21 marzo 2012 · ore 20.45 FVG Mitteleuropa Orchestra André Bernard direttore Pepe Romero chitarra MUSICA FVG Mitteleuropa Orchestra André Bernard direttore Pepe Romero chitarra Sergej Prokof ’ev (1891-1953) Ouverture su temi ebraici op. 34 bis Joaquín Rodrigo (1901-1999) Concierto de Aranjuez per chitarra e orchestra Allegro con spirito Adagio Allegro gentile *** Antonín Dvořák (1841-1904) “Suite Ceca” op. 39 in re maggiore Preludium (Pastorale) Polka Sousedská (Minuetto) Romance Finale (Furiant) Zoltán Kodály (1882 – 1967) Danze di Galánta produzione: Teatro Nuovo Giovanni da Udine in collaborazione con Fondazione Bon FVG Mitteleuropa Orchestra Violini I Lucio Degani** Francesco Lovato* Monica Cordaz Anna Apollonio Verena Rojc Lucia Premerl Nuno Coelho Anna Del Bon Luigi Calzavara Edwin Caceres Peñuela Riccardo Alfarè Giuseppina Tonet Violini II Constantin Beschieru* Hanny Killaars Ludovica Burtone Furio Belli Leopoldo Pesce Domenico Mason Mila Barutti Margherita Bulfone Sinead Nava Valentina Russo Viole Margherita Cossio* Francesca Bassan Elena Allegretto Laura Menegozzo Annalisa Clemente Elisabetta Rinaldo Francesca Levorato Giovanni Boscarato Violoncelli Giuseppe Barutti* Massimo Favento Mara Grion Federica Tavano Jana Kulichova Antonio Merici Contrabbassi Paolo Mazzoleni* Luca Zuliani Laura Soranzio Vitalie Mutoi Flauto Fosca Briante* Flauto e ottavino Michela Gani* Oboi Enrico Cossio* Giulia Cristante Corno Inglese Andrea Martinella* Clarinetti Davide Argentiero* Elena Paroni Fagotti Dario Braidotti* Marina Zuliani Corni Andrea Liani* Mauro Verona Nikolay Novikov Andrea Comoretto Trombe Stefano Flaibani* Luca Bastiancig Timpani Cristiano Torresan* Percussione Barbara Tomasin Alex Kuret Pianoforte Ferdinando Mussutto* ** Violino di Spalla * Prima Parte Prokof ’ev Ouverture su temi ebraici, op. 34 bis Nel pieno della sua carriera internazionale di pianista e compositore, nel 1919 Prokof ’ev si trovava in viaggio negli Stati Uniti e veniva contattato a New York da un gruppo di suoi ex compagni di studi al Conservatorio di San Pietroburgo, che stava svolgendo la sua tournée. Si trattava del piccolo gruppo di musicisti ebrei Zimro che sperava di raccogliere fondi per l’istituzione di un Conservatorio a Gerusalemme. La loro formazione un po’ insolita di sestetto con pianoforte, clarinetto ed archi era alla ricerca di un’opera adatta all’organico che portasse la firma celebre del Maestro, in modo da attirare il più possibile attenzione e favori del pubblico. Il leader del gruppo, Simeon Bellison, fornì a Prokof ’ev un quaderno con melodie ebraiche, non propriamente originali, e si narra che la prima stesura prese forma nel corso di una sola notte iniziata con la semplice improvvisazione libera su tali temi. La prima esecuzione, con Prokof ’ev al pianoforte ed ensemble da camera si ebbe a New York nel 1920, appena un anno prima del debutto a Chicago dell’opera L’amore delle tre melarance e di quello a Parigi del balletto Chout. Fu solo nel 1934 che il compositore, al suo rientro in Russia, ne ricavò una versione orchestrale, spinto dall’esigenza di aggiungere lavori sinfonici al suo repertorio. Come ricorda il famoso violoncellista Turovsky del celeberrimo Trio Borodin, l’Ouverture non fu eseguita per decenni nell’Unione Sovietica poiché le autorità si rifiutavano di inserire sui programmi e manifesti l’aggettivo “ebraici”, tanto da obbligare i musicisti della prima esecuzione a Mosca ad ometterlo. Nonostante ciò, si sparse la voce che proprio dell’Ouverture “ebraica” si trattava e tanto fu l’afflusso del pubblico, unito all’amplissimo successo, da richiedere subito un bis dell’intera esecuzione. L’opera trasmette fin dall’iniziale esposizione del clarinetto lo spirito tipico dei musicisti ambulanti ebrei klezmorim, innestando su di un tappeto ritmico, ironicamente ostinato ed ondeggiante, il tema maliconico e lirico che, attraverso le sue successive riapparizioni, viene a delineare la tipica forma di rondò. Come si riscontra nel carattere generale della musica folk ebraica, anche nell’Ouverture si sovrappongono e si alternano due atmosfere emotive contrastanti, simili alla disperazione stemperata da una risata fra le lacrime, create dai temi affidati agli archi, in particolare al violoncello ed al corno, che modellano melodie morbidamente cantabili dai tratti quasi liturgici. Tutto lo svolgimento della composizione si basa sul particolare equilibrio nell’alternanza di temi ben delineati e la sottile trama di imitazioni ritmiche e melodiche tra i vari timbri dell’orchestra, che risplende di tinte brillanti ed effonde al tempo stesso una morbida atmosfera di malinconia gitana, riecheggiante di ritmi festosi, ma profondamente radicati in una dimensione di lontana tragicità. Rodrigo Concierto de Aranjuez Composto nel 1939 ed eseguito per la prima volta in pubblico nel 1940, il Concierto de Aranjuez è forse la più nota opera per chitarra e orchestra, uno dei brani più amati dell’intero repertorio orchestrale del ’900, sicuramente il più eseguito e scelto come oggetto di numerosissimi arrangiamenti. Rodrigo scrisse il Concierto a Parigi, dove si era trasferito per completare la sua preparazione musicale e dove matura la sua amicizia con De Falla. Secondo alcune fonti biografiche l’ispirazione della composizione sembrerebbe fiorita casualmente durante un pranzo svoltosi alla fine dell’estate del 1938 in un ristorante della città di San Sebastián. Il Marchese di Bolarque, nobile gentiluomo spagnolo suo amico, che sedeva a tavola insieme al compositore ed al chitarrista Regino Sainz de la Maza, chiese espressamente a Rodrigo di scrivere per il celebre interprete un’opera ed egli si entusiasmò subito. La stesura del lavoro iniziò nel 1938 e fu completata un anno dopo in coincidenza con definitivo ritorno a Madrid da Parigi del compositore. Il Concierto de Aranjuez prende il titolo dalla famosa residenza reale particolarmente cara ai Borboni, situata a 50 km da Madrid sulla strada per l’Andalusia. Pur trattandosi di musica estranea a qualsiasi programma, l’autore ha scelto di assegnarle una cornice storica a cavallo tra il XVIII e XIX secolo, nell’ambientazione delle corti di Carlo IV e Fernando VII, idealmente avvolte da melodie ispano-americane ed adornate da splendidi giardini con fresche fontane e riecheggianti dei richiami dei cani da caccia. Lo stesso Rodrigo, in una sua celebre dichiarazione, così sintetizza il carattere del lavoro: “Il Concierto de Aranjuez, sintesi del classico e del popolare, di forma e di sentimento, suona nascosto sotto le fronde del parco che circonda il Palazzo Barocco e vuole soltanto essere agile ed elegante come una farfalla...”. Ed ancora: “Una volta concepito il Concerto, bisognava collocarlo in un’epoca e, ancor più, in un luogo. Un’epoca durante la quale i fandanghi si riducono in fandanguillos e il canto e la buléria scuotono l’àmbito ispanico: Carlo IV, Fernando VIII, Isabella II, toreri, Aranjuez, America…”. La forma finemente decorativa del Concierto nasce dal determinato desiderio di contrapporre lo strumento all’orchestra, ampliando notevolmente le possibilità dello strumento solista, ponendo una serie di insoliti problemi tecnici che il virtuoso Sainz de la Maza ha dovuto non solo risolvere, ma addirittura dominare, nell’intento di restituire la forza della composizione insita nella leggerezza e nell’intensità dei contrasti. La chitarra, con un’audacia senza precedenti, si contrappone all’intera orchestra. Il primo movimento è animato nel suo vibrante incedere dalla forza e allegria ritmica dei due temi che lo compongono, preannunciati in modo insolito da un breve preludio, che sostituisce il tipico momento del tutti orchestrale. Il secondo è il più conosciuto grazie alla affascinante melodia dal carattere elegiaco raggiunto attraverso il dialogo tra il solista ed i vari strumenti. Miles Davis la definì tanto profonda da acquistare forza quanto più lentamente la si esegue. Questa melodia, stando alle parole della moglie Vicki, fu composta da Rodrigo in occasione della nascita del loro unico figlio. Durante il parto il bimbo nacque morto e la vita della donna amata fu messa in pericolo. Joaquín, dal silenzio della propria stanza, rivolse la sua preghiera a Dio, nell’unico modo in cui avrebbe potuto: con la musica. Il terzo movimento, strutturato sulla combinazione di due ritmi contrastanti, evoca una danza cortigiana. Sin dalla sua prima uscita il Concierto de Aranjuez guadagnò immense fortune di pubblico e critica, al punto da divenire in breve una vera e propria “icona” della musica e della chitarra spagnola e decretare in modo assoluto il successo del compositore. Dvořák Suite ceca op. 39 Nato l’8 Settembre 1841 a Nelahozeves in Boemia e figlio di un oste rurale e macellaio, Dvořák ottenne il permesso di frequentare la scuola d’organo a Praga e studiare composizione riuscendo ben presto ad occupare il posto di viola principale nell’orchestra del Teatro Nazionale di Praga sotto la direzione di Wagner e Smetana. Il suo linguaggio musicale matura sotto l’intensa influenza del classicismo di Brahms, mentre acquisisce gradualmente come segno distintivo la presenza di ritmi e melodie desunti dalla musica popolare ceca, oltre che morava, russa e slovacca. Fra Brahms e Dvořák si stabilì un rapporto di stima reciproca ed amicizia ed il compositore tedesco segnalò la musica dell’amico all’editore musicale Simrock, il quale gli commissionò la prima delle due serie di Danze Slave rendendo immediatamente popolare la musica di Dvořák. Preceduta dalla Serenata per archi del 1875 e da quella per fiati del 1879, la Suite viene a sostituire quell’elemento che avrebbe dovuto completare un trittico nelle intenzioni iniziali dell’autore e condivide con le due composizioni la qualità di un leggero arcaismo. Tutti i movimenti sono danze di ispirazione nazionale tranne il Preludium iniziale che porta l’indicazione Pastorale. Emblematica la rievocazione del suono delle “dudy”, le tipiche cornamuse boeme, attraverso l’uso del pedale armonico, sul quale si muovono morbide modulazioni con il tema che si snoda in un sottile contrappunto. La polka viene preannunciata dalla melodia dell’oboe e si rivela molto gradualmente nel suo carattere di danza rustica e vivace, conservando un’aura di latente malinconia. Il movimento centrale nel pezzo ha una doppia denominazione: sia Sousedská, che letteralmente in boemo significa “danza dei vicini di casa”, attribuita ad una danza dal carattere moderato adatta agli anziani, sia Minuetto, il cui carattere appare conservato in una versione dal sapore boemo, ma sembra quasi assomigliare di più ad una mazurka nella marcatura ritmica attribuita al secondo accento di ogni metro. Al posto del consueto Trio segue un breve sviluppo del primo tema eseguito dai fiati dal sapore quasi settecentesco. Segue il movimento lento della Romanza, modellata sul dialogo tra il flauto ed il corno inglese che sembra dipingere lo splendore del chiaror lunare in un’atmosfera che dolcemente fluisce. Conclude l’inebriante e trascinante Furiant, tipica danza boema di corteggiamento, che alterna continuamente metri ternari a quelli binari ed all’interno del quale si trova una melodia tratta da un originale canto tradizionale, che arricchisce di sensualità e nostalgico sapore paesano la scintillante versatilità della sonorità orchestrale. Kodály Danze di Galánta “Se dovessi dare un nome al compositore le cui opere sono l’incarnazione più perfetta dello spirito ungherese, vorrei rispondere Kodály. Il suo lavoro dimostra la sua fede nello spirito ungherese. La spiegazione ovvia è che tutta l’attività compositiva di Kodály è radicata solo in terra ungherese, ma la ragione profonda interiore è la sua fede incrollabile e la fiducia nella forza costruttiva e nel futuro del suo popolo”. Così scriveva Béla Bartók dell’eminente compositore, etnomusicologo, educatore, nato nel 1882 a Kecskemét, in Ungheria e morto nel 1967 a Budapest. Figlio di un capostazione delle ferrovie austro-ungariche imperiali continuamente trasferito di sede, Kodály trascorse i suoi primi anni in un susseguirsi di piccole città ungheresi. Egli ha così espresso e sviluppato un profondo interesse per la musica popolare magiara che lo circondava, contemporaneamente a quello per la musica da camera tradizionale europea. Entrambi i suoi genitori erano entusiasti dilettanti musicali e Kodály imparò a suonare velocemente pianoforte, violino, viola e violoncello. Conseguito il dottorato in musicologia, che si concluse con la sua tesi sulla struttura strofica della canzone popolare ungherese, si unì al suo grande amico e connazionale Bartók nell’organizzazione di viaggi in giro per la campagna con l’intento di raccogliere canti popolari. Come sarà per Bartók, il materiale musicale di questi brani popolari ispirerà il linguaggio di composizioni originali di Kodály. Assieme alle Danze di Marosszék , suite per piano del 1927 successivamente orchestrata, le Danze di Galánta, cui fecero immediatamente seguito nel 1930, sono certamente le sue partiture orchestrali più note. Galánta è una piccola città-mercato ungherese attualmente situata in Slovacchia, ove il compositore trascorse sette anni della sua infanzia. A quel tempo esisteva una famosa band gitana che trasmise alle orecchie del piccolo Zoltán il primo assaggio di una sonorità “orchestrale”. A Vienna furono pubblicati alcuni libri di danze ungheresi, già intorno al 1800, uno dei quali conteneva musica attribuita agli zingari di Galánta. Al fine di conservare quelle antiche tradizioni il compositore attinse direttamente per il suo lavoro dai temi principali di queste vecchie pubblicazioni. La successione dei cinque movimenti delle Danze di Galánta fonde la forma del rondò con quella bipartita della rapsodia listziana, modellandosi sullo stile del verbunkos. è questa una danza-spettacolo ungherese, eseguita da formazioni gitane, in voga dal XVIII al IX secolo, praticata dalle truppe degli Ussari durante le cerimonie di reclutamento, tradizionalmente composta da due sezioni dal carattere sia ritmico che melodico, nettamente contrastanti. Questa dicotomia tra i balli lenti e veloci è stata interpretata come il riflesso dei due aspetti contrastanti del carattere ungherese. Gli schemi ritmici e abbellimenti del verbunkos sono tipicamente ungheresi e ricchi degli influssi derivanti da elementi etnici fortemente variegati, riferibili ben oltre i confini dell’area balcanica. Divenne popolarissimo non solo tra i contadini poveri, ma anche tra le classi aristocratiche che vedevano il verbunkos come la musica autentica della nazione ungherese. Entro la fine del XVIII secolo venne integrato sempre più frequentemente nell’opera, nella musica da camera e per pianoforte e canto, essendo considerato la risurrezione dell’antica danza ungherese e della musica, ed il suo successo decretò il trionfo dell’arte del popolo. Tutte le caratteristiche del verbunkos vengono utilizzate nel corso dell’alternarsi dei tempi lenti e rapidi, quali ad esempio il bokázó, la cadenza che segna il termine di una frase musicale con il colpo sui tacchi, rievocata dall’inserimento di netti incisi ritmici; frequente nella melodia l’utilizzo dell’intervallo di seconda aumentata, tipico del melos popolare gitano che arricchisce, con le ghirlande dei gruppi ternari, fioriture di abbellimenti inseriti nelle lunghe arcate delle melodie, quasi a suggerire le cadenze degli accenti linguistici. La perfetta evocazione delle sonorità tzigane viene sottolineata dal preponderante uso del clarinetto dialogante con gli archi, fin dall’introduzione iniziale, quale trasposizione timbrica del tradizionale ‘singlereed tárogáto’, il tipico strumento a fiato simile ad un sassofono soprano di legno. La particolare bellezza ed il fascino del lavoro di Kodály, che potrebbe sembrare legata ad un semplice omaggio alla musica popolare, è dovuta anche alla ricca ed originale tavolozza timbrica che mette in rilievo i temi ben delineati, offrendo la prova di una brillante e moderna capacità di orchestrazione. Testi di Ilaria Andreoli Considerato uno dei più versatili musicisti della sua generazione, il chitarrista spagnolo Pepe Romero ha avuto una carriera prestigiosa sia come solista, sia insieme al padre, il leggendario Celedonio Romero e ai suoi fratelli, con il Romeros Quartet ensemble chitarristico di celebrità mondiale. Virtuoso dalla tecnica impeccabile, grande interprete del repertorio classico, ma anche sostenitore appassionato del flamenco tradizionale della nativa Andalusia, Pepe Romero ha suonato come solista con le più grandi orchestre del mondo, collaborando con i più famosi direttori e compositori. Fin dalla sua prima incisione, Flamenco Fenómeno!, uscita quando aveva solo quindici anni, Romero ha inciso più di 50 dischi e CD, tra i quali ricordiamo quelli con l’Accademia di S. Martin-in-the-Fields, diretta da Sir Neville Marriner e Iona Brown. Nel Novembre 2011 la Deutsche Grammophon ha lanciato Christmas with los Romeros, album con i più famosi brani dei Romero. La Stagione 2012/2013 sarà dedicata da Pepe Romero a celebrare il 100° anniversario della nascita del padre e in onore del quale inciderà per Deutsche Grammophon la sua Suite Madrileña n. 1. Nominato nel 2004 ‘Distinguished Artist in Residence’ alla Scuola di Musica Thornton dell’Università del Sud California, Romero tiene corsi di perfezionamento all’Università del Sud California, all’Accademia Estiva di Salisburgo, allo Schleswig-Holstein Festival e al Festival della Chitarra a Cordova ed ha ricevuto un dottorato honoris causa dal Conservatorio di Musica di San Francisco e dall’Università di Victoria. Tra le molte onorificenze ricevute menzioniamo la nomina a Cavaliere dell’Ordine di “Isabella la Cattolica”, ed il “Premio Andalusia per la Musica”, il più alto riconoscimento datogli dalla sua terra natale per il suo contributo artistico. Pepe Romero è uno dei protagonisti del premiato film-documentario Luci e Ombre: Joaquín Rodrigo a 90 anni. André Bernard, conosciuto in tutto il mondo per la sua carriera come trombettista, si è esibito al fianco delle più prestigiose orchestre del mondo (Berliner e Wiener Symphoniker, New Japan Philharmonic, Leipzig Gewandhaus, Dresden Staatskapelle), nelle sale e nei festival più importanti (Berliner Philharmonie, New York Carnegie Hall, Festival di Salisburgo), nonché nei teatri delle maggiori capitali del mondo. La sua carriera di solista gli ha dato l’opportunità di seguire il lavoro dei più famosi direttori d’orchestra del nostro tempo e di sviluppare l’interesse per la direzione d’orchestra. Ha ottenuto quindi il diploma superiore in Direzione d’Orchestra a Parigi, perfezionandosi poi con Bruno Bartoletti e Carlo Maria Giulini. è stato Direttore Principale della New Symphony Orchestra of London (1982–1987) e della London Chamber Orchestra e Direttore Principale Ospite della Hungarian Symphony Orchestra, della Irish Chamber Orchestra Dublin, dell’Orchestra Sinfonica Abruzzese e della Janacek Philharmonic Orchestra. Ha diretto inoltre le orchestre: London Symphony Orchestra, Royal Philharmonic, London Philharmonic Orchestra, Mozarteum Orchester Salzburg, Orchestre de la Suisse Romande, Orchestre National de Lyon, Orchestre National de Toulouse, Philharmonique de Monte Carlo, Philharmonia Hungarica, Orquestra Nacional de Barcelona, Brno Philharmonic, Budapest Opera Orchestra, Orquesta Simfonica de Balears, Prague State Opera. Il suo repertorio operistico è vastissimo, comprendendo le principali opere di Bizet, Gounod, Massenet, Puccini, Verdi, Bellini, Mozart, ma anche di Gluck, Poulenc, Delibes, Offenbach,Debussy, fino a meno frequentati titoli di Meyerbeer, Berlioz e Menotti. Ha realizzato diverse incisioni come direttore o solista con le etichette Philips, CBS, Decca, Sony Classical. La FVG. Mitteleuropa Orchestra è una compagine che nasce sotto l’egida della Fondazione Bon e con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, con la finalità di valorizzare i musicisti e le risorse culturali del territorio e con la volontà di interagire con gli organismi e gli enti che qui operano, al fine di richiamare positivamente l’attenzione di altri e più vasti ambiti territoriali, con un progetto di matrice europea, dinamico e innovativo e con l’ambizione di diventare un’istituzione musicale di riferimento per l’area mitteleuropea. Negli ultimi due anni ha partecipato al Mittelfest, alla Biennale Musica di Venezia, al Festival “Le Giornate del cinema muto” di Pordenone, alla rassegna regionale Carniarmonie ed è stata inserita nel cartellone musicale del Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Recentemente si è esibita nell’ambito dell’Emilia Romagna Festival in “Pierino e il lupo” di Prokof ’ev con la partecipazione di Gigi Proietti come voce recitante e ha eseguito il Concerto all’Alba, appuntamento esclusivo del Ravello Festival. Nell’ottica di una costante crescita musicale e dell’ampliamento del proprio repertorio, ha portato in scena diversi programmi operistici. Fervida la collaborazione con il compositore argentino Luis Bacalov, che ha diretto l’orchestra in diverse occasioni, sia nei teatri della Regione che a Forlì, per l’esecuzione di Estaba la madre e della Misa Tango. L’orchestra è stata diretta da Alfonso Scarano, Paolo Paroni, Pietari Inkinen, John Axelrod, Ola Rudner, Andrea Pestalozza, Filippo Maria Bressan, Tiziano Severini collaborando con solisti quali Pietro De Maria, Roberto Cominati, Bruno Canino, Lilya Zilberstein, François-Joël Thiollier, Sergey Krilov, Giovanni Sollima, Mario Brunello, Federico Mondelci, Annamaria Dell’Oste, Luciana D’Intino. STAGIONE 2011/2012 Barry Douglas pianoforte Beethoven Sonata in si bemolle maggiore n.29 op.106 “Hammerklavier”; Sonata in do maggiore n.21 op.53 “Waldstein” Brahms Capriccio in re minore op.116 n.1; Intermezzo in mi bemolle maggiore op.117 n.1; Capriccio in sol minore op.116 n.3; Intermezzo in mi maggiore op.116 n.4; Capriccio in re minore maggiore op.116 n.7 Conerto in sostituzione del recital del 7 febbraio 2012 28 - 31 marzo 2012 · ore 20.45 · PROSA LA COMMEDIA DI ORLANDO liberamente tratto da “Orlando” di Virginia Woolf regia e drammaturgia di Emanuela Giordano musiche originali, eseguite dal vivo, della Bubbez Orchestra con Isabella Ragonese e Sarah Biacchi produzione: Compagnia Enfi Teatro 2 aprile 2012 · ore 20.45 CROSSOVER 3 aprile 2012 · ore 10.30 replica per le scuole ITIS GALILEO di Francesco Niccolini e Marco Paolini con Marco Paolini produzione: Michela Signori, Jolefilm 4 aprile 2012 · ore 20.45 · MUSICA FVG Mitteleuropa Orchestra Emilio Pomarico direttore Nicola Benedetti violino 12 aprile 2012 · ore 20.45 · DANZA Ballet de L’Opéra National de Bordeaux direttore artistico Charles Jude SOIRÉE BALANCHINE musiche di Igor Stravinskij e George Gershwin coreografie di George Balanchine 14 aprile 2012 · ore 20.45 · MUSICA Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino Zubin Mehta direttore Verdi “I Vespri siciliani” Sinfonia Mozart Sinfonia n. 41 KV 551 “Jupiter” Dvořák Sinfonia n. 9 op. 95 “Dal nuovo mondo” 16 - 19 aprile 2012 · ore 20.45 · PROSA IL VENTAGLIO di Carlo Goldoni regia di Damiano Michieletto produzione: Teatro Stabile del Veneto Teatri e Umanesimo Latino S.p.A. 20 - 28 aprile 2012 · ore 20.45 · TEATRO& C.E.C. Centro Espressioni Cinematografiche UDINE FAR EAST FILM Il più grande festival di cinema popolare asiatico - 14ª edizione 8 maggio 2012 · ore 20.45 · LIRICA Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste Schubert “Rosamunde” D797, Musiche di scena nn. 2, 5 e 9 Bruch Concerto per violino n. 1 op. 26 Schumann Sinfonia n. 1 op. 38 “Primavera” LA BOHÈME Fondazione Teatro Nuovo Giovanni da Udine Via Trento, 4 - 33100 Udine Tel. 0432248411 [email protected] www.teatroudine.it Biglietteria online [email protected] www.teatroudine.it www.vivaticket.it produzione: Teatro Nuovo Giovanni da Udine in collaborazione con Fondazione Bon libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica musica di Giacomo Puccini direttore Donato Renzetti regia di Elisabetta Brusa Orchestra, Coro e Tecnici della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste Segui il Teatro © Studio Novajra · ph.: ritratto di Pepe Romero di Antòn Goiri · print: Grafiche Filacorda 25 marzo 2012 · ore 20.45 · MUSICA