nei anni 2001-2003 ha frequentato come borsista il Corso di Canto e Historia del Flamenco presso la Fundación Cristina Heeren a
Siviglia. Possiede una lunga esperienza nell’insegnamento dei ritmi e della cultura flamenca.
Come cantaora y bailaora ha lavorato nei tablaos più importanti della realtà flamenca andalusa, come los Tarantos e La Zingara a Granada, e Las Brujas a Sevilla. A Huelva ha partecipato al ciclo El Cante y la Mujer
Ha collaborato con numerosi artisti come Alfredo Lagos, Manuel Betanzos, José Anillo, Antoñete, Jesús Fernandez, Fernando de la
Rua, Ana Calí, Rafael Campillo, ecc,.
In Italia, formando parte di compagnie come La Moreria, La Carboneria Flamenca e Rodrigo Ensamble, è stata ospite di numerosi teatri italiani quali il Nazionale a Milano, il Nuovo a Torino, l’Auditorium della Musica a Roma, Il San Carlo a Napoli, L’Arena del Sole a
Bologna, ed ha eseguito numerose volte «El Amor Brujo» di de Falla con il Nuovo Contrappunto diretto da Mario Ancillotti, del quale
ha poi inciso un Cd che ha avuto notevole successo, distribuito con la rivista musicale Amadeus.
16 dicembre
Piotr Nikiforoff
Nato a Mosca nel 1978, Piotr Nikiforoff inizia lo studio del violino all’età di 5 anni con Victor Nasimov. A 14 anni debutta come solista
con orchestra a Mosca e nel 1996 si diploma con il massimo dei voti all’Accademia Federale del Collegio di Gnesynih.
In seguito si è trasferito in Svizzera, dove si è perfezionato al Conservatorio della Svizzera italiana, studiando prima con Carlo Chiarappa (diploma con lode nel 2000) e poi con Massimo Quarta. Dal 2002 al 2004 ha completato la formazione con Susanne Holm.
Contemporaneamente ha frequentato le Master Class di Zahar Bron a Vienna, Ruggiero Ricci e Lukas Hagen a Salisburgo.
È stato premiato in più occasioni, fra le quali il Concorso Nazionale Russo a Mosca nel 1995, ed ha ottenuto importanti borse di studio
come quelle della Fondazione LYRA a Zurigo e della Fondazione Halblützel.
La sua attività solistica e cameristica – in particolare col trio d’archi Trigon – lo porta regolarmente in Italia (Festival di Stresa, Europa
Musica Firenze, Gioventù Musicale d’Italia), Austria, Svizzera, Francia, Germania, Inghilterra e Russia. Ha registrato per la Radio e la
Televisione Svizzera Tedesca e Svizzera Italiana e ha pubblicato un CD con opere di Mozart, Brahms e Piazzolla.
È stato ospite quale primo violino di spalla nelle orchestre: Camerata Schweiz a Zurigo e Chamber Orchestra «I Sinfonietti 01» a Salisburgo e membro dell’orchestra Festival Strings Lucerne. Collabora regolarmente con l’Orchestra della Svizzera Italiana.
Inoltre ha seguito dei corsi di direzione d’orchestra tenuti da Piero Bellugi a Firenze.
Francesco Tamiati
Francesco Tamiati, ha compiuto gli studi al Conservatorio «A. Vivaldi» di Alessandria con Luigi Sechi, diplomandosi nel 1984 con il
massimo dei voti. Iniziata in giovane età l’attività concertistica, ha vinto prima ancora di concludere gli studi (tra il 1980 e il 1981)
numerosi concorsi regionali (premio a Stresa, Torino, Alessandria e concorso «Rotary International Youth Orchestra»).
Ha completato la sua formazione seguendo corsi di perfezionamento con solisti di tromba di tre grandi orchestre: Armando Ghitalla
(Boston Symphony Orchestra), John Wallace (Philharmonia Orchestra di Londra), Hannes Läubin (Bayrische Rundfunk Orchester),
Philip Smith (New York Philarmonic).
In qualità di prima tromba ha suonato con le principali orchestre italiane: Filarmonica della Scala, RAI di Milano e di Torino, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Teatro San Carlo di Napoli, La Fenice di Venezia. Èstato prima tromba titolare del Teatro dell’Opera di
Genova, dell’Orchestra della Svizzera italiana (Lugano) e attualmente ricopre la stessa carica al Teatro alla Scala di Milano. Svolge
intensa attività concertistica, che lo ha portato ad esibirsi, oltre che in Italia e in Svizzera, in Belgio, Germania, India e Perù.
In qualità di solista ha partecipato all’allestimento di due opere per il Teatro alla Scala di Milano, fra cui spicca la prima mondiale del
«Lohengrin» di Salvatore Sciarrino. Recentemente ha preso parte, come solista, alla produzione concertistica e televisiva della «Messa in si minore» di Bach diretta da Riccardo Muti.
Francesco Tamiati è molto impegnato nella musica da camera sia in duo con il pianista Fulvio Bottega o con l’organista Giuseppe Radini, sia con diversi gruppi da camera tra cui Carme Ensemble, Ensemble E. Varèse, Next time ensemble, I solisti della Scala. È inoltre membro fondatore del Quintetto italiano di ottoni e dell’Ensemble italiano di ottoni.
È docente presso i Corsi d’Alta Formazione Orchestrale Lirico Sinfonica indetti dall’Associazione Banchetto Musicale di Capezzano
Pianore e dell’«Accademia Internazionale di Musica Giovanni Carisio» di Santhià. È docente di tromba presso il Conservatorio della
Svizzera italiana.
17 febbraio
Luca Bruno
Nasce nel 1977 a Vigevano (PV). Si diploma con il massimo dei voti in percussioni al conservatorio «A. Scontrino» di Trapani sotto la
guida di Fulvia Ricevuto, con il massimo dei voti per poi conseguire il Diploma di Perfezionamento, con lode, in Strumenti a Percussione presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano sotto la guida del Maestro Mircea Ardeleanu.
Ottiene una Borsa di Mobilità Socrates / Erasmus di tre mesi presso l’Università Nazionale di Musica di Bucarest (Romania, aprile/giugno 2003) dove partecipa ad un concerto in collaborazione con l’Ensemble di percussioni «Game» dell’Università Nazionale di Musica
di Bucarest in occasione della XIII edizione della «SIMN 2003» Festival Internazionale di Musica Contemporanea. Inoltre partecipa a
varie rassegne di Musica Contemporanea, quali Il suono dei soli (II e III edizione), Musica su più dimensioni (V edizione), Pratiche inusuali di fare musica (IV edizione), Etnica e Dintorni, Oggi Musica. Partecipa come Xilofonista al Festival «Martha Argerich Project» per
la realizzazione di Les Noces di Igor Stravinsky a Lugano con L’Ensemble «Lugano Percussion Group». Ha collaborato con vari gruppi ed orchestre quali Zephire Ensemble, Gli Armonici, Kandisky, Orchestra da Camera Siciliana,Ars Ludi, Sicelides Musae, l’Orchestra
di Taormina, l’Orchestra da Camera di Lugano, l’Ensemble 900, la Basel Sinfonietta e l’Orchestra della Svizzera Italiana. Attualmente
è componente stabile del Duo Talea Percussion (vincitori di vari concorsi) e del Lugano Percussion Group, con il quale ha svolto tournèe in Romania, Brasile, Svizzera, Russia e Germania. Frequenta il I anno del corso di solista presso il Conservatorio della Svizzera
Italiana di Lugano sotto la guida dei Maestri Bernard Wulff, Melchiorre Domenico e Johannes Fischer, e il corso di pedagogia sotto
la guida del Maestro Mike Quinn. Dal 2006 insegna Percussione all’Istituto Comprensivo di Como Centro.
Zeno Gabaglio
Diplomato in violoncello con Taisuke Yamashita presso il Conservatorio della Svizzera Italiana, si è in seguito perfezionato in tecnica
interpretativa con Marcio Carneiro all’Académie Tibor Varga di Sion, in musica contemporanea con Vinko Globokar alla Scuola di
Musica di Fiesole, in improvvisazione libera con Walter Fähndrich – per il Master della Musikakademie Basel – e con i violoncellisti
David Darling e Martin Schütz.
Parallelamente, si è laureato in filosofia con una tesi sul tema «musica e formatività», sotto la guida del prof. Sergio Givone, presso
l’Università degli studi di Firenze.
Lasciata alle spalle l’idea del musicista come interprete di idee musicali, e quindi segni, altrui e integrando con una buona dose di
elettronica la propria prassi violoncellistica, negli ultimi anni si è dedicato all’improvvisazione e alla realizzazione di composizioni proprie, spesso pensate come sinestetico abbinamento al teatro, al cinema, alla poesia, alla fotografia e alla danza.
Ha finora potuto proporre la propria musica in contesti più o meno rilevanti in Svizzera, Italia, Francia, Germania, Belgio, Inghilterra e
Argentina, ricevendo premi e riconoscimenti da diverse istituzioni internazionali.
Ha da poco pubblicato il suo primo disco a solo, dal titolo Uno, per l’etichetta pulver&asche.
Eva Nievergelt
Eva Nievergelt ha maturato prestissimo l’idea che il canto, in quanto forma d’arte, sia sempre stato per l’umanità un fondamentale
mezzo di espressione. Grazie allo studio con Kathrin Graf e Irwin Gage al conservatorio di Zurigo, e quindi con Vera Rozsa a Londra,
Margreet Honig ad Amsterdam, Barbara Martig-Tüller a Berna ed ancora Judy Natalucci a New York ha sviluppato gli strumenti tecnici necessari a raggiungere la sua maturità vocale ed artistica. Nella sua attività ha affrontato un’ampia varietà di brani che abbracciano il repertorio liederistico, la musica da camera e comprendono musica e teatro musicale contemporanei.
Ha affrontato pagine musicali importanti quali Le Marteau sans Maître di Pierre Boulez (con l’ensemble Aisthesis Heidelberg), il Pierrot
lunaire di Schönberg (Winterthur, Bern, Biel sotto la guida di Kaspar Zehnder), Circles di Luciano Berio (Collegium Novum Zürich),
Aria di Beat Furrers (Collegium Novum Zürich/ensemble courage, Heidelberger Frühling), i Galgenlieder di Sofia Gubaidulina (Contrapunkt St. Gallen), la Sequenza III di Luciano Berio (Davos Festival). Dalla collaborazione con il Gruppe für Neue Musik Baden GNOM
sono scaturite le produzioni di lavori di Andrew May, Mathias Spahlinger, George Aperghis, Beat Furrer, Helmut Lachenmann, John
Cage. Eva Nievergelt ha preso parte a diverse produzioni teatrali, portando in scena opere quali Zeit der Engel di Michael Veltman e
Frank Heuel (Theater im Ballsaal, Bonn), Der Aufstand der Schwingbesen, una Operetta di Dani Fueter e Thomas Hürlimann con la
regia di Albrecht Hirche (Theaterhaus Gessnerallee Zürich), sounding sculptures di Mischa Käser nella haus konstruktiv di Zurigo, nel
ruolo di Orfeo nell’Orfeo ed Euridice di Ch. W. Gluck con la regia di Regina Heer (Centro culturale e congressuale di Aarau), o all’Oper Schloss Hallwyl nel ruolo di Mab in La jolie fille de Perth di Georges Bizet con la regia di Peter Schweiger.
Con il percussionista Christoph Brunner, Eva Nievergelt forma il duo canto battuto, che da anni si dedica allo studio e alla ideazione
di composizioni per un repertorio, altrimenti inesistente, per voce e percussioni. Negli anni passati il duo canto battuto ha proposto
lavori di compositori come Rico Gubler, Gary Berger, Mela Meierhans, Sam Hayden ed altri, esibendosi in concerto in Svizzera, Germania, Francia Inghilterra e Stati Uniti. Collabora inoltre attivamente con numerosi pianisti dedicandosi al repertorio cameristico e
spaziando dalle pagine del repertorio romantico fino al Novecento e ad i nostri giorni.
30 marzo
Barbara Zanichelli
Nata a Parma e diplomata in violino nel conservatorio della stessa città, si è in seguito dedicata al canto, studiando tecnica vocale
con l’insegnante russo Anatoli Goussev a Milano. Si è perfezionata nella prassi esecutiva della musica barocca con C. Miatello e R.
Gini, nel repertorio belcantistico con Luciana Serra e Sergio Bertocchi e nella vocalità contemporanea con Luisa Castellani, sotto la
cui guida consegue «con lode» il Diploma di perfezionamento presso il Conservatorio della Svizzera Italiana a Lugano. Dal 2005 sta
seguendo a Cremona i corsi di semiologia e canto gregoriano tenuti da N. Albarosa, G. Conti, J.B.Göschl. Come soprano del quintetto vocale Vox Altera, ha vinto il primo premio assoluto al Concorso internazionale «Luca Marenzio» dedicato a formazioni vocali
madrigalistiche, tenutosi a Coccaglio (BS) nel settembre ’99, commissione presieduta da Claudio Gallico e Anthony Rooley. Svolge
intensa attività concertistica sia come solista sia in ensemble, come interprete del repertorio antico e contemporaneo in importanti
sale e festival italiani ed esteri, esibendosi sotto la direzione di musicisti quali M.W. Chung, P. Memelsdorff, E. Gatti, O. Dantone, F.M.
Bressan, G. Bernasconi, R. Platz, F. Hoch, V. Parisi, e collaborando con ensemble quali «Mala Punica», «Ensemble aurora», «De dalo
Ensemble», «Mdi ensemble», «I Madrigalisti Ambrosiani», «Accademia del Ricercare», «Cappella Artemisia», «Athestis Chorus». Dal
2005 collabora con K. Stockhausen, di cui ha eseguito in prima esecuzione assoluta Himmelfahrt – erste Stunde, per soprano, tenore e organo, con il compositore stesso alla regia del suono, nel Duomo di Milano. Il pezzo è stato anche eseguito nella rassegna di
concerti degli Stockhausen-Kurse, Kürten 2006, e registrato e pubblicato su CD per la Stockhausen-Verlag. Ha registrato per varie
case discografiche tra cui Erato, Arcana, Chandos, Virgin, Glossa. È docente di «Prassi esecutiva e repertorio – Canto» ai corsi del
biennio sperimentale presso il Conservatorio «Carlo Gesualdo da Venosa» di Potenza.
Luca Pianca
A livello internazionale, Luca Pianca è riconosciuto quale uno tra i più raffinati interpreti del repertorio musicale antico su strumenti
originali. Dal 1982 collabora con Nikolaus Harnoncourt, che è stato suo professore presso il Mozarteum di Salisburgo ed è co-fondatore de «Il Giardino Armonico», ensemble di riferimento per il repertorio barocco italiano.
Si esibisce regolarmente al fianco di importanti solisti di canto, tra i quali Cecilia Bartoli, Eva Mei e Christoph Prégardien. Registra in
esclusiva per la casa discografica Teldec, per la quale ha realizzato l’edizione integrale delle opere per liuto di J.S.Bach e Antonio
Vivaldi. La sua discografia completa supera abbondantemente le 50 unità. Si è esibito quale solista nelle più prestigiose sale da concerto, tra le quali la Carnegie Hall di New York, la Deutsche Philarmonie di Berlino ed il Musikverein di Vienna. Luca Pianca ha partecipato ad innumerevoli produzioni operistiche presso i festival di Salisburgo e Lucerna, il teatro dell’opera di Zurigo ed il Theater an
der Wien. In duo con il violista Vittorio Ghielmi è stato invitato dalle più blasonate società cameristiche europee. La sua attività comprende collaborazioni con la violinista Viktoria Mullova e con Albrecht Mayer, primo oboe dei Berliner Philarmoniker, con il quale ha
inciso nel 2006 un cd interamente dedicato alla figura di G.F. Händel, e che ha riscontrato un enorme successo. È stato inoltre invitato da Simon Rattle a partecipare a produzioni della sua orchestra, i Berliner Philarmoniker. In altro ambito, ha suonato con personaggi quali Sting e Vinicio Capossela.
Margret Köll
Ha compiuto gli studi musicali presso il conservatorio di Innsbruck, per poi proseguire la formazione specializzandosi in arpa da concerto al Mozarteum di Salisburgo e quindi a Baltimora con Ruth Inglefield. Successivamente, si è perfezionata presso la Hochschule
für Musik di Monaco con Helga Storck. Dal 2003 insegna nel medesimo istituto. Si specializza poi in arpa storica con Mara Galassi a
Milano.
Svolge attività concertistica quale prima arpa nei Münchener Symphoniker, nella Schleswig-Holstein Festival Orchester e nella Philharmonie der Nationen. Ha lavorato poi con Il Giardino Armonico, l’Europa Galante, la Bayerische Staatsoper, l’Akademie für Alte Musik,
l’Armonico Tributo. Collabora regolarmente con artisti quali Cecilia Bartoli, Luca Pianca, Enrico Onofri. Di recente ha inciso il celebre
concerto per arpa di G.F.Händel, con l’ensemble Divina Armonia.
Stefano Bragetti
Nato a Genova nel 1962, si è formato musicalmente presso la Civica Scuola di Musica di milano e privatamente sotto la guida di Nina
Stern, Laura Alvini, Leonardo Taschera e Vittorio Fellegara.
Ha svolto esperienze eterogenee nel campo della musica antica e contemporanea come esecutore, didatta, ricercatore, partecipando, tra l’altro alla fondazione di alcuni «consort» di flauti dolci, spesso in collaborazione col fratello Daniele. Quest’anno ha debuttato col quartetto «Ex ligno voces», formazione dedita soprattutto alla musica del primo Rinascimento. Ha avuto occasione di presentarsi in pubblico in Italia, Svizzera e Russia. Ha effettuato registrazioni per la Radio della Svizzera Italiana e per la casa discografica
tedesca Centaurus.
Docente per vent’anni ai Corsi Internazionali di Musica Antica di Urbino, ha insegnato nei Conservatori di Messina e Vicenza e, dal
1990, al Conservatorio della Svizzera Italiana.
Collabora regolarmente col coro di voci bianche «Calicantus» di Locarno ed è stabilmente in viaggio col suo recital solistico «Memorie di un viaggiatore nel secolo dell’antico e del moderno». Con l’ensemble «Collegium Diagonale» propone percorsi «pendolari» tra
antico moderno e post.
Elisabeth Gillming
13 aprile
Elisabeth Gillming, francese di nascita, ha studiato canto al Conservatorio Nazionale della Regione di Strasburgo con Malcolm Walker.
In seguito si è perfezionata con Gilles Cachemaille alla Scuola Universitaria di Musica di Ginevra. Attualmente, per coltivare il suo interesse per la musica moderna, è iscritta alla classe di perfezionamento di canto di Luisa Castellani al Conservatorio della Svizzera Italiana.
Ha inoltre seguito e concluso un master in musicologia all’Università di Oxford, Inghilterra e si è perfezionata con Edda Moser, Ruben
Lifschitz, Barthold Kuijken e William Christie.
Ha interpretato il ruolo di Zerlina nel Don Giovanni di W.A. Mozart con l’Oxford City Orchestra e ha cantato come soprano nel «Davide Penitente» e nel «Requiem» di Mozart.
Appassionata del repertorio contemporaneo, ha cantato nel «Pierrot Lunaire» di A. Schönberg sotto la guida di Kaspar Zehnder e nel
ruolo n° 1 di Trasformations di Konrad Susa al teatro di Losanna.
Attualmente fa parte del coro del Grand Théâtre di Ginevra.
Emanuele Ferrari
Emanuele Ferrari è ricercatore di musicologia e storia della musica presso la facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Milano Bicocca, dove insegna Musica e didattica della musica. Si è diplomato in pianoforte al Conservatorio di Verona sotto la guida di
Renato Grossi e si è poi perfezionato con R. Zadra, S. Fiorentino, A. Lonquich, P.N. Masi e T. Poli, affiancando all’attività concertistica gli studi di composizione e la laurea in filosofia. Ha pubblicato le monografie La maschera e il labirinto. Saggio su «Papillons» op.
2 di Schumann (Milano, Cuem 2002) ed Estetica del linguaggio musicale (Milano, Cuem 2003), oltre a numerosi saggi di estetica musi-
cale, musicologia e articoli di critica musicale. Ha tenuto concerti, lezioni-concerto e conferenze in Italia, Germania, Francia, Svizzera
e Brasile come solista, in formazioni da camera e come direttore di coro. Insegna pianoforte ai Corsi Internazionali di perfezionamento
musicale «Tullio Macoggi» di Varenna, è membro dell’Ordine dei Giornalisti ed è stato direttore stabile del Coro CAI Milano.
Concerto «Einstein on the Beach»
Mariarosaria D’Aprile
Nata in Italia nel 1982, inizia a studiare violino all’età di nove anni. Nel 2001 si diploma con il massimo dei voti, lode e menzione d’onore presso il Conservatorio Statale di musica «E.R. Duni» di Matera. Nel 2000 ottiene il Diploma di Perfezionamento presso l’Accademia Internazionale «L. Perosi» di Biella, con il giudizio Eccellente e menzione speciale. Nel 2004 ottiene il Diploma di Pedagogia musicale e nel 2005 il Diploma di Perfezionamento presso il Conservatorio della Svizzera italiana studiando con il maestro Massimo Quarta.
Attualmente prosegue gli studi sempre al Conservatorio della Svizzera italiana per il conseguimento del diploma di Solista. Vincitrice
di diversi concorsi, è anche primo violino dell’orchestra da Camera Liviabella, nelle Marche e si esibisce in trio per l’Associazione
«Arteria» di Matera, da solista con l’Ensemble Gabrieli e con la Florence Symphonietta a Firenze. Dal 2002 collabora con I Filarmonici di Roma con il maestro Uto Ughi. Suona su un «Paolo Sorgentone» di Firenze del 1998.
Barbara Zanichelli
Vedi programma del 30 marzo.
Il Coro di Voci Bianche «Clairière»
Il Coro di Voci Bianche «Clairière» nasce all’interno della Scuola di Musica del Conservatorio della Svizzera italiana di Lugano ed è
composto da ragazzi e ragazze dagli 8 ai 14 anni. Ha al suo attivo numerosi concerti nella Svizzera Italiana e all’estero. Nell’estate del
2000 ha partecipato, con 6 rappresentazioni, alla produzione dell’opera Carmen di Bizet, messa in scena al Castelgrande di Bellinzona. È stato invitato più volte a cantare all’interno della rassegna concertistica Novecento passato e presente diretta da Giorgio Bernasconi, presso la Radio della Svizzera italiana di Lugano. Sulla base di alcune registrazioni è stato selezionato quale rappresentante
della Svizzera italiana, insieme ad alcuni prestigiosi cori europei, per partecipare alla 39a edizione del Montreux Choral Festival, che
si è svolto dal 4 al 7 aprile 2002, ottenendo una menzione speciale e riscuotendo un notevole successo di pubblico e critica. Nel corso del 2003 ha registrato il suo primo CD dal titolo ... per voce e strumento... Nel maggio 2004 si è esibito nella Città del Vaticano in
occasione della giornata del Giuramento delle Guardie Svizzere. Nel 2006 ha realizzato per l’editore Ideali il libro-cd dal titolo Il coro
e la voce, su testi di Roberto Piumini.
Brunella Clerici
Ha compiuto gli studi musicali presso il Conservatorio «G. Verdi» di Milano diplomandosi in Pianoforte, Composizione, Musica Corale
e Direzione di Coro. Ha partecipato a numerosi corsi e Seminari di Direzione di Coro in Italia e presso l’Accademia Kodaly di Keckemet (Ungheria). La sua attività è prevalentemente rivolta alla coralità giovanile, alla quale ha dedicato alcune sue composizioni che
sono state eseguite nella rassegna Musica e Metrò, presso la Sala Carducci di Como e nel ciclo Novecento passato e presente.
Fabrizio Rosso
Nato a Torino nel 1969 ha studiato pianoforte, composizione e musica elettronica. Si è diplomato nei conservatori di Torino, Zurigo e
Lugano. Ha frequentato le lezioni di composizione di Bruno Zanolini a Milano e seguito i seminari dell’IRCAM a Parigi. Dal 1998 al
2004 è stato allievo e collaboratore di Karlheinz Stockhausen.
Ha tenuto concerti come regista del suono, pianista e compositore. Attualmente frequenta la Facoltà di Matematica presso l’Università di Torino ed è docente di pianoforte e musica elettronica presso il Conservatorio della Svizzera Italiana.
Il Laboratorio Cultura Visiva
Il Laboratorio Cultura Visiva, integrato nel Dipartimento Ambiente Costruzioni e Design della SUPSI, è un centro di competenza che
si occupa di comunicazione pubblica e territoriale. I suoi progetti sono volti a migliorare la percezione che gli abitanti di una regione
hanno del territorio che li ospita, favorire l’identificazione dei cittadini con le istituzioni e, più in generale, innescare i processi comunicativi volti all’integrazione europea delle regioni. In quest’ottica, il Laboratorio Cultura Visiva promuove il design come fattore d’innovazione e di sviluppo economico della regione.
Gli ambiti di ricerca del laboratorio sono incentrati sulla definizione delle strategie comunicative e culturali per le istituzioni, le imprese
e le attività del territorio ticinese. La sua azione mira a rinnovare programmi, processi e progetti rivolti al contesto territoriale e sociale,
tramite un’attività che si articola nella proposta di consulenze e soluzioni progettuali di natura comunicativa, veicolata sia attraverso
i media tradizionali sia attraverso i media informatizzati e audiovisivi.
Il Laboratorio Cultura Visiva si occupa, inoltre, della formazione universitaria, curando l’offerta dei corsi di laurea in comunicazione
visiva e architettura d’interni.
Redazione
Giuseppe Clericetti
Massimo Zicari
Grafica
RTSI, Manuela Catti
Fotocomposizione
Taiana, Muzzano
Stampa
Pedrazzini, Locarno
© RTSI 2007
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v
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p r e s e n t e
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idée suisse
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