Sett.
2004
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no 1
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Like a Virgin
Perché Moana e non un'altra verrebbe da chiedersi
a dieci anni dalla sua scomparsa. Come mai
un'attrice, secondo la critica e gli addetti del settore
neanche particolarmente brava, è diventata e
ancora oggi rimane un emblema del porno di tutti i
tempi. Peripatetica e filosofa, angelo caduto
all'inferno o dove il mare è più profondo (questo in
polinesiano il significato del suo nome) Moana ha
segnato una svolta epocale del costume nazionale.
Con l'avvento degli anni ottanta e con lei l'Italia
riscopriva il sesso, il suo facile consumo, a portata di
mano sarebbe il caso di dire. Parallelamente
all'esplosione del suo personaggio infatti si
sviluppava in Italia il mercato degli home video fino
ad allora prerogativa esclusiva degli states. Il porno
entrava nelle case degli italiani ed ecco allora che
mentre Raffaella Carrà faceva contare i fagioli
Moana ci faceva contare i piselli, giusto per usare un
eufemismo. Questo ha reso il porno, grazie
all'intuizione di Schicchi, un fenomeno nazional
popolare e Moana un'educatrice sessuale della mia
generazione, una paladina del sesso. Tutti
conoscevano Moana, il mercato del porno ormai è
esploso e nessuno potrà fermare il suo dilagare, tutti
scoprivano nel buio delle loro camere da letto, e
non più nelle affollate sale dei cinema a luci rosse,
una nuova libertà sessuale. C'è chi ha definito,
esagerando, la Pozzi una sorta di femminista, c'è da
dire però, con il dovuto rispetto per chi per i diritti
delle donne si batte, che Moana rappresenta un
prototipo di donna consapevole del suo corpo e del
suo potere. Bellissima e distante, altera anche nella
mischia, Moana aveva nelle sue rotondità lo
strumento del suo successo. Una filosofia la sua,
pubblicata al tempo e riproposta oggi in un libro di
Marco Giusti, che l'ha vista uscire dai
videoregistratori per rientrare nelle case
dall'antenna, direttamente in tv. Una cosa a cui oggi
Selen e Eva Henger ci hanno abituato ma che allora
faceva scandalo e che ha fatto diventare il suo
personaggio sinonimo di provocazione culminata
dalla sua discesa in politica con il partito dell'amore
insieme alla collega Cicciolina. Una parabola
ascendente incredibile la sua, segno di
determinazione e intelligenza. Un personaggio
quello di Moana che è mito e icona pop allo stesso
tempo, un po' come Marilyn (indimenticabili i
montaggi sperimentali delle sue pellicole, gli effetti
rallenty, quelli flu, la frammentazione dello schermo
in riquadri che proprio a Warhol fanno pensare). E
dopo tutte queste parole vi chiederete, forse,
perché dedicare una copertina e un numero di
Coolclub.it a Moana Pozzi? Perché abbiamo
pensato che Moana potesse in un certo senso
essere lo spunto per riflettere su un decennio, la sua
politica, il suo costume, sul ricordo che abbiamo di
quegli anni in cui i videogiochi giravano su un
mangianastri, Madonna cantava Like a Virgin, il
nichilismo del punk si scontrava con il vitalismo
adolescenziale dei Duran Duran. Gli anni della new
wave, dei Talkin Heads, dei Cure, della nascita di
Mtv e della morte di John Lennon e Bob Marley, un
decennio che oggi più che mai torna alla ribalta
nella moda come nella musica, gli anni della mia
infanzia, quelli in cui la mamma mi raccontava delle
api e Moana mi sussurrava ti voglio.
Osvaldo
GR
AT
UI
TO
Gli anni passano e i canali aumentano
I miei anni '80 si aprono almeno nel 1982 con la vittoria ai
mondiali. Non ho molti ricordi nitidi prima di quello e neanche
quello è molto nitido. Ma mi ricordo l'esultanza di Marco Tardelli
che dopo il 2 a 0 in finale alla Germania impazzì di gioia… sorrido
perché, devo ammetterlo, quando ho saputo che un paio di
anni dopo il centrocampista della juve (e poi dell'inter) aveva
avuto una “relazione” con Moana Pozzi ho pensato alla sua
esultanza post orgasmo. Vabbhe… ma gli anni '80, secondo me
(parlo della mia povera Italia), sono l'inizio di qualcosa, l'avvio di
un cambiamento. E se gli anni '50 furono di ricostruzione dopo la
guerra, gli anni '60 di boom economico e di nuove generazioni
musicali e sociali, gli anni '70 quelli della politica troppo spinta e
della contestazione feroce e con ferocia, gli anni '80
rappresentano da una parte una catastrofe e dall'altra la più
grande innovazione degli ultimi 50 anni. Nei primi anni '80 nasce
la televisione commerciale (quella nazionale) che impone
nuovi “modelli culturali”, se così li possiamo chiamare. Telequiz a
gogò, telepromozioni, drive in, tette abbondanti, veline, culetti
perfetti, cantanti di plastica, macchine sportive, Rocky III e IV, la
fine della guerra fredda, la caduta del comunismo sovietico, la
morte di Enzo Ferrari, Craxi al governo, Cicciolina in parlamento,
i paninari, i giumbotti, i cartoni animati giapponesi, i giochi
elettronici e i primi computer, la pornografia di massa, la droga,
l'Aids, la caduta del muro di Berlino, Nuovo Cinema Paradiso,
Mediterraneo, i film di serie B con Lino Banfi e Diego
Abatantuono, i film polizieschi, i telefilm, le soap opera, la
musica con suoni di plastica, i Ricchi e Poveri, Luis Miguel, Arbore
secondo a Sanremo, Eros Ramazzotti primo. Tutto parte da lì,
tutto parte da quella società che portò una pornodiva in
parlamento, la televisione a determinare le scelte delle persone
(l'ha detto la tv), le ragazze a sperare di arrivare un giorno lì nella
scatoletta. Eppure a quei tempi c'era ancora un po' di
indignazione e capitava che trasmissioni televisive non
partissero perché la nudità era troppo oscena. Matrioska non
andò su Italia Uno perché Moana avrebbe dovuto apparire
nuda. E la cosa fa un po' ridere considerando quello che si vede
oggi. Ma d'altronde in parlamento per molti anni le stenografe
non potevano mettere agli atti “si alza il membro del
parlamento” o frasi del genere. I tempi cambiano e le televisioni
crescono. Le pornodive (alla Moana, alla Cicciolina) non
esistono più sopraffatte dalle starlette che non recitano in film
porno ma sono molto più ammiccanti in ogni momento e
parlano liberamente delle proprie avventure con politici,
giornalisti, emirati e soprattutto calciatori. I calendari non sono
volgari ma nudi “d'autore”, le riprese non sono hard ma sensuali.
Insomma questione di parole e di nuovi costumi. E se un tempo
faceva scandalo che Bettino Craxi andava con Moana, adesso
in Italia neanche il sexgate di Clinton scuote gli animi. Anzi se
qualcuno sapesse che Ciampi o Prodi hanno un'amante tutti
farebbero i complimenti. E poi ormai non c'è più niente da
nascondere e se qualcosa si deve nascondere c'è sempre la
bandana che copre anche gli innesti più arditi. Cosa resterà di
questi anni '80 cantava Raf, forse solo la consapevolezza di una
occasione mancata o della storia cambiata.
Pierpaolo
Nessuno (mi) tocchi Moana!
Non ho mai pensato ad un viaggio verso oriente, di quelli
“mitici”, di quelli risolutori di problemi o paranoie esistenziali. Ma
una volta un viaggio in India l'ho immaginato, ci ho pensato
esattamente dieci anni fa. Mi ci sono “avventurato” quando
sono venuto a sapere della leggenda sulla morte di Moana
Pozzi e di come - si narrava dopo la sua scomparsa - fosse
misteriosamente falsa. L'attrice, secondo qualche “credenza
popolare”, avrebbe inscenato tutto e lasciato tutti, per andare
a rifugiarsi definitivamente in India.
Non c'era niente di vero nella vicenda, probabilmente, ma il
fatto che la protagonista coinvolta in una leggenda propria
invece di grandi miti letterari, personaggi storici ed eterni divi di
altre epoche, fosse in questo caso “solo” una pornostar... beh,
questo aveva sì qualcosa di strano, tanto da farmi perfino
fantasticare su un salutare viaggio in India.
Non ho mai visto un film porno interpretato da Moana Pozzi, in
generale a parte la maschia, normale e più o meno
adolescenziale curiosità, tranne qualche fugace approccio
con la trama di qualche film, devo ammettere di non essere mai
stato particolarmente interessato al genere. Men che mai, devo
ammettere, a quelli interpretati da lei. Non so perché e non ho
mai cercato di capirlo, probabilmente era (forse è) per una
sorta di gelosia, ero (e forse sono ancora) così annientato dalle
sue immagini “decontestualizzate” su giornali, dalle sue
ammalianti apparizioni televisive che... probabilmente mi
bastava, mi soddisfaceva.
Ho sempre pensato che c'era qualcosa di strano e misterioso nel
trovare qualcosa di etereo ed essere ammaliato da un'attrice
porno; questione di punti di vista forse, ma... per me era davvero
strano. Non era normale che, per esempio, una approssimativa
e volgare passata di maquillage sul suo volto e sul suo sorriso, o
un vestito da niente, diventassero tocchi di classe addosso alla
più famosa protagonista di tanti “pornazzi”.
Ma la cosa ancora più strana è che la stessa sensazione la
provavano amici, beati loro un po' meno “romantici” e che,
naturalmente, si erano imbattuti nel suo fascino con approccio
decisamente più... materiale.
Continuando con le stranezze poi, se il ricordo dell'epoca non
m'inganna, non credo che Moana suscitasse alcuna
particolare antipatia nelle donne, o ragazze. A parte qualche
associativa, ecclesiale e federale presa di posizione contro ogni
sua - pur castigatissima apparizione in tv - ritenuta comunque
foriera di sconvolgimento del menage televisivo-familiare.
Una creatura che incarni, e susciti, tutte queste stranezze non è
certo normale, soprattutto poi se è solo una pornostar: per tipo
di attività, convenzioni, morale comune, comune senso del
pudore e quant'altro, mantenere classe, fascino e mistero risulta
davvero difficile, è questione di doti magiche (e fisiche)
davvero particolari.
E... infatti adesso, dopo dieci anni, c'è chi la elogia per “il suo
coraggio e la sua spregiudicatezza morale ed intellettuale”, chi
ne vorrebbe fare quasi “il simbolo di un nuovo modello di
femminismo”, e c'è ancora chi continua a scriverle lettere
d'amore, romanticissime o amorevolmente “porche”.
Per quanto mi riguarda, ancora troppo avvezzo ai sentimenti...
non mi resta che aspettare di dimenticarla, per riuscire
finalmente a vedere, senza alcun coinvolgimento emozionale,
uno dei suoi film.
O magari rispolverare la vecchia idea di uno pseudosiddhartiano peregrinare tra profumi, sapori, e soprattutto tra le
calde valli dell'India.
dario quarta
Contro Moana
Di Moana Pozzi stupiva il dualismo. Nella voce l'infantile incanto della
prima visita allo zoo, ma non di elefanti e scimmie discettava Moana.
Fiabe della fellatio, c'era una volta del 69, erano le sue. Così ecco la
dicotomia: la pura angelicale Moana Pozzi prestata al porno e
viceversa. I moralisti la compatiscono. Il porno di Moana, riflettono, è di
specie divina, ché ogni fornicazione la mantiene casta e, quindi, ne fa
una martire. Gli altri, in un'epoca a corto di poesie e fantasie, ne fanno
invece un più eccitante simbolo di perversione alimentato da una
considerazione: Moana Pozzi non è nemmeno brava, come performer.
È un dèmone, quindi, che la determina e ne induce mosse e posizioni,
concludono entrambe le Scuole.
Moana non è rivoluzionaria né eversiva. Moana piace all'uomo piccolo
borghese, che legge con senso di riscatto i voti (spesso poco
incoraggianti) alle performances sessuali di Enrico Montesano, Beppe
Grillo, Falcao, Craxi, De Crescenzo, Arbore, Andrea Roncato, Renato
Pozzetto, Massimo Ciavarro, Marco Tardelli e Massimo Troisi. Il suo porno
è diverso: goffo, distratto («Quello che avveniva dentro la sua vagina
sembrava non riguardarla» dirà un collega, Bob Malone). E la dilettante
si afferma così: pessima attrice (diretta anche da un Fellini amante
della Moana callipigia), pessima presentatrice, non brava come
pornostar, divinamente cretina quando parla. Si cercherebbe invano,
tra le frasi che ha insistito per tramandarci, una degna di passare alla
storia. Una sempliciotta, più che una ragazza semplice, con quel sorriso
spento e l'occhio fisso dell'assenza. Trionfo della mediocrità, guru della
banalità - dell'incontestabile ovvietà di frasi che non inducono riflessioni
ma tenerezza - nel '92 tenta di rifilare una stoccata ferale alla già
provata politica fondando il Partito dell'amore. È troppo anche per gli
stomaci più postmoderni: prende solo 9mila voti, non ci ripenserà. Poi le
comparsate da Costanzo, perché non c'è mai fine all'integrazione, a
quel processo di assimilazione che ti rende innocua. Poi la morte, che
ha avviato la causa di beatificazione. Scrivono che sia stata
“riabilitata”. Ma chi aveva pronunciato la condanna?
Antonio
/SEXUALLY INCORRECT? /
L'importanza di chiamarsi Moana
A parlare di pornografia s'incappa, per forza di cose, in un grande
distinguo. Se a farlo poi è una donna, questo distinguo diventa più che
mai doveroso, per non rischiare di bruciare anni di femminismo in un vhs
a pochi euro.
Si tratta di quell'enorme distinzione che classifica l'erotismo come
“positivo” e la pornografia come “negativa”, erotismo-buono,
pornografia- cattiva, o ancora e meglio: pornografia-sessista, erotismonon sessista.
Il più delle volte, più che di un distinguo si tratta di un enorme equivoco;
come se un pittore volesse dipingere lo stesso nudo da prospettive
diverse.
La pornografia è condannabile perché è una grande offesa fatta alle
donne, perché la usa e ne abusa alla stregua di un oggetto, perché è
degradante, perché è promiscua, perché è una squallida
rappresentazione dell'eros, perché ne è la mercificazione. L'erotismo,
per contro, è espressione della sensualità femminile a tutto tondo, la
esalta, la gratifica.
Ciò che è sessista è forse l'aver costruito con le nostre stesse mani
queste barriere, i limiti che per anni ci siamo date per sentirci
sessualmente sane. Un sessismo autoreferenziale.
Parlare di quello che è sessualmente corretto, e quello che non lo è, è
un ossimoro; non se ne verrebbe a capo, si rischierebbe di condannare
arbitrariamente alcuni comportamenti ed assolverne altri in modo non
oggettivo.
E poi c'è un dato di fatto che smonterebbe qualsiasi tesi: le donne,
secondo recenti indagini, sono accanite consumatrici di pornografia:
guardano dvd e vhs, leggono libri sono abituè dei sexy shop, utilizzatrici
di gingilli e oggettistica fetish.
La pornografia cambia faccia, il femminismo, grazie al cielo, con lei.
Una rivoluzione lenta, che ha visto in Moana Pozzi una pioniera.
Chiamarsi Moana negli anni 80 ha significato molto di più di una fellatio
a tutto schermo, è stato un pugno nello stomaco a qualsiasi
avanguardia femminista provasse a condannare il porno. Moana
diventa così un'icona della rivoluzione “femminista antifemminista”;
nasce da una famiglia benestante, è colta, parla di politica e di
letteratura, ama Warhol. E' una donna che ha scelto il porno come
campo d'azione per esercitare il suo potere sugli uomini, fingendosi
una missionaria del piacere.
È con lei che il femminismo si confronta con la pornografia,
riconoscendole, paradossalmente, una valenza liberatoria. Non libertà
dall'uomo ma la libertà con l'uomo, perché, forse, la pessima
considerazione di cui gode la pornografia non è dovuta al sessismo ma
allo stato di legittimità precaria della stessa sessualità.
E sì: è una mercificazione di un aspetto della natura umana, ma a
pensarci bene non è quello che, nolenti o volenti, il mercato fa di tutti i
nostri bisogni e passioni?
Antonietta
Con Moana, la mia prima volta... in TV!
Fine 1993, cento studenti di un'università del centro Italia sono ospiti a
Roma negli studi Rai. Gli universitari, oltre a far da pubblico, hanno
due compiti da osservare nel registrare un paio di puntate di un
programma televisivo: far da giuria per eleggere il personaggio
dell'anno e, quali giornalisti in erba, rivolgere domande a vari ospiti in
studio.
Tra i diversi volti celebri in scaletta c'è lei, la mitica Moana Pozzi,
“sogno delle notti insonni” di quei giovani poco più che ventenni,
arrivati lì con tanto di bava alla bocca al sol pensiero di vedere in
carne ed ossa una delle loro eroine adolescenziali.
E miss Moana, come buon'attesa impone, è a disposizione dei suoi
reporter-supporter nel secondo dei due giorni di registrazione. Nel
frattempo, nella precedente puntata, gli studenti collezionano una
serie di figure più «falliche» dei cult-movie della Pozzi: uno, parlando
dei libanesi, indica nella Libia e non nel Libano la nazione di
riferimento; un altro, su una scheda-voto, scrive apprezzamenti
sconci ad una valletta. Il giorno dopo è d'obbligo non dire o fare
idiozie. Perciò una ragazza, ad uno dei tanti personaggi tivù presenti,
ha la felice idea di domandare: «Come fa a non ammaliare le ospiti
dei suoi programmi con quegli occhioni azzurri?». Ecco, almeno ora
non si può far di peggio.
Ad un certo punto però entra lei: alta, bionda, e soprattutto in
«carne ed ossa». Piovono domande a raffica e il quadro si...
vivacizza. È in quel momento che uno degli studenti più sfigati,
l'unico ad uscire la sera prima con l'oca ammaliata dagli occhi
dell'ospite precedente, cerca di andare incontro alle attese
espresse dal preside della sua facoltà e dallo stesso conduttore:
rivolgere «battute» più piccanti.
Il ragazzo pensa alla domanda preparata già da quattro giorni.
Pertanto, il semplice «che cosa ne pensi della differenza tra sesso e
amore?» diventa: «Se la senti, come la senti e quanto la senti... »;
segue una pausa di “riflessione” - dovuta all'emozione della sua
«prima volta», televisiva e con Moana Pozzi - poi parte la fine della
domanda: «...la differenza tra sesso e amore», che smorza
l'introduzione decisamente sproloquiale.
E dopo il respiro di sollievo tirato da quanti pensavano già alla
ciliegina su una torta fatta di figuracce, Moana Pozzi risponde
riferendo dolcemente della sua vita privata e dell'amore per il
proprio uomo, lasciando comunque trasparire anche un ovvio velo
di nervosismo per le fastidiose risatine in sala.
Quasi un anno dopo, l'attrice sparisce dalle scene e muore non si sa
né dove e né come. Lo studente presuntuosamente pensa che
Moana Pozzi la sua attività di porno star l'abbia abbandonata dopo
quella domanda; che si sia rifugiata in una nuova identità, per vivere
felice e contenta, col proprio uomo, il giusto connubio tra il sessoistinto e l'amore-sentimento.
Divenuto un po' più adulto, quel ragazzo vive anche col pensiero
che forse quel tipo d'amore-istinto regalato da Moana Pozzi a tanti,
è spesso così difficile da trovare.
E se Moana Pozzi fosse ancora viva, quel ragazzo oltre a chiederle
scusa per la sua impertinenza, potrebbe esortarla ad aiutare di
nuovo un po' tutti a liberare meglio il loro amore e, soprattutto, il loro
istinto.
Nick C@retta
Moana e le altre
Porno starlet italiane di ieri e di oggi
“Molti mi dicono: sei una puttana, una prostituta pubblica. Non mi
importa cosa la gente pensa di me e comunque nell'essere una
puttana non ci trovo niente di male”. È forse in
questa frase che si può riassumere la personalità e la
scelta di vita di Moana Pozzi, la diva che col suo
nome prorompente (e non solo quello!) è entrata
nell'immaginario erotico e non degli italiani tanto da
lanciare tra le luci rosse anche la sorella Baby Pozzi
(che ne voleva sfruttare il nome, anche se a quanto
pare ci fosse poca convinzione sul suo conto.
“Analità profonda” un titolo su tutti). Parimenti
un'altra icona del cinema porno si insinuò nelle menti
degli italiani guardoni, ossia l'ungherese Ilona Staller
meglio conosciuta come Cicciolina, che con
Moana divise anche il medesimo giaciglio di piacere
(chi si ricorda il mitico “Cicciolina e Moana ai
mondiali”?). Dopo l'esordio cinematografico con
Ugo Liberatore in “Incontro d'amore a Bali” (1970),
Riccardo Schicchi intravede la carica erotica della
ragazza facendola così esordire nel '73 su Radio
Luna di Napoli. Ma bastano un paio di prove
generali con “Inhibition” di Paolo Poeti (1976) al
fianco della pornostar francese Claudine Beccarie e
“Cicciolina amore mio” di Amasi Damiani (1979) (più un paio di
erotici) a renderla pronta per il grande esordio nel cinema hard
che arriva puntualmente nel 1984 con “Orgia atomica” di
Riccardo Schicchi. La popolarità di Ilona va ben oltre i confini del
porno approdando in parlamento nel 1987, grazie alla
provocazione di Marco Pannella. “Meglio una puttana al governo
che un mucchio di ladri” lo slogan; e 18.000 voti vennero da sé.
Dalla stessa scuderia di Schicchi proviene anche
Barbarella (Virna Bonino) che non raggiunse mai la
popolarità delle sue colleghe. Dopo aver lasciato il
mondo del porno in seguito alla morte dell'amica
Moana si fa ricordare per delle fugaci apparizioni
televisive, alcune anche su Mamma Rai. Ajita Wilson
può invece essere considerata una sorta di Amanda
Lear del porno anni '80 per l'ambiguità di cui era
portatrice. Già interprete di alcuni erotici come “La
principessa nuda” di Canevari e i film gemelli
“Detenute violente” e “Perverse oltre le sbarre”, il suo
seno acerbo e dai capezzoli che guardavano uno a
oriente e uno a occidente non lasciava molto spazio ai
dubbi sulla sua trascorsa mascolinità. Molto spesso
però la via del porno è quasi una scelta obbligata
quando le esigenze di una vita sfortunata lo
impongono. È il caso di Lilli Carati, protagonista negli
anni '70 di svariate commedie sexy accanto a Lino Banfi e Alvaro
Vitali (“La professoressa di scienze naturali”, “La compagna di
banco”) nonché del mitico e violento road movie di Fernando Di
Leo “Avere vent'anni”, caduta nel vortice della
tossicodipendenza, che esige una costante quantità di denaro: di
lì ai facili guadagni del porno il passo è breve. Uscita dalla droga è
ora impegnata nelle comunità di recupero lontana
dal clamore del pubblico e dai ricordi. Ma analoga
sorte è toccata a Annj Goren (Anna Maria
Napolitano) (che si ricorda per la fellatio a Eva
Robin's in “Eva man”), Paola Senatore
(protagonista dell'unico hard della sua vita “Non
stop sempre buio in sala” di Arduino Sacco, ma
prima ancora frequentatrice di vari generi tra cui il
giallo “L'assassino ha riservato 9 poltrone” di
Giuseppe Bennati, l'esotico-erotico “Emanuelle in
America” di Joe D'Amato e il poliziottesco “I guappi
non si toccano” di Mario Bianchi) e Karin Schubert
(attrice nei '70 di film con Franco e Ciccio e tra gli
altri, di “ Quel gran pezzo dell'Ubalda…” e
dell'action “Una vita lunga un giorno” col mitico
Mino Reitano!) che, a differenza delle sue colleghe,
ha dovuto lottare con la tossicodipendenza del
figlio e svariati problemi familiari che sulla via del
tramonto l'hanno fatta capitolare facendole
tentare persino il suicidio. Probabilmente non droga
ma sicuramente una vita deludente (che la porta
come Karin a un suicidio tentato) e problemi di
alcol ed economici colpirono Marina Frajese (Marina Hedman),
svedese icona dell'hard italico che dopo la solita gavetta nei
generi senza ottenere lo sperato successo (diretta da Lucio Fulci ne
“La Pretora”, da Bianchi ne “La bimba di Satana” senza contare
un'apparizione ne “La città delle donne di Fellini), opta per il porno
dopo aver già scatenato le ire del marito, il giornalista Paolo
Frajese, che pensa bene di querelarla diffidandola di usare il suo
cognome. Attrice davvero versatile, in termini sessuali (uno dei suoi
cult è intitolato “Marina e la sua bestia”!), si ricorda per
aver partecipato a un numero davvero considerevole
di pellicole. Gli anni '90 sono testimoni di un ricambio
generazionale all'interno del genere; ecco quindi
l'avvicendarsi di una nuova generazione di attrici. Milly
D'Abraccio (Emilia Cucciniello) proviene dal teatro
(dove ha lavorato anche con Johnny Dorelli) e dopo
una parte da protagonista in “La Trasgressione” di
Fabrizio Rampelli (trashone che non so con quale
coraggio sia stato presentato a Venezia nell'87),
esordisce nel '92 nel porno per merito del solito
Schicchi. Non bellissima ma dal fisico senz'altro burroso
e prorompente, scontenta però il massimo esponente
dell'hard contemporaneo Rocco Siffredi, che, forse
per il fatto di averla conosciuta a fine carriera quando
la sua bellezza era sfiorita, l'ha battezzata
“ammosciacazzi”. Chiniamo il capo di fronte al
“totem” di sapere di Rocco e ricordiamo la vicenda
della barese Rossana Doll (Di Pierro) che accantonato
il sogno di diventare hostess e consumata l'esperienza
cinematografica con Brass in “Così fan tutte” debutta
proprio con Rocco. Ma Rossana viene ricordata dalle cronache
per il suo libro scandalo “Membri di partito”dove svela i vizietti poco
“onorevoli” di alcuni politici erotomani. Forte di tanto successo i
suoi show live nel barese registrano risse e disordini vari. Maurizia
Paradiso rappresenta invece un altro caso di ambiguità sessuale su
cui l'attrice milanese, verace e colorita e frequentatrice ancora
oggi dei notturni siparietti televisivi, gioca sia nel suo debutto “Il
segreto di Maurizia” sia in seguito nella vita. Jessica Rizzo (Eugenia
Valentini) rappresenta non una semplice attrice ma
l'industria del porno gestendo col marito (con cui ha da
sempre condiviso la passione per gli scambi coppie e i
festini privati fino a recitare insieme in “Giochi bestiali in
famiglia”)un canale satellitare a tema, sdoganando in
tempi non sospetti il genere al grande pubblico. Selen
(Luce Caponegro) meriterebbe un premio solo per la sua
carica erotica: non una bellezza mozzafiato, né patinata,
ma sicuramente vera e accattivante. La sua idea del
porno è quella di un film con tutte le attenzioni e le cure
che un vero film merita; per questo si affida spesso al
regista Mario Salieri che (“Concetta Licata” su tutti)
rappresenta “l'hard d'autore”. Ma la sua passione per il
sesso va aldilà della celluloide, fondando una rivista di
cultura erotica, arte e fumetti che prende appunto il suo
nome. Recentemente la ricordiamo per la
partecipazione al reality “La Fattoria” in cui col ricongiungersi alla
natura vuole forse ricordare i tempi in cui era un hippy. Nei film di
Salieri appare anche Luana Borgia (Luana Perdon) algida e
austera diva che cerca di limitare la sua presenza solo a prodotti di
una certa “qualità” (“Concetta Licata 3” di Salieri). Ultima ma non
ultima scoperta di Schicchi è la moglie Eva Henger, showgirl
instancabile. Fisico da Barbie messa a pressione, ma
dall'aria molto dolce e ragazza simpaticissima,
appare in due unici hard: “Le pornololite di Diva
Futura 4” e “Finalmente pornostar” dove è
protagonista.
Impossibile essere esaustivi in un mondo vasto come
quello del porno a meno di non avere lo spazio di un
intero libro (e avremmo dovuto parlare di Laura Levi,
Guja Lauri Filzi protagonista del trash porno fumetto
“Bath man dal pianeta eros” di Antonio D'Agostino,
Miss Pomodoro, La Venere Bianca, Sandy Samuel,
autrice del 45 giri “I like sado-music” e di tante altre
che qui non compaiono) ma è sicuramente bene
ricordare che le luci rosse, aldilà delle forme procaci
delle sue protagoniste e dei titoli coloriti che ci fanno
ridere, cela un mercato spesso cinico quando non
addirittura spietato, che dimentica con troppa
disinvoltura il rispetto per le persone davanti alla
telecamera. Ma come abbiamo detto, non poche
sono le storie sfortunate che spingono una donna a
scegliere la via dell'hard. E come diceva Joe
D'Amato, uno che di certo la sapeva lunga: “…le
attrici di adesso? Lo fanno quasi esclusivamente per soldi…anzi
senza quasi ( da Nocturno n°2 serie fanzine)”. E questo è bene
tenerlo a mente.
Gianpiero Chionna
I dischi del futuro (prossimo)
Torna settembre e sembra allontanarsi la minaccia singolone da
ombrellone, gli scaffali dei negozi si ripopolano di dischi veri e grandi e
piccoli nomi si riaffacciano offrendo ai nostri padiglioni stressati
dall'unz unz vacanziero una manciata di album nuovi.
Più rinfrescante dell'aria condizionata a palla torna l'islandese Bjork
con un disco nuovo di zecca dal titolo Medulla che ospita al suo
interno il mitico Robert Wyatt, il grande Mike Patton (Faith No More,
Fantomas e Mr.Bungle). Al disco hanno inoltre collaborato
polistrumentista giapponese Dokaka e Rahzel dei Roots. Per
continuare la carrelata in rosa segnaliamo l'uscita di Before The Poison
di Marianne Faithfull nel disco fanno capolino Damon Albarn dei Blur e
Pj Harvey, c'è anche lo zampino di Nick Cave che firma tre brani. E
anche Nick Cave torna con un nuovo album con i Bad Seeds, un
doppio, per la precisione, dal titolo Abattoir Blues / The Lyre of
Orpheus. Si tratta del primo album da quando Blixa Bargeld ha
lasciato il gruppo. Sempre in tema di mostri sacri torna Tom Waits con
Real gone e un libro Wild Years a cura di Jay S. Jacobs. C'è chi c'è
ancora e ruggisce e chi non c'è più e ci dispiace. Esce postumo From
A Basement On The Hill, il disco che Elliott Smith stava completando
prima di suicidarsi. L'album è stato completato grazie al lavoro di due
suoi collaboratori di vecchia data, Rob Schnapf e Joanna Bolme, sua
ex-fidanzata e attualmente bassista dei Jicks di Stephen Malkmus. Dai
fantasmi agli zombie (a mio modesto parere) esce il quarto album
solista Mark Knopfler, ex-chitarrista e cantante dei Dire Straits. Grande
ritorno poi per due band inossidabili. È prevista per il 22 novembre
l'uscita del nuovo album degli U2 e per fine mese quella del nuovo dei
Rem. Anno di un grande ritorno poi, quello dei Pixies che, secondo le
indiscrezioni del leader Frank Black, hanno in serbo qualcosa di nuovo
per la fine dell'anno. E se il rock wave degli anni ‘80 è stato sconvolto
dai Pixies il pop dello stesso decennio è stato travolto da un'altra band
che torna con la formazione originale e un nuovo disco: sono i
fonatissimi Duran Duran e il loro disco si intitolerà Astronaut. Per chi
ama le emozioni forti in uscita anche Greatest Hits Vol.1, compilation
di successi dei Korn, il Best Of di Marilyn Manson, il terzo album dei
Radio 4 e il terzo dei Good Charlotte e dopo quattro anni di silenzio
anche i Green Day per la felicità di tutti i punkettini. Sempre per gli
appassionati del punk esce Raw, dvd che racconta l'affascinante
avventura dei Ramones on the road. Da non perdere poi, in
occasione del 25° anniversario dell'uscita di London Calling, il celebre
disco del gruppo punk dei Clash, una ristampa di 3 dischi contente,
oltre all'album originale rimasterizzato, delle registrazioni del gruppo
risalenti a 25 anni fa e un DVD di 45 minuti contenente un
documentario basato sulle riprese delle registrazioni di London
Calling, con esibizioni della band dal vivo mai viste ed interviste.
Anche Jon Spencer e i suoi Blues Explosion con un nuovo album e un
nuovo tour presto in Italia a riscaldare questo nuovo autunno pieno di
nuova e speriamo buona musica, i giovani e bravi The Music e i grandi
Giant Sand. Ed è solo l'inizio prima della valanga di cadeaux natalizi.
Osvaldo
CoolClub
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American Music Club
Love Songs For Patriots
Cooking Vinyl
La "reunion" degli American Music Club è
frutto di un lavoro di ricucitura cominciato
tre o quattro anni fa da Mark Eitzel ed è
particolarmente significativa perché
coinvolge finalmente anche Vudi. Il
chitarrista degli AMC è stato sempre restio
a riformare la band e deve esserci voluta
molta pazienza per convincerlo. Eitzel
racconta che si è trattato di un
riaccendersi d'interesse quasi improvviso:
Danny Pearson (basso) ha telefonato a Tim
Mooney (batteria), quest'ultimo si è messo
in contatto con lui... e Vudi si è lasciato
convincere a forza di drink, mentre Bruce
Kaphan (pedal steel) ha detto di no. Al suo
posto è stato convocato Marc Capelle
(tromba, pianoforte) e il risultato gira
adesso nel nostro lettore muovendosi sulla
dialettica tra la voce e le melodie
struggenti del leader e le timbriche
taglienti di Vudi. Con tutto il rispetto per il
lavoro solista del primo, ci chiediamo
come abbiamo fatto a stare per così tanto
tempo senza questo incredibile gruppo.
Giancarlo Susanna
Phil Manzanera
6 pm
Hannibal
C'è chi sostiene che i
critici non dovrebbero
mai incontrare i
musicisti e men che
mai frequentarli. La
lunga esperienza
accumulata in anni e anni di interviste e
conferenze stampa ci permette di
dissentire. Ilcaso di Phil Manzanera è in
questo senso emblematico: un mattino di
parecchi anni fa lo abbiamo incontrato
insieme a molti altri colleghi; lo abbiamo
rivisto la sera stessa nel locale in cui stava
per suonare e ci ha salutato lui per primo.
Memoria fotografica? Forse. E soprattutto
grande cortesia. Un tratto di umanità che si
ritrova nella sua musica e in modo
particolare nell'atmosfera di questo bel
disco. Circondato da amici come Brian
Eno, Andy MacKay, Chrissie Hynde, Robert
Wyatt e DavidGilmour, Manzanera ha
realizzato uno dei dischi solisti più belli della
sua lunga carriera, una sintesi di quanto
fatto dall'epoca del suo arrivo a Londra sul
finire dei magici Sixties fino ad oggi. Con lo
sguardo sempre puntato verso il futuro e
quell'eleganza di cui dicevamo.
Giancarlo Susanna
Irio De Paula
Ivan Granata
Incauto Sperimentatore
Etnoworld
Ci si può sbizzarrire. E chiamarlo fusion o
magari easy-listeng o più semplicemente
new-age, nell'eccezione più nobile del
termine. Sta di fatto che il suono di Ivan
Granata, da qualche anno sulla scena
musicale (non solo locale) è diventato un
marchio doc e lo dimostra il suo ultimo
lavoro «Incauto Sperimentatore» edito
dalla Etnoworld. Granata è pressoché
inconfondibile. Merito del suo stile
interpretativo in brani come «La casa dei
segreti», «Orecchiette, rape e ketchup» o
«Vento d'Oriente» (da notare soprattutto i
titoli delle canzoni), in questo compact ha
voluto omaggiare anche il grande Bela
Bartok con la cover del brano «In the folk
song style». Il bisogno più urgente per
questo giovane barese da una tecnica
ben marcata era quello di legare il passato
del folk e del flamenco, al presente con la
musica chiamata new-age ma che in
realtà la sfiora in alcuni tratti.
In questo mosaico di suoni ne esce un
disco lucido ed a tratti inaspettato merito
anche della spontaneità di Granata che
porta anche ad ascoltare la fisarmonica di
Michele Sansone, il contrabbasso di
Francesco Saverio Piccarreta ed il bondir
di Aldo Grillo, altri valenti musicisti di quel
sud che riesce a sfornare ottimi spunti a
livello musicale.
«Incauto Sperimentatore» ed il primo cd
«Rivelazioni» (in questo disco sono state
inserire alcune delle canzoni che qualche
anno fa lo stesso Granata aveva raccolto
e autoprodotto ma che avevano una
distribuzione prettamente localistica) è un
compact che vive di melodie, di suoni
curati con maniacale attenzione, di
consapevolezza che si trasforma in
energia. L'ambizione è forse quella di
arrivare allo zenith della musica
d'avanguardia ma con il gusto e la
praticità tipicamente Mediterranea con
un trasformismo ed una profondità
sconosciuta a tanti altri musicisti del Sud.
Dimostrando che la musica d'atmosfera
ha ancora lo slancio giusto per colpire
duro e le ballate «Tarantella»,
«Altamurgia», «Sulle mie corde» e «Bassa
Marea» aggiungono seduzioni a questo
doppio cd che regala ai suoi ascoltatori la
leggerezza tanto sospirata.
Michele Traversa
Un amante dei paradossi come me non
può non approfittare della fruizione di un
pessimo concerto per elogiare l'artista che
lo ha tenuto: quest'estate il leggendario
chitarrista brasiliano Irio De Paula ha fatto
capolino nel Salento per una criticabile
esecuzione, caratterizzata da scarsissime
pulizia e precisione, da un quantitativo di
pathos inferiore a una qualsiasi puntata di
Centovetrine e soprattutto da una banale
scelta di brani abusatissimi della tradizione
carioca - tutti quei brani, per intenderci,
che potreste ascoltare accendendo la
televisione la sera della vigilia di
capodanno; è come se un italiano
andasse a suonare all'estero eseguendo
“O sole mio”, “Nel blu dipinto di blu” o
peggio ancora “Santu Paulu meu te li
scursuni pacci” (cosa che peraltro
avviene, anche se in queste ipotesi a mio
avviso non si tratta più di musica ma di
business folkloristico).
Nel caso di Irio De Paula la causa del
peccato è probabilmente l'età avanzata
(già negli anni Sessanta era un punto di
riferimento in Brasile per chiunque si
cimentasse con la chitarra) o forse una
pantagruelica abbuffata di pasticciotti,
che gli ha impedito di sfoggiare come ha
sempre fatto la sua maestria sullo
strumento, grazie alla quale ha potuto
collaborare con un'infinità di artisti non solo
del suo paese (tra i quali Astrud Gilberto,
Baden Powell, Tal Farlow, Barnie Kessel), e
non gli ha consentito di deliziare il pubblico
con la sua raffinata ed originale ricerca
armonica, né con la sua sapiente miscela
di momenti lenti e meravigliosamente
malinconici con parentesi di scatenata
gioia di vivere, né con la sua perizia ritmica
talmente radicata da permettergli con un
unico strumento, in perfetta solitudine, di
sublimare la ricchezza ritmica di un'intera
sezione di percussionisti carioca.
Il mio sincero auspicio, a questo punto, è
che la digestione dei pasticciotti si sia già
completata o che comunque non si
protragga oltremodo, così che si possa di
nuovo apprezzare al meglio questo
superbo musicista.
Marcello Zappatore
Wilco
A ghost is born
Nonesuch Records - 2004
Muovendosi nell'ombra, solcando mari
tranquilli e in ogni caso sempre sotto la cresta
dell'onda, i Wilco di Jeff Tweedy sfornano
dischi da ormai molti anni esplorando con
buoni risultati le diverse sfaccettature del rock
e del pop. L'approdo alle luci della ribalta,
giunto tardivo con il bellissimo “Yankee Hotel
Foxtrot”, necessitava di una consacrazione.
Tweedy non si fa attendere e puntualmente
sfodera un disco di rara fattura.”A Ghost Is
Born” è una fucina di idee, un ricettacolo di
suoni. La composizione è ampia, ricca di
soluzioni innovative. La struttura dei brani,
inizialmente semplice e lineare, è arricchita
dall'improvviso inserimento di nuovi strumenti,
che tracciano percorsi alternativi e divergenti
e spiazzano l'ascoltatore, trascinandolo su
sentieri nuovi e sconosciuti. Una viola
impazzita costringe la base ritmica ad
accelerare, ad incalzare per starle dietro; un
delirio di sintetizzatori si impadronisce della
scena per oltre dieci minuti. Ancora, una
distorsione irrompe inaspettata violentando
la più tenera ballata, mentre il piano e le
chitarre si dividono tra arpeggi, controtempi
jazz, riff e divagazioni quasi psichedeliche. La
produzione è affidata alle mani sapienti di Jim
O'Rourke (anche musicista in gran parte dei
brani), che riesce ad amalgamare il tutto con
notevole maestria scongiurando il rischio fin
troppo evidente di un “polpettone barocco”.
L'assemblaggio risulta invece praticamente
perfetto, niente appare fuori posto e tutte le
incredibili sfumature di questo disco si rivelano
gradualmente all'ascolto svelando sempre
nuovi suggestivi orizzonti sonori. Un quadro
poliedrico da cui emergono gemme pop
come “Muzzle of Blues” ripetitività alienante
come “Spiders” e strutture complesse e
stratificate “Company in my back”, per
tacere delle splendide “Humming” e
“Handshake drugs” di stampo quasi
beatlesiano. Tweedy sa come ammaliare e
stupire, cura ogni dettaglio a cominciare dal
titolo, intrigante e onirico, cui associa
un'immagine di copertina spettrale e
indefinita nei contorni. Un disco ispirato, mai
banale, senza dubbio una delle migliori
proposte dell'anno.
Giacomo Rosato
Phantom Planet
Phantom Planet
Epic/Daylight - 2004
Ovo
Cicatrici
Bar La Muerte/Ebria - 2004
Il rock è musica sempre attuale, capace di
rinnovarsi e plasmarsi con i tempi. Il letargo in
cui sembrava essere caduto è stato ancora di
breve durata, ed è finito quando, circa due
mesi or sono, un fiume di nuove leve ha
ricominciato ad invadere gli scaffali dei
negozi di dischi. Protagonisti assoluti di questo
nuovo movimento sono quelle band che
ispirandosi chi al rock newyorkese del cbgb,
chi al postpunk britannico, chi ancora all'hard
di stampo Ac/Dc e strizzando l'occhio
all'aspetto commerciale, hanno saputo
proporsi come nuovi fenomeni musicali in
ambito mondiale. Il riferimento è ovviamente
a gruppi come Strokes, Interpol e in misura
minore, Jet e Hives. Intorno ad essi si è andato
formando tutto un fermento di nuove
proposte tra cui i Phantom Planet spiccano
forse non per fama ma sicuramente per
qualità. Dopo “The Guest”, deludente
debutto caratterizzato da composizioni poprock scialbe e prive di energia, i P.P. se ne
vengono fuori con un disco sanguigno e
adrenalinico, un taglio netto, una svolta tanto
sorprendente quanto positiva. Al primo
impatto l'impressione è di un rumore
eccessivo, di un uso esasperato di distorsioni
tese a mascherare una certa povertà di idee.
Un ascolto più approfondito però rivela una
carica fuori dal comune e un'inaspettata
propensione alla melodia oltre a sottolineare
gli enormi progressi vocali del cantante.
Episodi quali “The happy ending” e “1st things
1st” mettono in luce arrangiamenti più
corposi e violenti rispetto agli esordi. Il fiore
all'occhiello del disco è “You're not welcome
here”, in cui un cantato sporco ma melodico
fa da contrasto all'imponente muro elettrico
costruito dalle chitarre.
Giacomo Rosato
Una spruzzata di follia, a tratti esasperante, a
tratti giocosamente rigenerativa. Questo è
Cicatrici, primo CD in studio per gli OVO,
dopo numerosi lavori costruiti “su
canovaccio”.
Il loro suono è onnivoro; crea e ricrea ritmi,
note e voci, li smaterializza, li rielabora in
psichedelica degenarazione. E' rock, noise,
melodia, schizofrenia, deviazione e
resurrezione; il tutto riprodotto dalla voce,
violino, chitarre, giochi e, talvolta, dai capelli
di Stefania Perdetti e dal timpano, rullante,
chitarra, basso, pedali e piatti di Bruno
Dorella.
Risultato: 9 tracce per poco più di 35 minuti di
musica. Molto belle: “Candida” che, con la
collaborazione di Bill Horist e Fabrizio
Modenese Palumbo, ricrea atmosfere care ai
primi Motorpsycho (Trust Us Ozone) e di alcuni
lavori dei Mogwai; “Signora Bella con Cane
Gentile”, una brevissima gemma con cui si
conclude l'album ed ispirata dalla definizione
data dalla piccola Zaira, figlia di Francois
Cambuzat e Chiara Locardi alla Pedretti;
“Spezzata” e “L'anno del cane”, due
piacevolissime chicche, una post-rock, l'altra
più tribale, di liberazione vocale.
Meravigliosamente folle e delirante “La
(punkettona, ndr) saponatrice di Ferrara”,
mentre infatuano il tenebroso e funereo
intercalare di “Ombra nell'ombra” ed il
nosense ritmato, tra capelli e pedali di
“Efesto”. Sarà il caldo di questi giorni, ma “La
Peste” risulta eccessivamente esasperata,
così come “Phiphenomena”, che con i suoi 8
minuti e 27 secondi rischia spesso di
appesantirsi inutilmente.
Un lavoro interessante, forse non innovativo,
ma che, proseguendo sul filone di varie
correnti sonore del calderone del “postrock”, riesce comunque a dare una propria
impronta. Info su (www.barlamuerte.com)
Davide Castrignanò
K.D. Lang
Hymns Of The 49th Parallel
Nonesuch
Qual è l'immagine più forte che ci fa venire in mente
ilCanada? La foglia d'acero? La neve? Le foreste sterminate?
La musica?C'è qualcosa che può legare artisti in apparenza
diversi oltre alla semplice appartenenza anagrafica a questo
immenso paese? La risposta prova a darcela con un disco una
grande voce canadese, k.d. lang. Sono "inni del 49° parallelo"
quelli che questa straordinaria cantante - ci ha sempre colpito
la naturalezza con cui affronta le imprese vocali più ardite - ci
propone. Sullo sfondo c'è per l'appunto il Canada, scenario
che grazie alle sue interpretazioni appare ideale per la poesia
e le canzoni. Scivolano una dietro l'altra Helpless e After The
Gold Rush di Neil Young, A Case Of You e Jericho di Joni
Mitchell, Bird On A Wire e Hallelujah di Leonard Cohen,
TheValley e Love Is Everything di Jane Siberry, One Day I Walk
di BruceCockburn e Fallen di Ron Sexsmith. Gli arrangiamenti
d'archi sono curati daun sorprendente Eumir Deodato.
Giancarlo Susanna
Pan Sonic
Kesto (234.48:4)
Blast First/Mute
L'immensità catturata in un album quadruplo della durata
complessiva di 234 minuti e rotti, racchiuso in un sobrio cofanetto
illustrato dalle fotografie dell'artista Anne Hämäläinen: ecco
come si presenta il ritorno discografico dei finlandesi Pan Sonic
dopo un silenzio che durava da Aaltopiiri (2001), lavoro cui
avevano fatto seguito collaborazioni con Chicks On Speed a
Londra e Peaches al Barcelona's Sonar, con Erkki Kurenniemi
all'Helsinki's Avanto Festival, fino all'incontro con Masami Akita,
meglio conosciuto come Merzbow, alle esibizioni del duo a
Mosca, in Messico, alla Biennale di Berlino e ai diversi progetti
collaterali.
Ispirati dalla pittura di Francis Bacon, Mika Vainio e Ilpo Väisänen,
insieme dal 1993 (prima come Panasonic, poi sotto la sigla
attuale) ci consegnano adesso un'opera macroscopica e per
niente immediata che richiede all'ascoltatore un'attenzione
totale, una full immersion in uno sfaccettato spazio sonoro che è
un po' anche la summa delle esperienze realizzate finora.
Elettronica di ricerca in 33 tappe a tratti claustrofobiche che, per
impatto e risonanza, acuiscono e riplasmano il concetto di
sensibilità vanificando fin dall'inizio qualsiasi tipo di classificazione.
Pratiche di oggettivazione che coinvolgono l'udito e i suoi rituali in
un trapasso dalla contemplazione all'acquisto di una seduzione
impossibile (Säteily/Radiation, ultima traccia di 61' e 16”).
Glaciale, arduo, levigato: aggettivi utili, indubbiamente. E
potremmo anche parlare di coincidenza del flusso sonoro con il
continuum del tempo fisico di ascolto, di una colonna sonora per
quell'asse dell'universo che Platone chiamava «diamante
luminoso». Organico e sintetico insieme nel suo dispiegare
minimal techno, drones, sequenze industrial ai fini di una
discrittura dei canoni indotti dalla semiologia della musica
elettronica. Autoreferenziale? Può darsi. Lo sguardo è tuttavia
rivolto al futuro, a nuove possibili alterazioni da (ri)lanciare, una
volta vuotato l'orizzonte da ciò che si inserisce nel campo del
'catalogo ragionato', del limite ordinario, di una morfologia senza
scosse. Il beat svanisce, spalancando le porte ad una vastità
notturna, forse una sinistra deviazione dell'autostrada kraft. Ogni
disco ha il suo umore, il suo respiro: anelli di una catena spiazzante
quanto quella fabbricata da Aphex Twin in Drukqs (2001) o, più
indietro nel tempo, dalle prime uscite degli Scorn. Brani come
Onkalo/Cavity o Painovoima/Gravity, sul primo dei quattro cd,
sono i preliminari al lavoro di sottrazione che si ascolta in
Etäisyys/Distance, Altisus/Exposure e negli otto segmenti del cd 3,
vere e proprie piste vergini, mappe per direzioni mentali da
intraprendere. Dai nervi scoperti dell'iniziale Rähinä I/Mayhem I
(un accumulo di distorsioni che sembrano arrivare dalla sala
motori di un'astronave aliena), alle 'directions' che Mika Vainio
annuncia per il successore di Kesto attualmente in cantiere, senza
dimenticare ovviamente che “There is no theory for Pan Sonic.
We have no plan. We just make the music.”
Registrato in presa diretta su nastro DAT, senza sovraincisioni,
Kesto è apertamente dedicato (con una traccia-omaggio a
testa) alla musica dei Throbbing Gristle, poi di Bruce Gilbert, Keiji
Haino, dei Suicide, di Alvin Lucier e Charlemagne Palestine, tutte
influenze che Vainio e Väisänen rivendicano come elementi
fondamentali alla loro evoluzione stilistica e concettuale. La forza
sprigionata dal monolite dei Pan Sonic conquista in ragione di un
mistero rivelato solo in parte, rendendo necessario l'ascolto
ripetuto/prolungato dell'album, magari a piccole dosi.
Nino G. D'Attis
Nicola Conte
Other Direction
Blue Note Emi Music Italia 2004
Il tanto atteso nuovo lavoro di Nicola Conte “Other Direction”.
Una tappa importante per il produttore dj barese che con
questa nuova produzione si affaccia sul mercato mondiale.
L'album anticipato dal singolo "Kind Of Sunshine" un mix di
bossanova, jazz e ritmi elettronici. Pubblicato lo scorso 09 luglio
verrà distribuito in Germania, Francia, Belgio, Olanda, Belgio,
Svizzera, Paesi Scandinavi, Giappone, Brasile, Argentina, Paesi
dell'Est, Messico, Inghilterra. Nicola Conte lavorava da tempo su
questo progetto che arricchisce la sua carriera di produttore e
dj della scena nu jazz. Il sound è quello tipico delle atmosfere di
fine anni cinquanta ed inizio sessanta Nicola riprende quelle
atmosfere e le riscrive con una ventata di freschezza, con una
ritmica inconfondibile che firma sempre i suoi lavori. Un jazz
fresco che ripercorre le strade di nomi come Donald Byrd, Duke
Pearson, Lee Morgan. Other Direction è la prima pubblicazione
di Blue Note Emi Music Italia l'etichetta leader nella scena jazz.
Patrizio Longo @ EXTRANET
www.patriziolongo.com
L'agonie du quatrieme
Omonimo
Demo autoprodotto
Cose che capitano. Vai a un concerto, incontri una bimba che ti
presenta un amico, quest'amico all'apparenza un residuato post
metal ti da un disco, il suo, e ti accorgi che le apparenze ti
ingannano ogni volta che provi a fare il sostenuto e il prevenuto.
Leggo tra le note in seconda e vedo tra gli strumenti una
macchina da scrivere, nome del duo (l'agonie du quatrieme) e
copertina rosso carminio e nero fanno pensare a un che di dark.
La curiosità è tanta e bella la sorpresa una volta schiacciato il
tasto play. Se dovessi associare l'agonie du quatrieme a
qualcosa o qualcuno credo che incontrerei delle difficoltà, se
proprio invece devo definire la loro musica mi piacerebbe dire
indie da camera, un “nuovo” percorso per sviluppare e imbastire
atmosfere melodiche lontane per certi versi da compositori
“classici” ma vicini nella più generale idea di mood, alla musica
rock. Qualcosa sembra ispirarsi al post noise, a quella strada di
armonia obbliqua intrapresa da molti gruppi americani dopo
anni di sfuriate e feedback, altre cose ricordano vegamente la
semplicità di gruppi come Penguin Cafè Orchestra, altre ancora
un disco indie a cui in fase di mixaggio hanno tolto batteria e
voce. Bella prova in ogni caso, strada coraggiosa sicuramente
quella intrapresa ma piena tra le altre cose di tanto sentimento.
Osvaldo
www.patriziolongo.com
AA.VV.
Pepita vol. one
Casaluna 2004
Atmosfere ben delineate per la nuova raccolta Pepita
volume one compilata da Ivan Lusco. Una selezione fra
le etichette Compost Records, Grand Central, Stereo
Deluxe, Wall of Sound e il lounge-downtempo è di
scena. Fra i nomi che risaltano nelle quattordici tracce:
Joseph Malik, l'autore al momento più in vista della
scena nu soul, Pilot Jazou con Your Crime remix di
Nicola Conte personaggio indiscusso della scena acidjazz italiana; Riton, Bazille Noir bossa nova di qualità,
Röyksopp brano non recentissimo ma degno di nota,
Alberto Dati e Malinda Smith in una produzione Minus
Habens. Molti ricorderanno della stessa etichetta nata
nel 1987 le registrazioni su demo tapes. Un lavoro
interessante che fonde stili e culture differenti fra loro. La
distribuzione è affidata agli amici di Family Affair sempre
molto attenti ai cambiamenti della scena musicale.
Patrizio Longo
Incognito
Adventures in black Sunshine
Emi 2004
Il nuovo attesissimo album di Incognito, Adventures
in black Sunshine in distribuzione dal 26 luglio 2004. Il
ritorno di una band che ha rappresentato al meglio
l'acid jazz nel mondo. L'album esce in occasione
del 25° anniversario di carriera, è questo non può
altro che confermare la qualità del lavoro. Fra i
nomi dei musicisti in questo
nuovo cd troviamo oltre
Bluey fondatore e leader
della band, Paul Weller alla
chitarra ed il brasiliano Ed
Motta come vocalist oltre al
nutrito coro che da sempre
contraddistingue il suono
della band.
Un sound elegante che
nulla ha da invidiare ai
precedenti nove lavori:
Inside Life (1991), Positivity
(1993), 100 And Rising
(1995), Remixed (1996), No
time like the future (1999)…
Il cd comprende 14 brani fra
cui il singolo Listen to the music.
Bluey fondatore e leader della band afferma:
“Faccio musica da quando avevo cinque anni. E' la
mia vita, la sola strada in cui sia assolutamente a
mio agio”.
Un sound elegante fatto di giochi e di intrecci sonori
fra trombe, congas ed il classico hammond che
non smentisce il suo fascino.
Patrizio Longo
SEGNALAZIONI
The Postman Ultrachic plays always two times.
Docktor Zoil Riviera bolgie (2004 cinedelic records). Non è
certamente l'ultimo arrivato: già bassista dei Vip 200,con alle
spalle collaborazioni da paura come il grande compositore
tedesco Peter Thomas, Maki Momiya dei Pizzicato 5 e
ultimamente anche animatore, insieme a Sam Paglia, dell'
Ultrasuoni orchestra. Dopo il successo ottenuto in Giappone,
Riviera bolgie viene stampato in Italia per conto della Cinedelic
records. Siamo di fronte ad un album eclettico, dove tutti gli
elementi che hanno caratterizzato la generazione cocktail
vengono tritati, agitati, mescolati, dandogli una freschezza
spaventosa; un miscuglio di boogaloo, electropop, devastanti
sambe urbane sino alla rivisitazione geniale, bizzarra di alcuni
classici come La banda di Mina o Besame mucho
Minivip Minivip (2004 records kicks). Sono un quartetto neomod
del novarese giunti alla prima prova discografica per conto
della Record kids, coraggiosa etichetta italiana.
Complessivamente l'album è abbastanza riuscito con buoni
passaggi di pop gradevole ed incisivo. Un album dove la
rabbia si sposa con il pop, con accenni crudi e aspri. Tra i pezzi
più riusciti sicuramente La strada della moda, un passionale
hammond groove in omaggio ai James Taylor Quartet; per il
resto il disco è consigliatissimo a tutti gli amanti di Supergrass, J.
Taylor Quartet, Brit, 60's beat etc. La cosa che trovo poco
interessante sono le due cover presenti, molto vicine alle
versioni originali, quindi scontate; avrei preferito un album di
pezzi interamente originali…sicuramente The block e Sunny
possono fare un certo effetto dal vivo, ma in studio perdono il
loro fascino
Vampi soul è un etichetta spagnola, che in poco tempo è
diventata un punto di riferimento per gli amanti del soul, del
boogaloo , del funky, del rare grooves; tutto confezionato in un
elegantissimo digipack e in vinile da 220 grammi.
Erma Franklin-Super Soul Sister (Vampi Soul - Spagna - distr.
Goodfellas). Non tutti sanno che Aretha Franklin aveva una
sorella dedita a un soul fortemente connotato da una matrice
tamla-motown. Alcuni possono ricordarsi di lei grazie a Piece of
my heart, portata al successo da Janis Joplin. Questo vinile finito
in naftalina è uscito per la Brunswick nel 1969, viene finalmente
ristampato per la prima volta anche in cd con in piu' 3 bonus
tracks rarissimi. Il disco si apre con un soulpop sdolcinato di
Jimmy Webb, By the little i get to phonix , passando per Can't
see my life che diventa una ballata che va oltre il solito soul, con
dei passaggi vocali tali da far impallidire Palmer dei Led
Zeppelin. Con Son of a preachers man, consigliata anche nella
versione di Dusty Springfield, si tocca la potenza sublime.
L'apice si raggiunge con Higher & higher, con strutture
armoniche vocali semplicemente fantastiche. Con la speranza
che questo disco riceva le giuste attenzioni e rivaluti una figura
straordinaria, offuscata per troppo tempo dall'immensita' della
sorella.
Willie Henderson & The Soul Explosion Funky Chicken (Vampi
Soul - Spagna - distr. Goodfellas)
Anche Funky chicken rappresenta una ristampa di lusso per la
Vampi. Se si ha bisogno di atmosfere rarefatte questo disco è
sconsigliatissimo: qui troviamo pulsazioni terrificanti, scintillanti
ritmi accompagnati da un indemoniato organo hammond.
L'album è pieno di funky soul rarissimi; consigliato ai dj in cerca di
sorprendenti rarita' per infiammare cuori, ma soprattutto per far
riconciliare la testa con il malleolo.
Cronache Salentine: 21-08-04
La notte della Taranta
La notte della taranta comincia. Giovanni
Lindo Ferretti è un monacello allucinato,
un'ombra invasata, da incursioni al sottile
confine tra saggezza e pazzia, che
sull'enorme palco di Melpignano si dimena
ossessivamente come se gl'avessero dato in
prestito un corpo di una misura troppo
stretta. È lì in tutte le cinque ore del concerto,
metà uomo metà lucertola («strisciano verso
il ritmo i tarantolati» cantava, in una vecchia
canzone dei Csi), mentre il più lucido
Ambrogio Sparagna dà voce al caos dei 60
orchestrali; Francesco Di Giacomo e il suo
broncio naturale, nelle retrovie, stipano una
sedia di plastica a ridosso del campo base, il
bellissimo monastero agostiniano del '600; in
una sala dello stesso monastero, Battiato
medita sull'ontologia dell'inessente e poi si
apparta coi giornalisti distribuendo risposte
che sembrano haiku; c'è anche Rocco
Buttiglione, ma siccome nessuno se ne
accorge il Commissario europeo decide di
sfruttare la propria esperienza politica per
richiamare un po' d'attenzione: prima del
concerto scivola su uno scalino e si sloga lo
slogabile, per poi sfilare a bordo
d'un'ambulanza conforme alle direttive
europee; sotto il palco il corteo dei
cinquantamila, soprattutto giovani.
Cammino tra le ronde, tra le comitive che si
passano vino e fumo, tra ragazzi che mentre
suonano auscultano i loro tamburelli. A me
ballare non riesce proprio. Una ragazza è lì
che danza, e io la osservo, la vedo guidare
la gonna come una vela. Vorrei avvicinarmi
e lo faccio, ma non ballo e così sembro solo
un guardone, e lo sono. Mi invita a ballare,
declino educatamente. «Non sono
capace», spiego. «Guarda che non è
difficile», mi incoraggia. «Lo so, ma uno per
ballare un po' ci deve credere, se non ci
credi ti vedi da fuori e nella danza non c'entri
più. Io non riesco a crederci», le confesso. «E
allora cosa ti piace, di quello che c'è qui?».
Già, cosa mi piace? A questo punto le dico:
«Mi piace guardarti ballare, i tuoi movimenti
così sensuali, così amplificati dal ritmo; mi
piace la capacità di questa musica di
spogliare, di rendere indifesi - perché questa
musica ti svela, e nel momento in cui sei
nudo sei indifeso; mi piace il viaggio di
questa musica, la sua storia, le sue distonie,
l'incanto ostinato grazie al quale io non mi
sento più mio». Lei mi osserva, stralunata. «Di
dove sei?», mi fa. «Di Roma», «Ah, e a Roma
non ci sono concerti così?», «Oh, certo,
pochi giorni fa hanno suonato Simon &
Garfunkel, poi ogni tanto all'Olimpico arriva
Venditti e piange perché gli vogliono tutti
bene... ma qui è diverso». La ragazza mi
sorride. «Perché è diverso?», «Ma non
capisci? Questo è un concerto di musica
popolare, che vuol dire che non l'ha scritta
Tizio o Caio, che vuol dire che tu non sei
l'ospite di questo concerto, ma vuol dire che
questa è musica tua, che l'hai scritta tu. E
non si sono mai viste cinquantamila persone
che ascoltano e ballano insieme la propria
musica. Perché di Simon & Garfunkel ce ne
sono due, che poi sono uno, perché
Garfunkel… vabbè». La ragazza mi sorride
ancora. «Tu sei un po' matto» mi dice,
riprendendo a ballare. Sarà, ma sono qui per
questo, penso mentre Gianna Nannini,
canta Fimmine gabbando la momentanea
zoppia con saltelli sincopati. Non per
Battiato o chi per lui. Ma per le voci dei
tamburelli, che da quando sono arrivato nel
Salento - una settimana fa - non mi hanno
mai abbandonato, ma seguito, annunciato,
preceduto, cercato. Questa è la musica
delle cose che ti porti dietro.
Antonio
Intervista a Franco Battiato
Eccolo qui, Franco Battiato. Il primo pensiero
è che il suo sarto sia andato in ferie, dal
momento che indossa una mise composta
da giacca scura su pantaloni bianchi alti in
vita e camicia rossa. Speriamo che non
abbia trovato il centro di gravità
permanente. Più probabile che il casual si
addica ai maestri, anche se il vate Battiato si
schermisce davanti alla deferenza dei tanti
ammiratori, che siano giornalisti o pubblico.
«I maestri insegnano a scuola», taglia corto,
prima di cantare davanti al pubblico della
Notte della taranta. La cattedra del timido
Franco, si sa, è il palco. L'idea è che la
musica di questa sera possa essere il terreno
ideale per lui che ha sempre celebrato i
«ritmi ossessivi».
- È così?
«Sì, amo i ritmi ossessivi. Ma quello che più mi
piace, in questa musica, è una specie di
movimento ritmico e melodico, divertente e
trascinante insieme».
- Quando l'ha incontrata, per la prima volta?
«Tanti anni fa. Se fai questo mestiere devi
mettere in conto di conoscere sia la musica
popolare che quella d'avanguardia. Così
ho conosciuto anche la pizzica».
- Trova dei legami tra la musica della sua
terra, la Sicilia, e la pizzica salentina?
«Assolutamente sì, ed è nella radice
comune. Provengono entrambi dalla
musica arabo-andalusa».
- I salentini hanno riscoperto questa musica
da pochi anni. Eppure c'è chi teme che ci sia
un forte rischio di commercializzazione del
fenomeno legato al tarantismo…
«Ma è già un fenomeno commerciale.
Stasera sono previste 50-60mila persone. Ma
in fondo questo conta poco»
- Lei è un frequentatore del Salento?
«In questi ultimi anni sta succedendo così».
- Cosa le piace di più, di questa regione?
Battiato ride: «Devo essere onesto? Il
pubblico».
- Proporrà qualche pizzica nei prossimi
album?
«Tutto può essere, ma stasera sono qui come
esecutore e mi fermo qui. Per preparare le
mie canzoni, ho dovuto fare un lavoro
d'apprendimento, perché certe cose
vanno eseguite come sono. Se poi dovessi
far qualcosa di mio è chiaro che sentirei la
necessità di cambiarlo e di adattarlo alla
mia musica».
Antonio
Intervista a Giovanni Lindo
Ferretti
Lindo Ferretti, l'anti-rockstar dei Cccp, dei Csi
e ora dei Pgr. Onnipresente, ubiquo sul
palco, eppure nessuna mania di
protagonismo, ma semplice strumento di
quello che lui chiama «il vortice».
- Il vortice?
«È una musica vorticosa, quella della pizzica,
la cui forza è nello spezzettamento del ritmo.
Che produce, appunto, un vortice. C'è
qualcosa, in questa danza, di molto
arcaico, ma che si trova anche nel
contemporaneo. Solo la musica
sperimentale o le avanguardie si
permettono di spezzettare il ritmo così. Il suo
segreto è probabilmente nella semplicità
dello strumento, il tamburello: un cerchio
rotondo di legno che racchiude i tre regni.
Forse il tamburello in origine era una magia.
E la taranta l'antica musica degli dei
pagani».
- Una scoperta avvenuta quando?
«Conoscevo già la pizzica. All'università ho
seguito solo un corso, quello di Roberto Leydi
(tra i più grandi etnomusicologi italiani, ndr).
Mi ha insegnato cose meravigliose. Mi sono
ritrovato poi a essere un cantante
d'avanguardia che sperimentava il peggio
del rock and roll per poi ritrovarmi, dieci anni
dopo, a uscire dal palco dei Csi e a
ricominciare, a riprendere possesso del
canto popolare con un'orchestra popolare.
Ambrogio Sparagna ha riaperto una finestra
che già possedevo ma, che era rimasta
chiusa».
- Di questa esperienza salentina, cosa ti ha
più colpito?
«La bellezza delle parole e della poesia del
Salento. I poeti che hanno vissuto qui dagli
anni '50 hanno lasciato delle parole di
grande fascino, e ho come la sensazione
che il Sud del sud d'Italia sia molto legato a
quelle che erano le grandi tradizioni
letterarie dell'Europa».
- Parole diffuse e conosciute anche tra i
salentini…
«Già. I poeti del Salento sono conosciutissimi
da persone che mai avrei immaginato
potessero fare poesia. E poi non è facile
trovare una terra in cui ci sono così tante
persone che suonano. Qui sono più di 200 i
gruppi che suonano musica popolare.
Incredibile».
Antonio
Christian Raimo
Dov'eri tu quando le stelle del
mattino gioivano in coro?
Minimum fax
Novità in libreria
Elio
Fiabe centimetropolitane
Bompiani - 112 p., € 12,00
Un nome che non chiede presentazione,
l'amato leader delle “Storie Tese”, ci
presenta un libro di fiabe popolate dai suoi
improbabili e realissimi personaggi.
Donald Antrim
I cento fratelli
Minimum Fax - 180 p., € 11,50
Si tratta del secondo romanzo di Donald
Antrim che stavolta guida il lettore
nell'enorme biblioteca diroccata di
un'antica villa, dove cento fratelli si
riuniscono per cenare insieme e ritrovare
l'urna delle ceneri del padre,
temporaneamente smarrita. In un
claustrofobico tour de force, esilarante e
tragico al tempo stesso, si snodano le loro
vicende dal tramonto all'alba, fra scambi
di insulti, formarsi e sciogliersi di alleanze,
incontri di football improvvisati, scricchiolii
nei lampadari, cani inferociti e un tasso
alcolico in crescita perenne, finché le
tensioni fra consanguinei non
minacceranno di sfociare nel sangue...
T. Coraghessan Boyle
Dr. Sex
Einaudi - 340 p., € 18,00
Agli inizi degli anni quaranta nel campus
dell'Università dell'Indiana, il professor
Kinsey, autore dell'omonimo rapporto sul
sesso che tanto scalpore fece all'epoca,
inizia le sue ricerche. Istituisce un “corso sul
matrimonio” che diviene presto uno dei
più frequentati della Facoltà di biologia. Le
lezioni, naturalmente, non resteranno
puramente teoriche: cadono i tabù e la
“ricerca scientifica” si trasforma in
qualcosa di molto eccitante per i membri
della cerchia intima del professore. I suoi
collaboratori e le loro mogli sperimentano
ogni sorta di relazioni proibite nell'America
dell'epoca.
Rick Moody
La più lucente corona d'angeli in
cielo
Minimum Fax 2004
C'è chi dice che il movimento degli anni '70
sia stato stroncato dall'eroina. Moltissimi
ragazzi in gamba furono portati via da
questa terribile sostanza chimica. Negli
anni '90 il cosiddetto fenomeno della
tossicodipendenza conobbe una
recrudescenza. Di nuovo tantissimi ragazzi
davvero in gamba portati via da questa
maledetta sostanza chimica. Tra essi un
mio carissimo amico.
La più lucente corona d'angeli è un libro
struggente, e ricco. Ricco di umanità,
come non se ne leggeva da tempo, ricco
di atmosfere, ricco di spunti, ricco di quella
maledetta sostanza chimica.
Tre racconti, tenuti insieme da un
medesimo filo comune: l'eroina.
Personaggi che all'eroina approdano
come un percorso naturale dovuto alla
loro stessa condizione di esseri umani
disperati.
E questi personaggi, disperati, poveri di
spirito, tanto umani da diventare disumani,
formano, come nella città vecchia che fu
di Saba e De Andrè, la più lucente corona
d'angeli nel cielo.
Ho letto il libro in meno di due ore, con una
casuale coincidenza. L'ho letto in treno,
tornando da una vacanza a Bologna, città
che è stata il cuore nero dell'eroina in Italia,
negli anni '70 e negli anni '90. Ho letto il libro
in treno e quando l'ho finito ho letto la
bellissima postfazione di Tommaso Pincio,
che inizia dicendo che ha letto il libro di
Moody in treno. Come me. E continua
dicendo di avere avuto in passato
una lunga frequentazione con la
sostanza di cui tratta il libro. Come il
mio amico.
Ed è proprio pensando al mio amico
che leggo questo libro e lo consiglio a
tutti.
dario goffredo
Abbiamo recensito La qualità dell'aria,
l'antologia da lui curata per Minimum fax,
l'abbiamo intervistato, e ora torniamo a
parlare su queste pagine di Christian
Raimo, per raccontarvi il suo ultimo libro,
uscito a ridosso dell'antologia, sempre per
Minimum fax, Dov'eri tu quando le stelle del
mattino gioivano in coro?.
Conosciamo, e apprezziamo
sinceramente, l'idea di letteratura che sta
dietro al lavoro di Christian, ne
condividiamo i punti saldi, la ricerca di una
qualità scrittoria che sia al di là delle mode
del momento, la consapevolezza del suo
sguardo di scrittore, la consapevolezza del
suo ruolo di scrittore, la consapevolezza
delle responsabilità che questo ruolo
comporta.
Come nel suo precedente Latte anche in
questo caso Raimo affronta la forma
racconto che è quella che sembra
calzargli più a pennello, per le possibilità
che una storia raccontata in uno spazio
limitato dà di affrontare la lingua in una
maniera approfondita e estremamente
controllata. Raimo è scrittore di talento e lo
dimostra in ogni sua pagina.
È una umanità variegata quella che
popola i racconti di questo libro, una
umanità che condivide (con il lettore) il
tempo in cui viviamo, sbandata e persa e
con il desiderio di avere ancora desideri
intatti.
dario goffredo
Tre uomini paradossali
Girolamo De Michele
Einaudi
Il Collettivo dei quindici, i lettori di base
facenti riferimento a Wu Ming, ha
selezionato questo libro tra tutti i
manoscritti ricevuti. Wu Ming l'ha
segnalato a stile libero, la collana di
Einaudi, che lo ha pubblicato nel 2004.
Il libro racconta la storia di quattro ragazzi
che negli anni settanta facevano parte
del movimento, sognavano, e facevano,
la rivoluzione.
Il passato ritorna con i suoi fantasmi, il suo
carico di sogni infranti, le sue illusioni, la sua
gioia delusa. Il passato ritorna perché con il
passato prima o poi è necessario fare i
conti. E non si scappa.
I quattro amici si ritrovano dopo quasi
vent'anni per ricucire fili, ricostruire storie e
portare a galla segreti, che forse
sarebbero dovuti rimanere tali.
Non è un libro sugli anni '70, ma su
quello che è successo dopo, sul
riflusso, inevitabile, che ha colpito
un'intera generazione.
Il libro racconta la storia di una
pistola, che una volta aveva sparato
per uccidere un industriale.
Racconta la storia della stessa
pistola, che negli anni novanta torna
a sparare…
dario goffredo
Blues, Jazz, Rock, Blues
Ernesto Assante, Gino Castaldo
Einaudi
La sottile linea scura
di Joe R. Lansdale
Einaudi 2004, €14
Milano non è Milano
Aldo Nove
Laterza
I nomi sono di
quelli che fanno
rumore. Gino
Castaldo ed
Ernesto Assante
insieme per
questo nuova
storia dela
musica. Basta
direte voi, ma
quest'anno il rock
festeggia i
cinquant'anni e
quale modo
migliore per
festeggiarlo se
non un libro.
Attenzione però,
se pensate a un
volumetto che narra le gesta di uno sparuto
numero di gruppetti vi sbagliate. Qui siamo di
fronte a un libro, anzi una guida, la
definiscono gli stessi autori, che ricostruisce in
modo molto accurato, esaustivo e mai
pesante tutto il novecento americano. E
questo non significa solo rock, ma anche jazz,
blues e pop accuratamente inseriti nel titolo
del volume. Chi non è mai sazio di saperne di
più troverà concentrate in 860 pagine le
risposte a molte domande. Si parte
naturalmente dal blues che incontra la
musica tradizionale bianca per arrivare fino al
nu metal. Consapevoli della grandissima
importanza del ruolo dell'America all'interno
della storia della musica i due giornalisti
musicali di Repubblica non hanno tralasciato
generi e gruppi che, chi più chi meno, sono
passati alla storia. Non è certamente un libro
da leggere tutto di un fiato, ma sicuramente
da tenere sul comodino o a portata di mano
perché ogni volta che sentirete un gruppo e
non sapete che cosa e quando suonava,
ogni volta che sentite parlare di un genere e
volete fare bella figura con gli amici su Blues,
Jazz, Rock, Pop troverete quel che vi serve.
Scritto come si addice a un libro che parla di
musica e non di filosofia morale la guida ha
l'incedere di una storia bella come solo la
musica sa essere.
Osvaldo
A quanti anni si
“ p e r d e
l'innocenza”?
Stanley Mitchell,
nella tranquilla
estate texana del
1958, a soli 13
anni si avvicina
per la prima volta
al dolore, al sesso
e alla morte e
capisce di non
essere più lo
stesso.
F i g l i o d e l
proprietario di un
drive-in della
p r o v i n c i a
americana, il piccolo Stanley trova quasi per
caso una scatola piena di lettere e inizia a
mettere insieme i frammenti di una vicenda
oscura e per certi versi macabra che
coinvolge alcuni abitanti della sua piccola
città. Nel breve arco di una stagione, una fitta
catena di eventi di cui Stanley è a volte
protagonista, altre semplice spettatore,
presentano all'adolescente il lato più cruento
della società in cui si appresta ad entrare.
A tratti horror, a tratti giallo La sottile linea
scura cattura il lettore fino alla soluzione del
mistero, a poche righe dalla fine. Romanzo di
formazione di forte potenza narrativa
dunque, La sottile linea scura mostra in realtà
uno spessore che va oltre l'immediatezza con
cui si offre alla lettura. In esso Lansdale cerca
di delineare un profilo della società
americana della metà del secolo scorso, in
cui ignoranza e povertà alimentano il
razzismo e un certo fondamentalismo
religioso. Attraverso la descrizione delle
continue tensioni tra bianchi e neri, ricchi e
poveri, l'autore prende di mira le credenze e i
pregiudizi di una popolazione, vissuti, in quella
società, come la norma.
Ma l'immagine comunque non impietosa di
questo micro-cosmo che lo scrittore
nordamericano tratteggia, arriva al lettore
attraverso gli occhi di Stanley, dunque in
parte mitigata dall'ingenuità curiosa del
protagonista.
Fulvio Totaro
Uscito da pochi mesi
questo libro di Aldo
Nove per Laterza è
una guida d'autore
a Milano.
Aldo Nove ci guida
con il suo stile
inconfondibile
attraverso i luoghi
più significativi per lui
della metropoli più
metropoli d'Italia. Ci
racconta questi
luoghi attraverso la
loro storia ufficiale e
non, attraverso le
sue digressioni
personali, attraverso la sua personale
esperienze di milanese quasi doc, visto che
l'autore proviene dalla provincia. Ci racconta
come Milano fosse per lui bambino della
provincia un luogo altro, quasi mitico, come
la sua stazione centrale quando ci arrivavi in
treno e ti trovavi quasi perso fra i suoi binari,
sotto la sua cupola, immerso nella sua folla.
I luoghi di Aldo Nove vanno dal Pirellone al
MacDonald's, senza dimenticare ovviamente
il mitico Burgy, luogo d'altri tempi e d'altre
mode, ma sempre facente parte della stessa
città, che, come sta a significare il titolo, non è
mai la stessa.
È questa la teoria da cui parte Aldo Nove per
raccontarci la sua città. Una città in continua
trasformazione, in continua mutazione, in
continua autorigenerazione. Milano non è
Milano è un libro piacevole e divertente,
decisamente ottimo come guida anche per
chi già conosce Milano, adatto a chi la ama,
e capace forse di far cambiare idea a chi non
la trova di suo gradimento.
dario goffredo
AA.VV
Salento d'autore
Manni - 2004
Le guide turistiche alla fine sono tutte uguali. Foto, consigli
utili, cenni architettonici su case, palazzi, chiese, strade,
storie di luoghi e persone. “Salento d'autore. Guida ai
piaceri intellettuali del territorio” della casa editrice Manni
di San Cesario spicca per la sua diversità e per la sua
tecnica narrativa. Sette itinerari, dalla costa alla
campagna, dai menhir al barocco, raccontati da
giornalisti, scrittori, professori e amanti di questa terra. Il
tutto condito da schede (cinema, letteratura,
archeologia, cucina e altri argomenti) e da una raccolta di
foto di Fernando Bevilacqua (la religiosità) e Maurizio
Buttazzo (il lavoro). Una guida alternativa pensata per i “viaggiatori
desiderosi di conoscere, di capire, di godere pienamente e con rispetto
d'un territorio che continua ad essere crocevia inquieto di civiltà ed ha
l'ambizione di essere un sussidio alla comprensione del Salento leccese”.
Non una guida organica, precisano dalla Manni, e questo si vede. Un libro
di accompagnamento più che di orientamento. Forse la prossima guida
sarà un Salento da fruitore.
Pierpaolo
Parole contro
Federico Faloppa
Garzanti 2004
Un amante delle parole e delle loro
sfaccettature semantiche non può non
soffermarsi su questo interessante volume di
Federico Faloppa. “Parole contro. La
rappresentazione del diverso nella lingua
italiana e nei dialetti”, edito dalla Garzanti, è
un vero e proprio dizionario ragionato del
pregiudizio. Attraverso le attestazioni su
vocabolari e glossari dialettali Faloppa (al suo
secondo libro sull'argomento) spiega come
dietro alcune parole si nascondano
pregiudizio e intolleranza, razzismo e
antisemitismo. Attraverso quattro capitoli si
analizzano le discriminazioni nei confronti di
ebrei, cristiani e non
cristiani (Mamma li turchi),
negri e meticci, arabi e
zingari, nomadi e beduini.
Un libro da comprare e
c o n s u l t a r e . M i
raccomando pagatelo e
non fate i portoghesi (che
poi poverini non
c'entravano nulla).
Pierpaolo
FILM IN SALA
di Michele Pierri
Queste le uscite che allieteranno i nostri momenti in sala a partire da
settembre:
Spiderman 2 di Sam Raimi
Spider-Man è tornato e dovrà affrontare una nuova minaccia per
New York: Dr. Octopus che un tempo era amico del vecchio
insegnante di scienze di Peter Parker.
Saint Ange di Pascal Laugier
Anna è una giovane ragazza incinta incaricata di fare le pulizie in un
orfanotrofio semi-abbandonato, il Saint Ange. La giovane comincia
ad avvertire oscure presenze, rendendosi conto che i bambini
nell'istituto subivano terribili atrocità.
Vento di terra di Vincenzo Marra
Enzo ha sedici anni e vive nel non facile quartiere di Secondigliano, a
Napoli. Dopo la morte del padre, nel tentativo di aiutare i propri cari, il
giovane si troverà ad affrontare una serie di drammatiche esperienze.
La sua integrità sarà messa a dura prova, ma il suo coraggio e la sua
determinazione faranno sì che la famiglia ritrovi una dignità altrimenti
compromessa per sempre.
L' amore ritrovato di Carlo Mazzacurati
Poco prima della seconda guerra mondiale, Mario, impiegato in
banca, e Giovanna, manicure, iniziano una tormentata storia
d'amore fatta di passione, liti e riconciliazioni.
The Bourne supremacy di Paul Greengrass
Torna Jason Bourne, stavolta accusato ingiustamente dell'omicidio
del vice premier cinese e chiamato a investigare su chi è il vero
colpevole che ha usato la sua identità.
Le conseguenze dell' amore di Paolo Sorrentino
Un elegante e misterioso uomo d'affari e una giovane cameriera di
un hotel: una storia d'amore, piena di misteri e di segreti, che non
verrà mai vissuta fino in fondo, ma sarà il motore di una serie di azioni
che cambieranno il destino dei protagonisti.
Come inguaiammo il cinema italiano: la vera storia di Franco e Ciccio
di Ciprì e Maresco
Film documentario, con immagini d'epoca e numerose testimonianze,
sulla carriera del celebre duo comico nato per le strade di Palermo
all'inizio del dopoguerra e cresciuto tra gag, spettacoli musicali e
macchiette indimenticabili del cinema e della tv degli anni '70 e '80.
Garfield: il film di Peter Hewitt
La vita del gatto Garfield è perfetta: mangia, dorme e nulla di più. Ma
dal momento in cui il suo padrone, Jon Arbuckle, porta a casa un
cagnolino di nome Odie, le cose cambiano in peggio. E quando
Odie viene rapito, Garfield si sente in colpa e parte per recuperarlo.
The terminal
Steven Spielberg
Per chi aveva ancora dubbi sulle reali capacità di questo regista
sempre in bilico fra qualità e incassi, drammi e commedie ecco la
risposta. Spielberg colpisce ancora. Non solo, ma dimostra di
conoscere alla perfezione i meccanismi che regolano una regia ben
dosata che sa distribuire in egual maniera pathos e risate. Presa una
vera notizia di cronaca (il film è ispirato alla vicenda dell' iraniano
Merhan Nasseri, rimasto bloccato all' aeroporto "De Gaulle" di Parigi),
il regista l'ha rivoltata a suo piacimento per scrivere definitivamente
l'epitaffio del tanto celebrato "sogno americano". Viktor Navorsky (un
impareggiabile Tom Hanks), un turista dell'immaginario stato di
Krakhozia, sbarca all' aeroporto "Kennedy" di New York. Durante il
viaggio nel suo paese però si è verificato un colpo di stato: il suo
passaporto non ha più valore, non può entrare negli Stati Uniti e non
può ripartire. Si trova così costretto ad attendere al terminale, zona
franca e punto d' incontro di viaggiatori di culture e nazionalità
diverse. Ma in questa situazione dai contorni kafkiani non si abbatte,
anzi in poco tempo riesce a divenire padrone assoluto dell' unico
mondo che in quel momento lo accetta. A fare da contorno la
surreale love-story tra Viktor e un'hostess, Amelia (Catherine ZetaJones), lontana dall'immagine di femme fatale e anzi, insicura e
vulnerabile. È ovvio che il sottofondo amaro sulla morte del sogno
americano c´è tutto, non a caso ad aiutare Viktor sono solo
extracomunitari mentre i padroni di casa rivelano l´anima paranoica
e xenofoba del dopo 11 settembre. Frank Dixon, l'agente
aeroportuale (Stanley Tucci) considera Navorsky solo un problema da
eliminare al più presto o da passare ad altri per non avere seccature e
responsabilità. Ma questo tema, probabilmente per precisa volontà
del regista, resta troppo in secondo piano, dominato dalla
strabordante comicità fisica di Tom Hanks, che con parole
smozzicate, gesti incerti ed espressioni esilaranti è l´autentico
dominatore della scena sovrastando tutti gli altri personaggi e
capace oramai di reggere da solo qualsiasi copione. Complimenti
quindi a Spielberg per averci riproposto una film vecchio stampo
niente male, orfano del romanticismo esasperato degli anni '40 e
della commedia frizzante anni '50, ambientato in uno spazio tanto
angusto quanto variegato eppure mai claustrofobico o uguale a se
stesso.
Michele Pierri
Sessantunesima Mostra del cinema di Venezia 2004
Dopo Cannes è toccato al Lido rinfrancare i cinefili in crisi d'astinenza per la pausa estiva e offrire una nuova
immagine di sfarzo della settima arte attraverso questo appuntamento storico giunto oramai alla
sessantunesima edizione. Mike Leigh, con il suo film tradizionale, fatto di attori perfetti e sottili sfumature, ha
messo la zampata finale sulla Mostra del Cinema di Venezia accaparrandosi il premio più ambito, il ´Leone
d’Oro, battendo sul filo di lana film come “Le chiavi di casa” di Gianni Amelio , “Mare Dentro” di Amenabàr e
“Binjip” del geniale Kim ki-duk “Vera Drake” che affronta il tema dell´aborto e della libertà di scelta delle
donne, ambientato negli anni´50, sin dal giorno della proiezione, appariva come uno dei favoriti. Colori "old
style", ambienti chiusi e una grande prova di recitazione, anche da parte degli attori di contorno, ne
facevano un solido candidato alla vittoria finale. Il regista britannico si era già distinto negli anni scorsi con un
film come "Segreti e bugie", che dimostrava ampiamente la sua grande capacità di dirigere gli interpreti. La
Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile è andata alla protagonista del film vincitore, l'attrice
Imelda Staunton. La Kidman, protagonista di “Birth”, è stata snobbata ancora una volta dalla Mostra. Già tre
anni fa era strafavorita per la vittoria finale quando interpretò una madre preda di fantasmi e incubi in “The
others” di Alejandro Amenabar ma venne superata tra mille polemiche dall'italiana Sandra Ceccarelli per il
film di Giuseppe Piccioni “Luce dei miei occhi”. Conquista invece la sua seconda Coppa Volpi per
l'interpretazione maschile lo spagnolo Javier Bardem, protagonista del film “Mare dentro” di Alejandro
Amenabar. Bardem l'aveva già vinta nel 2000 con il film “Before Night Falls”. Il premio speciale per la migliore
regia, è andato al coreano Kim Ki-duk per il film “Ferro 3”. Resta dunque a bocca asciutta il cinema italiano,
Gianni Amelio in testa, dato nei giorni scorsi per favorito con il suo film “Le chiavi di casa”. Per lui, nemmeno la
consolazione del Gran Premio della Giuria, andato allo spagnolo “Mare dentro”. Vincono il Premio Marcello
Mastroianni per un giovane attore o attrice emergente Tommaso Ramenghi e Marco Luisi, protagonisti di
“Lavorare con lentezza” di Guido Chiesa. Il premio 'Luigi De Laurentiis', Leone del Futuro per la miglior opera
prima, è stato vinto da “Le grand voyage” di Ismaël Ferrouchi, presentato nella
Settimana della critica. Menzione per “Samir” di Francesco Munzi, nella sezione
Orizzonti. Osella per un contributo tecnico di particolare rilievo allo studio Ghibli per “Il
castello errante di Howl” ('Hauru no ugoku shiro') di Hayao Miyazaki. Il premio Venezia
Orizzonti è andato a "Les petits fils" di Ilan Duran Cohen, con una menzione speciale
della giuria a 'Vento di terra' di Vincenzo Marra. Il premio Venezia Cinema digitale è
andato a "20 angosht" di Mania Akbari, con una menzione speciale della giuria a "La
vita è breve, ma la giornata è lunghissima" di Lucio Pellegrino e Gianni Zanasi. Il Leone
d' argento Citroen corto-cortissimo è andato a 'Signe d' appartenance' di Kamel
Cherif, con una menzione speciale al film di Peter Foott 'The Carpenter and his Clumsy
Wife', mentre il premio Uip per il miglior cortometraggio europeo è andato al film di
Steve Hudson 'Goodbye'. Con Tarantino (ormai onnipresente) e la sua rassegna di BMovies a chiudere le vacanze e a ricordarci che nel cinema c' è spazio un po' per tutti,
non resta che lustrarci gli occhi e aspettare un altro anno. La festa è finita e si va tutti a
casa.
Michele Pierri
appuntamenti
Dopo l'abbuffata estiva torna la penuria settembrina e l'attesa
ottombrina di eventi e appuntamenti. Penuria per la chiusura dei
cartelloni estivi e attesa per le nuove rassegne teatrali e musicali.
Certo, questo lo diciamo da tempo, mancano spazi adeguati per
determinate musiche. Il rock di qualità a Lecce può essere un caso
isolato e quando c'è (per anni CoolClub e altre realtà hanno
portato piccole e grandi band da tutta Italia e non solo) deve
essere necessariamente fatto in spazi angusti e con una acustica
non sempre eccelsa. I pub sono fondamentali per la crescita delle
nuove realtà ma non devono essere l'unico palcoscenico per la
musica. Ogni arte ha bisogno di spazi adeguati. Il teatro, la lirica, la
danza, la musica classica, il jazz hanno trovato spazi e cartelloni (più
o meno) organici. La musica altra ancora no. La musica altra
rivendica luoghi che non esistono, rivendica centri di aggregazione
che non esistono e che spesso altri non vogliono che esistano con il
conseguente spostamento di gente per strada e nei pub. La
movida non può esistere perché i tavolini danno fastidio e i volumi
sono troppo alti. Insomma come ogni anno la fine dell'estate lascia
spazio alle polemiche e ad un certo vuoto. I tamburelli si sono
spenti. I predatori del palco perduto scappano e lasciano tutto così
com'è. Speriamo che qualcosa si muova realmente. Nei giorni di
preparazione di questo numero di CoolClub si sta concludendo
Atlante Neobarocco promosso da Koreja e altre realtà teatrali con
la partecipazione di molti enti (www.teatrokoreja.com). Intanto
segnaliamo alcune iniziative della fine di settembre e di ottobre.
Sono poche ma sembrano buone.
17 settembre - Santa Cesarea Terme (Centro Storico di Vitigliano)
19 settembre - Sternatia (Palazzo del Municipio)
25 settembre - Tricase (Palazzo Gallone)
26 Settembre - Vernole (Castello di Acaya)
3 ottobre - Martignano (Palazzo Palmieri)
Luoghi d'allerta
Il Salento è fatto di realtà associative che da anni promuovono in
varie forme l'arte e la storia del nostro territorio. È il caso di due amici
e passionali operatori culturali, Mauro Marino e Piero Rapanà. Il
Fondo Verri e il Teatro Blitz (che hanno sede in via Santa Maria del
Paradiso a Lecce) continuano con le proprie idee e i propri progetti
a sperimentare e aiutare giovani protagonisti della scena culturale.
Nel mese di settembre proseguono i Luoghi d'Allerta, giunti alla
seconda edizione, Visioni, lingue, canti, danze, la materia di
scambio. Come in una festa: “ tu metti la casa e io porto la musica ”.
Questo il loro spirito ideale. La bellezza dei luoghi, la particolarità di
un impianto urbanistico accoglie e si fa casa di un accadere
spontaneo, fresco, diretto che porta i segni della rinascita creativa
del Salento. Ormai certa, responsabile, capace d'arte. L' invito
rivolto a singoli artisti e a piccole ensemble, chiamate a costruire, in
loco, delle azioni: frammenti da aggiungere in un percorso ad altro
fare. Il movimento lo fa il pubblico col suo venire, chiamato
all'avventura del guardare, preso ai lati nel cammino. Tutto è scena
ed è scena agibile nel gioco del costruire l'evento, l'agire comune. Il
tramonto apre alle azioni, c'è un tempo nel corso della serata in cui
gli atti si compiono, vengono in successione; spettacoli e singole
performance uniscono danza, poesia, canto, suono, scene di una
sequenza che nel cammino, nello spostamento del pubblico
compie e svela la sua portata. I protagonisti delle serate sono
musicisti (Alessio Lega ensamble, Anton Giulio Galeandro,
Emanuele Licci, Gian Luca Longo, Carla Petrachi, Donatello
Pisanello, Giorgia Santoro, Admir Shkurtaj), cantanti (Raffaella
Aprile, Emanuela Gabrieli, Enza Pagliara, Ninfa Giannuzzi, Cinzia
Villani), attori (Salvatore Calafiore, Marco Graziuso, Silvia Lodi,
Matthias Hermann Ibach, Ezio Sabatino), video makers (Davide
Faggiano, Carlo Michele Schirinzi, Fluid Video Crew), creatori
(Maurizio Buttazzo, Claudio Longo, Agostino Casciaro, Antonio
Chiarello, Antonio De Luca), poeti e scrittori (Rossano Astremo, Elio
Coriano, Mauro Marino, Luciano Pagano, Angelo Petrelli, Giulia
Cantarone, Giovanni Santese, Mirko Grasso, i giovani del
laboratorio di scrittura di Vitigliano), Patrizia Rucco e molti altri.
Luoghi d'Allerta è realizzato con la cooproduzione dell'Assessorato
alla Cultura della Provincia di Lecce, delle amministrazioni dei
Comuni di Ruffano, Alessano, Santa Cesarea, Sternatia, Tricase,
Vernole, Martignano e con la collaborazione della Libreria Icaro, di
Piero Manni Editore e della Comunità Arcobaleno. Info: Fondo Verri
tel.fax 0832 304522 e.mail: [email protected]
18/26 settembre
Tricase
Salento Film Festival
Una Festa del Cinema Intemazionale,
un evento di cultura cinematografica
a cui parteciperanno opere
provenienti da ben 25 paesi. Quasi
settanta film, nove giorni di feste,
concorsi, proiezioni in piazza, incontri,
mostre, cene. Un evento che porterà
a Tricase attori, registi e operatori del
settore cinematografico di fama
internazionale.
Da sabato 18 a domenica 26 settembre Tricase ospita il Salento
International Film Festival, prima edizione del festival del Cinema
indipendente internazionale. Diretto da Luigi Campanile,
organizzato dall'associazione culturale Salento on the world in
collaborazione con Laifa (Los Angeles Italian Film Awards), il festival
è prodotto da Think Italian Entertainment con il patrocinio della
Provincia di Lecce, Città di Tricase, Dams Salento dell'Università di
Lecce, Camera di Commercio di Lecce, Comune di Ugento,
Comune di Casarano e dal Gruppo Azione Locale "Capo S. Maria
di Leuca”.
Il Siff è articolato in varie sezioni in concorso e fuori concorso:
Obiettivo Italia. Focus sul cinema Italiano (fuori concorso); I1 Mondo
in Corto; Concorso lnternazionale (con tredici pellicole in
programma); Oltre il confine: I1 cinema Americano e degli indiani
d'America; Made in Salento (le migliori produzioni salentine).
Il programma sarà arricchito da incontri, eventi speciali e dal gran
gala finale con l'attribuzione dei Salento Award.
La prima edizione del premio andrà a John Savage ("Il Cacciatore",
"Il Padrino parte III",
“Hair”) ed Enrico Lo
Verso (“Del
Perduto Amore”,
“Così ridevano”,
“Lamerica”, “Ladro
di bambini”). I
registi premiati
saranno invece
Robert Minkoff (“Re
Leone”, “Stuart
Little”), Michaael
C i m i n o ( “ I l
cacciatore”,
“L'anno del dragone”) e Giuseppe Schito (alla carriera) il regista
salentino di “Il Ragazzo di Ebalus” uno dei pochi film Italiani ad aver
affrontato la questione degli anni di piombo e vincitore a Venezia
nel 1984 del premio per il miglior film cooperativo. Un premio
speciale, il Finibus Terrae Awards che riconosce eccellenza artistica
e professionale raggiunta, dedizione al cinema da parte di un
attore, regista, scrittore o artista il cui talento è stato fondamentale
per l'arte cinematografica, sarà consegnato allo scenografo Bruno
Rubeo (“A Spasso con Daisy” “Platoon”, “Nato il 4 di Luglio”,
“Salvador”, “Il mercante di Venezia) e al direttore della fotografia
Vittorio Storaro (“Il
conformista”, “Ultimo tango
a Parigi”, “Novecento”, “Il
piccolo Buddha”).
La sera Piazza Pisanelli si
trasformerà in una splendida
arena. In anteprima assoluta
il regista Enrico Oldoini, nel
Salento per le riprese de “Il
giudice Mastrangelo” con
Diego Abatantuono,
presenterà 13 a tavola
mentre Stefano Reali e
l'attore Maurizio Mattioli
presenzieranno alla
proiezione de Il tramite. Spazio al cinema d'impegno sociale con
Ilaria Alpi, il più crudele dei giorni di Ferdinando Vicentini Orgnani.
Sullo schermo anche la versione restaurata del musical Hair di Milos
Forman.
Per il programma e il calendario completo
www.salentofilmfestival.com
appuntamenti
Venerdì 24 e Sabato 25 Ottobre
Summer ends here
Novoli - Palazzo Baronale
Chiude alla grande l’estate... Nell’atrio del palazzo baronale di
Novoli una due giorni tutta in musica. Venerdì 24 live con
Studiodavoli, Therese & Isabelle, Slips. Sabato 25 si balla con i DJ di
SKA in Town, la più longeva dance-hall SKA del Salento (since 1998).
Prezzi Combat sulle consumazioni. Ingresso gratuito!
Sabato 02 Ottobre
Royal Rumble
Istanbul Cafè - Squinzano
Ve lo ricordate il Royal Rumble? Lo scontro finale, la grande rissa.
Erano gli anni del Wrestling e la voce di Dan Peterson commentava
le eroiche imprese di guerrieri che lottavano per vincere. Nell'arena
dell'Istanbul Cafè tutti i migliori dj set salentini insieme in consolle per
questa grande rissa inaugurale. I dj di Ska in town, quelli di Insintesi,
Tob Lamare e Postman Ultrachic per la prima grande serata del
locale alternativo salentino. Tutti i generi presenti all'appello: ska,
elettronica, lounge, rock, funk, indie per ballare e salutare la nuova
stagione dell'Istanbul Cafè.
Sabato 09 Ottobre
Postmanultrachic
Istanbul Cafè - Squinzano
Uno dei Dj più gettonati dei
dance floor alternativi salentini in
consolle all'Istanbul Cafè di
Squinzano: Postman Ultrachic.
Follia sonora pura messa al servizio
di musica sana e sudata, notturna
e ritmata. Attigendo da un
repertorio oscuro di vere chicche
discografiche, passando dal funk
al latinbreakbeats con accenni
boogaloo e qualche sano tuffo
nella tradizione il dj più amato
dalle italiane vi offrirà una serata
con i piedi immersi dentro Puerto
Rico ed il cuore rivolto nei
jazz.club.newyorkesi.
24 ottobre
Bari
Patti Smith
Poche parole per un evento da non
perdere. Il 24 ottobre al Palatour di Bari
c'è Patti Smith. La poetessa del rock, la
sacerdotessa della new wave, tanti gli
epiteti assegnati a un'artista che ha
segnato e continua a fare la storia del
rock. Ha percorso le strade della
musica, dell'arte e della poesia
lasciando segni indelebili nella
memoria dei più grazie anche al
grande successo “Because the night”,
il manifesto della sua musica. Il concerto si terrà all'interno della
rassegna Time zones, una manifestazione che ha ospitato tra gli altri
Sakamoto, Arto Lindsay ed Hector Zazou. Info 080 5581587
[email protected]
Sino al 31 ottobre
Concorso
Click Note fotografiche
Cogliere l'attimo fuggente, imprimere in uno scatto quell'istante
unico ed irripetibile in grado di comunicare al pubblico emozioni
pure ed intense. È questo lo spirito di “Click Note Fotografiche appunti visivi dal mondo musicale”, il concorso organizzato dallo
studio Alikè di Milano in collaborazione con il Meeting Etichette
Indipendenti e Rockol e sostenuto da All Music Magazine, K-Code
Magazine e Midfinger. Il materiale dovrà essere spedito entro il 31
ottobre in busta chiusa presso Alikè Studio - via Heine 3 - 20141
Milano.
Le aree tematiche sono sei: Live Performance/Pubblico,
Backstage/On tour, Ritratti/Foto promozionali, Cd Cover/Interior
Album, Festival/Manifestazioni musicali, Immagini digitali. Il
concorso è aperto a quanti - senza limiti di età e senza distinzione di
tecnica fotografica - per lavoro o più semplicemente per passione,
ritengono di aver scattato fotografie rappresentative dell'ambito
musicale indipendente (artisti i cui lavori siano stati pubblicati da
etichette indipendenti, artisti senza contratti discografici, artisti di
strada, performers, progetti musicali in via di formazione). I progetti
fotografici verranno sottoposti al vaglio di una giuria di esperti. La
premiazione avrà luogo a Faenza nel novembre prossimo in
occasione dell'edizione 2004 del MEI. Info www.alike.it/click/
Via Paladini 46, Lecce
[email protected] / www.caffeletterario.org
tel: 0832242351
Dal 15 Settembre di nuovo con voi...
Scopri i Corsi del Caffè Letterario sul catalogo 2004/2005
Ogni Mercoledì SOUND & VISION
CoolClub.it
Anno 1 Numero 7
Settembre 2004
Iscritto al registro della stampa del
tribunale di Lecce il 15.01.2004 al
n.844
Direttore responsabile
Dario Quarta
Collettivo redazionale
Osvaldo Piliego, Dario Goffredo,
Pierpaolo Lala
Collaboratori:
Valentina Cataldo, Gianpiero
Chionna, Cesare Liaci, Sergio
Chiari, Maurizia Calò, Marcello
Zappatore, Davide Castrignanò,
Amedeo Savino, Patrizio Longo,
Augusto Maiorano, Antonio
Iovane, Rossano Astremo, Rita
Miglietta, Daniele Lala, Elisa De
Portu, Daniele Rollo, Marco Daretti,
Marco Leone, Fulvio Totaro,
Stefano Toma, Federico Vaglio,
Michele Pierri, Lorenzo Coppola,
Paola Volante, Nicola Pace,
Giacomo Rosato, Nino D’Attis,
Luca Greco
Per le foto si ringrazia
Alice Pedroletti
Progetto grafico
fuoridaltunnel
Impaginazione
Monsieur le President
Lupo Editore
Ass. Cult. CoolClub
Redazione Via De Jacobis 42
73100 Lecce
Telefono: 0832303707
e-mail: [email protected]
Sito: www.coolclub.it
Stampa
Poligrafica Desa Srl Copertino
Per inserzioni pubblicitarie:
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Questo non è un articolo di giornale
Ho un computer nuovo da un paio di mesi, e ancora non mi sono abituato al suo schermo enorme, i
caratteri del mio documento Word sono grandi come dei soldatini di piombo, sollievo per i miei occhi
da miope. Ho un mucchio di cose da fare stamattina. Decido che la mia priorità è chiudere il
giornale. Sono consapevole di molte cose stamattina. Alcune belle, altre meno. So, per certo che
oggi è 11 settembre. So che questa data nell'immaginario collettivo è una data triste, che non porta
niente di buono. So che il mondo, quello ricco e quello povero continuano a farsi la guerra per
questa giornata. So che quasi ovunque oggi parole saranno sprecate per ricordare, per
commemorare, per lanciare nuovi proclami, nuove alleanze, per consolidarne di vecchie, tutti al
fianco di chi vince, senza badare a spese.
So che alcuni giornali si divertono a fare paragoni che non stanno né in cielo né in terra,
funamboliche e parodistiche ricostruzioni di storie improbabili, fili rossi che vanno dalle torri gemelle al
rapimento di due ragazze pacifiste di cui sino a pochi giorni fa la maggior parte degli italiani ignorava
l'esistenza.
Sono arrabbiato, sono incazzato nero. Come diceva Osborne ormai quasi cinquanta anni fa non ci
sono più giuste cause per morire.
Questo è un giornale che si occupa di musica, più in generale di cultura. Spesso abbiamo fatto
incursioni poco ortodosse nella nostra vita privata. Altrettanto spesso abbiamo fatto incursioni nella
politica, nella cronaca, nell'attualità. Spesso, anche se spero raramente, abbiamo assunto un tono
moralistico, abbiamo pontificato, abbiamo indicato la giusta via.
Oggi so per certo di non sapere quale sia la giusta via. Oggi sento di poter dire che ci sono, come
diceva il cattivo maestro Franco Fortini, che ci sono uomini che devono essere uccisi, delitti da
benedire.
Oggi so che leggere un buon libro diventa sempre più raro, che sempre più raro diventa trovare la
forza per non scoraggiarsi.
Ma oggi so anche che questo giornale mi permette di parlare dei miei affari privati.
E allora mi ricordo che oggi, 11 settembre, anniversario degli attentati di New York, inizio dell'era Bush
jr, io sto scrivendo la mia ultima quarta di copertina da celibe. La prossima volta sarò un uomo
sposato e venendo ancora una volta meno alla regola del privato vi racconterò come è andata e
come sta andando. E potrei raccontarvi della mia ernia del disco e potrei farmi portavoce di un
nuovo riflusso, di una nuova stanchezza intellettuale, nel senso di attività cerebrale.
Ma io non sono stanco, io sono solo un po' deluso.
E allora mi rifugio qui, in queste stanze, dove riesco a trovare pace, dove riesco a sentire bella musica,
dove i miei libri mi assecondano, dove il mio gatto con la sua spensieratezza di cucciolo mi mette di
buon umore, dove lei con le sue carezze mi mette di buon umore, dove un bicchiere di qualcosa di
buono e di forte con un amico mi mette di buon umore.
E non ho paura di quello che questo comporta, di quello che qualche compagno mi può dire per
queste righe. Aspetto che la strada entri dentro casa mia e so che questo prima poi accadrà, nel
frattempo cerco di fare in modo che il mondo mi sia lieve. Ed è quello che auguro a chiunque.
E questo, evidentemente, non è un articolo di giornale.
dario