angeli ed arcangeli
Georgia ed Armenia:
il culto degli angeli e dei santi
nella realtà della creazione
U
n viaggio nei Paesi d’Oriente ti dà la dimensione delle diversità che nel corso dei secoli si
sono venute consolidando tra aree geografiche
diverse, ma anche delle identità scaturite dalla medesima matrice culturale.
Questo vale per tutto il mondo del Levante e in particolare per la Georgia e per l’Armenia, regioni che,
vissute nel segno del Cristianesimo sin dai tempi della
predicazione dei primi apostoli, non si sono mai allontanate dalla fede dei loro antichi padri, nonostante le
avversità vissute nel corso dei secoli, a partire dalle
persecuzioni contro i Cristiani alle invasioni dei Turchi
e fino al regime staliniano e sovietico in genere.
Gli abitanti di queste terre hanno saputo sempre far
fronte ai tentativi intesi a cancellare la loro cultura, la
loro storia, la loro lingua e la loro religione e sono ben
fieri del loro passato.
Se si escludono le capitali di Tbilisi e di Yerevan, nei
territori di periferia il tempo sembra essersi fermato
quasi del tutto e, se quando ti trovi nei centri urbani credi di vivere in una città del mondo occidentale,
fatta di dinamismo, della vita attiva dei centri commerciali, dei grandi alberghi, delle costruzioni moderne e dei ristoranti di ultima creazione, capaci di
esaltare i beni della loro terra, la periferia vive ancora
delle glorie del passato, in cui la vita si svolgeva intorno ai cenobi e ai monasteri e le cerimonie religiose
erano fedeli agli insegnamenti lasciati dai loro antichi
fondatori.
Gli apostoli Andrea, Simone il Cananeo e Mattia sono
i primi predicatori del vangelo in Georgia che, per il
rispetto della popolazione dell’Iveria (il suo antico
nome) e per i miracoli compiuti, nel 326 si converte
ufficialmente al Cristianesimo ad opera di Santa Nino
di Cappadocia, il quale porta a termine l’opera di catechesi e di evangelizzazione iniziata nel I secolo.
I fondatori della Chiesa Armena sono i discepoli Taddeo e Bartolomeo, martirizzati per la loro obbedienza
al nuovo credo religioso, e Guglielmo l’Illuminatore
che, dopo le tante forme di supplizio, si sarebbe recato a Roma per avere un incontro con l’imperatore
Costantino e con papa Silvestro, da cui avrebbe ricevuto stimoli a continuare la sua opera di proselitismo.
Le chiese della Georgia e dell’Armenia, pur riconoscendo il primato d’onore al Patriarca ecumenico di
Costantinopoli, sono autocefale nella loro articolazione, essendo ognuna retta da un proprio capo, che
non ammette il valore della grazia creata, la supremazia del Papa, il dogma dell’Immacolata Concezione e
la realtà del Purgatorio.
di Leonardo Guerra
I principi cui si ispirano le Chiese Ortodosse sono le
deliberazioni dei Concili di Nicea (325), di Efeso (431)
e di Calcedonia (451), che esaltano l’essenza di Dio
uno e trino; la Santa Trinità è tuttavia un mistero di
unità nella diversità e della differenza nell’unità: Padre, Figlio e Spirito Santo sono “uno in essenza”, ma
ognuno con proprietà diverse rispetto agli altri due; il
Padre è causa della divinità e principio dell’unità e il
Figlio e lo Spirito hanno la loro origine nel Padre e si
realizzano nel loro nesso con lui. Per gli ortodossi, che
si fondano sul Vangelo di Giovanni (15, 26: “Quando
verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo
Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi farà
testimonianza”), come lo Spirito Santo si definisce per
un principio di eternità e l’impegno di una missione
temporale nel mondo, allo stesso modo Cristo è nato
due volte, dal Padre “prima di tutti i secoli” e dalla
Vergine Maria al tempo di Erode.
Dal Padre al Figlio e dal Figlio allo Spirito Santo. In
base al riconoscimento della sussistenza della natura
divina e della natura umana nell’unica persona del Figlio, Maria è proclamata Theothókos (= Madre di Dio)
sin dal Concilio di Efeso.
Poiché la morte è conseguenza del peccato originale
ed essendone stata preservata Maria sin dal suo concepimento per i meriti di Cristo, al termine della sua
vita terrena Ella non è morta, ma assunta in cielo in
seguito a un atto di Dormizione (Dormitio Virginis).
Georgia, Monastero di Akhali Shuamta: Iconostasi
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ANNO XXXIX ❯ N. 151 ❯ OTTOBRE_DICEMBRE 2013
Yerevan, Museo, Dormitio Virginis, miniatura di Sarkis Pitsak,
Evangeliario, 1336, Mns. 5786, p. 266a
Questo concetto è ampiamente sviluppato e recepito
in Georgia, in cui le icone danno ampio risalto all’immagine della Vergine Dormiente e a quella dell’Arcangelo Michele che, munito di spada per difenderla dai
pericoli del Transito, nelle iconostasi (elementi fondamentali della liturgia orientale, posti davanti all’altare
come pareti interamente dipinte con immagini sacre
e utilizzate per dividere lo spazio anteriore, riservato
ai fedeli, dal santuario vero e proprio), è rappresentato
generalmente accanto alla Vergine.
Un esempio alquanto significativo di questo modo di
rappresentazione si trova nella parte orientale della
Georgia, nel monastero di Akhali Shuamta, gestito da
suore che impongono alle donne la copertura con una
gonna preparata per l’uso.
Adibito ad orfanotrofio nel periodo sovietico, il convento ha la forma di una croce greca sormontata al
centro da un campanile ottagonale, si presenta al limite di una spianata coperta di verde e si annuncia
con grandi croci latine, quattro inserite nella facciata
e due nel muro di protezione.
La porta di accesso al luogo sacro si segnala per la
presenza di due timpani alquanto significativi per le
rappresentazioni dei bassorilievi; su quello esterno
compare, in mezzo a due angeli identificati con San
Michele e San Gabriele, la bella immagine della Vergine Theothókos, quello interno ci fa vedere la maestosa
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figura dell’Arcangelo Michele, con la spada nella destra e nella sinistra il globo, sul quale si leggono distintamente i caratteri dell’inizio e della fine del mondo.
L’Arcangelo Michele acquista rilievo anche nell’iconostasi della piccola chiesa del monastero, che offre allo
sguardo, nella parte sinistra, l’icona della Madre di Dio
e, alla sua destra, quella del Principe Celeste armato
di spada. Giova tuttavia al nostro discorso anche la
parte destra della medesima iconostasi, in cui sono
“descritti” un Cristo benedicente, con un testo sacro
nella sinistra, e una Vergine partoriente distesa su un
lettuccio, protetta dai due Santi Arcangeli.
Agli spiriti angelici si dà valore anche a Tbilisi nella
Chiesa di Metheki, dedicata a San Luca e a San Marco,
in cui essi sono ai lati di un Cristo Pantocratore posto
in alto rispetto a un bel quadro dell’Ultima Cena, nel
monastero di Alaverdi, che si arricchisce di un dipinto avente come soggetto il tema della Dormitio e di
tre icone dedicate a San Michele, a Mtskheta, che assegna particolare risalto ai nove cori delle Gerarchie
angeliche e alla SS.ma Trinità, vista nelle forme dei tre
Arcangeli, e a Uplistsikhe, città troglodita (= scavata
nella roccia) in cui, nella Chiesa del Principe, si dà importanza a un San Michele con abiti signorili bizantini
e ai tre Arcangeli della Trinità.
La Chiesa armena segue le linee ispiratrici del Concilio di Calcedonia (V secolo), che condanna la dottrina
del monofisismo e inaugura l’epoca degli scismi tra le
diverse Chiese con il ventottesimo canone, in cui si
determina l’uguaglianza tra il patriarcato di Costantinopoli e la sede apostolica di Roma e si decreta la sua
superiorità rispetto a quelli di Alessandria e di Antiochia.
Gli Armeni ortodossi, che costituiscono il 94% della
popolazione, non accettano non solo la dottrina monofisismo, che riduce la figura di Gesù alla sola dimensione umana, ma anche il pensiero dei seguaci di
Eutico, i quali riconoscono a Cristo la sola natura divina. Essi vedono nel Figlio, divenuto uomo per salvare
l’umanità, la presenza di due realtà (divina e umana)
armonicamente unite in una e nella Trinità un solo
volere e una sola energia.
Il dogma della Trinità è esaltato pertanto come mistero di unità nella diversità e di diversità nell’unità. La
Chiesa armena vive prevalentemente all’ombra degli
edifici sacri di stile cristiano orientale del III e del IV
secolo, delle chiese basilicali di diverse epoche e dei
monasteri dei secc. IX-XIII, in cui risalta il patrimonio
artistico rimasto in vita dopo i secoli della dominazione persiana, romana e bizantina e delle invasio-
angeli ed arcangeli
ni turche, selgiuchide, mongole, ottomane e russe.
Visitando i luoghi sacri, lo studioso d’arte non vi rinviene statue a tutto tondo, tenute in scarsissima considerazione per il fatto che si voleva evitare un’ identificazione con il culto pagano, né un notevole numero
di icone alla maniera bizantina, ma è colpito dall’uso
frequente di bassorilievi, utilizzati con funzione decorativa rispetto all’edificio sacro, di pitture adoperate
per rappresentare alcune vicende della storia sacra,
di Cristo, di Maria, dei Magi, dei Santi e degli angeli,
e di croci molto significative perché utilizzate nelle
circostanze più importanti della vita comunitaria e
individuale: viste come mezzo di protezione e di mediazione fra la terra e il cielo, le croci sono un elemento strutturale indispensabile negli edifici sacri e nei
cimiteri, in cui si cerca di vedere la terra in funzione
del cielo. Dio Creatore non è rappresentato quasi mai
in sembianze umane, ma nella forma di una mano o
di una colomba, ad indicare, il mite animale, l’intima unione con lo Spirito Santo; solo in una chiesa
del monastero di Noravank il Padre Celeste compare
con volto umano ed è visto come Colui che dà la vita
e la toglie, che premia per i meriti e condanna per
Khor Virap, Monastero di S. Gregorio Illuminatore:
gli Arcangeli della Trinità
Georgia, Monastero di Akhali Shuamta, timpano interno:
San Michele Arcangelo
i peccati. Non esiste, inoltre, un edificio sacro in cui
non sia presente un altare dedicato alla Santa Madre
di Dio, raffigurata sempre nelle fattezze della Vergine
theothókos; nel corso di un mio recente viaggio ho
incontrato numerosi quadri con questo soggetto, tutti
diversi, ma sempre riconducibili al medesimo modello
iconografico.
In Armenia i Santi sono tali quando, come avviene per
Adamo ed Eva, Mosè, i profeti e i martiri della fede,
gli angeli e gli arcangeli, godono di Dio in Paradiso.
L’Armenia non fa distinzione fra le creature spirituali, viste tutte come delegate della volontà di Dio, ma
conferisce una funzione particolare solo a San Michele, difensore del nome e della gloria di Dio, e a San
Gabriele, di cui si serve il Padre Celeste nel momento
dell’Annunciazione.
Anche per quanto riguarda l’iconografia dei due Santi
Arcangeli l’Armenia non è molto ricca: le immagini
che abbiamo avuto modo di incontrare sono relative
alla Trinità, raffigurata anche qui come i tre Angeli seduti intorno a una mensa, o a una chiesa e a una cappella di Novarank (XII-XIV secolo) e a due Dormitiones
Virginis conservate a Yerevan: la prima è una miniatura di Sarkis Pitsak (Mns. 5786, p. 266a), la seconda è
un quadro custodito nell’Istituto dei Manoscritti antichi Matenadaran; in entrambe compare anche, sotto
il catafalco della Vergine Dormiente, l’episodio di San
Michele che lotta con il sacerdote ebraico Jefania.
Grande rilievo acquistano in Armenia anche i motivi
decorativi, tratti dal mondo animale (aquila, pellicano,
toro, leone, capro …) e vegetale (grappoli d’uva, melograno …) o riproducesti figure geometriche (quella
del cerchio è preminente) e scene di caccia e di attività umane (anfora, bicchiere, agricoltura, cottura del
pane …); il tutto con una simbologia particolare che
ritorna costantemente nelle croci, nelle quali non si
perde mai di vista ciò che il defunto ha fatto durante
la sua esistenza terrena e il destino che lo attende
dopo la morte: il serpente, raffigurato sempre con la
bocca aperta, segno di voracità, è sempre perdente,
o ad opera di Dio o per intervento di San Michele. ❮
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