Stampa italiana
Jessica Attene - http://www.arlequins.it
Belgio terra di chamber rock? A giudicare dai tanti artisti che circolano in un paese così piccolo
verrebbe proprio da dire di sì. La musica degli Aranis è caratteristica di quello che appare come un
vero e proprio movimento, con i suoi tratti distintivi ed un fermento interno davvero vivace. Proprio
per richiamare l’attenzione su questo angolo di mondo e sulla musica che ormai da tempo vi regna
nasce l’idea di realizzare un album che non contiene le nuove canzoni del gruppo (ce ne sono
soltanto due su un totale di dodici, per la precisione) ma una raccolta di composizioni altrui. Quando
una decina di anni fa gli Aranis iniziarono a suonare, non erano a loro detta consapevoli di
appartenere ad un nuovo movimento musicale caratterizzato non da una commistione di tendenze
eterogenee già esistenti ma da uno stile unico. E’ così, sulla base di questa nuova consapevolezza,
che il gruppo ha iniziato a contattare diversi compositori legati in qualche modo a questa scena
musicale, con l’idea di coinvolgerli in uno spettacolo. Gli Aranis hanno quindi preso la musica di
questi artisti e la propongono ora in questo album interpretandola alla loro maniera, con il loro stile
nervoso, virtuosistico e soave.
La gamma musicale è quella di una piccola e moderna orchestra di musica da camera, con strumenti
elettrici ed acustici, ma senza una vera e propria base ritmica: manca quindi la batteria di Dave
Kerman che era invece un elemento di novità del precedente album “Roqueforte”. Abbiamo quindi la
viola e il violino di Liesbeth Lambrecht, la chitarra di Stijn Denys, il flauto di Jana Arns, il piano di
Ward De Vleesschouwer (tornato in pianta stabile nella formazione), la fisarmonica di Marjolein
Cools ed il contrabbasso di Joris Vanvinckenroye che è anche la mente compositiva del gruppo. I
pezzi proposti provengono da artisti con inclinazioni diverse, seppure accomunati, come spiegato, dal
legame con la musica colta belga, di cui vengono messi in evidenza i tratti comuni, attraverso una
rilettura personale che li fa tutti sembrare a prima vista frutto di una stessa mano. Balza all’occhio la
presenza di due brani di Wim Mertens, “Gentlemen of Leisure” e “Salernes”, entrambi tratti
dall’album del 1988 “Struggle for Pleasure”, accanto a pezzi di Daniel Denis come “Bulgarian Flying
Spirit Dances” (presa da “Les Eaux Troubles” del 1993”), di Jan Kuijen (violoncellista degli Univers
Zero) con “Nonchalance”, che è poi il pezzo di apertura (tratto dall’album dei Louise Avenue “Let´s
take one more” del 1993), o dei Present con “Ersatz”, tratto “Le poison qui rend fou”, tanto per citare
gli artisti più noti nel nostro ambiente. Gli Aranis fanno propri questi pezzi attraverso la loro
personale interpretazione, ne mettono in evidenza i contrasti e i chiaroscuri con la loro eleganza
esecutiva giocando sulla percussività del pianoforte, sulla profondità timbrica del contrabbasso e
sulle sferzate degli archi che amplificano la tensione emotiva. La fisarmonica di Marjolein dona poi ai
brani delle fragranze rustiche, quasi popolari, come accade in maniera spiccata ad esempio nella
bellissima “Le Feu”, firmata dal violinista, arrangiatore e compositore Wouter Vandenabeele (di cui
ricordiamo un progetto musicale realizzato per i giochi olimpici di Atene del 2004 assieme ai cantanti
dei Madredeus).
Fra gli altri artisti meno noti, almeno in ambito progressivo, troviamo Arne Van Dongen con “Where
is Gromit” (nel sito dell’autore il titolo è così) mentre Dick van der Harst (“Viaggio fra due fini”), che a
prima vista potrebbe non dirvi niente, era ospite proprio nel primo album degli Aranis. Geert
Waegeman è un altro nome interessante essendo il violinista dei Cro Magnon, gruppo molto
interessante che autodefinisce la propria musica come "urban chamber music". “L1” è un pezzo
inedito degli Aranis che ci riporta verso il primo repertorio del gruppo con punte di poesia che si
erano un po’ spente nel precedente album, molto più ostico, mentre “Inara” è firmato da Ward de
Vleesschouwer ed era stato scritto per il gruppo nel 2010. Vale la pena infine citare gli altri ospiti che
suonano in questo disco e cioè Trey Gunn sul brano “Gentlemen of Leisure” e Pierre Chevalier
(Presence e Univers Zero) che ci regala uno splendido assolo di piano nella penetrante “Where is
Gromit”.
Se vi siete persi gli Aranis fino ad ora ignorate una delle realtà più belle e preziose del progressive
rock contemporaneo e una fetta importante di quello che è qui definito come “chamber rock belga”.
Questo album, assolutamente consigliato ai fan del gruppo, può essere quindi una splendida
occasione per recuperare due importanti argomenti che riguardano una band eccezionale e una
corrente musicale fertile e stimolante. L’anno in corso lo ricorderemo sicuramente anche per questo
album che non è tutta farina del sacco degli Aranis, come abbondantemente spiegato, ma che
comunque si presenta come un’opera stilisticamente abbastanza omogenea ed artisticamente più
che valida.
( http://www.arlequins.it/pagine/articoli/alfa/corpo.asp?ch=5178 )