Notizie stampa sull` attività sindacale al Teatro dell`Opera

Notizie stampa sull’ attività sindacale
al Teatro dell’Opera di Roma
FONTE:
CORRIERE DELLA SERA.it
POLEMICHE
Teatro dell’Opera: la guerra senza fine
Una parte dei sindacati: «Blocco delle produzioni»
Per avere i soldi bisogna rivedere la pianta organica e annullare il
contratto integrativo. Mercoledì incontro con il sindaco Marino
ROMA - Teatro dell’Opera di Roma: una guerra senza fine. È di domenica sera il comunicato congiunto
siglato da una parte dei sindacati che annuncia una «mobilitazione sine-die» e il «blocco di tutte le
produzioni, compresa la tournée in Giappone». Mercoledì 8 è previsto l’incontro del sindaco Marino con
tutte le rappresentanze sindacali. E dall’ex sindaco Alemanno arriva la «piena solidarietà ai lavoratori».
Nel documento, i sindacati Slc-Cgil, Fials-Cisal e Libersind-Confsal accusano il sindaco Ignazio Marino di
«tradire clamorosamente l’impegno preso nel verbale d’intesa sottoscritto il 25 novembre». Dicono «basta
con le illegalità» e «no all’accesso al fondo e alle procedure della legge Bray».
Il debito dell’Opera, al netto dei crediti, è di 26 milioni. Così al nuovo consiglio di amministrazione
(«insediato in fretta e furia poco prima delle festività natalizie», accusano i sindacati) non è rimasto che
chiedere il 23 dicembre l’accesso al fondo speciale di 25 milioni predisposto dalla legge Valore Cultura, per i
teatri che «non possano far fronte ai debiti certi ed esigibili da parte dei terzi». Ma per avere i soldi (nel
caso dell’Opera si tratta di 5 milioni) bisogna rivedere la pianta organica e annullare il contratto integrativo
(pari al 37% dello stipendio) per sostituirlo con uno nuovo.
E non hanno rassicurato le parole del nuovo sovrintendente Carlo Fuortes che (nominato il 21 dicembre)
nelle sue prime dichiarazioni aveva detto che «le recenti disposizioni di legge offrono questa possibilità di
rilancio, risanamento e sviluppo, permettendo d’altra parte la massima attenzione alla salvaguardia
occupazionale e economica dei dipendenti».
Nel nuovo documento, i sindacati sottolineano che «aver predisposto l’accesso forzoso al prestito ex legge
112 del 2013» innesca «la distruzione progressiva della capacità produttiva, qualitativa e quantitativa del
Teatro, senza il preventivo confronto di merito con le organizzazioni sindacali anche su possibili soluzioni
alternative, in violazione delle norme del contratto nazionale e della stessa legge».
Aggiungono anche che è mancata «chiarezza e trasparenza» sui dati di bilancio poiché quelli «forniti dal
nuovo cda appaiono significativamente difformi da quelli resi noti dall’amministrazione comunale ai
sindacati il 25 novembre». Si annuncia anche la preparazione di «un esposto a Magistratura, Guardia di
Finanza, Corte dei Conti e ministero dei Beni culturali». Osservano ancora i sindacati: «Da troppo tempo, ad
ogni cambio di amministrazione politica in Campidoglio, si assiste ad improvvisi tagli di fondi pubblici già
assegnati e ad una girandola di dati contraddittori che talvolta paiono costruiti più per una strumentale
propaganda politica e corsa alle poltrone dirigenziali che per tutelare gli interessi del Teatro».
06 gennaio 2014
Il Tempo.it
07/01/2014 06:05
TEATRO DELL'OPERA
A rischio la Manon diretta da Muti
Prosegue la guerra tra Campidoglio e sindacati
Non c’è pace tra le quinte del Teatro dell’Opera. La telenovela del braccio di ferro tra i lavoratori del Teatro
ed il sindaco Marino, presidente de iure del Teatro, sembra ancora in alto mare. I sindacati hanno
dissotterrato l’ascia di guerra e minacciano il blocco delle produzioni a venire, tra cui l’attesa «Manon»
diretta da Muti ma anche la non meno attesa tournée verdiana di maggio in Giappone, entrambi simboli
dell’eccellenza raggiunta dal Teatro capitolino a dispetto dei tanti corvi del malaugurio che gli roteano
sopra il tetto.
Sembra un giallo di Hitchcock o un racconto di Allan Poe, ma certo è che le acque registrano il molto
agitato. Come si ricorderà il sindaco Marino aveva miracolosamente salvato il 25 novembre il minacciato
sciopero per la inaugurazione dell’Ernani diretta da Muti previsto per il 27 addivenendo ad un accordo di
massima, poi, a quanto pare, disatteso. Donde lo sciopero dell’orchestra cui, per la prima del «Lago dei
cigni», non aveva aderito la compagnia di ballo, esibendosi su nastro registrato. Evento questo che ha
irritato i sindacati, per l’uso della registrazione proprio della ignara orchestra dell’Opera effettuata nella
serata della prova generale, tanto da arrivare a denunciare il neo-nominato sovrintendente Carlo Fuortes
ed il presidente Marino per atteggiamento antisindacale e violazione dell’art. 28 dello Statuto dei lavoratori
(legge 300/70).
Insomma, il fatto che ora ci siano un nuovo Consiglio di Amministrazione ed un nuovo sovrintendente non
solo non ha calmato le acque, ma, se possibile, le ha rese più procellose a causa della accettazione del CdA
di rientrare nella legge Bray, che prevede un sostegno per i Teatri che non hanno raggiunto il pareggio di
bilancio a scapito di 40% degli stipendi e del taglio del 50% delle maestranze e del personale
amministrativo.
I tre sindacati CGIL, Fials e Libersind sono così scesi sul piede di guerra ad oltranza contro l’accesso al fondo
ed alle procedure della legge Bray (112 del 2013) ma anche contro Fuortes che non ha ancora riunito il
tavolo sindacale nonostante l’obbligo di legge e contro il sindaco, reo di inadempienza degli accordi di fine
novembre, ma sembra che ci sia anche un esposto in partenza per la magistratura per appalti gonfiati nel
trasporto, nel facchinaggio e nel servizio pulizie. Fatti e situazioni che verranno illustrate in una conferenza
stampa di imminente convocazione.
Quel che è sicuro è che all’Opera i conti non tornano. Il ventilato quarto pareggio di bilancio, che avrebbe
consentito al Costanzi di entrare nel novero dei teatri virtuosi, è stato per ora inficiato dalla volontà del
Campidoglio di ridurre il promesso finanziamento e sembra che i conti del CdA siano difformi da quelli reali
dichiarati dalla vecchia gestione di Catello De Martino. Per dirla fuor dalle righe, sembrerebbe che il rientro
nella legge 112, deliberato dal neo costituito CdA del Teatro, sarebbe una maniera strategica per far sì che il
finanziamento comunale possa essere drasticamente ridotto. Con perfetto e diabolico scambio tra causa ed
effetto. Salta agli occhi la difformità dagli atteggiamenti dei sindaci Pisapia a Milano e De Magistris a Napoli
che hanno levato alta la voce a difesa dei teatri cittadini (la Scala ed il S. Carlo).
L’ingresso nella famigerata legge Bray, come si legge nel comunicato sindacale, «innesca la distruzione
progressiva della capacità produttiva, qualitativa e quantitativa del Teatro senza il preventivo incontro con
le organizzazioni sindacali anche su possibili soluzioni alternative, in violazione delle norme del contratto
nazionale e della stessa legge».
Infatti, si accusa una scarsa chiarezza e trasparenza sui bilanci che risultano difformi tra quelli pubblicati
dalla stampa e forniti dal nuovo Cda e quelli resi noti dalla amministrazione comunale. I sindacati,
insomma, sostengono la assoluta salubrità e solvibilità dei conti ufficiali che avrebbero dovuto portare al
quarto pareggio di bilancio, per altro preannunciato da Bruno Vespa, allora vicepresidente del Teatro, nella
conferenza stampa di apertura stagione.
Nella nefasta partita a scacchi che si gioca drammaticamente tra il Teatro Costanzi ed il Campidoglio, i
lavoratori si sentono sotto scacco, anzi soggetti ad un vero e proprio ricatto. Donde la contromossa di
accusare Marino di gestire il teatro con diktat antidemocratici che non tengono conto della massima
pubblica trasparenza secondo leggi e regolamenti. Ed al ricatto capitolino (accesso alla limitante legge Bray)
rispondono col ricatto del blocco delle produzioni.
Piena solidarietà ai lavoratori è stata espressa da Gianni Alemanno che rileva «un atteggiamento punitivo
contro il Teatro dell’Opera», invitando il sindaco a «convocare subito le sigle sindacali e riannodare il filo di
un dialogo che non può essere spezzato solo sulla base di calcoli ragionieristici».
La speranza, che è poi sempre l’ultima a morire, è che si riapra al più presto il tavolo delle trattative e che si
ponga fine a discutibili atti di autoritarismo nell’interesse della città Capitale e della sua vita culturale.
Lorenzo Tozzi
Opera di Roma, sindacati contro i tagli: “No al
licenziamento del 50% dei dipendenti”
L'appello arriva a poche ore dal primo consiglio d'amministrazione appena nominato
e guidato dal sovrintendente Fuortes: "Bene una spending review, ma non si tocchi
la qualità e la quantità della produzione".
Sabato 21 dicembre la fondazione aveva deciso di andare in scena nonostante lo
sciopero dell'orchestra e utilizzando un nastro pre registrato
di Santo Iannò | 22 dicembre 2013
Un appello e una soluzione. A chiedere un piano b sono i lavoratori e sindacalisti del Teatro dell’Opera di
Roma, preoccupati per il futuro della fondazione lirica partecipata dal Campidoglio. Il motivo? La
riorganizzazione pensata ai piani alti del ministero della Cultura, con la legge Bray, che crea un fondo per le
strutture in crisi. Soldi che possono essere restituiti in un solo modo: licenziando il 50% dei dipendenti e
tagliando la metà degli stipendi di chi resta. Un primo assaggio di questo cambio di rotta si potrebbe avere
già lunedì 23 dicembre, quando si riunirà il consiglio di amministrazione appena nominato e guidato dal
sovraintendente Carlo Fuortes.
Orchestrali e cantanti chiedono di non intraprendere questa strada. Le organizzazioni sindacali mettono sul
piatto un piano di riduzione dei costi, che non intacchi la quantità e la qualità della produzione. Ma il loro
grido d’allarme, per ora, non è stato raccolto dal sindaco Ignazio Marino.
Per capire questa storia, però, si deve partire dall’inizio. La sofferenza del settore inizia con la diminuzione
degli stanziamenti per il Fondo unico per lo spettacolo. Oggi il Fus, infatti, è di soli 400 milioni di euro per le
rappresentazioni che vanno in scena in tutta Italia. Senza dimenticare che l’Opera della Capitale ha già
avuto la sua cura dimagrante: tra il 2008 e il 2013, tagli al personale per 10 milioni di euro. Tradotto: 130
persone licenziate in 5 anni, passando da 631 lavoratori a 480.
Per i 200 precari nessun paracadute. Le risorse per il personale scendono così da 44 a 38 milioni di euro, in
un bilancio da 56 milioni totali (il 90% arriva grazie a finanziamenti pubblici). Il milione per i dirigenti resta.
Nonostante questo per 48 mesi il Teatro chiude in pareggio i conti. Poi la vittoria di Zingaretti alla Regione
Lazio e Marino al Comune. Con il primo che si ritrova un debito di circa 8 milioni di euro accumulato in 3
anni, mentre il secondo ha deciso che palazzo Senatorio, a stagione in corso, stanzierà 17 milioni.
All’appello ne mancano 3. E le spese della fondazione superano le entrate, con il sovraintendente
“costretto ad entrare nella legge Bray”, dicono i dipendenti.
Per qualcuno di loro il piano è chiaro: “Abbandonare al suo destino l’Opera”. Perché? “Per dare un
contentino a sinistra”, aggiungono. Il primo arriva proprio con la nomina di Fuortes, vicino a Goffredo
Bettini.
L’inventore del ‘modello Roma’ e kingmaker dei democratici capitolini sarebbe pronto per il posto da
amministratore delegato nella società dell’Auditorium.
E il cda che, a corto di liquidi, direbbe “sì” al fondo pensato da Salvatore Nastasi, direttore generale per gli
Spettacoli dal vivo. Una strada che non lascerebbe scampo: licenziamenti e tagli di stipendio all’orizzonte.
Decisione che potrebbe arrivare già nelle prossime ore. Il sovraintendente, giurano, è pronto a firmare.
La scelta di sabato 21 dicembre di andare in scena con lo sciopero dell’orchestra in corso, utilizzando un
nastro pre-registrato come sottofondo musicale, non aiuta.
Fials, Cgil e Libersind pronti a denunciare il numero uno dell’Opera per “comportamento antisindacale”
(articolo 28 dello statuto dei lavoratori). Resta l’ipotesi ristrutturazione. Che potrebbe allontanare il
maestro Riccardo Muti, “facendo perdere qualità e fascino alla nostra struttura”. E facendo sparire i
partner privati.
Per questo i dipendenti chiedono di fermare quella che chiamano “macelleria sociale”. L’appello è per il
sindaco. “Marino – aggiungono – è mal consigliato.
Per risparmiare 10 milioni di euro smantella uno dei biglietti da visita della nostra città”. I sindacati non
sono contrari a prescindere alla riorganizzazione. Sono pronti a dire “sì” alla spending review, “ma in modo
graduale”. “Bisogna sfruttare il valore aggiunto di Muti – continuano – per attrarre capitali e pensare a
un’integrazione con il sistema turistico”.
Lirica: Conte (Libersind), in forse 'Lago dei cigni'
domani a Opera Roma
Roma, 20 dic. (Adnkronos) - "La decisione del sindaco Marino è assurda e molto scorretta perché viola il
protocollo di intesa sottoscritto il 25 novembre scorso, che garantiva la non entrata del Teatro dell'Opera di
Roma nella legge Bray, quel tritacarne che taglia gli integrativi e mette in mobilità circa 120 persone
rispetto all'organico della Fondazione".
Lo afferma all'Adnkronos Roberto Conte della segreteria nazionale di Libersind-Confsal, la sigla sindacale
che insieme con la Slc-Cgil e la Fials-Cisal ha sottoscritto il protocollo con il Comune, a proposito delle
dichiarazioni di oggi del sindaco Marino relative all'importanza della nomina del nuovo Cda dell'Opera, per
potere prendere decisioni entro Natale, come prevede la legge Bray, per accedere al fondo di 25 milioni di
euro che per il Costanzi Roma "significa 5 milioni di euro".
Conte annuncia "che quasi sicuramente domani sera sciopereremo facendo saltare la prima del balletto 'Il
Lago dei Cigni' e stiamo seriamente pensando all'occupazione del teatro bloccando tutte le produzioni".
Caos all'Opera di Roma, la prima
ma accompagnata da una base registrata
si
fa
Una 'prima' in tutti i sensi per Il Lago dei Cigni. Dopo le proteste di ieri dei musicisti
al Campidoglio seguite dallo sciopero indetto da Slc Cgil, Fials Cisl e Libersind Confsal
la clamorosa scelta del teatro
Il lago dei Cigni, sì. Il lago dei Cigni, no. Il punto interrogativo è stato sciolto. La prima dello spettacolo
prevista stasera al Teatro dell'Opera si fa. Malgrado l'opposizione di musicisti e sindacati i ballerini si
esibiranno su una base registrata.
Ieri la protesta di una ventina di musicisti: spartiti e strumenti alla mano, hanno dato fiato alle note del
Nabucco in Piazza del Campidoglio contro l'ipotesi di ridimensionamento dell'ente previsto dalla legge Bray.
Poche ore più tardi, l'annuncio dei tre sindacati Slc Cgil, Fials Cisl e Libersind Confsal: "Bloccheremo sine die
tutte le produzioni" a cominciare proprio dallo "sciopero" indetto per stasera. A spingere alla decisione, le
dichiarazioni di Ignazio Marino, favorevole al ricorso del teatro al prestito per le strutture in difficoltà
previsto nella stessa legge.
Ma il corpo di ballo non ci stava. "Lo spettacolo potrà andare in scena con una base registrata", ha spiegato
nel pomeriggio il primo ballerino del Costanzi Alessandro Tiburzi (delegato Uilcom). "Anche noi siamo
preoccupati per il futuro del Teatro, ma è anche vero che c'è già un incontro fissato con il sindaco per il
prossimo 10 gennaio e in quella sede discuteremo. In questi tempi di crisi bisogna lavorare, dare un segnale
di rispetto al pubblico che ha pagato per godere dello spettacolo. I problemi li dobbiamo risolvere fuori dal
palcoscenico". In serata l'inedita soluzione.
(21 dicembre 2013)
Redazione 20 dicembre 2013
Teatro dell'Opera, protestano i sindacati: salta la
prima del 'Lago dei cigni'
I lavoratori si oppongono a un ridimensionamento dell'ente. Oggi pomeriggio, per
protesta, una ventina di loro ha suonato il Nabucco in Campidoglio
Teatro dell'Opera, protestano i sindacati: salta la prima del Lago dei cigni 21 dicembre 2013
Non si arresta la protesta dei lavoratori del Teatro dell'Opera.
I sindacati hanno comunicato che, per protesta, domani salterà la prima del 'Lago dei Cignì. I sindacati
hanno inoltre annunciato che il blocco delle produzioni previste procederà a oltranza. Nel mirino le
dichiarazioni del sindaco Ignazio Marino favorevole al ricorso del teatro lirico romano al prestito previsto
dalla legge Bray per gli enti in difficoltà.
“Il nostro è un atto di protesta contro la possibilità di rientrare nella legge Bray. Noi non vogliamo entrarci,
e a ciò si aggiungono le dichiarazioni inaudite di ieri del sindaco di Roma Ignazio Marino. Poco fa abbiamo
provato a incontrare il sindaco, ma ci è stato detto che oggi non avrebbe incontrato nessuna delegazione”
ha annunciato Lorella Pieralli della Fials-Cisal il sindacato che insieme con la Slc-Cgil e Libersind-Confsal ha
sottoscritto lo scorso 25 novembre un protocollo d'intesa con l'amministrazione capitolina. Così il sindacato
non esclude nemmeno l'occupazione del teatro.
Si legge in una nota di Slc Cgil, Fials Cisl e Libersind Confsal: "Dopo le dichiarazioni del sindaco In assenza di
positivi riscontri le azioni di lotta proseguiranno ad oltranza anche con assemblee permanenti in tutte le
sedi del Teatro''. I lavoratori del lirico capitolino si dicono ''stupiti e sconcertati'' dalle dichiarazioni del
Sindaco e presidente della fondazione Ignazio Marino ''riguardo l'intenzione di accedere al prestito
oneroso, "trappola/capestro", previsto dalla legge 112\'13 che ha come gravissima conseguenza lo
smantellamento della capacità produttiva del Teatro''.
I sindacati, accusano il sindaco di non aver rispettato l'impegno sottoscritto lo scorso 25 novembre ''che
prevedeva entro il 7 dicembre 2013 anche una riunione tra le parti per un confronto di merito nel quale
doveva essere comunicata anche l'entità dell'impegno finanziario del Comune per il 2014''. Al contrario,
scrivono, ''con la dichiarazione odierna si evidenzia una volontà di destrutturazione e di disimpegno verso
questa Istituzione culturale''.
I lavoratori hanno infatti protestato questo pomeriggio in Campidoglio ma senza essere ricevuti dal primo
cittadino. Armati di trombe, tromboni e flauti traversi oggi pomeriggio hanno intonato il Nabucco sotto a
Palazzo Senatorio. Così una ventina di musicisti hanno espresso il loro dissenso contro ipotesi di
ridimensionamento dell'ente. Ma erano soprattutto i cartelli che accompagnavano le loro esibizioni a far
capire le richieste dei dipendenti: "Ve lo diciamo 'Fuortes'. Non vogliamo liquidatori ma buoni
amministratori". E rivolti al Campidoglio i musicisti chiedevano su un altro cartello: 'Roma: unica capitale
senza teatro dell'Opera?". Un altro era invece proprio per il sindaco: "Marino devi rispondere: qual è il tuo
impegno per la Cultura?".
Per il ministro ai Beni Culturali e del Turismo Massimo Bray il “nuovo cda dell'Opera avrà tempi
velocissimi” con una prima riunione “già nei prossimi giorni” ha spiegato all'Ansa a margine della cerimonia
dell'intitolazione a Federico Fellini del Teatro 5 degli Studios di Cinecittà. “Come ministro credo di aver fatto
tutti i passi necessari per ripristinare in tempi corretti il consiglio d'amministrazione del Teatro dell'Opera,
che ora dovrà decidere a chi affidare la sovrintendenza. A quel punto si vedrà la reale situazione”.
Bray ricorda anche di essersi dichiarato subito contrario all'ipotesi di un commissariamento del teatro lirico
romano: “Ho detto sin dal primo momento che non mi piaceva l'idea di commissariare il Teatro dell'Opera
di Roma prima di aver visto la situazione reale”.