ISTITUTO PAOLO VI Centro internazionale di studi e documentazione promosso dall’Opera per l’Educazione Cristiana di Brescia Concerto straordinario per la beatificazione di papa Paolo VI Brescia, Teatro Grande Martedì 19 maggio 2015, ore 20.45 ISTITUTO PAOLO VI Centro internazionale di studi e documentazione promosso dall’Opera per l’Educazione Cristiana di Brescia Brescia, Teatro Grande Martedì 19 maggio 2015, ore 20.45 Concerto straordinario per la beatificazione di Papa Paolo VI Riccardo Muti direttore Orchestra Giovanile Luigi Cherubini Filarmonica del Festival Rainer Küchl violinista FRANZ Schubert (1797-1828) Ouverture in do maggiore nello stile italiano op. 170 D 591 Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) Concerto n. 7 in re maggiore per violino e orchestra K 271a Allegro maestoso Andante Rondò. Allegro Con il sostegno di: R Giuseppe Verdi (1813-1901) Sinfonia da “I vespri siciliani” Ballabili atto III da “I vespri siciliani”: Le quattro stagioni L’inverno La primavera L’estate L’autunno UNA VISIONE EUROPEA DELLA MUSICA Marco Bizzarini C’è un filo rosso che attraversa Italia, Austria e Francia nel programma scelto dal maestro Riccardo Muti per la 52ª edizione del Festival di Brescia e Bergamo. Lo potremmo quasi considerare un omaggio alla carriera internazionale di Luigi Cherubini (1760-1842), illustre musicista che dalla nativa Firenze si trasferì dapprima a Vienna, conquistando la personale ammirazione di Beethoven, e quindi a Parigi, dove diresse il Conservatorio per molti anni dando alle stampe anche un autorevole trattato di contrappunto e fuga. L’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, seguendo le orme del compositore a cui è intitolata, intende sottolineare non solo una forte identità nazionale ma anche l’inclinazione a una visione europea della musica. Ed è chiaro l’intento del maestro Muti di valorizzare la tradizione musicale italiana, anche nelle sue diramazioni transalpine, dando il dovuto risalto alla storia del melodramma pur nell’ambito di un concerto sinfonico. Alla vitalità delle opere di Gioachino Rossini s’ispira senza dubbio il primo brano in programma: l’Ouverture in do maggiore “nello stile italiano” op. 170 di Franz Schubert. Questa composizione risale alla fine del 1817, epoca in cui la musica di Rossini (da Stendhal definito il “Napoleone della musica”) aveva conquistato l’Europa. In verità nel 1817, due anni dopo il Congresso di Vienna, l’astro di Bonaparte era già tramontato, mentre quello del genio di Pesaro si trovava ancora allo zenit: nei teatri viennesi erano appena stati accolti con entusiasmo capolavori come Tancredi e L’italiana in Algeri. Schubert rimase affascinato dal brio della musica rossiniana e l’influsso di quello stile si può avvertire anche in alcuni passi delle sue prime Sinfonie. Ciò avviene puntualmente anche nell’Ouverture in do maggiore, a cui il fratello Ferdinand volle aggiungere il sottotitolo “im italienischen Stile”. Il brano si apre con un Adagio introduttivo molto serio che ben presto lascia il posto a un brillante Allegro percorso da caratteristici effetti di crescendo. Comunque, al di sotto dell’evidente scorza rossiniana, si può cogliere molto bene anche la voce autentica di Schubert e della civiltà musicale viennese. Articolato nei canonici tre movimenti, il Concerto per violino e orchestra n. 7 in re maggiore K 271a viene usualmente inserito nel catalogo di Mozart anche se sulla sua paternità i pareri degli esperti non sono unanimi. Di quest’opera ci sono pervenute due tardive copie manoscritte: la prima redatta dal maestro di cappella austriaco Aloys Fuchs (1799-1853), secondo cui il Concerto sarebbe stato composto da Mozart a Salisburgo nel 1777, la seconda derivata da un supposto originale appartenuto al direttore d’orchestra francese Habeneck. La prima edizione del Concerto venne pubblicata nel 1907: da allora si è innescato un vivace dibattito musicologico, tuttora non sopito, con argomentazioni pro o contro l’autenticità mozartiana. Ciò non ha impedito alla composizione di entrare nel repertorio di eccelsi violinisti del Novecento quali Yehudi Menuhin e David Oistrakh. A favore dell’attribuzione a Mozart vi sono, fra l’altro, alcune analogie tematiche con le musiche per il balletto Les Petits riens K 299b, ma la scrittura della parte solistica sembra essere stata ritoccata in vari punti da musicisti ignoti, tra cui, probabilmente, il violinista transalpino Pierre-Marie Baillot (1771-1842) oppure il suo allievo Eugène Sauzay (1809-1901). Recentemente si è fatto anche il nome del virtuoso parigino Rodolphe Kreutzer (1766-1831), passato alla storia come dedicatario della più celebre Sonata per violino e pianoforte di Beethoven. Il collegamento con la Francia è evidente anche nell’ultimo gruppo di composizioni in programma: l’Ouverture e i Ballabili Le quattro stagioni da Les vêpres siciliennes (1855) di Giuseppe Verdi. Secondo accreditati pareri critici, nel panorama del catalogo verdiano, quest’opera occuperebbe una posizione intermedia fra i capolavori indiscussi e le opere di natura più problematica a causa di un soggetto drammatico in cui la penna di Eugène Scribe aveva elegantemente riciclato Les Huguenots di Meyerbeer aggiungendovi la vetusta attrezzeria scenica de La muette de Portici di Auber. In una lettera a François Louis Crosnier, amministratore generale dell’Académie impériale de musique, Verdi si era apertamente lamentato del libretto per varie ragioni. Eppure, quando il bussetano accettò di comporre questo suo primo grand opéra per le scene parigine, probabilmente nutriva la speranza di dar vita al capolavoro del secolo e di surclassare Meyerbeer sul suo stesso terreno. Riascoltando alcune pagine dei Vêpres, si ha proprio questa sensazione: di una robustissima ispirazione musicale abbinata a uno straordinario impegno compositivo. Se si prende in mano la partitura, a prescindere dal contesto teatrale e drammaturgico, siamo sopraffatti da uno strepitoso serbatoio di idee musicali: basti solo pensare al magnifico tema dei violoncelli dell’Ouverture, derivato dal duetto cantabile tra Henri e Monfort del terzo atto. «Un’opera all’Opéra - osservava giustamente Verdi - è fatica da ammazzare un toro». Al centro dei cinque lunghi atti di carattere nobile ed entusiasmante s’inseriva, in omaggio alla tradizione francese, il balletto delle Quattro stagioni, disposte in un ordine diverso rispetto al capolavoro di Vivaldi dato che si cominciava dal periodo più freddo: L’hiver, Le printemps, L’été, L’automne. Nel bel mezzo dell’azione drammatica s’immaginava che alla corte di Palermo gentiluomini e dame francesi e siciliane partecipassero a una grande festa, assistendo allo spettacolo descritto dalla seguente didascalia: Un canestro sorge da terra; è formato d’arbusti verdi di piante che non crescono che d’inverno; le loro foglie sono coperte di ghiaccio e di neve. Dal seno del canestro esce una giovinetta che rappresenta l’Inverno e che, respingendo col piede il braciere che le sue compagne avevano acceso, danza per riscaldarsi. I ghiacci si sciolgono tosto al tiepido soffio dei zeffiri che fendono l’aria. L’Inverno è scomparso. La Primavera sorge da un canestro di fiori, cedendo poco dopo il luogo all’Estate, giovinetta che esce da un canestro circondato da manipoli di spighe dorate. Il caldo la opprime, e domanda alle Naiadi la freschezza delle loro sorgenti. Le Bagnanti sono messe in fuga da un Fauno che salta fuori, precedendo l’Autunno. I suoni del sistro e dei timballi annunziano i Satiri e le Baccanti, le cui danze animate terminano il Ballo. Quando l’opera approdò nei teatri della Penisola, con il titolo mutato di Giovanna de Guzman per ragioni di censura, l’accoglienza di questo inserto strumentale e danzato fu piuttosto tiepida: con riferimento a una rappresentazione al teatro di Padova nel 1856, Emanuele Muzio scrisse a Tito Ricordi che «il ballo delle Quattro Stagioni ebbe qualche applauso, ma finì in un glaciale silenzio». In ogni caso la musica che Verdi scrisse per i Ballabili, a prescindere da più o meno felici realizzazioni coreografiche, era davvero suggestiva e si prese una giusta rivincita, sotto forma di trascrizioni e parafrasi, nelle esecuzioni domestiche al pianoforte che all’epoca allietavano i numerosi appassionati. Paolo VI e la musica Paolo Bolpagni Direttore Collezione Paolo VI La propensione e l’interesse del Beato Paolo VI per il mondo dell’arte sono ben noti e documentati. Questo suo rapporto privilegiato con la dimensione della creazione estetica è comprovato dagli scritti, dagli interventi, dai discorsi di Giovanni Battista Montini, risalenti sia agli anni giovanili, sia al periodo in cui fu arcivescovo di Milano (1954-1963), sia al pontificato (1963-1978). Il testo forse più noto, compiuto e organico è la Lettera agli artisti del 18 ottobre 1975, nella quale è condensato il significato di un messaggio a lungo meditato, e di un convinto impegno a favore di pittori, scultori, musicisti, architetti, letterati, uomini di teatro, cui raramente, nei due secoli precedenti, l’autorità ecclesiastica aveva prestato tanta attenzione. E davvero numerosi furono gli interventi di Paolo VI in materia: più di settanta! Lo spirito e la sensibilità di Montini pervadono anche il messaggio che il Concilio Vaticano II indirizzò agli artisti nel giorno della chiusura dell’assise, l’8 dicembre 1965, consegnato, al termine della celebrazione eucaristica, a Pier Luigi Nervi in rappresentanza degli architetti, a Giuseppe Ungaretti per gli scrittori e poeti, e a Gian Francesco Malipiero per i musicisti. Nel testo si colgono un appello accorato e una sorta di richiamo alla via pulchritudinis come tramite con l’ultraterreno: A voi tutti, adesso, artisti che siete innamorati della bellezza… la Chiesa del Concilio dice con la nostra voce: se voi siete gli amici della vera arte, voi siete nostri amici! Da lungo tempo la Chiesa ha fatto alleanza con voi… Oggi come ieri, la Chiesa ha bisogno di voi e si rivolge a voi… Questo mondo nel quale noi viviamo ha bisogno di bellezza per non cadere nella disperazione… Ricordatevi che siete i custodi della bellezza nel mondo… Siate sempre e dovunque degni del vostro ideale… Il Beato Paolo VI fu in contatto con molti pittori, scultori e architetti, era un autentico appassionato, e volle la costituzione della Collezione d’Arte Religiosa Moderna dei Musei Vaticani. Importante fu anche il suo legame con la musica, di cui possiamo trovare tracce, al di là delle notizie sui giovanili studi di pianoforte, nelle indimenticabili evenienze del celebre concerto di Arturo Benedetti Michelangeli e Agostino Orizio tenuto in suo onore in Vaticano l’11 ottobre 1966, o della Missa Solemnis di Ludwig van Beethoven eseguita il 23 maggio 1970, sotto la direzione di Wolfgang Sawallisch (con Plácido Domingo, Kurt Moll e Christa Ludwig tra i solisti), nella Basilica di San Pietro, di fronte a un assorto e concentratissimo Paolo VI e a un folto pubblico (esiste anche una registrazione video a colori del memorabile concerto). Una riflessione profonda, da parte di Papa Montini, sul ruolo, il significato e il valore della musica la rintracciamo in un discorso rivolto ai professori e agli allievi del Conservatorio di Milano durante la speciale udienza concessa nella sala del Concistoro in Vaticano lunedì 29 marzo 1965, presenti il direttore Jacopo Napoli, il vicedirettore Guido Farnia e i maestri Umberto Catteni e Giovanni Dell’Agnola. Nell’occasione, peraltro, un giovanissimo Riccardo Muti, allora ancora studente, condusse il coro e l’orchestra del Conservatorio “Giuseppe Verdi” nell’esecuzione di un Credo concertato a quattro voci di Alessandro Scarlatti, rielaborato da Jacopo Napoli da un manoscritto del 1776. Riportiamo alcuni stralci di quel discorso, nel quale, prima di giungere al nucleo teologico, pastorale e liturgico delle sue argomentazioni sulla musica, all’inizio il Beato Paolo VI rievoca le proprie visite al Conservatorio di Milano ai tempi in cui era arcivescovo ambrosiano: La vostra presenza, questa mattina, ha riportato al Nostro pensiero il ricordo degli istanti che passammo nella vostra Istituzione; ancora risuonano nel Nostro intimo, come un’eco suggestiva, le musiche bellissime, ivi ascoltate con tanta letizia spirituale; ripensiamo con cuore commosso agli incontri, colà avuti, col compianto Maestro Giorgio Federico Ghedini, del quale tanto abbiamo apprezzato la dirittura d’uomo e il magistero di artista, in quella sua ricerca appassionata e raffinata di dignissime espressioni spirituali; e così sono tuttora vivi i ricordi relativi alla Sua persona, caro Maestro Napoli, che tanto autorevolmente è venuto a raccogliere l’alta eredità del Suo predecessore. Vi ringraziamo, dunque, di questa vostra presenza, che ha la virtù di riaccenderCi così varie e indelebili memorie; essa Ci offre altresì la gradita occasione di ripetervi tutta la stima, con cui abbiamo seguito e seguiamo le vostre nobili fatiche di studio e di espressione artistica; e di riaffermarvi tutto il rispettoso affetto, di cui sempre vi abbiamo circondati, vedendo in voi persone di impegno e di sacrificio, che sanno mettere a frutto, e quanto bene, i talenti, ad essi affidati dalla mano creatrice di Dio… La musica, la più immateriale e arcana espressione d’arte, che può avvicinare l’anima fino ai confini delle più alte esperienze spirituali, ha la sua grande parola da dire anche davanti al mondo di oggi; ha il compito tremendo e affascinante d’interpretarne le aspirazioni, le inquietudini, il brivido di assoluto; di placarne con un messaggio di serenità le oscure crisi di pensiero e di sentimento; di temperare l’aridità e il freddo, in cui lo possono avvolgere i pur raffinati strumenti del suo tecnicismo; ha una missione da svolgere in nome dei valori umani più alti e veri e duraturi, quasi per una propedeutica alle ardue conquiste dello spirito. Ma anche la Chiesa attende dal vostro magistero artistico qualcosa di grande, di bello, di umano, di schietto, di sofferto: sia perché le nuove esigenze, introdotte nel culto dalla recente riforma liturgica, richiedono il contributo personale, valido, esperto dei musicisti del nostro tempo, per poter lasciare una testimonianza d’arte e di fede, non indegna del passato; sia perché è oggi più che mai necessario uno stretto e operante accordo tra gli uomini di Chiesa e gli uomini dell’arte, per un mutuo arricchimento, di cui essi non potranno che reciprocamente gioire… (da Insegnamenti di Paolo VI, vol. III [1965], Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1966, pp. 206, 208) Possediamo anche un’interessante “contro-testimonianza” di quell’udienza del 1965 – e di altri momenti di vicinanza di Montini al mondo della musica – in uno scritto, risalente all’agosto 1978, di Jacopo Napoli (1911-1994), compositore, professore di contrappunto e fuga e direttore del Conservatorio di Milano dal 1962 al 1972 (e poi di quello di Roma dal 1972 al 1976), che aveva incontrato l’allora arcivescovo già in varie occasioni precedenti: Paolo VI era già legato al Conservatorio di Milano dai tempi in cui ricopriva la cattedra di Cardinale Arcivescovo della capitale lombarda; allora, più volte aveva voluto presenziare a numerose manifestazioni musicali e, in particolare a quelle con la partecipazione del coro, che si svolgevano nella Sala «Verdi»… L’Arcivescovo Montini… si rivolgeva a me per ottenere la Sala allo scopo di svolgere manifestazioni di pretto carattere religioso, con discorsi, incontri e premiazioni ai fedeli milanesi e lombardi. Dopo la lettera cardinalizia stabilii la data della prima di queste manifestazioni e attesi l’Arcivescovo ed il suo seguito, all’ingresso del Conservatorio, accanto allo stupendo cancello in ferro battuto che non dimenticherò mai. Montini fu preciso e lo accompagnai, con il suo lungo seguito di ecclesiastici sul palcoscenico della sala, dove fummo accolti da un applauso particolarmente caloroso del pubblico… Alla fine della lunga manifestazione, il pubblico, in piedi, rivolse un nuovo lungo applauso al suo Cardinale, applauso che, si capì subito, era un invito a farlo parlare. Montini si alzò, girò attorno al lungo tavolo e si portò al centro del palcoscenico, il più possibile vicino al pubblico e parlò a lungo; con la testa in alto, nel silenzio assoluto della grande sala … Rividi ancora il Cardinale Montini, nel Duomo e poi ancora in Conservatorio, qualche anno dopo, per la stessa annuale manifestazione. Io, tornando in fretta da una commissione alla Scala, lo incontrai nel porticato e mi comunicò la grave malattia di Giovanni XXIII […] La storia è nota: dopo meno di un mese ecco l’amato Arcivescovo Montini diventar Papa Paolo VI. All’alba di un bel mattino primaverile, davanti alla chiesa della Passione, due grandi pullman partirono e dopo molte ore si fermarono nel cortile del palazzo apostolico. Eccoci a Roma, con il coro, l’orchestra degli alunni, con un folto gruppo di insegnanti e alcune famiglie di alunni, per un concerto nella sala del Concistoro, alla presenza di Paolo VI che rivolse a noi… indimenticabili parole… Dopo il vibrante e affettuoso saluto del Pontefice l’orchestra e il coro degli alunni, diretti da un alunno d’eccezione quale era Riccardo Muti, un alunno carico di speranze e di certezze, venne eseguito il Credo concertato di Alessandro Scarlatti, che ritrovai fra tanti manoscritti del tempo nella Biblioteca di San Pietro a Majella. Fu una commovente esecuzione. Paolo VI, che ascoltò fermo, con sguardo luminoso di serenità, le pagine scarlattiane, applaudì a lungo e poi si avvicinò lentamente fra gli alunni, dei quali molti stranieri, a tutti una parola, uno sguardo, una stretta di mano… (da J. Napoli, Paolo VI e la musica [1978], in «Istituto Paolo VI. Notiziario», n. 40, Brescia, novembre 2000, pp. 62-64) Seminario di Venegono, 1960. Agostino Orizio suona per il Cardinale Montini, Arcivescovo di Milano Vaticano, 29 marzo 1965. Un giovane Riccardo Muti con Papa Paolo VI Vaticano, Sala del Concistoro, 11 ottobre 1966. Paolo VI con Arturo Benedetti Michelangeli e Agostino Orizio Riccardo Muti in collaborazione con Foto © Silvia Lelli Italian Opera Academy Dal 10 al 21 luglio al Teatro Alighieri la prima masterclass per direttori d’orchestra, maestri collaboratori e cantanti su “Falstaff” di Giuseppe Verdi. Un’occasione rara per studenti e appassionati: l’opportunità di poter partecipare all’intero percorso di prove programmate per la realizzazione dell’opera e alle sessioni che Riccardo Muti dedicherà esclusivamente agli allievi effettivi selezionati fra le centinaia di domande pervenute da tutto il mondo. Info e iscrizioni (fino ad esaurimento dei posti disponibili) [email protected] | www.riccardomutimusic.com un progetto reso possibile grazie al prezioso sostegno di Concessionaria Via Faentina, 181 - Ravenna - tel. 0544.508711 Maria Luisa Vaccari Yoko Nagae Ceschina A Napoli, città in cui è nato, studia pianoforte con Vincenzo Vitale, diplomandosi con lode nel Conservatorio di San Pietro a Majella. Prosegue gli studi al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, sotto la guida di Bruno Bettinelli e Antonino Votto, dove consegue il diploma in Composizione e Direzione d’orchestra. Nel 1967 la prestigiosa giuria del Concorso “Cantelli” di Milano gli assegna all’unanimità il primo posto, portandolo all’attenzione di critica e pubblico. L’anno seguente viene nominato Direttore Principale del Maggio Musicale Fiorentino, incarico che manterrà fino al 1980. Già nel 1971 Muti viene invitato da Herbert von Karajan sul podio del Festival di Salisburgo, inaugurando una felice consuetudine che lo ha portato, nel 2010, a festeggiare i quarant’anni di sodalizio con la manifestazione austriaca. Gli anni Settanta lo vedono alla testa della Philharmonia Orchestra di Londra (1972-1982), dove succede a Otto Klemperer; quindi, tra il 1980 e il 1992, eredita da Eugène Ormandy l’incarico di Direttore Musicale della Philadelphia Orchestra. Dal 1986 al 2005 è direttore musicale del Teatro alla Scala: prendono così forma progetti di respiro internazionale, come la proposta della trilogia Mozart-Da Ponte e la tetralogia wagneriana. Accanto ai titoli del grande repertorio trovano spazio e visibilità anche altri autori meno frequentati: pagine preziose del Settecento napoletano e opere di Gluck, Cherubini, Spontini, fino a Poulenc, con Les dialogues des Carmélites che gli hanno valso il Premio “Abbiati” della critica. Il lungo periodo trascorso come direttore musicale dei complessi scaligeri culmina il 7 dicembre 2004 nella trionfale riapertura della Scala restaurata dove dirige l’Europa riconosciuta di Antonio Salieri. Eccezionale il suo contributo al repertorio verdiano; ha diretto Ernani, Nabucco, I Vespri Siciliani, La Traviata, Attila, Don Carlos, Falstaff, Rigoletto, Macbeth, La Forza del Destino, Il Trovatore, Otello, Aida, Un ballo in Maschera, i Due Foscari, I Masnadieri. La sua direzione musicale è stata la più lunga nella storia del Teatro alla Scala. Nel corso della sua straordinaria carriera Riccardo Muti dirige molte tra le più prestigiose orchestre del mondo: dai Berliner Philharmoniker alla Bayerischen Rundfunk, dalla New York Philharmonic all’Orchestre National de France alla Philharmonia di Londra e, naturalmente, i Wiener Philharmoniker, ai quali lo lega un rapporto assiduo e particolarmente significativo, e con i quali si esibisce al Festival di Salisburgo dal 1971. Invitato sul podio in occasione del concerto celebrativo dei 150 anni della grande orchestra viennese, Muti ha ricevuto l’Anello d’Oro, onorificenza concessa dai Wiener in segno di speciale ammirazione e affetto. Ha diretto per ben quattro volte il prestigioso Concerto di Capodanno a Vienna nel 1993, 1997, 2000 e 2004. Nell’aprile del 2003 viene eccezionalmente promossa in Francia, una “Journée Riccardo Muti”, attraverso l’emittente nazionale France Musique che per 14 ore ininterrotte trasmette musiche da lui dirette con tutte le orchestre che lo hanno avuto e lo hanno sul podio, mentre il 14 dicembre dello stesso anno dirige l’atteso concerto di riapertura del Teatro “La Fenice” di Venezia. Nel 2004 fonda l’Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini” formata da giovani musicisti selezionati da una commissione internazionale, fra oltre 600 strumentisti provenienti da tutte le regioni italiane. La vasta produzione discografica, già rilevante negli anni Settanta e oggi impreziosita dai molti premi ricevuti dalla critica specializzata, spazia dal repertorio sinfonico e operistico classico al Novecento. Il suo impegno civile di artista è testimoniato dai concerti proposti nell’ambito del progetto “Le vie dell’Amicizia” di Ravenna Festival in alcuni luoghi “simbolo” della storia, sia antica che contemporanea: Sarajevo (1997), Beirut (1998), Gerusalemme (1999), Mosca (2000), Erevan e Istanbul (2001), New York (2002), Il Cairo (2003), Damasco (2004), El Djem (2005) Meknes (2006), Roma (2007), Mazara del Vallo (2008), Sarajevo (2009), Trieste (2010), Nairobi (2011), Ravenna (2012), Mirandola (2013) e Redipuglia (2014) con il Coro e l’Orchestra Filarmonica della Scala, l’Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino e i “Musicians of Europe United”, formazione costituita dalle prime parti delle più importanti orchestre europee, e recentemente con l’Orchestra Cherubini. Tra gli innumerevoli riconoscimenti conseguiti da Riccardo Muti nel corso della sua carriera si segnalano: Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana e la Grande Medaglia d’oro della Città di Milano; la Verdienstkreuz della Repubblica Federale Tedesca; la Legion d’Onore in Francia (già Cavaliere, nel 2010 il Presidente Nicolas Sarkozy lo ha insignito del titolo di Ufficiale) e il titolo di Cavaliere dell’Impero Britannico conferitogli dalla Regina Elisabetta II. Il Mozarteum di Salisburgo gli ha assegnato la Medaglia d’argento per l’impegno sul versante mozartiano; la Wiener Hofmusikkapelle e la Wiener Staatsoper lo hanno eletto Membro Onorario; il presidente russo Vladimir Putin gli ha attribuito l’Ordine dell’Amicizia, mentre lo stato d’Israele lo ha onorato con il premio “Wolf” per le arti. Moltissime università italiane e straniere gli hanno conferito la Laurea Honoris Causa. Ha diretto i Wiener Philharmoniker nel concerto che ha inaugurato le celebrazioni per i 250 anni dalla nascita di Mozart al Grosses Festspielhaus di Salisburgo. La costante e ininterrotta collaborazione tra Riccardo Muti e Wiener Philharmoniker nel 2015 raggiunge i 44 anni. A Salisburgo per il Festival di Pentecoste a partire dal 2007 insieme all’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, da lui fondata, ha affrontato un progetto quinquennale mirato alla riscoperta e alla valorizzazione del patrimonio musicale, operistico e sacro, del Settecento napoletano. Da settembre 2010 è Direttore Musicale della prestigiosa Chicago Symphony Orchestra. Nello stesso anno è stato nominato in America “Musician of the Year” dalla importante rivista “Musical America”. Nel febbraio 2011 il Maestro Riccardo Muti in seguito all’esecuzione e registrazione live della Messa da Requiem di Verdi con la C.S.O. vince la 53a edizione dei Grammys Awards con due premi: (1) Best Classical Album e (2) Best Choral Album. In marzo 2011, Riccardo Muti è stato proclamato vincitore del prestigioso premio Birgit Nilsson 2011 che gli è stato consegnato il 13 ottobre a Stoccolma alla Royal Opera alla presenza dei Reali di Svezia, le loro Maestà il Re Carl XVI Gustaf e la Regina Silvia. A New York in aprile 2011 ha ricevuto l’Opera News Awards. In maggio 2011 è stato assegnato a Riccardo Muti il Premio “Principe Asturia per le Arti 2011”, massimo riconoscimento artistico spagnolo, consegnato da parte di sua Altezza Reale il Principe Felipe di Asturia a Oviedo nell’autunno successivo. Nel luglio 2011 è stato nominato membro onorario dei Wiener Philharmoniker e in agosto 2011 Direttore Onorario a vita del Teatro dell’Opera di Roma. Nel maggio 2012 è stato insignito della Gran Croce di San Gregorio Magno da Sua Santità Benedetto XVI. In Novembre 2012 ha ricevuto il Premio De Sica per la Musica e la Laurea Honoris Causa dall’Università IULM di Milano in Arti, patrimoni e mercati. Nel marzo 2013 ha ricevuto la laurea honoris causa in Letterature e culture comparate dall’Università Orientale di Napoli e in giugno 2013 la laurea honoris causa in Lettere dalla DePaul University di Chicago, seguita nel 2014, sempre a Chicago, da una nuova laurea alla Northwestern University. www.riccardomutimusic.com Rainer Küchl Primo violino della Filarmonica di Vienna e dell’Orchestra dell’Opera di Stato di Vienna, Professore presso l’Università di Musica e Spettacolo di Vienna, leader del Quartetto Küchl e del Wiener RingEnsemble. Nato il 25 agosto 1950 a Waidhofen an der Ybbs, Rainer Küchl intraprende lo studio del violino all’età di 11 anni, proseguendone la pratica presso l’Università di Musica e Spettacolo di Vienna dal 1964 al 1970 con Franz Samohyl. Dal 1971 è primo violino della Filarmonica di Vienna e dell’Orchestra dell’Opera di Stato di Vienna. Nel 1972 ottiene l’incarico di primo violino presso la Cappella Imperiale di Vienna, e nel 1973 il premio Mozart per la migliore interpretazione solista. Risale a quello stesso anno la nascita del Quartetto Küchl da lui diretto, più noto all’estero come Wiener Musikverein, che, dal 1976, tiene regolarmente un ciclo di concerti nella Sala Brahms del Musikverein di Vienna, e che nel 1978 è premiato con la medaglia Mozart del Mozartgemeinde Wien. Nell’autunno del 1982 Küchl ottiene la cattedra di violino presso l’Università di Musica e Spettacolo di Vienna, oltre che un incarico come professore ospite in Giappone. Küchl si è esibito in numerosi concerti sia in patria che all’estero, con molte orchestre e direttori importanti tra cui Böhm, Abbado, Bernstein e Muti. Dal 1985 dirige il Wiener Ring-Ensemble, che, nella celebrata tradizione della Filarmonica di Vienna, si occupa prevalentemente di musica da valzer. Nello stesso anno ottiene la Medaglia d’Oro della provincia di Salisburgo, nel 1988 la Croce d’Onore Austriaca per la Scienza e l’Arte, e nel 1994 la Gran Decorazione d’Onore della Repubblica austriaca. L’anno successivo, nel concerto della “World Peace Orchestra” per il 50° anniversario delle Nazioni Unite diretto da Sir Georg Solti, è primo violino, posizione che ricopre anche alla cerimonia inaugurale delle Olimpiadi invernali di Nagano, nel 1998, per la direzione di Seiji Ozawa. Nel 2001 diventa Membro Onorario dell’Opera di Stato di Vienna, e nel 2010 è nominato “ambasciatore di buona volontà” dalla città giapponese di Kawasaki. Nello stesso anno riceve inoltre l’Ordine del Sol Levante – Raggi in oro con nastro da collo, prestigiosa onorificenza dal governo giapponese. Orchestra Giovanile Luigi Cherubini Fondata da Riccardo Muti nel 2004, l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini ha assunto il nome di uno dei massimi compositori italiani di tutti i tempi attivo in ambito europeo per sottolineare, insieme ad una forte identità nazionale, la propria inclinazione ad una visione europea della musica e della cultura. L’Orchestra, che si pone come strumento privilegiato di congiunzione tra il mondo accademico e l’attività professionale, divide la propria sede tra le città di Piacenza e Ravenna. La Cherubini è formata da giovani strumentisti, tutti sotto i trent’anni e provenienti da ogni regione italiana, selezionati attraverso centinaia di audizioni da una commissione costituita dalle prime parti di prestigiose orchestre europee e presieduta dallo stesso Muti. Secondo uno spirito che imprime all’orchestra la dinamicità di un continuo rinnovamento, i musicisti restano in orchestra per un solo triennio, terminato il quale molti di loro hanno l’opportunità di trovare una propria collocazione nelle migliori orchestre. In questi anni l’Orchestra, sotto la direzione di Riccardo Muti, si è cimentata con un repertorio che spazia dal barocco al Novecento alternando ai concerti in moltissime città italiane importanti tournée in Europa e nel mondo nel corso delle quali è stata protagonista, tra gli altri, nei teatri di Vienna, Parigi, Mosca, Salisburgo, Colonia, San Pietroburgo, Madrid, Barcellona e Buenos Aires. All’intensa attività con il suo fondatore, la Cherubini ha affiancato moltissime collaborazioni con artisti quali Claudio Abbado, John Axelrod, Rudolf Barshai, Dennis Russel Davies, Gérard Depardieu, Michele Campanella, Kevin Farrell, Patrick Fournillier, Herbie Hancock, Leonidas Kavakos, Lang Lang, Ute Lemper, Alexander Lonquich, Wayne Marshall, Kurt Masur, Anne-Sophie Mutter, Kent Nagano, Krzysztof Penderecki, Donato Renzetti, Vadim Repin, Giovanni Sollima, Yuri Temirkanov, Alexander Toradze, Pinchas Zukerman. Il debutto a Salisburgo, al Festival di Pentecoste, con Il ritorno di Don Calandrino di Cimarosa, ha segnato nel 2007 la prima tappa di un progetto quinquennale che la prestigiosa rassegna austriaca, in coproduzione con Ravenna Festival, ha realizzato con Riccardo Muti per la riscoperta e la valorizzazione del patrimonio musicale del Settecento napoletano e di cui la Cherubini è stata protagonista in qualità di orchestra residente. Alla trionfale accoglienza del pubblico viennese nella Sala d’Oro del Musikverein, ha fatto seguito, nel 2008, l’assegnazione alla Cherubini del prestigioso Premio Abbiati quale miglior iniziativa musicale per “i notevoli risultati che ne hanno fatto un organico di eccellenza riconosciuto in Italia e all’estero”. Impegnativi e di indiscutibile rilievo i progetti delle “trilogie”, che al Ravenna Festival l’hanno vista protagonista, sotto la direzione di Nicola Paszkowski, delle celebrazioni per il bicentenario verdiano in occasione del quale, sempre per la regia di Cristina Mazzavillani Muti, l’Orchestra è stata chiamata ad eseguire ben sei opere al Teatro Alighieri. Nel 2012, nel giro di tre sole giornate, Rigoletto, Trovatore e Traviata, in seguito riprese in una lunga tournée approdata fino a Manama ad inaugurare il nuovo Teatro dell’Opera della capitale del Bahrain; nel 2013, sempre l’una dopo l’altra a stretto confronto, le opere “shakespeariane” di Verdi: Macbeth, Otello e Falstaff. Sempre nell’ambito del Ravenna Festival, dove ogni anno si rinnova l’intensa esperienza della residenza estiva, dal 2010 la Cherubini è protagonista, al fianco di Riccardo Muti, dei concerti per le Vie dell’amicizia: l’ultimo, nel 2014, ai piedi del Sacrario di Redipuglia nel centenario della Grande Guerra, insieme a musicisti provenienti da orchestre di tutto il mondo. La gestione dell’Orchestra è affidata alla Fondazione Cherubini costituita dalle municipalità di Piacenza e Ravenna e dalle Fondazioni Toscanini e Ravenna Manifestazioni. L’attività dell’Orchestra è resa possibile grazie al sostegno del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali del Turismo, Camera di Commercio di Piacenza, Fondazione di Piacenza e Vigevano, Confindustria Piacenza e dell’Associazione “Amici dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini”. www.orchestracherubini.it Filarmonica del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo Nata come conseguenza dell’esperienza triennale del Progetto Giovani con Uto Ughi, la Filarmonica del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo si presenta come un’orchestra di giovani musicisti di grande talento che già hanno maturato importanti esperienze professionali. Al tempo stesso, la Filarmonica guarda con particolare attenzione ai conservatori delle città del Festival e vuole offrire ai migliori studenti diplomandi la possibilità di arricchire il proprio bagaglio formativo all’interno di una compagine altamente qualificata. A Luca Ranieri, noto e apprezzato musicista bresciano, è affidata la responsabilità delle selezioni dei musicisti che compongono l’orchestra. Prima viola dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, Ranieri ha lavorato con i maggiori direttori al mondo e ha all’attivo numerose collaborazioni, fra cui quella come prima viola ospite con l’Orchestra del Teatro alla Scala e con la Filarmonica scaligera. La nuova formazione non solo figura quale orchestra “in residenza” del Festival di Brescia e Bergamo, comparendo quindi più volte nella sua programmazione, ma è impegnata in una sua attività indipendente. La Filarmonica vuole essere anche un servizio nei confronti delle città del Festival per avvicinare un pubblico ancora più ampio alla grande musica attraverso iniziative come incontri con i musicisti, concerti pensati per le famiglie e prove aperte. La Filarmonica è stata presentata ufficialmente il 16 dicembre 2013, in occasione di un concerto benefico al Teatro Sociale di Brescia (Sergej Krylov solista). A Bergamo la Filarmonica ha fatto il suo debutto l’11 febbraio 2014 al Teatro Sociale, con un concerto nell’ambito delle iniziative per il “Giorno del Ricordo”, ricorrenza in cui si commemorano le vittime dei massacri delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Nel 2014 la Filarmonica è stata impegnata al Festival di Brescia e Bergamo con solisti quali Roberto Cominati, Lilya Zilberstein e Federico Colli. Sergej Krylov l’ha invece diretta in occasione del concerto in memoria delle Vittime di Piazza della Loggia nel quarantennale della strage. Nello stesso periodo, ma non in ambito Festival, la Filarmonica è stata diretta anche da Giorgio Mezzanotte. Ad agosto la Filarmonica, guidata da Pier Carlo Orizio, ha inaugurato davanti a 4.000 persone il Meeting di Rimini con un omaggio a Fellini, omaggio riproposto con successo anche al Teatro Carisport di Cesena nel novembre dello scorso anno. Il cartellone del Festival 2015 vede la Filarmonica protagonista in numerose occasioni: dapprima a fianco di Ramin Bahrami, poi con Daniil Trifonov (col il quale si esibisce anche al Teatro Alighieri di Ravenna) e successivamente sotto la direzione dell’armeno Eduard Topchjan. Una selezione della Filarmonica si unisce all’Orchestra Cherubini nei concerti diretti da Riccardo Muti il 19 maggio a Brescia e il 20 a Bergamo. La Fondazione Credito Bergamasco sostiene l’attività della Filarmonica nell’ambito della 52ª edizione del Festival. ORGANICO CONCERTO Orchestra Giovanile Luigi Cherubini Filarmonica del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo Violini primi Samuele Galeano**, Carolina Caprioli, Francesco Salsi, Lavinia Soncini, Paola Diamanti, Simone Castiglia, Marco Nicolussi, Agnese Maria Balestracci, Francesca Palmisano, Beatrice Petrozziello, Giulia Cerra, Mattia Osini, Davide Gaspari, Sofia Cipriani, Elena Meneghinello, Anna Carrà, Alessandro Cosentino, Aloisa Aisemberg Violini secondi Stefano Gullo*, Francesca Tamponi, Alessandro Ceravolo, Giulia Giuffrida, Alessandro Sgarabottolo, Stella Chiara Cattaneo, Costanza Scanavini, Francesco Bonacini, Matteo Penazzi, Monica Mengoni, Elisa Voltan, Virginia Malandra, Ottavia Guarnaccia, Elena Nicoletti, Roberto Testa, Chiara Ludovisi Viole Friederich Binet*, Laura Hernandez Garcia, Clara Garcia Barrientos, Angelo Conversa, Nicoletta Pignataro, Marcello Schiavi, Davide Bravo, Claudia Chelli, Stefano Sancassan, Alfonso Bossone, Francesca Profeta, Carlotta Aramu, Marcello Salvioni, Davide Mosca Violoncelli Peter Krause*, Valeria Sirangelo, Irene Zatta, Caterina Vannini, Giada Vettori, Giovannella Berardengo, Francesca Bongiorni, Veronica Fabbri, Andrea Marcolini, Sorayya Russo, Ginevra Degl’innocenti, Maria Miele Contrabbassi Davide Sorbello*, Giulio Andrea Marignetti, Lucio Corenzi, Michele Santi, Mauro Quattrociocchi, Valerio Silvetti, Claudio Schiavi, Daniele Pisanelli, Nicola Bassan, Riccardo Mazzoni, Claudio Cavallin Trombe Nicola Baratin*, Daniele Colossi, Elisa Gerolimetto, Guido Masin Tromboni Giuseppe Nuzzaco*, Biagio Salvatore Micciulla, Francesco Piersanti Cimbasso Paolo Bartolomeo Bertorello Timpani Sebastiano Nidi* Percussioni Carlo Alberto Chittolina, Paolo Nocentini, Saverio Rufo Arpa Tatiana Alquati* Ispettore d’orchestra Leandro Nannini Orchestra Giovanile Luigi Cherubini Filarmonica del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo **Spalla *Prima parte Flauti/Ottavini Roberta Zorino*; Sara Tenaglia*, Jona Venturi* (anche ottavini) Oboi Marco Ciampa*, Alessandro Rauli* Clarinetti Lorenzo Baldoni*, Simone Nicoletta* Fagotti Angela Gravina*, Andrea Mazza* Corni Davide Bettani*, Fabrizio Giannitelli*, Francesco Mattioli*, Giulio Montanari, Tea Pagliarini Dipinto di Papa Paolo VI: Amedeo Brogli Per le immagini di Riccardo Muti e dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini: Foto Silvia Lelli by courtesy of www.riccardomutimusic.com La fotografia della Filarmonica del Festival è di Roberto Mora Si ringrazia Tadini Arte Verde per l’addobbo floreale al Teatro Grande ISTITUTO PAOLO VI Centro internazionale di studi e documentazione promosso dall’Opera per l’Educazione Cristiana di Brescia Con il sostegno di: