100 Anni di Relatività Un viaggio alla ricerca delle origini dell’universo Relatore: Claudio Mazzuco Le origini della relatività A dispetto del credo comune, il concetto di relatività nasce con Galileo nel 1632 (Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo), per poi venire formalizzato in seguito da Newton. Questo afferma che le leggi della meccanica hanno sempre la stessa forma nei sistemi di riferimento inerziali. Nessun esperimento fisico può consentire di distinguere tra un sistema inerziale e un altro sistema in moto rettilineo uniforme rispetto al primo. Perché ne parliamo in un gruppo di astrofili? Perché, come vedremo, la relatività si intreccia i modo indissolubile con la ricerca della struttura del nostro universo. « Rinserratevi con qualche amico nella maggiore stanza che sia sotto coverta di alcun gran navilio, e quivi fate d'aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti: siavi anco un gran vaso d'acqua, e dentrovi de' pescetti; sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vada versando dell'acqua in un altro vaso di angusta bocca che sia posto a basso; e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quelli animaletti volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della stanza. [..] Osservate che avrete diligentemente tutte queste cose, benché niun dubbio ci sia mentre il vascello sta fermo non debbano succedere così: fate muovere la nave con quanta si voglia velocità; ché (pur di moto uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati effetti; né da alcuno di quelli potrete comprendere se la nave cammina, o pure sta ferma. » (Salviati, Giornata seconda.) Spazio e tempo assoluti All’interno della relatività galiliena/newtoniana lo spazio ed il tempo vengono considerate come entità assolute. «Il tempo assoluto, vero, matematico, in sé e per sua natura, senza relazione ad alcunché di esterno, scorre uniformemente, e con altro nome è chiamato durata Lo spazio assoluto, per sua natura senza relazione ad alcunché di esterno, rimane sempre uguale e immobile» Secondo Newton in sostanza siamo immersi in uno spazio-tempo che non dipende da dove siamo e cosa facciamo. Il tempo è uguale ovunque, in questo momento in tutto l’universo è la stessa ora, stessa data. Inoltre le distanze sono assolute: Proxima Centauri dista da noi 4 anni luce, indipendentemente da dove siamo e da cosa stiamo facendo. La legge di gravitazione universale Newton è l’ideatore, tra le varie cose, anche della legge di gravitazione universale Grazie a questa legge, l’astronomo francese Urbain Le Verrier, osservando le irregolarità dell’orbita di Urano predisse l’esistenza di un altro pianeta, e riuscì persino a calcolarne la posizione. Inviò le coordinate al collega tedesco Gottfried Galle, il quale puntò il telescopio e trovò lo sconosciuto Nettuno. Le Verrier, ci riprova con Mercurio, che aveva anch’esso un’orbita irregolare, non conforme alla gravitazione universale, e ipotizza l’esistenza di un altro pianeta, a cui da il nome di Vulcano. Che però non venne mai trovato. L’orbita di Mercurio presenta delle irregolarità per via della forza di gravità del sole. Ma ancora non era nota la teoria della relatività e si pensava che la perturbazione dipendesse da un altro pianeta. La rivoluzione elettromagnetica James Clerk Maxwell, scozzese, verso la fine del 1800 pubblica le sue famose equazioni che regolano l’interazione elettromagnetica. Tra le sue soluzioni è ammessa una natura ondulatoria. Nascono le onde elettromagnetiche: una variazione del campo elettrico generano un campo magnetico, e da qui un onda elettromagnetica. Si pensava che tutte le onde dovessero avere un mezzo su cui spostarsi. Nasce l’idea dell’etere. Esperimento di Michelson-Morley La luce è una particolare tipo di onda elettromagnetica il cui spettro è compreso tra i 400 e 700 nanometri come lunghezza d’onda. Due scienziati americani, Michelson e Morley, tentano nel 1887 di misurare la velocità del vento d’etere. Se esiste il «vento d’etere», con un sistema di specchi è possibile dividere il medesimo raggio in due sotto-raggi che viaggiano perpendicolari a differente velocità a seconda di come sono orientati rispetto alla direzione del vento. Facendoli ricombinare la figura di interferenza che si ottiene dovrebbe cambiare se si ruota lo strumento La figura di interferenza non cambia, l’esperimento fallisce. Il vento d’etere non esiste: la velocità della luce è la medesima in tutte le direzioni! Einstein e la relatività ristretta Nasce il 14/3/1879 a Ulma (Germania) da famiglia ebraica. 1896 si trasferisce a Berna dove viene assunto nell’ufficio brevetti. La scarsa mole di lavoro e la relativa tranquillità gli permettono di concentrarsi sui suoi interessi scientifici, in particolare la fisica. In ufficio aveva un cassetto nella scrivania, contenente i suoi appunti, che chiamava «il mio dipartimento di fisica teorica» Nel 1905 pubblica il Zur Elektrodynamik bewegter Körper, in seguito conosciuto come «principio di relatività ristretta» (o speciale) • • • primo postulato (principio di relatività): tutte le leggi fisiche sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali; (prima era tutte le leggi meccaniche) secondo postulato (invarianza della luce): la velocità della luce nel vuoto ha lo stesso valore in tutti i sistemi di riferimento inerziali, indipendentemente dalla velocità dell'osservatore o dalla velocità della sorgente di luce. La velocità della luce è il limite massimo per la velocità di un corpo dotato di massa La fine di Newton Cadono quindi i concetti assoluti di spazio e tempo. Due osservatori, uno su un treno in corsa, l’altro vicino ai binari. Dentro il treno una lampada emette luce. Entrambi gli osservatori vengono investiti dalla luce, ed entrambi misurano che la sua velocità è pari a c. Ma siccome il treno viaggia anch’esso ad una certa velocita’, l’unico modo affinche’ la luce mantenga la stessa andatura e’ che il tempo scorra diversamente tra i due osservatori. Rispetto allo spettatore a terra, sul treno il tempo scorre piu’ lentamente Non solo: anche lo spazio cambia. Le distanze si contraggono all’aumentare della velocità. Due leggi incompatibili La relatività ristretta non va d’accordo con il principio di gravitazione universale • La gravità, secondo Newton, si trasmette istantaneamente, violando il limite della velocità della luce • La gravità appare diversa in sistemi inerziali differenti. Chi ha ragione? Nel 1907 Einstein intuisce che c'è una correlazione tra gravità ed accelerazione: percepiamo il peso in modo differente a seconda che acceleriamo o deceleriamo. Inizia a generalizzare il suo principio per includere la gravitazione. La presenza di gravità rallenta la luce ed il tempo. Questa intuizione riesce a spiegare la traiettoria di Mercurio senza bisogno di Vulcano Inoltre intuisce che l’accelerazione, come effetto, è il medesimo di quello che si ha con la gravità: sotto un certo punto di vista gravità ed accelerazione sono indistinguibili, se sono chiuso in una scatola e sento una forza che mi spinge verso il pavimento non posso stabilire se questa sia dovuta ad un pianeta fuori che mi attira con la sua gravità o se la scatola stia accelerando. Gravità? Un grande inganno la gravità non esiste, la gravità è un’illusione. Essa appare, come per incanto, quando, per un qualunque motivo viene interrotto il movimento naturale di libera fluttuazione. La libera fluttuazione è il movimento naturale dei corpi; esso viene comandato e regolato direttamente dallo spazio. In genere, quando si parla di spazio, siamo portati a pensare a qualcosa di vuoto, al nulla; in realtà lo spazio va immaginato come una specie di tessuto elastico in grado di deformarsi. Normalmente lo spazio è piano e i corpi seguono traiettorie rettilinee ma in presenza di materia lo spazio si incurva. A questo punto diventa subito chiaro perché, ad esempio, la Terra ruota intorno al Sole oppure perché la Luna gira intorno alla Terra. La Terra ruota attorno alla nostra stella non perché il Sole la attrae con una misteriosa forza che noi chiamiamo gravità ma perché il Sole, a causa della sua grande massa, incurva lo spazio circostante e questa curvatura si trasmette fino a grandissime distanze. Di conseguenza la Terra, muovendosi in uno spazio curvo, altro non può fare che seguire una traiettoria curva. Lo stesso dicasi per la Luna. Eddington e le eclissi Sir Arthur Eddington, britannico e amante della bicicletta (aveva inventato un numero, chiamato E, che indicava i giorni della sua vita in cui aveva percorso piu’ di E kilometri, che alla sua morte valeva 87), fu un astrofisico che si occupò molto di teoria della relatività, portandola a conoscenza degli studiosi di lingua inglese. Nel 1919, in occasione di un’eclisse di sole, Eddington va nell’isola di Principe, Africa, per dimostrare le previsioni di Einstein sulla curvatura dello spazio, osservando alcune stelle per vedere se effettivamente la loro posizione apparente cambiava per via dell’effetto della gravità del sole. Inizialmente un errore dovuto alla deformazione da calore delle lenti parve smentire Einstein, ma successivi controlli ribaltarono la situazione La relatività generale Con le nuove intuizioni la geometria euclidea non era più appropriata per descrivere la sua teoria. Einstein deve fare evolvere la sua matematica, e inizia ad appoggiarsi alla geometria Riemenniana. Ne risultò un insieme di equazioni molto complesse, che avevano tra l’altro il problema di far collassare l’universo su se’ stesso quando si partiva dall’ipotesi di un universo statico. Einstein non riesce ad accettare il risultato ed introduce una costante, che chiama «cosmologica» per far sì che il suo modello funzioni anche con un universo statico Nel 1922 il russo Alexandrovich Frirdman partendo dalle equazioni scopre che un universo statico non può esistere. Deve contrarsi o espandersi ma deve evolversi. Albert non accetta l’ipotesi e addirittura accusa Fridman di aver commesso degli errori sostanziali. Passarono ben sei mesi prima che Einstein ammettesse la correttezza dei calcoli. Un universo poco statico Vesto Silpher, astronomo americano, osservando alcune nebulose si accorge che la maggior parte di esse tendoevano ad allontanarsi l’una dall’altra e quasi tutte da noi. Lo scoprì osservando che il loro spettro presentava quasi sempre uno spostamento verso il rosso (effetto Doppler). Georges Lemaitre, sacerdote belga, considera questa prova come la dimostrazione che l’universo non è statico, ma si sta invece espandendo. Einstein bocciò anche questa conclusione. Edwin Hubble, americano, poco prima del 1930 si mise ad effettuare un gran numero di osservazioni. Viene confermato l’effetto di espansione. Non solo: apparve che gli oggetti quanto più lontani sono tanto più velocemente si muovono Nel 1930 Einstein si trova costretto ad eliminare la costante cosmologica Il grande bang, il grande errore Ma se l’universo si sta espandendo, e se i corpi si allontanano l’uno dall’altro, invertendo la direzione del tempo cosa otteniamo? Lemaitre audacemente arrivò ad ipotizzare che tornando indietro nel tempo tutta la materia si sarebbe via via avvicinata fino a convergere in un unico punto. Aveva immaginato il big bang, al quale aveva assegnato il nome di «uovo primordiale». Lemaitre era sacerdote, paradossalmente temeva che la sua teoria fosse considerata poco scientifica visto che invocava in modo abbastanza esplicito il concetto di «creazione». Eddington comunque trova «ripugnante» l’idea di uno spazio-tempo che ha un inizio, e nonostante in passato avesse aiutato Lemaitre, ne prende le distanze. Invece Einstein, dopo aver incontrato il sacerdote nel 1933 convenne che le sue idee erano notevoli e finalmente abbandonò la sua ossessione per un universo statico. La costante cosmologica, da allora, l’avrebbe definita come il suo «più grande errore» La morte delle stelle Robert Oppenheimer, fisico teorico americano, diventa famoso grazie alla meccanica quantistica, disciplina che, a differenza della relatività in quegli anni ha un enorme fortuna, ma nel 1939 inizia a studiare la fine delle stelle scoprendo che una possibile soluzione della teoria einsteiniana prevede che la stella se sufficientemente grande e densa diventa incapace di comunicare con l’esterno. Nemmeno la luce riesce a fuggire. In realtà un risultato simile fu conseguito dall’astronomo tedesco Karl Schwarzschild. Eddington ipotizza un sistema con il quale le stelle si alimentano (l’idrogeno diventa elio per fusione, diminuzione dello 0.7% della materia che grazie a E=mc2 diventa energia che fa brillare le stelle). La radiazione compensa la gravità. Ma che succede quando finisce l’idrogeno? La morte delle stelle Una possibile soluzione: diventano nane bianche (ad esempio Sirio B). Non collassano grazie al principio di indeterminazione: tantissime particelle racchiuse in uno spazio molto piccolo hanno una posizione abbastanza definita (tanti elettroni e pochi stati quantici consentiti)-> devono avere una velocità non definita e molto alta, questo causa una grande pressione che tiene in equilibrio la stella. L’idea viene da Subrahmanyan Chandrasekhar, astrofisico Indiano (conosciuto più semplicemente come Chandra), il quale scopre inoltre che perché ciò possa avvenire occorre che gli elettroni siano molto veloci, quasi quanto la luce. Se aumenta la massa della stella deve aumentare anche la velocità degli elettroni. Ma c'è il limite imposto da Einstein. Superata una certa massa quindi la gravità vince. Ne calcola anche il limite: 0.9 masse solari. Eddington non vuole accettare questo scenario che ritiene assurdo. Assistere alla morte di una stella Nel 1939, partendo dal lavoro di Landau, Oppenheimer inizia a studiare le stelle con nucleo a neutroni (ipotizzate da Landau, il quale sosteneva fossero i neutroni compressi a fornire l’energia alle stelle), immaginando cosa avrebbe visto un ipotetico osservatore vicino ad una stella il cui nucleo a neutroni implodesse. Per tale osservatore esterno la luce diventerebbe sempre più rossa, ed il tempo, assieme all’implosione dovrebbe rallentare fino a fermarsi. Oppenheimer però da lì a breve finì per occuparsi della fissione atomica (Progetto Manhattan) Anche Einstein riteneva improbabile l’esistenza di questi «buchi neri» e si diede da fare per dimostrarne l’impossibilità. Nota curiosa: Einstein e Oppenheimer una volta giocarono una partita a scacchi che divenne famosa come «partita geniale» visto il livello intellettivo degli sfidanti. Per la cronaca: vinse Einstein per abbandono dell’avversario. Il tramonto del relativismo? Con la seconda guerra mondiale il movimento antisemita mise in secondo piano la teoria della relatività, che quindi subì una battuta di arresto anche a causa del maggior interesse che in quel periodo la meccanica quantistica rivestiva, oltre ovviamente per via delle origini di Albert. A differenza della teoria della relatività questa forniva risultati misurabili e verificabili. Anche in unione sovietica iniziano a spuntare critiche feroci contro la teoria della relatività. Nel 1952 il filosofo Alexander Maximow pubblicò un articolo «Contro l’einsteinismo reazionario nella fisica» In questo periodo Einstein è ossessionato da creare una legge che unifichi TUTTA la fisica fondamentale. Per far questo immagina lo spaziotempo a 5 dimensioni. Andò avanti per oltre vent’anni nel tentativo di unificare in particolar modo elettromagnetismo e gravità. Pian piano iniziò a perdere il consenso dei suoi colleghi al punto che Oppenheimer lo arriva a definire «completamente rimbambito» In questi anni Einstein fece amicizia con Kurt Godel, austriaco , il quale affrontò le equazioni della relatività. E arrivò a teorizzare di un universo che ruotava attorno ad un asse. In questo universo, spostandosi velocemente, si poteva ritornare al punto di partenza viaggiando indietro nel tempo! Il fascino di Einstein è in declino, la teoria della relatività pure, al punto che la prestigiosa «Physical Review» fu ad un passo dal decidere di vietare qualsiasi articolo la riguardasse Einstein muore nel 1955 La stella di Fred Hoyle Nel 1949 la BBC iniziò a trasmettere delle conferenze radiofoniche di Fred Hoyle: «The nature of universe», che ebbero un enorme successo di pubblico. Anche lui, forte dei media, rigetta l’idea di un universo nato all’improvviso, ma prediligeva l’idea di un universo statico. Hoyle ipotizzava un universo dove tutti i punti dello spazio E del tempo sono identici, quindi un universo statico anche nel tempo. L’universo stazionario era alimentato da un campo di creazione, detto «campo C». Paradossalmente fu lui a coniare il termine «Big Bang» che usava in maniera dispregiativa durante le sue trasmissioni. Hoyle spesso arrivò a suscitare l’ira dei suoi colleghi, che lo accusano di faziosità e di uso poco etico del mezzo radiofonico per promuovere le sue posizioni scientifiche Segnali dal cielo Nei primi anni 30 Karl Jansky, ingegnere radiofonico americano nonché fisico, nel tentativo di scoprire l’origine di alcune interferenze, si accorge che questi strani segnali provengono dall’interno della via lattea In seguito, Grote Reber, americano, cercò di costruirsi da solo un’antenna migliore di quella usata da Jansky per investigare sul fenomeno, e pubblicò una «radiomappa» dalla quale si evinceva che il fenomeno pareva nascere da alcuni punti particolari non coincidenti con corpi celesti noti Segnali dal cielo Martin Ryle, britannico, progetta una serie di radiotelescopi. Inizialmente prese qualche abbaglio come quando, nel 1951, affermò che le sorgenti radio erano tutte dentro la via lattea, ma poi utilizzò la radioastronomia per cercare di capire la struttura dell’universo Grazie alla radioastronomia l’ipotesi di un universo in evoluzione tornò alla ribalta: tenendo conto, tenendo valida questa ipotesi, che vedere una radiosorgente lontana vuol dire vederla quando l’universo era più giovane e quindi compatto, porta al risultato di avere più sorgenti lontani e vecchie osservabili rispetto a quelle vicine, in perfetto accordo con le osservazione. Ryle compilò tutta una serie di cataloghi. Inizialmente erano molto imprecisi ma nel 1961, alla quarta generazione del catalogo, i dati erano inequivocabili: l’universo non poteva essere statico! Questo porta a furiosi scontri con Hoyle ma gli permise di vincere il Nobel nel 1974 Nuove leve John Wheeler, fisico teorico americano, inizia ad interessarsi alla relatività «disturbato» dall’idea di una singolarità al centro di un buco nero. Radicale e patriota, partecipò anche al progetto Manhattan per la realizzazione di una bomba h. In ambito relativistico ipotizzò l’esistenza dei wormholes e cercò di coniugare quantistica con relativistica. Arrivò a capire che lo spaziotempo, osservato a scale microscopiche non è regolare, ma altamente irregolare, quasi fosse una «schiuma». Il suo approccio è molto estremo, ed amava osare nelle ipotesi che faceva fino al grottesco, tipo «elettricità senza elettroni», «spin senza spin» o cose del genere. Domare la gravità Roger Babson, imprenditore americano, era ossessionato dalla gravità: aveva perso una sorella annegata in un lago e lui attribuiva la perdita alla legge di gravità che aveva risucchiato il suo corpo in fondo all’acqua. Arrivò ad istituire il Gravity Research Foundation nel 1948, nel tentativo di raggruppare menti in grado di ideare macchinari in grado di funzionare con l’antigravità. Voleva sconfiggere una volta per tutta la forza di gravità. Inizialmente la fondazione non ebbe un gran successo, ma Babson aveva fondi da investire. Venne pubblicato un concorso per coloro che avessero idee su come utilizzare l’energia gravitazionale. A metà degli anni 50 si era convinti che sarebbe mancato poco ad imbrigliare gravità e antigravità come forma di energia. Persino Lear, Bell Aircraft e Lockheed avevano investito in ricerca in tale settore. Il convegno di Chapel Hill Bryce Dewitt nel 1953 propose un saggio da inviare alla Gravity Research in cui dimostrò, usando la relatività generale, che cercare di imbrigliare la gravità e la sua energia era una perdita di tempo e tutti i tentativi di costruire progetti che sfruttassero l’energia gravitazionale erano irrealizzabili. E, nonostante avesse smontato di fatto la «mission» della fondazione, riuscì a vincere il concorso in virtù della serietà e del rigore del suo scritto. Grazie all’approccio serio e scientifico, l’associazione di Babson crebbe in credibilità e avvicinò studiosi di livello sempre superiore. Nel 1957 Dewitt organizzò un convegno a Chapel Hill, intitolato «il ruolo della gravitazione in fisica» che fece arrivare diversi nuovi scienziati tra cui Richard Feynman. Egli raccontò che non appena arrivò in aeroporto non aveva la più pallida idea di dove andare, ma gli bastò dire ad un taxista «mi porti dove sono andate quelle strane persone che parlavano usando una lingua misteriosa tipo gi-mu-nu» (il simbolo che definisce la geometria nello spaziotempo) Il convegno di Chapel Hill • Al convegno di Chapel Hill Feynman e colleghi convennero su una cosa: alla teoria della relatività occorrevano una serie di esperimenti per farla emergere dal rango di mera teoria matematica. Occorrevano riscontri sperimentali • In questo convegno, Feynman demolì l’idea di Hoyle di un campo di creazione e ci si iniziò a domandare se, analogamente al caso delle onde elettromagnetiche, esistessero anche quelle gravitazionali, predette da Einstein nella sua teoria della relatività nel 1916 Galassie in fiamme Nel 1963 Marteen Shmidt, astronomo olandese, osservando 3C405, una sorgente radio che era stata catalogata in precedenza nel catalogo di Ryle, si accorse che forniva una immagine alquanto strana: due macchie radio di forma quasi quadrata, ampie centinaia di anni luce, alimentate da qualcosa che le separava. Una seconda sorgente radio, 3C48 invece aveva un aspetto completamente diverso quasi una stella. Pareva che le radiosorgenti avessero una gran varietà nel loro aspetto. Cos’erano quindi? Galassie in fiamme Osservando 3C273 Schmidt si accorge che la radiosorgente offre un enorme redshift, di quasi il 16%. I casi sono due, o la sorgente si muove quasi a velocità della luce oppure è talmente lontana che tale redshift dipende dall’espansione dell’universo. Questo oggetto emette più luce di un centinaio di galassie messe insieme! Nonostante la dimensione estremamente inferiore a quella di una galassia. Hoyle, affascinato dalla cosa, ipotizzò si trattasse di una «superstella». Nel 1963 in Texas si riuniscono relativisti nel tentativo di trovare una spiegazione di questo strano fenomeno. Qui vennero denominate «Quasar» (Quasi Stellar Radiosource). Apparve chiaro che per cercare di dare un senso al fenomeno occorreva considerare la relatività. Wheeler fece un intervento in cui illustrò lo stretto legame tra relatività e astronomia. Finalmente la relatività era risorta dal suo stato moribondo Risorgimento Russo In russia sono soprattutto due i fisici che risultano importanti nel dopoguerra per la teoria della relativita’: Lev Landau e Jakov Zel’Dovic. Landau era stato soggetto alle persecuzioni avvenute negli anni 30, ed era molto esigente e ruvido, per via delle vicissitudini passate. Per entrare nella sua equipe gli aspiranti dovevano superare undici durissimi esami, noti come «il minimo teorico di Landau» Zel’dovic era un ebreo bielorusso inizialmente specializzato in combustione ed ignizione (era il periodo di grande fermento del nucleare). Fu lui tra l’altro a teorizzare che al centro della galassie vi fossero enormi buchi neri «supermassicci» Landau inizialmente non era particolarmente benevolo con Zel’dovic, specie per via dell’interesse che questi aveva per il nucleare, tanto che lo definiva «quella cagna». La scuola fisica russa arrivò a teorizzare che le singolarità potevano formarsi solo se la stella avesse avuto una forma perfettamente sferica (altrimenti le differenze avrebbero causato delle differenze di velocità nel collasso e la singolarità non sarebbe mai nata). Il «guastafeste» Penrose Roger Penrose però dimostrò che l’ipotesi dei Russi era sbagliata, e che, anzi, le singolarità si sarebbero sempre verificate. Il dover dimostrare ai colleghi russi si erano sbagliati lo imbarazzava moltissimo! Penrose lavorò moltissimo con l’amico Hawkings sui buchi neri e sul big bang. Assieme a lui lavorò anche al principio di censura cosmica, ovvero sulla congettura secondo la quale è impossibile creare curve chiuse nel tempo (in sostanza di viaggiare nel passato). Lavorò anche molto sulla gravità quantistica, ovvero il campo della fisica teorica che tenta di unificare la teoria quantistica con la relatività generale Echi lontanissimi Nel 1964, Arno Penzias e Robert Wilson, con una gigantesca antenna a forma di tromba, durante la fase di taratura dello strumento si accorsero di ricevere qualcosa, inizialmente confuso per un disturbo. Secondo il modello di Lemaire (il big bang), in una primissima fase dell’universo questi avrebbe dovuto emettere una radiazione di fondo, che era esattamente quanto rilevato da Penzias e Wilson. Era la dimostrazione che il modello del big bang era corretto. Nel 2001 la Nasa lancia un satellite, chiamato WMAP, e dopo 2 anni pubblica una mappa estremamente dettagliata della radiazione di fondo Cervello in trappola Stephen Hawking, nato ad Oxford, assieme a Penrose, arrivò a dimostrare che una singolarità era anche all’origine dell’universo, ovvero l’origine del big bang. Purtroppo la sua vita venne stravolta da una grave malattia (probabilmente la sclerosi laterale amiotrofica), che lo costringe progressivamente alla paralisi totale e che, in un primo momento, gli sembra riservare solamente due anni di vita, fortunatamente previsione che non si avvera. Hawking si occupò poi dei buchi neri, arrivando a scoprire che questi emettevano raggi x e col tempo evaporavano, e che, per effetto quantistico ai confini dell’ orrizzonte degli eventi, emettevano una flebile luce. Inoltre propose un paradosso: se un buco nero si limita ad aumentare di area quando un oggetto vi cade dentro, ed aumenta in modo indipendente dalla complessità/entropia dell’oggetto, allora l’informazione dove va a finire? Nota curiosa: Hawking fece una scommessa con l’amico e collega riguardo l’esistenza di un buco nero al centro di Cygnus X-1: in palio un abbonamento annuale alla rivista Playboy. Hawking perse la scommessa La signora delle pulsar Vale la pena ricordare anche una figura femminile: Jocelyn Bell astrofisica irlandese che, durante l’osservazione del cielo in quel periodo arrivò a scoprire gli oggetti che poi prenderanno il nome di Pulsar. Fu un’attività di osservazione molto dura e faticosa, tant’è che alla fine si era tanto irrobustita da poter «impugnare un maglio». Il nome originale dell'oggetto fu "LGM" (Little Green Men, piccoli omini verdi) perché qualcuno scherzò sul fatto che, essendo così regolari, potessero essere segnali trasmessi da una qualche forma di vita extraterrestre. Dopo molte speculazioni, una spiegazione più prosaica fu trovata in stelle a neutroni, ipotizzate inizialmente da Oppenheimer come stato avanzato del collassamento della materia, fino a quel momento mai osservate. I supervisori di Bell vinsero il premio Nobel per questa scoperta mentre a lei non rimase alcun riconoscimento! Onde gravitazionali L’11/2/2016 è stato dato l’annuncio della scoperta delle onde gravitazionali. In realtà Joseph Weber a lungo rivendicò di averle scoperte per primo lui, con un sistema di cilindri di alluminio. Le onde gravitazionali sono delle increspature della struttura dello spazio-tempo, previste da Einstein, in modo analogo alle onde elettromagnetiche. Sono onde però molto deboli (la traiettoria della terra viene alterata, per cessione di onde gravitazionali, di una distanza a pari di quella di un protone al giorno!). Lo strumento di Weber pareva effettivamente vibrare per effetto delle onde gravitazionali ma con una precisione fin troppo sospetta. Altri scienziati tentarono di replicare i risultati ma senza successo. Per effettuare una analisi teorica del comportamento di queste onde gravitazionali per decenni fisici e informatici impazzirono nel tentativo di simulare una collisione di due buchi neri. Nel frattempo, grazie al prezioso contributo di Kip Thorne, veniva progettato uno strumento, chiamato LIGO, che tramite le proprietà di interferenza del laser avrebbe dovuto avere una precisione tale da riuscire a capitare le onde. Ebbe una nascita piuttosto travagliata specie per gli enormi costi, ripagati quest’anno con lo storico annuncio della scoperta La materia invisibile Al convegno di cosmologia di Princeton in America, nel 1996 si propose un’ipotesi nella quale l’universo è composto da una gran quantita’ di materia invisbile. Questa materia viene chiamata materia oscura, ed è un modo con il quale si cerca di spiegare le discrepanze tra teoria della relatività ed osservazioni del cielo su larga scala. Tale idea nasce per dare una risposta alle osservazioni di Vera Rubin: le galassie ruotano troppo velocemente per non distruggersi, quindi cosa tiene legate le stelle tra di loro? La cosa davvero bizzarra è che, stando alle osservazioni, la materia oscura dovrebbe essere molto più abbondante di quella visibile! Jim Peebles si mette al lavoro cercando di creare un modello dell’unverso formato da atomi sia visibili che «oscuri». Il problema dei suoi calcoli però fu che dimostrarono che l’universo poteva avere al massimo 7 miliardi di anni, troppi pochi rispetto alle osservazioni. La vendetta della costante cosmologica Introdotta da Einstein come «aggiustamento» per rendere l’universo statico venne ovviamente abbandonata da egli stesso quando si accorse del suo errore. E’ paradossale pertanto il fatto che, a partire dagli anni 90, tutti i modelli moderni dell’universo parevano indicare che in realtà questa costante esiste davvero! Era necessaria a spiegare la presenza dell’energia oscura, altro attore esotico ipotizzato dalla cosmologia. Negli anni 2007 e 2008, sono state effettuate dal satellite Chandra della NASA molte osservazioni nello spettro dei raggi X sull' ammasso di galassie Abel 85, distante 740 milioni di anni luce dalla Terra. Queste osservazioni hanno permesso di estendere gli studi sull'energia oscura, rivelando come la presenza di questa forma di energia quantistica possa influire sulla struttura dello spazio tempo e avvalorare (quanto meno dal punto di vista matematico) la presenza della costante cosmologica intuita da Einstein ma mai precedentemente dimostrata empiricamente. Anche precedenti osservazioni del Supernova Cosmology Project spingevano verso l’esistenza della costante. Tutti d’accordo? No. Ad esempio Zel’dovic arrivò a dimostrare che tra il valore della costante cosmologica osservata ed il valore teorico c’erano «solo» cento ordini di grandezza di differenza! Fine del viaggio Dopo 100 anni la teoria della relatività, pur continuando ad ottenere conferme anche spettacolari, come nel caso del LIGO, inizia a patire l’età: • Stando ad essa il 96% dei componenti è di natura esotica. • Quando si arriva a dimensioni quantistiche la teoria della relatività non funziona bene • Nemmeno a dimensioni estreme (es: ammasso di galassie) la TDR fornisce risultati coerenti con quanto osservato. Si stanno sviluppando molti modelli nuovi che tentano di risolvere questi problemi. Tra multiversi, teoria di newton dinamica modificata, principio antropico, superstringhe e membrane si stanno seguendo diverse piste nella ricerca di un modello che riesca finalmente a spiegare le leggi della natura dalle dimensioni microscopiche fino a quelle piu’ immense.