100 Anni di Relatività

annuncio pubblicitario
100 Anni di Relatività
Un viaggio alla ricerca delle origini dell’universo
Relatore: Claudio Mazzuco
Le origini della relatività
A dispetto del credo comune, il concetto di relatività nasce con Galileo nel 1632
(Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo), per poi venire formalizzato in
seguito da Newton.
Questo afferma che le leggi della meccanica hanno sempre la stessa forma nei
sistemi di riferimento inerziali. Nessun esperimento fisico può consentire di
distinguere tra un sistema inerziale e un altro sistema in moto rettilineo
uniforme rispetto al primo.
Perché ne parliamo in un gruppo di astrofili? Perché, come
vedremo, la relatività si intreccia i modo indissolubile con la
ricerca della struttura del nostro universo.
« Rinserratevi con qualche amico nella maggiore stanza che sia sotto coverta di alcun gran navilio, e quivi fate
d'aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti: siavi anco un gran vaso d'acqua, e dentrovi de' pescetti;
sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vada versando dell'acqua in un altro vaso di
angusta bocca che sia posto a basso; e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quelli animaletti
volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della stanza. [..] Osservate che avrete diligentemente tutte
queste cose, benché niun dubbio ci sia mentre il vascello sta fermo non debbano succedere così: fate muovere la
nave con quanta si voglia velocità; ché (pur di moto uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete
una minima mutazione in tutti li nominati effetti; né da alcuno di quelli potrete comprendere se la nave cammina, o
pure sta ferma. »
(Salviati, Giornata seconda.)
Spazio e tempo assoluti
All’interno della relatività galiliena/newtoniana lo spazio ed il tempo
vengono considerate come entità assolute.
«Il tempo assoluto, vero, matematico, in sé e per sua natura, senza relazione
ad alcunché di esterno, scorre uniformemente, e con altro nome è chiamato
durata
Lo spazio assoluto, per sua natura senza relazione ad alcunché di esterno,
rimane sempre uguale e immobile»
Secondo Newton in sostanza siamo immersi in uno spazio-tempo che non
dipende da dove siamo e cosa facciamo. Il tempo è uguale ovunque, in
questo momento in tutto l’universo è la stessa ora, stessa data.
Inoltre le distanze sono assolute: Proxima Centauri dista da noi 4 anni luce,
indipendentemente da dove siamo e da cosa stiamo facendo.
La legge di gravitazione universale
Newton è l’ideatore, tra le varie cose, anche della legge di gravitazione universale
Grazie a questa legge, l’astronomo francese Urbain Le Verrier, osservando le irregolarità dell’orbita
di Urano predisse l’esistenza di un altro pianeta, e riuscì persino a calcolarne la posizione. Inviò le
coordinate al collega tedesco Gottfried Galle, il quale puntò il telescopio e trovò lo sconosciuto
Nettuno.
Le Verrier, ci riprova con Mercurio, che aveva anch’esso un’orbita irregolare, non conforme alla
gravitazione universale, e ipotizza l’esistenza di un altro pianeta, a cui da il nome di Vulcano. Che
però non venne mai trovato.
L’orbita di Mercurio presenta delle irregolarità per via della forza di gravità del sole. Ma ancora non
era nota la teoria della relatività e si pensava che la perturbazione dipendesse da un altro pianeta.
La rivoluzione elettromagnetica
James Clerk Maxwell, scozzese, verso la fine del 1800
pubblica le sue famose equazioni che regolano
l’interazione elettromagnetica. Tra le sue soluzioni è
ammessa una natura ondulatoria. Nascono le onde
elettromagnetiche: una variazione del campo elettrico
generano un campo magnetico, e da qui un onda
elettromagnetica.
Si pensava che tutte le onde dovessero avere un mezzo
su cui spostarsi. Nasce l’idea dell’etere.
Esperimento di Michelson-Morley
La luce è una particolare tipo di onda elettromagnetica il cui spettro è
compreso tra i 400 e 700 nanometri come lunghezza d’onda.
Due scienziati americani, Michelson e Morley, tentano nel 1887 di
misurare la velocità del vento d’etere.
Se esiste il «vento d’etere», con un sistema di specchi è possibile dividere
il medesimo raggio in due sotto-raggi che viaggiano perpendicolari a
differente velocità a seconda di come sono orientati rispetto alla
direzione del vento. Facendoli ricombinare la figura di interferenza che si
ottiene dovrebbe cambiare se si ruota lo strumento
La figura di interferenza non cambia, l’esperimento fallisce.
Il vento d’etere non esiste:
la velocità della luce è la medesima in tutte le direzioni!
Einstein e la relatività ristretta
Nasce il 14/3/1879 a Ulma (Germania) da famiglia ebraica.
1896 si trasferisce a Berna dove viene assunto nell’ufficio brevetti.
La scarsa mole di lavoro e la relativa tranquillità gli permettono di concentrarsi sui
suoi interessi scientifici, in particolare la fisica. In ufficio aveva un cassetto nella
scrivania, contenente i suoi appunti, che chiamava «il mio dipartimento di fisica
teorica»
Nel 1905 pubblica il Zur Elektrodynamik bewegter Körper, in seguito conosciuto come
«principio di relatività ristretta» (o speciale)
•
•
•
primo postulato (principio di relatività): tutte le leggi fisiche sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento
inerziali; (prima era tutte le leggi meccaniche)
secondo postulato (invarianza della luce): la velocità della luce nel vuoto ha lo stesso valore in tutti i
sistemi di riferimento inerziali, indipendentemente dalla velocità dell'osservatore o dalla velocità della
sorgente di luce.
La velocità della luce è il limite massimo per la velocità di un corpo dotato di massa
La fine di Newton
Cadono quindi i concetti assoluti di spazio e tempo.
Due osservatori, uno su un treno in corsa, l’altro vicino ai binari. Dentro il treno una
lampada emette luce. Entrambi gli osservatori vengono investiti dalla luce, ed
entrambi misurano che la sua velocità è pari a c. Ma siccome il treno viaggia
anch’esso ad una certa velocita’, l’unico modo affinche’ la luce mantenga la stessa
andatura e’ che il tempo scorra diversamente tra i due osservatori. Rispetto allo
spettatore a terra, sul treno il tempo scorre piu’ lentamente
Non solo: anche lo spazio cambia. Le distanze si contraggono all’aumentare della
velocità.
Due leggi incompatibili
La relatività ristretta non va d’accordo con il principio di gravitazione universale
• La gravità, secondo Newton, si trasmette istantaneamente, violando il limite della velocità della luce
• La gravità appare diversa in sistemi inerziali differenti.
Chi ha ragione?
Nel 1907 Einstein intuisce che c'è una correlazione tra gravità ed accelerazione: percepiamo il peso in modo
differente a seconda che acceleriamo o deceleriamo. Inizia a generalizzare il suo principio per includere la
gravitazione. La presenza di gravità rallenta la luce ed il tempo.
Questa intuizione riesce a spiegare la traiettoria di Mercurio senza bisogno di Vulcano
Inoltre intuisce che l’accelerazione, come effetto, è il medesimo di quello che si ha con la gravità: sotto un certo
punto di vista gravità ed accelerazione sono indistinguibili, se sono chiuso in una scatola e sento una forza che
mi spinge verso il pavimento non posso stabilire se questa sia dovuta ad un pianeta fuori che mi attira con la
sua gravità o se la scatola stia accelerando.
Gravità? Un grande inganno
la gravità non esiste, la gravità è un’illusione. Essa appare, come per incanto, quando, per un qualunque
motivo viene interrotto il movimento naturale di libera fluttuazione.
La libera fluttuazione è il movimento naturale dei corpi; esso viene comandato e regolato direttamente dallo
spazio. In genere, quando si parla di spazio, siamo portati a pensare a qualcosa di vuoto, al nulla; in realtà lo
spazio va immaginato come una specie di tessuto elastico in grado di deformarsi. Normalmente lo spazio è
piano e i corpi seguono traiettorie rettilinee ma in presenza di materia lo spazio si incurva.
A questo punto diventa subito chiaro perché, ad esempio, la Terra
ruota intorno al Sole oppure perché la Luna gira intorno alla Terra. La
Terra ruota attorno alla nostra stella non perché il Sole la attrae con
una misteriosa forza che noi chiamiamo gravità ma perché il Sole, a
causa della sua grande massa, incurva lo spazio circostante e questa
curvatura si trasmette fino a grandissime distanze. Di conseguenza la
Terra, muovendosi in uno spazio curvo, altro non può fare che seguire
una traiettoria curva. Lo stesso dicasi per la Luna.
Eddington e le eclissi
Sir Arthur Eddington, britannico e amante della bicicletta (aveva inventato un
numero, chiamato E, che indicava i giorni della sua vita in cui aveva percorso piu’
di E kilometri, che alla sua morte valeva 87), fu un astrofisico che si occupò molto
di teoria della relatività, portandola a conoscenza degli studiosi di lingua inglese.
Nel 1919, in occasione di un’eclisse di sole, Eddington va nell’isola di Principe,
Africa, per dimostrare le previsioni di Einstein sulla curvatura dello spazio,
osservando alcune stelle per vedere se effettivamente la loro posizione
apparente cambiava per via dell’effetto della gravità del sole. Inizialmente un
errore dovuto alla deformazione da calore delle lenti parve smentire Einstein, ma
successivi controlli ribaltarono la situazione
La relatività generale
Con le nuove intuizioni la geometria euclidea non era più appropriata per descrivere
la sua teoria. Einstein deve fare evolvere la sua matematica, e inizia ad appoggiarsi
alla geometria Riemenniana.
Ne risultò un insieme di equazioni molto complesse, che avevano tra l’altro il
problema di far collassare l’universo su se’ stesso quando si partiva dall’ipotesi di un
universo statico.
Einstein non riesce ad accettare il risultato ed introduce una costante, che chiama
«cosmologica» per far sì che il suo modello funzioni anche con un universo statico
Nel 1922 il russo Alexandrovich Frirdman partendo dalle equazioni scopre che un
universo statico non può esistere. Deve contrarsi o espandersi ma deve evolversi.
Albert non accetta l’ipotesi e addirittura accusa Fridman di aver commesso degli
errori sostanziali. Passarono ben sei mesi prima che Einstein ammettesse la
correttezza dei calcoli.
Un universo poco statico
Vesto Silpher, astronomo americano, osservando alcune
nebulose si accorge che la maggior parte di esse tendoevano ad
allontanarsi l’una dall’altra e quasi tutte da noi. Lo scoprì
osservando che il loro spettro presentava quasi sempre uno
spostamento verso il rosso (effetto Doppler).
Georges Lemaitre, sacerdote belga, considera questa prova come
la dimostrazione che l’universo non è statico, ma si sta invece
espandendo.
Einstein bocciò anche questa conclusione.
Edwin Hubble, americano, poco prima del 1930 si mise ad
effettuare un gran numero di osservazioni. Viene confermato
l’effetto di espansione. Non solo: apparve che gli oggetti quanto
più lontani sono tanto più velocemente si muovono
Nel 1930 Einstein si trova costretto ad eliminare la costante
cosmologica
Il grande bang, il grande errore
Ma se l’universo si sta espandendo, e se i corpi si allontanano l’uno dall’altro,
invertendo la direzione del tempo cosa otteniamo? Lemaitre audacemente
arrivò ad ipotizzare che tornando indietro nel tempo tutta la materia si sarebbe
via via avvicinata fino a convergere in un unico punto. Aveva immaginato il big
bang, al quale aveva assegnato il nome di «uovo primordiale».
Lemaitre era sacerdote, paradossalmente temeva che la sua teoria fosse
considerata poco scientifica visto che invocava in modo abbastanza esplicito il
concetto di «creazione».
Eddington comunque trova «ripugnante» l’idea di uno spazio-tempo che ha un
inizio, e nonostante in passato avesse aiutato Lemaitre, ne prende le distanze.
Invece Einstein, dopo aver incontrato il sacerdote nel 1933 convenne che le sue
idee erano notevoli e finalmente abbandonò la sua ossessione per un universo
statico. La costante cosmologica, da allora, l’avrebbe definita come il suo «più
grande errore»
La morte delle stelle
Robert Oppenheimer, fisico teorico americano, diventa
famoso grazie alla meccanica quantistica, disciplina che, a
differenza della relatività in quegli anni ha un enorme
fortuna, ma nel 1939 inizia a studiare la fine delle stelle
scoprendo che una possibile soluzione della teoria
einsteiniana prevede che la stella se sufficientemente
grande e densa diventa incapace di comunicare con
l’esterno. Nemmeno la luce riesce a fuggire.
In realtà un risultato simile fu conseguito dall’astronomo
tedesco Karl Schwarzschild.
Eddington ipotizza un sistema con il quale le stelle si
alimentano (l’idrogeno diventa elio per fusione,
diminuzione dello 0.7% della materia che grazie a E=mc2
diventa energia che fa brillare le stelle). La radiazione
compensa la gravità.
Ma che succede quando finisce l’idrogeno?
La morte delle stelle
Una possibile soluzione: diventano nane bianche (ad esempio Sirio B).
Non collassano grazie al principio di indeterminazione: tantissime
particelle racchiuse in uno spazio molto piccolo hanno una posizione
abbastanza definita (tanti elettroni e pochi stati quantici consentiti)->
devono avere una velocità non definita e molto alta, questo causa una
grande pressione che tiene in equilibrio la stella.
L’idea viene da Subrahmanyan Chandrasekhar, astrofisico Indiano
(conosciuto più semplicemente come Chandra), il quale scopre inoltre che
perché ciò possa avvenire occorre che gli elettroni siano molto veloci,
quasi quanto la luce. Se aumenta la massa della stella deve aumentare
anche la velocità degli elettroni. Ma c'è il limite imposto da Einstein.
Superata una certa massa quindi la gravità vince. Ne calcola anche il
limite: 0.9 masse solari.
Eddington non vuole accettare questo scenario che ritiene assurdo.
Assistere alla morte di una stella
Nel 1939, partendo dal lavoro di Landau, Oppenheimer inizia a studiare le stelle
con nucleo a neutroni (ipotizzate da Landau, il quale sosteneva fossero i neutroni
compressi a fornire l’energia alle stelle), immaginando cosa avrebbe visto un
ipotetico osservatore vicino ad una stella il cui nucleo a neutroni implodesse.
Per tale osservatore esterno la luce diventerebbe sempre più rossa, ed il tempo,
assieme all’implosione dovrebbe rallentare fino a fermarsi.
Oppenheimer però da lì a breve finì per occuparsi della fissione atomica (Progetto
Manhattan)
Anche Einstein riteneva improbabile l’esistenza di questi «buchi neri» e si diede da
fare per dimostrarne l’impossibilità.
Nota curiosa: Einstein e Oppenheimer una volta giocarono una partita a scacchi che
divenne famosa come «partita geniale» visto il livello intellettivo degli sfidanti. Per
la cronaca: vinse Einstein per abbandono dell’avversario.
Il tramonto del relativismo?
Con la seconda guerra mondiale il movimento antisemita mise in secondo piano la teoria della
relatività, che quindi subì una battuta di arresto anche a causa del maggior interesse che in quel
periodo la meccanica quantistica rivestiva, oltre ovviamente per via delle origini di Albert. A
differenza della teoria della relatività questa forniva risultati misurabili e verificabili.
Anche in unione sovietica iniziano a spuntare critiche feroci contro la teoria della relatività. Nel 1952
il filosofo Alexander Maximow pubblicò un articolo «Contro l’einsteinismo reazionario nella fisica»
In questo periodo Einstein è ossessionato da creare una legge che unifichi TUTTA la fisica
fondamentale. Per far questo immagina lo spaziotempo a 5 dimensioni. Andò avanti per oltre
vent’anni nel tentativo di unificare in particolar modo elettromagnetismo e gravità. Pian piano iniziò
a perdere il consenso dei suoi colleghi al punto che Oppenheimer lo arriva a definire
«completamente rimbambito»
In questi anni Einstein fece amicizia con Kurt Godel, austriaco , il quale affrontò le equazioni della
relatività. E arrivò a teorizzare di un universo che ruotava attorno ad un asse. In questo universo,
spostandosi velocemente, si poteva ritornare al punto di partenza viaggiando indietro nel tempo!
Il fascino di Einstein è in declino, la teoria della relatività pure, al punto che la prestigiosa «Physical
Review» fu ad un passo dal decidere di vietare qualsiasi articolo la riguardasse
Einstein muore nel 1955
La stella di Fred Hoyle
Nel 1949 la BBC iniziò a trasmettere delle conferenze radiofoniche di
Fred Hoyle: «The nature of universe», che ebbero un enorme
successo di pubblico. Anche lui, forte dei media, rigetta l’idea di un
universo nato all’improvviso, ma prediligeva l’idea di un universo
statico.
Hoyle ipotizzava un universo dove tutti i punti dello spazio E del
tempo sono identici, quindi un universo statico anche nel tempo.
L’universo stazionario era alimentato da un campo di creazione,
detto «campo C».
Paradossalmente fu lui a coniare il termine «Big Bang» che usava in
maniera dispregiativa durante le sue trasmissioni.
Hoyle spesso arrivò a suscitare l’ira dei suoi colleghi, che lo accusano
di faziosità e di uso poco etico del mezzo radiofonico per
promuovere le sue posizioni scientifiche
Segnali dal cielo
Nei primi anni 30 Karl Jansky, ingegnere radiofonico
americano nonché fisico, nel tentativo di scoprire
l’origine di alcune interferenze, si accorge che questi
strani segnali provengono dall’interno della via lattea
In seguito, Grote Reber, americano, cercò di costruirsi
da solo un’antenna migliore di quella usata da Jansky
per investigare sul fenomeno, e pubblicò una
«radiomappa» dalla quale si evinceva che il fenomeno
pareva nascere da alcuni punti particolari non
coincidenti con corpi celesti noti
Segnali dal cielo
Martin Ryle, britannico, progetta una serie di radiotelescopi.
Inizialmente prese qualche abbaglio come quando, nel 1951, affermò
che le sorgenti radio erano tutte dentro la via lattea, ma poi utilizzò la
radioastronomia per cercare di capire la struttura dell’universo
Grazie alla radioastronomia l’ipotesi di un universo in evoluzione
tornò alla ribalta: tenendo conto, tenendo valida questa ipotesi, che
vedere una radiosorgente lontana vuol dire vederla quando l’universo
era più giovane e quindi compatto, porta al risultato di avere più
sorgenti lontani e vecchie osservabili rispetto a quelle vicine, in
perfetto accordo con le osservazione.
Ryle compilò tutta una serie di cataloghi. Inizialmente erano molto
imprecisi ma nel 1961, alla quarta generazione del catalogo, i dati
erano inequivocabili: l’universo non poteva essere statico! Questo
porta a furiosi scontri con Hoyle ma gli permise di vincere il Nobel nel
1974
Nuove leve
John Wheeler, fisico teorico americano, inizia ad
interessarsi alla relatività «disturbato» dall’idea di una
singolarità al centro di un buco nero.
Radicale e patriota, partecipò anche al progetto
Manhattan per la realizzazione di una bomba h.
In ambito relativistico ipotizzò l’esistenza dei wormholes
e cercò di coniugare quantistica con relativistica. Arrivò
a capire che lo spaziotempo, osservato a scale
microscopiche non è regolare, ma altamente irregolare,
quasi fosse una «schiuma».
Il suo approccio è molto estremo, ed amava osare nelle
ipotesi che faceva fino al grottesco, tipo «elettricità
senza elettroni», «spin senza spin» o cose del genere.
Domare la gravità
Roger Babson, imprenditore americano, era ossessionato
dalla gravità: aveva perso una sorella annegata in un lago e
lui attribuiva la perdita alla legge di gravità che aveva
risucchiato il suo corpo in fondo all’acqua. Arrivò ad istituire
il Gravity Research Foundation nel 1948, nel tentativo di
raggruppare menti in grado di ideare macchinari in grado di
funzionare con l’antigravità. Voleva sconfiggere una volta per
tutta la forza di gravità. Inizialmente la fondazione non ebbe
un gran successo, ma Babson aveva fondi da investire.
Venne pubblicato un concorso per coloro che avessero idee
su come utilizzare l’energia gravitazionale.
A metà degli anni 50 si era convinti che sarebbe mancato
poco ad imbrigliare gravità e antigravità come forma di
energia. Persino Lear, Bell Aircraft e Lockheed avevano
investito in ricerca in tale settore.
Il convegno di Chapel Hill
Bryce Dewitt nel 1953 propose un saggio da inviare alla Gravity
Research in cui dimostrò, usando la relatività generale, che cercare di
imbrigliare la gravità e la sua energia era una perdita di tempo e tutti
i tentativi di costruire progetti che sfruttassero l’energia
gravitazionale erano irrealizzabili. E, nonostante avesse smontato di
fatto la «mission» della fondazione, riuscì a vincere il concorso in
virtù della serietà e del rigore del suo scritto.
Grazie all’approccio serio e scientifico, l’associazione di Babson
crebbe in credibilità e avvicinò studiosi di livello sempre superiore.
Nel 1957 Dewitt organizzò un convegno a Chapel Hill, intitolato «il
ruolo della gravitazione in fisica» che fece arrivare diversi nuovi
scienziati tra cui Richard Feynman. Egli raccontò che non appena
arrivò in aeroporto non aveva la più pallida idea di dove andare, ma
gli bastò dire ad un taxista «mi porti dove sono andate quelle strane
persone che parlavano usando una lingua misteriosa tipo gi-mu-nu»
(il simbolo che definisce la geometria nello spaziotempo)
Il convegno di Chapel Hill
• Al convegno di Chapel Hill Feynman e colleghi convennero su una
cosa: alla teoria della relatività occorrevano una serie di esperimenti
per farla emergere dal rango di mera teoria matematica. Occorrevano
riscontri sperimentali
• In questo convegno, Feynman demolì l’idea di Hoyle di un campo di
creazione e ci si iniziò a domandare se, analogamente al caso delle
onde elettromagnetiche, esistessero anche quelle gravitazionali,
predette da Einstein nella sua teoria della relatività nel 1916
Galassie in fiamme
Nel 1963 Marteen Shmidt, astronomo
olandese, osservando 3C405, una sorgente
radio che era stata catalogata in precedenza
nel catalogo di Ryle, si accorse che forniva una
immagine alquanto strana: due macchie radio
di forma quasi quadrata, ampie centinaia di
anni luce, alimentate da qualcosa che le
separava. Una seconda sorgente radio, 3C48
invece aveva un aspetto completamente
diverso quasi una stella. Pareva che le
radiosorgenti avessero una gran varietà nel
loro aspetto. Cos’erano quindi?
Galassie in fiamme
Osservando 3C273 Schmidt si accorge che la radiosorgente offre
un enorme redshift, di quasi il 16%. I casi sono due, o la
sorgente si muove quasi a velocità della luce oppure è talmente
lontana che tale redshift dipende dall’espansione dell’universo.
Questo oggetto emette più luce di un centinaio di galassie
messe insieme! Nonostante la dimensione estremamente
inferiore a quella di una galassia.
Hoyle, affascinato dalla cosa, ipotizzò si trattasse di una
«superstella».
Nel 1963 in Texas si riuniscono relativisti nel tentativo di trovare
una spiegazione di questo strano fenomeno. Qui vennero
denominate «Quasar» (Quasi Stellar Radiosource). Apparve
chiaro che per cercare di dare un senso al fenomeno occorreva
considerare la relatività. Wheeler fece un intervento in cui
illustrò lo stretto legame tra relatività e astronomia. Finalmente
la relatività era risorta dal suo stato moribondo
Risorgimento Russo
In russia sono soprattutto due i fisici che risultano importanti nel
dopoguerra per la teoria della relativita’: Lev Landau e Jakov Zel’Dovic.
Landau era stato soggetto alle persecuzioni avvenute negli anni 30, ed
era molto esigente e ruvido, per via delle vicissitudini passate. Per
entrare nella sua equipe gli aspiranti dovevano superare undici
durissimi esami, noti come «il minimo teorico di Landau»
Zel’dovic era un ebreo bielorusso inizialmente specializzato in
combustione ed ignizione (era il periodo di grande fermento del
nucleare). Fu lui tra l’altro a teorizzare che al centro della galassie vi
fossero enormi buchi neri «supermassicci»
Landau inizialmente non era particolarmente benevolo con Zel’dovic,
specie per via dell’interesse che questi aveva per il nucleare, tanto che
lo definiva «quella cagna».
La scuola fisica russa arrivò a teorizzare che le singolarità potevano
formarsi solo se la stella avesse avuto una forma perfettamente sferica
(altrimenti le differenze avrebbero causato delle differenze di velocità
nel collasso e la singolarità non sarebbe mai nata).
Il «guastafeste» Penrose
Roger Penrose però dimostrò che l’ipotesi dei Russi era
sbagliata, e che, anzi, le singolarità si sarebbero sempre
verificate. Il dover dimostrare ai colleghi russi si erano
sbagliati lo imbarazzava moltissimo!
Penrose lavorò moltissimo con l’amico Hawkings sui buchi neri
e sul big bang. Assieme a lui lavorò anche al principio di
censura cosmica, ovvero sulla congettura secondo la quale è
impossibile creare curve chiuse nel tempo (in sostanza di
viaggiare nel passato).
Lavorò anche molto sulla gravità quantistica, ovvero il campo
della fisica teorica che tenta di unificare la teoria quantistica
con la relatività generale
Echi lontanissimi
Nel 1964, Arno Penzias e Robert Wilson, con una
gigantesca antenna a forma di tromba, durante la fase di
taratura dello strumento si accorsero di ricevere qualcosa,
inizialmente confuso per un disturbo. Secondo il modello
di Lemaire (il big bang), in una primissima fase
dell’universo questi avrebbe dovuto emettere una
radiazione di fondo, che era esattamente quanto rilevato
da Penzias e Wilson. Era la dimostrazione che il modello
del big bang era corretto.
Nel 2001 la Nasa lancia un satellite, chiamato WMAP, e
dopo 2 anni pubblica una mappa estremamente
dettagliata della radiazione di fondo
Cervello in trappola
Stephen Hawking, nato ad Oxford, assieme a Penrose, arrivò a dimostrare che una
singolarità era anche all’origine dell’universo, ovvero l’origine del big bang.
Purtroppo la sua vita venne stravolta da una grave malattia (probabilmente la
sclerosi laterale amiotrofica), che lo costringe progressivamente alla paralisi totale e
che, in un primo momento, gli sembra riservare solamente due anni di vita,
fortunatamente previsione che non si avvera.
Hawking si occupò poi dei buchi neri, arrivando a scoprire che questi emettevano
raggi x e col tempo evaporavano, e che, per effetto quantistico ai confini dell’
orrizzonte degli eventi, emettevano una flebile luce.
Inoltre propose un paradosso: se un buco nero si limita ad aumentare di area
quando un oggetto vi cade dentro, ed aumenta in modo indipendente dalla
complessità/entropia dell’oggetto, allora l’informazione dove va a finire?
Nota curiosa: Hawking fece una scommessa con l’amico e collega riguardo
l’esistenza di un buco nero al centro di Cygnus X-1: in palio un abbonamento
annuale alla rivista Playboy. Hawking perse la scommessa
La signora delle pulsar
Vale la pena ricordare anche una figura femminile: Jocelyn Bell
astrofisica irlandese che, durante l’osservazione del cielo in quel
periodo arrivò a scoprire gli oggetti che poi prenderanno il nome
di Pulsar. Fu un’attività di osservazione molto dura e faticosa,
tant’è che alla fine si era tanto irrobustita da poter «impugnare
un maglio».
Il nome originale dell'oggetto fu "LGM" (Little Green Men, piccoli
omini verdi) perché qualcuno scherzò sul fatto che, essendo così
regolari, potessero essere segnali trasmessi da una qualche
forma di vita extraterrestre. Dopo molte speculazioni, una
spiegazione più prosaica fu trovata in stelle a neutroni, ipotizzate
inizialmente da Oppenheimer come stato avanzato del
collassamento della materia, fino a quel momento mai osservate.
I supervisori di Bell vinsero il premio Nobel per questa scoperta
mentre a lei non rimase alcun riconoscimento!
Onde gravitazionali
L’11/2/2016 è stato dato l’annuncio della scoperta delle onde gravitazionali. In
realtà Joseph Weber a lungo rivendicò di averle scoperte per primo lui, con un
sistema di cilindri di alluminio.
Le onde gravitazionali sono delle increspature della struttura dello spazio-tempo,
previste da Einstein, in modo analogo alle onde elettromagnetiche. Sono onde
però molto deboli (la traiettoria della terra viene alterata, per cessione di onde
gravitazionali, di una distanza a pari di quella di un protone al giorno!).
Lo strumento di Weber pareva effettivamente vibrare per effetto delle onde
gravitazionali ma con una precisione fin troppo sospetta. Altri scienziati tentarono
di replicare i risultati ma senza successo.
Per effettuare una analisi teorica del comportamento di queste onde
gravitazionali per decenni fisici e informatici impazzirono nel tentativo di simulare
una collisione di due buchi neri. Nel frattempo, grazie al prezioso contributo di Kip
Thorne, veniva progettato uno strumento, chiamato LIGO, che tramite le
proprietà di interferenza del laser avrebbe dovuto avere una precisione tale da
riuscire a capitare le onde. Ebbe una nascita piuttosto travagliata specie per gli
enormi costi, ripagati quest’anno con lo storico annuncio della scoperta
La materia invisibile
Al convegno di cosmologia di Princeton in America, nel 1996 si
propose un’ipotesi nella quale l’universo è composto da una gran
quantita’ di materia invisbile. Questa materia viene chiamata
materia oscura, ed è un modo con il quale si cerca di spiegare le
discrepanze tra teoria della relatività ed osservazioni del cielo su
larga scala.
Tale idea nasce per dare una risposta alle osservazioni di Vera Rubin:
le galassie ruotano troppo velocemente per non distruggersi, quindi
cosa tiene legate le stelle tra di loro?
La cosa davvero bizzarra è che, stando alle osservazioni, la materia
oscura dovrebbe essere molto più abbondante di quella visibile!
Jim Peebles si mette al lavoro cercando di creare un modello
dell’unverso formato da atomi sia visibili che «oscuri». Il problema
dei suoi calcoli però fu che dimostrarono che l’universo poteva avere
al massimo 7 miliardi di anni, troppi pochi rispetto alle osservazioni.
La vendetta della costante cosmologica
Introdotta da Einstein come «aggiustamento» per rendere l’universo statico
venne ovviamente abbandonata da egli stesso quando si accorse del suo errore.
E’ paradossale pertanto il fatto che, a partire dagli anni 90, tutti i modelli
moderni dell’universo parevano indicare che in realtà questa costante esiste
davvero! Era necessaria a spiegare la presenza dell’energia oscura, altro attore
esotico ipotizzato dalla cosmologia.
Negli anni 2007 e 2008, sono state effettuate dal satellite Chandra della NASA
molte osservazioni nello spettro dei raggi X sull' ammasso di galassie Abel 85,
distante 740 milioni di anni luce dalla Terra. Queste osservazioni hanno
permesso di estendere gli studi sull'energia oscura, rivelando come la presenza
di questa forma di energia quantistica possa influire sulla struttura dello spazio
tempo e avvalorare (quanto meno dal punto di vista matematico) la presenza
della costante cosmologica intuita da Einstein ma mai precedentemente
dimostrata empiricamente.
Anche precedenti osservazioni del Supernova Cosmology Project spingevano
verso l’esistenza della costante.
Tutti d’accordo? No. Ad esempio Zel’dovic arrivò a dimostrare che tra il valore
della costante cosmologica osservata ed il valore teorico c’erano «solo» cento
ordini di grandezza di differenza!
Fine del viaggio
Dopo 100 anni la teoria della relatività, pur continuando ad ottenere
conferme anche spettacolari, come nel caso del LIGO, inizia a patire l’età:
• Stando ad essa il 96% dei componenti è di natura esotica.
• Quando si arriva a dimensioni quantistiche la teoria della relatività non
funziona bene
• Nemmeno a dimensioni estreme (es: ammasso di galassie) la TDR fornisce
risultati coerenti con quanto osservato.
Si stanno sviluppando molti modelli nuovi che tentano di risolvere questi
problemi. Tra multiversi, teoria di newton dinamica modificata, principio
antropico, superstringhe e membrane si stanno seguendo diverse piste nella
ricerca di un modello che riesca finalmente a spiegare le leggi della natura
dalle dimensioni microscopiche fino a quelle piu’ immense.
Scarica