1 Comune di Pesaro Ente Concerti di Pesaro Ministero per i Beni e le Attività Culturali Regione Marche, Giunta Regionale, Assessorato alla Cultura Fondazione Cassa di Risparmio Banca Marche 53ª STAGIONE CONCERTISTICA 2012/13 Teatro Rossini Pesaro 3 “Noi suoniamo e suscitiamo sentimenti” recita una celebre canzone di Paolo Conte. Risvegliare genuini sentimenti in un periodo in cui la sublimazione dell’ignoranza li ha narcotizzati, per sostituirli con puri istinti, è la sommessa intenzione dell’Ente Concerti nel proporre questa 53ª Stagione concertistica. La preziosa lacrima che appare anche nel manifesto di quest’anno rappresenta la sempre più intensa commozione che solo la musica può evocare. Una Stagione ad ampio spettro che offre una straordinaria molteplicità di proposte artistiche ognuna delle quali in grado di soddisfare le più diverse esigenze. Volutamente non menziono i protagonisti ed i contenuti di questa Stagione, i loro nomi ed i brani da essi eseguiti parlano da soli. Non vorrei che la lacrima che scorre languidamente su quel volto smarrito -altra mirabile opera del nostro Leonardo Cemak-, esprimesse la disperazione di una Città senza la musica, desertificata dai tagli sempre più feroci alla Cultura; ci troveremmo allora a vivere in un mondo che altro non sarebbe che una landa irrimediabilmente desolata. Guidumberto Chiocci Presidente Ente Concerti Senza la sentita partecipazione dell’Amministrazione Comunale - Assessorato alla Cultura e della Direzione dei Teatri, il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio, Banca delle Marche, Carifano, Banca dell’Adriatico, e degli altri sponsor, questa stagione non avrebbe potuto essere allestita. L’Ente Concerti, interpretando anche la gratitudine dei quasi 10.000 spettatori della scorsa Stagione invernale e di quella estiva, sente il dovere di ringraziare tutti profondamente. *Un particolare ringraziamento alla “Fondazione Pescheria” per la preziosa collaborazione prestata per il concerto di Ramin Baharami. Ente Concerti di Pesaro Indice Pag. 9 Katya e Marielle Labèque 13 Gino Paoli & FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana 15 I Virtuosi Italiani 21 Ramin Baharami 25 Daniil Trifonov 29 Balletto Russo Di Anna Ivanova 33 FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana Hubert Soudant Gabriella Sborgi 37 André Mehmari Gabriele Mirabassi 41 FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana Giampaolo Maria Bisanti Stefan Milenkovich 45 FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana Donato Renzetti Roberto Cominati 49 FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana Igudesman & Joo 53 I Solisti di Perugia Jin Ju 57 Mountain Men 59 Quartetto di Venezia 63 Francesca Dego Francesca Leonardi 67 FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana Federico Mondelci Giuseppe Albanese 71 Krystian Zimerman 73 Gazzè / Marcotulli / Gatto Giovedì 8 novembre 2012 ore 21.00 KATYA E MARIELLE LABÈQUE pianoforte George Gershwin (1898-1937) 3 Préludes (arrangiamento per due pianoforti di Irwin Kostal) Allegro ben ritmato e deciso Andante con moto e poco rubato Allegro ben ritmato e deciso Philip Glass (1937) Four Movements for two pianos Maurice Ravel (1875-1937) Ma Mère l’Oye Pavane de la Belle au bois dormant Les entretiens de la Belle et de la Bête Petit Poucet Laideronnette, Impératrice des Pagodes Le Jardin féerique Rhapsodie Espagnole Prélude à la nuit Malagueña Habanera Feria I n un itinerario novecentesco che va dagli Stati Uniti alla Francia, la Stagione si apre con il più celebre e osannato duo pianistico del nostro tempo, che pur nella sua carriera ormai leggendaria, ha saputo continuamente aggiornare il repertorio fino a ‘sollecitare’ i compositori di oggi ad arricchirlo ulteriormente. Le Labèque partono col loro concerto dagli Stati Uniti, con due lavori che mostrano la capacità dei compositori appartenenti a quella cultura di mescolare stimoli e generi diversi nella ricerca di un linguaggio definitivamente determinato e caratteristico. Il primo, Gershwin, rivisita a suo modo il principio dell’utilizzazione della musica popolare all’interno delle forme della tradizione colta, e scrive Preludi come questi (pubblicati nel 1927) nei quali però la scrittura fa aperto riferimento alle armonie blues e alle ritmiche jazz. Il secondo, Glass, ottant’anni dopo 9 prepara questi Four Movements for Two Pianos per il Festival pianistico della Ruhr (dove sono stati eseguiti da Dennis Russell Davies & Maki Namekawa nel 2008), un ampio affresco nel quale tutti gli stimoli stilistici che caratterizzano l’arte dell’autore vengono come ordinati dalla struttura e dalla tecnica minimalista. Torniamo poi nella vecchia Europa, e più indietro nel tempo: a quel Ravel che in Ma Mère l’Oye, (1910) nella sua ricerca di chiarezza razionalizzante ed estetizzata, costruisce una delle più interessanti alternative all’impressionismo descrittivistico. Fu proprio l’autore a scrivere: “Il proposito di evocare in questi pezzi la poesia dell’infanzia mi portò naturalmente a semplificare il mio stile e a raffinare i miei mezzi espressivi”, ma su questa ‘semplificazione’, utile a narrare musicalmente le favole della tradizione, si stratifica anche una commovente e nostalgica rievocazione del mondo dell’infanzia, e i preziosismi timbrici ed armonici si mescolano ai toni quasi angosciati di un adulto che rilegge con consapevolezza gli antichi racconti. Alla stessa epoca (1908) appartiene anche la Rhapsodie Espagnole, nella quale l’autore attinge ispirazione dal proprio retroterra culturale (Ravel era di origine basca). Tuttavia, come nel brano precedente, lontanissimo anche qui è l’intento puramente descrittivo e, in particolare, lo ‘spagnolismo’ di maniera tanto di moda in Francia. I suoni, i colori e il mondo variegato e ‘primitivo’ della musica popolare spagnola servono al compositore infatti per approdare a un nuovo linguaggio musicale che raggiungerà i suoi esiti più splendidi negli anni successivi (con Bolero) e sarà persino la base della ricerca degli stessi autori spagnoli del Novecento. KATIA E MARIELLE LABÈQUE Figlie di Ada Cecchi (allieva di Marguerite Long), Katia e Marielle Labèque hanno iniziato la loro carriera musicale in giovanissima età raggiungendo fama internazionale con la Rapsodia in blu di Gershwin, che ha ottenuto uno dei primi Dischi d’oro della musica classica. Protagoniste di una carriera straordinaria con concerti in tutto il mondo a fianco delle orchestre più prestigiose (fra cui Berliner Philharmoniker, Bayerische Rundfunk, Sinfoniche di Boston, Chicago e Cleveland, Gewandhausorchester di Lipsia, orchestre londinesi, Los Angeles Philharmonic, Philadelphia Orchestra, Staatskapelle di Dresda, Wiener Philharmoniker e Filarmonica della Scala) e coi direttori più celebri (Dutoit, Gardiner, Jarvi, Mehta, Ozawa, Pappano, Rattle, Salonen ecc.). Suonano nelle più importanti sale da concerto e festivals (Musikverein di Vienna, Musikhalle di Amburgo, Carnegie Hall, Royal Festival Hall, La Scala, Lucerna, Ludwigsburg, Proms di Londra, Ravinia, Ruhr, Tanglewood, Salisburgo ecc.) e, tra tutti, ricordiamo il clamoroso successo davanti ad un pubblico di 33.000 spettatori in un concerto gala con i Berliner Philharmoniker e Simon Rattle, alla Waldbuhne di Berlino. 10 Si affiancano anche a complessi di musica barocca (The English Baroque Soloists, Giardino Armonico, Musica Antica e Venice Baroque e Age of Enlightenment) ma hanno avuto anche un costante rapporto con i maggiori compositori del nostro tempo, fra cui Andriessen, Berio, Boulez, Noesmans, Golijov, Ligeti e Messiaen. Hanno una propria casa discografica, KML Recordings, fondata per creare un ponte fra tutti gli stili di musica in epoca contemporanea, che ha pubblicato recentemente una nuova versione della Rapsodia in blu di Gershwin e di West Side Story di Bernstein; hanno anche una Fondazione (KML) il cui scopo è la ricerca e lo sviluppo del repertorio per duo pianistico, attraverso l’incontro di artisti di tutti i campi. Stanno lavorando al progetto The minimalist Dream House ispirato ai concerti del 1961 curati da La Monte Young nel loft di Yoko Ono: con altri interpreti provenienti sia dal rock che dalla classica si ritrovano per celebrare questo rivoluzionario nuovo movimento e le sue molteplici influenze. 11 Venerdì 30 novembre 2012 ore 21.00* Concerto straordinario fuori abbonamento GINO PAOLI & FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana MUSICA SENZA FINE In collaborazione con Marche Jazz Network ed il contributo di Banca dell’Adriatico Con la partecipazione di Rosario Bonaccorso contrabbasso, Roberto Tarenzi pianoforte, Pasquale Angelini batteria Stefano Fonzi Arrangiamenti e Direzione R iconosciuto come uno dei più grandi rappresentanti della musica leggera italiana, Gino Paoli ha scritto e interpretato brani indimenticabili, quali Il cielo in una stanza, La gatta, Che cosa c’è, Senza fine, Sapore di sale, Una lunga storia d’amore, Quattro amici, Ti lascio una canzone, Averti addosso, Vivere ancora e tanti altri che ci verranno riproposti in questo concerto. Sempre pronto a nuove sfide, oggi interpreta le sue canzoni accompagnato dall’Orchestra Filarmonica Marchigiana e da un trio jazz in una serata di grande musica che ripercorre le tappe più significative di una lunga carriera. Le versioni dei brani, arrangiate dal M° Stefano Fonzi, innovative e piene di lirismo, lasciano spazio alle emozioni, che già negli anni ‘60 il “Gino nazionale” ci regalava, tornando indietro nel tempo, ma con un linguaggio sempre più attuale. GINO PAOLI Gino Paoli (nato a Monfalcone, in provincia di Gorizia, ma presto trasferito a Genova con la famiglia) è considerato uno dei padri della Canzone d’autore italiana: tra primi che, attenti alla lezione degli chansonnier francesi, iniziarono a scrivere proprie canzoni e a cantarsele, in un universo musicale all’epoca (fine degli anni ‘50) dominato da autori o interpreti ‘puri’. Dopo alcuni singoli di nessun successo incisi per la neonata etichetta Ricordi, Paoli scrive e canta “La gatta”, uno dei suoi classici. Il singolo vende in un mese appena un centinaio di copie, ma, inaspettatamente, alcune settimane dopo finisce in classifica ed inizia a vendere benissimo. Siamo nel 1960. In quel periodo conosce Ornella Vanoni, attrice che desidererebbe cantare, per la quale scrive “Senza fine” che la lancia e che diviene un hit anche negli Stati Uniti, grazie a 13 Dean Martin e Ertha Kitt. Quindi è Mina, già cantante di un certo successo, convinta dal paroliere Mogol e sconsigliata da tutti gli altri, a incidere un’altra canzone dell’introverso autore, “Il cielo in una stanza”, ed è un vero trionfo. Nel 1961, Paoli pubblica senza successo il primo album, ma anche se la carriera da autore funziona molto più di quella di cantante, nel 1963 fa centro con uno dei grandi classici della canzone italiana, quella “Sapore di sale” direttamente ispirata dalla storia con Stefania Sandrelli. Dopo alcuni anni (ma siamo dopo il ’68) di inevitabile declino, Paoli ritorna al successo a metà degli anni ‘80 grazie a una tournèe (e un disco, “Insieme”) con Ornella Vanoni e ad album come “Averti addosso”, “Cosa farò da grande” e “L’ufficio delle cose perdute”. Del 1991 sono le vendite record di “Matto come un gatto” e del singolo “Quattro amici al bar” mentre negli ultimi anni ha allargato i suoi orizzonti con le incursioni jazz, sul palco e in studio (con l’album “Milestones” del 2007) e le nuove canzoni dell’album “Storie” del 2009. FORM-ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, fondata nel 1985 (dal febbraio del 2000, insieme alla Regione Marche e all’Università degli Studi di Ancona, Fondazione Orchestra Regionale delle Marche, FORM), è dal 1987 una delle dodici Istituzioni Concertistiche Orchestrali Italiane. Opera in regione con stagioni liriche e sinfoniche, rassegne cameristiche e concerti per le scuole ed è partner dei concorsi musicali internazionali regionali. Attenta alla valorizzazione dei compositori marchigiani, ha ideato “Le Marche Parco Europeo della Musica”. Dal 1998 è orchestra principale del Festival Snow & Symphony di St. Moritz, assieme a grandi solisti e giovani talenti. Numerose le apparizioni televisive e le incisioni discografiche: tra esse figurano pagine di Pergolesi, Strauss, Rossini, Mozart, Verdi, tutte guidate dal suo direttore artistico Gustav Kuhn. 14 Venerdì 7 dicembre 2012 ore 21.00 I VIRTUOSI ITALIANI Alberto Martini maestro di concerto al violino Mario Folena flauto solista Roberto Loreggian clavicembalo solista Antonio Vivaldi (1678-1741) Arsilda Regina di Ponto RV 700 Sinfonia avanti l’opera La Verità in Cimento RV 739 Sinfonia avanti l’opera Concerto op. X n. 2 in sol minore RV 439 “La notte” per flauto, archi e basso continuo Largo Presto (Fantasmi) Largo Presto Largo (Il sonno) Allegro Concerto op. IV “La Stravaganza” n. 1 in si bemolle maggiore RV 383a per violino, archi e basso continuo Allegro Largo e cantabile Allegro Concerto op. III “L’Estro Armonico” n. 8 in la maggiore per due violini, archi e basso continuo RV 522 Allegro Larghetto e spirituoso Allegro 15 Georg Philipp Telemann (1681-1767) Don Quixotte TWV 55:G10 Ouverture Johann Sebastian Bach (1685-1750) Concerto n. 3 in re maggiore BWV 1054 per clavicembalo e archi Senza indicazione di tempo Adagio Allegro Concerto Brandeburghese n. 5 in re maggiore BWV 1050 per flauto, violino, clavicembalo e archi Allegro Affettuoso Allegro C ’è una forma musicale che da fine Seicento si propaga in tutta Europa, una forma che affonda le radici nel passato e che conoscerà un grande futuro: il concerto solistico. La contrapposizione di due gruppi nell’ambito della stessa esecuzione non era nuova, ma ora sono cambiate le cose, e al posto di due gruppi di ampiezza simile ora si confrontano un gruppo strumentale e un virtuoso, che si distingue da tutti gli altri per la sua bravura stabilendo una cesura tecnica tra sé e il resto degli esecutori e un rapporto diretto col pubblico stupefatto. Il concerto si struttura poi a inizio Settecento quando, complice anche il perfezionamento degli strumenti e il potenziamento delle loro possibilità tecniche si diffondono, innanzitutto, i concerti per violino e poi, via via, quelli per flauto e per altri strumenti. Diffusione questa che avviene dapprima in ambito veneziano, dove l’indagine più straordinaria in questo senso si produce nell’opera di Vivaldi (nelle splendide raccolte dell’Estro Armonico e della Stravaganza per violino, e dell’op. X per flauto) e poi anche negli autori coevi del resto d’Europa, grazie alle stampe dei più celebri di questi lavori diffuse in tutto il continente. Questo schema generale viene indagato a fondo in particolare da Bach che, prima di affrontare questo genere in un gruppo di proprie composizioni, studia e trascrive proprio i capolavori italiani attraverso un lavoro intenso di revisione e di elaborazione. Pur accettando il modello egli non è però disposto a rinunciare alla propria visione del mondo, cioè alla fusione sotto il comune denominatore del contrappunto degli stimoli culturali che gli venivano dalle diverse 16 civiltà musicali del presente e del passato. Così la forma ‘all’italiana’, utilizzata nei concerti per violino e per clavicembalo, diviene un scheletro su cui innestare la forza della sua sapienza compositiva ed artistica e le sue esperienze musicali, dando vita a forme del tutto nuove che, come accade nei Concerti per cembalo e soprattutto nei Brandeburghesi, combinano variamente i modelli e danno all’orchestra un ruolo sinfonico che, se nel periodo di Bach poteva apparire un retaggio di un passato gotico e contrappuntistico, a noi, che conosciamo il successivo sviluppo del genere, si mostra come un profetico balzo in avanti verso una la concezione moderna. Il programma si completa con l’Ouverture da un lavoro per orchestra di Telemann che costruisce una sorta di ‘raccontino musicale’ divertente e originalissimo sulle avventure del “cavaliere dalla triste figura”. ALBERTO MARTINI Nato a Verona, diplomato presso il Conservatorio della sua città, si è poi perfezionato al Conservatorio di Ginevra. Si è esibito in Italia e all’estero nei festival più prestigiosi nella veste di concertatore, primo violino e direttore oltre che come solista, ed è stato primo violino di spalla con molte orchestre e con i più grandi direttori (da Muti a Chailly, da Chung a Sinopoli a Temirkanov). Nel 2009 ha esordito come solista alla Carnagie Hall di New York. Ha oltre 50 Cd registrati come direttore e concertatore. Dal 1999 al 2006 è stato Direttore Artistico dell’Accademia I Filarmonici di Verona e dal 2006 è direttore artistico de I Virtuosi Italiani e delle loro stagioni veronesi. Ha collaborato come responsabile artistico dell’orchestra del Teatro Comunale di Treviso, ed è tutt’ora consulente esterno del Festival I Suoni delle Dolomiti. Dal 2007 al 2010 è stato Direttore Artistico dell’Orchestra Sinfonica del Friuli Venezia Giulia. L’interesse verso il repertorio di confine lo ha portato alla realizzazione di importanti progetti con artisti di oggi (da Corea a Nyman, da Battiato a Glass tra gli altri). Insegna violino al Conservatorio di Verona, tiene masterclass in Italia e all’estero e fa parte delle commissioni dei più importanti concorsi internazionali di violino e di musica da Camera. Suona un prezioso violino C. F. Landolfi del 1751 gentilmente concesso dalla Fondazione Pro Canale di Milano. 17 ROBERTO LOREGGIAN Diplomato col massimo dei voti in organo e in clavicembalo, si è perfezionato al Conservatorio di L’Aja con Ton Koopman e ha suonato nelle più importanti sale italiane, in Europa e all’estero e per festival prestigiosi quali MITO, Sagra Malatestiana, Festival Pergolesi Spontini sia in veste di solista che di accompagnatore con numerosi solisti ed orchestre barocche. Ha registrato CD per Chandos, Tactus, Arts ecc. e sta registrando l’integrale di Frescobaldi. Ha vinto con le registrazioni delle musiche per cembalo di B. Pasquini (ChandosChaconne) e di G.B. Ferrini (Tactus) il Preis der deutschen Schallplattenkritik. Insegna presso il Conservatorio di Padova. MARIO FOLENA Diplomato in flauto traverso e in traversiere con il massimo dei voti e la lode, si è perfezionato in corsi con Donington, Clemencic, Melkus e Rampal, collaborando poi con prestigiose orchestre (tra esse Orchestra da camera di Parigi, I Filarmonici di Verona, Accademia de li Musici, Orchestra da camera di Mantova ecc.). È stato inoltre primo flauto di Novecento e oltre, gruppo fondato da Antonio Ballista. Dal 1982 è primo flauto dell’Orchestra di Padova e del Veneto, con la quale svolge un’intensa attività concertistica e solistica in tutto il mondo e, come solista, collabora con le più importanti società da concerto italiane. Ha insegnato flauto traverso barocco ai corsi estivi di musica antica della Fondazione Cini di Venezia, al Conservatorio di Padova e in quello di Parma. Tra le sue numerose registrazioni discografiche, quella delle Sonate ed Arie Geminiani per TACTUS assieme a Loreggian, ha vinto nel 1997 il Referendum di Musica e Dischi come miglior disco di musica classica dell’anno. Mario Folena è vincitore, assieme a Roberto Loreggian, del Premio speciale Civiltà Veneta 2007 della Fondazione Masi. I VIRTUOSI ITALIANI Questo complesso, considerato un dei più attivi e qualificati del musicale internazionale, si è formato nel 1989 e da quel momento si esibisce con ottimi consensi di critica e di pubblico per i più importanti teatri e per i principali enti musicali. Ricordiamo, tra tutti, il Concerto per il Senato, quello “per la Vita e per la Pace” eseguito a Roma, Betlemme e Gerusalemme e trasmesso in Mondovisione, il Concerto in Sala Nervi alla presenza del Papa, la tournée in Sud America nei più importanti Teatri, il debutto alla prestigiosa Royal Albert Hall di Londra. L’ensemble collabora con solisti e direttori internazionali e ha una vasta attività discografica con oltre 100 CD registrati e 400.000 dischi venduti. Nel 2004 per l’integrale in prima assoluta dell’opera di Bonporti con Alberto Martini il gruppo ha conseguito i premi Choc de la Musique, Cinque 18 Credits: Maki Galimberti stelle –Premio Goldberg e Diapason d’ôr. Con grande attenzione riservata al coinvolgimento del pubblico e con una particolare attenzione ai giovani, i Virtuosi italiani mostrano da sempre interesse anche per il repertorio di confine e hanno collaborato con artisti quali Corea, Bregovic, Nyman, Einaudi, Battiato, Caine, Fresu. I Virtuosi sono ideatori e interpreti a Verona, città di residenza, di una Stagione giunta alla XIII edizione e di una Stagione di Musica Sacra. Dal 2011 il gruppo è complesso residente per la stagione concertistica nella Chiesa dell’Ospedale della Pietà a Venezia. L’impostazione artistica vede cardine il Konzertmeister primo violino Alberto Martini. Da ottobre 2011 Pavel Barman ricopre il ruolo di direttore principale ospite. 19 Domenica 16 dicembre 2012 ore 18.00** Concerto fuori abbonamento RAMIN BAHARAMI pianoforte Recupero concerto Krystian Zimerman Concerto in collaborazione con la “Fondazione Pescheria” Domenico Scarlatti (1685-1757) Sonata in re maggiore K 282 Johann Sebastian Bach (1685-1750) Suite inglese n. 2 in la minore BWV 807 Preludio Allemanda Corrente Sarabanda Bourées I e II Giga Domenico Scarlatti Sonata in fa diesis maggiore K 319 Sonata in re maggiore K 278 Sonata in do maggiore K 159 Johann Sebastian Bach Aria variata (alla maniera italiana) in la minore BWV 989 Concerto nach italienischen Gusto BWV 971 Vivo Andante Presto I due autori protagonisti qui non sono solo genericamente coevi, ma proprio coetanei (entrambi nati nel 1685) e, insieme, rappresentano due esempi splendidi della ricchezza e della varietà fornita dalle forme della musica per tastiera nel periodo più ricco e splendido del barocco. Il primo a presentarsi è un italiano, Domenico Scarlatti, che partito dall’esperienza operistica abbandona tutto per divenire maestro di musica dell’infanta Maria Barbara di Portogallo, con la quale si trasferisce in Spagna quando la fanciulla diventa regina in quel Paese, e che con le sue oltre 600 sonate non 21 solo compie un lavoro straordinario di sintesi estetica ed espressiva, ma sposta in alto l’asticella della tecnica cembalistica, là dove in pochi sapranno raggiungerlo in seguito. Ma davvero incredibile è il fatto che, mantenendo sempre uguale la forma utilizzata (un tempo solo, diviso a metà da un ritornello) Scarlatti riesce a variarne con abilità straordinaria i contenuti, affidandosi a tutti gli spunti musicali possibili, dalla musica popolare spagnola alla fuga severa, dalle danze della suite alla dolce melodia quasi belcantistica. Ma alternato alla varietà sonatistica scarliattiana, dall’altro lato del palcoscenico, sta Bach, il quale invece esplora con la tastiera tutte le forme che erano state utilizzate fino a quel momento, proponendo un incredibile e forse esempio di rilettura e risistemazione, ma anche in questo caso spingendosi in territori dove nessuno sarà in grado di seguirlo. Da un lato egli porta al massimo grado di stilizzazione, e quasi conclude, la vicenda secolare della suite per cembalo: con le Suites ‘Francesi’ le Partite e le Suites ‘Inglesi’, nelle quali la rigida successione di danze si arricchisce e si addensa grazie non solo all’aggiunta di brani ‘esterni’ alla suite (come, ad esempio, i preludi) e all’uso di una tecnica di grande difficoltà, ma anche, e soprattutto, grazie all’uso del contrappunto che fino a quel momento era stato accuratamente evitato da un genere considerato come disimpegnato. E se nel catalogo bachiano per tastiera non mancano le opere ‘didattiche’, quelle ‘teorico-dimostrative’ o quelle legate alle forme ‘libere’, negli ultimi anni di Lipsia egli recupera ancora forme ormai sfruttatissime, come il tema con variazioni e il concerto italiano per le quali egli riesce, grazie alla trama inesorabile del contrappunto e alla sua straordinaria apertura culturale, a trovare un nuovo futuro. RAMIN BAHARAMI Nato a Teheran nel 1976 ha studiato con Piero Rattalino al conservatorio di Milano e all’Accademia Pianistica di Imola, e con Wolfgang Bloser alla Hochschule für Musik di Stoccarda. Si è poi perfezionato con Alexis Weissenberg, András Schiff, Robert Levin and Rosalyn Tureck, grazie alla quale ha potuto approfondire l’interpretazione bachiana nel Novecento. Nel 1998 ha debuttato al Teatro Bellini di Catania con tale successo da ricevere la cittadinanza onoraria; da quel momento si sono susseguite esibizioni presso le maggiori istituzioni musicali d’Italia, teatri, stagioni e prestigiosi festival internazionali (La Roque d’Anthéron”, Tallin Baroque Music Festival, Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano Beijing Piano Festival, Strings Lucern, Festival di Bergamo e Brescia ecc.). Dal 1999, dopo le ‘Goldberg’ alla Sala Verdi di Milano ha presentato Partite, Concerti per tastiera e Variazioni in molte sale in Italia (Roma, Milano Firenze, Messina, Salerno, Pisa) e in Germania. In particolare le Variazioni sono state eseguite al 22 Quirinale e trasmesse in diretta su Radiotre. È anche a fianco di prestigiose orchestre (Orchestra Verdi di Milano, Latvian Philharmonic Chamber Orchestra, European Chamber Orchestra, Janacek Philharmonic Orchestra, Kammerphilharmonie Stuttgart ecc.). Nel gennaio 2009 è stato insignito del Premio “Città di Piacenza-Giuseppe Verdi” dedicato ai grandi protagonisti della scena musicale, riconoscimento assegnato prima di lui a Riccardo Muti, Josè Cura, Leo Nucci e Pier Luigi Pizzi. Ramin Bahrami è considerato uno tra i più interessanti interpreti bachiani viventi a livello internazionale. Dopo l’esecuzione dei Concerti di J.S. Bach a Lipsia nel 2010 con la Gewandhausorchester e Chailly, la critica tedesca lo considera: “un mago del suono, un poeta della tastiera; artista straordinario che ha il coraggio di affrontare Bach su una via veramente personale”. Incide esclusivamente per DeccaUniversal e la sua discografia è molto vasta: ricordiamo le Variazioni Goldberg (2004), le 7 Partite (2005), l’Arte della Fuga (2007), la raccolta “Ramin Bahrami plays Bach” (2009), le Suite Francesi (2010). Il disco con i cinque concerti per tastiera di Bach, con la Gewandhausorchester e Riccardo Chailly registrato a Lipsia (2011), ha avuto 5 stelle da Amadeus e le Suite Inglesi (2012) sono entrate nella classifica Nielsen della musica pop. Dal 2012 ha assunto la direzione artistica della Summer School of Musical Perfomance ideato insieme al produttore RAI Casimiro Lieto nel borgo dell’antica Caserta. 23 Domenica 6 gennaio 2013 ore 18.00 DANIIL TRIFONOV pianoforte Franz Liszt (1811-1886) Frühlingsglaube (dai Dodici Lieder di Schubert) Die Stadt (da Schwanengesang di Schubert) Franz Schubert (1797-1828) Sonata in si bemolle maggiore D. 960 Molto moderato Andante sostenuto Scherzo (Allegro vivace) Allegro, ma non troppo Fryderyk Chopin (1810-1849) Barcarola in fa diesis maggiore op. 60 Studi op. 10 n. 1 in do maggiore n. 2 in la minore n. 3 in mi maggiore n. 4 in do diesis minore n. 5 in sol bem. maggiore n. 6 in mi bem. minore n. 7 in do maggiore n. 8 in fa maggiore n. 9 in fa minore n. 10 in la bem. maggiore n. 11 in mi bem. maggiore n. 12 in do minore S chubert, Chopin e Liszt: tre autori che più lontani non potrebbero essere per concezione di scrittura e per ideali estetici. Eppure in questo programma si danno, e non casualmente, la mano. Liszt, per cominciare, il titano della tastiera che si avvicina all’intimismo dei Lieder di Schubert quasi in punta di piedi e riesce, nei suo adattamenti pianistici, a scovarne come pochi altri il senso vero e profondo. E poi, Schubert, con la Sonata D. 960, ultimo di quei capolavori che, con- 25 temporanei alle ultime sonate di Beethoven, costituiscono a quelle l’unica valida alternativa. “Questa composizione è diversa dalle altre - scrive Schumann - perché qui Schubert volontariamente rinuncia ad ogni novità brillante. La composizione scorre mormorando di pagina in pagina, sempre lirica, senza mai pensiero per ciò che verrà, come se non dovesse mai arrivare alla fine, interrotta solo qua e là da fremiti più violenti che tuttavia si spengono rapidamente”. E infatti questa Sonata in si bemolle è figlia del clima culturale ed artistico della Restaurazione, specchio di un ambiente intimistico, lontana sia dagli ideali eroici e volitivi che dalla superficiale brillantezza del pianismo Biedermeier, pagina dove ogni pensiero viene interiorizzato in un messaggio personale, fatto di magia e di emozione, che l’autore rivolge ai pochi amici di casa o addirittura solo a se stesso. Infine Chopin, che torna a Liszt nella dedica degli Studi op. 10, vera e propria ‘dichiarazione d’intenti’ del Polacco al mondo musicale. Accortosi dei limiti della tecnica tradizionale, a 23 anni, pubblica questi brani dove supera i metodi per pianoforte coevi e propone un compendio del suo stile: complice uno strumento sempre più disponibile presenta infatti le caratteristiche della sua estetica in una serie di composizioni che propongono ciascuno un elemento differente della tecnica pianistica, risolto comunque sempre nell’ambito dell’arte (il valore del suono, l’armonia allo stato puro, la polifonia, la ricerca della qualità timbrica…). Ma nonostante ciascuno di questi brani presenti una singola problematica, la raccolta si propone anche come ‘composizione’ unitaria, come un polittico fatto di tasselli strettamente collegati tra di loro in un crescendo di tensione e di emozioni che parte dalla pura armonia del primo studio per giungere alla carica eroica e rivoluzionaria dell’ultimo che, per concezione ed intensità di espressione, chiude il sipario come un vero e proprio affresco pianistico. DANIIL TRIFONOV “L’altra notte l’ho riascoltato: possiede tutto e anche di più. Ciò che fa con le sue mani è tecnicamente incredibile. E anche il suo tocco! Tenero e demonico insieme. Non ho mai sentito nulla di simile”. (Martha Argerich al Financial Times, 8 luglio 2011) Nato in Russia, a Nizhny Novgorod, nel 1991 ha studiato dapprima alla Scuola Gnessin di Mosca nella classe di Tatiana Zelikman, già insegnante di altri nuovi talenti della scuola russa come Aleksej Volodin,. Dopo numerosi riconoscimenti in patria (tra cui quello al Concorso Skrjabin di Mosca), vince nel 2008 il concorso di San Marino col Terzo Concerto di Prokof’ev, a seguito del quale decide di perfezionarsi al Cleveland Institute of Music sotto la guida di Sergej Babajan. Nell’ottobre dello stesso anno si classifica terzo al Concorso Chopin di Varsavia (premio anche per la migliore esecuzione di una mazurca) ottenendo l’apprezza- 26 mento di Martha Argerich. Dal 2006 al 2009 ha studiato anche composizione e tuttora scrive musica per pianoforte, da camera e orchestrale. Nel maggio del 2011 vince il Concorso Arthur Rubinstein di Tel Aviv, dove ottiene anche il premio per la migliore esecuzione di un brano di Chopin, il premio per la miglior prova di musica da camera e il premio del pubblico e, un mese dopo, vince il Concorso Čajkovskij di Mosca. Di grande impatto il suo CD per la Decca interamente dedicato a Chopin e quello pubblicato recentemente col Concerto di Čajkovskij con Valery Gergiev e l’Orchestra del Mariinsky. Ha all’attivo una splendida carriera concertistica che lo ha portato nei principali festival europei (Verbier, Montreux, Tivoli, Edinburgh, Lockenhaus, Klavier Festival Ruhr ecc.) e negli USA (nei festival di Blossom, Ravinia e Chautauqua) collaborando con grandi orchestre (Wiener Philharmoniker, London Symphony, BBC Philharmonic, Orchestra del Mariinsky, Concertgebouw ecc.) con grandi direttori quali Gergiev, Fedoseyev, Marriner, Mehta, Pletnev. Ha tenuto e tiene concerti presso sale prestigiosissime quali Barbican di Londra, Musikverein di Vienna, Salle Pleyel di Parigi, Carnegie Hall di New York, Suntory Hall di Tokyo, in Europa, Nord e Sud America, Medio ed Estremo Oriente. La stagione 2012-13 vedrà i debutti di Trifonov con molte tra le massime orchestre al mondo, tra cui Santa Cecilia (Battistoni) New York Philharmonic (Gilbert), Chicago Symphony (Dutoit), Boston Symphony (Guerrero), Cleveland (Gaffigan), National Arts Centre (Zuckerman), Philharmonia (Maazel), Royal Philharmonic (Dutoit), Radio France (Znaider), Budapest Festival Orchestra (Takács-Nagy), e i ritorni con London Symphony e Mariinsky (Gergiev), Russian National (Summers, Pletnev), Warsaw Philharmonic (Wit). 27 Giovedì 10 gennaio 2013 ore 21.00* Spettacolo straordinario fuori abbonamento BALLETTO RUSSO DI ANNA IVANOVA Sergej Sergeevič Prokof ’ev (1891-1953) ROMEO E GIULIETTA Coreografie di Anna Ivanova Solisti: Anna Ivanova e Aleksander Alikin esecuzione su CD del Moscow Theatre Festival Orchestra, direttore Yuri Emelianov Poliankovich L a vicenda compositiva di Romeo e Giulietta si inquadra nella più ampia vicenda dello sviluppo del balletto in Unione Sovietica, in particolare tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento, epoca nella quale videro la luce proprio i grandi capolavori di Prokof ’ev. Rivoluzionario nel modo in cui egli stravolge la struttura tradizionale attraverso uno stile definito “realismo romantico”, il compositore riesce con la sua musica angolosa e ritmica, ma spesso intensamente lirica, a ridurre all’essenzialità la rappresentazione. Secondo questa idealità Romeo e Giulietta, rappresentato per la prima volta a Brno nel dicembre 1938, costituisce un momento di equilibrio ideale tra le esigenze di un pubblico ancora affezionato alla tradizione del balletto ‘alla Čajkovskij’ e quella del compositore, appena tornato dall’Europa occidentale e quindi ormai in possesso di un linguaggio definitivamente lontano da quello del tardoromanticismo. Il dramma di Shakespeare è seguito fedelmente e ogni personalità, perfino quelle dei personaggi di contorno, è sbalzata a tutto tondo nei suoi lineamenti psicologici da una musica che si piega e si adatta all’espressione di tutti gli affetti, sempre attenta a mettere in luce la violenza del contrasto ideale della romantica vicenda dei due innamorati veronesi. I Atto. Piazza del mercato a Verona. Le nobili famiglie dei Capuleti e dei Montecchi sono rivali tra loro. Romeo (Montecchi) corteggia non corrisposto la cugina di Giulietta (Capuleti), e gli amici Mercuzio e Benvolio lo confortano. All’alba nasce un diverbio fra Tebaldo (Capuleti) e Romeo: inizia un cruento scontro tra le due fazioni fermato dall’intervento del Principe di Verona. Intanto, a casa Capuleti, a Giulietta viene presentato Paride cui è stata destinata in moglie. Giungono gli ospiti per il ballo che festeggia il compleanno della fanciulla, ballo al quale, mascherati, partecipano anche 29 Romeo, Mercuzio e Benvolio. Romeo è rapito da Giulietta ma è riconosciuto da Tebaldo che lo caccia. Alla fine della festa la fanciulla esce sul balcone e Romeo compare nel giardino: i due giovani si confessano il reciproco amore. II Atto. La nutrice di Giulietta consegna a Romeo un biglietto della giovane in cui lei accetta di sposarlo: il matrimonio viene celebrato da Frate Lorenzo nella speranza che l’unione faccia cessare le contese familiari. Sulla piazza del mercato però Tebaldo, provocato, uccide Mercuzio e Romeo, vendicando la morte dell’amico, viene esiliato. III Atto. All’alba i due sposi devono separarsi, Romeo si allontana, Giulietta rifiuta di sposare Paride e chiede consiglio a frate Lorenzo. Il frate le consegna una pozione che la farà sprofondare in un sonno simile alla morte, i genitori la seppelliranno nella tomba di famiglia e Romeo, avvisato dal frate tornerà e porterà Giulietta lontano da Verona. Giulietta acconsente, ma al mattino i genitori la trovano apparentemente senza vita. Nella tomba dei Capuleti arriva Romeo che, non avendo ricevuto il messaggio del frate, ritorna a Verona credendo l’amata morta. Nella cripta trova Paride e lo uccide, poi si avvelena. Giulietta si risveglia e trovando morto l’amato, si uccide a sua volta. BALLETTO RUSSO DI ANNA IVANOVA Il Teatro del Balletto Russo si basa sulle tradizioni della scuola del balletto classico russo. Il repertorio comprende i migliori balletti classici (Il lago dei cigni, La Bella Addormentata, Lo Schiaccianoci, Giselle, Romeo e Giulietta, Don Chisciotte ecc.) e un insieme di concerti di gala, la cui realizzazione riscuote da tempo un grande successo sia in Russia che all’estero. Formato da artisti che si distinguono per elevata professionalità, genio artistico, arte ed espressività (molti hanno vinto concorsi internazionali e premi prestigiosi in Russia e all’estero), il Balletto Russo partecipa frequentemente a prestigiosi festival di danza ottenendo sempre un grande successo di pubblico. I costumi e le scenografie sono state create appositamente per il tour italiano sulla base dei canoni artistici del Grande Teatro Imperiale Russo e rispettano le regole tecniche e grafiche della classiche produzioni di Petipa. I coreografi e gli artisti del Balletto Russo si ispirano inoltre ai migliori maestri russi quali Semenova, Jacobson e Semenyaka e i loro successi sono il frutto dell’impegno minuzioso e artistico delle migliori tradizioni della Scuola di Ballo a Mosca. ANNA IVANOVA Laureata con la lode all’Accademia di coreografia di Mosca nel 2000, fino al 2009 ha fatto parte del corpo di ballo del Bol’šoj. Ha inoltre lavorato con il Teatro d’opera e balletto di Odessa, con l’Opera Nazionale di Sofia, con il Balletto classico russo di Gordeev, con il Teatro d’opera e balletto di Izhevsk, 30 con il Balletto del Teatro di San Pietroburgo, con il Teatro d’opera e balletto di Syktyvkar, con La Corona del Balletto Russo, con il Russian Imperial Ballet di Taranda e con il Teatro d’opera e balletto di Saratov. Ha partecipato a numerosi festival in Russia, Giappone, Grecia, Messico, Libano, Bulgaria, Croazia, Sud Africa, Brasile, Germania, Francia, Romania, Ungheria e Ucraina. Nel corso della sua carriera ha conseguito i numerosi riconoscimenti tra cui Premio speciale Grishko (1997) e Gran premio del Concorso Internazionale di Balletto in Lussemburgo (2003). Il repertorio di Anna Ivanova comprende tutti i classici del balletto russo ed europeo (da Il lago dei cigni a La bella addormentata, da Lo Schiaccianoci a Giselle) e celebri pas de deux (La Esmeralda, Don Chisciotte, La Sylphide, L’età d’oro del tango). Nel 2011 ha fondato grazie all’aiuto di sostenitori privati il Balletto Russo di Anna Ivanova, di cui è direttrice e solista principale. 31 Domenica 20 gennaio 2013 ore 18.00 FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana HUBERT SOUDANT direttore GABRIELLA SBORGI mezzosoprano Richard Wagner (1813-1883) Wesendonck Lieder Engel Stehe Still! Im Treibhaus Schmerzen Träume Franz Schubert (1797-1828) Sinfonia n.9 in do maggiore “La Grande” Andante-Allegro ma non troppo Andante con moto Scherzo (Allegro vivace) Finale (Allegro vivace) N ell’anno di Wagner, l’Ente Concerti sceglie di celebrare il grande drammaturgo tedesco con una pagina come i Wesendonck-Lieder sicuramente inconsueta ma importantissima per capirne a fondo il pensiero, preparata proprio negli anni in cui il musicista era dedito alla composizione di Tristan und Isolde. Mathilde Wesendonck aveva avuto a Zurigo col compositore un intenso contatto spirituale, una relazione profonda al punto da indurre Wagner a musicarne i versi in pochi mesi, tra il dicembre 1857 e il maggio 1858, cimentandosi in un genere che egli aveva trattato saltuariamente solo nella prima fase della sua attività artistica. Se lo stile più tipico di Wagner si rivela nell’andamento di melodia e armonia, spesso arditamente cromatica, la prassi compositiva del ciclo non sfugge alla tradizione tedesca negli accompagnamenti, che legano strettamente testo e musica (come le veloci sestine ascendenti di semicrome sfondo alla prima parte di ‘Stehe Still’ o i bicordi staccati in ‘In Treibhaus’, per imitare la pioggia), rivelando un aspetto inedito e ‘riservato’ di un artista noto come architetto di enormi amalgami orchestrali e di composizioni monumentali e grandiose. 33 Dall’altro lato del programma sta invece una pagina di un autore che, come Schubert, ha fatto proprio del Lied la sua forma preferenziale di espressione. “Chi non conosce questa sinfonia conosce poco Schubert” scrive Schumann, che aveva scoperto il capolavoro abbandonato in un cassetto quando nel 1838, trasferitosi a Vienna, si era recato in pellegrinaggio a casa del compositore. “Egli - prosegue - mostratosi già sicuro nelle forme, ricco di fantasia e vario, afferrò anche la sinfonia. La sua divina lunghezza è come un romanzo di Jean Paul che non finisce mai, per non lasciar creare il seguito al lettore.” Gli ideali eroici e universali, che avevano contraddistinto il sinfonismo di Beethoven sono infatti coraggiosamente dimenticati da Schubert, che non sintetizza il passato né anticipa quella che sarà la strada della musica sinfonica successiva, ma esprime con la sua grandissima sensibilità tutta la stanchezza dell’epoca della Restaurazione, di un mondo desideroso per un poco di pensare solamente a se stesso. Per questa ragione il manoscritto rimase abbandonato nella casa del fratello del compositore che, alla sua morte, aveva raccolto le sue poche cose. Fu proprio Schumann a inviare la partitura a Mendelsshon che la propose con grande successo per la prima volta, finalmente, al Gewandhaus di Lipsia il 21 marzo 1840. HUBERT SOUDANT Nato a Maastricht (Olanda), dove ha studiato con Jean Fournet, dopo aver vinto premi in importanti concorsi internazionali (tra cui il Von Karajan a Berlino e il Cantelli a Milano), è diventato direttore principale della Nouvelle Orchestre Philharmonique de Radio France e dell’Orchestra Sinfonica di Utrecht. Ha iniziato così una brillante carriera internazionale col debutto nella lirica con l’Orchestra di Parma nel 1985. Nel periodo 1985-1988 è stato primo direttore ospite della Melbourne Symphony Orchestra e, dal 1994 al 2004, direttore principale dell’Orchestre National des Pays de la Loire, dirigendo nello stesso periodo le più prestigiose orchestre europee e partecipando a festival internazionali quali Primavera di Praga, Festival di Vienna, Mostly Mozart Festival di New York, Festival Bruckner di Linz e Festival di Spoleto e Ravenna. Nel 1994 è stato nominato direttore principale dell’Orchestra del Salzburg Mozarteum dove è stato per quasi dieci anni primo direttore divenendone poi primo direttore ospite dal 2004, anno nel quale è stato nominato direttore principale della Tokyo Symphony Orchestra. Di grande successo è sia la sua interpretazione dei capolavori del classicismo viennese sia la sua versione del repertorio francese sia quella delle grandi Sinfonie di Bruckner e Mahler, mentre come direttore lirico il suo repertorio va da Mozart a Richard Strauss a Honnegger. 34 GABRIELLA SBORGI Attiva sia nel teatro d’opera che in ambito concertistico, Gabriella Sbrogi ha studiato a Milano, Londra Lugano, Nizza e Parigi e ha vinto poi il Concorso The Actor Singer Competition della William Walton Foundation, rappresentando l’Italia al Cardiff Singer of the World Competition. Con grande eclettismo passa dal teatro mozartiano a quello del Novecento, dal repertorio lirico e belcantistico alla musica da camera e sinfonica, ospite di enti concertistici quali Maggio Musicale Fiorentino, Accademia Chigiana, Biennale di Venezia, Festival di Brescia e Bergamo, Unione Musicale di Torino, Orchestra della Radio Svizzera Italiana, Orchestra da Camera di Mantova, Orchestra della Rai, Amici della Musica di Vicenza e Firenze, Orchestra Verdi di Milano, Sky Classica. Ha inciso Stabat Mater di Haydn, La Riconoscenza, Stabat Mater e Petite Messe Solennelle di Rossini, Dies Irae di Ferdinando Galimberti, Il Ciclo del Tempo di Giorgio Gaslini e Canti della Terra e del Mare di Sicilia di A. Favara. FORM-ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, fondata nel 1985 (dal febbraio del 2000, insieme alla Regione Marche e all’Università degli Studi di Ancona, Fondazione Orchestra Regionale delle Marche, FORM), è dal 1987 una delle dodici Istituzioni Concertistiche Orchestrali Italiane. Opera in regione con stagioni liriche e sinfoniche, rassegne cameristiche e concerti per le scuole ed è partner dei concorsi musicali internazionali regionali. Attenta alla valorizzazione dei compositori marchigiani, ha ideato “Le Marche Parco Europeo della Musica”. Dal 1998 è orchestra principale del Festival Snow & Symphony di St. Moritz, assieme a grandi solisti e giovani talenti. Numerose le apparizioni televisive e le incisioni discografiche: tra esse figurano pagine di Pergolesi, Strauss, Rossini, Mozart, Verdi, tutte guidate dal suo direttore artistico Gustav Kuhn. 35 Mercoledì 6 febbraio 2013 ore 19.00 Concerto in Jeans ANDRÉ MEHMARI pianoforte GABRIELE MIRABASSI clarinetto MIRAMARI un progetto di Gabriele Mirabassi e André Mehmari U n incontro tra due grandi musicisti virtuosi del proprio strumento, due artisti che condividono una medesima visione eclettica della musica tale da conciliare un approccio rigoroso all’universo musicale erudito e una fertile immaginazione di improvvisazione propria della musica popolare. Un riscoprire e riscoprirsi insieme in una musica popolare cameristica del più alto livello, nella quale l’esplorazione estrema e il ricorso a un’erudita tecnica, li porta a scoprire nel clarinetto e nel pianoforte, sonorità nuove che si traducono in un discorso sonoro intelligente e sensibile. L’incontro tra Gabriele Mirabassi e André Mehmari nasce da un’affinità musicale ma non solo. Tutto ebbe inizio nella bella Perugia, dove André venne per la prima volta come turista un paio di anni or sono. È qui che è nata l’idea di Miramari: Perugia e anche la visita a Venezia, un pellegrinaggio nelle terre e nella musica di Monteverdi hanno infatti portato alla composizione di brani quali Perugia Notturna, Um Dia em Assis, Quando em Gubbio. Città “invisibili” che prendono corpo, navigando attraverso melodie, armonie, oceani, mari, luci, ombre, pianto, cuore: tutto questo, unito ad una strabiliante tecnica nelle mani di due grandi musicisti. Il mare -racconta Mirabassi- educa al sentire e, come conseguenza, ai sentimenti. Anche nel cuore delle colline umbre lui è riuscito a trovare la sua “spiaggia”, il suo mare; la musica si “sente” e infatti possiamo usare la stessa parola per descrivere le azioni compiute dal cuore e dall’udito, per sentire e per udire ….. sarà perché la Fisica ci dice che la musica in realtà è un’immensa estensione delle onde? André presenta così il lavoro: “Gabriele mi ha raccontato che è arrivato per la prima volta in Brasile “attraverso” Minas Gerais. È arrivato dall’Umbria, una Regione dell’Italia centrale che, come Minas Gerais, non è bagnata dal mare. Era profondamente emozionato mentre vagava per la terra di Drummond e Ana Beatriz Barros. Sono rimasto affascinato ascoltando il suo racconto: invitato da Gabriele e dall’Egea in Italia, ho avuto l’op- 37 portunità magica di passare due settimane a Perugia. Dopo aver constatato la somiglianza di topografia ed altri aspetti tra Umbria e Minas Gerais, ho pensato di proporre questo disco, nel quale abbiamo potuto esplorare questa affinità e costruire un ponte ideale, con la musica, tra un paese e l’altro. Abbiamo registrato la maggior parte dei brani contenuti in questo CD durante la settimana di prove per l’uscita del mio Divertimento per clarinetto, pianoforte e fiati , nel 2008, in Brasile. Nelle ore libere, da San Paolo ci spostavamo, in collina nel mio studio-casa, a registrare; “Vaidoso” e “Primeiro Choro de Lucas”, sono stati invece incisi successivamente, nel 2009, quando Gabriele è tornato in Brasile. Il disco è uscito a febbraio 2010 anche in Italia con l’etichetta Egea Records. ANDRÉ MEHMARI Pianista, compositore, arrangiatore e poliedrico strumentista brasiliano, lavora sia nella musica classica che in quella popolare. Le sue composizioni e i suoi arrangiamenti sono stati eseguiti da importanti orchestre brasiliane (OSESP) e da formazioni cameristiche quali la São Paulo String Quartet. Dopo gli studi in conservatorio e all’università, nel 1997 inizia a scrivere arrangiamenti per i più importanti eventi musicali a Sao Paulo vincendo l’anno successivo la Brazilian Popular Music Competition, il più importante premio nazionale per la musica popolare. Apprezzato dalla critica e dal pubblico, si esibisce in vari contesti live nelle più prestigiose sale da concerto brasiliane e alterna l’attività di polistrumentista a quella di compositore (al National Composition Competition Award vince il primo premio con il brano “Sinfonia Elegíaca”, nel 2004 ottiene un grande successo col CD “Lachrimae” che propone due “piano trio” con Mônica Salmaso, Dimos Goudaroulis e Luca Raele). La combinazione della tecnica di pianista classico e la fertilità creativa come arrangiatore fanno di Mehmari un musicista unico nel linguaggio, apprezzato anche in importanti festival ed eventi internazionali dove si esibisce anche alla guida della São Paulo State Wind Band di cui è nominato compositore. La sua carriera nell’ambito jazz e della musica popolare brasiliana continua a riscuotere grande attenzione ed unanimi riconoscimenti nei festival e nei concerti in tutto il mondo. GABRIELE MIRABASSI Diplomato al conservatorio di Perugia, ha inizialmente affrontato la musica contemporanea collaborando con artisti come Cage o Andriessen per poi dedicarsi inizialmente al jazz tenendo concerti per i festival più importanti incidendo numerosi CD. Ha collaborato e collabora con artisti appartenenti agli ambiti più diversi ed eterogenei per stile e linguaggio (Rabih Abou Khalil, 38 Mina, John Cage, Ivano Fossati, Battista Lena, Riccardo Zegna, Enrico Pieranunzi, Roberto Gatto, Cristina Zavalloni, Trio madeira-brasil, Istituzione Sinfonica Abruzzese, Marco Paolini, Mario Brunello, Orchestra d’archi italiana solo per citarne alcuni).. Credits: Patricia Travassos Negli ultimi anni Mirabassi ha ampliato notevolmente il suo panorama di collaborazioni anche in altri ambiti di spettacolo: con Gianmaria Testa, con lo scrittore Erri De Luca (insieme al quale ha dato vita allo spettacolo Chisciotte e gli invincibili), quella con la cantante Barbara Casini e Monica Demuru (con lo spettacolo/concerto, a metà tra musica e teatro, Costruzione, dedicato alla figura di Chico Buarque). Nel 2008 ha pubblicato Canto di ebano, omaggio allo straordinario legno africano e alle appassionate mani (italiane) che lo trasformano in clarinetto e ha vinto il TopJazz come miglior disco dell’anno. 39 Venerdì 15 febbraio 2013 ore 21.00 FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana GIAMPAOLO MARIA BISANTI direttore STEFAN MILENKOVICH violino MILENKOVICH SUONA ČAJKOVSKIJ Pëtr Il’ič Čajkovskij (1840-1893) Concerto in re maggiore op. 35 per violino e orchestra Allegro moderato Canzonetta (Andante) Finale (Allegro vivacissimo) Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) Sinfonia n. 39 in mi bemolle maggiore K. 543 Adagio-Allegro Andante con moto Minuetto (Allegretto) Allegro assai V issuto fra Mosca e Pietroburgo negli anni delle grandi dispute tra filooccidentali e nazionalisti, Čajkovskij evitò di prendere posizione per l’una o l’altra parte, scegliendo una terza via che, senza sbandierare ideologie, coltivava i classici alla luce della propria particolare sensibilità. Proprio il Concerto per violino dimostra il valore d’arte di questa strana ambiguità poiché, pur riconducibile esternamente alla forma storica, è invece dominato da un senso della melodia carezzevole e sensuale che affascina immediatamente l’ascoltatore, superando gli scogli della rigida costruzione formale. Dolcissimi sono i temi del primo tempo, più volte proposti ed elaborati con grande libertà rapsodica; e anche il secondo tempo, con la sua semplice ‘canzonetta’, è dominato da una tenera nostalgia e da un magistrale uso delle ‘mezze tinte’. Il Finale, poi, dopo alcuni gesti di forza, rientra nei ranghi della poesia all’ingresso del solista, che subito si presenta con un melodismo piacevole e popolareggiante. Inutile dire che il tono elegiaco e la predominanza assoluta del violino obbligano l’orchestra a una presenza sempre discreta, pur con interessanti spunti solistici e buoni effetti di colore. Contraltare al fascino del tardo Ottocento è la meraviglia degli ultimi capolavori sinfonici mozartiani, vertici di un percorso che, dallo stile galante di metà 41 Settecento, attraverso le prime istanze dello ‘Sturm und Drang’ e il recupero delle severità contrappuntisiche, giunge nelle tre ultime sinfonie del 1788 a applicare i principi di un nuovo senso costruttivo e tematico, fondamentale sia nell’itinerario estetico mozartiano che come punto di partenza per lo sviluppo della sensibilità sinfonica successiva. La prima delle tre, la Sinfonia K.543 costituisce la ‘dichiarazione di intenti’ di questo ultimo tratto di cammino, sia dal punto di vista timbrico che sotto il profilo formale. Ad un solenne Adagio introduttivo, che sembra quasi l’apertura di un sipario, segue un Allegro che non presenta contrasti di rilievo e in cui la contrapposizione di caratteri voluta dalla forma tradizionale viene stemperata in una cantabilità serena. Il senso di gioco calibrato permane anche nel quieto Andante con moto successivo, che è costruito sull’alternanza tra i motivi esposti dai fiati e quelli enunciati dagli archi. Ad un Menuetto di carattere paesano, in cui il Trio si distingue per il gioco di botta e risposta tra flauto e clarinetto, segue poi il brillantissimo e luminoso Finale, monotematico ma ricchissimo nella sua cangiante vitalità tonale. GIAMPAOLO MARIA BISANTI Milanese, si è diplomato con il massimo dei voti nel 1997 e nel 1998 ha vinto lo Stage per Direttori d’Orchestra ai Pomeriggi Musicali di Milano. Ha debuttato oltre trenta titoli operistici (da Gluck a Mozart, da Verdi a Puccini) e diretto più di 300 concerti con musica di repertorio e di avanguardia. Ha vinto numerosi concorsi internazionali tra i quali spicca il Dimitri Mitropoulos, grazie al quale ha potuto iniziare una carriera internazionale che lo ha portato sui principali palcoscenici italiani (Ravenna, Padova, Milano, Bologna, Venezia, Firenze, Napoli, Genova) e internazionali, in Europa, Giappone e Stati Uniti, in stagioni concertistiche ed operistiche e in importanti festival internazionali, sempre con grande successo di critica e pubblico. STEFAN MILENKOVICH Talento precoce, ha vinto il primo premio alla Jaroslav Kozian International Violin Competition all’età di sette anni. All’anno successivo risale il suo debutto discografico, cui fanno seguito concerti in tutta Europa, Israele, Estremo Oriente, Sudamerica, Cina e Australia. Ha vinto diversi concorsi internazionali, quali Lipizer in Italia e Ludwig Spohr Competition in Germania; ha poi ottenuto la medaglia d’argento al Paganini di Genova, al Concorso di Indianapolis, al Tibor Varga in Svizzera e la medaglia di bronzo al Queen Elizabeth e alla Yehudi Menuhin Competition. Ha suonato come solista con prestigiose orchestre quali la Sinfonica di Berlino, Radio-France, la Nazionale del Belgio, quella del Teatro Bol’šoj, quella di Stato del Messico e di San Paolo (Brasile), la Orpheus Chamber Orchestra e l’Orchestre di 42 Melbourne sotto direttori quali Maazel, Oren e Fedoseyev. È stato protagonista di diverse trasmissioni televisive e radiofoniche in America e in Giappone e ha realizzato numerosi dischi col repertorio più celebre, da Paganini alle Sonate e Partite di Bach ai concerti di Mendelssohn e Kabalevsky. Nell’ ambito della musica da camera è invitato regolarmente alle Jupiter Chamber Music Series ed è fondatore e membro del Corinthian Piano Trio e, più recentemente, del Formosa Quartet. Impegnato nella didattica, nel 2002 è stato assistente di Itzhak Perlman alla Juilliard e al De Lay Institute, di New York, prima di accettare l’attuale incarico di Professore di violino all’Università dell’Illinois Urbana-Champaign (USA). È impegnato anche in cause umanitarie e nel 2003 gli è stato attribuito a Belgrado il riconoscimento Most Human Person. Ha inoltre partecipato a numerosi concerti patrocinati dall’UNESCO a Parigi, esibendosi al fianco di Placido Domingo, Lorin Maazel, Alexis Weissenberg e Sir Yehudi Menuhin. FORM-ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, fondata nel 1985 (dal febbraio del 2000, insieme alla Regione Marche e all’Università degli Studi di Ancona, Fondazione Orchestra Regionale delle Marche, FORM), è dal 1987 una delle dodici Istituzioni Concertistiche Orchestrali Italiane. Opera in regione con stagioni liriche e sinfoniche, rassegne cameristiche e concerti per le scuole ed è partner dei concorsi musicali internazionali regionali. Attenta alla valorizzazione dei compositori marchigiani, ha ideato “Le Marche Parco Europeo della Musica”. Dal 1998 è orchestra principale del Festival Snow & Symphony di St. Moritz, assieme a grandi solisti e giovani talenti. Numerose le apparizioni televisive e le incisioni discografiche: tra esse figurano pagine di Pergolesi, Strauss, Rossini, Mozart, Verdi, tutte guidate dal suo direttore artistico Gustav Kuhn. 43 Venerdì 1 marzo 2013 ore 21.00 FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana DONATO RENZETTI direttore ROBERTO COMINATI pianoforte Maurice Ravel (1875-1937) Concerto in sol maggiore per pianoforte e orchestra Allegramente, Adagio assai Presto Igor’ Fëdorovič Stravinskij (1882-1971) L’oiseau de feu suite dal balletto op. 20 (1945) I.Introduzione - Preludio e danza dell’Uccello di fuoco – Variazione dell’Uccello di fuoco II. Pantomima prima III. Pas de deux. L’Uccello di fuoco e Ivan Zarevič IV. Pantomima seconda V. Scherzo. Danza delle principesse VI. Pantomima terza VII. Rondò (Khorovod) VIII. Danza infernale IX. Ninnananna X. Inno finale D ue maestri della ricerca timbrica sono affiancati in un programma che ci conduce in un viaggio a Parigi, dentro il Novecento più affascinante. All’inizio è Ravel, che proprio grazie ai colori di una mobilissima orchestra si cimenta con una forma storica e prepara questo Concerto (pensato all’inizio come Rapsodia Basca) che rappresenta il suo definitivo passaggio al neoclassicismo razionalistico. Il primo movimento si contraddistingue per la vivacità ritmica, l’allegria e lo splendido gioco coloristico, mentre l’abbandono desolato del secondo movimento ci ricorda, nel ritmo ostinato e sempre scandito nel basso, una sorta di Passacaglia che ha riferimenti nel Concerto Italiano di Bach e nella Sonata di Stravinskij. Infine, il brevissimo e vorticoso finale ci riporta nel clima della ‘ronda basca’ da cui tutto il brano deriva. Il Concerto fu eseguito per la prima volta da 45 Marguerite Long, che lo presentò nel 1932 alla Sala Pleyel a Parigi riscuotendo l’enorme successo che ancora oggi l’accompagna. Anche la seconda parte del concerto ruota intorno a Parigi, dove nei primi anni del Novecento era esplosa la passione per la musica russa, e dove gli impresari avevano cominciato a commissionare lavori originali a compositori che incarnavano i nuovi gusti. Tra questi Sergej Diaghilev, fondatore dei Balletts Russes, artefice della nascita dei più celebri balletti creati in Europa in quegli anni, il quale era rimasto impressionato da alcuni lavori di Stravinskij e gli aveva chiesto le musiche per le coreografie di Fokine sulla favola russa dell’Uccello di Fuoco. Nasce un brano miracoloso dove l’autore, per dare voce a tutte le magie del racconto fantastico, sviluppa le possibilità di un’orchestra gigantesca grazie alla quale egli può segnare un punto di ‘non ritorno’ nel suo percorso stilistico: da un lato infatti Uccello di Fuoco è il punto di arrivo del sinfonismo tardo-romantico, che sembra qui chiudere la sua storia, dall’altro è il punto di partenza per un nuovo mondo musicale di cui lo stesso Stravinskij sarà interprete negli anni immediatamente successivi. Il grande successo del lavoro, rappresentato nel 1910 all’Opéra, spinse l’autore a trarne tre Suites tra le quali questa, preparata a Los Angeles, la più lunga e completa, dove si ripropone tutto lo spirito misterioso, magico e irreale di questa fiaba di mondi lontani. DONATO RENZETTI Dopo aver studiato composizione e direzione d’orchestra a Milano, ha ottenuto riconoscimenti in importanti concorsi internazionali: Diapason d’Argento (1975 e 1976), Gino Marinuzzi e Ottorino Respighi della Chigiana di Siena (1976), Ernest Ansermet di Ginevra (1978), Guido Cantelli della Scala di Milano (1980). Da allora la sua carriera ha alternato attività sinfonica, opera lirica e registrazioni discografiche. Ha collaborato con orchestre prestigiose tra le quali London Philharmonic, London Sinfonietta, English Chamber Orchestra e Philharmonia di Londra, Capitole de Toulouse, Filarmonica di Tokyo, Filarmonica di Buenos Aires, Orchestra di Stato Ungherese e le Orchestre RAI, Accademia Nazionale di Santa Cecilia e Orchestra della Scala. È stato invitato nei maggiori teatri lirici del mondo: tra essi Covent Garden di Londra, Opéra di Montpellier, Opera di Monaco di Baviera, Colon di Buenos Aires, Lyric Opera di Chicago, Opera di San Francisco, Metropolitan e Carnegie Hall di New York e in tutti i teatri italiani. È stato ospite dei festival internazionali di Glyndebourne, Spoleto e Pesaro. Nel 1987 con i complessi artistici dell’Arena di Verona ha tenuto una tournèe in Egitto dove per la prima volta a Luxor è stata rappresentata Aida di Verdi. È stato Direttore Principale dell’Orchestra Internazionale d’Italia, dell’Orchestra della Toscana e dell’Orchestra stabile di Bergamo e, per nove anni consecutivi, di Macerata Opera. Nel 1994 è stato nominato direttore principale 46 dell’Orchestra Stabile di Bergamo e della Filarmonica Veneta, nonché consulente artistico del Teatro Comunale di Treviso. La sua discografia (per etichette quali Philips, Frequence, Fonit Cetra, Ricordi, Nuova Era e Dynamic) comprende opere di Mozart, Rossini, Donizetti, Verdi, Pergolesi, Čajkovskij, Schubert, Cherubini e Mayr. Manfred di Schumann, con l’Orchestra e il Coro della Scala (voce recitante Carmelo Bene), ha vinto il XIX Premio della Critica Italiana del disco. Ha registrato anche alcuni DVD tra i quali La figlia del reggimento alla Scala e Cenerentola al Festival di Glyndebourne. Dal 2005 è direttore principale dell’Orchestra Sinfonica Portoghese del Teatro S. Carlo di Lisbona. ROBERTO COMINATI Nato a Napoli nel 1969, ha iniziato giovanissimo lo studio del pianoforte, ottenendo già dal 1976 riconoscimenti nei più importanti concorsi pianistici italiani. Dal 1984 ha studiato con Aldo Ciccolini all’Accademia Superiore di Musica Lorenzo Perosi di Biella e dal 1989 con Franco Scala all’Accademia Pianistica Incontri col Maestro di Imola. Vincitore del Concorso Internazionale Alfredo Casella di Napoli nel 1991, nel 1993 si è poi definitivamente imposto all’attenzione della critica e delle maggiori istituzioni concertistiche europee vincendo il Concorso Internazionale Ferruccio Busoni di Bolzano. Nel 1999 ha ottenuto il Prix Jacques Stehman del pubblico della RTFB e della TV5 France, nell’ambito del Concours Reine Elisabeth di Bruxelles. È stato ospite delle più importanti società concertistiche italiane e di istituzioni quali Teatro alla Scala, Comunale di Bologna, Fenice di Venezia, Maggio Musicale Fiorentino, San Carlo di Napoli, Accademia di Santa Cecilia di Roma, Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai (partecipando anche alla tournée in Sudamerica diretta da Eliahu Inbal), Accademia Chigiana di Siena e Festival dei Due Mondi di Spoleto, e poi in Francia, negli Stati Uniti, al Festival di Salisburgo, a Berlino, in Inghilterra, Belgio, Olanda, Finlandia, Australia e Giappone. Ha collaborato con molti celebri direttori d’orchestra, fra i quali Rattle, Boreyko, Fleisher, Harding, Ahronovitch, Robertson, Lazarev. Ha inciso per Amadeus l’integrale pianistica di Ravel. FORM-ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, fondata nel 1985 (dal febbraio del 2000, insieme alla Regione Marche e all’Università degli Studi di Ancona, Fondazione Orchestra Regionale delle Marche, FORM), è dal 1987 una delle dodici Istituzioni Concertistiche Orchestrali Italiane. Opera in regione con stagioni liriche e sinfoniche, rassegne cameristiche e concerti per le scuole ed è partner dei concorsi musicali internazionali regionali. Attenta alla valorizza- 47 Credits: Luigi Angelucci zione dei compositori marchigiani, ha ideato “Le Marche Parco Europeo della Musica”. Dal 1998 è orchestra principale del Festival Snow & Symphony di St. Moritz, assieme a grandi solisti e giovani talenti. Numerose le apparizioni televisive e le incisioni discografiche: tra esse figurano pagine di Pergolesi, Strauss, Rossini, Mozart, Verdi, tutte guidate dal suo direttore artistico Gustav Kuhn. 48 Sabato 16 marzo 2013 ore 21.00 FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana IGUDESMAN & JOO Aleksey Igudesmann violino Richard Hyung-Ki Joo pianoforte A BIG NIGHTMARE MUSIC Musiche di W.A . Mozart, S. Rachmaninov, J. Strauss, A. Vivaldi, J.S. Bach, L. van Beethoven, E. Morricone I musicisti Aleksey Igudesman e Hyung-ki Joo hanno travolto il mondo con i loro spettacoli che sono un’esilarante miscela di musica classica, commedia e cultura popolare. La coppia buca con naturalezza gli schermi televisivi dei Paesi più diversi ed è diventata un ‘caso musicale’ per gli oltre 15 milioni di contatti dei loro video su YouTube. Nel 2004, sulle tracce di maestri come Victor Borge e Dudley Moore, hanno creato la piccola rivoluzione chiamata A Little Nightmare Music e da allora, hanno suonato con le maggiori orchestre sinfoniche del mondo e in alcuni dei più importanti festival. Non solo i grandi nomi della musica classica (Ax, Kremer, Maisky, Mullova…) hanno fatto irruzione nei loro pazzi sketch musicali, ma anche leggende pop come Robin Gibb (Bee Gees), Midge Ure (Ultravox), Simple Minds. Hanno collaborato diverse volte con l’ex-James Bond Roger Moore per eventi dell’Unicef e di recente hanno calcato la scena con John Malkovich in “The Music Critic”. Nel 2010 la televisione pubblica ZDF ha trasmesso il loro documentario-show “Tutto quello che avete sempre voluto sapere sulla musica classica”. A loro agio tanto in una sala da concerto che in uno stadio gremito, Aleksey e Hyung-ki insieme coltivano il sogno di rendere la musica classica accessibile a un pubblico sempre più giovane e ampio. ALEKSEY IGUDESMAN Nato a Leningrado quando era molto piccolo, non ha vinto nessuna gara musicale, soprattutto perché non ha mai pensato di gareggiare. Durante gli anni di formazione alla prestigiosa Yehudi Menuhin School, Aleksey legge le opere complete di Bernard Shaw, Oscar Wilde e Anton Chehov, cosa che 49 non migliora la sua capacità di suonare il violino ma lo fa sentire stupidamente superiore ai suoi colleghi, meno intellettualmente dotati ma molto più disciplinati. Dopo aver studiato con Boris Kuschnir al Conservatorio di Vienna e aver sentito dire tante volte da tante persone che erano tanto preoccupati per il suo futuro, Aleksey inizia una carriera di successo come compositore, arrangiatore e violinista per il trio d’archi Triology. Registra diversi CD per la BMG; lavora a Hollywood con l’Oscar Hans Zimmer, suona con Bobby McFerrin, Julian Rachlin, Janine Jansen, Roger Moore e altri musicisti, meno famosi ma altrettanto bravi. Aleksey Igudesman scrive un sacco di musica. Spesso va a letto scrivendo e si alza scrivendo. A volte però si sente un po’ insicuro riguardo alla sua musica, anche se è pubblicata dalla Universal Edition, e prova a compensare con un comportamento assai estroverso. A dire il vero il suo psicologo gli dice che è insicuro su un sacco di cose. Ma Aleksey non ne è poi così sicuro. Aleksey Igudesman incontra sui banchi di scuola il suo partner musicale Richard Hyung-ki Joo. Dopo alcuni lievi dissapori, che costringono diverse persone a intervenire per impedire loro di spaccarsi sulla testa sedie e podi, Joo offre a Igudesman un piatto di “fish&chips”, offerta che Aleksey non può rifiutare. Nasce così una collaborazione pluriennale che culmina nella creazione di A Little Nightmare Music, spettacolo che portano in giro per il mondo accompagnati da una scia di risate. Dopo averli sentiti diverse volte, a Gidon Kremer viene voglia di unirsi al divertimento. E dopo un po’ anche Viktoria Mullova, Emanuel Ax, Martin Fröst, Felicity Lott e tanti altri musicisti irrompono sulla scena per farsi una risata, ma questa è un’altra storia … Aleksey Igudesman suona un violino Santo Seraphin del 1717, per gentile concessione della ERSTE BANK. HYUNG-KI JOO Hyung-ki Joo è nato. È britannico ma sembra coreano, o il contrario, o entrambe le cose. Lascia intuire per la prima volta il suo talento per la commedia mentre gli cambiano il pannolino. E il suo amore della musica poco dopo, quando i genitori lo trovano in un negozio di dischi dove ascolta per ore qualsiasi cosa, da Mozart ai Bee Gees. (Sebbene il compositore austriaco e il gruppo britannico non andrebbero mai confusi, capita spesso di sentire Hyung-ki cantare il “Don Giovanni” con lo stile di Barry Gibb). Hyung-ki prende le prime lezioni di pianoforte a otto anni e mezzo. Due anni dopo viene accettato alla scuola Yehudi Menuhin. Si ritrova tra genietti e bambini-prodigio ed è convinto che prima o poi lo cacceranno a pedate. In realtà non viene cacciato ‘fuori’ a calci, ma preso a calci ‘in giro’ per la scuola da insegnanti e compagni di studi, incluso Aleksey Igudesman. Dopo questa dolorosa esperienza, Joo inventa un nuovo modo di suonare il piano noto 50 come il Piano Karate. Per quanto difficili, gli anni della scuola rafforzano il suo amore per la musica. Presto si rende conto che il mondo della musica classica ha poco da spartire con lo spirito con il quale quella musica è stata composta. Inizia a sognare di poter trovare una strada per portare la grande musica a un pubblico diverso e più ampio. Un sogno che è diventato finalmente realtà con lo spettacolo “A Little Nightmare Music”. Hyung-ki - si scrive R-I-C-H-AR-D e si pronuncia “Dick”- non si butta mai giù (scrivi J-O-O), anche se ha piccole mani (ma solo le mani sono piccole), e trova quindi difficile eseguire alcune parti del repertorio pianistico, come la musica di Rachmaninov, che aveva Grandi Mani. Malgrado questo piccolo ostacolo Hyung-Ki suona felicemente musica da camera, recital, concerti, le sue composizioni e qualsiasi alta cosa che abbia una parte per pianoforte.Oltre a suonare, comporre, ridere e lavarsi i denti a pazza velocità - e a scrivere commedie con il suo amico e complice di lunga data Aleksey Igudesman - la passione per l’insegnamento ha portato Joo a sviluppare un personalissimo seminario intitolato “The Inner and Outer ***** for a Musician”, che incoraggia i giovani musicisti ad affrontare la vita e la musica con un approccio diverso. 51 Domenica 24 marzo 2013 ore 18.00 I SOLISTI DI PERUGIA JIN JU pianoforte Concerto realizzato con il contributo di Carifano Benjamin Britten (1913 - 1976) Simple Symphony op.4 Boisterous Bourée Playful Pizzicato Sentimental Saraband Frolicsome Finale Bela Bartók (1881-1945) Divertimento per orchestra d’archi Allegro non troppo Molto adagio Allegro assai Fryderyk Chopin (1810-1849) Concerto n. 1 in mi minore per pianoforte e orchestra op. 11 Allegro maestoso Romanza Rondò L ’amore verso il passato, utilizzato tuttavia in due modi e per due ragioni differenti caratterizza le due composizioni novecentesche della prima parte del concerto. Amore e ammirazione verso la lezione musicale rinascimentale e barocca (gli stessi che muovono Britten a istituire festival di musica antica), ma anche serenità e facilità mediata dall’ironia e dall’abilità costruttiva sono caratteristiche della Simple Symphony, abbozzata attorno alla metà degli anni Trenta. Scritta a poco più di vent’anni, essa utilizza temi abbozzati già nell’adolescenza, (da qui il titolo del brano e quelli, fantasiosi, dei singoli movimenti) ma mostra già perfettamente le caratteristiche dello stile di Britten, e in particolare l’eclettismo che mescola gli influssi più disparati, dal mondo antico fino alle più moderne esperienze, il tutto grazie al recupero della forma della suite, nella quale però ogni movimento di danza viene ‘arricchito’ da 53 un aggettivo che ne sottolinea la fresca immediatezza e lo spirito giocoso. Sono ben altre, invece, le motivazioni per le quali Bartók recupera l’antica forma del ‘divertimento’ per archi: nel 1936 Paul Sacher, direttore di Basliea specializzato nella musica contemporanea, aveva richiesto all’autore un brano per la sua orchestra d’archi ed egli, in un terribile momento della sua vita, nel quale si apprestava a lasciare per sempre l’Europa, compone questa pagina modellata sulla forma e nello spirito degli antichi divertimenti preclassici dove, attraverso la fuga nel passato cerca la serenità e anziché esprimere nella musica la sua disperazione sembra volersene per un attimo distaccare. Perfettamente collocato nel suo tempo è invece il Concerto n. 1 di Chopin che nel 1830, nel pieno della carriera di concertista, compone questo brano solisticamente appariscente dove anziché proseguire sulla strada beethoveniana dell’integrazione tra pianoforte e orchestra, fa della tastiera la protagonista assoluta trasformando l’orchestra in una ‘spalla’ che cita i temi e sottolinea i cambi d’armonia. Se nel primo tempo Chopin aggira la rigida struttura della tradizione con una scrittura pianistica continuamente ornata e variata, nell’affascinante secondo sembra quasi scrivere per il pianoforte un’aria di belcanto mentre nell’ultimo costruisce un brillante ed appariscente Rondò che si rifà direttamente a quei temi ‘alla polacca’ (in questo caso un Krakowiak), che godevano di grandissimo favore presso gli ascoltatori. JIN JU Da quando, nel 2002, ha vinto il 3°Premio al Concorso Pianistico Internazionale Cajkovskij di Mosca, Jin Ju ha suscitato grandi consensi di pubblico e di critica (Twa Jackson ha scritto nel 2005 sul “The UKMetro” che Jin Ju è tra i più emozionanti giovani pianisti della scena concertistica internazionale). Prima e dopo si è comunque affermata in altre importanti competizioni: tra esse ricordiamo il Concorso Internazionale Rumeno di Bucarest e il China National Piano Competition (1996); l’UNISA International Piano Competition e il primo Concorso Pianistico Internazionale Theodor Leschetizky (2000); il Beethoven Society Competition di Londra (2001), il Cajkovskij di Mosca (2002) e il Concorso Reine Elisabeth di Bruxelles (2003). Ha suonato nei cinque continenti in prestigiose sale da concerto come la Konzerthaus di Berlino e quella di Vienna, la Bridgewater Hall di Manchester, la Sala Grande del Conservatorio di Mosca e il Palais de Beaux Arts di Bruxelles e ha collaborato con varie orchestre fra cui la BBC Orchestra, la Belgian National Orchestra, l’Orchestra Philarmonique de Liege (Belgio). Dal 2010 ha un contratto di esclusiva con l’etichetta tedesca MDG: il primo CD dedicato a Schumann ha ricevuto importanti recensioni dalla critica internazionale, il secondo dedicato a Beethoven, Schubert e Czerny è già stato definito “una delle migliori incisioni se quest’anno”e ha ottenuto il premio per la registrazione solistica di autori dell’Ottocento. 54 I SOLISTI DI PERUGIA Credits: Luigi Angelucci Dalla loro formazione, nel 2000, i Solisti di Perugia si sono caratterizzati per un repertorio che spazia dal Barocco fino ad oggi. In cartellone per le più importanti società concertistiche italiane, il gruppo ha partecipato ad importanti festival in Italia e all’estero: Serate Musicali di Milano, Emilia-Romagna Festival Le Nuits de Suquet di Cannes, Scarlatti di Napoli, Sagra musicale Umbra, Festival delle Nazioni, Festival dei 2Mondi) collaborando con artisti come Amoyal, Canino, Dindo, Gasdia, Leister, Lethiec, ecc. Da qualche tempo il gruppo si confronta anche con la musica jazz collaborando a vari pogetti, tra i quali ricordiamo Omaggio a Charlie Parker con Francesco Cafiso, Italian lessons con Stefano Bollani, Tributo a Piazzolla con Juan Pablo Jofre, Puccini Jazz con Riccardo Arrighini e Nat King Cole Tribute con George Benson tutti per Umbria Jazz. La loro discografia vanta oltre una ventina di titoli, per Camerata Tokyo, LaMaggiore, Umbria Jazz, Tactus sia in collaborazione con importanti solisti che con musicisti dell’ensemble stesso impegnati in ruoli solistici. Tra tutte ricordiamo il repertorio strumentale degli operisti italiani e Der tod und das Madchen di Schubert. 55 Venerdì 5 aprile 2013 ore 19.00 Concerto in Jeans MOUNTAIN MEN HOPE Mathieu Guillou chitarra Ian Giddey armonica M athieu Guillou è un chitarrista francese, Ian Giddey un armonicista australiano. Insieme formano i Mountain Men, duo di base a Grenoble, dedito al blues. Al blues dei primordi, recuperando di questa musica il carattere rurale ed essenziale delle origini. “Spring time coming” del 2009 (15.000 copie vendute solo in Francia, e vendere di più di 15.000 album al giorno d’oggi è già uno spettacolo, ma quando non si è supportati dai media è davvero una conquista) è ad oggi il loro unico album, un album che ha loro procurato una nomination agli Awards della Blues foundation of Memphis e, soprattutto li ha fatti conoscere ed esibire in tutto il mondo, dagli USA alla Turchia, dal Canada alla Croazia, dalla Svezia al Burkina Faso, frequentando manifestazioni come il Festiblues di Montréal, Nancy Jazz Pulsations, o l’International Blues Challenge di Memphis, raccogliendo ovunque un successo straordinario sia – e questo è assolutamente scontato – da parte del grande pubblico che da parte dei più rigorosi ‘puristi’. Questo primo album ha imposto il loro stile asciutto e senza compromessi, basato sul suono graffiante dell’armonica, sugli intricati arpeggi della chitarra e sull’emozione della voce. Ma con il recente, secondo lavoro “Hope”, i due hanno ampliato il loro spettro musicale: migliorate ulteriormente composizione ed esecuzione, pur mantenendo ben salde le fondamenta della loro musica nel blues delle origini, ora sfiorano i territori del rock e del pop, arrivando anche ad affiancarsi ad un quartetto d’archi per ampliare la 57 Credits: Damien Luáon gamma di colori e suggestioni che le loro canzoni, e in particolare quelle più romantiche, possono offrire. E in “Imidouane” il duo incontra il musicista del Burkina Faso Victor Demè per un incredibile viaggio verso nuove frontiere. 58 Domenica 7 aprile 2013 ore 18.00 QUARTETTO DI VENEZIA Andrea Vio violino Alberto Battiston violino Giancarlo di Vacri viola Angelo Zanin violoncello Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) Quartetto in si bemolle maggiore K. 458 “La caccia” Allegro assai vivace Menuetto (Moderato) Adagio Allegro assai Paolo Marzocchi (1971) Il reticolo di Bravais Franz Schubert (1797 - 1828) Quartetto n. 14 in re minore D. 810 “La morte e la fanciulla” Allegro Andante con moto Scherzo (Allegro molto) Presto T ra Sette e Ottocento, con gli ultimi capolavori di Haydn e con quelli che Mozart presenta come suoi figli all’ “uomo celebre e carissimo”, il quartetto raggiunge la sua sistemazione e la connotazione definitiva. Sono infatti i quartetti di Haydn che spingono Mozart a tornare al genere dopo quasi dieci anni con sei brani (tra cui il K. 458, il cui sottotitolo è dovuto all’incipit iniziale) pubblicati a Vienna nel 1785 e accolti non troppo benevolmente dalla critica, abituata a tutt’altro stile. “Ci sono troppe belle cose in questi Quartetti, troppe perché l’ascoltatore possa respirare liberamente. Troppo piccanti. Quale palazzo potrebbe sopportarli? L’autore ha una eccessiva e accentuata inclinazione per il raro e l’inconsueto” scrive la critica, ancora abituata a un quartetto basato sulla piacevolezza e sulla semplicità. Ma Mozart aveva cambiato le prospettive, costruendo un intreccio di quattro parti collocate sullo stesso piano al fine di rappresentare 59 un pensiero astratto ed esteticamente elevato e facendone un campo di sperimentazione con potenzialità che sarebbero state pienamente sfruttate nei grandi capolavori di Beethoven. E mentre a Vienna, negli anni Venti, proprio Beethoven costruisce i suoi ultimi, trascendentali esempi nel genere, Schubert percorre una strada diversa trasformando il genere, divenuto da concerto, in una composizione lirico-intimistica, sostenuta sempre da una base costruttiva solida ma abilmente mascherata. In questo quadro si colloca il Quartetto D. 810 “La morte e la fanciulla”, del 1824 ma pubblicato solo nel 1831 da C. Czerny. Come in altri casi la composizione è una germinazione da un Lied con lo stesso titolo, il cui tema viene utilizzato per le variazioni centrali ma anche come ‘programma’ sinistro, contribuendo all’angoscia incombente che aleggia sull’intero lavoro, grazie alla scansione ritmica dattilico-spondaica (una lunga, due brevi / due lunghe) che è cellula base del primo tempo e, trasformata nello Scherzo, diventa come detto tema per le Variazioni e impulso parossistico nel finale, definito da alcuni una ‘Tarantella della morte’. Quasi a ricongiungere questi due mondi musicali così lontani e così vicini sta Reticolo di Bravais ispirato al principio geometrico (una struttura elementare denominata ‘cella primitiva’ determina lo sviluppo d’ogni sistema cristallino) escogitato nel 1845 dal cristallografo Auguste Bravais. Il brano, presentato in prima assoluta nel maggio 2011, realizzato musicalmente questo principio di reticoli con un canone a quattro voci attraverso il quale tutto pezzo consegue un suo interno equilibrio. QUARTETTO DI VENEZIA Rigore analitico e passione sono i caratteri distintivi del Quartetto di Venezia, ereditati da due scuole fondamentali dell’interpretazione quartettistica: quella del Quartetto Italiano sotto la guida di Piero Farulli e quella mitteleuropea del Quartetto Vegh, tramite i numerosi incontri avuti con Sandor Vegh e Paul Szabo. Della loro vocazione ai vertici più ardui del camerismo è testimone Bruno Giuranna che afferma: “È un complesso che spicca con risalto nel pur vario e vasto panorama musicale europeo. La perfetta padronanza tecnica e la forza delle interpretazioni, caratterizzate dalla spinta verso un valore assoluto propria dei veri interpreti, lo pongono ai vertici della categoria e fra i pochissimi degni di coprire il ruolo dei grandi Quartetti del passato”. Sfogliando il volume delle testimonianze critiche, l’elogio più bello sembra quello formulato sul “Los Angeles Times” da Daniel Cariaga:”questo quartetto è più che affascinante,è sincero e concreto”. Il Quartetto di Venezia ha suonato nelle sale più importanti e per i maggiori festival internazionali in Italia e nel mondo: tra questi National Gallery a Washington, Palazzo delle Nazioni Unite a New York, Sala Unesco a Parigi, IUC a Roma, Serate Musicali di Milano, Kissinger Sommer, Klangbogen Vienna, 60 Palau de la Musica Barcellona, Tivoli Copenhagen, Societè Philharmonique a Bruxelles. È reduce da una lunga tournée in Sud America per il CIDIM che ha compreso Argentina, Brasile e Uruguay e ha avuto l’onore di suonare per Sua Santità Papa Giovanni Paolo II e per il Presidente della Repubblica Italiana. Il repertorio del complesso include, oltre a tutte le opere più celebri, lavori raramente eseguiti come i quartetti di Malipiero (premio della critica italiana come migliore incisione cameristica). La vasta produzione discografica include CD per Dynamic, Fonit Cetra, Unicef, Aura, Koch e recentissima è l’integrale dei quartetti di Cherubini per la DECCA. Numerose sono le registrazioni radiofoniche e televisive per emittenti nazionali in Europa, USA ed Estremo Oriente. L’ensemble collabora anche con artisti di fama mondiale tra i quali Bruno Giuranna, Quartetto Borodin, Quartetto Prazak, Piero Farulli, Paul Szabo, Oscar Ghiglia, Danilo Rossi, Dieter Flury, Pietro De Maria, Alberto Nosè. In occasione del venticinquesimo anniversario, il Quartetto di Venezia ha ottenuto l’alto riconoscimento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e nel 2013 festeggerà i primi 30 anni di attività artistica. Dall’agosto 2010 Giancarlo di Vacri è la nuova viola del quartetto e sostituisce, dopo più di 25 anni di attività, Luca Morassutti. 61 Domenica 21 Aprile 2013 ore 18.00 FRANCESCA DEGO violino FRANCESCA LEONARDI pianoforte Claude Debussy (1862-1918) Sonata per violino e pianoforte Allegro vivo Intermède (Fantasque et léger) Finale (Très animé) Francis Poulenc (1899-1963) Sonata per violino e pianoforte Allegro con fuoco Intermède (Très lent et calm) Presto tragico Ludwig van Beethoven (1770-1827) Sonata op. 47 in la maggiore per violino e pianoforte “À Kreutzer” Adagio sostenuto - Presto Andante con variazioni Presto I l concerto compie un viaggio all’indietro e da due tra le più interessanti sonate del Novecento arriva dove la storia di questo duo è, in fondo, cominciata. Ad inizio Ottocento la sonata di moda era quella dove il violino era subordinato al pianoforte, e il suo ambito era quello dei salotti di cultura e non delle sale da concerto. Ma nel 1805 Beethoven appone alla Kreutzer questa dedica: “Sonata per pianoforte e violino obbligato, scritta in stile molto concertante, quasi come un concerto, composta e dedicata al suo amico R. Kreutzer da L. B., op. 47… La Sonata è scritta per un violinista valente”. Destinata “ad un violinista valente” (non a uno dei dilettanti che si trastullavano nei salotti) questa sonata costituisce quindi il punto di partenza per la nuova vita di questo storico ensemble, tale da divenire modello per tutti coloro che, nel Romanticismo in poi, avrebbero voluto dedicarsi al genere. Fino al Novecento, quando la ricerca stilistica porterà i compositori ad esplorare nuovi territori oppure a rivisitare il passato preclassico. È questo il caso della Sonata di Debussy (presentata 5 maggio 1917 a Parigi nell’ultima apparizione pubblica dell’autore), punto di arrivo di un compositore che qui associa la 63 sua ricerca sonora ad una nuova linearità di scrittura. “Ho scritto questa sonata solo per potermene sbarazzare: vi troverete le tracce di questo Demone della Perversità che ci spinge a cercare le idee che bisognerebbe abbandonare. È un interessante esempio di come si può scrivere in tempo di guerra”, scrive Debussy all’amico Godet che rispose: “In essa si trova tutto il tuo linguaggio, ma amichevolmente, con accenti semplici e diretti che rivelano la buona volontà di parlare con i propri fratelli qualunque sia la loro età. È una musica molto opportuna in un epoca in cui tutto chiama all’azione.”. Passano 25 anni, e nel 1942, in un clima storico e culturale mutato, anche Poulenc compone la sua Sonata, dedicata alla memoria di Federico Garcia Lorca; ed è lo stesso autore a parlarcene: “Trovo questa mia composizione non troppo malvagia: essa dimentica completamente l’onnipresente ed ‘eterna’ linea di violino-melodia tipica delle sonate francesi dell’Ottocento. Non si può ottenere un buon equilibrio sonoro tra i due strumenti così diversi se non li si tratta in maniera equilibrata, alla pari. Il violino ‘prima donna’ che domina sopra gli arpeggi del pianoforte è terribile.” Così, in base a questi principi di equilibrio e moderazione Poulenc ci lascia questo piccolo gioiello, ulteriore esempio delle infinite possibilità di questo ensemble così antico e così moderno. FRANCESCA DEGO Nata a Lecco e diplomata con lode e menzione speciale a Milano, si è già esibita da solista e in formazioni cameristiche in numerosi concerti sia in Italia che all’estero (Stati Uniti, Cina, Messico, Argentina, Uruguay, Israele, Inghilterra, Irlanda, Germania, Svizzera). Vincitrice di numerosi concorsi nazionali e internazionali, nel 2008 è stata la prima violinista italiana ad entrare in finale al Premio Paganini di Genova dal 1961 aggiudicandosi inoltre il premio speciale “Enrico Costa” riservato al più giovane finalista. Ha suonato da solista con importanti orchestre (Sinfonica di Milano, Orchestra di Sofia, Arturo Toscanini, I Solisti di Rostov, Israel Sinfonietta ecc.) ed è molto attiva anche in ambito cameristico con grandi musicisti quali Accardo, Giuranna, Filippini, Petracchi e Meneses. Con Giuranna e Meneses ha inoltre recentemente partecipato a una tournée in Sud America suonando in sale prestigiose tra cui il Teatro Solis di Montevideo e il Teatro Coliseo di Buenos Aires. I suoi due CD, pubblicati nel 2005 e nel 2006 dalla Sipario Dischi, hanno incontrato subito il favore della critica. Estratti di suoi concerti e registrazioni sono stati trasmessi in programmi televisivi in Italia, Germania, Stati Uniti e Israele, su RAI 3, Radio Classica, Radio Popolare e alla Radio della Svizzera Italiana. Nei prossimi mesi sarà impegnata in concerti e tournée in Italia, USA, Argentina, Perù, Libano, Austria, Belgio, Francia, Israele, Svizzera e Gran Bretagna. Francesca suona un prezioso violino Francesco Ruggeri (Cremona 1697) e il 64 Giuseppe Guarneri del Gesu’ ex-Ricci (Cremona 1734) per gentile concessione della “Florian Leonhard Fine Violins” di Londra. FRANCESCA LEONARDI Diplomata al Conservatorio di Milano con il massimo dei voti, lode e menzione d’onore, ha studiato composizione e si è diplomata in musica vocale da camera. Ha partecipato a master class e corsi di perfezionamento in Italia (Siena, Pescara) e a Londra (Master in Performance e Artist Diploma in Piano Accompaniment) e nel settembre 2011 le è stata assegnata dal Royal College of Music la borsa di studio Phoebe Benham come pianista accompagnatrice (Junior Fellow in Piano Accompaniment. Ha vinto concorsi pianistici nazionali ed internazionali, si è esibita come solista con diverse orchestre e ha tenuto recital in Italia, Europa e Giappone e inciso CD con Debussy e Chopin. È stata ospite di programmi radiofonici e ha tenuto recital in Italia (Ravello Festival, Amici della Musica di Padova e di Palermo, Unione Musicale di Torino), a Lugano e al Britten Theatre di Londra. È stata di recente in tournée in Giappone (Hiroshima, Kyoto e Tokyo) dove è stata inoltre invitata a tenere una masterclass, e ha debuttato negli Stati Uniti (California) e in Sud America. Intensa è anche l’attività in ambito cameristico: collabora con strumentisti e cantanti e, con Francesca Dego, ha inciso tre CD (tra cui la prima incisione assoluta della musica per violino e pianoforte di Nicola Campogrande) accolti favorevolmente dalla critica. È docente di pianoforte presso la Trinity School di Londra. 65 Domenica 28 aprile 2013 ore 18.00 FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana FEDERICO MONDELCI direttore e sassofono solista GIUSEPPE ALBANESE pianoforte BLUE RHAPSODY Michael Nyman (1944) Where the Bee Dances per sassofono e orchestra Darius Milhaud (1892-1974) La Creation du Monde op. 81a Ouverture Le chaos avant la création La naissance de la flore et de la faune La naissance de l’homme et de la femme Le désir Le printemps ou l’apaisement George Gershwin (1898-1937) Rhapsody in Blue per pianoforte e orchestra I l viaggio nel Novecento proposto dal programma mette insieme un francese che scrive un balletto ‘primitivo’ nel quale utilizza i modelli della musica nera, un inglese che si serve della ‘mimal music’ per trasformare la danza delle api in un concerto per sax e un americano che mescola il jazz con la musica da concerto: tutto per far crollare in uno strepitoso gioco di specchi e di rimandi le barriere costruite tra generi musicali differenti. Si parte dalla Francia, perché francesi sono Milhaud e il luogo della ‘prima’ di Création du monde, proposta dai Balletti Svedesi a Parigi nel 1923. Tuttavia l’autore, reduce da un soggiorno al di là dell’Atlantico, utilizza in modo consapevole e programmatico i ritmi e melodie jazz e blues per abbattere l’eleganza della ‘musica colta’ e il perbenismo di ‘certi’ ascoltatori e, con un’orchestra “come quelle di Harlem”, descrive i diversi momenti della trama, dal caos iniziale all’apparizione di piante ed animali, dall’arrivo dell’uomo alla danza orgiastica fino alla conclusione quasi sospesa. 67 Da Parigi a Londra, dal blues al minimalismo per Where the Bee Dances, una sorta di concerto per sassofono, in un solo movimento ma di straordinaria mutevolezza, che Nyman dedica all’abilità di John Harle, uno dei componenti della sua band. Il brano non manca di un originario intento descrittivo (il titolo fa riferimento al canto di Ariel nella Tempesta di Shakespeare “Where the bee sueks” e alla danza circolare delle api per indicare il luogo del nettare) che ne determina, anche aiutato dalla tecnica minimalistica, la struttura basata su una successione di quattro accordi. Infine, torniamo negli Stati Uniti, con una delle pagine più celebri di uno dei più celebri compositori americani, Gershwin, che, raggiunta la notorietà con le canzoni, utilizzò quel linguaggio in lavori di più ampio respiro come Rhapsody in blue, portando il jazz dalle sale da ballo alle sale da concerto. Anche in questo caso il brano ha una motivazione esterna: l’impresario Paul Withemann aveva infatti organizzato a New York “an experiment in modern music” per trasformare il jazz da musica di sottofondo a musica ‘da ascoltare’. Chiese al compositore un brano in stile jazz ma fatto come un brano classico, dove cioè l’orchestra eseguisse le note scritte senza improvvisare, ed egli preparò questa pagina col pianoforte ‘concertante’ la cui struttura, dopo l’iniziale celeberrimo glissato del clarinetto, procede per blocchi nell’alternanza di passi solistici e sezioni nelle quali la piena sonorità dell’orchestra ci avvolge in un caleidoscopio di colori e di ritmi vorticosi. FEDERICO MONDELCI Solista, camerista, direttore d’orchestra, docente e organizzatore, Federico Mondelci è da oltre trent’anni uno dei più apprezzati interpreti della scena internazionale. La sua carriera, iniziata dopo gli studi a Pesaro e a Bordeaux, lo ha portato anche a fianco di prestigiose orchestre (Scala, Filarmonica di San Pietroburgo, BBC Philharmonic ecc.) in tutto il mondo, dove propone sia le pagine ‘storiche’ per il suo strumento che il repertorio contemporaneo, ambito nel quale esegue brani spesso a lui dedicati, di grandi autori del Novecento (da Nono a Kancheli, da Glass a Sciarrino, da Gentilucci a Fitkin). Fondatore dell’Italian Saxophone Quartet e dell’Italian Saxophone Orchestra, coi quali gira il mondo da oltre vent’anni, ha registrato per Delos, Chandos, RCA e INA i più importanti brani solistici, con orchestra e per ensemble. Sempre più rilevante è l’attività di direttore con orchestre e solisti di fama mondiale: tra i numerosi impegni per le prossime Stagioni ricordiamo, in Italia, il Festival delle Dolomiti e il Festival delle Nazioni e gli appuntamenti con le orchestre Toscanini, Tito Schipa, Sinfonica Siciliana e di Sanremo e all’estero, quelli con la Bangkok Symphony, la National Symphony Orchestra of Georgia e la Sinfonica di San Pietroburgo, dove è dal 2009 ospite regolare nella stagione diretta da Yuri Temirkanov. 68 GIUSEPPE ALBANESE Diplomato nel 1996 col massimo dei voti, la lode e la menzione d’onore presso il Conservatorio di Pesaro e nel 2003 diploma master all’Accademia Pianistica Internazionale di Imola, ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti in concorsi internazionali (Premio Venezia, Busoni, Vendome). Unico pianista italiano della sua generazione ad essere invitato a suonare già in ben dieci Fondazioni Liriche italiane (Petruzzelli di Bari, Comunale di Bologna, Maggio Musicale Fiorentino, Carlo Felice di Genova, San Carlo di Napoli, Massimo di Palermo, Opera di Roma, Verdi di Trieste, Fenice di Venezia, Arena di Verona) ha suonato anche nelle sale più importanti del mondo (tra cui Konzerthaus di Berlino, Gulbenkian di Lisbona, St.-Martin-in-the-Fields e Steinway Hall di Londra, Metropolitan Museum e Rockefeller University di New York, Salle Cortot di Parigi, Mozarteum di Salisburgo) sia in recitals sia con direttori quali Conlon, Jurowski, Lombard, Pehlivanian, Soudant, Steinberg, Tabachnik, Tate, Valcuha, Webb. Di particolare rilievo i recenti inviti dell’Accademia di S.Cecilia, della RAI di Torino, del Festival MITO - SettembreMusica, di Yuri Temirkanov al Winter Arts Square Festival di San Pietroburgo, del Teatro Real di Madrid, dell’ Operahouse di San Francisco. Numerose le registrazioni discografiche con Schubert, Chopin, Schumann, Skrjabin, Szymanowski, MacDowell e Bartók. Singolare successo ha riscos- 69 so il CD monografico con musiche di Debussy pubblicato a gennaio 2012 per il mensile Amadeus in occasione dell’anniversario dei 150 anni della nascita del compositore francese. Laureato con lode in Filosofia, è stato docente di Metodologia della Comunicazione Musicale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Messina e, attualmente, è docente di pianoforte al Conservatorio di Pesaro. FORM-ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA L’Orchestra Filarmonica Marchigiana, fondata nel 1985 (dal febbraio del 2000, insieme alla Regione Marche e all’Università degli Studi di Ancona, Fondazione Orchestra Regionale delle Marche, FORM), è dal 1987 una delle dodici Istituzioni Concertistiche Orchestrali Italiane. Opera in regione con stagioni liriche e sinfoniche, rassegne cameristiche e concerti per le scuole ed è partner dei concorsi musicali internazionali regionali. Attenta alla valorizzazione dei compositori marchigiani, ha ideato “Le Marche Parco Europeo della Musica”. Dal 1998 è orchestra principale del Festival Snow & Symphony di St. Moritz, assieme a grandi solisti e giovani talenti. Numerose le apparizioni televisive e le incisioni discografiche: tra esse figurano pagine di Pergolesi, Strauss, Rossini, Mozart, Verdi, tutte guidate dal suo direttore artistico Gustav Kuhn. 70 Data da definire* Concerto straordinario fuori abbonamento KRYSTIAN ZIMERMAN pianoforte Auditorium Pedrotti, per espresso desiderio del Maestro PROGRAMMA DA DEFINIRE È un’occasione unica per ascoltare uno dei più grandi interpreti del mondo in un concerto nel quale la sua ricerca timbrica, la sua cultura musicale e la sua ineffabile bravura di artista trovano meravigliosa realizzazione. 71 72 Venerdì 24 maggio 2013 ore 21.00** Concerto fuori abbonamento GAZZÈ / MARCOTULLI / GATTO OVER TOUR Un viaggio di pura musica oltre i confini del pop e del jazz Concerto in collaborazione con Fano Jazz Network Concerto inserito in Jazz’in provincia Q uesto progetto nasce dalla curiosità reciproca di tre artisti di sperimentarsi in un concerto dove si abbattono i confini della musica, dove la contaminazione tra il pop e le sonorità jazz si fondono fino a trovare un terreno comune. I brani più famosi di Max Gazzè diventano un motivo e un pretesto su cui improvvisare, standard jazz che appartengono all’immaginario collettivo vengono reinterpretati dalla voce di Gazzè, dal pianismo libero di Rita Marcotulli e dall’energica batteria di Roberto Gatto. Brani strumentali composti dalla stessa Marcotulli e Roberto Gatto completano un programma inedito e accattivante, dove il rock diluito nel jazz ancora una volta ci ricorda che la musica non esige barriere e può fluire libera senza confini. MAX GAZZÈ Romano, dopo gli studi a Bruxelles, dove suona come professionista in vari gruppi, al rientro in Italia si dedica alla sperimentazione e alla composizione di colonne sonore. Dopo il primo CD (1996) Contro un’onda del mare (presentato nel tour di Franco Battiato) e il secondo album, La favola di Adamo ed Eva (1998) la sua popolarità si estende grazie alla partecipazione nel 1998 al Premio Tenco e, nel 1999, al Festival di Sanremo, dove presenta Una musica può fare. Del 2000 è il terzo album (Gadzilla) e nel 2001 il quarto, Ognuno fa quello che gli pare, con grande varietà di soluzioni sonore e numerose collaborazioni: Paola Turci, Carmen Consoli, Francesco Magnelli dei CSI, Stephan Eicher. Tra 2001 e 2003 intensa è l’attività live (nei teatri, nei maggiori festival italiani e nei club) e dopo l’uscita di altri album ritorna ai tour live anche con progetti da solista. Nel 2008, Max Gaz- 73 zè torna al Festival di Sanremo con Il solito sesso cui fa seguito l’album Tra l’aratro e la radio e nell’ultimo anno ha presentato il suo album Quindi? in un tour proposto in numerosi teatri italiani. La curiosità verso linguaggi nuovi lo ha portato a vincere il Premio David di Donatello per la miglior canzone originale con Mentre dormi, inserito nella colonna sonora del film campione d’incassi Basilicata Coast to Coast, produzione cinematografica di Rocco Papaleo, che ha visto il debutto di Max nei panni dell’attore. RITA MARCOTULLI Dopo gli studi al Conservatorio di Roma attorno ai vent’anni si avvicina alla musica brasiliana per poi approdare al jazz. Dai primi anni ’80 è presente sulla scena dei locali di jazz romani dove i giovani musicisti italiani si potevano esibire al fianco di grandi stranieri di passaggio. Rita suona così con musicisti quali Chet Baker, Steve Grossman, Joe Lovano, Charlie Mariano, Tony Oxley, Michel Portal, Richard Galliano, Enrico Rava, Michel Benita, Kenny Wheeler, Bob Moses, Andy Sheppard. Votata come Miglior nuovo talento italiano dell’anno nel referendum della rivista Musica Jazz, l’anno seguente viene chiamata da Billy Cobham e da quel momento alterna propri progetti nel jazz (ad esempio con la cantante Maria Pia De Vito) a collaborazioni nella canzone (con Pino Daniele e Pat Metheny). La sua vasta discografia comprende, tra l’altro, l’incisione in duo con Andy Sheppard (On The Edge Of A Perfect Moment), il piano solo The Light Side Of The Moon e il trio con Palle Danielsson e Peter Erskine. Nel 2008 ha pubblicato per Jazz Italiano Live, Us and them, Noi e Loro, omaggio ai Pink Floyd con Raiz, Fausto Mesolella cui è seguito un tour di grande successo. Nel 2011 ha pubblicato Variazioni sul Tema (S’ardmusic) con Luciano Biondini e Javier Girotto. Ha composto la colonna sonora del film Basilicata Coast to Coast di Rocco Papaleo con la quale ha vinto, per la miglior colonna sonora, il Ciak d’Oro (2010), il premio della stampa cinematografica, il Nastro d’Argento (2011) e il David di Donatello. Rita Marcotulli collabora con scrittori, attori ed attrici tra cui Stefano Benni, Alessandro Benvenuti, Chiara Caselli, Lella Costa e Franca Valeri. Nel gennaio 2012 ha vinto il Top Jazz, il più importante premio nel mondo del jazz italiano promosso dalla rivista Musica Jazz come Miglior Artista 2011. ROBERTO GATTO Roberto Gatto è un ‘esploratore’, che ha trasformato il suo strumento in una macchina in grado di muoversi nel tempo e nello spazio. Partendo dalla batteria, dal ritmo, dal battito, è riuscito a superare le gabbie di generi e stili, ha scritto, raccontato, sperimentato, visto, vissuto la musica in prima persona. 74 Dopo il jazz, ha scoperto poi tutta la musica, quella più raffinata e intransigente, quella più leggera e cantabile e non ha avuto timore di mescolare le sue bacchette e la sua testa pensante a quella di molti musicisti e molto diversi tra loro tra i quali ricordiamo solo qualche nome: Bob Berg, Steve Lacy, Johnny Griffin, George Coleman, Phil Woods, James Moody, Barney Wilen, Ronnie Cuber, Tony Scott, Paul Jeffrey, Joe Lovano, Curtis Fuller, Albert Mangelsdorff, Cedar Walton, Tommy Flanagan, Kenny Kirkland, Ben Sidran, Enrico Pieranunzi, Franco D’Andrea, John Scofield, Billy Cobham, Didier Lockwood, Richard Galliano, Joe Zawinul, Bireli Lagrene, Pat Metheny. Roberto Gatto è allo stesso tempo sideman e bandleader, sa insegnare e ascoltare, non si confonde con quelli che trasformano la musica in circo, ma allo stesso tempo sa divertire e divertirsi con grande entusiasmo. Celebrare la sua arte e il suo ingegno, raccontare, attraverso la musica la sua storia. 75 Ente Concerti di Pesaro Anno di costituzione 1961 Consiglio Direttivo Presidente Guidumberto Chiocci Direttore artistico Federico Mondelci Vicepresidente Marta Mancini Consiglieri Maria Luisa Biscuola Gilberto Calcagnini Bruno Consani Gigliola Gori Fulvio La Rosa Marina Salvi Segreteria Debora Gentiletti Ufficio Stampa Elisa Delsignore Note ai programmi Maria Chiara Mazzi Comunicazione Leonardo Cemak Foto Luigi Angelucci Sito web: Angelucci Consulting Soci Ente Concerti Agostinelli Federico Albanesi Angela Albertoni Luigi Alessandrini Bruno Alessandroni Mirella Alessandroni Stefania Angelini Flavio Anselmi Alberto Anselmi Patrizia Antelmy Erica Arduini Germana Arghittu Mariella Babbucci Ornella Baldini Riccardo Baledelli Lucia Bargnesi M. Teresa Bartolomeoli Roberto Bartoloni Giuliano Bartoloni Spadoni Giusi Bartolucci Ebe Basili Roberto Battistoni Francesca Belli Lea Benelli Giovanna Benetti Barbara Bertani M. Cristina Bertozzini Ada Bertozzini Marcella Bettini Alessandro Bianchi Angela Bianchi Temellini Anna Maria Bianco Giovanni Bigazzi Maria Luisa Bischi Alessandro Bisetti Terenzi Maria Luisa Bisping Dorothea Blandini Alessandra Bocci Romeo Bogliolo Giovanni Bonaparte Andrea Bonazzoli Bianca Bonazzoli Remo Bontempi Giuliana Borghi Maria Clotilde Bruscoli Gabriella 77 Bruscoli Letizia Busacca Graziella Caracciolo Gabriella Carbone Annamaria Catella Vera Cavallini Armida Carloni Esposito Renza Ceccolini Anna Maria Ceripa Lorena Chietera Giovanni Cinti Estella Coli Paolo Comandini Paolo Emilio Congiu Luigi Corsini Diottalevi Vittoria Cortesi Dovilia D’Agnillo Carla De Benedittis Agostino De Biagi Francesca De Feo Liliana De Negri Renata De Nicolò Maria Pia De Poda Enrica De Sabbata Giorgio Dell’Aquila Ardone Cosima Duchi Silvia Durazzi Emanuela Dopolavoro Banca Popolare dell’Adriatico Elia Luigi Emiliani Paola Ercolessi Silvana Falanga Eugenio Farina Ercole Fastigi Gabriella Fastigi Rosa Ferretti Fernanda Ferri Pio Filippone Erminia Fiocco Virginio Fioretti Annamaria Forlani Luca Fortini Maria Luisa Franca Fabrizio Francini Luciano Frezza Maria Grazia Frulli Elvira 78 Galeazzi Ermes Gasperini Stefania Gaudenzi Massimo Gennari Annarita Gentilucci Anna Gessaroli Enrica Gevorgyan Narex Giamprini Simonetta Gorgoni Vittorio Gori Isabella Grazioli Manuela Graziosi Franco Gualandri Massimo Guglielmi Beatrice Guidelli Rita Iacchini Gabriella Iovino Luciano Lamaro Paolo Lanfernini Caterina Leonardi Maria Grazia Liguori M. Laura Lippolis Graziana Maestri Franca Magi Claudio Malpassi Fiammetta Marcucci Agla Mari Dino Mariani Alberta Mariotti Jacopo Masetti Marisa Masini Alessandro Missiroli Gino Montebarocci Angelo Muretto Franca Muretto Pietro Neri Ennio Nesci Emanuela Nesci Liana Nocitra Elisabetta Olmeda Giuseppe Ottaviani Gabriella Pagano Giuliana Pandin Irene Paolini Marco Paolini Mirella Patrignani Paola Perrotti M. Gabriella Picchi Roberto Pierantoni Marta Prestianni Biagio Raffaelli Maria Teresa Renzi Susanna Ridolfi Franco Rinaldi Gianluigi Ritossa Giovanni Rondina Paola Rosati Loretta Rossi Mancini Cristina Rossini Gordiano Russo Davide Salvaterra Meuccia Sassi Wanda Sbano Wanda Scardacchi Mauro Scilla Cristina Secchiaroli Maria Grazia Senigagliesi Michela Siepi Maria Letizia Solforati Patrizia Sorbini C. Augusto Sorbini Paola Sormani Elena Sormani Farina Paolo Spighi Cristina Staffolani Raffaella Surian Elvidio Surian Laura Taras Antonella Tecchi Danila Temellini Maria Letizia Tenella-Sillani Francesco Tondi Fiori Maria Antonietta Torre Maria Cristina Trelani Lidia Urbinati Paola Vaina Raffaella Valazzi Maria Eugenia Venturini Brunella Vitali Antonella Zini Annalisa Zoffoli Atos Zollia Carlo Rinnovo abbonamenti Per abbonati alla precedente Stagione concertistica nei giorni 3 e 4 novembre presso il botteghino del teatro Rossini con orario 10-13 / 17-20 Nuovi abbonamenti La vendita dei nuovi abbonamenti verrà effettuata, nei giorni 5, 6 e 7 novembre con orario 10-13 / 17-20 Prezzi Posto di platea e posto di palco I e II ordine € 160, posto di palco di III ordine intero € 130, ridotto € 90 (palchi laterali), posto di palco di IV ordine intero € 70, ridotto € 55 Le riduzioni sono riservate agli studenti fino a 29 anni e agli spettatori oltre i 65 anni Vendita biglietti I biglietti disponibili saranno messi in vendita il giorno del concerto presso il botteghino del teatro Rossini con orario 10-13 / 17 fino all’inizio del concerto (concerti pomeridiani 10-13 / 16 fino all’inizio del concerto). Dal secondo concerto in cartellone si potranno acquistare tutti i biglietti della stagione Prezzi Posto di platea e posto di palco di I e II ordine € 20, posto di palco di III ordine € 15 ridotto € 12, posto di palco di IV ordine € 12, ridotto € 10, loggione € 7 Family ticket 3 ingressi, posti di platea, I e II ordine di palco € 40 *Spettacoli straordinari Posto di platea e posto di palco di I e II ordine € 30, posto di palco di III ordine € 25, posto di palco di IV ordine € 15, loggione € 10 **Spettacoli fuori abbonamento Stessi prezzi della stagione Vendita online Una parte dei posti disponibili viene messa in vendita on line; l’acquisto si può effettuare visitando il sito www.vivaticket.it. L’acquisto on line comporta un aggravio del costo del biglietto in favore del gestore del servizio. Informazioni Ente Concerti Palazzo Gradari, Via Rossini 0721 32482 [email protected] www.enteconcerti.it Informazioni Teatro Rossini Piazzale Lazzarini, Pesaro 0721 387620 (Biglietteria 0721 387621) La Direzione si riserva di apportare al programma le variazioni imposte da ragioni tecniche o da cause di forza maggiore L’Ente Concerti ringrazia Banca Marche Assindustria Consulting Banca dell’Adriatico Carifano Cassa di Risparmio di Fano Galleria di Franca Mancini Ristorante Bristolino Azienda Agricola Fiorini Strada dei Campioli Foresteria Agrituristica Fiorini 79