Sett. 2004 an no 1 nu me ro 7 Like a Virgin Perché Moana e non un'altra verrebbe da chiedersi a dieci anni dalla sua scomparsa. Come mai un'attrice, secondo la critica e gli addetti del settore neanche particolarmente brava, è diventata e ancora oggi rimane un emblema del porno di tutti i tempi. Peripatetica e filosofa, angelo caduto all'inferno o dove il mare è più profondo (questo in polinesiano il significato del suo nome) Moana ha segnato una svolta epocale del costume nazionale. Con l'avvento degli anni ottanta e con lei l'Italia riscopriva il sesso, il suo facile consumo, a portata di mano sarebbe il caso di dire. Parallelamente all'esplosione del suo personaggio infatti si sviluppava in Italia il mercato degli home video fino ad allora prerogativa esclusiva degli states. Il porno entrava nelle case degli italiani ed ecco allora che mentre Raffaella Carrà faceva contare i fagioli Moana ci faceva contare i piselli, giusto per usare un eufemismo. Questo ha reso il porno, grazie all'intuizione di Schicchi, un fenomeno nazional popolare e Moana un'educatrice sessuale della mia generazione, una paladina del sesso. Tutti conoscevano Moana, il mercato del porno ormai è esploso e nessuno potrà fermare il suo dilagare, tutti scoprivano nel buio delle loro camere da letto, e non più nelle affollate sale dei cinema a luci rosse, una nuova libertà sessuale. C'è chi ha definito, esagerando, la Pozzi una sorta di femminista, c'è da dire però, con il dovuto rispetto per chi per i diritti delle donne si batte, che Moana rappresenta un prototipo di donna consapevole del suo corpo e del suo potere. Bellissima e distante, altera anche nella mischia, Moana aveva nelle sue rotondità lo strumento del suo successo. Una filosofia la sua, pubblicata al tempo e riproposta oggi in un libro di Marco Giusti, che l'ha vista uscire dai videoregistratori per rientrare nelle case dall'antenna, direttamente in tv. Una cosa a cui oggi Selen e Eva Henger ci hanno abituato ma che allora faceva scandalo e che ha fatto diventare il suo personaggio sinonimo di provocazione culminata dalla sua discesa in politica con il partito dell'amore insieme alla collega Cicciolina. Una parabola ascendente incredibile la sua, segno di determinazione e intelligenza. Un personaggio quello di Moana che è mito e icona pop allo stesso tempo, un po' come Marilyn (indimenticabili i montaggi sperimentali delle sue pellicole, gli effetti rallenty, quelli flu, la frammentazione dello schermo in riquadri che proprio a Warhol fanno pensare). E dopo tutte queste parole vi chiederete, forse, perché dedicare una copertina e un numero di Coolclub.it a Moana Pozzi? Perché abbiamo pensato che Moana potesse in un certo senso essere lo spunto per riflettere su un decennio, la sua politica, il suo costume, sul ricordo che abbiamo di quegli anni in cui i videogiochi giravano su un mangianastri, Madonna cantava Like a Virgin, il nichilismo del punk si scontrava con il vitalismo adolescenziale dei Duran Duran. Gli anni della new wave, dei Talkin Heads, dei Cure, della nascita di Mtv e della morte di John Lennon e Bob Marley, un decennio che oggi più che mai torna alla ribalta nella moda come nella musica, gli anni della mia infanzia, quelli in cui la mamma mi raccontava delle api e Moana mi sussurrava ti voglio. Osvaldo GR AT UI TO Gli anni passano e i canali aumentano I miei anni '80 si aprono almeno nel 1982 con la vittoria ai mondiali. Non ho molti ricordi nitidi prima di quello e neanche quello è molto nitido. Ma mi ricordo l'esultanza di Marco Tardelli che dopo il 2 a 0 in finale alla Germania impazzì di gioia… sorrido perché, devo ammetterlo, quando ho saputo che un paio di anni dopo il centrocampista della juve (e poi dell'inter) aveva avuto una “relazione” con Moana Pozzi ho pensato alla sua esultanza post orgasmo. Vabbhe… ma gli anni '80, secondo me (parlo della mia povera Italia), sono l'inizio di qualcosa, l'avvio di un cambiamento. E se gli anni '50 furono di ricostruzione dopo la guerra, gli anni '60 di boom economico e di nuove generazioni musicali e sociali, gli anni '70 quelli della politica troppo spinta e della contestazione feroce e con ferocia, gli anni '80 rappresentano da una parte una catastrofe e dall'altra la più grande innovazione degli ultimi 50 anni. Nei primi anni '80 nasce la televisione commerciale (quella nazionale) che impone nuovi “modelli culturali”, se così li possiamo chiamare. Telequiz a gogò, telepromozioni, drive in, tette abbondanti, veline, culetti perfetti, cantanti di plastica, macchine sportive, Rocky III e IV, la fine della guerra fredda, la caduta del comunismo sovietico, la morte di Enzo Ferrari, Craxi al governo, Cicciolina in parlamento, i paninari, i giumbotti, i cartoni animati giapponesi, i giochi elettronici e i primi computer, la pornografia di massa, la droga, l'Aids, la caduta del muro di Berlino, Nuovo Cinema Paradiso, Mediterraneo, i film di serie B con Lino Banfi e Diego Abatantuono, i film polizieschi, i telefilm, le soap opera, la musica con suoni di plastica, i Ricchi e Poveri, Luis Miguel, Arbore secondo a Sanremo, Eros Ramazzotti primo. Tutto parte da lì, tutto parte da quella società che portò una pornodiva in parlamento, la televisione a determinare le scelte delle persone (l'ha detto la tv), le ragazze a sperare di arrivare un giorno lì nella scatoletta. Eppure a quei tempi c'era ancora un po' di indignazione e capitava che trasmissioni televisive non partissero perché la nudità era troppo oscena. Matrioska non andò su Italia Uno perché Moana avrebbe dovuto apparire nuda. E la cosa fa un po' ridere considerando quello che si vede oggi. Ma d'altronde in parlamento per molti anni le stenografe non potevano mettere agli atti “si alza il membro del parlamento” o frasi del genere. I tempi cambiano e le televisioni crescono. Le pornodive (alla Moana, alla Cicciolina) non esistono più sopraffatte dalle starlette che non recitano in film porno ma sono molto più ammiccanti in ogni momento e parlano liberamente delle proprie avventure con politici, giornalisti, emirati e soprattutto calciatori. I calendari non sono volgari ma nudi “d'autore”, le riprese non sono hard ma sensuali. Insomma questione di parole e di nuovi costumi. E se un tempo faceva scandalo che Bettino Craxi andava con Moana, adesso in Italia neanche il sexgate di Clinton scuote gli animi. Anzi se qualcuno sapesse che Ciampi o Prodi hanno un'amante tutti farebbero i complimenti. E poi ormai non c'è più niente da nascondere e se qualcosa si deve nascondere c'è sempre la bandana che copre anche gli innesti più arditi. Cosa resterà di questi anni '80 cantava Raf, forse solo la consapevolezza di una occasione mancata o della storia cambiata. Pierpaolo Nessuno (mi) tocchi Moana! Non ho mai pensato ad un viaggio verso oriente, di quelli “mitici”, di quelli risolutori di problemi o paranoie esistenziali. Ma una volta un viaggio in India l'ho immaginato, ci ho pensato esattamente dieci anni fa. Mi ci sono “avventurato” quando sono venuto a sapere della leggenda sulla morte di Moana Pozzi e di come - si narrava dopo la sua scomparsa - fosse misteriosamente falsa. L'attrice, secondo qualche “credenza popolare”, avrebbe inscenato tutto e lasciato tutti, per andare a rifugiarsi definitivamente in India. Non c'era niente di vero nella vicenda, probabilmente, ma il fatto che la protagonista coinvolta in una leggenda propria invece di grandi miti letterari, personaggi storici ed eterni divi di altre epoche, fosse in questo caso “solo” una pornostar... beh, questo aveva sì qualcosa di strano, tanto da farmi perfino fantasticare su un salutare viaggio in India. Non ho mai visto un film porno interpretato da Moana Pozzi, in generale a parte la maschia, normale e più o meno adolescenziale curiosità, tranne qualche fugace approccio con la trama di qualche film, devo ammettere di non essere mai stato particolarmente interessato al genere. Men che mai, devo ammettere, a quelli interpretati da lei. Non so perché e non ho mai cercato di capirlo, probabilmente era (forse è) per una sorta di gelosia, ero (e forse sono ancora) così annientato dalle sue immagini “decontestualizzate” su giornali, dalle sue ammalianti apparizioni televisive che... probabilmente mi bastava, mi soddisfaceva. Ho sempre pensato che c'era qualcosa di strano e misterioso nel trovare qualcosa di etereo ed essere ammaliato da un'attrice porno; questione di punti di vista forse, ma... per me era davvero strano. Non era normale che, per esempio, una approssimativa e volgare passata di maquillage sul suo volto e sul suo sorriso, o un vestito da niente, diventassero tocchi di classe addosso alla più famosa protagonista di tanti “pornazzi”. Ma la cosa ancora più strana è che la stessa sensazione la provavano amici, beati loro un po' meno “romantici” e che, naturalmente, si erano imbattuti nel suo fascino con approccio decisamente più... materiale. Continuando con le stranezze poi, se il ricordo dell'epoca non m'inganna, non credo che Moana suscitasse alcuna particolare antipatia nelle donne, o ragazze. A parte qualche associativa, ecclesiale e federale presa di posizione contro ogni sua - pur castigatissima apparizione in tv - ritenuta comunque foriera di sconvolgimento del menage televisivo-familiare. Una creatura che incarni, e susciti, tutte queste stranezze non è certo normale, soprattutto poi se è solo una pornostar: per tipo di attività, convenzioni, morale comune, comune senso del pudore e quant'altro, mantenere classe, fascino e mistero risulta davvero difficile, è questione di doti magiche (e fisiche) davvero particolari. E... infatti adesso, dopo dieci anni, c'è chi la elogia per “il suo coraggio e la sua spregiudicatezza morale ed intellettuale”, chi ne vorrebbe fare quasi “il simbolo di un nuovo modello di femminismo”, e c'è ancora chi continua a scriverle lettere d'amore, romanticissime o amorevolmente “porche”. Per quanto mi riguarda, ancora troppo avvezzo ai sentimenti... non mi resta che aspettare di dimenticarla, per riuscire finalmente a vedere, senza alcun coinvolgimento emozionale, uno dei suoi film. O magari rispolverare la vecchia idea di uno pseudosiddhartiano peregrinare tra profumi, sapori, e soprattutto tra le calde valli dell'India. dario quarta Contro Moana Di Moana Pozzi stupiva il dualismo. Nella voce l'infantile incanto della prima visita allo zoo, ma non di elefanti e scimmie discettava Moana. Fiabe della fellatio, c'era una volta del 69, erano le sue. Così ecco la dicotomia: la pura angelicale Moana Pozzi prestata al porno e viceversa. I moralisti la compatiscono. Il porno di Moana, riflettono, è di specie divina, ché ogni fornicazione la mantiene casta e, quindi, ne fa una martire. Gli altri, in un'epoca a corto di poesie e fantasie, ne fanno invece un più eccitante simbolo di perversione alimentato da una considerazione: Moana Pozzi non è nemmeno brava, come performer. È un dèmone, quindi, che la determina e ne induce mosse e posizioni, concludono entrambe le Scuole. Moana non è rivoluzionaria né eversiva. Moana piace all'uomo piccolo borghese, che legge con senso di riscatto i voti (spesso poco incoraggianti) alle performances sessuali di Enrico Montesano, Beppe Grillo, Falcao, Craxi, De Crescenzo, Arbore, Andrea Roncato, Renato Pozzetto, Massimo Ciavarro, Marco Tardelli e Massimo Troisi. Il suo porno è diverso: goffo, distratto («Quello che avveniva dentro la sua vagina sembrava non riguardarla» dirà un collega, Bob Malone). E la dilettante si afferma così: pessima attrice (diretta anche da un Fellini amante della Moana callipigia), pessima presentatrice, non brava come pornostar, divinamente cretina quando parla. Si cercherebbe invano, tra le frasi che ha insistito per tramandarci, una degna di passare alla storia. Una sempliciotta, più che una ragazza semplice, con quel sorriso spento e l'occhio fisso dell'assenza. Trionfo della mediocrità, guru della banalità - dell'incontestabile ovvietà di frasi che non inducono riflessioni ma tenerezza - nel '92 tenta di rifilare una stoccata ferale alla già provata politica fondando il Partito dell'amore. È troppo anche per gli stomaci più postmoderni: prende solo 9mila voti, non ci ripenserà. Poi le comparsate da Costanzo, perché non c'è mai fine all'integrazione, a quel processo di assimilazione che ti rende innocua. Poi la morte, che ha avviato la causa di beatificazione. Scrivono che sia stata “riabilitata”. Ma chi aveva pronunciato la condanna? Antonio /SEXUALLY INCORRECT? / L'importanza di chiamarsi Moana A parlare di pornografia s'incappa, per forza di cose, in un grande distinguo. Se a farlo poi è una donna, questo distinguo diventa più che mai doveroso, per non rischiare di bruciare anni di femminismo in un vhs a pochi euro. Si tratta di quell'enorme distinzione che classifica l'erotismo come “positivo” e la pornografia come “negativa”, erotismo-buono, pornografia- cattiva, o ancora e meglio: pornografia-sessista, erotismonon sessista. Il più delle volte, più che di un distinguo si tratta di un enorme equivoco; come se un pittore volesse dipingere lo stesso nudo da prospettive diverse. La pornografia è condannabile perché è una grande offesa fatta alle donne, perché la usa e ne abusa alla stregua di un oggetto, perché è degradante, perché è promiscua, perché è una squallida rappresentazione dell'eros, perché ne è la mercificazione. L'erotismo, per contro, è espressione della sensualità femminile a tutto tondo, la esalta, la gratifica. Ciò che è sessista è forse l'aver costruito con le nostre stesse mani queste barriere, i limiti che per anni ci siamo date per sentirci sessualmente sane. Un sessismo autoreferenziale. Parlare di quello che è sessualmente corretto, e quello che non lo è, è un ossimoro; non se ne verrebbe a capo, si rischierebbe di condannare arbitrariamente alcuni comportamenti ed assolverne altri in modo non oggettivo. E poi c'è un dato di fatto che smonterebbe qualsiasi tesi: le donne, secondo recenti indagini, sono accanite consumatrici di pornografia: guardano dvd e vhs, leggono libri sono abituè dei sexy shop, utilizzatrici di gingilli e oggettistica fetish. La pornografia cambia faccia, il femminismo, grazie al cielo, con lei. Una rivoluzione lenta, che ha visto in Moana Pozzi una pioniera. Chiamarsi Moana negli anni 80 ha significato molto di più di una fellatio a tutto schermo, è stato un pugno nello stomaco a qualsiasi avanguardia femminista provasse a condannare il porno. Moana diventa così un'icona della rivoluzione “femminista antifemminista”; nasce da una famiglia benestante, è colta, parla di politica e di letteratura, ama Warhol. E' una donna che ha scelto il porno come campo d'azione per esercitare il suo potere sugli uomini, fingendosi una missionaria del piacere. È con lei che il femminismo si confronta con la pornografia, riconoscendole, paradossalmente, una valenza liberatoria. Non libertà dall'uomo ma la libertà con l'uomo, perché, forse, la pessima considerazione di cui gode la pornografia non è dovuta al sessismo ma allo stato di legittimità precaria della stessa sessualità. E sì: è una mercificazione di un aspetto della natura umana, ma a pensarci bene non è quello che, nolenti o volenti, il mercato fa di tutti i nostri bisogni e passioni? Antonietta Con Moana, la mia prima volta... in TV! Fine 1993, cento studenti di un'università del centro Italia sono ospiti a Roma negli studi Rai. Gli universitari, oltre a far da pubblico, hanno due compiti da osservare nel registrare un paio di puntate di un programma televisivo: far da giuria per eleggere il personaggio dell'anno e, quali giornalisti in erba, rivolgere domande a vari ospiti in studio. Tra i diversi volti celebri in scaletta c'è lei, la mitica Moana Pozzi, “sogno delle notti insonni” di quei giovani poco più che ventenni, arrivati lì con tanto di bava alla bocca al sol pensiero di vedere in carne ed ossa una delle loro eroine adolescenziali. E miss Moana, come buon'attesa impone, è a disposizione dei suoi reporter-supporter nel secondo dei due giorni di registrazione. Nel frattempo, nella precedente puntata, gli studenti collezionano una serie di figure più «falliche» dei cult-movie della Pozzi: uno, parlando dei libanesi, indica nella Libia e non nel Libano la nazione di riferimento; un altro, su una scheda-voto, scrive apprezzamenti sconci ad una valletta. Il giorno dopo è d'obbligo non dire o fare idiozie. Perciò una ragazza, ad uno dei tanti personaggi tivù presenti, ha la felice idea di domandare: «Come fa a non ammaliare le ospiti dei suoi programmi con quegli occhioni azzurri?». Ecco, almeno ora non si può far di peggio. Ad un certo punto però entra lei: alta, bionda, e soprattutto in «carne ed ossa». Piovono domande a raffica e il quadro si... vivacizza. È in quel momento che uno degli studenti più sfigati, l'unico ad uscire la sera prima con l'oca ammaliata dagli occhi dell'ospite precedente, cerca di andare incontro alle attese espresse dal preside della sua facoltà e dallo stesso conduttore: rivolgere «battute» più piccanti. Il ragazzo pensa alla domanda preparata già da quattro giorni. Pertanto, il semplice «che cosa ne pensi della differenza tra sesso e amore?» diventa: «Se la senti, come la senti e quanto la senti... »; segue una pausa di “riflessione” - dovuta all'emozione della sua «prima volta», televisiva e con Moana Pozzi - poi parte la fine della domanda: «...la differenza tra sesso e amore», che smorza l'introduzione decisamente sproloquiale. E dopo il respiro di sollievo tirato da quanti pensavano già alla ciliegina su una torta fatta di figuracce, Moana Pozzi risponde riferendo dolcemente della sua vita privata e dell'amore per il proprio uomo, lasciando comunque trasparire anche un ovvio velo di nervosismo per le fastidiose risatine in sala. Quasi un anno dopo, l'attrice sparisce dalle scene e muore non si sa né dove e né come. Lo studente presuntuosamente pensa che Moana Pozzi la sua attività di porno star l'abbia abbandonata dopo quella domanda; che si sia rifugiata in una nuova identità, per vivere felice e contenta, col proprio uomo, il giusto connubio tra il sessoistinto e l'amore-sentimento. Divenuto un po' più adulto, quel ragazzo vive anche col pensiero che forse quel tipo d'amore-istinto regalato da Moana Pozzi a tanti, è spesso così difficile da trovare. E se Moana Pozzi fosse ancora viva, quel ragazzo oltre a chiederle scusa per la sua impertinenza, potrebbe esortarla ad aiutare di nuovo un po' tutti a liberare meglio il loro amore e, soprattutto, il loro istinto. Nick C@retta Moana e le altre Porno starlet italiane di ieri e di oggi “Molti mi dicono: sei una puttana, una prostituta pubblica. Non mi importa cosa la gente pensa di me e comunque nell'essere una puttana non ci trovo niente di male”. È forse in questa frase che si può riassumere la personalità e la scelta di vita di Moana Pozzi, la diva che col suo nome prorompente (e non solo quello!) è entrata nell'immaginario erotico e non degli italiani tanto da lanciare tra le luci rosse anche la sorella Baby Pozzi (che ne voleva sfruttare il nome, anche se a quanto pare ci fosse poca convinzione sul suo conto. “Analità profonda” un titolo su tutti). Parimenti un'altra icona del cinema porno si insinuò nelle menti degli italiani guardoni, ossia l'ungherese Ilona Staller meglio conosciuta come Cicciolina, che con Moana divise anche il medesimo giaciglio di piacere (chi si ricorda il mitico “Cicciolina e Moana ai mondiali”?). Dopo l'esordio cinematografico con Ugo Liberatore in “Incontro d'amore a Bali” (1970), Riccardo Schicchi intravede la carica erotica della ragazza facendola così esordire nel '73 su Radio Luna di Napoli. Ma bastano un paio di prove generali con “Inhibition” di Paolo Poeti (1976) al fianco della pornostar francese Claudine Beccarie e “Cicciolina amore mio” di Amasi Damiani (1979) (più un paio di erotici) a renderla pronta per il grande esordio nel cinema hard che arriva puntualmente nel 1984 con “Orgia atomica” di Riccardo Schicchi. La popolarità di Ilona va ben oltre i confini del porno approdando in parlamento nel 1987, grazie alla provocazione di Marco Pannella. “Meglio una puttana al governo che un mucchio di ladri” lo slogan; e 18.000 voti vennero da sé. Dalla stessa scuderia di Schicchi proviene anche Barbarella (Virna Bonino) che non raggiunse mai la popolarità delle sue colleghe. Dopo aver lasciato il mondo del porno in seguito alla morte dell'amica Moana si fa ricordare per delle fugaci apparizioni televisive, alcune anche su Mamma Rai. Ajita Wilson può invece essere considerata una sorta di Amanda Lear del porno anni '80 per l'ambiguità di cui era portatrice. Già interprete di alcuni erotici come “La principessa nuda” di Canevari e i film gemelli “Detenute violente” e “Perverse oltre le sbarre”, il suo seno acerbo e dai capezzoli che guardavano uno a oriente e uno a occidente non lasciava molto spazio ai dubbi sulla sua trascorsa mascolinità. Molto spesso però la via del porno è quasi una scelta obbligata quando le esigenze di una vita sfortunata lo impongono. È il caso di Lilli Carati, protagonista negli anni '70 di svariate commedie sexy accanto a Lino Banfi e Alvaro Vitali (“La professoressa di scienze naturali”, “La compagna di banco”) nonché del mitico e violento road movie di Fernando Di Leo “Avere vent'anni”, caduta nel vortice della tossicodipendenza, che esige una costante quantità di denaro: di lì ai facili guadagni del porno il passo è breve. Uscita dalla droga è ora impegnata nelle comunità di recupero lontana dal clamore del pubblico e dai ricordi. Ma analoga sorte è toccata a Annj Goren (Anna Maria Napolitano) (che si ricorda per la fellatio a Eva Robin's in “Eva man”), Paola Senatore (protagonista dell'unico hard della sua vita “Non stop sempre buio in sala” di Arduino Sacco, ma prima ancora frequentatrice di vari generi tra cui il giallo “L'assassino ha riservato 9 poltrone” di Giuseppe Bennati, l'esotico-erotico “Emanuelle in America” di Joe D'Amato e il poliziottesco “I guappi non si toccano” di Mario Bianchi) e Karin Schubert (attrice nei '70 di film con Franco e Ciccio e tra gli altri, di “ Quel gran pezzo dell'Ubalda…” e dell'action “Una vita lunga un giorno” col mitico Mino Reitano!) che, a differenza delle sue colleghe, ha dovuto lottare con la tossicodipendenza del figlio e svariati problemi familiari che sulla via del tramonto l'hanno fatta capitolare facendole tentare persino il suicidio. Probabilmente non droga ma sicuramente una vita deludente (che la porta come Karin a un suicidio tentato) e problemi di alcol ed economici colpirono Marina Frajese (Marina Hedman), svedese icona dell'hard italico che dopo la solita gavetta nei generi senza ottenere lo sperato successo (diretta da Lucio Fulci ne “La Pretora”, da Bianchi ne “La bimba di Satana” senza contare un'apparizione ne “La città delle donne di Fellini), opta per il porno dopo aver già scatenato le ire del marito, il giornalista Paolo Frajese, che pensa bene di querelarla diffidandola di usare il suo cognome. Attrice davvero versatile, in termini sessuali (uno dei suoi cult è intitolato “Marina e la sua bestia”!), si ricorda per aver partecipato a un numero davvero considerevole di pellicole. Gli anni '90 sono testimoni di un ricambio generazionale all'interno del genere; ecco quindi l'avvicendarsi di una nuova generazione di attrici. Milly D'Abraccio (Emilia Cucciniello) proviene dal teatro (dove ha lavorato anche con Johnny Dorelli) e dopo una parte da protagonista in “La Trasgressione” di Fabrizio Rampelli (trashone che non so con quale coraggio sia stato presentato a Venezia nell'87), esordisce nel '92 nel porno per merito del solito Schicchi. Non bellissima ma dal fisico senz'altro burroso e prorompente, scontenta però il massimo esponente dell'hard contemporaneo Rocco Siffredi, che, forse per il fatto di averla conosciuta a fine carriera quando la sua bellezza era sfiorita, l'ha battezzata “ammosciacazzi”. Chiniamo il capo di fronte al “totem” di sapere di Rocco e ricordiamo la vicenda della barese Rossana Doll (Di Pierro) che accantonato il sogno di diventare hostess e consumata l'esperienza cinematografica con Brass in “Così fan tutte” debutta proprio con Rocco. Ma Rossana viene ricordata dalle cronache per il suo libro scandalo “Membri di partito”dove svela i vizietti poco “onorevoli” di alcuni politici erotomani. Forte di tanto successo i suoi show live nel barese registrano risse e disordini vari. Maurizia Paradiso rappresenta invece un altro caso di ambiguità sessuale su cui l'attrice milanese, verace e colorita e frequentatrice ancora oggi dei notturni siparietti televisivi, gioca sia nel suo debutto “Il segreto di Maurizia” sia in seguito nella vita. Jessica Rizzo (Eugenia Valentini) rappresenta non una semplice attrice ma l'industria del porno gestendo col marito (con cui ha da sempre condiviso la passione per gli scambi coppie e i festini privati fino a recitare insieme in “Giochi bestiali in famiglia”)un canale satellitare a tema, sdoganando in tempi non sospetti il genere al grande pubblico. Selen (Luce Caponegro) meriterebbe un premio solo per la sua carica erotica: non una bellezza mozzafiato, né patinata, ma sicuramente vera e accattivante. La sua idea del porno è quella di un film con tutte le attenzioni e le cure che un vero film merita; per questo si affida spesso al regista Mario Salieri che (“Concetta Licata” su tutti) rappresenta “l'hard d'autore”. Ma la sua passione per il sesso va aldilà della celluloide, fondando una rivista di cultura erotica, arte e fumetti che prende appunto il suo nome. Recentemente la ricordiamo per la partecipazione al reality “La Fattoria” in cui col ricongiungersi alla natura vuole forse ricordare i tempi in cui era un hippy. Nei film di Salieri appare anche Luana Borgia (Luana Perdon) algida e austera diva che cerca di limitare la sua presenza solo a prodotti di una certa “qualità” (“Concetta Licata 3” di Salieri). Ultima ma non ultima scoperta di Schicchi è la moglie Eva Henger, showgirl instancabile. Fisico da Barbie messa a pressione, ma dall'aria molto dolce e ragazza simpaticissima, appare in due unici hard: “Le pornololite di Diva Futura 4” e “Finalmente pornostar” dove è protagonista. Impossibile essere esaustivi in un mondo vasto come quello del porno a meno di non avere lo spazio di un intero libro (e avremmo dovuto parlare di Laura Levi, Guja Lauri Filzi protagonista del trash porno fumetto “Bath man dal pianeta eros” di Antonio D'Agostino, Miss Pomodoro, La Venere Bianca, Sandy Samuel, autrice del 45 giri “I like sado-music” e di tante altre che qui non compaiono) ma è sicuramente bene ricordare che le luci rosse, aldilà delle forme procaci delle sue protagoniste e dei titoli coloriti che ci fanno ridere, cela un mercato spesso cinico quando non addirittura spietato, che dimentica con troppa disinvoltura il rispetto per le persone davanti alla telecamera. Ma come abbiamo detto, non poche sono le storie sfortunate che spingono una donna a scegliere la via dell'hard. E come diceva Joe D'Amato, uno che di certo la sapeva lunga: “…le attrici di adesso? Lo fanno quasi esclusivamente per soldi…anzi senza quasi ( da Nocturno n°2 serie fanzine)”. E questo è bene tenerlo a mente. Gianpiero Chionna I dischi del futuro (prossimo) Torna settembre e sembra allontanarsi la minaccia singolone da ombrellone, gli scaffali dei negozi si ripopolano di dischi veri e grandi e piccoli nomi si riaffacciano offrendo ai nostri padiglioni stressati dall'unz unz vacanziero una manciata di album nuovi. Più rinfrescante dell'aria condizionata a palla torna l'islandese Bjork con un disco nuovo di zecca dal titolo Medulla che ospita al suo interno il mitico Robert Wyatt, il grande Mike Patton (Faith No More, Fantomas e Mr.Bungle). Al disco hanno inoltre collaborato polistrumentista giapponese Dokaka e Rahzel dei Roots. Per continuare la carrelata in rosa segnaliamo l'uscita di Before The Poison di Marianne Faithfull nel disco fanno capolino Damon Albarn dei Blur e Pj Harvey, c'è anche lo zampino di Nick Cave che firma tre brani. E anche Nick Cave torna con un nuovo album con i Bad Seeds, un doppio, per la precisione, dal titolo Abattoir Blues / The Lyre of Orpheus. Si tratta del primo album da quando Blixa Bargeld ha lasciato il gruppo. Sempre in tema di mostri sacri torna Tom Waits con Real gone e un libro Wild Years a cura di Jay S. Jacobs. C'è chi c'è ancora e ruggisce e chi non c'è più e ci dispiace. Esce postumo From A Basement On The Hill, il disco che Elliott Smith stava completando prima di suicidarsi. L'album è stato completato grazie al lavoro di due suoi collaboratori di vecchia data, Rob Schnapf e Joanna Bolme, sua ex-fidanzata e attualmente bassista dei Jicks di Stephen Malkmus. Dai fantasmi agli zombie (a mio modesto parere) esce il quarto album solista Mark Knopfler, ex-chitarrista e cantante dei Dire Straits. Grande ritorno poi per due band inossidabili. È prevista per il 22 novembre l'uscita del nuovo album degli U2 e per fine mese quella del nuovo dei Rem. Anno di un grande ritorno poi, quello dei Pixies che, secondo le indiscrezioni del leader Frank Black, hanno in serbo qualcosa di nuovo per la fine dell'anno. E se il rock wave degli anni ‘80 è stato sconvolto dai Pixies il pop dello stesso decennio è stato travolto da un'altra band che torna con la formazione originale e un nuovo disco: sono i fonatissimi Duran Duran e il loro disco si intitolerà Astronaut. Per chi ama le emozioni forti in uscita anche Greatest Hits Vol.1, compilation di successi dei Korn, il Best Of di Marilyn Manson, il terzo album dei Radio 4 e il terzo dei Good Charlotte e dopo quattro anni di silenzio anche i Green Day per la felicità di tutti i punkettini. Sempre per gli appassionati del punk esce Raw, dvd che racconta l'affascinante avventura dei Ramones on the road. Da non perdere poi, in occasione del 25° anniversario dell'uscita di London Calling, il celebre disco del gruppo punk dei Clash, una ristampa di 3 dischi contente, oltre all'album originale rimasterizzato, delle registrazioni del gruppo risalenti a 25 anni fa e un DVD di 45 minuti contenente un documentario basato sulle riprese delle registrazioni di London Calling, con esibizioni della band dal vivo mai viste ed interviste. Anche Jon Spencer e i suoi Blues Explosion con un nuovo album e un nuovo tour presto in Italia a riscaldare questo nuovo autunno pieno di nuova e speriamo buona musica, i giovani e bravi The Music e i grandi Giant Sand. Ed è solo l'inizio prima della valanga di cadeaux natalizi. Osvaldo CoolClub Società Cooperativa - ufficio stampa - promozione - direzione artistica - eventi - booking Via de Jacobis 42, 73100 Lecce tel: 0832303707 www.coolclub.it [email protected] American Music Club Love Songs For Patriots Cooking Vinyl La "reunion" degli American Music Club è frutto di un lavoro di ricucitura cominciato tre o quattro anni fa da Mark Eitzel ed è particolarmente significativa perché coinvolge finalmente anche Vudi. Il chitarrista degli AMC è stato sempre restio a riformare la band e deve esserci voluta molta pazienza per convincerlo. Eitzel racconta che si è trattato di un riaccendersi d'interesse quasi improvviso: Danny Pearson (basso) ha telefonato a Tim Mooney (batteria), quest'ultimo si è messo in contatto con lui... e Vudi si è lasciato convincere a forza di drink, mentre Bruce Kaphan (pedal steel) ha detto di no. Al suo posto è stato convocato Marc Capelle (tromba, pianoforte) e il risultato gira adesso nel nostro lettore muovendosi sulla dialettica tra la voce e le melodie struggenti del leader e le timbriche taglienti di Vudi. Con tutto il rispetto per il lavoro solista del primo, ci chiediamo come abbiamo fatto a stare per così tanto tempo senza questo incredibile gruppo. Giancarlo Susanna Phil Manzanera 6 pm Hannibal C'è chi sostiene che i critici non dovrebbero mai incontrare i musicisti e men che mai frequentarli. La lunga esperienza accumulata in anni e anni di interviste e conferenze stampa ci permette di dissentire. Ilcaso di Phil Manzanera è in questo senso emblematico: un mattino di parecchi anni fa lo abbiamo incontrato insieme a molti altri colleghi; lo abbiamo rivisto la sera stessa nel locale in cui stava per suonare e ci ha salutato lui per primo. Memoria fotografica? Forse. E soprattutto grande cortesia. Un tratto di umanità che si ritrova nella sua musica e in modo particolare nell'atmosfera di questo bel disco. Circondato da amici come Brian Eno, Andy MacKay, Chrissie Hynde, Robert Wyatt e DavidGilmour, Manzanera ha realizzato uno dei dischi solisti più belli della sua lunga carriera, una sintesi di quanto fatto dall'epoca del suo arrivo a Londra sul finire dei magici Sixties fino ad oggi. Con lo sguardo sempre puntato verso il futuro e quell'eleganza di cui dicevamo. Giancarlo Susanna Irio De Paula Ivan Granata Incauto Sperimentatore Etnoworld Ci si può sbizzarrire. E chiamarlo fusion o magari easy-listeng o più semplicemente new-age, nell'eccezione più nobile del termine. Sta di fatto che il suono di Ivan Granata, da qualche anno sulla scena musicale (non solo locale) è diventato un marchio doc e lo dimostra il suo ultimo lavoro «Incauto Sperimentatore» edito dalla Etnoworld. Granata è pressoché inconfondibile. Merito del suo stile interpretativo in brani come «La casa dei segreti», «Orecchiette, rape e ketchup» o «Vento d'Oriente» (da notare soprattutto i titoli delle canzoni), in questo compact ha voluto omaggiare anche il grande Bela Bartok con la cover del brano «In the folk song style». Il bisogno più urgente per questo giovane barese da una tecnica ben marcata era quello di legare il passato del folk e del flamenco, al presente con la musica chiamata new-age ma che in realtà la sfiora in alcuni tratti. In questo mosaico di suoni ne esce un disco lucido ed a tratti inaspettato merito anche della spontaneità di Granata che porta anche ad ascoltare la fisarmonica di Michele Sansone, il contrabbasso di Francesco Saverio Piccarreta ed il bondir di Aldo Grillo, altri valenti musicisti di quel sud che riesce a sfornare ottimi spunti a livello musicale. «Incauto Sperimentatore» ed il primo cd «Rivelazioni» (in questo disco sono state inserire alcune delle canzoni che qualche anno fa lo stesso Granata aveva raccolto e autoprodotto ma che avevano una distribuzione prettamente localistica) è un compact che vive di melodie, di suoni curati con maniacale attenzione, di consapevolezza che si trasforma in energia. L'ambizione è forse quella di arrivare allo zenith della musica d'avanguardia ma con il gusto e la praticità tipicamente Mediterranea con un trasformismo ed una profondità sconosciuta a tanti altri musicisti del Sud. Dimostrando che la musica d'atmosfera ha ancora lo slancio giusto per colpire duro e le ballate «Tarantella», «Altamurgia», «Sulle mie corde» e «Bassa Marea» aggiungono seduzioni a questo doppio cd che regala ai suoi ascoltatori la leggerezza tanto sospirata. Michele Traversa Un amante dei paradossi come me non può non approfittare della fruizione di un pessimo concerto per elogiare l'artista che lo ha tenuto: quest'estate il leggendario chitarrista brasiliano Irio De Paula ha fatto capolino nel Salento per una criticabile esecuzione, caratterizzata da scarsissime pulizia e precisione, da un quantitativo di pathos inferiore a una qualsiasi puntata di Centovetrine e soprattutto da una banale scelta di brani abusatissimi della tradizione carioca - tutti quei brani, per intenderci, che potreste ascoltare accendendo la televisione la sera della vigilia di capodanno; è come se un italiano andasse a suonare all'estero eseguendo “O sole mio”, “Nel blu dipinto di blu” o peggio ancora “Santu Paulu meu te li scursuni pacci” (cosa che peraltro avviene, anche se in queste ipotesi a mio avviso non si tratta più di musica ma di business folkloristico). Nel caso di Irio De Paula la causa del peccato è probabilmente l'età avanzata (già negli anni Sessanta era un punto di riferimento in Brasile per chiunque si cimentasse con la chitarra) o forse una pantagruelica abbuffata di pasticciotti, che gli ha impedito di sfoggiare come ha sempre fatto la sua maestria sullo strumento, grazie alla quale ha potuto collaborare con un'infinità di artisti non solo del suo paese (tra i quali Astrud Gilberto, Baden Powell, Tal Farlow, Barnie Kessel), e non gli ha consentito di deliziare il pubblico con la sua raffinata ed originale ricerca armonica, né con la sua sapiente miscela di momenti lenti e meravigliosamente malinconici con parentesi di scatenata gioia di vivere, né con la sua perizia ritmica talmente radicata da permettergli con un unico strumento, in perfetta solitudine, di sublimare la ricchezza ritmica di un'intera sezione di percussionisti carioca. Il mio sincero auspicio, a questo punto, è che la digestione dei pasticciotti si sia già completata o che comunque non si protragga oltremodo, così che si possa di nuovo apprezzare al meglio questo superbo musicista. Marcello Zappatore Wilco A ghost is born Nonesuch Records - 2004 Muovendosi nell'ombra, solcando mari tranquilli e in ogni caso sempre sotto la cresta dell'onda, i Wilco di Jeff Tweedy sfornano dischi da ormai molti anni esplorando con buoni risultati le diverse sfaccettature del rock e del pop. L'approdo alle luci della ribalta, giunto tardivo con il bellissimo “Yankee Hotel Foxtrot”, necessitava di una consacrazione. Tweedy non si fa attendere e puntualmente sfodera un disco di rara fattura.”A Ghost Is Born” è una fucina di idee, un ricettacolo di suoni. La composizione è ampia, ricca di soluzioni innovative. La struttura dei brani, inizialmente semplice e lineare, è arricchita dall'improvviso inserimento di nuovi strumenti, che tracciano percorsi alternativi e divergenti e spiazzano l'ascoltatore, trascinandolo su sentieri nuovi e sconosciuti. Una viola impazzita costringe la base ritmica ad accelerare, ad incalzare per starle dietro; un delirio di sintetizzatori si impadronisce della scena per oltre dieci minuti. Ancora, una distorsione irrompe inaspettata violentando la più tenera ballata, mentre il piano e le chitarre si dividono tra arpeggi, controtempi jazz, riff e divagazioni quasi psichedeliche. La produzione è affidata alle mani sapienti di Jim O'Rourke (anche musicista in gran parte dei brani), che riesce ad amalgamare il tutto con notevole maestria scongiurando il rischio fin troppo evidente di un “polpettone barocco”. L'assemblaggio risulta invece praticamente perfetto, niente appare fuori posto e tutte le incredibili sfumature di questo disco si rivelano gradualmente all'ascolto svelando sempre nuovi suggestivi orizzonti sonori. Un quadro poliedrico da cui emergono gemme pop come “Muzzle of Blues” ripetitività alienante come “Spiders” e strutture complesse e stratificate “Company in my back”, per tacere delle splendide “Humming” e “Handshake drugs” di stampo quasi beatlesiano. Tweedy sa come ammaliare e stupire, cura ogni dettaglio a cominciare dal titolo, intrigante e onirico, cui associa un'immagine di copertina spettrale e indefinita nei contorni. Un disco ispirato, mai banale, senza dubbio una delle migliori proposte dell'anno. Giacomo Rosato Phantom Planet Phantom Planet Epic/Daylight - 2004 Ovo Cicatrici Bar La Muerte/Ebria - 2004 Il rock è musica sempre attuale, capace di rinnovarsi e plasmarsi con i tempi. Il letargo in cui sembrava essere caduto è stato ancora di breve durata, ed è finito quando, circa due mesi or sono, un fiume di nuove leve ha ricominciato ad invadere gli scaffali dei negozi di dischi. Protagonisti assoluti di questo nuovo movimento sono quelle band che ispirandosi chi al rock newyorkese del cbgb, chi al postpunk britannico, chi ancora all'hard di stampo Ac/Dc e strizzando l'occhio all'aspetto commerciale, hanno saputo proporsi come nuovi fenomeni musicali in ambito mondiale. Il riferimento è ovviamente a gruppi come Strokes, Interpol e in misura minore, Jet e Hives. Intorno ad essi si è andato formando tutto un fermento di nuove proposte tra cui i Phantom Planet spiccano forse non per fama ma sicuramente per qualità. Dopo “The Guest”, deludente debutto caratterizzato da composizioni poprock scialbe e prive di energia, i P.P. se ne vengono fuori con un disco sanguigno e adrenalinico, un taglio netto, una svolta tanto sorprendente quanto positiva. Al primo impatto l'impressione è di un rumore eccessivo, di un uso esasperato di distorsioni tese a mascherare una certa povertà di idee. Un ascolto più approfondito però rivela una carica fuori dal comune e un'inaspettata propensione alla melodia oltre a sottolineare gli enormi progressi vocali del cantante. Episodi quali “The happy ending” e “1st things 1st” mettono in luce arrangiamenti più corposi e violenti rispetto agli esordi. Il fiore all'occhiello del disco è “You're not welcome here”, in cui un cantato sporco ma melodico fa da contrasto all'imponente muro elettrico costruito dalle chitarre. Giacomo Rosato Una spruzzata di follia, a tratti esasperante, a tratti giocosamente rigenerativa. Questo è Cicatrici, primo CD in studio per gli OVO, dopo numerosi lavori costruiti “su canovaccio”. Il loro suono è onnivoro; crea e ricrea ritmi, note e voci, li smaterializza, li rielabora in psichedelica degenarazione. E' rock, noise, melodia, schizofrenia, deviazione e resurrezione; il tutto riprodotto dalla voce, violino, chitarre, giochi e, talvolta, dai capelli di Stefania Perdetti e dal timpano, rullante, chitarra, basso, pedali e piatti di Bruno Dorella. Risultato: 9 tracce per poco più di 35 minuti di musica. Molto belle: “Candida” che, con la collaborazione di Bill Horist e Fabrizio Modenese Palumbo, ricrea atmosfere care ai primi Motorpsycho (Trust Us Ozone) e di alcuni lavori dei Mogwai; “Signora Bella con Cane Gentile”, una brevissima gemma con cui si conclude l'album ed ispirata dalla definizione data dalla piccola Zaira, figlia di Francois Cambuzat e Chiara Locardi alla Pedretti; “Spezzata” e “L'anno del cane”, due piacevolissime chicche, una post-rock, l'altra più tribale, di liberazione vocale. Meravigliosamente folle e delirante “La (punkettona, ndr) saponatrice di Ferrara”, mentre infatuano il tenebroso e funereo intercalare di “Ombra nell'ombra” ed il nosense ritmato, tra capelli e pedali di “Efesto”. Sarà il caldo di questi giorni, ma “La Peste” risulta eccessivamente esasperata, così come “Phiphenomena”, che con i suoi 8 minuti e 27 secondi rischia spesso di appesantirsi inutilmente. Un lavoro interessante, forse non innovativo, ma che, proseguendo sul filone di varie correnti sonore del calderone del “postrock”, riesce comunque a dare una propria impronta. Info su (www.barlamuerte.com) Davide Castrignanò K.D. Lang Hymns Of The 49th Parallel Nonesuch Qual è l'immagine più forte che ci fa venire in mente ilCanada? La foglia d'acero? La neve? Le foreste sterminate? La musica?C'è qualcosa che può legare artisti in apparenza diversi oltre alla semplice appartenenza anagrafica a questo immenso paese? La risposta prova a darcela con un disco una grande voce canadese, k.d. lang. Sono "inni del 49° parallelo" quelli che questa straordinaria cantante - ci ha sempre colpito la naturalezza con cui affronta le imprese vocali più ardite - ci propone. Sullo sfondo c'è per l'appunto il Canada, scenario che grazie alle sue interpretazioni appare ideale per la poesia e le canzoni. Scivolano una dietro l'altra Helpless e After The Gold Rush di Neil Young, A Case Of You e Jericho di Joni Mitchell, Bird On A Wire e Hallelujah di Leonard Cohen, TheValley e Love Is Everything di Jane Siberry, One Day I Walk di BruceCockburn e Fallen di Ron Sexsmith. Gli arrangiamenti d'archi sono curati daun sorprendente Eumir Deodato. Giancarlo Susanna Pan Sonic Kesto (234.48:4) Blast First/Mute L'immensità catturata in un album quadruplo della durata complessiva di 234 minuti e rotti, racchiuso in un sobrio cofanetto illustrato dalle fotografie dell'artista Anne Hämäläinen: ecco come si presenta il ritorno discografico dei finlandesi Pan Sonic dopo un silenzio che durava da Aaltopiiri (2001), lavoro cui avevano fatto seguito collaborazioni con Chicks On Speed a Londra e Peaches al Barcelona's Sonar, con Erkki Kurenniemi all'Helsinki's Avanto Festival, fino all'incontro con Masami Akita, meglio conosciuto come Merzbow, alle esibizioni del duo a Mosca, in Messico, alla Biennale di Berlino e ai diversi progetti collaterali. Ispirati dalla pittura di Francis Bacon, Mika Vainio e Ilpo Väisänen, insieme dal 1993 (prima come Panasonic, poi sotto la sigla attuale) ci consegnano adesso un'opera macroscopica e per niente immediata che richiede all'ascoltatore un'attenzione totale, una full immersion in uno sfaccettato spazio sonoro che è un po' anche la summa delle esperienze realizzate finora. Elettronica di ricerca in 33 tappe a tratti claustrofobiche che, per impatto e risonanza, acuiscono e riplasmano il concetto di sensibilità vanificando fin dall'inizio qualsiasi tipo di classificazione. Pratiche di oggettivazione che coinvolgono l'udito e i suoi rituali in un trapasso dalla contemplazione all'acquisto di una seduzione impossibile (Säteily/Radiation, ultima traccia di 61' e 16”). Glaciale, arduo, levigato: aggettivi utili, indubbiamente. E potremmo anche parlare di coincidenza del flusso sonoro con il continuum del tempo fisico di ascolto, di una colonna sonora per quell'asse dell'universo che Platone chiamava «diamante luminoso». Organico e sintetico insieme nel suo dispiegare minimal techno, drones, sequenze industrial ai fini di una discrittura dei canoni indotti dalla semiologia della musica elettronica. Autoreferenziale? Può darsi. Lo sguardo è tuttavia rivolto al futuro, a nuove possibili alterazioni da (ri)lanciare, una volta vuotato l'orizzonte da ciò che si inserisce nel campo del 'catalogo ragionato', del limite ordinario, di una morfologia senza scosse. Il beat svanisce, spalancando le porte ad una vastità notturna, forse una sinistra deviazione dell'autostrada kraft. Ogni disco ha il suo umore, il suo respiro: anelli di una catena spiazzante quanto quella fabbricata da Aphex Twin in Drukqs (2001) o, più indietro nel tempo, dalle prime uscite degli Scorn. Brani come Onkalo/Cavity o Painovoima/Gravity, sul primo dei quattro cd, sono i preliminari al lavoro di sottrazione che si ascolta in Etäisyys/Distance, Altisus/Exposure e negli otto segmenti del cd 3, vere e proprie piste vergini, mappe per direzioni mentali da intraprendere. Dai nervi scoperti dell'iniziale Rähinä I/Mayhem I (un accumulo di distorsioni che sembrano arrivare dalla sala motori di un'astronave aliena), alle 'directions' che Mika Vainio annuncia per il successore di Kesto attualmente in cantiere, senza dimenticare ovviamente che “There is no theory for Pan Sonic. We have no plan. We just make the music.” Registrato in presa diretta su nastro DAT, senza sovraincisioni, Kesto è apertamente dedicato (con una traccia-omaggio a testa) alla musica dei Throbbing Gristle, poi di Bruce Gilbert, Keiji Haino, dei Suicide, di Alvin Lucier e Charlemagne Palestine, tutte influenze che Vainio e Väisänen rivendicano come elementi fondamentali alla loro evoluzione stilistica e concettuale. La forza sprigionata dal monolite dei Pan Sonic conquista in ragione di un mistero rivelato solo in parte, rendendo necessario l'ascolto ripetuto/prolungato dell'album, magari a piccole dosi. Nino G. D'Attis Nicola Conte Other Direction Blue Note Emi Music Italia 2004 Il tanto atteso nuovo lavoro di Nicola Conte “Other Direction”. Una tappa importante per il produttore dj barese che con questa nuova produzione si affaccia sul mercato mondiale. L'album anticipato dal singolo "Kind Of Sunshine" un mix di bossanova, jazz e ritmi elettronici. Pubblicato lo scorso 09 luglio verrà distribuito in Germania, Francia, Belgio, Olanda, Belgio, Svizzera, Paesi Scandinavi, Giappone, Brasile, Argentina, Paesi dell'Est, Messico, Inghilterra. Nicola Conte lavorava da tempo su questo progetto che arricchisce la sua carriera di produttore e dj della scena nu jazz. Il sound è quello tipico delle atmosfere di fine anni cinquanta ed inizio sessanta Nicola riprende quelle atmosfere e le riscrive con una ventata di freschezza, con una ritmica inconfondibile che firma sempre i suoi lavori. Un jazz fresco che ripercorre le strade di nomi come Donald Byrd, Duke Pearson, Lee Morgan. Other Direction è la prima pubblicazione di Blue Note Emi Music Italia l'etichetta leader nella scena jazz. Patrizio Longo @ EXTRANET www.patriziolongo.com L'agonie du quatrieme Omonimo Demo autoprodotto Cose che capitano. Vai a un concerto, incontri una bimba che ti presenta un amico, quest'amico all'apparenza un residuato post metal ti da un disco, il suo, e ti accorgi che le apparenze ti ingannano ogni volta che provi a fare il sostenuto e il prevenuto. Leggo tra le note in seconda e vedo tra gli strumenti una macchina da scrivere, nome del duo (l'agonie du quatrieme) e copertina rosso carminio e nero fanno pensare a un che di dark. La curiosità è tanta e bella la sorpresa una volta schiacciato il tasto play. Se dovessi associare l'agonie du quatrieme a qualcosa o qualcuno credo che incontrerei delle difficoltà, se proprio invece devo definire la loro musica mi piacerebbe dire indie da camera, un “nuovo” percorso per sviluppare e imbastire atmosfere melodiche lontane per certi versi da compositori “classici” ma vicini nella più generale idea di mood, alla musica rock. Qualcosa sembra ispirarsi al post noise, a quella strada di armonia obbliqua intrapresa da molti gruppi americani dopo anni di sfuriate e feedback, altre cose ricordano vegamente la semplicità di gruppi come Penguin Cafè Orchestra, altre ancora un disco indie a cui in fase di mixaggio hanno tolto batteria e voce. Bella prova in ogni caso, strada coraggiosa sicuramente quella intrapresa ma piena tra le altre cose di tanto sentimento. Osvaldo www.patriziolongo.com AA.VV. Pepita vol. one Casaluna 2004 Atmosfere ben delineate per la nuova raccolta Pepita volume one compilata da Ivan Lusco. Una selezione fra le etichette Compost Records, Grand Central, Stereo Deluxe, Wall of Sound e il lounge-downtempo è di scena. Fra i nomi che risaltano nelle quattordici tracce: Joseph Malik, l'autore al momento più in vista della scena nu soul, Pilot Jazou con Your Crime remix di Nicola Conte personaggio indiscusso della scena acidjazz italiana; Riton, Bazille Noir bossa nova di qualità, Röyksopp brano non recentissimo ma degno di nota, Alberto Dati e Malinda Smith in una produzione Minus Habens. Molti ricorderanno della stessa etichetta nata nel 1987 le registrazioni su demo tapes. Un lavoro interessante che fonde stili e culture differenti fra loro. La distribuzione è affidata agli amici di Family Affair sempre molto attenti ai cambiamenti della scena musicale. Patrizio Longo Incognito Adventures in black Sunshine Emi 2004 Il nuovo attesissimo album di Incognito, Adventures in black Sunshine in distribuzione dal 26 luglio 2004. Il ritorno di una band che ha rappresentato al meglio l'acid jazz nel mondo. L'album esce in occasione del 25° anniversario di carriera, è questo non può altro che confermare la qualità del lavoro. Fra i nomi dei musicisti in questo nuovo cd troviamo oltre Bluey fondatore e leader della band, Paul Weller alla chitarra ed il brasiliano Ed Motta come vocalist oltre al nutrito coro che da sempre contraddistingue il suono della band. Un sound elegante che nulla ha da invidiare ai precedenti nove lavori: Inside Life (1991), Positivity (1993), 100 And Rising (1995), Remixed (1996), No time like the future (1999)… Il cd comprende 14 brani fra cui il singolo Listen to the music. Bluey fondatore e leader della band afferma: “Faccio musica da quando avevo cinque anni. E' la mia vita, la sola strada in cui sia assolutamente a mio agio”. Un sound elegante fatto di giochi e di intrecci sonori fra trombe, congas ed il classico hammond che non smentisce il suo fascino. Patrizio Longo SEGNALAZIONI The Postman Ultrachic plays always two times. Docktor Zoil Riviera bolgie (2004 cinedelic records). Non è certamente l'ultimo arrivato: già bassista dei Vip 200,con alle spalle collaborazioni da paura come il grande compositore tedesco Peter Thomas, Maki Momiya dei Pizzicato 5 e ultimamente anche animatore, insieme a Sam Paglia, dell' Ultrasuoni orchestra. Dopo il successo ottenuto in Giappone, Riviera bolgie viene stampato in Italia per conto della Cinedelic records. Siamo di fronte ad un album eclettico, dove tutti gli elementi che hanno caratterizzato la generazione cocktail vengono tritati, agitati, mescolati, dandogli una freschezza spaventosa; un miscuglio di boogaloo, electropop, devastanti sambe urbane sino alla rivisitazione geniale, bizzarra di alcuni classici come La banda di Mina o Besame mucho Minivip Minivip (2004 records kicks). Sono un quartetto neomod del novarese giunti alla prima prova discografica per conto della Record kids, coraggiosa etichetta italiana. Complessivamente l'album è abbastanza riuscito con buoni passaggi di pop gradevole ed incisivo. Un album dove la rabbia si sposa con il pop, con accenni crudi e aspri. Tra i pezzi più riusciti sicuramente La strada della moda, un passionale hammond groove in omaggio ai James Taylor Quartet; per il resto il disco è consigliatissimo a tutti gli amanti di Supergrass, J. Taylor Quartet, Brit, 60's beat etc. La cosa che trovo poco interessante sono le due cover presenti, molto vicine alle versioni originali, quindi scontate; avrei preferito un album di pezzi interamente originali…sicuramente The block e Sunny possono fare un certo effetto dal vivo, ma in studio perdono il loro fascino Vampi soul è un etichetta spagnola, che in poco tempo è diventata un punto di riferimento per gli amanti del soul, del boogaloo , del funky, del rare grooves; tutto confezionato in un elegantissimo digipack e in vinile da 220 grammi. Erma Franklin-Super Soul Sister (Vampi Soul - Spagna - distr. Goodfellas). Non tutti sanno che Aretha Franklin aveva una sorella dedita a un soul fortemente connotato da una matrice tamla-motown. Alcuni possono ricordarsi di lei grazie a Piece of my heart, portata al successo da Janis Joplin. Questo vinile finito in naftalina è uscito per la Brunswick nel 1969, viene finalmente ristampato per la prima volta anche in cd con in piu' 3 bonus tracks rarissimi. Il disco si apre con un soulpop sdolcinato di Jimmy Webb, By the little i get to phonix , passando per Can't see my life che diventa una ballata che va oltre il solito soul, con dei passaggi vocali tali da far impallidire Palmer dei Led Zeppelin. Con Son of a preachers man, consigliata anche nella versione di Dusty Springfield, si tocca la potenza sublime. L'apice si raggiunge con Higher & higher, con strutture armoniche vocali semplicemente fantastiche. Con la speranza che questo disco riceva le giuste attenzioni e rivaluti una figura straordinaria, offuscata per troppo tempo dall'immensita' della sorella. Willie Henderson & The Soul Explosion Funky Chicken (Vampi Soul - Spagna - distr. Goodfellas) Anche Funky chicken rappresenta una ristampa di lusso per la Vampi. Se si ha bisogno di atmosfere rarefatte questo disco è sconsigliatissimo: qui troviamo pulsazioni terrificanti, scintillanti ritmi accompagnati da un indemoniato organo hammond. L'album è pieno di funky soul rarissimi; consigliato ai dj in cerca di sorprendenti rarita' per infiammare cuori, ma soprattutto per far riconciliare la testa con il malleolo. Cronache Salentine: 21-08-04 La notte della Taranta La notte della taranta comincia. Giovanni Lindo Ferretti è un monacello allucinato, un'ombra invasata, da incursioni al sottile confine tra saggezza e pazzia, che sull'enorme palco di Melpignano si dimena ossessivamente come se gl'avessero dato in prestito un corpo di una misura troppo stretta. È lì in tutte le cinque ore del concerto, metà uomo metà lucertola («strisciano verso il ritmo i tarantolati» cantava, in una vecchia canzone dei Csi), mentre il più lucido Ambrogio Sparagna dà voce al caos dei 60 orchestrali; Francesco Di Giacomo e il suo broncio naturale, nelle retrovie, stipano una sedia di plastica a ridosso del campo base, il bellissimo monastero agostiniano del '600; in una sala dello stesso monastero, Battiato medita sull'ontologia dell'inessente e poi si apparta coi giornalisti distribuendo risposte che sembrano haiku; c'è anche Rocco Buttiglione, ma siccome nessuno se ne accorge il Commissario europeo decide di sfruttare la propria esperienza politica per richiamare un po' d'attenzione: prima del concerto scivola su uno scalino e si sloga lo slogabile, per poi sfilare a bordo d'un'ambulanza conforme alle direttive europee; sotto il palco il corteo dei cinquantamila, soprattutto giovani. Cammino tra le ronde, tra le comitive che si passano vino e fumo, tra ragazzi che mentre suonano auscultano i loro tamburelli. A me ballare non riesce proprio. Una ragazza è lì che danza, e io la osservo, la vedo guidare la gonna come una vela. Vorrei avvicinarmi e lo faccio, ma non ballo e così sembro solo un guardone, e lo sono. Mi invita a ballare, declino educatamente. «Non sono capace», spiego. «Guarda che non è difficile», mi incoraggia. «Lo so, ma uno per ballare un po' ci deve credere, se non ci credi ti vedi da fuori e nella danza non c'entri più. Io non riesco a crederci», le confesso. «E allora cosa ti piace, di quello che c'è qui?». Già, cosa mi piace? A questo punto le dico: «Mi piace guardarti ballare, i tuoi movimenti così sensuali, così amplificati dal ritmo; mi piace la capacità di questa musica di spogliare, di rendere indifesi - perché questa musica ti svela, e nel momento in cui sei nudo sei indifeso; mi piace il viaggio di questa musica, la sua storia, le sue distonie, l'incanto ostinato grazie al quale io non mi sento più mio». Lei mi osserva, stralunata. «Di dove sei?», mi fa. «Di Roma», «Ah, e a Roma non ci sono concerti così?», «Oh, certo, pochi giorni fa hanno suonato Simon & Garfunkel, poi ogni tanto all'Olimpico arriva Venditti e piange perché gli vogliono tutti bene... ma qui è diverso». La ragazza mi sorride. «Perché è diverso?», «Ma non capisci? Questo è un concerto di musica popolare, che vuol dire che non l'ha scritta Tizio o Caio, che vuol dire che tu non sei l'ospite di questo concerto, ma vuol dire che questa è musica tua, che l'hai scritta tu. E non si sono mai viste cinquantamila persone che ascoltano e ballano insieme la propria musica. Perché di Simon & Garfunkel ce ne sono due, che poi sono uno, perché Garfunkel… vabbè». La ragazza mi sorride ancora. «Tu sei un po' matto» mi dice, riprendendo a ballare. Sarà, ma sono qui per questo, penso mentre Gianna Nannini, canta Fimmine gabbando la momentanea zoppia con saltelli sincopati. Non per Battiato o chi per lui. Ma per le voci dei tamburelli, che da quando sono arrivato nel Salento - una settimana fa - non mi hanno mai abbandonato, ma seguito, annunciato, preceduto, cercato. Questa è la musica delle cose che ti porti dietro. Antonio Intervista a Franco Battiato Eccolo qui, Franco Battiato. Il primo pensiero è che il suo sarto sia andato in ferie, dal momento che indossa una mise composta da giacca scura su pantaloni bianchi alti in vita e camicia rossa. Speriamo che non abbia trovato il centro di gravità permanente. Più probabile che il casual si addica ai maestri, anche se il vate Battiato si schermisce davanti alla deferenza dei tanti ammiratori, che siano giornalisti o pubblico. «I maestri insegnano a scuola», taglia corto, prima di cantare davanti al pubblico della Notte della taranta. La cattedra del timido Franco, si sa, è il palco. L'idea è che la musica di questa sera possa essere il terreno ideale per lui che ha sempre celebrato i «ritmi ossessivi». - È così? «Sì, amo i ritmi ossessivi. Ma quello che più mi piace, in questa musica, è una specie di movimento ritmico e melodico, divertente e trascinante insieme». - Quando l'ha incontrata, per la prima volta? «Tanti anni fa. Se fai questo mestiere devi mettere in conto di conoscere sia la musica popolare che quella d'avanguardia. Così ho conosciuto anche la pizzica». - Trova dei legami tra la musica della sua terra, la Sicilia, e la pizzica salentina? «Assolutamente sì, ed è nella radice comune. Provengono entrambi dalla musica arabo-andalusa». - I salentini hanno riscoperto questa musica da pochi anni. Eppure c'è chi teme che ci sia un forte rischio di commercializzazione del fenomeno legato al tarantismo… «Ma è già un fenomeno commerciale. Stasera sono previste 50-60mila persone. Ma in fondo questo conta poco» - Lei è un frequentatore del Salento? «In questi ultimi anni sta succedendo così». - Cosa le piace di più, di questa regione? Battiato ride: «Devo essere onesto? Il pubblico». - Proporrà qualche pizzica nei prossimi album? «Tutto può essere, ma stasera sono qui come esecutore e mi fermo qui. Per preparare le mie canzoni, ho dovuto fare un lavoro d'apprendimento, perché certe cose vanno eseguite come sono. Se poi dovessi far qualcosa di mio è chiaro che sentirei la necessità di cambiarlo e di adattarlo alla mia musica». Antonio Intervista a Giovanni Lindo Ferretti Lindo Ferretti, l'anti-rockstar dei Cccp, dei Csi e ora dei Pgr. Onnipresente, ubiquo sul palco, eppure nessuna mania di protagonismo, ma semplice strumento di quello che lui chiama «il vortice». - Il vortice? «È una musica vorticosa, quella della pizzica, la cui forza è nello spezzettamento del ritmo. Che produce, appunto, un vortice. C'è qualcosa, in questa danza, di molto arcaico, ma che si trova anche nel contemporaneo. Solo la musica sperimentale o le avanguardie si permettono di spezzettare il ritmo così. Il suo segreto è probabilmente nella semplicità dello strumento, il tamburello: un cerchio rotondo di legno che racchiude i tre regni. Forse il tamburello in origine era una magia. E la taranta l'antica musica degli dei pagani». - Una scoperta avvenuta quando? «Conoscevo già la pizzica. All'università ho seguito solo un corso, quello di Roberto Leydi (tra i più grandi etnomusicologi italiani, ndr). Mi ha insegnato cose meravigliose. Mi sono ritrovato poi a essere un cantante d'avanguardia che sperimentava il peggio del rock and roll per poi ritrovarmi, dieci anni dopo, a uscire dal palco dei Csi e a ricominciare, a riprendere possesso del canto popolare con un'orchestra popolare. Ambrogio Sparagna ha riaperto una finestra che già possedevo ma, che era rimasta chiusa». - Di questa esperienza salentina, cosa ti ha più colpito? «La bellezza delle parole e della poesia del Salento. I poeti che hanno vissuto qui dagli anni '50 hanno lasciato delle parole di grande fascino, e ho come la sensazione che il Sud del sud d'Italia sia molto legato a quelle che erano le grandi tradizioni letterarie dell'Europa». - Parole diffuse e conosciute anche tra i salentini… «Già. I poeti del Salento sono conosciutissimi da persone che mai avrei immaginato potessero fare poesia. E poi non è facile trovare una terra in cui ci sono così tante persone che suonano. Qui sono più di 200 i gruppi che suonano musica popolare. Incredibile». Antonio Christian Raimo Dov'eri tu quando le stelle del mattino gioivano in coro? Minimum fax Novità in libreria Elio Fiabe centimetropolitane Bompiani - 112 p., € 12,00 Un nome che non chiede presentazione, l'amato leader delle “Storie Tese”, ci presenta un libro di fiabe popolate dai suoi improbabili e realissimi personaggi. Donald Antrim I cento fratelli Minimum Fax - 180 p., € 11,50 Si tratta del secondo romanzo di Donald Antrim che stavolta guida il lettore nell'enorme biblioteca diroccata di un'antica villa, dove cento fratelli si riuniscono per cenare insieme e ritrovare l'urna delle ceneri del padre, temporaneamente smarrita. In un claustrofobico tour de force, esilarante e tragico al tempo stesso, si snodano le loro vicende dal tramonto all'alba, fra scambi di insulti, formarsi e sciogliersi di alleanze, incontri di football improvvisati, scricchiolii nei lampadari, cani inferociti e un tasso alcolico in crescita perenne, finché le tensioni fra consanguinei non minacceranno di sfociare nel sangue... T. Coraghessan Boyle Dr. Sex Einaudi - 340 p., € 18,00 Agli inizi degli anni quaranta nel campus dell'Università dell'Indiana, il professor Kinsey, autore dell'omonimo rapporto sul sesso che tanto scalpore fece all'epoca, inizia le sue ricerche. Istituisce un “corso sul matrimonio” che diviene presto uno dei più frequentati della Facoltà di biologia. Le lezioni, naturalmente, non resteranno puramente teoriche: cadono i tabù e la “ricerca scientifica” si trasforma in qualcosa di molto eccitante per i membri della cerchia intima del professore. I suoi collaboratori e le loro mogli sperimentano ogni sorta di relazioni proibite nell'America dell'epoca. Rick Moody La più lucente corona d'angeli in cielo Minimum Fax 2004 C'è chi dice che il movimento degli anni '70 sia stato stroncato dall'eroina. Moltissimi ragazzi in gamba furono portati via da questa terribile sostanza chimica. Negli anni '90 il cosiddetto fenomeno della tossicodipendenza conobbe una recrudescenza. Di nuovo tantissimi ragazzi davvero in gamba portati via da questa maledetta sostanza chimica. Tra essi un mio carissimo amico. La più lucente corona d'angeli è un libro struggente, e ricco. Ricco di umanità, come non se ne leggeva da tempo, ricco di atmosfere, ricco di spunti, ricco di quella maledetta sostanza chimica. Tre racconti, tenuti insieme da un medesimo filo comune: l'eroina. Personaggi che all'eroina approdano come un percorso naturale dovuto alla loro stessa condizione di esseri umani disperati. E questi personaggi, disperati, poveri di spirito, tanto umani da diventare disumani, formano, come nella città vecchia che fu di Saba e De Andrè, la più lucente corona d'angeli nel cielo. Ho letto il libro in meno di due ore, con una casuale coincidenza. L'ho letto in treno, tornando da una vacanza a Bologna, città che è stata il cuore nero dell'eroina in Italia, negli anni '70 e negli anni '90. Ho letto il libro in treno e quando l'ho finito ho letto la bellissima postfazione di Tommaso Pincio, che inizia dicendo che ha letto il libro di Moody in treno. Come me. E continua dicendo di avere avuto in passato una lunga frequentazione con la sostanza di cui tratta il libro. Come il mio amico. Ed è proprio pensando al mio amico che leggo questo libro e lo consiglio a tutti. dario goffredo Abbiamo recensito La qualità dell'aria, l'antologia da lui curata per Minimum fax, l'abbiamo intervistato, e ora torniamo a parlare su queste pagine di Christian Raimo, per raccontarvi il suo ultimo libro, uscito a ridosso dell'antologia, sempre per Minimum fax, Dov'eri tu quando le stelle del mattino gioivano in coro?. Conosciamo, e apprezziamo sinceramente, l'idea di letteratura che sta dietro al lavoro di Christian, ne condividiamo i punti saldi, la ricerca di una qualità scrittoria che sia al di là delle mode del momento, la consapevolezza del suo sguardo di scrittore, la consapevolezza del suo ruolo di scrittore, la consapevolezza delle responsabilità che questo ruolo comporta. Come nel suo precedente Latte anche in questo caso Raimo affronta la forma racconto che è quella che sembra calzargli più a pennello, per le possibilità che una storia raccontata in uno spazio limitato dà di affrontare la lingua in una maniera approfondita e estremamente controllata. Raimo è scrittore di talento e lo dimostra in ogni sua pagina. È una umanità variegata quella che popola i racconti di questo libro, una umanità che condivide (con il lettore) il tempo in cui viviamo, sbandata e persa e con il desiderio di avere ancora desideri intatti. dario goffredo Tre uomini paradossali Girolamo De Michele Einaudi Il Collettivo dei quindici, i lettori di base facenti riferimento a Wu Ming, ha selezionato questo libro tra tutti i manoscritti ricevuti. Wu Ming l'ha segnalato a stile libero, la collana di Einaudi, che lo ha pubblicato nel 2004. Il libro racconta la storia di quattro ragazzi che negli anni settanta facevano parte del movimento, sognavano, e facevano, la rivoluzione. Il passato ritorna con i suoi fantasmi, il suo carico di sogni infranti, le sue illusioni, la sua gioia delusa. Il passato ritorna perché con il passato prima o poi è necessario fare i conti. E non si scappa. I quattro amici si ritrovano dopo quasi vent'anni per ricucire fili, ricostruire storie e portare a galla segreti, che forse sarebbero dovuti rimanere tali. Non è un libro sugli anni '70, ma su quello che è successo dopo, sul riflusso, inevitabile, che ha colpito un'intera generazione. Il libro racconta la storia di una pistola, che una volta aveva sparato per uccidere un industriale. Racconta la storia della stessa pistola, che negli anni novanta torna a sparare… dario goffredo Blues, Jazz, Rock, Blues Ernesto Assante, Gino Castaldo Einaudi La sottile linea scura di Joe R. Lansdale Einaudi 2004, €14 Milano non è Milano Aldo Nove Laterza I nomi sono di quelli che fanno rumore. Gino Castaldo ed Ernesto Assante insieme per questo nuova storia dela musica. Basta direte voi, ma quest'anno il rock festeggia i cinquant'anni e quale modo migliore per festeggiarlo se non un libro. Attenzione però, se pensate a un volumetto che narra le gesta di uno sparuto numero di gruppetti vi sbagliate. Qui siamo di fronte a un libro, anzi una guida, la definiscono gli stessi autori, che ricostruisce in modo molto accurato, esaustivo e mai pesante tutto il novecento americano. E questo non significa solo rock, ma anche jazz, blues e pop accuratamente inseriti nel titolo del volume. Chi non è mai sazio di saperne di più troverà concentrate in 860 pagine le risposte a molte domande. Si parte naturalmente dal blues che incontra la musica tradizionale bianca per arrivare fino al nu metal. Consapevoli della grandissima importanza del ruolo dell'America all'interno della storia della musica i due giornalisti musicali di Repubblica non hanno tralasciato generi e gruppi che, chi più chi meno, sono passati alla storia. Non è certamente un libro da leggere tutto di un fiato, ma sicuramente da tenere sul comodino o a portata di mano perché ogni volta che sentirete un gruppo e non sapete che cosa e quando suonava, ogni volta che sentite parlare di un genere e volete fare bella figura con gli amici su Blues, Jazz, Rock, Pop troverete quel che vi serve. Scritto come si addice a un libro che parla di musica e non di filosofia morale la guida ha l'incedere di una storia bella come solo la musica sa essere. Osvaldo A quanti anni si “ p e r d e l'innocenza”? Stanley Mitchell, nella tranquilla estate texana del 1958, a soli 13 anni si avvicina per la prima volta al dolore, al sesso e alla morte e capisce di non essere più lo stesso. F i g l i o d e l proprietario di un drive-in della p r o v i n c i a americana, il piccolo Stanley trova quasi per caso una scatola piena di lettere e inizia a mettere insieme i frammenti di una vicenda oscura e per certi versi macabra che coinvolge alcuni abitanti della sua piccola città. Nel breve arco di una stagione, una fitta catena di eventi di cui Stanley è a volte protagonista, altre semplice spettatore, presentano all'adolescente il lato più cruento della società in cui si appresta ad entrare. A tratti horror, a tratti giallo La sottile linea scura cattura il lettore fino alla soluzione del mistero, a poche righe dalla fine. Romanzo di formazione di forte potenza narrativa dunque, La sottile linea scura mostra in realtà uno spessore che va oltre l'immediatezza con cui si offre alla lettura. In esso Lansdale cerca di delineare un profilo della società americana della metà del secolo scorso, in cui ignoranza e povertà alimentano il razzismo e un certo fondamentalismo religioso. Attraverso la descrizione delle continue tensioni tra bianchi e neri, ricchi e poveri, l'autore prende di mira le credenze e i pregiudizi di una popolazione, vissuti, in quella società, come la norma. Ma l'immagine comunque non impietosa di questo micro-cosmo che lo scrittore nordamericano tratteggia, arriva al lettore attraverso gli occhi di Stanley, dunque in parte mitigata dall'ingenuità curiosa del protagonista. Fulvio Totaro Uscito da pochi mesi questo libro di Aldo Nove per Laterza è una guida d'autore a Milano. Aldo Nove ci guida con il suo stile inconfondibile attraverso i luoghi più significativi per lui della metropoli più metropoli d'Italia. Ci racconta questi luoghi attraverso la loro storia ufficiale e non, attraverso le sue digressioni personali, attraverso la sua personale esperienze di milanese quasi doc, visto che l'autore proviene dalla provincia. Ci racconta come Milano fosse per lui bambino della provincia un luogo altro, quasi mitico, come la sua stazione centrale quando ci arrivavi in treno e ti trovavi quasi perso fra i suoi binari, sotto la sua cupola, immerso nella sua folla. I luoghi di Aldo Nove vanno dal Pirellone al MacDonald's, senza dimenticare ovviamente il mitico Burgy, luogo d'altri tempi e d'altre mode, ma sempre facente parte della stessa città, che, come sta a significare il titolo, non è mai la stessa. È questa la teoria da cui parte Aldo Nove per raccontarci la sua città. Una città in continua trasformazione, in continua mutazione, in continua autorigenerazione. Milano non è Milano è un libro piacevole e divertente, decisamente ottimo come guida anche per chi già conosce Milano, adatto a chi la ama, e capace forse di far cambiare idea a chi non la trova di suo gradimento. dario goffredo AA.VV Salento d'autore Manni - 2004 Le guide turistiche alla fine sono tutte uguali. Foto, consigli utili, cenni architettonici su case, palazzi, chiese, strade, storie di luoghi e persone. “Salento d'autore. Guida ai piaceri intellettuali del territorio” della casa editrice Manni di San Cesario spicca per la sua diversità e per la sua tecnica narrativa. Sette itinerari, dalla costa alla campagna, dai menhir al barocco, raccontati da giornalisti, scrittori, professori e amanti di questa terra. Il tutto condito da schede (cinema, letteratura, archeologia, cucina e altri argomenti) e da una raccolta di foto di Fernando Bevilacqua (la religiosità) e Maurizio Buttazzo (il lavoro). Una guida alternativa pensata per i “viaggiatori desiderosi di conoscere, di capire, di godere pienamente e con rispetto d'un territorio che continua ad essere crocevia inquieto di civiltà ed ha l'ambizione di essere un sussidio alla comprensione del Salento leccese”. Non una guida organica, precisano dalla Manni, e questo si vede. Un libro di accompagnamento più che di orientamento. Forse la prossima guida sarà un Salento da fruitore. Pierpaolo Parole contro Federico Faloppa Garzanti 2004 Un amante delle parole e delle loro sfaccettature semantiche non può non soffermarsi su questo interessante volume di Federico Faloppa. “Parole contro. La rappresentazione del diverso nella lingua italiana e nei dialetti”, edito dalla Garzanti, è un vero e proprio dizionario ragionato del pregiudizio. Attraverso le attestazioni su vocabolari e glossari dialettali Faloppa (al suo secondo libro sull'argomento) spiega come dietro alcune parole si nascondano pregiudizio e intolleranza, razzismo e antisemitismo. Attraverso quattro capitoli si analizzano le discriminazioni nei confronti di ebrei, cristiani e non cristiani (Mamma li turchi), negri e meticci, arabi e zingari, nomadi e beduini. Un libro da comprare e c o n s u l t a r e . M i raccomando pagatelo e non fate i portoghesi (che poi poverini non c'entravano nulla). Pierpaolo FILM IN SALA di Michele Pierri Queste le uscite che allieteranno i nostri momenti in sala a partire da settembre: Spiderman 2 di Sam Raimi Spider-Man è tornato e dovrà affrontare una nuova minaccia per New York: Dr. Octopus che un tempo era amico del vecchio insegnante di scienze di Peter Parker. Saint Ange di Pascal Laugier Anna è una giovane ragazza incinta incaricata di fare le pulizie in un orfanotrofio semi-abbandonato, il Saint Ange. La giovane comincia ad avvertire oscure presenze, rendendosi conto che i bambini nell'istituto subivano terribili atrocità. Vento di terra di Vincenzo Marra Enzo ha sedici anni e vive nel non facile quartiere di Secondigliano, a Napoli. Dopo la morte del padre, nel tentativo di aiutare i propri cari, il giovane si troverà ad affrontare una serie di drammatiche esperienze. La sua integrità sarà messa a dura prova, ma il suo coraggio e la sua determinazione faranno sì che la famiglia ritrovi una dignità altrimenti compromessa per sempre. L' amore ritrovato di Carlo Mazzacurati Poco prima della seconda guerra mondiale, Mario, impiegato in banca, e Giovanna, manicure, iniziano una tormentata storia d'amore fatta di passione, liti e riconciliazioni. The Bourne supremacy di Paul Greengrass Torna Jason Bourne, stavolta accusato ingiustamente dell'omicidio del vice premier cinese e chiamato a investigare su chi è il vero colpevole che ha usato la sua identità. Le conseguenze dell' amore di Paolo Sorrentino Un elegante e misterioso uomo d'affari e una giovane cameriera di un hotel: una storia d'amore, piena di misteri e di segreti, che non verrà mai vissuta fino in fondo, ma sarà il motore di una serie di azioni che cambieranno il destino dei protagonisti. Come inguaiammo il cinema italiano: la vera storia di Franco e Ciccio di Ciprì e Maresco Film documentario, con immagini d'epoca e numerose testimonianze, sulla carriera del celebre duo comico nato per le strade di Palermo all'inizio del dopoguerra e cresciuto tra gag, spettacoli musicali e macchiette indimenticabili del cinema e della tv degli anni '70 e '80. Garfield: il film di Peter Hewitt La vita del gatto Garfield è perfetta: mangia, dorme e nulla di più. Ma dal momento in cui il suo padrone, Jon Arbuckle, porta a casa un cagnolino di nome Odie, le cose cambiano in peggio. E quando Odie viene rapito, Garfield si sente in colpa e parte per recuperarlo. The terminal Steven Spielberg Per chi aveva ancora dubbi sulle reali capacità di questo regista sempre in bilico fra qualità e incassi, drammi e commedie ecco la risposta. Spielberg colpisce ancora. Non solo, ma dimostra di conoscere alla perfezione i meccanismi che regolano una regia ben dosata che sa distribuire in egual maniera pathos e risate. Presa una vera notizia di cronaca (il film è ispirato alla vicenda dell' iraniano Merhan Nasseri, rimasto bloccato all' aeroporto "De Gaulle" di Parigi), il regista l'ha rivoltata a suo piacimento per scrivere definitivamente l'epitaffio del tanto celebrato "sogno americano". Viktor Navorsky (un impareggiabile Tom Hanks), un turista dell'immaginario stato di Krakhozia, sbarca all' aeroporto "Kennedy" di New York. Durante il viaggio nel suo paese però si è verificato un colpo di stato: il suo passaporto non ha più valore, non può entrare negli Stati Uniti e non può ripartire. Si trova così costretto ad attendere al terminale, zona franca e punto d' incontro di viaggiatori di culture e nazionalità diverse. Ma in questa situazione dai contorni kafkiani non si abbatte, anzi in poco tempo riesce a divenire padrone assoluto dell' unico mondo che in quel momento lo accetta. A fare da contorno la surreale love-story tra Viktor e un'hostess, Amelia (Catherine ZetaJones), lontana dall'immagine di femme fatale e anzi, insicura e vulnerabile. È ovvio che il sottofondo amaro sulla morte del sogno americano c´è tutto, non a caso ad aiutare Viktor sono solo extracomunitari mentre i padroni di casa rivelano l´anima paranoica e xenofoba del dopo 11 settembre. Frank Dixon, l'agente aeroportuale (Stanley Tucci) considera Navorsky solo un problema da eliminare al più presto o da passare ad altri per non avere seccature e responsabilità. Ma questo tema, probabilmente per precisa volontà del regista, resta troppo in secondo piano, dominato dalla strabordante comicità fisica di Tom Hanks, che con parole smozzicate, gesti incerti ed espressioni esilaranti è l´autentico dominatore della scena sovrastando tutti gli altri personaggi e capace oramai di reggere da solo qualsiasi copione. Complimenti quindi a Spielberg per averci riproposto una film vecchio stampo niente male, orfano del romanticismo esasperato degli anni '40 e della commedia frizzante anni '50, ambientato in uno spazio tanto angusto quanto variegato eppure mai claustrofobico o uguale a se stesso. Michele Pierri Sessantunesima Mostra del cinema di Venezia 2004 Dopo Cannes è toccato al Lido rinfrancare i cinefili in crisi d'astinenza per la pausa estiva e offrire una nuova immagine di sfarzo della settima arte attraverso questo appuntamento storico giunto oramai alla sessantunesima edizione. Mike Leigh, con il suo film tradizionale, fatto di attori perfetti e sottili sfumature, ha messo la zampata finale sulla Mostra del Cinema di Venezia accaparrandosi il premio più ambito, il ´Leone d’Oro, battendo sul filo di lana film come “Le chiavi di casa” di Gianni Amelio , “Mare Dentro” di Amenabàr e “Binjip” del geniale Kim ki-duk “Vera Drake” che affronta il tema dell´aborto e della libertà di scelta delle donne, ambientato negli anni´50, sin dal giorno della proiezione, appariva come uno dei favoriti. Colori "old style", ambienti chiusi e una grande prova di recitazione, anche da parte degli attori di contorno, ne facevano un solido candidato alla vittoria finale. Il regista britannico si era già distinto negli anni scorsi con un film come "Segreti e bugie", che dimostrava ampiamente la sua grande capacità di dirigere gli interpreti. La Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile è andata alla protagonista del film vincitore, l'attrice Imelda Staunton. La Kidman, protagonista di “Birth”, è stata snobbata ancora una volta dalla Mostra. Già tre anni fa era strafavorita per la vittoria finale quando interpretò una madre preda di fantasmi e incubi in “The others” di Alejandro Amenabar ma venne superata tra mille polemiche dall'italiana Sandra Ceccarelli per il film di Giuseppe Piccioni “Luce dei miei occhi”. Conquista invece la sua seconda Coppa Volpi per l'interpretazione maschile lo spagnolo Javier Bardem, protagonista del film “Mare dentro” di Alejandro Amenabar. Bardem l'aveva già vinta nel 2000 con il film “Before Night Falls”. Il premio speciale per la migliore regia, è andato al coreano Kim Ki-duk per il film “Ferro 3”. Resta dunque a bocca asciutta il cinema italiano, Gianni Amelio in testa, dato nei giorni scorsi per favorito con il suo film “Le chiavi di casa”. Per lui, nemmeno la consolazione del Gran Premio della Giuria, andato allo spagnolo “Mare dentro”. Vincono il Premio Marcello Mastroianni per un giovane attore o attrice emergente Tommaso Ramenghi e Marco Luisi, protagonisti di “Lavorare con lentezza” di Guido Chiesa. Il premio 'Luigi De Laurentiis', Leone del Futuro per la miglior opera prima, è stato vinto da “Le grand voyage” di Ismaël Ferrouchi, presentato nella Settimana della critica. Menzione per “Samir” di Francesco Munzi, nella sezione Orizzonti. Osella per un contributo tecnico di particolare rilievo allo studio Ghibli per “Il castello errante di Howl” ('Hauru no ugoku shiro') di Hayao Miyazaki. Il premio Venezia Orizzonti è andato a "Les petits fils" di Ilan Duran Cohen, con una menzione speciale della giuria a 'Vento di terra' di Vincenzo Marra. Il premio Venezia Cinema digitale è andato a "20 angosht" di Mania Akbari, con una menzione speciale della giuria a "La vita è breve, ma la giornata è lunghissima" di Lucio Pellegrino e Gianni Zanasi. Il Leone d' argento Citroen corto-cortissimo è andato a 'Signe d' appartenance' di Kamel Cherif, con una menzione speciale al film di Peter Foott 'The Carpenter and his Clumsy Wife', mentre il premio Uip per il miglior cortometraggio europeo è andato al film di Steve Hudson 'Goodbye'. Con Tarantino (ormai onnipresente) e la sua rassegna di BMovies a chiudere le vacanze e a ricordarci che nel cinema c' è spazio un po' per tutti, non resta che lustrarci gli occhi e aspettare un altro anno. La festa è finita e si va tutti a casa. Michele Pierri appuntamenti Dopo l'abbuffata estiva torna la penuria settembrina e l'attesa ottombrina di eventi e appuntamenti. Penuria per la chiusura dei cartelloni estivi e attesa per le nuove rassegne teatrali e musicali. Certo, questo lo diciamo da tempo, mancano spazi adeguati per determinate musiche. Il rock di qualità a Lecce può essere un caso isolato e quando c'è (per anni CoolClub e altre realtà hanno portato piccole e grandi band da tutta Italia e non solo) deve essere necessariamente fatto in spazi angusti e con una acustica non sempre eccelsa. I pub sono fondamentali per la crescita delle nuove realtà ma non devono essere l'unico palcoscenico per la musica. Ogni arte ha bisogno di spazi adeguati. Il teatro, la lirica, la danza, la musica classica, il jazz hanno trovato spazi e cartelloni (più o meno) organici. La musica altra ancora no. La musica altra rivendica luoghi che non esistono, rivendica centri di aggregazione che non esistono e che spesso altri non vogliono che esistano con il conseguente spostamento di gente per strada e nei pub. La movida non può esistere perché i tavolini danno fastidio e i volumi sono troppo alti. Insomma come ogni anno la fine dell'estate lascia spazio alle polemiche e ad un certo vuoto. I tamburelli si sono spenti. I predatori del palco perduto scappano e lasciano tutto così com'è. Speriamo che qualcosa si muova realmente. Nei giorni di preparazione di questo numero di CoolClub si sta concludendo Atlante Neobarocco promosso da Koreja e altre realtà teatrali con la partecipazione di molti enti (www.teatrokoreja.com). Intanto segnaliamo alcune iniziative della fine di settembre e di ottobre. Sono poche ma sembrano buone. 17 settembre - Santa Cesarea Terme (Centro Storico di Vitigliano) 19 settembre - Sternatia (Palazzo del Municipio) 25 settembre - Tricase (Palazzo Gallone) 26 Settembre - Vernole (Castello di Acaya) 3 ottobre - Martignano (Palazzo Palmieri) Luoghi d'allerta Il Salento è fatto di realtà associative che da anni promuovono in varie forme l'arte e la storia del nostro territorio. È il caso di due amici e passionali operatori culturali, Mauro Marino e Piero Rapanà. Il Fondo Verri e il Teatro Blitz (che hanno sede in via Santa Maria del Paradiso a Lecce) continuano con le proprie idee e i propri progetti a sperimentare e aiutare giovani protagonisti della scena culturale. Nel mese di settembre proseguono i Luoghi d'Allerta, giunti alla seconda edizione, Visioni, lingue, canti, danze, la materia di scambio. Come in una festa: “ tu metti la casa e io porto la musica ”. Questo il loro spirito ideale. La bellezza dei luoghi, la particolarità di un impianto urbanistico accoglie e si fa casa di un accadere spontaneo, fresco, diretto che porta i segni della rinascita creativa del Salento. Ormai certa, responsabile, capace d'arte. L' invito rivolto a singoli artisti e a piccole ensemble, chiamate a costruire, in loco, delle azioni: frammenti da aggiungere in un percorso ad altro fare. Il movimento lo fa il pubblico col suo venire, chiamato all'avventura del guardare, preso ai lati nel cammino. Tutto è scena ed è scena agibile nel gioco del costruire l'evento, l'agire comune. Il tramonto apre alle azioni, c'è un tempo nel corso della serata in cui gli atti si compiono, vengono in successione; spettacoli e singole performance uniscono danza, poesia, canto, suono, scene di una sequenza che nel cammino, nello spostamento del pubblico compie e svela la sua portata. I protagonisti delle serate sono musicisti (Alessio Lega ensamble, Anton Giulio Galeandro, Emanuele Licci, Gian Luca Longo, Carla Petrachi, Donatello Pisanello, Giorgia Santoro, Admir Shkurtaj), cantanti (Raffaella Aprile, Emanuela Gabrieli, Enza Pagliara, Ninfa Giannuzzi, Cinzia Villani), attori (Salvatore Calafiore, Marco Graziuso, Silvia Lodi, Matthias Hermann Ibach, Ezio Sabatino), video makers (Davide Faggiano, Carlo Michele Schirinzi, Fluid Video Crew), creatori (Maurizio Buttazzo, Claudio Longo, Agostino Casciaro, Antonio Chiarello, Antonio De Luca), poeti e scrittori (Rossano Astremo, Elio Coriano, Mauro Marino, Luciano Pagano, Angelo Petrelli, Giulia Cantarone, Giovanni Santese, Mirko Grasso, i giovani del laboratorio di scrittura di Vitigliano), Patrizia Rucco e molti altri. Luoghi d'Allerta è realizzato con la cooproduzione dell'Assessorato alla Cultura della Provincia di Lecce, delle amministrazioni dei Comuni di Ruffano, Alessano, Santa Cesarea, Sternatia, Tricase, Vernole, Martignano e con la collaborazione della Libreria Icaro, di Piero Manni Editore e della Comunità Arcobaleno. Info: Fondo Verri tel.fax 0832 304522 e.mail: [email protected] 18/26 settembre Tricase Salento Film Festival Una Festa del Cinema Intemazionale, un evento di cultura cinematografica a cui parteciperanno opere provenienti da ben 25 paesi. Quasi settanta film, nove giorni di feste, concorsi, proiezioni in piazza, incontri, mostre, cene. Un evento che porterà a Tricase attori, registi e operatori del settore cinematografico di fama internazionale. Da sabato 18 a domenica 26 settembre Tricase ospita il Salento International Film Festival, prima edizione del festival del Cinema indipendente internazionale. Diretto da Luigi Campanile, organizzato dall'associazione culturale Salento on the world in collaborazione con Laifa (Los Angeles Italian Film Awards), il festival è prodotto da Think Italian Entertainment con il patrocinio della Provincia di Lecce, Città di Tricase, Dams Salento dell'Università di Lecce, Camera di Commercio di Lecce, Comune di Ugento, Comune di Casarano e dal Gruppo Azione Locale "Capo S. Maria di Leuca”. Il Siff è articolato in varie sezioni in concorso e fuori concorso: Obiettivo Italia. Focus sul cinema Italiano (fuori concorso); I1 Mondo in Corto; Concorso lnternazionale (con tredici pellicole in programma); Oltre il confine: I1 cinema Americano e degli indiani d'America; Made in Salento (le migliori produzioni salentine). Il programma sarà arricchito da incontri, eventi speciali e dal gran gala finale con l'attribuzione dei Salento Award. La prima edizione del premio andrà a John Savage ("Il Cacciatore", "Il Padrino parte III", “Hair”) ed Enrico Lo Verso (“Del Perduto Amore”, “Così ridevano”, “Lamerica”, “Ladro di bambini”). I registi premiati saranno invece Robert Minkoff (“Re Leone”, “Stuart Little”), Michaael C i m i n o ( “ I l cacciatore”, “L'anno del dragone”) e Giuseppe Schito (alla carriera) il regista salentino di “Il Ragazzo di Ebalus” uno dei pochi film Italiani ad aver affrontato la questione degli anni di piombo e vincitore a Venezia nel 1984 del premio per il miglior film cooperativo. Un premio speciale, il Finibus Terrae Awards che riconosce eccellenza artistica e professionale raggiunta, dedizione al cinema da parte di un attore, regista, scrittore o artista il cui talento è stato fondamentale per l'arte cinematografica, sarà consegnato allo scenografo Bruno Rubeo (“A Spasso con Daisy” “Platoon”, “Nato il 4 di Luglio”, “Salvador”, “Il mercante di Venezia) e al direttore della fotografia Vittorio Storaro (“Il conformista”, “Ultimo tango a Parigi”, “Novecento”, “Il piccolo Buddha”). La sera Piazza Pisanelli si trasformerà in una splendida arena. In anteprima assoluta il regista Enrico Oldoini, nel Salento per le riprese de “Il giudice Mastrangelo” con Diego Abatantuono, presenterà 13 a tavola mentre Stefano Reali e l'attore Maurizio Mattioli presenzieranno alla proiezione de Il tramite. Spazio al cinema d'impegno sociale con Ilaria Alpi, il più crudele dei giorni di Ferdinando Vicentini Orgnani. Sullo schermo anche la versione restaurata del musical Hair di Milos Forman. Per il programma e il calendario completo www.salentofilmfestival.com appuntamenti Venerdì 24 e Sabato 25 Ottobre Summer ends here Novoli - Palazzo Baronale Chiude alla grande l’estate... Nell’atrio del palazzo baronale di Novoli una due giorni tutta in musica. Venerdì 24 live con Studiodavoli, Therese & Isabelle, Slips. Sabato 25 si balla con i DJ di SKA in Town, la più longeva dance-hall SKA del Salento (since 1998). Prezzi Combat sulle consumazioni. Ingresso gratuito! Sabato 02 Ottobre Royal Rumble Istanbul Cafè - Squinzano Ve lo ricordate il Royal Rumble? Lo scontro finale, la grande rissa. Erano gli anni del Wrestling e la voce di Dan Peterson commentava le eroiche imprese di guerrieri che lottavano per vincere. Nell'arena dell'Istanbul Cafè tutti i migliori dj set salentini insieme in consolle per questa grande rissa inaugurale. I dj di Ska in town, quelli di Insintesi, Tob Lamare e Postman Ultrachic per la prima grande serata del locale alternativo salentino. Tutti i generi presenti all'appello: ska, elettronica, lounge, rock, funk, indie per ballare e salutare la nuova stagione dell'Istanbul Cafè. Sabato 09 Ottobre Postmanultrachic Istanbul Cafè - Squinzano Uno dei Dj più gettonati dei dance floor alternativi salentini in consolle all'Istanbul Cafè di Squinzano: Postman Ultrachic. Follia sonora pura messa al servizio di musica sana e sudata, notturna e ritmata. Attigendo da un repertorio oscuro di vere chicche discografiche, passando dal funk al latinbreakbeats con accenni boogaloo e qualche sano tuffo nella tradizione il dj più amato dalle italiane vi offrirà una serata con i piedi immersi dentro Puerto Rico ed il cuore rivolto nei jazz.club.newyorkesi. 24 ottobre Bari Patti Smith Poche parole per un evento da non perdere. Il 24 ottobre al Palatour di Bari c'è Patti Smith. La poetessa del rock, la sacerdotessa della new wave, tanti gli epiteti assegnati a un'artista che ha segnato e continua a fare la storia del rock. Ha percorso le strade della musica, dell'arte e della poesia lasciando segni indelebili nella memoria dei più grazie anche al grande successo “Because the night”, il manifesto della sua musica. Il concerto si terrà all'interno della rassegna Time zones, una manifestazione che ha ospitato tra gli altri Sakamoto, Arto Lindsay ed Hector Zazou. Info 080 5581587 [email protected] Sino al 31 ottobre Concorso Click Note fotografiche Cogliere l'attimo fuggente, imprimere in uno scatto quell'istante unico ed irripetibile in grado di comunicare al pubblico emozioni pure ed intense. È questo lo spirito di “Click Note Fotografiche appunti visivi dal mondo musicale”, il concorso organizzato dallo studio Alikè di Milano in collaborazione con il Meeting Etichette Indipendenti e Rockol e sostenuto da All Music Magazine, K-Code Magazine e Midfinger. Il materiale dovrà essere spedito entro il 31 ottobre in busta chiusa presso Alikè Studio - via Heine 3 - 20141 Milano. Le aree tematiche sono sei: Live Performance/Pubblico, Backstage/On tour, Ritratti/Foto promozionali, Cd Cover/Interior Album, Festival/Manifestazioni musicali, Immagini digitali. Il concorso è aperto a quanti - senza limiti di età e senza distinzione di tecnica fotografica - per lavoro o più semplicemente per passione, ritengono di aver scattato fotografie rappresentative dell'ambito musicale indipendente (artisti i cui lavori siano stati pubblicati da etichette indipendenti, artisti senza contratti discografici, artisti di strada, performers, progetti musicali in via di formazione). I progetti fotografici verranno sottoposti al vaglio di una giuria di esperti. La premiazione avrà luogo a Faenza nel novembre prossimo in occasione dell'edizione 2004 del MEI. Info www.alike.it/click/ Via Paladini 46, Lecce [email protected] / www.caffeletterario.org tel: 0832242351 Dal 15 Settembre di nuovo con voi... Scopri i Corsi del Caffè Letterario sul catalogo 2004/2005 Ogni Mercoledì SOUND & VISION CoolClub.it Anno 1 Numero 7 Settembre 2004 Iscritto al registro della stampa del tribunale di Lecce il 15.01.2004 al n.844 Direttore responsabile Dario Quarta Collettivo redazionale Osvaldo Piliego, Dario Goffredo, Pierpaolo Lala Collaboratori: Valentina Cataldo, Gianpiero Chionna, Cesare Liaci, Sergio Chiari, Maurizia Calò, Marcello Zappatore, Davide Castrignanò, Amedeo Savino, Patrizio Longo, Augusto Maiorano, Antonio Iovane, Rossano Astremo, Rita Miglietta, Daniele Lala, Elisa De Portu, Daniele Rollo, Marco Daretti, Marco Leone, Fulvio Totaro, Stefano Toma, Federico Vaglio, Michele Pierri, Lorenzo Coppola, Paola Volante, Nicola Pace, Giacomo Rosato, Nino D’Attis, Luca Greco Per le foto si ringrazia Alice Pedroletti Progetto grafico fuoridaltunnel Impaginazione Monsieur le President Lupo Editore Ass. Cult. CoolClub Redazione Via De Jacobis 42 73100 Lecce Telefono: 0832303707 e-mail: [email protected] Sito: www.coolclub.it Stampa Poligrafica Desa Srl Copertino Per inserzioni pubblicitarie: [email protected] Questo non è un articolo di giornale Ho un computer nuovo da un paio di mesi, e ancora non mi sono abituato al suo schermo enorme, i caratteri del mio documento Word sono grandi come dei soldatini di piombo, sollievo per i miei occhi da miope. Ho un mucchio di cose da fare stamattina. Decido che la mia priorità è chiudere il giornale. Sono consapevole di molte cose stamattina. Alcune belle, altre meno. So, per certo che oggi è 11 settembre. So che questa data nell'immaginario collettivo è una data triste, che non porta niente di buono. So che il mondo, quello ricco e quello povero continuano a farsi la guerra per questa giornata. So che quasi ovunque oggi parole saranno sprecate per ricordare, per commemorare, per lanciare nuovi proclami, nuove alleanze, per consolidarne di vecchie, tutti al fianco di chi vince, senza badare a spese. So che alcuni giornali si divertono a fare paragoni che non stanno né in cielo né in terra, funamboliche e parodistiche ricostruzioni di storie improbabili, fili rossi che vanno dalle torri gemelle al rapimento di due ragazze pacifiste di cui sino a pochi giorni fa la maggior parte degli italiani ignorava l'esistenza. Sono arrabbiato, sono incazzato nero. Come diceva Osborne ormai quasi cinquanta anni fa non ci sono più giuste cause per morire. Questo è un giornale che si occupa di musica, più in generale di cultura. Spesso abbiamo fatto incursioni poco ortodosse nella nostra vita privata. Altrettanto spesso abbiamo fatto incursioni nella politica, nella cronaca, nell'attualità. Spesso, anche se spero raramente, abbiamo assunto un tono moralistico, abbiamo pontificato, abbiamo indicato la giusta via. Oggi so per certo di non sapere quale sia la giusta via. Oggi sento di poter dire che ci sono, come diceva il cattivo maestro Franco Fortini, che ci sono uomini che devono essere uccisi, delitti da benedire. Oggi so che leggere un buon libro diventa sempre più raro, che sempre più raro diventa trovare la forza per non scoraggiarsi. Ma oggi so anche che questo giornale mi permette di parlare dei miei affari privati. E allora mi ricordo che oggi, 11 settembre, anniversario degli attentati di New York, inizio dell'era Bush jr, io sto scrivendo la mia ultima quarta di copertina da celibe. La prossima volta sarò un uomo sposato e venendo ancora una volta meno alla regola del privato vi racconterò come è andata e come sta andando. E potrei raccontarvi della mia ernia del disco e potrei farmi portavoce di un nuovo riflusso, di una nuova stanchezza intellettuale, nel senso di attività cerebrale. Ma io non sono stanco, io sono solo un po' deluso. E allora mi rifugio qui, in queste stanze, dove riesco a trovare pace, dove riesco a sentire bella musica, dove i miei libri mi assecondano, dove il mio gatto con la sua spensieratezza di cucciolo mi mette di buon umore, dove lei con le sue carezze mi mette di buon umore, dove un bicchiere di qualcosa di buono e di forte con un amico mi mette di buon umore. E non ho paura di quello che questo comporta, di quello che qualche compagno mi può dire per queste righe. Aspetto che la strada entri dentro casa mia e so che questo prima poi accadrà, nel frattempo cerco di fare in modo che il mondo mi sia lieve. Ed è quello che auguro a chiunque. E questo, evidentemente, non è un articolo di giornale. dario