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21 marzo 2012 · ore 20.45
FVG Mitteleuropa Orchestra
André Bernard direttore
Pepe Romero chitarra
MUSICA
FVG Mitteleuropa Orchestra
André Bernard direttore
Pepe Romero chitarra
Sergej Prokof ’ev (1891-1953)
Ouverture su temi ebraici op. 34 bis
Joaquín Rodrigo (1901-1999)
Concierto de Aranjuez per chitarra e orchestra
Allegro con spirito
Adagio
Allegro gentile
***
Antonín Dvořák (1841-1904)
“Suite Ceca” op. 39 in re maggiore
Preludium (Pastorale)
Polka
Sousedská (Minuetto)
Romance
Finale (Furiant)
Zoltán Kodály (1882 – 1967)
Danze di Galánta
produzione: Teatro Nuovo Giovanni da Udine
in collaborazione con Fondazione Bon
FVG Mitteleuropa Orchestra
Violini I
Lucio Degani**
Francesco Lovato*
Monica Cordaz
Anna Apollonio
Verena Rojc
Lucia Premerl
Nuno Coelho
Anna Del Bon
Luigi Calzavara
Edwin Caceres Peñuela
Riccardo Alfarè
Giuseppina Tonet
Violini II
Constantin Beschieru*
Hanny Killaars
Ludovica Burtone
Furio Belli
Leopoldo Pesce
Domenico Mason
Mila Barutti
Margherita Bulfone
Sinead Nava
Valentina Russo
Viole
Margherita Cossio*
Francesca Bassan
Elena Allegretto
Laura Menegozzo
Annalisa Clemente
Elisabetta Rinaldo
Francesca Levorato
Giovanni Boscarato
Violoncelli
Giuseppe Barutti*
Massimo Favento
Mara Grion
Federica Tavano
Jana Kulichova
Antonio Merici
Contrabbassi
Paolo Mazzoleni*
Luca Zuliani
Laura Soranzio
Vitalie Mutoi
Flauto
Fosca Briante*
Flauto e ottavino
Michela Gani*
Oboi
Enrico Cossio*
Giulia Cristante
Corno Inglese
Andrea Martinella*
Clarinetti
Davide Argentiero*
Elena Paroni
Fagotti
Dario Braidotti*
Marina Zuliani
Corni
Andrea Liani*
Mauro Verona
Nikolay Novikov
Andrea Comoretto
Trombe
Stefano Flaibani*
Luca Bastiancig
Timpani
Cristiano Torresan*
Percussione
Barbara Tomasin
Alex Kuret
Pianoforte
Ferdinando Mussutto*
** Violino di Spalla
* Prima Parte
Prokof ’ev Ouverture su temi ebraici, op. 34 bis
Nel pieno della sua carriera internazionale di pianista e compositore, nel 1919
Prokof ’ev si trovava in viaggio negli Stati Uniti e veniva contattato a New York
da un gruppo di suoi ex compagni di studi al Conservatorio di San Pietroburgo,
che stava svolgendo la sua tournée. Si trattava del piccolo gruppo di musicisti
ebrei Zimro che sperava di raccogliere fondi per l’istituzione di un Conservatorio
a Gerusalemme. La loro formazione un po’ insolita di sestetto con pianoforte,
clarinetto ed archi era alla ricerca di un’opera adatta all’organico che portasse la
firma celebre del Maestro, in modo da attirare il più possibile attenzione e favori
del pubblico. Il leader del gruppo, Simeon Bellison, fornì a Prokof ’ev un quaderno
con melodie ebraiche, non propriamente originali, e si narra che la prima stesura
prese forma nel corso di una sola notte iniziata con la semplice improvvisazione
libera su tali temi. La prima esecuzione, con Prokof ’ev al pianoforte ed ensemble
da camera si ebbe a New York nel 1920, appena un anno prima del debutto a
Chicago dell’opera L’amore delle tre melarance e di quello a Parigi del balletto
Chout. Fu solo nel 1934 che il compositore, al suo rientro in Russia, ne ricavò
una versione orchestrale, spinto dall’esigenza di aggiungere lavori sinfonici al suo
repertorio. Come ricorda il famoso violoncellista Turovsky del celeberrimo Trio
Borodin, l’Ouverture non fu eseguita per decenni nell’Unione Sovietica poiché le
autorità si rifiutavano di inserire sui programmi e manifesti l’aggettivo “ebraici”,
tanto da obbligare i musicisti della prima esecuzione a Mosca ad ometterlo.
Nonostante ciò, si sparse la voce che proprio dell’Ouverture “ebraica” si trattava e
tanto fu l’afflusso del pubblico, unito all’amplissimo successo, da richiedere subito
un bis dell’intera esecuzione. L’opera trasmette fin dall’iniziale esposizione del
clarinetto lo spirito tipico dei musicisti ambulanti ebrei klezmorim, innestando su
di un tappeto ritmico, ironicamente ostinato ed ondeggiante, il tema maliconico
e lirico che, attraverso le sue successive riapparizioni, viene a delineare la tipica
forma di rondò. Come si riscontra nel carattere generale della musica folk ebraica,
anche nell’Ouverture si sovrappongono e si alternano due atmosfere emotive
contrastanti, simili alla disperazione stemperata da una risata fra le lacrime,
create dai temi affidati agli archi, in particolare al violoncello ed al corno, che
modellano melodie morbidamente cantabili dai tratti quasi liturgici. Tutto lo
svolgimento della composizione si basa sul particolare equilibrio nell’alternanza
di temi ben delineati e la sottile trama di imitazioni ritmiche e melodiche tra i vari
timbri dell’orchestra, che risplende di tinte brillanti ed effonde al tempo stesso
una morbida atmosfera di malinconia gitana, riecheggiante di ritmi festosi, ma
profondamente radicati in una dimensione di lontana tragicità.
Rodrigo Concierto de Aranjuez
Composto nel 1939 ed eseguito per la prima volta in pubblico nel 1940, il
Concierto de Aranjuez è forse la più nota opera per chitarra e orchestra, uno dei
brani più amati dell’intero repertorio orchestrale del ’900, sicuramente il più
eseguito e scelto come oggetto di numerosissimi arrangiamenti. Rodrigo scrisse
il Concierto a Parigi, dove si era trasferito per completare la sua preparazione
musicale e dove matura la sua amicizia con De Falla. Secondo alcune fonti
biografiche l’ispirazione della composizione sembrerebbe fiorita casualmente
durante un pranzo svoltosi alla fine dell’estate del 1938 in un ristorante della
città di San Sebastián. Il Marchese di Bolarque, nobile gentiluomo spagnolo suo
amico, che sedeva a tavola insieme al compositore ed al chitarrista Regino Sainz
de la Maza, chiese espressamente a Rodrigo di scrivere per il celebre interprete
un’opera ed egli si entusiasmò subito. La stesura del lavoro iniziò nel 1938 e fu
completata un anno dopo in coincidenza con definitivo ritorno a Madrid da Parigi
del compositore. Il Concierto de Aranjuez prende il titolo dalla famosa residenza
reale particolarmente cara ai Borboni, situata a 50 km da Madrid sulla strada per
l’Andalusia. Pur trattandosi di musica estranea a qualsiasi programma, l’autore
ha scelto di assegnarle una cornice storica a cavallo tra il XVIII e XIX secolo,
nell’ambientazione delle corti di Carlo IV e Fernando VII, idealmente avvolte
da melodie ispano-americane ed adornate da splendidi giardini con fresche
fontane e riecheggianti dei richiami dei cani da caccia. Lo stesso Rodrigo, in una
sua celebre dichiarazione, così sintetizza il carattere del lavoro: “Il Concierto de
Aranjuez, sintesi del classico e del popolare, di forma e di sentimento, suona
nascosto sotto le fronde del parco che circonda il Palazzo Barocco e vuole
soltanto essere agile ed elegante come una farfalla...”. Ed ancora: “Una volta
concepito il Concerto, bisognava collocarlo in un’epoca e, ancor più, in un luogo.
Un’epoca durante la quale i fandanghi si riducono in fandanguillos e il canto e
la buléria scuotono l’àmbito ispanico: Carlo IV, Fernando VIII, Isabella II, toreri,
Aranjuez, America…”. La forma finemente decorativa del Concierto nasce dal
determinato desiderio di contrapporre lo strumento all’orchestra, ampliando
notevolmente le possibilità dello strumento solista, ponendo una serie di insoliti
problemi tecnici che il virtuoso Sainz de la Maza ha dovuto non solo risolvere,
ma addirittura dominare, nell’intento di restituire la forza della composizione
insita nella leggerezza e nell’intensità dei contrasti. La chitarra, con un’audacia
senza precedenti, si contrappone all’intera orchestra. Il primo movimento è
animato nel suo vibrante incedere dalla forza e allegria ritmica dei due temi
che lo compongono, preannunciati in modo insolito da un breve preludio, che
sostituisce il tipico momento del tutti orchestrale. Il secondo è il più conosciuto
grazie alla affascinante melodia dal carattere elegiaco raggiunto attraverso il
dialogo tra il solista ed i vari strumenti. Miles Davis la definì tanto profonda da
acquistare forza quanto più lentamente la si esegue. Questa melodia, stando alle
parole della moglie Vicki, fu composta da Rodrigo in occasione della nascita del
loro unico figlio. Durante il parto il bimbo nacque morto e la vita della donna
amata fu messa in pericolo. Joaquín, dal silenzio della propria stanza, rivolse la
sua preghiera a Dio, nell’unico modo in cui avrebbe potuto: con la musica. Il
terzo movimento, strutturato sulla combinazione di due ritmi contrastanti, evoca
una danza cortigiana. Sin dalla sua prima uscita il Concierto de Aranjuez guadagnò
immense fortune di pubblico e critica, al punto da divenire in breve una vera
e propria “icona” della musica e della chitarra spagnola e decretare in modo
assoluto il successo del compositore.
Dvořák Suite ceca op. 39
Nato l’8 Settembre 1841 a Nelahozeves in Boemia e figlio di un oste rurale
e macellaio, Dvořák ottenne il permesso di frequentare la scuola d’organo a
Praga e studiare composizione riuscendo ben presto ad occupare il posto di
viola principale nell’orchestra del Teatro Nazionale di Praga sotto la direzione
di Wagner e Smetana. Il suo linguaggio musicale matura sotto l’intensa
influenza del classicismo di Brahms, mentre acquisisce gradualmente come
segno distintivo la presenza di ritmi e melodie desunti dalla musica popolare
ceca, oltre che morava, russa e slovacca. Fra Brahms e Dvořák si stabilì un
rapporto di stima reciproca ed amicizia ed il compositore tedesco segnalò
la musica dell’amico all’editore musicale Simrock, il quale gli commissionò la
prima delle due serie di Danze Slave rendendo immediatamente popolare la
musica di Dvořák. Preceduta dalla Serenata per archi del 1875 e da quella per
fiati del 1879, la Suite viene a sostituire quell’elemento che avrebbe dovuto
completare un trittico nelle intenzioni iniziali dell’autore e condivide con le due
composizioni la qualità di un leggero arcaismo. Tutti i movimenti sono danze di
ispirazione nazionale tranne il Preludium iniziale che porta l’indicazione Pastorale.
Emblematica la rievocazione del suono delle “dudy”, le tipiche cornamuse
boeme, attraverso l’uso del pedale armonico, sul quale si muovono morbide
modulazioni con il tema che si snoda in un sottile contrappunto. La polka viene
preannunciata dalla melodia dell’oboe e si rivela molto gradualmente nel suo
carattere di danza rustica e vivace, conservando un’aura di latente malinconia. Il
movimento centrale nel pezzo ha una doppia denominazione: sia Sousedská, che
letteralmente in boemo significa “danza dei vicini di casa”, attribuita ad una danza
dal carattere moderato adatta agli anziani, sia Minuetto, il cui carattere appare
conservato in una versione dal sapore boemo, ma sembra quasi assomigliare
di più ad una mazurka nella marcatura ritmica attribuita al secondo accento
di ogni metro. Al posto del consueto Trio segue un breve sviluppo del primo
tema eseguito dai fiati dal sapore quasi settecentesco. Segue il movimento lento
della Romanza, modellata sul dialogo tra il flauto ed il corno inglese che sembra
dipingere lo splendore del chiaror lunare in un’atmosfera che dolcemente fluisce.
Conclude l’inebriante e trascinante Furiant, tipica danza boema di corteggiamento,
che alterna continuamente metri ternari a quelli binari ed all’interno del quale
si trova una melodia tratta da un originale canto tradizionale, che arricchisce di
sensualità e nostalgico sapore paesano la scintillante versatilità della sonorità
orchestrale.
Kodály Danze di Galánta
“Se dovessi dare un nome al compositore le cui opere sono l’incarnazione più
perfetta dello spirito ungherese, vorrei rispondere Kodály. Il suo lavoro dimostra
la sua fede nello spirito ungherese. La spiegazione ovvia è che tutta l’attività
compositiva di Kodály è radicata solo in terra ungherese, ma la ragione profonda
interiore è la sua fede incrollabile e la fiducia nella forza costruttiva e nel
futuro del suo popolo”. Così scriveva Béla Bartók dell’eminente compositore,
etnomusicologo, educatore, nato nel 1882 a Kecskemét, in Ungheria e morto
nel 1967 a Budapest. Figlio di un capostazione delle ferrovie austro-ungariche
imperiali continuamente trasferito di sede, Kodály trascorse i suoi primi anni
in un susseguirsi di piccole città ungheresi. Egli ha così espresso e sviluppato
un profondo interesse per la musica popolare magiara che lo circondava,
contemporaneamente a quello per la musica da camera tradizionale europea.
Entrambi i suoi genitori erano entusiasti dilettanti musicali e Kodály imparò
a suonare velocemente pianoforte, violino, viola e violoncello. Conseguito il
dottorato in musicologia, che si concluse con la sua tesi sulla struttura strofica
della canzone popolare ungherese, si unì al suo grande amico e connazionale
Bartók nell’organizzazione di viaggi in giro per la campagna con l’intento
di raccogliere canti popolari. Come sarà per Bartók, il materiale musicale di
questi brani popolari ispirerà il linguaggio di composizioni originali di Kodály.
Assieme alle Danze di Marosszék , suite per piano del 1927 successivamente
orchestrata, le Danze di Galánta, cui fecero immediatamente seguito nel 1930,
sono certamente le sue partiture orchestrali più note. Galánta è una piccola
città-mercato ungherese attualmente situata in Slovacchia, ove il compositore
trascorse sette anni della sua infanzia. A quel tempo esisteva una famosa band
gitana che trasmise alle orecchie del piccolo Zoltán il primo assaggio di una
sonorità “orchestrale”. A Vienna furono pubblicati alcuni libri di danze ungheresi,
già intorno al 1800, uno dei quali conteneva musica attribuita agli zingari di
Galánta. Al fine di conservare quelle antiche tradizioni il compositore attinse
direttamente per il suo lavoro dai temi principali di queste vecchie pubblicazioni.
La successione dei cinque movimenti delle Danze di Galánta fonde la forma
del rondò con quella bipartita della rapsodia listziana, modellandosi sullo
stile del verbunkos. è questa una danza-spettacolo ungherese, eseguita da
formazioni gitane, in voga dal XVIII al IX secolo, praticata dalle truppe degli
Ussari durante le cerimonie di reclutamento, tradizionalmente composta da due
sezioni dal carattere sia ritmico che melodico, nettamente contrastanti. Questa
dicotomia tra i balli lenti e veloci è stata interpretata come il riflesso dei due
aspetti contrastanti del carattere ungherese. Gli schemi ritmici e abbellimenti
del verbunkos sono tipicamente ungheresi e ricchi degli influssi derivanti da
elementi etnici fortemente variegati, riferibili ben oltre i confini dell’area
balcanica. Divenne popolarissimo non solo tra i contadini poveri, ma anche tra
le classi aristocratiche che vedevano il verbunkos come la musica autentica della
nazione ungherese. Entro la fine del XVIII secolo venne integrato sempre più
frequentemente nell’opera, nella musica da camera e per pianoforte e canto,
essendo considerato la risurrezione dell’antica danza ungherese e della musica,
ed il suo successo decretò il trionfo dell’arte del popolo. Tutte le caratteristiche
del verbunkos vengono utilizzate nel corso dell’alternarsi dei tempi lenti e rapidi,
quali ad esempio il bokázó, la cadenza che segna il termine di una frase musicale
con il colpo sui tacchi, rievocata dall’inserimento di netti incisi ritmici; frequente
nella melodia l’utilizzo dell’intervallo di seconda aumentata, tipico del melos
popolare gitano che arricchisce, con le ghirlande dei gruppi ternari, fioriture
di abbellimenti inseriti nelle lunghe arcate delle melodie, quasi a suggerire le
cadenze degli accenti linguistici. La perfetta evocazione delle sonorità tzigane
viene sottolineata dal preponderante uso del clarinetto dialogante con gli archi,
fin dall’introduzione iniziale, quale trasposizione timbrica del tradizionale ‘singlereed tárogáto’, il tipico strumento a fiato simile ad un sassofono soprano di
legno. La particolare bellezza ed il fascino del lavoro di Kodály, che potrebbe
sembrare legata ad un semplice omaggio alla musica popolare, è dovuta anche
alla ricca ed originale tavolozza timbrica che mette in rilievo i temi ben delineati,
offrendo la prova di una brillante e moderna capacità di orchestrazione.
Testi di Ilaria Andreoli
Considerato uno dei più versatili musicisti della sua generazione, il chitarrista
spagnolo Pepe Romero ha avuto una carriera prestigiosa sia come
solista, sia insieme al padre, il leggendario Celedonio Romero e ai suoi fratelli,
con il Romeros Quartet ensemble chitarristico di celebrità mondiale. Virtuoso
dalla tecnica impeccabile, grande interprete del repertorio classico, ma anche
sostenitore appassionato del flamenco tradizionale della nativa Andalusia,
Pepe Romero ha suonato come solista con le più grandi orchestre del mondo,
collaborando con i più famosi direttori e compositori. Fin dalla sua prima
incisione, Flamenco Fenómeno!, uscita quando aveva solo quindici anni, Romero
ha inciso più di 50 dischi e CD, tra i quali ricordiamo quelli con l’Accademia
di S. Martin-in-the-Fields, diretta da Sir Neville Marriner e Iona Brown. Nel
Novembre 2011 la Deutsche Grammophon ha lanciato Christmas with los
Romeros, album con i più famosi brani dei Romero. La Stagione 2012/2013
sarà dedicata da Pepe Romero a celebrare il 100° anniversario della nascita
del padre e in onore del quale inciderà per Deutsche Grammophon la sua
Suite Madrileña n. 1. Nominato nel 2004 ‘Distinguished Artist in Residence’
alla Scuola di Musica Thornton dell’Università del Sud California, Romero
tiene corsi di perfezionamento all’Università del Sud California, all’Accademia
Estiva di Salisburgo, allo Schleswig-Holstein Festival e al Festival della Chitarra a
Cordova ed ha ricevuto un dottorato honoris causa dal Conservatorio di Musica
di San Francisco e dall’Università di Victoria. Tra le molte onorificenze ricevute
menzioniamo la nomina a Cavaliere dell’Ordine di “Isabella la Cattolica”, ed il
“Premio Andalusia per la Musica”, il più alto riconoscimento datogli dalla sua
terra natale per il suo contributo artistico. Pepe Romero è uno dei protagonisti
del premiato film-documentario Luci e Ombre: Joaquín Rodrigo a 90 anni.
André Bernard, conosciuto in tutto il mondo per la sua carriera come
trombettista, si è esibito al fianco delle più prestigiose orchestre del mondo
(Berliner e Wiener Symphoniker, New Japan Philharmonic, Leipzig Gewandhaus,
Dresden Staatskapelle), nelle sale e nei festival più importanti (Berliner Philharmonie,
New York Carnegie Hall, Festival di Salisburgo), nonché nei teatri delle maggiori
capitali del mondo. La sua carriera di solista gli ha dato l’opportunità di seguire
il lavoro dei più famosi direttori d’orchestra del nostro tempo e di sviluppare
l’interesse per la direzione d’orchestra. Ha ottenuto quindi il diploma superiore in
Direzione d’Orchestra a Parigi, perfezionandosi poi con Bruno Bartoletti e Carlo
Maria Giulini. è stato Direttore Principale della New Symphony Orchestra of
London (1982–1987) e della London Chamber Orchestra e Direttore Principale
Ospite della Hungarian Symphony Orchestra, della Irish Chamber Orchestra
Dublin, dell’Orchestra Sinfonica Abruzzese e della Janacek Philharmonic Orchestra.
Ha diretto inoltre le orchestre: London Symphony Orchestra, Royal Philharmonic,
London Philharmonic Orchestra, Mozarteum Orchester Salzburg, Orchestre
de la Suisse Romande, Orchestre National de Lyon, Orchestre National de
Toulouse, Philharmonique de Monte Carlo, Philharmonia Hungarica, Orquestra
Nacional de Barcelona, Brno Philharmonic, Budapest Opera Orchestra, Orquesta
Simfonica de Balears, Prague State Opera. Il suo repertorio operistico è vastissimo,
comprendendo le principali opere di Bizet, Gounod, Massenet, Puccini, Verdi,
Bellini, Mozart, ma anche di Gluck, Poulenc, Delibes, Offenbach,Debussy, fino
a meno frequentati titoli di Meyerbeer, Berlioz e Menotti. Ha realizzato diverse
incisioni come direttore o solista con le etichette Philips, CBS, Decca, Sony Classical.
La FVG. Mitteleuropa Orchestra è una compagine che nasce sotto
l’egida della Fondazione Bon e con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, con
la finalità di valorizzare i musicisti e le risorse culturali del territorio e con la volontà di
interagire con gli organismi e gli enti che qui operano, al fine di richiamare positivamente
l’attenzione di altri e più vasti ambiti territoriali, con un progetto di matrice europea,
dinamico e innovativo e con l’ambizione di diventare un’istituzione musicale di
riferimento per l’area mitteleuropea. Negli ultimi due anni ha partecipato al Mittelfest,
alla Biennale Musica di Venezia, al Festival “Le Giornate del cinema muto” di Pordenone,
alla rassegna regionale Carniarmonie ed è stata inserita nel cartellone musicale del
Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Recentemente si è esibita nell’ambito dell’Emilia
Romagna Festival in “Pierino e il lupo” di Prokof ’ev con la partecipazione di Gigi Proietti
come voce recitante e ha eseguito il Concerto all’Alba, appuntamento esclusivo del
Ravello Festival. Nell’ottica di una costante crescita musicale e dell’ampliamento
del proprio repertorio, ha portato in scena diversi programmi operistici. Fervida la
collaborazione con il compositore argentino Luis Bacalov, che ha diretto l’orchestra in
diverse occasioni, sia nei teatri della Regione che a Forlì, per l’esecuzione di Estaba la
madre e della Misa Tango. L’orchestra è stata diretta da Alfonso Scarano, Paolo Paroni,
Pietari Inkinen, John Axelrod, Ola Rudner, Andrea Pestalozza, Filippo Maria Bressan,
Tiziano Severini collaborando con solisti quali Pietro De Maria, Roberto Cominati,
Bruno Canino, Lilya Zilberstein, François-Joël Thiollier, Sergey Krilov, Giovanni Sollima,
Mario Brunello, Federico Mondelci, Annamaria Dell’Oste, Luciana D’Intino.
STAGIONE 2011/2012
Barry Douglas pianoforte
Beethoven Sonata in si bemolle maggiore n.29
op.106 “Hammerklavier”; Sonata in do maggiore
n.21 op.53 “Waldstein”
Brahms Capriccio in re minore op.116 n.1;
Intermezzo in mi bemolle maggiore op.117 n.1;
Capriccio in sol minore op.116 n.3; Intermezzo in
mi maggiore op.116 n.4; Capriccio in re minore maggiore op.116 n.7
Conerto in sostituzione del recital del 7 febbraio 2012
28 - 31 marzo 2012 · ore 20.45 · PROSA
LA COMMEDIA DI ORLANDO
liberamente tratto da “Orlando”
di Virginia Woolf
regia e drammaturgia di Emanuela Giordano
musiche originali, eseguite dal vivo,
della Bubbez Orchestra
con Isabella Ragonese e Sarah Biacchi
produzione: Compagnia Enfi Teatro
2 aprile 2012 · ore 20.45 CROSSOVER
3 aprile 2012 · ore 10.30 replica per le scuole
ITIS GALILEO
di Francesco Niccolini e Marco Paolini
con Marco Paolini
produzione: Michela Signori, Jolefilm
4 aprile 2012 · ore 20.45 · MUSICA
FVG Mitteleuropa Orchestra
Emilio Pomarico direttore
Nicola Benedetti violino
12 aprile 2012 · ore 20.45 · DANZA
Ballet de L’Opéra National de Bordeaux
direttore artistico Charles Jude
SOIRÉE BALANCHINE
musiche di Igor Stravinskij
e George Gershwin
coreografie di George Balanchine
14 aprile 2012 · ore 20.45 · MUSICA
Orchestra del Maggio
Musicale Fiorentino
Zubin Mehta direttore
Verdi “I Vespri siciliani” Sinfonia
Mozart Sinfonia n. 41 KV 551 “Jupiter”
Dvořák Sinfonia n. 9 op. 95 “Dal nuovo mondo”
16 - 19 aprile 2012 · ore 20.45 · PROSA
IL VENTAGLIO
di Carlo Goldoni
regia di Damiano Michieletto
produzione: Teatro Stabile del Veneto
Teatri e Umanesimo Latino S.p.A.
20 - 28 aprile 2012 · ore 20.45 · TEATRO&
C.E.C. Centro Espressioni
Cinematografiche
UDINE FAR EAST FILM
Il più grande festival di cinema popolare
asiatico - 14ª edizione
8 maggio 2012 · ore 20.45 · LIRICA
Fondazione Teatro Lirico
Giuseppe Verdi di Trieste
Schubert “Rosamunde” D797, Musiche
di scena nn. 2, 5 e 9
Bruch Concerto per violino n. 1 op. 26
Schumann Sinfonia n. 1 op. 38 “Primavera”
LA BOHÈME
Fondazione
Teatro Nuovo Giovanni da Udine
Via Trento, 4 - 33100 Udine
Tel. 0432248411
[email protected]
www.teatroudine.it
Biglietteria online
[email protected]
www.teatroudine.it
www.vivaticket.it
produzione: Teatro Nuovo Giovanni da Udine
in collaborazione con Fondazione Bon
libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
musica di Giacomo Puccini
direttore Donato Renzetti
regia di Elisabetta Brusa
Orchestra, Coro e Tecnici della
Fondazione Teatro Lirico Giuseppe
Verdi di Trieste
Segui il Teatro
© Studio Novajra · ph.: ritratto di Pepe Romero di Antòn Goiri · print: Grafiche Filacorda
25 marzo 2012 · ore 20.45 · MUSICA
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