FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana

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Comune di Pesaro
Ente Concerti di Pesaro
Ministero per
i Beni e le Attività Culturali
Regione Marche, Giunta Regionale,
Assessorato alla Cultura
Fondazione
Cassa di Risparmio
Banca Marche
53ª STAGIONE
CONCERTISTICA
2012/13
Teatro Rossini
Pesaro
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“Noi suoniamo e suscitiamo sentimenti” recita una celebre canzone di Paolo Conte.
Risvegliare genuini sentimenti in un periodo in cui la sublimazione dell’ignoranza
li ha narcotizzati, per sostituirli con puri istinti, è la sommessa intenzione dell’Ente Concerti nel proporre questa 53ª Stagione concertistica.
La preziosa lacrima che appare anche nel manifesto di quest’anno rappresenta la
sempre più intensa commozione che solo la musica può evocare. Una Stagione
ad ampio spettro che offre una straordinaria molteplicità di proposte artistiche
ognuna delle quali in grado di soddisfare le più diverse esigenze. Volutamente non
menziono i protagonisti ed i contenuti di questa Stagione, i loro nomi ed i brani
da essi eseguiti parlano da soli. Non vorrei che la lacrima che scorre languidamente
su quel volto smarrito -altra mirabile opera del nostro Leonardo Cemak-, esprimesse la disperazione di una Città senza la musica, desertificata dai tagli sempre
più feroci alla Cultura; ci troveremmo allora a vivere in un mondo che altro non
sarebbe che una landa irrimediabilmente desolata.
Guidumberto Chiocci Presidente Ente Concerti
Senza la sentita partecipazione dell’Amministrazione Comunale - Assessorato alla
Cultura e della Direzione dei Teatri, il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio, Banca delle Marche, Carifano, Banca dell’Adriatico, e degli altri sponsor,
questa stagione non avrebbe potuto essere allestita.
L’Ente Concerti, interpretando anche la gratitudine dei quasi 10.000 spettatori
della scorsa Stagione invernale e di quella estiva, sente il dovere di ringraziare tutti
profondamente. *Un particolare ringraziamento alla “Fondazione Pescheria” per
la preziosa collaborazione prestata per il concerto di Ramin Baharami.
Ente Concerti di Pesaro
Indice
Pag. 9 Katya e Marielle Labèque
13 Gino Paoli &
FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana
15 I Virtuosi Italiani
21 Ramin Baharami
25 Daniil Trifonov
29 Balletto Russo Di Anna Ivanova
33 FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana
Hubert Soudant
Gabriella Sborgi
37 André Mehmari
Gabriele Mirabassi
41 FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana
Giampaolo Maria Bisanti
Stefan Milenkovich
45 FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana
Donato Renzetti
Roberto Cominati
49 FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana
Igudesman & Joo
53 I Solisti di Perugia
Jin Ju
57 Mountain Men
59 Quartetto di Venezia
63 Francesca Dego
Francesca Leonardi
67 FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana
Federico Mondelci
Giuseppe Albanese
71 Krystian Zimerman
73 Gazzè / Marcotulli / Gatto
Giovedì 8 novembre 2012 ore 21.00
KATYA E MARIELLE LABÈQUE pianoforte
George Gershwin (1898-1937)
3 Préludes (arrangiamento per due pianoforti di Irwin Kostal)
Allegro ben ritmato e deciso
Andante con moto e poco rubato
Allegro ben ritmato e deciso
Philip Glass (1937)
Four Movements for two pianos
Maurice Ravel (1875-1937)
Ma Mère l’Oye
Pavane de la Belle au bois dormant
Les entretiens de la Belle et de la Bête
Petit Poucet
Laideronnette, Impératrice des Pagodes
Le Jardin féerique
Rhapsodie Espagnole
Prélude à la nuit
Malagueña
Habanera
Feria
I
n un itinerario novecentesco che va dagli Stati Uniti alla Francia, la Stagione si apre con il più celebre e osannato duo pianistico del nostro
tempo, che pur nella sua carriera ormai leggendaria, ha saputo continuamente aggiornare il repertorio fino a ‘sollecitare’ i compositori di oggi
ad arricchirlo ulteriormente. Le Labèque partono col loro concerto dagli
Stati Uniti, con due lavori che mostrano la capacità dei compositori appartenenti a quella cultura di mescolare stimoli e generi diversi nella ricerca di un linguaggio definitivamente determinato e caratteristico. Il primo,
Gershwin, rivisita a suo modo il principio dell’utilizzazione della musica
popolare all’interno delle forme della tradizione colta, e scrive Preludi come
questi (pubblicati nel 1927) nei quali però la scrittura fa aperto riferimento
alle armonie blues e alle ritmiche jazz. Il secondo, Glass, ottant’anni dopo
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prepara questi Four Movements for Two Pianos per il Festival pianistico della
Ruhr (dove sono stati eseguiti da Dennis Russell Davies & Maki Namekawa
nel 2008), un ampio affresco nel quale tutti gli stimoli stilistici che caratterizzano l’arte dell’autore vengono come ordinati dalla struttura e dalla tecnica
minimalista.
Torniamo poi nella vecchia Europa, e più indietro nel tempo: a quel Ravel
che in Ma Mère l’Oye, (1910) nella sua ricerca di chiarezza razionalizzante
ed estetizzata, costruisce una delle più interessanti alternative all’impressionismo descrittivistico. Fu proprio l’autore a scrivere: “Il proposito di evocare
in questi pezzi la poesia dell’infanzia mi portò naturalmente a semplificare il
mio stile e a raffinare i miei mezzi espressivi”, ma su questa ‘semplificazione’,
utile a narrare musicalmente le favole della tradizione, si stratifica anche una
commovente e nostalgica rievocazione del mondo dell’infanzia, e i preziosismi
timbrici ed armonici si mescolano ai toni quasi angosciati di un adulto che rilegge con consapevolezza gli antichi racconti. Alla stessa epoca (1908) appartiene anche la Rhapsodie Espagnole, nella quale l’autore attinge ispirazione
dal proprio retroterra culturale (Ravel era di origine basca). Tuttavia, come nel
brano precedente, lontanissimo anche qui è l’intento puramente descrittivo e,
in particolare, lo ‘spagnolismo’ di maniera tanto di moda in Francia. I suoni,
i colori e il mondo variegato e ‘primitivo’ della musica popolare spagnola servono al compositore infatti per approdare a un nuovo linguaggio musicale che
raggiungerà i suoi esiti più splendidi negli anni successivi (con Bolero) e sarà
persino la base della ricerca degli stessi autori spagnoli del Novecento.
KATIA E MARIELLE LABÈQUE
Figlie di Ada Cecchi (allieva di Marguerite Long), Katia e Marielle Labèque
hanno iniziato la loro carriera musicale in giovanissima età raggiungendo
fama internazionale con la Rapsodia in blu di Gershwin, che ha ottenuto
uno dei primi Dischi d’oro della musica classica. Protagoniste di una carriera
straordinaria con concerti in tutto il mondo a fianco delle orchestre più prestigiose (fra cui Berliner Philharmoniker, Bayerische Rundfunk, Sinfoniche
di Boston, Chicago e Cleveland, Gewandhausorchester di Lipsia, orchestre
londinesi, Los Angeles Philharmonic, Philadelphia Orchestra, Staatskapelle
di Dresda, Wiener Philharmoniker e Filarmonica della Scala) e coi direttori
più celebri (Dutoit, Gardiner, Jarvi, Mehta, Ozawa, Pappano, Rattle, Salonen
ecc.). Suonano nelle più importanti sale da concerto e festivals (Musikverein
di Vienna, Musikhalle di Amburgo, Carnegie Hall, Royal Festival Hall, La
Scala, Lucerna, Ludwigsburg, Proms di Londra, Ravinia, Ruhr, Tanglewood,
Salisburgo ecc.) e, tra tutti, ricordiamo il clamoroso successo davanti ad un
pubblico di 33.000 spettatori in un concerto gala con i Berliner Philharmoniker e Simon Rattle, alla Waldbuhne di Berlino.
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Si affiancano anche a complessi di musica barocca (The English Baroque Soloists, Giardino Armonico, Musica Antica e Venice Baroque e Age of Enlightenment) ma hanno avuto anche un costante rapporto con i maggiori
compositori del nostro tempo, fra cui Andriessen, Berio, Boulez, Noesmans,
Golijov, Ligeti e Messiaen.
Hanno una propria casa discografica, KML Recordings, fondata per creare un
ponte fra tutti gli stili di musica in epoca contemporanea, che ha pubblicato
recentemente una nuova versione della Rapsodia in blu di Gershwin e di West
Side Story di Bernstein; hanno anche una Fondazione (KML) il cui scopo è
la ricerca e lo sviluppo del repertorio per duo pianistico, attraverso l’incontro
di artisti di tutti i campi.
Stanno lavorando al progetto The minimalist Dream House ispirato ai concerti del 1961 curati da La Monte Young nel loft di Yoko Ono: con altri
interpreti provenienti sia dal rock che dalla classica si ritrovano per celebrare
questo rivoluzionario nuovo movimento e le sue molteplici influenze.
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Venerdì 30 novembre 2012 ore 21.00*
Concerto straordinario fuori abbonamento
GINO PAOLI
& FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana
MUSICA SENZA FINE
In collaborazione con Marche Jazz Network
ed il contributo di Banca dell’Adriatico
Con la partecipazione di Rosario Bonaccorso contrabbasso,
Roberto Tarenzi pianoforte, Pasquale Angelini batteria
Stefano Fonzi Arrangiamenti e Direzione
R
iconosciuto come uno dei più grandi rappresentanti della musica leggera
italiana, Gino Paoli ha scritto e interpretato brani indimenticabili, quali
Il cielo in una stanza, La gatta, Che cosa c’è, Senza fine, Sapore di sale,
Una lunga storia d’amore, Quattro amici, Ti lascio una canzone, Averti addosso,
Vivere ancora e tanti altri che ci verranno riproposti in questo concerto.
Sempre pronto a nuove sfide, oggi interpreta le sue canzoni accompagnato
dall’Orchestra Filarmonica Marchigiana e da un trio jazz in una serata di grande
musica che ripercorre le tappe più significative di una lunga carriera.
Le versioni dei brani, arrangiate dal M° Stefano Fonzi, innovative e piene di lirismo, lasciano spazio alle emozioni, che già negli anni ‘60 il “Gino nazionale” ci
regalava, tornando indietro nel tempo, ma con un linguaggio sempre più attuale.
GINO PAOLI
Gino Paoli (nato a Monfalcone, in provincia di Gorizia, ma presto trasferito a
Genova con la famiglia) è considerato uno dei padri della Canzone d’autore italiana: tra primi che, attenti alla lezione degli chansonnier francesi, iniziarono a
scrivere proprie canzoni e a cantarsele, in un universo musicale all’epoca (fine
degli anni ‘50) dominato da autori o interpreti ‘puri’.
Dopo alcuni singoli di nessun successo incisi per la neonata etichetta Ricordi,
Paoli scrive e canta “La gatta”, uno dei suoi classici. Il singolo vende in un mese
appena un centinaio di copie, ma, inaspettatamente, alcune settimane dopo finisce in classifica ed inizia a vendere benissimo. Siamo nel 1960. In quel periodo conosce Ornella Vanoni, attrice che desidererebbe cantare, per la quale scrive
“Senza fine” che la lancia e che diviene un hit anche negli Stati Uniti, grazie a
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Dean Martin e Ertha Kitt. Quindi è Mina, già cantante di un certo successo, convinta dal paroliere Mogol e sconsigliata da tutti gli altri, a incidere un’altra canzone
dell’introverso autore, “Il cielo in una stanza”, ed è un vero trionfo. Nel 1961, Paoli
pubblica senza successo il primo album, ma anche se la carriera da autore funziona
molto più di quella di cantante, nel 1963 fa centro con uno dei grandi classici
della canzone italiana, quella “Sapore di sale” direttamente ispirata dalla storia con
Stefania Sandrelli. Dopo alcuni anni (ma siamo dopo il ’68) di inevitabile declino,
Paoli ritorna al successo a metà degli anni ‘80 grazie a una tournèe (e un disco,
“Insieme”) con Ornella Vanoni e ad album come “Averti addosso”, “Cosa farò da
grande” e “L’ufficio delle cose perdute”. Del 1991 sono le vendite record di “Matto
come un gatto” e del singolo “Quattro amici al bar” mentre negli ultimi anni ha
allargato i suoi orizzonti con le incursioni jazz, sul palco e in studio (con l’album
“Milestones” del 2007) e le nuove canzoni dell’album “Storie” del 2009.
FORM-ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA
L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, fondata nel 1985 (dal febbraio del 2000, insieme alla Regione Marche e all’Università degli Studi di Ancona, Fondazione Orchestra
Regionale delle Marche, FORM), è dal 1987 una delle dodici Istituzioni Concertistiche Orchestrali Italiane. Opera in regione con stagioni liriche e sinfoniche, rassegne
cameristiche e concerti per le scuole ed è partner dei concorsi musicali internazionali
regionali. Attenta alla valorizzazione dei compositori marchigiani, ha ideato “Le Marche Parco Europeo della Musica”. Dal 1998 è orchestra principale del Festival Snow
& Symphony di St. Moritz, assieme a grandi solisti e giovani talenti. Numerose le
apparizioni televisive e le incisioni discografiche: tra esse figurano pagine di Pergolesi,
Strauss, Rossini, Mozart, Verdi, tutte guidate dal suo direttore artistico Gustav Kuhn.
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Venerdì 7 dicembre 2012 ore 21.00
I VIRTUOSI ITALIANI
Alberto Martini maestro di concerto al violino
Mario Folena flauto solista
Roberto Loreggian clavicembalo solista
Antonio Vivaldi (1678-1741)
Arsilda Regina di Ponto RV 700
Sinfonia avanti l’opera
La Verità in Cimento RV 739
Sinfonia avanti l’opera
Concerto op. X n. 2 in sol minore RV 439 “La notte” per flauto, archi e
basso continuo
Largo
Presto (Fantasmi)
Largo
Presto
Largo (Il sonno)
Allegro
Concerto op. IV “La Stravaganza” n. 1 in si bemolle maggiore RV 383a per
violino, archi e basso continuo
Allegro
Largo e cantabile
Allegro
Concerto op. III “L’Estro Armonico” n. 8 in la maggiore per due violini,
archi e basso continuo RV 522
Allegro
Larghetto e spirituoso
Allegro
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Georg Philipp Telemann (1681-1767)
Don Quixotte TWV 55:G10
Ouverture
Johann Sebastian Bach (1685-1750)
Concerto n. 3 in re maggiore BWV 1054 per clavicembalo e archi
Senza indicazione di tempo
Adagio
Allegro
Concerto Brandeburghese n. 5 in re maggiore BWV 1050 per flauto,
violino, clavicembalo e archi
Allegro
Affettuoso
Allegro
C
’è una forma musicale che da fine Seicento si propaga in tutta Europa,
una forma che affonda le radici nel passato e che conoscerà un grande futuro: il concerto solistico. La contrapposizione di due gruppi nell’ambito
della stessa esecuzione non era nuova, ma ora sono cambiate le cose, e al posto
di due gruppi di ampiezza simile ora si confrontano un gruppo strumentale e un
virtuoso, che si distingue da tutti gli altri per la sua bravura stabilendo una cesura
tecnica tra sé e il resto degli esecutori e un rapporto diretto col pubblico stupefatto. Il concerto si struttura poi a inizio Settecento quando, complice anche il
perfezionamento degli strumenti e il potenziamento delle loro possibilità tecniche
si diffondono, innanzitutto, i concerti per violino e poi, via via, quelli per flauto e
per altri strumenti. Diffusione questa che avviene dapprima in ambito veneziano,
dove l’indagine più straordinaria in questo senso si produce nell’opera di Vivaldi
(nelle splendide raccolte dell’Estro Armonico e della Stravaganza per violino, e
dell’op. X per flauto) e poi anche negli autori coevi del resto d’Europa, grazie alle
stampe dei più celebri di questi lavori diffuse in tutto il continente.
Questo schema generale viene indagato a fondo in particolare da Bach che,
prima di affrontare questo genere in un gruppo di proprie composizioni, studia
e trascrive proprio i capolavori italiani attraverso un lavoro intenso di revisione
e di elaborazione. Pur accettando il modello egli non è però disposto a rinunciare alla propria visione del mondo, cioè alla fusione sotto il comune denominatore del contrappunto degli stimoli culturali che gli venivano dalle diverse
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civiltà musicali del presente e del passato. Così la forma ‘all’italiana’, utilizzata
nei concerti per violino e per clavicembalo, diviene un scheletro su cui innestare
la forza della sua sapienza compositiva ed artistica e le sue esperienze musicali,
dando vita a forme del tutto nuove che, come accade nei Concerti per cembalo
e soprattutto nei Brandeburghesi, combinano variamente i modelli e danno
all’orchestra un ruolo sinfonico che, se nel periodo di Bach poteva apparire un
retaggio di un passato gotico e contrappuntistico, a noi, che conosciamo il successivo sviluppo del genere, si mostra come un profetico balzo in avanti verso
una la concezione moderna.
Il programma si completa con l’Ouverture da un lavoro per orchestra di Telemann che costruisce una sorta di ‘raccontino musicale’ divertente e originalissimo sulle avventure del “cavaliere dalla triste figura”.
ALBERTO MARTINI
Nato a Verona, diplomato presso il Conservatorio della sua città, si è poi perfezionato al Conservatorio di Ginevra. Si è esibito in Italia e all’estero nei festival più prestigiosi nella veste di concertatore, primo violino e direttore oltre
che come solista, ed è stato primo violino di spalla con molte orchestre e con
i più grandi direttori (da Muti a Chailly, da Chung a Sinopoli a Temirkanov).
Nel 2009 ha esordito come solista alla Carnagie Hall di New York. Ha oltre
50 Cd registrati come direttore e concertatore. Dal 1999 al 2006 è stato Direttore Artistico dell’Accademia I Filarmonici di Verona e dal 2006 è direttore
artistico de I Virtuosi Italiani e delle loro stagioni veronesi. Ha collaborato
come responsabile artistico dell’orchestra del Teatro Comunale di Treviso, ed
è tutt’ora consulente esterno del Festival I Suoni delle Dolomiti. Dal 2007 al
2010 è stato Direttore Artistico dell’Orchestra Sinfonica del Friuli Venezia
Giulia. L’interesse verso il repertorio di confine lo ha portato alla realizzazione
di importanti progetti con artisti di oggi (da Corea a Nyman, da Battiato
a Glass tra gli altri). Insegna violino al Conservatorio di Verona, tiene masterclass in Italia e all’estero e fa parte delle commissioni dei più importanti
concorsi internazionali di violino e di musica da Camera. Suona un prezioso
violino C. F. Landolfi del 1751 gentilmente concesso dalla Fondazione Pro
Canale di Milano.
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ROBERTO LOREGGIAN
Diplomato col massimo dei voti in organo e in clavicembalo, si è perfezionato
al Conservatorio di L’Aja con Ton Koopman e ha suonato nelle più importanti sale italiane, in Europa e all’estero e per festival prestigiosi quali MITO,
Sagra Malatestiana, Festival Pergolesi Spontini sia in veste di solista che di accompagnatore con numerosi solisti ed orchestre barocche. Ha registrato CD
per Chandos, Tactus, Arts ecc. e sta registrando l’integrale di Frescobaldi. Ha
vinto con le registrazioni delle musiche per cembalo di B. Pasquini (ChandosChaconne) e di G.B. Ferrini (Tactus) il Preis der deutschen Schallplattenkritik. Insegna presso il Conservatorio di Padova.
MARIO FOLENA
Diplomato in flauto traverso e in traversiere con il massimo dei voti e la lode,
si è perfezionato in corsi con Donington, Clemencic, Melkus e Rampal, collaborando poi con prestigiose orchestre (tra esse Orchestra da camera di Parigi, I Filarmonici di Verona, Accademia de li Musici, Orchestra da camera
di Mantova ecc.). È stato inoltre primo flauto di Novecento e oltre, gruppo
fondato da Antonio Ballista. Dal 1982 è primo flauto dell’Orchestra di Padova e del Veneto, con la quale svolge un’intensa attività concertistica e solistica
in tutto il mondo e, come solista, collabora con le più importanti società da
concerto italiane. Ha insegnato flauto traverso barocco ai corsi estivi di musica antica della Fondazione Cini di Venezia, al Conservatorio di Padova e in
quello di Parma. Tra le sue numerose registrazioni discografiche, quella delle
Sonate ed Arie Geminiani per TACTUS assieme a Loreggian, ha vinto nel
1997 il Referendum di Musica e Dischi come miglior disco di musica classica
dell’anno. Mario Folena è vincitore, assieme a Roberto Loreggian, del Premio
speciale Civiltà Veneta 2007 della Fondazione Masi.
I VIRTUOSI ITALIANI
Questo complesso, considerato un dei più attivi e qualificati del musicale internazionale, si è formato nel 1989 e da quel momento si esibisce con ottimi
consensi di critica e di pubblico per i più importanti teatri e per i principali
enti musicali. Ricordiamo, tra tutti, il Concerto per il Senato, quello “per la
Vita e per la Pace” eseguito a Roma, Betlemme e Gerusalemme e trasmesso in
Mondovisione, il Concerto in Sala Nervi alla presenza del Papa, la tournée in
Sud America nei più importanti Teatri, il debutto alla prestigiosa Royal Albert
Hall di Londra. L’ensemble collabora con solisti e direttori internazionali e ha
una vasta attività discografica con oltre 100 CD registrati e 400.000 dischi
venduti. Nel 2004 per l’integrale in prima assoluta dell’opera di Bonporti con
Alberto Martini il gruppo ha conseguito i premi Choc de la Musique, Cinque
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Credits: Maki Galimberti
stelle –Premio Goldberg e Diapason d’ôr. Con grande attenzione riservata al
coinvolgimento del pubblico e con una particolare attenzione ai giovani, i
Virtuosi italiani mostrano da sempre interesse anche per il repertorio di confine e hanno collaborato con artisti quali Corea, Bregovic, Nyman, Einaudi,
Battiato, Caine, Fresu. I Virtuosi sono ideatori e interpreti a Verona, città di
residenza, di una Stagione giunta alla XIII edizione e di una Stagione di Musica Sacra. Dal 2011 il gruppo è complesso residente per la stagione concertistica nella Chiesa dell’Ospedale della Pietà a Venezia. L’impostazione artistica
vede cardine il Konzertmeister primo violino Alberto Martini. Da ottobre
2011 Pavel Barman ricopre il ruolo di direttore principale ospite.
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Domenica 16 dicembre 2012 ore 18.00**
Concerto fuori abbonamento
RAMIN BAHARAMI pianoforte
Recupero concerto Krystian Zimerman
Concerto in collaborazione con la “Fondazione Pescheria”
Domenico Scarlatti (1685-1757)
Sonata in re maggiore K 282
Johann Sebastian Bach (1685-1750)
Suite inglese n. 2 in la minore BWV 807
Preludio
Allemanda
Corrente
Sarabanda
Bourées I e II
Giga
Domenico Scarlatti
Sonata in fa diesis maggiore K 319
Sonata in re maggiore K 278
Sonata in do maggiore K 159
Johann Sebastian Bach
Aria variata (alla maniera italiana) in la minore BWV 989
Concerto nach italienischen Gusto BWV 971
Vivo
Andante
Presto
I
due autori protagonisti qui non sono solo genericamente coevi, ma proprio coetanei (entrambi nati nel 1685) e, insieme, rappresentano due
esempi splendidi della ricchezza e della varietà fornita dalle forme della
musica per tastiera nel periodo più ricco e splendido del barocco. Il primo
a presentarsi è un italiano, Domenico Scarlatti, che partito dall’esperienza operistica abbandona tutto per divenire maestro di musica dell’infanta
Maria Barbara di Portogallo, con la quale si trasferisce in Spagna quando la
fanciulla diventa regina in quel Paese, e che con le sue oltre 600 sonate non
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solo compie un lavoro straordinario di sintesi estetica ed espressiva, ma sposta
in alto l’asticella della tecnica cembalistica, là dove in pochi sapranno raggiungerlo in seguito. Ma davvero incredibile è il fatto che, mantenendo sempre
uguale la forma utilizzata (un tempo solo, diviso a metà da un ritornello)
Scarlatti riesce a variarne con abilità straordinaria i contenuti, affidandosi a
tutti gli spunti musicali possibili, dalla musica popolare spagnola alla fuga
severa, dalle danze della suite alla dolce melodia quasi belcantistica.
Ma alternato alla varietà sonatistica scarliattiana, dall’altro lato del palcoscenico, sta Bach, il quale invece esplora con la tastiera tutte le forme che erano state utilizzate fino a quel momento, proponendo un incredibile e forse
esempio di rilettura e risistemazione, ma anche in questo caso spingendosi
in territori dove nessuno sarà in grado di seguirlo. Da un lato egli porta al
massimo grado di stilizzazione, e quasi conclude, la vicenda secolare della
suite per cembalo: con le Suites ‘Francesi’ le Partite e le Suites ‘Inglesi’, nelle
quali la rigida successione di danze si arricchisce e si addensa grazie non solo
all’aggiunta di brani ‘esterni’ alla suite (come, ad esempio, i preludi) e all’uso
di una tecnica di grande difficoltà, ma anche, e soprattutto, grazie all’uso del
contrappunto che fino a quel momento era stato accuratamente evitato da un
genere considerato come disimpegnato.
E se nel catalogo bachiano per tastiera non mancano le opere ‘didattiche’,
quelle ‘teorico-dimostrative’ o quelle legate alle forme ‘libere’, negli ultimi
anni di Lipsia egli recupera ancora forme ormai sfruttatissime, come il tema
con variazioni e il concerto italiano per le quali egli riesce, grazie alla trama
inesorabile del contrappunto e alla sua straordinaria apertura culturale, a trovare un nuovo futuro.
RAMIN BAHARAMI
Nato a Teheran nel 1976 ha studiato con Piero Rattalino al conservatorio
di Milano e all’Accademia Pianistica di Imola, e con Wolfgang Bloser alla
Hochschule für Musik di Stoccarda. Si è poi perfezionato con Alexis Weissenberg, András Schiff, Robert Levin and Rosalyn Tureck, grazie alla quale ha potuto approfondire l’interpretazione bachiana nel Novecento. Nel
1998 ha debuttato al Teatro Bellini di Catania con tale successo da ricevere la cittadinanza onoraria; da quel momento si sono susseguite esibizioni
presso le maggiori istituzioni musicali d’Italia, teatri, stagioni e prestigiosi
festival internazionali (La Roque d’Anthéron”, Tallin Baroque Music Festival, Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano Beijing Piano Festival,
Strings Lucern, Festival di Bergamo e Brescia ecc.). Dal 1999, dopo le ‘Goldberg’ alla Sala Verdi di Milano ha presentato Partite, Concerti per tastiera
e Variazioni in molte sale in Italia (Roma, Milano Firenze, Messina, Salerno, Pisa) e in Germania. In particolare le Variazioni sono state eseguite al
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Quirinale e trasmesse in diretta su Radiotre. È anche a fianco di prestigiose
orchestre (Orchestra Verdi di Milano, Latvian Philharmonic Chamber Orchestra, European Chamber Orchestra, Janacek Philharmonic Orchestra,
Kammerphilharmonie Stuttgart ecc.). Nel gennaio 2009 è stato insignito
del Premio “Città di Piacenza-Giuseppe Verdi” dedicato ai grandi protagonisti della scena musicale, riconoscimento assegnato prima di lui a Riccardo
Muti, Josè Cura, Leo Nucci e Pier Luigi Pizzi. Ramin Bahrami è considerato
uno tra i più interessanti interpreti bachiani viventi a livello internazionale.
Dopo l’esecuzione dei Concerti di J.S. Bach a Lipsia nel 2010 con la Gewandhausorchester e Chailly, la critica tedesca lo considera: “un mago del suono,
un poeta della tastiera; artista straordinario che ha il coraggio di affrontare Bach su una via veramente personale”. Incide esclusivamente per DeccaUniversal e la sua discografia è molto vasta: ricordiamo le Variazioni Goldberg (2004), le 7 Partite (2005), l’Arte della Fuga (2007), la raccolta “Ramin
Bahrami plays Bach” (2009), le Suite Francesi (2010). Il disco con i cinque
concerti per tastiera di Bach, con la Gewandhausorchester e Riccardo Chailly registrato a Lipsia (2011), ha avuto 5 stelle da Amadeus e le Suite Inglesi
(2012) sono entrate nella classifica Nielsen della musica pop. Dal 2012 ha assunto la direzione artistica della Summer School of Musical Perfomance ideato insieme al produttore RAI Casimiro Lieto nel borgo dell’antica Caserta.
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Domenica 6 gennaio 2013 ore 18.00
DANIIL TRIFONOV pianoforte
Franz Liszt (1811-1886)
Frühlingsglaube (dai Dodici Lieder di Schubert)
Die Stadt (da Schwanengesang di Schubert)
Franz Schubert (1797-1828)
Sonata in si bemolle maggiore D. 960
Molto moderato
Andante sostenuto
Scherzo (Allegro vivace)
Allegro, ma non troppo
Fryderyk Chopin (1810-1849)
Barcarola in fa diesis maggiore op. 60
Studi op. 10
n. 1 in do maggiore
n. 2 in la minore
n. 3 in mi maggiore
n. 4 in do diesis minore
n. 5 in sol bem. maggiore
n. 6 in mi bem. minore
n. 7 in do maggiore
n. 8 in fa maggiore
n. 9 in fa minore
n. 10 in la bem. maggiore
n. 11 in mi bem. maggiore
n. 12 in do minore
S
chubert, Chopin e Liszt: tre autori che più lontani non potrebbero
essere per concezione di scrittura e per ideali estetici. Eppure in questo
programma si danno, e non casualmente, la mano.
Liszt, per cominciare, il titano della tastiera che si avvicina all’intimismo
dei Lieder di Schubert quasi in punta di piedi e riesce, nei suo adattamenti
pianistici, a scovarne come pochi altri il senso vero e profondo.
E poi, Schubert, con la Sonata D. 960, ultimo di quei capolavori che, con-
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temporanei alle ultime sonate di Beethoven, costituiscono a quelle l’unica
valida alternativa. “Questa composizione è diversa dalle altre - scrive Schumann - perché qui Schubert volontariamente rinuncia ad ogni novità brillante. La composizione scorre mormorando di pagina in pagina, sempre lirica,
senza mai pensiero per ciò che verrà, come se non dovesse mai arrivare alla
fine, interrotta solo qua e là da fremiti più violenti che tuttavia si spengono
rapidamente”. E infatti questa Sonata in si bemolle è figlia del clima culturale
ed artistico della Restaurazione, specchio di un ambiente intimistico, lontana
sia dagli ideali eroici e volitivi che dalla superficiale brillantezza del pianismo
Biedermeier, pagina dove ogni pensiero viene interiorizzato in un messaggio
personale, fatto di magia e di emozione, che l’autore rivolge ai pochi amici di
casa o addirittura solo a se stesso.
Infine Chopin, che torna a Liszt nella dedica degli Studi op. 10, vera e propria
‘dichiarazione d’intenti’ del Polacco al mondo musicale. Accortosi dei limiti
della tecnica tradizionale, a 23 anni, pubblica questi brani dove supera i metodi
per pianoforte coevi e propone un compendio del suo stile: complice uno strumento sempre più disponibile presenta infatti le caratteristiche della sua estetica
in una serie di composizioni che propongono ciascuno un elemento differente
della tecnica pianistica, risolto comunque sempre nell’ambito dell’arte (il valore
del suono, l’armonia allo stato puro, la polifonia, la ricerca della qualità timbrica…). Ma nonostante ciascuno di questi brani presenti una singola problematica, la raccolta si propone anche come ‘composizione’ unitaria, come un polittico
fatto di tasselli strettamente collegati tra di loro in un crescendo di tensione e di
emozioni che parte dalla pura armonia del primo studio per giungere alla carica
eroica e rivoluzionaria dell’ultimo che, per concezione ed intensità di espressione, chiude il sipario come un vero e proprio affresco pianistico.
DANIIL TRIFONOV
“L’altra notte l’ho riascoltato: possiede tutto e anche di più. Ciò che fa con le
sue mani è tecnicamente incredibile. E anche il suo tocco! Tenero e demonico
insieme. Non ho mai sentito nulla di simile”.
(Martha Argerich al Financial Times, 8 luglio 2011)
Nato in Russia, a Nizhny Novgorod, nel 1991 ha studiato dapprima alla Scuola
Gnessin di Mosca nella classe di Tatiana Zelikman, già insegnante di altri nuovi
talenti della scuola russa come Aleksej Volodin,. Dopo numerosi riconoscimenti
in patria (tra cui quello al Concorso Skrjabin di Mosca), vince nel 2008 il concorso di San Marino col Terzo Concerto di Prokof’ev, a seguito del quale decide
di perfezionarsi al Cleveland Institute of Music sotto la guida di Sergej Babajan.
Nell’ottobre dello stesso anno si classifica terzo al Concorso Chopin di Varsavia
(premio anche per la migliore esecuzione di una mazurca) ottenendo l’apprezza-
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mento di Martha Argerich. Dal 2006 al 2009 ha studiato anche composizione
e tuttora scrive musica per pianoforte, da camera e orchestrale. Nel maggio del
2011 vince il Concorso Arthur Rubinstein di Tel Aviv, dove ottiene anche il
premio per la migliore esecuzione di un brano di Chopin, il premio per la miglior prova di musica da camera e il premio del pubblico e, un mese dopo, vince
il Concorso Čajkovskij di Mosca. Di grande impatto il suo CD per la Decca
interamente dedicato a Chopin e quello pubblicato recentemente col Concerto
di Čajkovskij con Valery Gergiev e l’Orchestra del Mariinsky.
Ha all’attivo una splendida carriera concertistica che lo ha portato nei principali festival europei (Verbier, Montreux, Tivoli, Edinburgh, Lockenhaus,
Klavier Festival Ruhr ecc.) e negli USA (nei festival di Blossom, Ravinia e
Chautauqua) collaborando con grandi orchestre (Wiener Philharmoniker,
London Symphony, BBC Philharmonic, Orchestra del Mariinsky, Concertgebouw ecc.) con grandi direttori quali Gergiev, Fedoseyev, Marriner, Mehta,
Pletnev. Ha tenuto e tiene concerti presso sale prestigiosissime quali Barbican
di Londra, Musikverein di Vienna, Salle Pleyel di Parigi, Carnegie Hall di
New York, Suntory Hall di Tokyo, in Europa, Nord e Sud America, Medio ed
Estremo Oriente. La stagione 2012-13 vedrà i debutti di Trifonov con molte
tra le massime orchestre al mondo, tra cui Santa Cecilia (Battistoni) New
York Philharmonic (Gilbert), Chicago Symphony (Dutoit), Boston Symphony (Guerrero), Cleveland (Gaffigan), National Arts Centre (Zuckerman),
Philharmonia (Maazel), Royal Philharmonic (Dutoit), Radio France (Znaider), Budapest Festival Orchestra (Takács-Nagy), e i ritorni con London Symphony e Mariinsky (Gergiev), Russian National (Summers, Pletnev), Warsaw
Philharmonic (Wit).
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Giovedì 10 gennaio 2013 ore 21.00*
Spettacolo straordinario fuori abbonamento
BALLETTO RUSSO DI ANNA IVANOVA
Sergej Sergeevič Prokof ’ev (1891-1953)
ROMEO E GIULIETTA
Coreografie di Anna Ivanova
Solisti: Anna Ivanova e Aleksander Alikin
esecuzione su CD del Moscow Theatre Festival Orchestra, direttore Yuri
Emelianov Poliankovich
L
a vicenda compositiva di Romeo e Giulietta si inquadra nella più ampia vicenda dello sviluppo del balletto in Unione Sovietica, in particolare tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento, epoca nella
quale videro la luce proprio i grandi capolavori di Prokof ’ev. Rivoluzionario
nel modo in cui egli stravolge la struttura tradizionale attraverso uno stile
definito “realismo romantico”, il compositore riesce con la sua musica angolosa e ritmica, ma spesso intensamente lirica, a ridurre all’essenzialità la
rappresentazione. Secondo questa idealità Romeo e Giulietta, rappresentato
per la prima volta a Brno nel dicembre 1938, costituisce un momento di
equilibrio ideale tra le esigenze di un pubblico ancora affezionato alla tradizione del balletto ‘alla Čajkovskij’ e quella del compositore, appena tornato
dall’Europa occidentale e quindi ormai in possesso di un linguaggio definitivamente lontano da quello del tardoromanticismo. Il dramma di Shakespeare è seguito fedelmente e ogni personalità, perfino quelle dei personaggi
di contorno, è sbalzata a tutto tondo nei suoi lineamenti psicologici da una
musica che si piega e si adatta all’espressione di tutti gli affetti, sempre attenta a mettere in luce la violenza del contrasto ideale della romantica vicenda dei due innamorati veronesi.
I Atto. Piazza del mercato a Verona. Le nobili famiglie dei Capuleti e dei
Montecchi sono rivali tra loro. Romeo (Montecchi) corteggia non corrisposto la cugina di Giulietta (Capuleti), e gli amici Mercuzio e Benvolio
lo confortano. All’alba nasce un diverbio fra Tebaldo (Capuleti) e Romeo:
inizia un cruento scontro tra le due fazioni fermato dall’intervento del Principe di Verona. Intanto, a casa Capuleti, a Giulietta viene presentato Paride
cui è stata destinata in moglie. Giungono gli ospiti per il ballo che festeggia
il compleanno della fanciulla, ballo al quale, mascherati, partecipano anche
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Romeo, Mercuzio e Benvolio. Romeo è rapito da Giulietta ma è riconosciuto
da Tebaldo che lo caccia. Alla fine della festa la fanciulla esce sul balcone e
Romeo compare nel giardino: i due giovani si confessano il reciproco amore.
II Atto. La nutrice di Giulietta consegna a Romeo un biglietto della giovane
in cui lei accetta di sposarlo: il matrimonio viene celebrato da Frate Lorenzo
nella speranza che l’unione faccia cessare le contese familiari. Sulla piazza del
mercato però Tebaldo, provocato, uccide Mercuzio e Romeo, vendicando la
morte dell’amico, viene esiliato. III Atto. All’alba i due sposi devono separarsi, Romeo si allontana, Giulietta rifiuta di sposare Paride e chiede consiglio a
frate Lorenzo. Il frate le consegna una pozione che la farà sprofondare in un
sonno simile alla morte, i genitori la seppelliranno nella tomba di famiglia
e Romeo, avvisato dal frate tornerà e porterà Giulietta lontano da Verona.
Giulietta acconsente, ma al mattino i genitori la trovano apparentemente senza vita. Nella tomba dei Capuleti arriva Romeo che, non avendo ricevuto il
messaggio del frate, ritorna a Verona credendo l’amata morta. Nella cripta
trova Paride e lo uccide, poi si avvelena. Giulietta si risveglia e trovando morto
l’amato, si uccide a sua volta.
BALLETTO RUSSO DI ANNA IVANOVA
Il Teatro del Balletto Russo si basa sulle tradizioni della scuola del balletto
classico russo. Il repertorio comprende i migliori balletti classici (Il lago dei
cigni, La Bella Addormentata, Lo Schiaccianoci, Giselle, Romeo e Giulietta,
Don Chisciotte ecc.) e un insieme di concerti di gala, la cui realizzazione riscuote da tempo un grande successo sia in Russia che all’estero.
Formato da artisti che si distinguono per elevata professionalità, genio artistico, arte ed espressività (molti hanno vinto concorsi internazionali e premi
prestigiosi in Russia e all’estero), il Balletto Russo partecipa frequentemente a
prestigiosi festival di danza ottenendo sempre un grande successo di pubblico.
I costumi e le scenografie sono state create appositamente per il tour italiano
sulla base dei canoni artistici del Grande Teatro Imperiale Russo e rispettano
le regole tecniche e grafiche della classiche produzioni di Petipa. I coreografi
e gli artisti del Balletto Russo si ispirano inoltre ai migliori maestri russi quali
Semenova, Jacobson e Semenyaka e i loro successi sono il frutto dell’impegno
minuzioso e artistico delle migliori tradizioni della Scuola di Ballo a Mosca.
ANNA IVANOVA
Laureata con la lode all’Accademia di coreografia di Mosca nel 2000, fino al
2009 ha fatto parte del corpo di ballo del Bol’šoj. Ha inoltre lavorato con il
Teatro d’opera e balletto di Odessa, con l’Opera Nazionale di Sofia, con il
Balletto classico russo di Gordeev, con il Teatro d’opera e balletto di Izhevsk,
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con il Balletto del Teatro di San Pietroburgo, con il Teatro d’opera e balletto
di Syktyvkar, con La Corona del Balletto Russo, con il Russian Imperial Ballet
di Taranda e con il Teatro d’opera e balletto di Saratov. Ha partecipato a numerosi festival in Russia, Giappone, Grecia, Messico, Libano, Bulgaria, Croazia, Sud Africa, Brasile, Germania, Francia, Romania, Ungheria e Ucraina.
Nel corso della sua carriera ha conseguito i numerosi riconoscimenti tra cui
Premio speciale Grishko (1997) e Gran premio del Concorso Internazionale
di Balletto in Lussemburgo (2003). Il repertorio di Anna Ivanova comprende
tutti i classici del balletto russo ed europeo (da Il lago dei cigni a La bella addormentata, da Lo Schiaccianoci a Giselle) e celebri pas de deux (La Esmeralda, Don Chisciotte, La Sylphide, L’età d’oro del tango). Nel 2011 ha fondato
grazie all’aiuto di sostenitori privati il Balletto Russo di Anna Ivanova, di cui
è direttrice e solista principale.
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Domenica 20 gennaio 2013 ore 18.00
FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana
HUBERT SOUDANT direttore
GABRIELLA SBORGI mezzosoprano
Richard Wagner (1813-1883)
Wesendonck Lieder
Engel
Stehe Still!
Im Treibhaus
Schmerzen
Träume
Franz Schubert (1797-1828)
Sinfonia n.9 in do maggiore “La Grande”
Andante-Allegro ma non troppo
Andante con moto
Scherzo (Allegro vivace)
Finale (Allegro vivace)
N
ell’anno di Wagner, l’Ente Concerti sceglie di celebrare il grande
drammaturgo tedesco con una pagina come i Wesendonck-Lieder
sicuramente inconsueta ma importantissima per capirne a fondo
il pensiero, preparata proprio negli anni in cui il musicista era dedito alla
composizione di Tristan und Isolde.
Mathilde Wesendonck aveva avuto a Zurigo col compositore un intenso
contatto spirituale, una relazione profonda al punto da indurre Wagner a
musicarne i versi in pochi mesi, tra il dicembre 1857 e il maggio 1858,
cimentandosi in un genere che egli aveva trattato saltuariamente solo nella
prima fase della sua attività artistica. Se lo stile più tipico di Wagner si rivela nell’andamento di melodia e armonia, spesso arditamente cromatica, la
prassi compositiva del ciclo non sfugge alla tradizione tedesca negli accompagnamenti, che legano strettamente testo e musica (come le veloci sestine
ascendenti di semicrome sfondo alla prima parte di ‘Stehe Still’ o i bicordi
staccati in ‘In Treibhaus’, per imitare la pioggia), rivelando un aspetto inedito e ‘riservato’ di un artista noto come architetto di enormi amalgami
orchestrali e di composizioni monumentali e grandiose.
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Dall’altro lato del programma sta invece una pagina di un autore che, come
Schubert, ha fatto proprio del Lied la sua forma preferenziale di espressione.
“Chi non conosce questa sinfonia conosce poco Schubert” scrive Schumann,
che aveva scoperto il capolavoro abbandonato in un cassetto quando nel
1838, trasferitosi a Vienna, si era recato in pellegrinaggio a casa del compositore. “Egli - prosegue - mostratosi già sicuro nelle forme, ricco di fantasia e
vario, afferrò anche la sinfonia. La sua divina lunghezza è come un romanzo
di Jean Paul che non finisce mai, per non lasciar creare il seguito al lettore.”
Gli ideali eroici e universali, che avevano contraddistinto il sinfonismo di
Beethoven sono infatti coraggiosamente dimenticati da Schubert, che non
sintetizza il passato né anticipa quella che sarà la strada della musica sinfonica
successiva, ma esprime con la sua grandissima sensibilità tutta la stanchezza
dell’epoca della Restaurazione, di un mondo desideroso per un poco di pensare solamente a se stesso. Per questa ragione il manoscritto rimase abbandonato
nella casa del fratello del compositore che, alla sua morte, aveva raccolto le sue
poche cose. Fu proprio Schumann a inviare la partitura a Mendelsshon che la
propose con grande successo per la prima volta, finalmente, al Gewandhaus
di Lipsia il 21 marzo 1840.
HUBERT SOUDANT
Nato a Maastricht (Olanda), dove ha studiato con Jean Fournet, dopo aver
vinto premi in importanti concorsi internazionali (tra cui il Von Karajan a
Berlino e il Cantelli a Milano), è diventato direttore principale della Nouvelle Orchestre Philharmonique de Radio France e dell’Orchestra Sinfonica
di Utrecht. Ha iniziato così una brillante carriera internazionale col debutto
nella lirica con l’Orchestra di Parma nel 1985. Nel periodo 1985-1988 è stato
primo direttore ospite della Melbourne Symphony Orchestra e, dal 1994 al
2004, direttore principale dell’Orchestre National des Pays de la Loire, dirigendo nello stesso periodo le più prestigiose orchestre europee e partecipando
a festival internazionali quali Primavera di Praga, Festival di Vienna, Mostly
Mozart Festival di New York, Festival Bruckner di Linz e Festival di Spoleto
e Ravenna. Nel 1994 è stato nominato direttore principale dell’Orchestra del
Salzburg Mozarteum dove è stato per quasi dieci anni primo direttore divenendone poi primo direttore ospite dal 2004, anno nel quale è stato nominato direttore principale della Tokyo Symphony Orchestra. Di grande successo
è sia la sua interpretazione dei capolavori del classicismo viennese sia la sua
versione del repertorio francese sia quella delle grandi Sinfonie di Bruckner e
Mahler, mentre come direttore lirico il suo repertorio va da Mozart a Richard
Strauss a Honnegger.
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GABRIELLA SBORGI
Attiva sia nel teatro d’opera che in ambito concertistico, Gabriella Sbrogi ha
studiato a Milano, Londra Lugano, Nizza e Parigi e ha vinto poi il Concorso
The Actor Singer Competition della William Walton Foundation, rappresentando l’Italia al Cardiff Singer of the World Competition. Con grande eclettismo passa dal teatro mozartiano a quello del Novecento, dal repertorio lirico
e belcantistico alla musica da camera e sinfonica, ospite di enti concertistici
quali Maggio Musicale Fiorentino, Accademia Chigiana, Biennale di Venezia,
Festival di Brescia e Bergamo, Unione Musicale di Torino, Orchestra della
Radio Svizzera Italiana, Orchestra da Camera di Mantova, Orchestra della
Rai, Amici della Musica di Vicenza e Firenze, Orchestra Verdi di Milano, Sky
Classica. Ha inciso Stabat Mater di Haydn, La Riconoscenza, Stabat Mater
e Petite Messe Solennelle di Rossini, Dies Irae di Ferdinando Galimberti, Il
Ciclo del Tempo di Giorgio Gaslini e Canti della Terra e del Mare di Sicilia
di A. Favara.
FORM-ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA
L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, fondata nel 1985 (dal febbraio del
2000, insieme alla Regione Marche e all’Università degli Studi di Ancona,
Fondazione Orchestra Regionale delle Marche, FORM), è dal 1987 una delle
dodici Istituzioni Concertistiche Orchestrali Italiane. Opera in regione con
stagioni liriche e sinfoniche, rassegne cameristiche e concerti per le scuole ed
è partner dei concorsi musicali internazionali regionali. Attenta alla valorizzazione dei compositori marchigiani, ha ideato “Le Marche Parco Europeo della
Musica”. Dal 1998 è orchestra principale del Festival Snow & Symphony di
St. Moritz, assieme a grandi solisti e giovani talenti. Numerose le apparizioni
televisive e le incisioni discografiche: tra esse figurano pagine di Pergolesi,
Strauss, Rossini, Mozart, Verdi, tutte guidate dal suo direttore artistico Gustav Kuhn.
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Mercoledì 6 febbraio 2013 ore 19.00
Concerto in Jeans
ANDRÉ MEHMARI pianoforte
GABRIELE MIRABASSI clarinetto
MIRAMARI
un progetto di Gabriele Mirabassi e André Mehmari
U
n incontro tra due grandi musicisti virtuosi del proprio strumento,
due artisti che condividono una medesima visione eclettica della
musica tale da conciliare un approccio rigoroso all’universo musicale erudito e una fertile immaginazione di improvvisazione propria della
musica popolare. Un riscoprire e riscoprirsi insieme in una musica popolare
cameristica del più alto livello, nella quale l’esplorazione estrema e il ricorso
a un’erudita tecnica, li porta a scoprire nel clarinetto e nel pianoforte, sonorità nuove che si traducono in un discorso sonoro intelligente e sensibile.
L’incontro tra Gabriele Mirabassi e André Mehmari nasce da un’affinità musicale ma non solo. Tutto ebbe inizio nella bella Perugia, dove André venne
per la prima volta come turista un paio di anni or sono. È qui che è nata
l’idea di Miramari: Perugia e anche la visita a Venezia, un pellegrinaggio
nelle terre e nella musica di Monteverdi hanno infatti portato alla composizione di brani quali Perugia Notturna, Um Dia em Assis, Quando em Gubbio. Città “invisibili” che prendono corpo, navigando attraverso melodie,
armonie, oceani, mari, luci, ombre, pianto, cuore: tutto questo, unito ad
una strabiliante tecnica nelle mani di due grandi musicisti. Il mare -racconta Mirabassi- educa al sentire e, come conseguenza, ai sentimenti. Anche
nel cuore delle colline umbre lui è riuscito a trovare la sua “spiaggia”, il suo
mare; la musica si “sente” e infatti possiamo usare la stessa parola per descrivere le azioni compiute dal cuore e dall’udito, per sentire e per udire …..
sarà perché la Fisica ci dice che la musica in realtà è un’immensa estensione
delle onde?
André presenta così il lavoro: “Gabriele mi ha raccontato che è arrivato per
la prima volta in Brasile “attraverso” Minas Gerais. È arrivato dall’Umbria, una Regione dell’Italia centrale che, come Minas Gerais, non è bagnata dal mare. Era profondamente emozionato mentre vagava per la terra
di Drummond e Ana Beatriz Barros. Sono rimasto affascinato ascoltando
il suo racconto: invitato da Gabriele e dall’Egea in Italia, ho avuto l’op-
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portunità magica di passare due settimane a Perugia. Dopo aver constatato
la somiglianza di topografia ed altri aspetti tra Umbria e Minas Gerais, ho
pensato di proporre questo disco, nel quale abbiamo potuto esplorare questa affinità e costruire un ponte ideale, con la musica, tra un paese e l’altro.
Abbiamo registrato la maggior parte dei brani contenuti in questo CD durante la settimana di prove per l’uscita del mio Divertimento per clarinetto,
pianoforte e fiati , nel 2008, in Brasile. Nelle ore libere, da San Paolo ci spostavamo, in collina nel mio studio-casa, a registrare; “Vaidoso” e “Primeiro
Choro de Lucas”, sono stati invece incisi successivamente, nel 2009, quando
Gabriele è tornato in Brasile. Il disco è uscito a febbraio 2010 anche in Italia
con l’etichetta Egea Records.
ANDRÉ MEHMARI
Pianista, compositore, arrangiatore e poliedrico strumentista brasiliano, lavora sia nella musica classica che in quella popolare. Le sue composizioni e i suoi
arrangiamenti sono stati eseguiti da importanti orchestre brasiliane (OSESP)
e da formazioni cameristiche quali la São Paulo String Quartet. Dopo gli
studi in conservatorio e all’università, nel 1997 inizia a scrivere arrangiamenti
per i più importanti eventi musicali a Sao Paulo vincendo l’anno successivo
la Brazilian Popular Music Competition, il più importante premio nazionale
per la musica popolare. Apprezzato dalla critica e dal pubblico, si esibisce in
vari contesti live nelle più prestigiose sale da concerto brasiliane e alterna l’attività di polistrumentista a quella di compositore (al National Composition
Competition Award vince il primo premio con il brano “Sinfonia Elegíaca”,
nel 2004 ottiene un grande successo col CD “Lachrimae” che propone due
“piano trio” con Mônica Salmaso, Dimos Goudaroulis e Luca Raele). La
combinazione della tecnica di pianista classico e la fertilità creativa come arrangiatore fanno di Mehmari un musicista unico nel linguaggio, apprezzato
anche in importanti festival ed eventi internazionali dove si esibisce anche
alla guida della São Paulo State Wind Band di cui è nominato compositore.
La sua carriera nell’ambito jazz e della musica popolare brasiliana continua
a riscuotere grande attenzione ed unanimi riconoscimenti nei festival e nei
concerti in tutto il mondo.
GABRIELE MIRABASSI
Diplomato al conservatorio di Perugia, ha inizialmente affrontato la musica contemporanea collaborando con artisti come Cage o Andriessen per poi
dedicarsi inizialmente al jazz tenendo concerti per i festival più importanti
incidendo numerosi CD. Ha collaborato e collabora con artisti appartenenti
agli ambiti più diversi ed eterogenei per stile e linguaggio (Rabih Abou Khalil,
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Mina, John Cage, Ivano Fossati, Battista Lena, Riccardo Zegna, Enrico Pieranunzi, Roberto Gatto, Cristina Zavalloni, Trio madeira-brasil, Istituzione
Sinfonica Abruzzese, Marco Paolini, Mario Brunello, Orchestra d’archi italiana solo per citarne alcuni)..
Credits: Patricia Travassos
Negli ultimi anni Mirabassi ha ampliato notevolmente il suo panorama di collaborazioni anche in altri ambiti di spettacolo: con Gianmaria Testa, con lo scrittore Erri
De Luca (insieme al quale ha dato vita allo spettacolo Chisciotte e gli invincibili),
quella con la cantante Barbara Casini e Monica Demuru (con lo spettacolo/concerto,
a metà tra musica e teatro, Costruzione, dedicato alla figura di Chico Buarque).
Nel 2008 ha pubblicato Canto di ebano, omaggio allo straordinario legno africano e
alle appassionate mani (italiane) che lo trasformano in clarinetto e ha vinto il TopJazz
come miglior disco dell’anno.
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Venerdì 15 febbraio 2013 ore 21.00
FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana
GIAMPAOLO MARIA BISANTI direttore
STEFAN MILENKOVICH violino
MILENKOVICH SUONA ČAJKOVSKIJ
Pëtr Il’ič Čajkovskij (1840-1893)
Concerto in re maggiore op. 35 per violino e orchestra
Allegro moderato
Canzonetta (Andante)
Finale (Allegro vivacissimo)
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Sinfonia n. 39 in mi bemolle maggiore K. 543
Adagio-Allegro
Andante con moto
Minuetto (Allegretto)
Allegro assai
V
issuto fra Mosca e Pietroburgo negli anni delle grandi dispute tra filooccidentali e nazionalisti, Čajkovskij evitò di prendere posizione per l’una
o l’altra parte, scegliendo una terza via che, senza sbandierare ideologie,
coltivava i classici alla luce della propria particolare sensibilità. Proprio il Concerto per violino dimostra il valore d’arte di questa strana ambiguità poiché, pur riconducibile esternamente alla forma storica, è invece dominato da un senso della
melodia carezzevole e sensuale che affascina immediatamente l’ascoltatore, superando gli scogli della rigida costruzione formale. Dolcissimi sono i temi del primo
tempo, più volte proposti ed elaborati con grande libertà rapsodica; e anche il secondo tempo, con la sua semplice ‘canzonetta’, è dominato da una tenera nostalgia e da un magistrale uso delle ‘mezze tinte’. Il Finale, poi, dopo alcuni gesti di
forza, rientra nei ranghi della poesia all’ingresso del solista, che subito si presenta
con un melodismo piacevole e popolareggiante. Inutile dire che il tono elegiaco e
la predominanza assoluta del violino obbligano l’orchestra a una presenza sempre
discreta, pur con interessanti spunti solistici e buoni effetti di colore.
Contraltare al fascino del tardo Ottocento è la meraviglia degli ultimi capolavori sinfonici mozartiani, vertici di un percorso che, dallo stile galante di metà
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Settecento, attraverso le prime istanze dello ‘Sturm und Drang’ e il recupero delle
severità contrappuntisiche, giunge nelle tre ultime sinfonie del 1788 a applicare i
principi di un nuovo senso costruttivo e tematico, fondamentale sia nell’itinerario
estetico mozartiano che come punto di partenza per lo sviluppo della sensibilità
sinfonica successiva. La prima delle tre, la Sinfonia K.543 costituisce la ‘dichiarazione di intenti’ di questo ultimo tratto di cammino, sia dal punto di vista timbrico
che sotto il profilo formale. Ad un solenne Adagio introduttivo, che sembra quasi
l’apertura di un sipario, segue un Allegro che non presenta contrasti di rilievo e in
cui la contrapposizione di caratteri voluta dalla forma tradizionale viene stemperata
in una cantabilità serena. Il senso di gioco calibrato permane anche nel quieto Andante con moto successivo, che è costruito sull’alternanza tra i motivi esposti dai
fiati e quelli enunciati dagli archi. Ad un Menuetto di carattere paesano, in cui il
Trio si distingue per il gioco di botta e risposta tra flauto e clarinetto, segue poi il
brillantissimo e luminoso Finale, monotematico ma ricchissimo nella sua cangiante
vitalità tonale.
GIAMPAOLO MARIA BISANTI
Milanese, si è diplomato con il massimo dei voti nel 1997 e nel 1998 ha vinto lo
Stage per Direttori d’Orchestra ai Pomeriggi Musicali di Milano. Ha debuttato
oltre trenta titoli operistici (da Gluck a Mozart, da Verdi a Puccini) e diretto più di
300 concerti con musica di repertorio e di avanguardia. Ha vinto numerosi concorsi internazionali tra i quali spicca il Dimitri Mitropoulos, grazie al quale ha potuto iniziare una carriera internazionale che lo ha portato
sui principali palcoscenici italiani (Ravenna, Padova, Milano, Bologna, Venezia,
Firenze, Napoli, Genova) e internazionali, in Europa, Giappone e Stati Uniti, in
stagioni concertistiche ed operistiche e in importanti festival internazionali, sempre
con grande successo di critica e pubblico.
STEFAN MILENKOVICH
Talento precoce, ha vinto il primo premio alla Jaroslav Kozian International Violin
Competition all’età di sette anni. All’anno successivo risale il suo debutto discografico, cui fanno seguito concerti in tutta Europa, Israele, Estremo Oriente, Sudamerica, Cina e Australia.
Ha vinto diversi concorsi internazionali, quali Lipizer in Italia e Ludwig Spohr
Competition in Germania; ha poi ottenuto la medaglia d’argento al Paganini di
Genova, al Concorso di Indianapolis, al Tibor Varga in Svizzera e la medaglia di
bronzo al Queen Elizabeth e alla Yehudi Menuhin Competition.
Ha suonato come solista con prestigiose orchestre quali la Sinfonica di Berlino,
Radio-France, la Nazionale del Belgio, quella del Teatro Bol’šoj, quella di Stato del
Messico e di San Paolo (Brasile), la Orpheus Chamber Orchestra e l’Orchestre di
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Melbourne sotto direttori quali Maazel, Oren e Fedoseyev.
È stato protagonista di diverse trasmissioni televisive e radiofoniche in America e
in Giappone e ha realizzato numerosi dischi col repertorio più celebre, da Paganini
alle Sonate e Partite di Bach ai concerti di Mendelssohn e Kabalevsky. Nell’ ambito
della musica da camera è invitato regolarmente alle Jupiter Chamber Music Series
ed è fondatore e membro del Corinthian Piano Trio e, più recentemente, del Formosa Quartet.
Impegnato nella didattica, nel 2002 è stato assistente di Itzhak Perlman alla Juilliard e al De Lay Institute, di New York, prima di accettare l’attuale incarico di
Professore di violino all’Università dell’Illinois Urbana-Champaign (USA).
È impegnato anche in cause umanitarie e nel 2003 gli è stato attribuito a Belgrado
il riconoscimento Most Human Person. Ha inoltre partecipato a numerosi concerti patrocinati dall’UNESCO a Parigi, esibendosi al fianco di Placido Domingo,
Lorin Maazel, Alexis Weissenberg e Sir Yehudi Menuhin. FORM-ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA
L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, fondata nel 1985 (dal febbraio del 2000,
insieme alla Regione Marche e all’Università degli Studi di Ancona, Fondazione
Orchestra Regionale delle Marche, FORM), è dal 1987 una delle dodici Istituzioni Concertistiche Orchestrali Italiane. Opera in regione con stagioni liriche e
sinfoniche, rassegne cameristiche e concerti per le scuole ed è partner dei concorsi
musicali internazionali regionali. Attenta alla valorizzazione dei compositori marchigiani, ha ideato “Le Marche Parco Europeo della Musica”. Dal 1998 è orchestra
principale del Festival Snow & Symphony di St. Moritz, assieme a grandi solisti e
giovani talenti. Numerose le apparizioni televisive e le incisioni discografiche: tra
esse figurano pagine di Pergolesi, Strauss, Rossini, Mozart, Verdi, tutte guidate dal
suo direttore artistico Gustav Kuhn.
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Venerdì 1 marzo 2013 ore 21.00
FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana
DONATO RENZETTI direttore
ROBERTO COMINATI pianoforte
Maurice Ravel (1875-1937)
Concerto in sol maggiore per pianoforte e orchestra
Allegramente,
Adagio assai
Presto
Igor’ Fëdorovič Stravinskij (1882-1971)
L’oiseau de feu suite dal balletto op. 20 (1945)
I.Introduzione - Preludio e danza dell’Uccello di fuoco – Variazione dell’Uccello di fuoco
II. Pantomima prima
III. Pas de deux. L’Uccello di fuoco e Ivan Zarevič
IV. Pantomima seconda
V. Scherzo. Danza delle principesse
VI. Pantomima terza
VII. Rondò (Khorovod)
VIII. Danza infernale
IX. Ninnananna
X. Inno finale
D
ue maestri della ricerca timbrica sono affiancati in un programma
che ci conduce in un viaggio a Parigi, dentro il Novecento più affascinante. All’inizio è Ravel, che proprio grazie ai colori di una
mobilissima orchestra si cimenta con una forma storica e prepara questo
Concerto (pensato all’inizio come Rapsodia Basca) che rappresenta il suo
definitivo passaggio al neoclassicismo razionalistico. Il primo movimento
si contraddistingue per la vivacità ritmica, l’allegria e lo splendido gioco
coloristico, mentre l’abbandono desolato del secondo movimento ci ricorda,
nel ritmo ostinato e sempre scandito nel basso, una sorta di Passacaglia che
ha riferimenti nel Concerto Italiano di Bach e nella Sonata di Stravinskij.
Infine, il brevissimo e vorticoso finale ci riporta nel clima della ‘ronda basca’
da cui tutto il brano deriva. Il Concerto fu eseguito per la prima volta da
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Marguerite Long, che lo presentò nel 1932 alla Sala Pleyel a Parigi riscuotendo l’enorme successo che ancora oggi l’accompagna.
Anche la seconda parte del concerto ruota intorno a Parigi, dove nei primi
anni del Novecento era esplosa la passione per la musica russa, e dove gli
impresari avevano cominciato a commissionare lavori originali a compositori
che incarnavano i nuovi gusti. Tra questi Sergej Diaghilev, fondatore dei Balletts Russes, artefice della nascita dei più celebri balletti creati in Europa in
quegli anni, il quale era rimasto impressionato da alcuni lavori di Stravinskij
e gli aveva chiesto le musiche per le coreografie di Fokine sulla favola russa
dell’Uccello di Fuoco.
Nasce un brano miracoloso dove l’autore, per dare voce a tutte le magie del
racconto fantastico, sviluppa le possibilità di un’orchestra gigantesca grazie
alla quale egli può segnare un punto di ‘non ritorno’ nel suo percorso stilistico: da un lato infatti Uccello di Fuoco è il punto di arrivo del sinfonismo
tardo-romantico, che sembra qui chiudere la sua storia, dall’altro è il punto di
partenza per un nuovo mondo musicale di cui lo stesso Stravinskij sarà interprete negli anni immediatamente successivi.
Il grande successo del lavoro, rappresentato nel 1910 all’Opéra, spinse l’autore a trarne tre Suites tra le quali questa, preparata a Los Angeles, la più lunga
e completa, dove si ripropone tutto lo spirito misterioso, magico e irreale di
questa fiaba di mondi lontani.
DONATO RENZETTI
Dopo aver studiato composizione e direzione d’orchestra a Milano, ha ottenuto riconoscimenti in importanti concorsi internazionali: Diapason d’Argento (1975 e
1976), Gino Marinuzzi e Ottorino Respighi della Chigiana di Siena (1976), Ernest
Ansermet di Ginevra (1978), Guido Cantelli della Scala di Milano (1980). Da allora
la sua carriera ha alternato attività sinfonica, opera lirica e registrazioni discografiche.
Ha collaborato con orchestre prestigiose tra le quali London Philharmonic, London Sinfonietta, English Chamber Orchestra e Philharmonia di Londra, Capitole
de Toulouse, Filarmonica di Tokyo, Filarmonica di Buenos Aires, Orchestra di Stato
Ungherese e le Orchestre RAI, Accademia Nazionale di Santa Cecilia e Orchestra
della Scala. È stato invitato nei maggiori teatri lirici del mondo: tra essi Covent Garden di Londra, Opéra di Montpellier, Opera di Monaco di Baviera, Colon di Buenos
Aires, Lyric Opera di Chicago, Opera di San Francisco, Metropolitan e Carnegie
Hall di New York e in tutti i teatri italiani. È stato ospite dei festival internazionali
di Glyndebourne, Spoleto e Pesaro. Nel 1987 con i complessi artistici dell’Arena di
Verona ha tenuto una tournèe in Egitto dove per la prima volta a Luxor è stata rappresentata Aida di Verdi. È stato Direttore Principale dell’Orchestra Internazionale
d’Italia, dell’Orchestra della Toscana e dell’Orchestra stabile di Bergamo e, per nove
anni consecutivi, di Macerata Opera. Nel 1994 è stato nominato direttore principale
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dell’Orchestra Stabile di Bergamo e della Filarmonica Veneta, nonché consulente artistico del Teatro Comunale di Treviso. La sua discografia (per etichette quali Philips,
Frequence, Fonit Cetra, Ricordi, Nuova Era e Dynamic) comprende opere di Mozart, Rossini, Donizetti, Verdi, Pergolesi, Čajkovskij, Schubert, Cherubini e Mayr.
Manfred di Schumann, con l’Orchestra e il Coro della Scala (voce recitante Carmelo
Bene), ha vinto il XIX Premio della Critica Italiana del disco. Ha registrato anche
alcuni DVD tra i quali La figlia del reggimento alla Scala e Cenerentola al Festival di
Glyndebourne. Dal 2005 è direttore principale dell’Orchestra Sinfonica Portoghese
del Teatro S. Carlo di Lisbona.
ROBERTO COMINATI
Nato a Napoli nel 1969, ha iniziato giovanissimo lo studio del pianoforte,
ottenendo già dal 1976 riconoscimenti nei più importanti concorsi pianistici
italiani. Dal 1984 ha studiato con Aldo Ciccolini all’Accademia Superiore di
Musica Lorenzo Perosi di Biella e dal 1989 con Franco Scala all’Accademia
Pianistica Incontri col Maestro di Imola. Vincitore del Concorso Internazionale Alfredo Casella di Napoli nel 1991, nel 1993 si è poi definitivamente
imposto all’attenzione della critica e delle maggiori istituzioni concertistiche
europee vincendo il Concorso Internazionale Ferruccio Busoni di Bolzano.
Nel 1999 ha ottenuto il Prix Jacques Stehman del pubblico della RTFB e della
TV5 France, nell’ambito del
Concours Reine Elisabeth di Bruxelles. È stato ospite delle più importanti
società concertistiche italiane e di istituzioni quali Teatro alla Scala, Comunale di Bologna, Fenice di Venezia, Maggio Musicale Fiorentino, San Carlo di
Napoli, Accademia di Santa Cecilia di Roma, Orchestra Sinfonica Nazionale
della Rai (partecipando anche alla tournée in Sudamerica diretta da Eliahu Inbal), Accademia Chigiana di Siena e Festival dei Due Mondi di Spoleto, e poi
in Francia, negli Stati Uniti, al Festival di Salisburgo, a Berlino, in Inghilterra,
Belgio, Olanda, Finlandia, Australia e Giappone.
Ha collaborato con molti celebri direttori d’orchestra, fra i quali Rattle, Boreyko, Fleisher, Harding, Ahronovitch, Robertson, Lazarev. Ha inciso per
Amadeus l’integrale pianistica di Ravel.
FORM-ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA
L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, fondata nel 1985 (dal febbraio del
2000, insieme alla Regione Marche e all’Università degli Studi di Ancona,
Fondazione Orchestra Regionale delle Marche, FORM), è dal 1987 una delle
dodici Istituzioni Concertistiche Orchestrali Italiane. Opera in regione con
stagioni liriche e sinfoniche, rassegne cameristiche e concerti per le scuole ed
è partner dei concorsi musicali internazionali regionali. Attenta alla valorizza-
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Credits: Luigi Angelucci
zione dei compositori marchigiani, ha ideato “Le Marche Parco Europeo della
Musica”. Dal 1998 è orchestra principale del Festival Snow & Symphony di
St. Moritz, assieme a grandi solisti e giovani talenti. Numerose le apparizioni
televisive e le incisioni discografiche: tra esse figurano pagine di Pergolesi,
Strauss, Rossini, Mozart, Verdi, tutte guidate dal suo direttore artistico Gustav Kuhn.
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Sabato 16 marzo 2013 ore 21.00
FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana
IGUDESMAN & JOO
Aleksey Igudesmann violino
Richard Hyung-Ki Joo pianoforte
A BIG NIGHTMARE MUSIC
Musiche di
W.A . Mozart, S. Rachmaninov, J. Strauss, A. Vivaldi, J.S. Bach, L. van
Beethoven, E. Morricone
I
musicisti Aleksey Igudesman e Hyung-ki Joo hanno travolto il mondo
con i loro spettacoli che sono un’esilarante miscela di musica classica,
commedia e cultura popolare. La coppia buca con naturalezza gli schermi televisivi dei Paesi più diversi ed è diventata un ‘caso musicale’ per gli
oltre 15 milioni di contatti dei loro video su YouTube. Nel 2004, sulle tracce
di maestri come Victor Borge e Dudley Moore, hanno creato la piccola rivoluzione chiamata A Little Nightmare Music e da allora, hanno suonato con
le maggiori orchestre sinfoniche del mondo e in alcuni dei più importanti
festival. Non solo i grandi nomi della musica classica (Ax, Kremer, Maisky, Mullova…) hanno fatto irruzione nei loro pazzi sketch musicali, ma
anche leggende pop come Robin Gibb (Bee Gees), Midge Ure (Ultravox),
Simple Minds. Hanno collaborato diverse volte con l’ex-James Bond Roger
Moore per eventi dell’Unicef e di recente hanno calcato la scena con John
Malkovich in “The Music Critic”. Nel 2010 la televisione pubblica ZDF ha
trasmesso il loro documentario-show “Tutto quello che avete sempre voluto
sapere sulla musica classica”. A loro agio tanto in una sala da concerto che in
uno stadio gremito, Aleksey e Hyung-ki insieme coltivano il sogno di rendere la musica classica accessibile a un pubblico sempre più giovane e ampio.
ALEKSEY IGUDESMAN
Nato a Leningrado quando era molto piccolo, non ha vinto nessuna gara
musicale, soprattutto perché non ha mai pensato di gareggiare. Durante gli
anni di formazione alla prestigiosa Yehudi Menuhin School, Aleksey legge
le opere complete di Bernard Shaw, Oscar Wilde e Anton Chehov, cosa che
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non migliora la sua capacità di suonare il violino ma lo fa sentire stupidamente superiore ai suoi colleghi, meno intellettualmente dotati ma molto più disciplinati. Dopo aver studiato con Boris Kuschnir al Conservatorio di Vienna
e aver sentito dire tante volte da tante persone che erano tanto preoccupati
per il suo futuro, Aleksey inizia una carriera di successo come compositore,
arrangiatore e violinista per il trio d’archi Triology. Registra diversi CD per
la BMG; lavora a Hollywood con l’Oscar Hans Zimmer, suona con Bobby
McFerrin, Julian Rachlin, Janine Jansen, Roger Moore e altri musicisti, meno
famosi ma altrettanto bravi.
Aleksey Igudesman scrive un sacco di musica. Spesso va a letto scrivendo e si
alza scrivendo. A volte però si sente un po’ insicuro riguardo alla sua musica,
anche se è pubblicata dalla Universal Edition, e prova a compensare con un
comportamento assai estroverso. A dire il vero il suo psicologo gli dice che
è insicuro su un sacco di cose. Ma Aleksey non ne è poi così sicuro. Aleksey Igudesman incontra sui banchi di scuola il suo partner musicale Richard
Hyung-ki Joo. Dopo alcuni lievi dissapori, che costringono diverse persone a
intervenire per impedire loro di spaccarsi sulla testa sedie e podi, Joo offre a
Igudesman un piatto di “fish&chips”, offerta che Aleksey non può rifiutare.
Nasce così una collaborazione pluriennale che culmina nella creazione di A
Little Nightmare Music, spettacolo che portano in giro per il mondo accompagnati da una scia di risate. Dopo averli sentiti diverse volte, a Gidon Kremer
viene voglia di unirsi al divertimento. E dopo un po’ anche Viktoria Mullova,
Emanuel Ax, Martin Fröst, Felicity Lott e tanti altri musicisti irrompono sulla
scena per farsi una risata, ma questa è un’altra storia …
Aleksey Igudesman suona un violino Santo Seraphin del 1717, per gentile
concessione della ERSTE BANK.
HYUNG-KI JOO
Hyung-ki Joo è nato. È britannico ma sembra coreano, o il contrario,
o entrambe le cose. Lascia intuire per la prima volta il suo talento per la
commedia mentre gli cambiano il pannolino. E il suo amore della musica
poco dopo, quando i genitori lo trovano in un negozio di dischi dove ascolta per ore qualsiasi cosa, da Mozart ai Bee Gees. (Sebbene il compositore
austriaco e il gruppo britannico non andrebbero mai confusi, capita spesso
di sentire Hyung-ki cantare il “Don Giovanni” con lo stile di Barry Gibb).
Hyung-ki prende le prime lezioni di pianoforte a otto anni e mezzo. Due
anni dopo viene accettato alla scuola Yehudi Menuhin. Si ritrova tra genietti
e bambini-prodigio ed è convinto che prima o poi lo cacceranno a pedate. In
realtà non viene cacciato ‘fuori’ a calci, ma preso a calci ‘in giro’ per la scuola
da insegnanti e compagni di studi, incluso Aleksey Igudesman. Dopo questa
dolorosa esperienza, Joo inventa un nuovo modo di suonare il piano noto
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come il Piano Karate. Per quanto difficili, gli anni della scuola rafforzano il suo
amore per la musica. Presto si rende conto che il mondo della musica classica
ha poco da spartire con lo spirito con il quale quella musica è stata composta.
Inizia a sognare di poter trovare una strada per portare la grande musica a un
pubblico diverso e più ampio. Un sogno che è diventato finalmente realtà con
lo spettacolo “A Little Nightmare Music”. Hyung-ki - si scrive R-I-C-H-AR-D e si pronuncia “Dick”- non si butta mai giù (scrivi J-O-O), anche se ha
piccole mani (ma solo le mani sono piccole), e trova quindi difficile eseguire
alcune parti del repertorio pianistico, come la musica di Rachmaninov, che
aveva Grandi Mani. Malgrado questo piccolo ostacolo Hyung-Ki suona felicemente musica da camera, recital, concerti, le sue composizioni e qualsiasi
alta cosa che abbia una parte per pianoforte.Oltre a suonare, comporre, ridere
e lavarsi i denti a pazza velocità - e a scrivere commedie con il suo amico e
complice di lunga data Aleksey Igudesman - la passione per l’insegnamento
ha portato Joo a sviluppare un personalissimo seminario intitolato “The Inner
and Outer ***** for a Musician”, che incoraggia i giovani musicisti ad affrontare la vita e la musica con un approccio diverso.
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Domenica 24 marzo 2013 ore 18.00
I SOLISTI DI PERUGIA
JIN JU pianoforte
Concerto realizzato con il contributo di Carifano
Benjamin Britten (1913 - 1976)
Simple Symphony op.4
Boisterous Bourée
Playful Pizzicato
Sentimental Saraband
Frolicsome Finale
Bela Bartók (1881-1945)
Divertimento per orchestra d’archi
Allegro non troppo
Molto adagio
Allegro assai
Fryderyk Chopin (1810-1849)
Concerto n. 1 in mi minore per pianoforte e orchestra op. 11
Allegro maestoso
Romanza
Rondò
L
’amore verso il passato, utilizzato tuttavia in due modi e per due ragioni differenti caratterizza le due composizioni novecentesche della
prima parte del concerto.
Amore e ammirazione verso la lezione musicale rinascimentale e barocca (gli
stessi che muovono Britten a istituire festival di musica antica), ma anche
serenità e facilità mediata dall’ironia e dall’abilità costruttiva sono caratteristiche della Simple Symphony, abbozzata attorno alla metà degli anni Trenta. Scritta a poco più di vent’anni, essa utilizza temi abbozzati già nell’adolescenza, (da qui il titolo del brano e quelli, fantasiosi, dei singoli movimenti)
ma mostra già perfettamente le caratteristiche dello stile di Britten, e in
particolare l’eclettismo che mescola gli influssi più disparati, dal mondo antico fino alle più moderne esperienze, il tutto grazie al recupero della forma
della suite, nella quale però ogni movimento di danza viene ‘arricchito’ da
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un aggettivo che ne sottolinea la fresca immediatezza e lo spirito giocoso.
Sono ben altre, invece, le motivazioni per le quali Bartók recupera l’antica
forma del ‘divertimento’ per archi: nel 1936 Paul Sacher, direttore di Basliea
specializzato nella musica contemporanea, aveva richiesto all’autore un brano
per la sua orchestra d’archi ed egli, in un terribile momento della sua vita,
nel quale si apprestava a lasciare per sempre l’Europa, compone questa pagina modellata sulla forma e nello spirito degli antichi divertimenti preclassici
dove, attraverso la fuga nel passato cerca la serenità e anziché esprimere nella
musica la sua disperazione sembra volersene per un attimo distaccare.
Perfettamente collocato nel suo tempo è invece il Concerto n. 1 di Chopin
che nel 1830, nel pieno della carriera di concertista, compone questo brano
solisticamente appariscente dove anziché proseguire sulla strada beethoveniana dell’integrazione tra pianoforte e orchestra, fa della tastiera la protagonista
assoluta trasformando l’orchestra in una ‘spalla’ che cita i temi e sottolinea i
cambi d’armonia. Se nel primo tempo Chopin aggira la rigida struttura della
tradizione con una scrittura pianistica continuamente ornata e variata, nell’affascinante secondo sembra quasi scrivere per il pianoforte un’aria di belcanto
mentre nell’ultimo costruisce un brillante ed appariscente Rondò che si rifà
direttamente a quei temi ‘alla polacca’ (in questo caso un Krakowiak), che
godevano di grandissimo favore presso gli ascoltatori.
JIN JU
Da quando, nel 2002, ha vinto il 3°Premio al Concorso Pianistico Internazionale Cajkovskij di Mosca, Jin Ju ha suscitato grandi consensi di pubblico e di
critica (Twa Jackson ha scritto nel 2005 sul “The UKMetro” che Jin Ju è tra i
più emozionanti giovani pianisti della scena concertistica internazionale). Prima
e dopo si è comunque affermata in altre importanti competizioni: tra esse ricordiamo il Concorso Internazionale Rumeno di Bucarest e il China National Piano Competition (1996); l’UNISA International Piano Competition e il primo
Concorso Pianistico Internazionale Theodor Leschetizky (2000); il Beethoven
Society Competition di Londra (2001), il Cajkovskij di Mosca (2002) e il Concorso Reine Elisabeth di Bruxelles (2003). Ha suonato nei cinque continenti in
prestigiose sale da concerto come la Konzerthaus di Berlino e quella di Vienna,
la Bridgewater Hall di Manchester, la Sala Grande del Conservatorio di Mosca
e il Palais de Beaux Arts di Bruxelles e ha collaborato con varie orchestre fra cui
la BBC Orchestra, la Belgian National Orchestra, l’Orchestra Philarmonique
de Liege (Belgio). Dal 2010 ha un contratto di esclusiva con l’etichetta tedesca
MDG: il primo CD dedicato a Schumann ha ricevuto importanti recensioni
dalla critica internazionale, il secondo dedicato a Beethoven, Schubert e Czerny
è già stato definito “una delle migliori incisioni se quest’anno”e ha ottenuto il
premio per la registrazione solistica di autori dell’Ottocento.
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I SOLISTI DI PERUGIA
Credits: Luigi Angelucci
Dalla loro formazione, nel 2000, i Solisti di Perugia si sono caratterizzati per
un repertorio che spazia dal Barocco fino ad oggi. In cartellone per le più importanti società concertistiche italiane, il gruppo ha partecipato ad importanti
festival in Italia e all’estero: Serate Musicali di Milano, Emilia-Romagna Festival Le Nuits de Suquet di Cannes, Scarlatti di Napoli, Sagra musicale Umbra,
Festival delle Nazioni, Festival dei 2Mondi) collaborando con artisti come
Amoyal, Canino, Dindo, Gasdia, Leister, Lethiec, ecc. Da qualche tempo il
gruppo si confronta anche con la musica jazz collaborando a vari pogetti, tra
i quali ricordiamo Omaggio a Charlie Parker con Francesco Cafiso, Italian
lessons con Stefano Bollani, Tributo a Piazzolla con Juan Pablo Jofre, Puccini
Jazz con Riccardo Arrighini e Nat King Cole Tribute con George Benson
tutti per Umbria Jazz. La loro discografia vanta oltre una ventina di titoli, per
Camerata Tokyo, LaMaggiore, Umbria Jazz, Tactus sia in collaborazione con
importanti solisti che con musicisti dell’ensemble stesso impegnati in ruoli
solistici. Tra tutte ricordiamo il repertorio strumentale degli operisti italiani e
Der tod und das Madchen di Schubert.
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Venerdì 5 aprile 2013 ore 19.00
Concerto in Jeans
MOUNTAIN MEN
HOPE
Mathieu Guillou chitarra
Ian Giddey armonica
M
athieu Guillou è un chitarrista francese, Ian Giddey un armonicista australiano. Insieme formano i Mountain Men, duo di base a
Grenoble, dedito al blues.
Al blues dei primordi, recuperando di questa musica il carattere rurale ed
essenziale delle origini.
“Spring time coming” del 2009 (15.000 copie vendute solo in Francia, e
vendere di più di 15.000 album al giorno d’oggi è già uno spettacolo, ma
quando non si è supportati dai media è davvero una conquista) è ad oggi
il loro unico album, un album che ha loro procurato una nomination agli
Awards della Blues foundation of Memphis e, soprattutto li ha fatti conoscere ed esibire in tutto il mondo, dagli USA alla Turchia, dal Canada alla
Croazia, dalla Svezia al Burkina Faso, frequentando manifestazioni come il
Festiblues di Montréal, Nancy Jazz Pulsations, o l’International Blues Challenge di Memphis, raccogliendo ovunque un successo straordinario sia – e
questo è assolutamente scontato – da parte del grande pubblico che da parte
dei più rigorosi ‘puristi’.
Questo primo album ha imposto il loro stile asciutto e senza compromessi,
basato sul suono graffiante dell’armonica, sugli intricati arpeggi della chitarra e sull’emozione della voce. Ma con il recente, secondo lavoro “Hope”, i
due hanno ampliato il loro spettro musicale: migliorate ulteriormente composizione ed esecuzione, pur mantenendo ben salde le fondamenta della
loro musica nel blues delle origini, ora sfiorano i territori del rock e del
pop, arrivando anche ad affiancarsi ad un quartetto d’archi per ampliare la
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Credits: Damien Luáon
gamma di colori e suggestioni che le loro canzoni, e in particolare quelle più
romantiche, possono offrire.
E in “Imidouane” il duo incontra il musicista del Burkina Faso Victor Demè
per un incredibile viaggio verso nuove frontiere.
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Domenica 7 aprile 2013 ore 18.00
QUARTETTO DI VENEZIA
Andrea Vio violino
Alberto Battiston violino
Giancarlo di Vacri viola
Angelo Zanin violoncello
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Quartetto in si bemolle maggiore K. 458 “La caccia”
Allegro assai vivace
Menuetto (Moderato)
Adagio
Allegro assai
Paolo Marzocchi (1971)
Il reticolo di Bravais
Franz Schubert (1797 - 1828)
Quartetto n. 14 in re minore D. 810 “La morte e la fanciulla”
Allegro
Andante con moto
Scherzo (Allegro molto)
Presto
T
ra Sette e Ottocento, con gli ultimi capolavori di Haydn e con quelli
che Mozart presenta come suoi figli all’ “uomo celebre e carissimo”,
il quartetto raggiunge la sua sistemazione e la connotazione definitiva. Sono infatti i quartetti di Haydn che spingono Mozart a tornare al
genere dopo quasi dieci anni con sei brani (tra cui il K. 458, il cui sottotitolo è dovuto all’incipit iniziale) pubblicati a Vienna nel 1785 e accolti
non troppo benevolmente dalla critica, abituata a tutt’altro stile. “Ci sono
troppe belle cose in questi Quartetti, troppe perché l’ascoltatore possa respirare liberamente. Troppo piccanti. Quale palazzo potrebbe sopportarli?
L’autore ha una eccessiva e accentuata inclinazione per il raro e l’inconsueto”
scrive la critica, ancora abituata a un quartetto basato sulla piacevolezza e
sulla semplicità. Ma Mozart aveva cambiato le prospettive, costruendo un
intreccio di quattro parti collocate sullo stesso piano al fine di rappresentare
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un pensiero astratto ed esteticamente elevato e facendone un campo di sperimentazione con potenzialità che sarebbero state pienamente sfruttate nei
grandi capolavori di Beethoven. E mentre a Vienna, negli anni Venti, proprio
Beethoven costruisce i suoi ultimi, trascendentali esempi nel genere, Schubert
percorre una strada diversa trasformando il genere, divenuto da concerto, in
una composizione lirico-intimistica, sostenuta sempre da una base costruttiva solida ma abilmente mascherata. In questo quadro si colloca il Quartetto
D. 810 “La morte e la fanciulla”, del 1824 ma pubblicato solo nel 1831 da
C. Czerny. Come in altri casi la composizione è una germinazione da un
Lied con lo stesso titolo, il cui tema viene utilizzato per le variazioni centrali
ma anche come ‘programma’ sinistro, contribuendo all’angoscia incombente
che aleggia sull’intero lavoro, grazie alla scansione ritmica dattilico-spondaica
(una lunga, due brevi / due lunghe) che è cellula base del primo tempo e, trasformata nello Scherzo, diventa come detto tema per le Variazioni e impulso
parossistico nel finale, definito da alcuni una ‘Tarantella della morte’.
Quasi a ricongiungere questi due mondi musicali così lontani e così vicini sta
Reticolo di Bravais ispirato al principio geometrico (una struttura elementare
denominata ‘cella primitiva’ determina lo sviluppo d’ogni sistema cristallino)
escogitato nel 1845 dal cristallografo Auguste Bravais. Il brano, presentato in
prima assoluta nel maggio 2011, realizzato musicalmente questo principio di
reticoli con un canone a quattro voci attraverso il quale tutto pezzo consegue
un suo interno equilibrio.
QUARTETTO DI VENEZIA
Rigore analitico e passione sono i caratteri distintivi del Quartetto di Venezia,
ereditati da due scuole fondamentali dell’interpretazione quartettistica: quella
del Quartetto Italiano sotto la guida di Piero Farulli e quella mitteleuropea
del Quartetto Vegh, tramite i numerosi incontri avuti con Sandor Vegh e Paul
Szabo. Della loro vocazione ai vertici più ardui del camerismo è testimone
Bruno Giuranna che afferma: “È un complesso che spicca con risalto nel pur
vario e vasto panorama musicale europeo. La perfetta padronanza tecnica e la
forza delle interpretazioni, caratterizzate dalla spinta verso un valore assoluto
propria dei veri interpreti, lo pongono ai vertici della categoria e fra i pochissimi degni di coprire il ruolo dei grandi Quartetti del passato”. Sfogliando il
volume delle testimonianze critiche, l’elogio più bello sembra quello formulato sul “Los Angeles Times” da Daniel Cariaga:”questo quartetto è più che
affascinante,è sincero e concreto”.
Il Quartetto di Venezia ha suonato nelle sale più importanti e per i maggiori
festival internazionali in Italia e nel mondo: tra questi National Gallery a Washington, Palazzo delle Nazioni Unite a New York, Sala Unesco a Parigi, IUC
a Roma, Serate Musicali di Milano, Kissinger Sommer, Klangbogen Vienna,
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Palau de la Musica Barcellona, Tivoli Copenhagen, Societè Philharmonique
a Bruxelles. È reduce da una lunga tournée in Sud America per il CIDIM
che ha compreso Argentina, Brasile e Uruguay e ha avuto l’onore di suonare
per Sua Santità Papa Giovanni Paolo II e per il Presidente della Repubblica
Italiana. Il repertorio del complesso include, oltre a tutte le opere più celebri, lavori raramente eseguiti come i quartetti di Malipiero (premio della critica italiana come migliore incisione cameristica). La vasta produzione discografica
include CD per Dynamic, Fonit Cetra, Unicef, Aura, Koch e recentissima è
l’integrale dei quartetti di Cherubini per la DECCA. Numerose sono le registrazioni radiofoniche e televisive per emittenti nazionali in Europa, USA ed
Estremo Oriente.
L’ensemble collabora anche con artisti di fama mondiale tra i quali Bruno
Giuranna, Quartetto Borodin, Quartetto Prazak, Piero Farulli, Paul Szabo,
Oscar Ghiglia, Danilo Rossi, Dieter Flury, Pietro De Maria, Alberto Nosè.
In occasione del venticinquesimo anniversario, il Quartetto di Venezia ha ottenuto l’alto riconoscimento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e nel 2013 festeggerà i primi 30 anni di attività artistica. Dall’agosto
2010 Giancarlo di Vacri è la nuova viola del quartetto e sostituisce, dopo più
di 25 anni di attività, Luca Morassutti. 61
Domenica 21 Aprile 2013 ore 18.00
FRANCESCA DEGO violino
FRANCESCA LEONARDI pianoforte
Claude Debussy (1862-1918)
Sonata per violino e pianoforte
Allegro vivo
Intermède (Fantasque et léger)
Finale (Très animé)
Francis Poulenc (1899-1963)
Sonata per violino e pianoforte
Allegro con fuoco
Intermède (Très lent et calm)
Presto tragico
Ludwig van Beethoven (1770-1827)
Sonata op. 47 in la maggiore per violino e pianoforte “À Kreutzer”
Adagio sostenuto - Presto
Andante con variazioni
Presto
I
l concerto compie un viaggio all’indietro e da due tra le più interessanti
sonate del Novecento arriva dove la storia di questo duo è, in fondo, cominciata. Ad inizio Ottocento la sonata di moda era quella dove il violino
era subordinato al pianoforte, e il suo ambito era quello dei salotti di cultura
e non delle sale da concerto. Ma nel 1805 Beethoven appone alla Kreutzer
questa dedica: “Sonata per pianoforte e violino obbligato, scritta in stile molto concertante, quasi come un concerto, composta e dedicata al suo amico
R. Kreutzer da L. B., op. 47… La Sonata è scritta per un violinista valente”.
Destinata “ad un violinista valente” (non a uno dei dilettanti che si trastullavano nei salotti) questa sonata costituisce quindi il punto di partenza per la
nuova vita di questo storico ensemble, tale da divenire modello per tutti coloro che, nel Romanticismo in poi, avrebbero voluto dedicarsi al genere. Fino
al Novecento, quando la ricerca stilistica porterà i compositori ad esplorare
nuovi territori oppure a rivisitare il passato preclassico. È questo il caso della
Sonata di Debussy (presentata 5 maggio 1917 a Parigi nell’ultima apparizione pubblica dell’autore), punto di arrivo di un compositore che qui associa la
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sua ricerca sonora ad una nuova linearità di scrittura. “Ho scritto questa sonata
solo per potermene sbarazzare: vi troverete le tracce di questo Demone della
Perversità che ci spinge a cercare le idee che bisognerebbe abbandonare. È un
interessante esempio di come si può scrivere in tempo di guerra”, scrive Debussy
all’amico Godet che rispose: “In essa si trova tutto il tuo linguaggio, ma amichevolmente, con accenti semplici e diretti che rivelano la buona volontà di parlare
con i propri fratelli qualunque sia la loro età. È una musica molto opportuna in
un epoca in cui tutto chiama all’azione.”. Passano 25 anni, e nel 1942, in un clima storico e culturale mutato, anche Poulenc compone la sua Sonata, dedicata
alla memoria di Federico Garcia Lorca; ed è lo stesso autore a parlarcene: “Trovo
questa mia composizione non troppo malvagia: essa dimentica completamente
l’onnipresente ed ‘eterna’ linea di violino-melodia tipica delle sonate francesi
dell’Ottocento. Non si può ottenere un buon equilibrio sonoro tra i due strumenti così diversi se non li si tratta in maniera equilibrata, alla pari. Il violino
‘prima donna’ che domina sopra gli arpeggi del pianoforte è terribile.” Così, in
base a questi principi di equilibrio e moderazione Poulenc ci lascia questo piccolo gioiello, ulteriore esempio delle infinite possibilità di questo ensemble così
antico e così moderno.
FRANCESCA DEGO
Nata a Lecco e diplomata con lode e menzione speciale a Milano, si è già
esibita da solista e in formazioni cameristiche in numerosi concerti sia in
Italia che all’estero (Stati Uniti, Cina, Messico, Argentina, Uruguay, Israele,
Inghilterra, Irlanda, Germania, Svizzera). Vincitrice di numerosi concorsi nazionali e internazionali, nel 2008 è stata la prima violinista italiana ad
entrare in finale al Premio Paganini di Genova dal 1961 aggiudicandosi
inoltre il premio speciale “Enrico Costa” riservato al più giovane finalista.
Ha suonato da solista con importanti orchestre (Sinfonica di Milano,
Orchestra di Sofia, Arturo Toscanini, I Solisti di Rostov, Israel Sinfonietta
ecc.) ed è molto attiva anche in ambito cameristico con grandi musicisti
quali Accardo, Giuranna, Filippini, Petracchi e Meneses. Con Giuranna e
Meneses ha inoltre recentemente partecipato a una tournée in Sud America
suonando in sale prestigiose tra cui il Teatro Solis di Montevideo e il
Teatro Coliseo di Buenos Aires. I suoi due CD, pubblicati nel 2005 e nel
2006 dalla Sipario Dischi, hanno incontrato subito il favore della critica.
Estratti di suoi concerti e registrazioni sono stati trasmessi in programmi televisivi in Italia, Germania, Stati Uniti e Israele, su RAI 3, Radio Classica,
Radio Popolare e alla Radio della Svizzera Italiana.
Nei prossimi mesi sarà impegnata in concerti e tournée in Italia, USA, Argentina,
Perù, Libano, Austria, Belgio, Francia, Israele, Svizzera e Gran Bretagna.
Francesca suona un prezioso violino Francesco Ruggeri (Cremona 1697) e il
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Giuseppe Guarneri del Gesu’ ex-Ricci (Cremona 1734) per gentile concessione della “Florian Leonhard Fine Violins” di Londra.
FRANCESCA LEONARDI
Diplomata al Conservatorio di Milano con il massimo dei voti, lode e menzione d’onore, ha studiato composizione e si è diplomata in musica vocale
da camera. Ha partecipato a master class e corsi di perfezionamento in Italia
(Siena, Pescara) e a Londra (Master in Performance e Artist Diploma in Piano
Accompaniment) e nel settembre 2011 le è stata assegnata dal Royal College
of Music la borsa di studio Phoebe Benham come pianista accompagnatrice
(Junior Fellow in Piano Accompaniment. Ha vinto concorsi pianistici nazionali ed internazionali, si è esibita come solista con diverse orchestre e ha tenuto recital in Italia, Europa e Giappone e inciso CD con Debussy e Chopin.
È stata ospite di programmi radiofonici e ha tenuto recital in Italia (Ravello
Festival, Amici della Musica di Padova e di Palermo, Unione Musicale di
Torino), a Lugano e al Britten Theatre di Londra. È stata di recente in tournée
in Giappone (Hiroshima, Kyoto e Tokyo) dove è stata inoltre invitata a tenere
una masterclass, e ha debuttato negli Stati Uniti (California) e in Sud America.
Intensa è anche l’attività in ambito cameristico: collabora con strumentisti e
cantanti e, con Francesca Dego, ha inciso tre CD (tra cui la prima incisione
assoluta della musica per violino e pianoforte di Nicola Campogrande) accolti
favorevolmente dalla critica. È docente di pianoforte presso la Trinity School
di Londra.
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Domenica 28 aprile 2013 ore 18.00
FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana
FEDERICO MONDELCI direttore e sassofono solista
GIUSEPPE ALBANESE pianoforte
BLUE RHAPSODY
Michael Nyman (1944)
Where the Bee Dances per sassofono e orchestra
Darius Milhaud (1892-1974)
La Creation du Monde op. 81a
Ouverture
Le chaos avant la création
La naissance de la flore et de la faune
La naissance de l’homme et de la femme
Le désir
Le printemps ou l’apaisement
George Gershwin (1898-1937)
Rhapsody in Blue per pianoforte e orchestra
I
l viaggio nel Novecento proposto dal programma mette insieme un francese che scrive un balletto ‘primitivo’ nel quale utilizza i modelli della
musica nera, un inglese che si serve della ‘mimal music’ per trasformare
la danza delle api in un concerto per sax e un americano che mescola il jazz
con la musica da concerto: tutto per far crollare in uno strepitoso gioco di
specchi e di rimandi le barriere costruite tra generi musicali differenti.
Si parte dalla Francia, perché francesi sono Milhaud e il luogo della ‘prima’ di Création du monde, proposta dai Balletti Svedesi a Parigi nel 1923.
Tuttavia l’autore, reduce da un soggiorno al di là dell’Atlantico, utilizza in
modo consapevole e programmatico i ritmi e melodie jazz e blues per abbattere l’eleganza della ‘musica colta’ e il perbenismo di ‘certi’ ascoltatori
e, con un’orchestra “come quelle di Harlem”, descrive i diversi momenti
della trama, dal caos iniziale all’apparizione di piante ed animali, dall’arrivo
dell’uomo alla danza orgiastica fino alla conclusione quasi sospesa.
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Da Parigi a Londra, dal blues al minimalismo per Where the Bee Dances, una
sorta di concerto per sassofono, in un solo movimento ma di straordinaria
mutevolezza, che Nyman dedica all’abilità di John Harle, uno dei componenti della sua band. Il brano non manca di un originario intento descrittivo (il
titolo fa riferimento al canto di Ariel nella Tempesta di Shakespeare “Where
the bee sueks” e alla danza circolare delle api per indicare il luogo del nettare)
che ne determina, anche aiutato dalla tecnica minimalistica, la struttura basata su una successione di quattro accordi.
Infine, torniamo negli Stati Uniti, con una delle pagine più celebri di uno dei
più celebri compositori americani, Gershwin, che, raggiunta la notorietà con le
canzoni, utilizzò quel linguaggio in lavori di più ampio respiro come Rhapsody in
blue, portando il jazz dalle sale da ballo alle sale da concerto. Anche in questo caso
il brano ha una motivazione esterna: l’impresario Paul Withemann aveva infatti
organizzato a New York “an experiment in modern music” per trasformare il jazz
da musica di sottofondo a musica ‘da ascoltare’. Chiese al compositore un brano
in stile jazz ma fatto come un brano classico, dove cioè l’orchestra eseguisse le note
scritte senza improvvisare, ed egli preparò questa pagina col pianoforte ‘concertante’ la cui struttura, dopo l’iniziale celeberrimo glissato del clarinetto, procede
per blocchi nell’alternanza di passi solistici e sezioni nelle quali la piena sonorità
dell’orchestra ci avvolge in un caleidoscopio di colori e di ritmi vorticosi.
FEDERICO MONDELCI
Solista, camerista, direttore d’orchestra, docente e organizzatore, Federico
Mondelci è da oltre trent’anni uno dei più apprezzati interpreti della scena
internazionale.
La sua carriera, iniziata dopo gli studi a Pesaro e a Bordeaux, lo ha portato
anche a fianco di prestigiose orchestre (Scala, Filarmonica di San Pietroburgo,
BBC Philharmonic ecc.) in tutto il mondo, dove propone sia le pagine ‘storiche’ per il suo strumento che il repertorio contemporaneo, ambito nel quale
esegue brani spesso a lui dedicati, di grandi autori del Novecento (da Nono a
Kancheli, da Glass a Sciarrino, da Gentilucci a Fitkin).
Fondatore dell’Italian Saxophone Quartet e dell’Italian Saxophone Orchestra,
coi quali gira il mondo da oltre vent’anni, ha registrato per Delos, Chandos,
RCA e INA i più importanti brani solistici, con orchestra e per ensemble.
Sempre più rilevante è l’attività di direttore con orchestre e solisti di fama
mondiale: tra i numerosi impegni per le prossime Stagioni ricordiamo, in
Italia, il Festival delle Dolomiti e il Festival delle Nazioni e gli appuntamenti
con le orchestre Toscanini, Tito Schipa, Sinfonica Siciliana e di Sanremo e
all’estero, quelli con la Bangkok Symphony, la National Symphony Orchestra
of Georgia e la Sinfonica di San Pietroburgo, dove è dal 2009 ospite regolare
nella stagione diretta da Yuri Temirkanov.
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GIUSEPPE ALBANESE
Diplomato nel 1996 col massimo dei voti, la lode e la menzione d’onore presso
il Conservatorio di Pesaro e nel 2003 diploma master all’Accademia Pianistica
Internazionale di Imola, ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti in concorsi
internazionali (Premio Venezia, Busoni, Vendome). Unico pianista italiano
della sua generazione ad essere invitato a suonare già in ben dieci Fondazioni
Liriche italiane (Petruzzelli di Bari, Comunale di Bologna, Maggio Musicale
Fiorentino, Carlo Felice di Genova, San Carlo di Napoli, Massimo di Palermo, Opera di Roma, Verdi di Trieste, Fenice di Venezia, Arena di Verona) ha
suonato anche nelle sale più importanti del mondo (tra cui Konzerthaus di
Berlino, Gulbenkian di Lisbona, St.-Martin-in-the-Fields e Steinway Hall di
Londra, Metropolitan Museum e Rockefeller University di New York, Salle
Cortot di Parigi, Mozarteum di Salisburgo) sia in recitals sia con direttori
quali Conlon, Jurowski, Lombard, Pehlivanian, Soudant, Steinberg, Tabachnik, Tate, Valcuha, Webb. Di particolare rilievo i recenti inviti dell’Accademia
di S.Cecilia, della RAI di Torino, del Festival MITO - SettembreMusica, di
Yuri Temirkanov al Winter Arts Square Festival di San Pietroburgo, del Teatro
Real di Madrid, dell’ Operahouse di San Francisco.
Numerose le registrazioni discografiche con Schubert, Chopin, Schumann,
Skrjabin, Szymanowski, MacDowell e Bartók. Singolare successo ha riscos-
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so il CD monografico con musiche di Debussy pubblicato a gennaio 2012 per
il mensile Amadeus in occasione dell’anniversario dei 150 anni della nascita
del compositore francese. Laureato con lode in Filosofia, è stato docente di
Metodologia della Comunicazione Musicale presso la Facoltà di Scienze della
Formazione dell’Università degli Studi di Messina e, attualmente, è docente
di pianoforte al Conservatorio di Pesaro.
FORM-ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA
L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, fondata nel 1985 (dal febbraio del
2000, insieme alla Regione Marche e all’Università degli Studi di Ancona,
Fondazione Orchestra Regionale delle Marche, FORM), è dal 1987 una delle
dodici Istituzioni Concertistiche Orchestrali Italiane. Opera in regione con
stagioni liriche e sinfoniche, rassegne cameristiche e concerti per le scuole ed
è partner dei concorsi musicali internazionali regionali. Attenta alla valorizzazione dei compositori marchigiani, ha ideato “Le Marche Parco Europeo della
Musica”. Dal 1998 è orchestra principale del Festival Snow & Symphony di
St. Moritz, assieme a grandi solisti e giovani talenti. Numerose le apparizioni
televisive e le incisioni discografiche: tra esse figurano pagine di Pergolesi,
Strauss, Rossini, Mozart, Verdi, tutte guidate dal suo direttore artistico Gustav Kuhn.
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Data da definire*
Concerto straordinario fuori abbonamento
KRYSTIAN ZIMERMAN pianoforte
Auditorium Pedrotti, per espresso desiderio del Maestro
PROGRAMMA DA DEFINIRE
È
un’occasione unica per ascoltare uno dei più grandi interpreti del
mondo in un concerto nel quale la sua ricerca timbrica, la sua cultura musicale e la sua ineffabile bravura di artista trovano meravigliosa realizzazione.
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Venerdì 24 maggio 2013 ore 21.00**
Concerto fuori abbonamento
GAZZÈ / MARCOTULLI / GATTO
OVER TOUR
Un viaggio di pura musica oltre i confini del pop e del jazz
Concerto in collaborazione con
Fano Jazz Network
Concerto inserito in Jazz’in provincia
Q
uesto progetto nasce dalla curiosità reciproca di tre artisti di sperimentarsi in un concerto dove si abbattono i confini della musica,
dove la contaminazione tra il pop e le sonorità jazz si fondono fino
a trovare un terreno comune. I brani più famosi di Max Gazzè diventano
un motivo e un pretesto su cui improvvisare, standard jazz che appartengono all’immaginario collettivo vengono reinterpretati dalla voce di Gazzè,
dal pianismo libero di Rita Marcotulli e dall’energica batteria di Roberto
Gatto. Brani strumentali composti dalla stessa Marcotulli e Roberto Gatto
completano un programma inedito e accattivante, dove il rock diluito nel
jazz ancora una volta ci ricorda che la musica non esige barriere e può fluire
libera senza confini.
MAX GAZZÈ
Romano, dopo gli studi a Bruxelles, dove suona come professionista in vari
gruppi, al rientro in Italia si dedica alla sperimentazione e alla composizione di colonne sonore. Dopo il primo CD (1996) Contro un’onda del mare
(presentato nel tour di Franco Battiato) e il secondo album, La favola di
Adamo ed Eva (1998) la sua popolarità si estende grazie alla partecipazione
nel 1998 al Premio Tenco e, nel 1999, al Festival di Sanremo, dove presenta Una musica può fare. Del 2000 è il terzo album (Gadzilla) e nel 2001
il quarto, Ognuno fa quello che gli pare, con grande varietà di soluzioni
sonore e numerose collaborazioni: Paola Turci, Carmen Consoli, Francesco
Magnelli dei CSI, Stephan Eicher. Tra 2001 e 2003 intensa è l’attività live
(nei teatri, nei maggiori festival italiani e nei club) e dopo l’uscita di altri
album ritorna ai tour live anche con progetti da solista. Nel 2008, Max Gaz-
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zè torna al Festival di Sanremo con Il solito sesso cui fa seguito l’album Tra
l’aratro e la radio e nell’ultimo anno ha presentato il suo album Quindi? in un
tour proposto in numerosi teatri italiani. La curiosità verso linguaggi nuovi
lo ha portato a vincere il Premio David di Donatello per la miglior canzone
originale con Mentre dormi, inserito nella colonna sonora del film campione
d’incassi Basilicata Coast to Coast, produzione cinematografica di Rocco Papaleo, che ha visto il debutto di Max nei panni dell’attore.
RITA MARCOTULLI
Dopo gli studi al Conservatorio di Roma attorno ai vent’anni si avvicina alla
musica brasiliana per poi approdare al jazz. Dai primi anni ’80 è presente sulla scena dei locali di jazz romani dove i giovani musicisti italiani si potevano
esibire al fianco di grandi stranieri di passaggio. Rita suona così con musicisti quali Chet Baker, Steve Grossman, Joe Lovano, Charlie Mariano, Tony
Oxley, Michel Portal, Richard Galliano, Enrico Rava, Michel Benita, Kenny
Wheeler, Bob Moses, Andy Sheppard. Votata come Miglior nuovo talento
italiano dell’anno nel referendum della rivista Musica Jazz, l’anno seguente
viene chiamata da Billy Cobham e da quel momento alterna propri progetti
nel jazz (ad esempio con la cantante Maria Pia De Vito) a collaborazioni nella
canzone (con Pino Daniele e Pat Metheny). La sua vasta discografia comprende, tra l’altro, l’incisione in duo con Andy Sheppard (On The Edge Of A
Perfect Moment), il piano solo The Light Side Of The Moon e il trio con Palle
Danielsson e Peter Erskine. Nel 2008 ha pubblicato per Jazz Italiano Live,
Us and them, Noi e Loro, omaggio ai Pink Floyd con Raiz, Fausto Mesolella
cui è seguito un tour di grande successo. Nel 2011 ha pubblicato Variazioni
sul Tema (S’ardmusic) con Luciano Biondini e Javier Girotto. Ha composto
la colonna sonora del film Basilicata Coast to Coast di Rocco Papaleo con la
quale ha vinto, per la miglior colonna sonora, il Ciak d’Oro (2010), il premio della stampa cinematografica, il Nastro d’Argento (2011) e il David di
Donatello.
Rita Marcotulli collabora con scrittori, attori ed attrici tra cui Stefano Benni,
Alessandro Benvenuti, Chiara Caselli, Lella Costa e Franca Valeri. Nel gennaio 2012 ha vinto il Top Jazz, il più importante premio nel mondo del jazz
italiano promosso dalla rivista Musica Jazz come Miglior Artista 2011.
ROBERTO GATTO
Roberto Gatto è un ‘esploratore’, che ha trasformato il suo strumento in una
macchina in grado di muoversi nel tempo e nello spazio. Partendo dalla batteria, dal ritmo, dal battito, è riuscito a superare le gabbie di generi e stili, ha
scritto, raccontato, sperimentato, visto, vissuto la musica in prima persona.
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Dopo il jazz, ha scoperto poi tutta la musica, quella più raffinata e intransigente, quella più leggera e cantabile e non ha avuto timore di mescolare
le sue bacchette e la sua testa pensante a quella di molti musicisti e molto
diversi tra loro tra i quali ricordiamo solo qualche nome: Bob Berg, Steve
Lacy, Johnny Griffin, George Coleman, Phil Woods, James Moody, Barney
Wilen, Ronnie Cuber, Tony Scott, Paul Jeffrey, Joe Lovano, Curtis Fuller,
Albert Mangelsdorff, Cedar Walton, Tommy Flanagan, Kenny Kirkland, Ben
Sidran, Enrico Pieranunzi, Franco D’Andrea, John Scofield, Billy Cobham,
Didier Lockwood, Richard Galliano, Joe Zawinul, Bireli Lagrene, Pat Metheny. Roberto Gatto è allo stesso tempo sideman e bandleader, sa insegnare e
ascoltare, non si confonde con quelli che trasformano la musica in circo, ma
allo stesso tempo sa divertire e divertirsi con grande entusiasmo. Celebrare la
sua arte e il suo ingegno, raccontare, attraverso la musica la sua storia.
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Ente Concerti di Pesaro
Anno di costituzione 1961
Consiglio Direttivo
Presidente
Guidumberto Chiocci
Direttore artistico
Federico Mondelci
Vicepresidente
Marta Mancini
Consiglieri
Maria Luisa Biscuola
Gilberto Calcagnini
Bruno Consani
Gigliola Gori
Fulvio La Rosa
Marina Salvi
Segreteria
Debora Gentiletti
Ufficio Stampa
Elisa Delsignore
Note ai programmi
Maria Chiara Mazzi
Comunicazione
Leonardo Cemak
Foto
Luigi Angelucci
Sito web: Angelucci Consulting
Soci Ente Concerti
Agostinelli Federico
Albanesi Angela
Albertoni Luigi
Alessandrini Bruno
Alessandroni Mirella
Alessandroni Stefania
Angelini Flavio
Anselmi Alberto
Anselmi Patrizia
Antelmy Erica
Arduini Germana
Arghittu Mariella
Babbucci Ornella
Baldini Riccardo
Baledelli Lucia
Bargnesi M. Teresa
Bartolomeoli Roberto
Bartoloni Giuliano
Bartoloni Spadoni Giusi
Bartolucci Ebe
Basili Roberto
Battistoni Francesca
Belli Lea
Benelli Giovanna
Benetti Barbara
Bertani M. Cristina
Bertozzini Ada
Bertozzini Marcella
Bettini Alessandro
Bianchi Angela
Bianchi Temellini Anna Maria
Bianco Giovanni
Bigazzi Maria Luisa
Bischi Alessandro
Bisetti Terenzi Maria Luisa
Bisping Dorothea
Blandini Alessandra
Bocci Romeo
Bogliolo Giovanni
Bonaparte Andrea
Bonazzoli Bianca
Bonazzoli Remo
Bontempi Giuliana
Borghi Maria Clotilde
Bruscoli Gabriella
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Bruscoli Letizia
Busacca Graziella
Caracciolo Gabriella
Carbone Annamaria
Catella Vera
Cavallini Armida
Carloni Esposito Renza
Ceccolini Anna Maria
Ceripa Lorena
Chietera Giovanni
Cinti Estella
Coli Paolo
Comandini Paolo Emilio
Congiu Luigi
Corsini Diottalevi Vittoria
Cortesi Dovilia
D’Agnillo Carla
De Benedittis Agostino
De Biagi Francesca
De Feo Liliana
De Negri Renata
De Nicolò Maria Pia
De Poda Enrica
De Sabbata Giorgio
Dell’Aquila Ardone Cosima
Duchi Silvia
Durazzi Emanuela
Dopolavoro Banca Popolare
dell’Adriatico
Elia Luigi
Emiliani Paola
Ercolessi Silvana
Falanga Eugenio
Farina Ercole
Fastigi Gabriella
Fastigi Rosa
Ferretti Fernanda
Ferri Pio
Filippone Erminia
Fiocco Virginio
Fioretti Annamaria
Forlani Luca
Fortini Maria Luisa
Franca Fabrizio
Francini Luciano
Frezza Maria Grazia
Frulli Elvira
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Galeazzi Ermes
Gasperini Stefania
Gaudenzi Massimo
Gennari Annarita
Gentilucci Anna
Gessaroli Enrica
Gevorgyan Narex
Giamprini Simonetta
Gorgoni Vittorio
Gori Isabella
Grazioli Manuela
Graziosi Franco
Gualandri Massimo
Guglielmi Beatrice
Guidelli Rita
Iacchini Gabriella
Iovino Luciano
Lamaro Paolo
Lanfernini Caterina
Leonardi Maria Grazia
Liguori M. Laura
Lippolis Graziana
Maestri Franca
Magi Claudio
Malpassi Fiammetta
Marcucci Agla
Mari Dino
Mariani Alberta
Mariotti Jacopo
Masetti Marisa
Masini Alessandro
Missiroli Gino
Montebarocci Angelo
Muretto Franca
Muretto Pietro
Neri Ennio
Nesci Emanuela
Nesci Liana
Nocitra Elisabetta
Olmeda Giuseppe
Ottaviani Gabriella
Pagano Giuliana
Pandin Irene
Paolini Marco
Paolini Mirella
Patrignani Paola
Perrotti M. Gabriella
Picchi Roberto
Pierantoni Marta
Prestianni Biagio
Raffaelli Maria Teresa
Renzi Susanna
Ridolfi Franco
Rinaldi Gianluigi
Ritossa Giovanni
Rondina Paola
Rosati Loretta
Rossi Mancini Cristina
Rossini Gordiano
Russo Davide
Salvaterra Meuccia
Sassi Wanda
Sbano Wanda
Scardacchi Mauro
Scilla Cristina
Secchiaroli Maria Grazia
Senigagliesi Michela
Siepi Maria Letizia
Solforati Patrizia
Sorbini C. Augusto
Sorbini Paola
Sormani Elena
Sormani Farina Paolo
Spighi Cristina
Staffolani Raffaella
Surian Elvidio
Surian Laura
Taras Antonella
Tecchi Danila
Temellini Maria Letizia
Tenella-Sillani Francesco
Tondi Fiori Maria Antonietta
Torre Maria Cristina
Trelani Lidia
Urbinati Paola
Vaina Raffaella
Valazzi Maria Eugenia
Venturini Brunella
Vitali Antonella
Zini Annalisa
Zoffoli Atos
Zollia Carlo
Rinnovo abbonamenti
Per abbonati alla precedente Stagione
concertistica nei giorni 3 e 4 novembre
presso il botteghino del teatro Rossini con
orario 10-13 / 17-20
Nuovi abbonamenti
La vendita dei nuovi abbonamenti verrà
effettuata, nei giorni 5, 6 e 7 novembre
con orario 10-13 / 17-20
Prezzi Posto di platea e posto di palco I
e II ordine € 160, posto di palco di III
ordine intero € 130, ridotto € 90 (palchi
laterali), posto di palco di IV ordine intero
€ 70, ridotto € 55 Le riduzioni sono
riservate agli studenti fino a 29 anni e agli
spettatori oltre i 65 anni
Vendita biglietti
I biglietti disponibili saranno messi in
vendita il giorno del concerto presso il
botteghino del teatro Rossini con orario
10-13 / 17 fino all’inizio del concerto
(concerti pomeridiani 10-13 / 16 fino
all’inizio del concerto). Dal secondo
concerto in cartellone si potranno
acquistare tutti i biglietti della stagione
Prezzi Posto di platea e posto di palco di
I e II ordine € 20, posto di palco di III
ordine € 15 ridotto € 12, posto di palco di
IV ordine € 12, ridotto € 10, loggione € 7
Family ticket 3 ingressi, posti di platea, I
e II ordine di palco € 40
*Spettacoli straordinari
Posto di platea e posto di palco di I e II
ordine € 30, posto di palco di III ordine
€ 25, posto di palco di IV ordine € 15,
loggione € 10
**Spettacoli fuori abbonamento
Stessi prezzi della stagione
Vendita online
Una parte dei posti disponibili viene messa
in vendita on line; l’acquisto si può effettuare
visitando il sito www.vivaticket.it.
L’acquisto on line comporta un aggravio del
costo del biglietto in favore del gestore del
servizio.
Informazioni Ente Concerti
Palazzo Gradari, Via Rossini
0721 32482
[email protected]
www.enteconcerti.it
Informazioni Teatro Rossini
Piazzale Lazzarini, Pesaro
0721 387620
(Biglietteria 0721 387621)
La Direzione si riserva di apportare
al programma le variazioni imposte
da ragioni tecniche o da cause di forza
maggiore
L’Ente Concerti ringrazia
Banca Marche
Assindustria Consulting
Banca dell’Adriatico
Carifano Cassa di Risparmio
di Fano
Galleria di Franca Mancini
Ristorante Bristolino
Azienda Agricola Fiorini Strada
dei Campioli
Foresteria Agrituristica Fiorini
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