cartella stampa roma jazz festival 2016

40 ma edizione
6-23 NOVEMBRE 2016
AUDITORIUM, CASA DEL JAZZ
In questi quaranta anni di vita del Roma Jazz Festival ci sono state rivoluzioni digitali,
stilistiche, con due generazioni che hanno attraversato di netto la multidisciplinarietà che il
jazz ha sempre proposto nella sua storia, come ogni suono del quotidiano che si rispetti.
Abbiamo portato il meglio di questo genere musicale in ogni luogo di questa citta', ridefinendo il
concetto di “spazio culturale” con esibizioni dall'EUR allo Stadio Olimpico, dal Circo Massimo al
Foro Italico, nell'ex Air Terminal dell’Ostiense, ma anche in teatri di periferia (quelli chiamati “di
cintura”), auditorium, club, parchi. L’unico punto fermo era ed è tuttora la proposta di profilo
internazionale, multistilistica e di qualità.
In queste quattro decadi sui palchi del festival sono passati tutti i più grandi interpreti
italiani ed internazionali di questo genere musicale: Miles Davis, Dizzy Gillespie, Sarah
Vaughan, John McLaughlin, Gato Barbieri, Sonny Rollins, George Benson, Pat
Metheny, Ray Charles, B.B.King, Mc Coy Tyner, Chick Corea, Michael Brecker, Jim
Hall, Elvin Jones, Wayne Shorter.
Da dodici anni, quando il festival si è trasferito nelle sale dei uno dei luoghi culturali più
importanti d’ Europa, l’Auditorium Parco della Musica, è diventato tematico, cioè centrando
il focus su argomenti di attualità culturale e puntando alla pluralità di espressioni artistiche.
In questi anni abbiamo organizzato festival su temi come Jazz e New Deal, Jazz e
letteratura, Jazz e visual art, Jazz labels, Jazz e nuovi talenti italiani, Le Orchestre,
Metasax, Jazz appeal (la voce), The Masters, e tanti altri. Per i quaranta anni intendiamo
festeggiare questo importante anniversario ripercorrendo la nostra storia e riproponendo
per ogni concerto uno dei temi salienti affrontati nelle passate edizioni.
Metasax, l’importanza del sax nella storia del jazz, sarà il tema del duo Joshua Redman
e Brad Mehldau, ormai indiscussi protagonisti del jazz internazionale.
Per il tema Tradavanguardia, una rivisitazione della musica tradizionale francese in
chiave moderna proposta dal fisarmonicista Richard Galliano, per la celebrazione del
trentesimo anniversario del gruppo Musette.
Jazz labels proporrà un omaggio alla nota casa discografica Impulse, con il concerto del
quartetto del chitarrista John Scofield.
Erri De Luca presenterà il suo spettacolo “La musica provata” accompagnato dal quintetto
del sassofonista Stefano Di Battista, un ottimo connubio tra Jazz e letteratura.
Nuova forma espressiva per uno dei musicisti italiani più importanti, Enrico Rava, che
insieme al giovane pianista Giovanni Guidi e al padre dell’elettronica Matthew Herbert
unirà la sua poetica con punte d’improvvisazione, suoni elettronici ed immagini video per
questo spettacolo di Visual jazz.
Duo inedito in PRIMA INTERNAZIONALE sarà quello del chitarrista Stanley Jordan e del
batterista Billy Cobham, due dei maggiori protagonisti di sempre del jazz fusion saranno il
riferimento al tema The Masters.
Per Gezz - Generazione Jazz, una serata dedicata ai giovani talenti italiani, riuniti da
Mario Corvini nella New Talents Jazz Orchestra per il progetto con il sassofonista
Daniele Tittarelli, Extempora.
La voce della giovane cantante Cécile McLorin Savant, per la prima volta a Roma con
una nuova formazione ed un nuovo repertorio in ESCLUSIVA per il Festival, con il suo
carisma e la sua voce ammaliante rappresenterà degnamente il tema Jazz appeal.
Completa la rassegna per il tema Jazz feeds the Planet, il concerto del pianista Omar
Sosa e la giovane cubana Yilian Canizares al violino, in PRIMA ASSOLUTA A ROMA.
Il concerto speciale “Junun” feat Shye Ben Tzur, Jonny Greenwood & The Rajasthan
Express, tra musica indiana, rock e jazz sarà l’anteprima del tema del prossimo anno.
A completare il programma alla Casa del jazz, tre concerti di swing la domenica mattina,
per il tema Swing&New Deal, che tanto successo ha ottenuto nel 2014, con i gruppi di
Radical Gipsy, Crazy Stompin’ Club, The Hot Jambalaya, composti da giovani musicisti
italiani. Ma anche un concerto del gruppo Alain Berard Auguste Quartet, in
collaborazione con l’Ambasciata Canadese ed uno tra cantautorato e jazz del cantante
chitarrista Fabrizio Consoli.
Sempre la domenica mattina, prodotto dalla Fondazione Musica per Roma, Gioca Jazz
con la conduzione di Massimo Nunzi presenterà due appuntamenti dedicati ai bambini,
che saranno stimolati. alla scoperta degli strumenti musicali, mettendo in relazione arte e
creatività.
Un compendio dunque, tutt’altro che autocelebrativo, per il lancio di quello che saranno i
prossimi Roma Jazz Festival a venire. Un pubblico, trasversale come sono state sempre le
proposte artistiche, il perfetto equilibrio tra passato, contemporaneo e futuro.
Mario Ciampà
Direttore Artistico
Presidente IMF e Direttore artistico Roma Jazz Festival
ROMA JAZZ FESTIVAL - 40° ANNIVERSARIO
AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
PROGRAMMA
6 NOVEMBRE ORE 11 – AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
Sala Petrassi – ingresso euro 10
GIOCAJAZZ
Massimo Nunzi, direzione musicale, testi e tromba; Marta Colombo, voce; Carlo
Conti, sax soprano e tenore; Silvia Manco, piano; Riccardo Gola, contrabbasso;
Pierpaolo Ferroni, batteria.
L’appuntamento della domenica mattina per “Auditorium Family”.
Gioca Jazz avvicina bambini di ogni età a Coltrane e Miles Davis, a blue notes e solfeggi coraggiosi, sfatando lo stereotipo che vede il jazz musica per pochi e per lo più troppo colta. Così tra
un’improvvisazione e l’altra i piccoli del pubblico diventano musicisti per un giorno. Gioco e libertà
a suon di jazz per bambini e famiglia; un viaggio divertente nella struttura della musica e un confronto intelligente tra i musicisti sul palco con il Maestro Nunzi e il pubblico di piccoli spettatori,
chiamato ad interagire e a diventare sempre più protagonista brano dopo brano.
8 NOVEMBRE ORE 21 - AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
Sala Sinopoli . Ingresso euro 30
JOSHUA REDMAN/ BRAD MEHLDAU DUO
Joshua Redman, sassofoni; Brad Mehldau, pianoforte
Erano i primi anni Novanta. All'epoca, Joshua Redman era un giovane leone del sax che stava
cercando di dimostrare di non essere soltanto “il figlio di Dewey Redman”. E ci stava riuscendo
bene, dato che poteva vantare una vittoria, nel 1991, alla Thelonious Monk International Jazz
Saxophone Competition, e una serie di bei dischi a proprio nome su etichetta Warner. Ma gli ascoltatori che frequentavano i suoi concerti si accorsero ben presto che nel suo quartetto stava emergendo un'altra personalità: quella del pianista Brad Mehldau, poco più che ventenne ma già dotato
di uno stile tutto suo. Di lì a poco, anch'egli avrebbe fondato un suo gruppo e avrebbe cominciato a
incidere.
Nel frattempo, i due ne hanno fatta di strada: oggi Redman si è affrancato dall'etichetta di “figlio
d'arte”, diventando un solista affermato, un leader autorevole, titolare di una vasta discografia, e –
non ultimo – un attivo organizzatore culturale, avendo lavorato per anni come direttore artistico del
San Francisco Jazz Festival.
Mehldau, da parte sua, è senza alcun dubbio uno dei pianisti più influenti della sua generazione: il
suo lungo lavoro nel formato del trio l'ha fatto riconoscere fra i pochi capaci di rielaborare il linguaggio del pianoforte jazz in maniera del tutto personale (ma non vanno dimenticate le sue avventurose esplorazioni nel campo dell'elettronica).
In tutti questi anni, Redman e Mehldau non hanno mai smesso di collaborare, anche se non sempre in veste di esecutori (Mehldau, per esempio, ha prodotto qualche anno fa un disco di Redman,
intitolato “Walking Shadows”). Da un po' di tempo a questa parte, hanno deciso di concedersi al
pubblico anche nel formato del duo sax-pianoforte, tanto poco frequentato quanto affascinante. Ed
è proprio in questa veste che li si potrà ascoltare nel concerto di stasera, in un dialogo intimo e
concentrato fra due maestri del jazz contemporaneo.
8 NOVEMBRE ORE 19 - AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
Libreria Notebook all’Auditorium - Ingresso libero
Incontro con STEFANO ZENNI per la presentazione del libro
CHE RAZZA DI JAZZ!
Jazz, blues, soul e le trappole del colore (EDT 2016)
Modera l’incontro: VALERIO CORZANI
9 NOVEMBRE ORE 21 – AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
Sala Petrassi – ingresso euro 25
JACOB COLLIER - SOLO
Jacob Collier, voce, tastiere, chitarra, basso, batteria, elettronica
Ha ventuno anni e gente come Quincy Jones, Herbie Hancock e Pat Metheny l'ha definito “un genio”. Pratica una quantità di strumenti: dal pianoforte al contrabbasso, dalla batteria alla fisarmonica alle percussioni, e in più canta e fa beatboxing. Suona di tutto: gli standard, Michael Jackson,
Stevie Wonder, il jazz, il soul. Ma soprattutto Jacob Collier è forse il primo di una nuova generazione di musicisti, arrivati al successo non attraverso i canali tradizionali, ma sfruttando le nuove tecnologie. Primo fra tutti YouTube, dove dal 2011 anni ha cominciato a caricare video musicali, di
qualità professionale, interamente realizzati in casa, da solo, nella sua camera. Il primo disco, “In
My Room”, è arrivato solo nel 2016.
11 NOVEMBRE ORE 21 – AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
Sala Sinopoli – ingresso euro 25/30
Concerto Speciale
“JUNUN” FEAT SHYE BEN TZUR, JONNY GREENWOOD
& THE RAJASTHAN EXPRESS
Scrittore e musicista talentuoso, Shye Ben Tzur ha attirato su di sé attenzioni a livello internazionale e che hanno travalicato i confini della cerchia di interessati alla musica indiana e al qawwali.
‘Junun’, il suo ultimo disco, è uscito lo scorso novembre per l’etichetta Nonesuch Records e oltre
che avvalersi della collaborazione della Rajasthan Express come band di supporto, vede la collaborazione di due giganti della musica rock britannica, Jonny Greenwood e il produttore Nigel Godrich. Il making del disco è stato oggetto di un documentario girato da Paul Thomas Anderson e
premiato al new York Film Festival. Un bellissimo concerto che può piacere anche a chi non è solito ascoltare sonorità diverse dal rock’n’roll oppure dalla musica jazz e che anzi può essere
l’occasione per riconoscere in queste sonorità evocative quelli che possono essere dei tratti della
musica africana oppure della musica mediterranea in una sorta di continuum geografico-musicale.
12 NOVEMBRE ORE 21 - AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
Sala Sinopoli – Ingresso Euro 25/30
RICHARD GALLIANO
“30TH ANNIVERSARY NEW MUSETTE QUARTET”
Richard Galliano, fisarmonica; Sylvain Luc, chitarra; Yaron Stavi, contrabbasso;
André Ceccarelli, batteria.
L'arte di Richard Galliano è l'arte degli opposti. Nella sua fisarmonica convivono, in una splendida
alchimia, il jazz, la musica classica, la tradizione popolare francese, il tango. Nato a Le Cannet, in
Provenza, nel 1950, figlio di un italiano, Galliano ha appreso lo strumento da suo padre, ma il primo vero colpo di fulmine è arrivato con qualcosa di molto insolito per un fisarmonicista: il quintetto
di Max Roach e Clifford Brown. All'epoca, la fisarmonica aveva fatto nel jazz delle apparizioni brevi
ed episodiche; Richard Galliano ha l'idea di trasporre sullo strumento l'infuocato fraseggio trombettistico di Cliffor Brown. Da lì è cominciato tutto. Poi sono venuti gli studi classici, l'amore per il tango (è anche un bandoneista e un appassionato interprete del repertorio di Astor Piazzolla), le mille
collaborazioni, con maestri internazionali come Chet Baker, Toots Thielemans, Jan Garbarek, Michel Petrucciani, Wynton Marsalis, e anche con jazzisti italiani come Enrico Rava, Gabriele Mirabassi, Paolo Fresu. Senza dimenticare quelle che sono le sue origini: il bal musette, la danza popolare francese che in principio si suonava sull'omonimo strumento – una specie di cornamusa – e
che proprio gli emigrati italiani trasposero sulla fisarmonica. “30 Anniversary New Musette Quartet”
vuol essere una celebrazione della sua carriera, con una carrellata su tutte le esperienze che
l'hanno segnata in questi trent'anni. La storia di un musicista che ha infuso nel jazz una calda anima mediterranea.
13 NOVEMBRE ORE 11 – AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
Sala Petrassi – ingresso euro 10
GIOCAJAZZ
Massimo Nunzi, direzione musicale, testi e tromba; Marta Colombo, voce; Carlo
Conti, sax soprano e tenore; Silvia Manco, piano; Riccardo Gola, contrabbasso;
Pierpaolo Ferroni, batteria.
L’appuntamento della domenica mattina per “Auditorium Family”.
Gioca Jazz avvicina bambini di ogni età a Coltrane e Miles Davis, a blue notes e solfeggi coraggiosi, sfatando lo stereotipo che vede il jazz musica per pochi e per lo più troppo colta. Così tra
un’improvvisazione e l’altra i piccoli del pubblico diventano musicisti per un giorno. Gioco e libertà
a suon di jazz per bambini e famiglia; un viaggio divertente nella struttura della musica e un confronto intelligente tra i musicisti sul palco con il Maestro Nunzi e il pubblico di piccoli spettatori,
chiamato ad interagire e a diventare sempre più protagonista brano dopo brano.
13 NOVEMBRE ORE 21 - AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
Sala Sinopoli – ingresso euro 25
JOHN SCOFIELD - COUNTRY FOR OLD MEN (PRIMA NAZIONALE)
John Scofield, chitarra; Larry Goldings, pianoforte; Steve Swallow, contrabbasso;
Bill Stewart, batteria
Sarebbe facile (e anche vero) dire che John Scofield ha rivoluzionato la chitarra jazz. Ma non si
tratta solo di questo. “Sco”, come lo chiamano i fans, non è solo uno dei più magnetici chitarristi
jazz contemporanei, ma è anche un artista capace di spaziare in una gamma stilistica straordinariamente ampia. Ha suonato praticamente di tutto: dalla tradizione all'avanguardia, dal blues alla
fusion, dal funk all'hardbop, passando per collaborazioni con tutti i grandi (basta menzionare i suoi
quattro anni nel gruppo di Miles Davis, all'inizio degli anni Ottanta). Guardando solo tra i suoi lavori
più recenti, si trovano un disco dedicato al gospel, uno in collaborazione con il grande arrangiatore
Vince Mendoza, uno con un classicissimo quartetto jazz, uno con il trio “avant-groove” Medeski,
Martin & Wood e uno di funk-jazz elettrico. Senza contare il suo approccio alla chitarra elettrica,
che congiunge la ruvida energia del rock con la raffinatezza armonica e ritmica del jazz. Insomma,
un musicista che non si è mai seduto sugli allori e che, a sessantacinque anni, conserva intatta la
voglia di sperimentare. Non stupirà, dunque, che il suo ultimo progetto, intitolato “Country for Old
Men”, si rivolga verso un genere all'apparenza lontanissimo dal jazz: il country, appunto. Un genere che è forse la quintessenza dell'America, e che Scofield affronta a modo suo, riunendo un drappello di validissimi jazzisti e affidando loro la reinterpretazione di alcuni classici del genere: brani di
George Jones, Hank Williams, Merle Haggard, Bob Wills, Patti Page, Shania Twain, che ricevono
una nuova e inaspettata vita.
14 NOVEMBRE ORE 21 - AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
Sala Petrassi – Ingresso euro 20
LA MUSICA PROVATA di e con ERRI DE LUCA
Stefano Di Battista, sax; Roberto Pistolesi, batteria; Daniele Sorrentino, contrabbasso; Andrea Rea, pianoforte; Nicky Nicolai, voce.
«Sono nato a Napoli, stonato». Così Erri De Luca spiega la genesi di “La musica provata”, libro e
DVD uscito due anni fa per Feltrinelli. Un viaggio fra musica e memoria, che ripercorre tappe diversissime: letture scolastiche, musica classica, brani di Pete Seeger e Boris Vian, canzoni scritte
con il compianto Gian Maria Testa, e ancora la guerra in Jugoslavia, i canti degli operai e dei contadini. Del resto, De Luca ne ha di storie da raccontare: prima ancora del suo esordio letterario,
avvenuto a quarant'anni nel 1989, visse l'impegno politico degli anni Settanta, militando nell'estrema sinistra, e poi fece per anni i mestieri più diversi, dall'operaio al magazziniere al muratore. Negli
ultimi vent'anni, è diventato uno degli intellettuali italiani più rispettati, persino da chi non condivide
le sue idee. Ma “La musica provata” non è solo la storia di Erri De Luca. È anche un cd e uno spettacolo teatrale portato in scena insieme a Stefano Di Battista. Un sassofonista jazz che non ha mai
avuto paura di muoversi in campi molto diversi, come la canzone e la musica leggera, spesso in
compagna di sua moglie, la cantante Nicky Nicolai. Di Battista ha un curriculum jazzistico di ferro
(fra cui un contratto con la Blue Note e collaborazioni con tutti i grandi), ma non si fa nessun problema a lavorare con Gianni Morandi, Claudio Baglioni, Adriano Celentano, Niccolò Fabi o i Tiromancino. L'artista ideale per accompagnare Erri De Luca nel suo viaggio tra musica e letteratura.
15 NOVEMBRE ORE 21 - AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
Sala Sinopoli – Ingresso euro 25
JAZZ VISUAL - RAVA - GUIDI - HERBERT
Enrico Rava, tromba; Giovanni Guidi, piano; Matthew Herbert, elettronica
Il miglior modo per mantenersi giovani è circondarsi di giovani. Potrebbe essere un buon riassunto
per la carriera di Enrico Rava, che nella sua cinquantennale attività è stato un instancabile scopritore di nuovi talenti, spesso destinati a un luminoso percorso autonomo (due nomi per tutti: Stefano Bollani e Gianluca Petrella). Giovanni Guidi è una delle sue ultime scoperte. Folignate, classe
1985, ha esordito nei Rava Under 21 (in seguito Rava New Generation) e continua a collaborare
con il trombettista nei gruppi Tribe e PM Jazz Lab. Nel frattempo, si è anche lanciato in una carriera da solista che annovera già diversi ottimi titoli a suo nome, confermandosi un artista maturo e
amante del rischio. Matthew Herbert (noto anche come Doctor Rockit, Radio Boy, Mr. Vertigo,
Transformer o Wishmountain) è uno degli artisti di punta della scena elettronica europea. La sua
specialità è il mescolare campionamenti musicali – ha lavorato addirittura su brani del compositore
barocco Jean-Philippe Rameau – con suoni generati da oggetti della vita quotidiana (egli stesso ha
dichiarato che il suo scopo è di “spingere la gente ad ascoltare il mondo con più attenzione”). E
dunque: un decano del jazz sempre pronto a nuove avventure, un giovane pianista dalla mente
aperta e un manipolatore di suoni. Che cosa aspettarsi dal loro incontro? Difficile prevederlo, ma è
proprio questo il bello. Quel che è certo è che Herbert campionerà dal vivo le improvvisazioni di
Rava e Guidi, restituendole filtrate attraverso le proprie alchimie elettroniche. Sarà senz'altro una
bella sorpresa.
18 NOVEMBRE ORE 21 - AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
Sala Sinopoli – Euro 25/30
PRIMA INTERNAZIONALE
STANLEY JORDAN E BILLY COBHAM
Stanley Jordan, chitarre, pianoforte, voce; Billy Cobham , batteria
Ci sono vari modi per valutare l'importanza di un artista. Uno, ad esempio, è la quantità di dischi
storici ai quali ha partecipato. Un altro è il livello di innovazione che ha apportato alla tecnica strumentale. Da entrambi questi punti di vista, non c'è dubbio che Stanley Jordan e Billy Cobham hanno un posto assicurato nella storia del jazz (e non solo). Stanley Jordan, prima di dedicarsi alla chitarra, ha fatto un regolare curriculum di studi come pianista. Quando si è trovato ad avere a che
fare con le dodici corde, si è chiesto naturalmente come integrare i due strumenti: la risposta è una
nuova tecnica, il “touch” (o “tapping”), con la quale le corde vengono non più pizzicate, bensi percosse da tutte e due le mani, trasformando di fatto la chitarra in un pianoforte. Jordan non è stato il
primo ad usare questa tecnica (un altro celebre fautore, ad esempio, è Eddie Van Halen), ma l'ha
portata a livelli di spettacolarità mai raggiunti prima. Senza contare il suo vasto lavoro sulle accordature alternative, che gli consente di ottenere dalla chitarra effetti del tutto inediti. Quanto a Billy
Cobham, basta menzionare il suo lavoro prima con Miles Davis, del quale fu il batterista di fiducia
dal 1970 al 1974, all'epoca della “svolta elettrica”, e poi con John McLaughlin, della cui Mahavihnu
Orchestra fu uno dei membri fondatori. Ma scorrendo la sua discografia ci si accorge che non c'è
praticamente grande del jazz che non si sia servito della sua batteria, che si distingue per la tecnica immacolata (Cobham è ambidestro) e il drive inarrestabile. Aggiungeteci la sua attività da leader e il suo impegno come produttore discografico e avrete il ritratto di un musicista in perpetuo
movimento. Si può scommettere che, messi insieme su un palco, Stanley Jordan e Billy Cobham
faranno scintille. Lo spettacolo non mancherà di sicuro.
21 NOVEMBRE ORE 21 - AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
Sala Sinopoli – Ingresso Euro 15
EXTEMPORA - DANIELE TITTARELLI / MARIO CORVINI
NEW TALENTS JAZZ ORCHESTRA
La New Talents Jazz Orchestra è una formazione musicale nata a Roma, sotto la guida del trombonista e arrangiatore Mario Corvini, e costituita da giovani talentuosi musicisti provenienti da varie
regioni italiane quali Lazio, Toscana e Sicilia. L’orchestra nasce nell’ottobre del 2012 e subito dopo
pochi mesi si esibisce presso il Museo d’Arte Contemporanea MACRO di Roma. Nel febbraio del
2013 inizia la collaborazione con la Casa del Jazz di Roma. Nel marzo 2014 l’Orchestra partecipa,
presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma, allo spettacolo Webnotte (organizzato dal quotidiano “La Repubblica” con la conduzione dei giornalisti Gino Castaldo ed Ernesto Assante) con
ospite solista Stefano Di Battista. La New Talents Jazz Orchestra è stata invitata a partecipare nel
Giugno 2014 al Festival delle orchestre giovanili organizzato dalla Fondazione William Walton.
Daniele Tittarelli è un sassofonista romano. Inizia giovanissimo lo studio del sax alto alla Scuola
Popolare di Musica di Testaccio (SPMT) e diventa presto uno dei jazzisti più attivi della nuova scena italiana. Vincitore nel 2000 del premio Miglior Solista al Festival di Avignone, pubblica nel 2001
il suo primo lavoro "Jungle Trane" (Wide Sound), votato dalla critica come uno dei più interessanti
degli ultimi anni. Collabora con Roberto Gatto in diverse formazioni, soprattutto quartetto e quintetto, fa parte della PMJO Parco della Musica Jazz Orchestra e suona anche con Enrico Rava nel
gruppo Rava PM Jazz Lab. Numerose le esibizioni a Festival Italiani e internazionali: Baltica Jazz,
North Sea Jazz Festival, Roccella Jazz, Villa Celimontana Jazz Festival, European Jazz Expo,
Umbria Jazz, Berchidda jazz, European Jazz Jamboree Berlin, Vicenza Jazz New Conversation.
22 NOVEMBRE ORE 21 - AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
Sala Sinopoli – Ingresso euro 25
PRIMA NAZIONALE
JACKY TERRASSON E CÉCILE MCLORIN SALVANT QUARTET
Jacky Terrasson, pianoforte; Cécile McLorin Salvant, voce; Stephane Belmondo,
tromba; Leon Parker, batteria; Burniss Travis, contrabbasso
Da decenni il jazz viene periodicamente dato per morto. Però poi, ogni volta, si scopre che è vivo,
e anzi ci regala sempre delle belle sorprese. Nei primi anni Novanta, ad esempio, arrivò alla ribalta
Jacky Terrasson. Padre francese, madre americana, Terrasson esibiva una tecnica da grande virtuoso, unita a una fantasia e un'originalità stilistica che attirarono da subito l'attenzione del pubblico e della critica. E non solo, perché nel 1993 lo ingaggiò nientemeno che Betty Carter, la leggendaria “Betty Bebop”, e poco dopo cominciava a incidere per la Blue Note, realizzando fra gli altri
“Rendezvous”, insieme a Cassandra Wilson. Un'altra sorpresa è molto più recente e risale al 2010,
quando il mondo del jazz cominciò ad accorgersi di una giovane cantante, appena ventunenne, di
nome Cécile McLorin Salvant. Nata a Miami da padre haitiano e madre francese, Cécile non era
solo dotata di una splendida voce, frutto di un rigoroso corso di studi in Conservatorio, ma anche di
presenza scenica, conoscenza della tradizione e capacità interpretative straordinariamente mature. Dopo un primo cd per una piccola etichetta, vinse la Thelonious Monk Competition e incise altri
due dischi: “WomanChild” nel 2013, per la Justintime, e “For One To Love”, Mack Avenue 2015,
che quest'anno si è aggiudicato un Grammy. Opere che l'hanno confermata come una delle migliori vocalist apparse sulla scena negli ultimi anni. Nel 2012, Terrasson l'ha avuta ospite sul suo disco
“Gouache”, in una delicata ed emozionante versione di “Oh My Love”, splendida canzone firmata
da John Lennon. Due artisti capaci di muoversi in perfetto equilibrio fra modernità e tradizione.
23 NOVEMBRE ORE 21 - AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
Sala Petrassi – ingresso Euro 25
OMAR SOSA & YILIAN CANIZARES
Omar Sosa, pianoforte, fender rhodes, tastiere; Yilian Cañizares, violino, voce.
Cuba fa parte a pieno titolo della storia del jazz. Perché non solo i contatti fra musica cubana e
jazz sono profondi e radicati, ma la stessa New Orleans, affacciata sulla foce del Mississippi, è
sempre stata piena di musicisti caraibici e le influenze latinoamericane sono fortissime nel primo
jazz. Poi sono venute le grandi orchestre di salsa, gli esperimenti di fusione di Dizzy Gillespie e di
Stan Kenton, per non parlare dei tanti cubani che si sono dedicati anche al jazz: Chano Pozo, Machito, Mario Bauza, Mongo Santamaria, Tito Puente, Poncho Sanchez, Paquito D'Rivera, Chucho
Valdez, Arturo Sandoval, Gonzalo Rubalcaba, solo per menzionare alcuni dei nomi più noti. Dunque, artisti come Omar Sosa e Yilian Cañizares fanno parte di una lunga e gloriosa dinastia. Allo
stesso tempo, essi portano qualcosa di nuovo alla tradizione. Omar Sosa ha studiato pianoforte a
Cuba, ma ha anche vissuto in Ecuador, negli Stati Uniti e in Spagna. La sua musica sta decisamente stretta nella definizione di “latin jazz”, perché oltre al jazz e all'elemento latino contiene tante
altre spezie: la musica classica, la world music, l'hip-hop, l'elettronica, persino i rituali della Santeria di cui Sosa è adepto. Yilian Cañizares, da parte sua, ha studiato a Cuba e in Venezuela e da
anni risiede in Svizzera, di cui è cittadina. Suona il violino e canta, a volte persino contemporaneamente, e nel suo jazz infuso di profumi latini si sente inconfondibile un forte sapore d'Africa (il
suo primo gruppo si chiamava Ochumare, la parola Yoruba per l'arcobaleno). I due si esibiscono
insieme dall'anno scorso e hanno un disco di prossima uscita. Dal loro concerto, aspettatevi una
musica aperta a tutti i colori del mondo.
www.romajazzfestival.it
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Auditorium Parco della Musica - Viale Pietro de Coubertin, 30 – Roma
PREVENDITA ONLINE: www.auditorium.com
La biglietteria del Parco della Musica è aperta tutti i giorni dalle 11 alle 20
La biglietteria Parco della Musica è aperta dopo le ore 20 per la vendita dei soli concerti serali
e chiude mezz’ora dopo l’inizio dell’ultimo evento in programmazione.
Le riduzioni per gli spettacoli di Musica per Roma possono essere applicate esclusivamente al botteghino dell’Auditorium.
ACQUISTI TELEFONICI:
Esclusivo per l’Italia - Tel. 892.101 (servizio a pagamento)
UFFICIO STAMPA ROMA JAZZ FESTIVAL
BIG TIME – ROMA 06/5012073
CLAUDIA FELICI 329/9433332 - FABIO TIRIEMMI 329/9433332
[email protected]
UFFICIO STAMPA FONDAZIONE MUSICA PER ROMA
Tel. 06-80241.231– 228 – 26 - [email protected]
ROMA JAZZ FESTIVAL
40° ANNIVERSARIO
PROGRAMMA
“CASA DEL JAZZ”
6 NOVEMBRE ORE 11 - CASA DEL JAZZ
Ingresso Euro 10
SWING & NEW DEAL - I RADICAL GIPSY
Gabriele Giovannini, chitarra; Daniele Gai, chitarre; Giuseppe Civitelli, contrabbasso
Django Reinhardt non sapeva né leggere né scrivere la musica. In più, a diciott'anni
l'incendio della roulotte dove, da bravo gitano, viveva con la sua famiglia, gli aveva
seriamente danneggiato due dita della mano sinistra, lasciandole quasi del tutto
paralizzate. Per sua fortuna, Django scoprì il jazz. E grazie al jazz si inventò una tecnica
tutta sua, che gli consentiva di suonare la chitarra con le tre dita sane. Ma non basta: nel
1934, insieme al fratello Joseph e al violinista italo-francese Stéphane Grappelli, creò il
Quintette du Hot Club de France, uno dei primi gruppi jazz interamente composti da
strumenti a corda: una chitarra solista, due chitarre ritmica, violino e contrabbasso. Il suo
stile, chiamato gipsy jazz o jazz manouche (i manouche sono gli zingari francesi) è
un'eccitante fusione tra improvvisazione jazz e tradizione gitana. Fu la prima volta che dei
musicisti europei, invece di imitare il jazz americano, provavano a reinterpretarlo a modo
loro. Il quintetto ebbe un successo strepitoso, e non solo in Francia: Django andò in
America e suonò con Duke Ellington e Coleman Hawkins, prima di morire
prematuramente, a soli quarantatre anni, per un'emorragia cerebrale non curata. Ma la
sua musica non morì con lui: il fratello Joseph continuò a portarla in giro per il mondo,
seguito dal figlio Babik e dal nipote Markus. Oggi, i suoi nipoti e pronipoti proseguono la
tradizione di famiglia, e il jazz manouche è diventato uno stile a sé, praticato da gitani e
non-gitani in tutto il mondo. Gli italiani Radical Gipsy, giovane trio romano nato nel 2012, si
riallacciano a quella tradizione, declinandola con un sapore italiano. Emblematico il titolo
del loro ultimo cd: “Spaghetti alla gitana”.
13 NOVEMBRE ORE 11 - CASA DEL JAZZ
SWING & NEW DEAL - CRAZY STOMPIN’ CLUB
Ingresso Euro 10
Voci: Rita Sebastiani, Valeria Federici, Emidea De Simone: Sax, Antonio Marinelli;
Tromba, Giulio; Batteria, Davide Russo.
Il 16 gennaio 1938, la prestigiosa Carnegie Hall di New York assistette a qualcosa di
inaudito: una folla di fan impazziti che urlavano a squarciagola. Sul palco, c'erano le
orchestre di Bennie Goodman, Duke Ellington e Count Basie, mentre la sala era riempita
da quasi tremila persone, perlopiù giovani. Quel concerto entrò nella leggenda come
l'apice della Swing Era, quei favolosi dieci anni in cui il jazz diventò la colonna sonora della
vita americana, specialmente di quella notturna. Musica da ballare, prima ancora che da
ascoltare. Ma in realtà quel concerto non nasceva dal nulla: anzi, il jazz era stato, fin dalle
sue origini, soprattutto una musica da ballo. Tale era nelle strade di New Orleans e tale
rimase quando migrò al nord, verso Chicago, Kansas City e New York. Charleston, twostep, lindy-hop, jitterburg sono solo alcuni dei tanti stili di danza che fiorirono in questo
periodo. Danzavano a ritmo di jazz le flappers, le disinvolte ragazze che negli anni Venti
scandalizzarono l'America con i loro capelli alla maschietta e le loro gonne corte. E
danzavano il jazz anche i jitterburgs, gli scatenati e acrobatici ballerini che dieci anni dopo
riempivano le sale da ballo di New York, come il Roseland, l'Audobon e il Savoy. Poi
arrivarono il rhythm'n'blues e il rock and roll, e fu tutta un'altra storia. Ma il fascino di
quell'epoca magica non è mai venuto meno. I Crazy Stompin' Club vogliono evocare
proprio quelle atmosfere: anni Venti, Trenta e Quaranta, ricostruiti attraverso la musica,
ma anche attraverso i costumi vintage. Il divertimento è assicurato.
14 NOVEMBRE ORE 21 - CASA DEL JAZZ
INGRESSO – EURO 15
ALAIN BEDARD AUGUSTE QUARTET
Samuel Blais, sassofono; Felix Stussi, piano; Alain Bédard, contrabasso; Michel
Lambert, batteria.
Alain Bédard e il suo quartet “Auguste” sono attivi nella scena jazz da più di 20 anni.
Bédard inizia la sua carriera professionale durante gli anni ’80, prendendo parte a diverse
formazioni del Quebec dell’epoca. Ha collaborato con DADJE (gruppo SenegaleseQuebecchese), la ballerina Caraibica Josianne Antourel, il violinista Martin Foster
(membro della University of Quebec in Montreal Chamber Music Orchestra), una grande
varietà di gruppi jazz del Quebec, e artisti internazionali, tra cui Donny McCaslin,
Stéphane Belmondo, Julien Loureau, Ted Nash. Si fa conoscere partecipando a numerosi
jazz festivals in tutto il mondo: Montreal, Vancouver, Ottawa, Vienna, JVC Jazz Fest
(Francia). A una già prolifica carriera, Bédard aggiunge il suo quartetetto “Auguste”, con
cui suona in tour in tutti i continenti, raggiungendo anche il Lincoln Center di New York. Ha
pubblicato 5 album: “Auguste” (1997); “Sphere Reflexion” (2006); “Bluesy Lunedi” (2008),
nominato per un ADISQ e JUNO Award come Migliore Album del 2010; “Homo Pugnax”
(2011); e il recente “Circum Continuum” (2015) che celebra il 20esimo anno dalla
creazione del quartet. Bédard è anche direttore artistico e musicista della Jazzlab
Orchestra, fondata nel 2003 e riconosciuta come una delle band leader nel jazz
Canadese, e fondatore dell’etichetta Effendi, attiva dal 1999, con la quale ha prodotto 144
album.
19 NOVEMBRE ORE 21 - CASA DEL JAZZ
INGRESSO – EURO 15
FABRIZIO CONSOLI
Fabrizio Consoli, Voce e Chitarre; Gigi Rivetti, Pianoforte, Keys; Silvio Centamore,
Batteria e Percussioni; Fabio Buonarota, Tromba e Flicorno.
E’ protagonista, dagli anni ’80, di un’intensa attività come session man al fianco di artisti di
primo piano della scena musicale italiana, quali Eugenio Finardi, Alice, C. De André,
Mauro Pagani, PFM, O Fado, “La notte delle Chitarre” e moltissimi altri. Nel 1993, con
l’omonimo album di esordio, inizia un percorso che lo porterà e vincere la selezione di
Sanremo Giovani ‘94 (sarà sul palco del Teatro Ariston per il 45° Festival della Canzone
Italiana, Sanremo 1995), scrivere e produrre diverse canzoni di successo per artisti quali
Dirotta Su Cuba ed Eugenio Finardi, creare “Forgive us”- un progetto che vedeva alla voce
Giovanni Paolo II, vincere premi e riconoscimenti importanti (come il premio Ciampi 2004),
scrivere colonne sonore e recitare in commedie teatrali!. Dopo 18 Piccoli anacronismi
(2004), e Musica Per Ballare (2009), segue Live In Capetown (2012), ed una fervente
attività europea, soprattutto verso Germania, Austria e Svizzera, dove concerti e
partecipazioni a grossi festivals sono ormai numerosissimi e la sua musica, un raffinato
“crossover” tra jazz, tango, canzone d’autore e un’ allegra e malinconica “voglia di Sud
America”, è molto apprezzata. Nel 2016, dopo una lavorazione durata 5 anni, esce
ufficialmente l’atteso 10, un coraggioso concept che, rimarcando il legame tra vocazione a
sonorità internazionali e radici italiane, rilegge, in chiave laica e contemporanea i 10
comandamenti.
20 NOVEMBRE ORE 11 - CASA DEL JAZZ
INGRESSO EURO 10
SWING & NEW DEAL - PAOLA RONCI & THE HOT JAMBALAYA
Paola Ronci, voce; Gino Cardamone al Banjo, Giuseppe Talone al Contrabbasso,
Antonio Marianella alla Batteria e al Washboard, Davide Richichi alla tromba e alla
voce, Giuseppe Ricciardo al clarinetto.
La jambalaya è un po' un simbolo di New Orleans e della sua ricca e saporita storia. Tutto
cominciò con gli spagnoli che, nel Nuovo Mondo, volevano cucinarsi la paella, ma non
avevano a disposizione gli ingredienti giusti, primo fra tutti lo zafferano. Cercarono quindi
di rimediare, usando ciò che trovavano sul posto. Poi vennero i francesi e i cajun, che ci
misero del loro (la stessa parola jambalaya pare sia di origine provenzale e significhi
“miscuglio”). E non dimentichiamoci i nativi americani, e i creoli, e ovviamente gli
afroamericani. Insomma, ognuna delle culture che compongono il mosaico etnico della
Louisiana ha contribuito alla nascita di questo piatto a base di riso, carne, verdure e
spezie, che conosce infinite varianti. Allo stesso modo, nella musica di New Orleans si
mescolano i Caraibi, l'Africa, l'Europa e – ovviamente – l'America, dando origine al blues,
al jazz, al ragtime e a tutti gli altri generi che insaporiscono la miscela della città. Paola
Ronci & Hot Jambalaya nasce dall'amore per New Orleans e per la tradizione, e dalla
volontà di donare nuova linfa al suo repertorio. Voce, banjo, contrabbasso, batteria,
washboard, tromba e clarinetto sono gli strumenti che contribuiscono a creare
quell'atmosfera così inconfondibilmente evocativa del Vieux Carrè e delle sue pittoresche
strade. Il resto lo fanno la passione e l'entusiasmo, che promettono un concerto all'insegna
della gioia e del divertimento.
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Biglietteria on line > www.ticketone.it
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(dal lunedì al venerdì dalle 9:00 alle 21:00 e il sabato dalle 9:00 alle 17:30)
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21:00)
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UFFICIO STAMPA CASA DEL JAZZ
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Tel338.8485333
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Roma Jazz Festival 2016
Che razza di jazz!
Presentazione del libro di Stefano Zenni
Che razza di musica. Jazz, blues, soul: le trappole del colore
(EDT, 2016)
Libreria Notebook all’Auditorium
Martedì 8 Novembre, ore 19
Interviene Valerio Corzani
Musica “nera”, jazz "bianco”, cantanti neri che possiedono il senso del “soul”, lo swing come attitudine
“naturale” dei neri americani: quale fondamento hanno questi luoghi comuni che fin troppo spesso compaiono
persino negli scritti della critica musicale professionista? E da quali ideologie e vicende storiche sorgono?
Stefano Zenni, uno dei più noti musicologi italiani, studioso di musica afroamericana, ha dedicato al
rapporto fra razzismo e musica il suo nuovo saggio dal titolo “Che razza di musica. Jazz, blues, soul e
le trappole del colore”, appena pubblicato dalla casa editrice EDT, che verrà presentato nell’ambito del
Roma Jazz Festival, martedì 8 novembre alle 19, presso la Libreria Notebook all’Auditorium, insieme a
Valerio Corzani, conduttore di Radio Tre.
“Che razza di musica” esplora i diversi modi in cui i concetti di “bianco” e “nero” hanno plasmato la
nostra concezione della musica statunitense, soprattutto il jazz, il blues e il soul. I significati stessi di
“bianco” e “nero” come categorie pseudo-razziali sono fluide, instabili, mutevoli nel tempo. Ad esempio gli
immigrati italiani o ebrei erano considerati non del tutto “bianchi”, e hanno adottato strategie musicali di dialogo
con le musiche afroamericane o di assimilazione nel melting pot statunitense.
Facendo ricorso alle più recenti acquisizioni della genetica e della storia culturale, Stefano Zenni porta alla luce le
tante trappole del concetto di “identità” e conduce una critica profonda e documentata al cosiddetto
“essenzialismo” jazz – la diffusa teoria neoconservatrice americana che ritiene il jazz una musica radicalmente
“nera” – in favore di una nuova concezione di continuità tra le culture.
Non ci stancheremo mai di ricordare che le persone, le loro espressioni e i movimenti culturali, trascendono le
categorie. È lì che sorge il piacere – anche artistico – dell’inafferrabile complessità della vita.
Stefano Zenni, è musicologo di fama internazionale. Presidente della Società Italiana di Musicologia Afroamericana
(SIdMA), insegna Storia del jazz e della musica afroamericana nei Conservatori di Bologna, Firenze, Pescara, e Analisi
presso Siena Jazz. È stato direttore artistico del Torino Jazz Festival. Ha pubblicato e curato importanti libri su Armstrong,
Hancock, Miles Davis, Mingus nonché una fortunata Storia del jazz pubblicata da Stampa Alternativa. Dal 1998 è
conduttore di Rai Radio3. Il suo saggio Che razza di musica, sul rapporto fra jazz e razzismo, è stato appena pubblicato
dalla casa editrice EDT.
Ufficio stampa EDT – Antonella D’Antoni | [email protected] | 011 5591851