Alessandro Fiori Attento a me stesso Hoodoo Gurus Purity of

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R
ECENSIONI
Alessandro Fiori
Attento a me stesso
(URTOVOX)
Se fosse un regista? Federico
Fellini. Forse per la
visionarietà dei testi, per le
atmosfere retrò, per la
“quotidianità eccezionale” o
per la scrittura a tratti
cinematografica, ma questo
album mi ricorda ad ogni
ascolto di più il cinema del
grande maestro.
Un paragone azzardato forse,
ma credo calzante a questo
lavoro di Alessandro Fiori,
che dopo la decennale
attività con i Mariposa e
dopo numerose
collaborazioni con alcuni fra
le migliori penne musicali
del panorama indie italiano
si presenta per la prima
volta da solista. Un lavoro
che si discosta dal percorso
seguito con la band
bolognese per presentare un
aspetto più semplice e
diretto, scanzonato senza
risultare leggero. Alessandro
Fiori d’altra parte non canta
il bello, ma il reale e il
disincanto della vita con
ironia gustosa e contagiosa.
Un album singolare,
decadente al punto giusto,
cinico e disincantato, denso
di belle canzoni tra cui
segnaliamo “La vasca”, “2
cowboy per un parcheggio” e
il sintetico quadro di
“Trenino a cherosene”. (D.C.)
Hoodoo Gurus
Purity of Essence
(SONY)
Copertina molto pop per
l’inossidabile quartetto
australiano, nella quale fa di
nuovo capolino il dinosauro
che, nel 1984, dominava la
cover del loro memorabile
debutto Stoneage Romeos. E
il riferimento agli esordi non
è del tutto campato in aria
38 INSOUND 2010
perché si respira, in questa
nona prova in ventisei anni,
un’aria frizzante, divertita e
ispirata come forse non
accadeva da tempo. Gli
Hoodoo Gurus non variano
ingredienti e dosi della loro
ricetta: garage rock, pop,
rock’n’roll tutto ben frullato
e amalgamato e condito con
la voce inconfondibile di
Dave Faulkner e il perfetto
affiatamento fra i musicisti
(stessa line up dal 1988!).
Come da tradizione l’attacco,
qui affidato a “Crackin’up”, è
folgorante, ma altri brani
sono da segnalare per la
presa accattivante e la
scrittura pulita, su tutti:
“Evening shade”, “Only in
America” e “A few home
thruths”. Unico difetto di
questo piacevolissimo album
è la sua eccessiva durata:
sedici brani sono davvero
troppi. (M.P.)
Bonnie “Prince” Billy
& The Cairo Gang
The Wonder Show
of the World
(DRAG CITY/SELF)
Chi ascoltasse questo disco
senza sapere nulla,
penserebbe che Will Oldham
alias Bonnie ed Emett Kelly,
anima e mente dei Cairo
Gang, non sono altro che
due amici musicisti che si
conoscono da una vita e, in
una sera d'estate, si sono
seduti alla veranda a
contemplare la bellezza del
mondo, chiacchierando delle
loro storie e della magia
delle relazioni umane. In
realtà non ce ne frega se Will
ed Emett siano amici o
meno, la cosa interessante è
scoprire, canzone dopo
canzone, l'incredibile grado
di affinità musicale tra i due.
Oldham non si sposta dal
solito immaginario quasi
bucolico, malinconico ma
speranzoso, collocato al di
fuori di uno spazio-tempo
identificabile. La musica è
scarna, essenziale, quasi
esclusivamente acustica,
fatta di chitarra, percussioni
canzoni crepuscolari che
vanno a rinverdire radici
nobili e popolari in cui
troviamo brani di Vincenzo
Romaniello (maestro di
Renato Carosone), una
delicate, schiocchi di dita e
poco altro. La voce del
baffuto cantautore è
inconfondibile: a volte
incrinata e commovente, a
volte annoiata, a tratti
addirittura spettrale, percorre
melodie coinvolgenti e
interpreta testi spesso
surreali e un po' naïf (“Wild
guitars came from
forests”...). Le variazioni
stilistiche nascono tutte
dalla chitarra di Kelly, che
guizza delicatamente dal folk
al blues, passando per
sonorità jazzy o
spagnoleggianti. I due
musicisti s'incastrano alla
perfezione, non si capisce se
sia l'uno a seguire l'altro o
viceversa. L'accoppiata
centrale costituita dai brani
“Go Folks, Go” e “That's
What Our Love Is”
rappresenta effettivamente il
cuore musicale di un album
sicuramente onesto e
intenso, ma forse non
proprio per tutti. (C.G.)
parafrasi da Gaetano
Donizetti e pezzi originali
dello stesso De Simone. In
definitiva un lavoro davvero
equilibrato, elegante,
romantico e attraversato da
una sottile vena di
straordinaria malinconia.
(D.C.)
Girolamo De Simone
Ai piedi del monte
(KONSEQUENZ)
Capitalizzando il lavoro di
anni di ricerche intorno alla
musica e ai musicisti dell’area
vesuviana, Girolamo De
Simone, compositore e
direttore della rivista
Konsequenz che proprio ai
piedi del Monte (Somma) ha
messo le sue salde radici per
proiettarsi verso la musica di
frontiera, scrive e arrangia
questo album di composizioni
in cui è il pianoforte a farla
da protagonista con un paio
di interventi di spinetta e
organo. Una bella scelta di
LCD Soundsystem
This Is Happening
(EMI)
Sapeva già, il caro James
Murphy, che sarebbe stato
difficile ripetersi dopo quel
capolavoro (eh, lo ammetto,
mi piace proprio tanto) che
è Sound of Silver. Sarà per
questo che ci ha fatto un po’
aspettare: tra dj-set in giro
per il mondo, remix e
collaborazioni varie, il nuovo
disco arriva dopo tre anni.
Scritto, registrato e prodotto
interamente da Murphy
stesso tra Los Angeles e New
York, dove è stato anche
mixato con il contributo di
Dave Sardy (mica l’ultimo
scemo...) su qualche traccia,
This Is Happening dimostra
che LCD Soundsystem non ha
perso lo smalto. Trasmette
ancora quel senso di
immediatezza che cattura fin
dal primo ascolto,
costringendoti a muovere i
piedi e dondolare la testa
qualunque cosa tu stia
facendo. L’impressione è che
Murphy sia un eterno
bambinone, che mischia
nella sua musica tutto quello
che gli va. Allora mette
insieme punk e dance, pop
ed elettronica, chitarre e
sintetizzatori, batteria
acustica e drum machine,
melodie orecchiabili e
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