Neoplasie cistiche del pancreas: revisione critica delle linee

Neoplasie cistiche del pancreas:
revisione critica delle linee guida
Pietro MAGNONI, Maria Chiara PETRONE
Pancreato-Biliary Endoscopy and Endosonography Division, Pancreas Translational & Clinical Research Center
San Raffaele Scientific Institute IRCCS Vita-Salute San Raffaele University - Milan, Italy
L
a frequenza con cui viene fatta diagnosi
di neoplasia cistica del pancreas (NCP)
è drammaticamente aumentata nel corso
delle ultime due decadi. Generalmente si
tratta di un riscontro incidentale in pazienti per
lo più anziani e asintomatici, sottoposti a TAC o
RMN dell’addome per patologie non correlate al
pancreas (1).
Identificare e classificare correttamente le NCP è
di fondamentale importanza, in quanto alcune di
esse sono considerate lesioni precancerose con variabile potenziale degenerativo. L’Organizzazione
Mondiale della Sanità riconosce fra le NCP quattro principali categorie: cistoadenomi sierosi, neoplasie cistiche mucinose, neoplasie mucinose intraduttali papillari o IPMN (fra cui si distinguono
le varianti morfologiche main-duct, branch-duct
e mixed type, a seconda del tipo di dotto interessato) e tumori pseudopapillari.
L’identificazione di un tipo specifico di NCP definisce in modo univoco il percorso terapeutico da
intraprendere nella maggior parte dei casi: il cistoadenoma sieroso ha un potenziale degenerativo
trascurabile, riconducibile a casi aneddotici, e non
necessita di un intervento resettivo se non in casi
sintomatici. La chirurgia resettiva è trattamento
di prima scelta invece nel tumore pseudopapillare
e nell’IPMN di tipo main-duct o mixed-type, in
ragione del loro consistente potenziale di degenerazione.
La strategia terapeutica indicata per l’IPMN di
tipo branch-duct e, in misura minore, della neoplasia cistica mucinosa è decisamente controversa dato che queste neoplasie cistiche nonostante
siano considerate precursori dell’adenocarcinoma
duttale del pancreas, dimostrano frequentemente
un comportamento indolente e un tasso di degenerazione relativamente basso, obbligando il clinico a scegliere fra una politica resettiva aggres-
standard of practice
STANDARD OF PRACTICE
siva, gravata da tassi di morbilità e mortalità non
trascurabili, e un atteggiamento attendista con
follow-up intensivo a lungo termine. Ciò assume
ancora maggior rilievo di fronte al seguente dato
epidemiologico: le NCP sono oggi diagnosticate
in circa il 10% dei soggetti con età pari o superiore ai 70 anni, e la maggior parte di queste lesioni
sono IPMN dei dotti secondari del pancreas (BDIPMN) (2). La storia naturale di queste lesioni rimane per lo più sconosciuta, rendendo il management di questi pazienti tuttora controverso.
Attualmente il management dei pazienti con BDIPMN si basa sull’associazione di caratteristiche
epidemiologiche, cliniche e morfologiche, queste ultime rilevate da diverse tecniche di imaging
(TAC, RMN, MRCP, EUS).
L’ecoendoscopia, a fronte di una maggiore invasività, permette di studiare con maggiore accuratezza rispetto alle altre metodiche sia il sistema
duttale che il parenchima pancreatico rilevando
alterazioni morfologiche predittive di malignità
(3). L’ecoendoscopia inoltre permette di effettuare una biopsia mirata con ago sottile delle irregolarità di parete e di aspirare il liquido contenuto
nella cisti per eseguire il dosaggio dei marcatori
tumorali. Tra questi il dosaggio dell’antigene carcinoembrionario (CEA), ha un ruolo nella diagnosi differenziale tra lesioni mucinose e lesioni
non mucinose (4). L’utilizzo combinato di queste
metodiche, per quanto gravato da una sensibilità relativamente bassa (non superiore al 50% per
quanto riguarda l’esame citologico), consente in
caso di un campione adeguato rappresentativo di
discriminare con alta specificità il tipo di lesione
cistica in esame e valutando la presenza di atipie
cellulare di diverso grado di indirizzare la strategia
terapeutica.
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ SETTEMBRE 2016
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LINEE GUIDA STORICHE
Nel corso dell’ultima decade sono state pubblicate diverse linee guida allo scopo di fornire raccomandazioni riguardo al work-up diagnostico e
al management dei pazienti con NCP. Di queste,
una recente analisi di Falconi et al. (5) eseguita
mediante l’uso dell’AGREE instrument (uno
strumento ampiamente convalidato ed utilizzato
per valutare la qualità metodologica delle linee
guida sviluppate), evidenzia le tre che trovano
piena applicabilità nella pratica clinica: le International Consensus Guidelines (ICG), stilate
originariamente nel 2006 a seguito dell’incontro
della International Association of Pancreatology a
Sendai (6) e poi rivisitate nel 2012 in occasione di
un ulteriore incontro dell’associazione a Fukuoka,
in Giappone (7); l’European experts consensus
statement dello European Study Group on Cystic
Tumours of the Pancreas (8); infine, le Italian
Consensus Guidelines del 2014 stilate dall’Associazione Italiana Gastroenterologi Ospedalieri AIGO - congiuntamente all’Associazione Italiana
per lo Studio del Pancreas - AISP (9).
I principali temi trattati sono tre: le indicazioni
per il trattamento chirurgico, la sorveglianza postoperatoria, e le strategie di follow-up nei pazienti
candidati ad un management di tipo conservativo.
Considerando quest’ultimo punto, non sussistono
eclatanti discordanze riguardo al timing, generalmente stratificato in base alle dimensioni della cisti
(Tabella 1), quanto piuttosto alla metodica da privilegiare. Le linee guida italiane non riservano un
ruolo di primo piano all’ecoendoscopia in ragione della sua maggior invasività rispetto alla RMN
con MRCP, mentre nelle raccomandazioni inter-
nazionali ed europee le due metodiche sono variabilmente integrate anche in funzione del quesito
clinico: la MRCP è dedicata preferenzialmente alla
misurazione del diametro della cisti e del Wirsung,
l’ecoendoscopia alla valutazione di eventuali noduli murali. Quanto al follow-up post-operatorio,
la sorveglianza dell’IPMN invasivo segue il protocollo riservato all’adenocarcinoma duttale convenzionale, mentre gli IPMN non invasivi prevedono
tendenzialmente controlli a scadenza semestraleannuale in ragione del grado di atipia riscontrato
sul pezzo chirurgico e dell’interessamento o meno
dei margini di resezione. Le maggiori criticità riguardano l’identificazione dei criteri per definire la
necessità o meno dell’intervento chirurgico.
Le ICG di Sendai indicavano il trattamento chirurgico come prima scelta nelle neoplasie cistiche
mucinose, nei IPMN main-duct, e nei IPMNBD sintomatici o in presenza di una qualsiasi
delle tre variabili morfologiche definite “ad alto
rischio” (dimensioni superiori a 3 cm, dilatazione
del dotto principale maggiore di 6 mm, presenza
di noduli murali) o in presenza di campione citologico positivo per malignità (6). Nella revisione
del 2012 venivano distinti due gruppi di criteri
clinico-radiologici a cui corrispondono diverse
strategie diagnostico-terapeutiche: le “high-risk
stigmata”, che richiedono trattamento chirurgico
(ittero ostruttivo, presenza di componente solida
con enhancement, diametro del dotto principale superiore a 10 mm), e le “worrisome features”,
che giustificano un ulteriore approfondimento
diagnostico con ecoendoscopia ed ago-aspirato
(pancreatite acuta, diametro della cisti superiore
a 3 cm, ispessimento o enhancement delle pareti,
nodulo murale privo di evidente enhancement,
Tabella 1 - Tempistiche per il follow-up dell’IPMN di tipo branch-duct.
Le linee guida AGA 2015 si riferiscono alle NCP in generale
< 1 cm
ICG 2006
ICG 2012
EECS 2013
AIGO-AISP 2014
AGA 2015
Ogni 12 ms
Ogni 24-36 ms
Tutte le cisti < 4 cm
senza fattori di rischio
Ogni 6 ms
per 1 aa à
Ogni 12 ms per 5 aa
Se incremento
dimensione
à Ogni 6 ms
Ogni 12 ms
per 2 aa
à Ogni 24 ms
A 12 ms à
Ogni 24 ms
per 2 aa
à Stop
1-2 cm Ogni 6-12 ms
per 2 aa*
Ogni 12 ms
per 2 aa*
2-3 cm Ogni 3-6 ms
A 3-6 ms*
3-4 cm -
Ogni 3-6 ms
> 4 cm
Ogni 6-12 ms
per 2 aa
à Ogni 18 ms
Ogni 3-6 ms
per 2 aa
à Ogni 12 ms
-
* Oltre questa scadenza è possibile allungare l’intervallo in modo non chiaramente definito dalle linee guida.
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ICG
2006
ICG
2012
EECS
2013
AIGO-AISP
2014
AGA
2015
Sintomi
CHIR
• Ittero ostruttivo
à CHIR
• Pancreatite
à EUS
CHIR (IA)
CHIR
-
Diametro > 3 cm
CHIR
EUS
-
EUS-FNA
EUS*
Diametro > 4 cm
CHIR (IA)
Crescita > 2 mm/aa -
-
CHIR (IA)
-
-
Wirsung 6-9 mm
EUS
CHIR (IA)
EUS-FNA
EUS*
CHIR**
CHIR
Wirsung >10 mm
CHIR
CHIR
Nodulo murale
CHIR
• Non enhancement
in TAC/RMN à EUS
• Enhancement
in TAC/RMN
o conferma
EUS à CHIR
CHIR (IR)
• Non enhancement
in TAC/RMN à
EUS-FNA
• Enhancement
in TAC/RMN à
CHIR
EUS*
CHIR**
CA 19-9 sierico
-
-
CHIR (IR)
CHIR°
-
standard of practice
Tabella 2 - Indicazioni all’intervento chirurgico per l’IPMN di tipo branch-duct.
Le linee guida AGA 2015 si riferiscono alle NCP in generale
* Solo se almeno 2/3 presenti alla RMN
** Solo se entrambe confermate in ecoendoscopia
° Considerare anche in assenza di altre caratteristiche di rischio
CHIR = chirurgia, EUS = ecoendoscopia, FNA = fine-needle aspiration, IA = indicazione assoluta, IR = indicazione relativa
calibro del dotto principale compreso fra 5 e 9
mm o sua variazione improvvisa con atrofia parenchimale a valle, linfadenopatia) con la possibilità di un follow-up successivo.
Le European Expert consensus statement distinguono indicazioni assolute e relative per la chirurgia. Le indicazioni assolute ricalcano gli originali
criteri di Sendai, dando particolare risalto al criterio dimensionale, con cut-off fissato a 4 cm di
diametro. Tra le indicazioni relative, viene inserita
la rapida crescita della cisti (incremento annuo superiore ai 2 mm) ed elevati livelli sierici di CA 199, criteri sicuramente utili benché inficiati dalla
specificità dubbia del CA 19-9 come marcatore
di malignità e dalla variabilità inter-osservatore
e fra le diverse tecniche di imaging nella misura
della variazioni dimensionali (8). Le linee guida
AIGO-AISP tengono in considerazione le definizioni di Fukuoka di high-risk stigmata e worrisome
features dando una diversa interpretazione, poiché
propongono l’intervento chirurgico per qualsiasi cisti che, sottoposta ad ago-aspirato, riveli un
contenuto mucinoso anche in presenza delle sole
worrisome features (9). Le discordanze sulle esatte
indicazioni per la chirurgia e sulla metodica da
utilizzare per il follow-up fanno sì che il consenso
fra gli esperti del working group non sia superiore
al 50%. Tuttavia vi è stato unanime accordo nel
definire le seguenti direttive: l’identificazione di
una caratteristica morfologica ad alto rischio impone la chirurgia, ed il follow-up dei pazienti non
operati prosegue a tempo indeterminato.
LINEE GUIDA AMERICANE
Le linee guida dell’American Gastroenterological
Association (AGA 2015) indicano il trattamento
chirurgico solo nei pazienti sintomatici (10). La
presenza di almeno due criteri di Sendai indica l’esecuzione di ecoendoscopica con ago-aspirato, e nel
caso in cui la citologia sia negativa o non adeguata,
la chirurga è indicata solo in presenza di dilatazione
del dotto principale associata alla presenza di una
componente solida della cisti. Nei pazienti non
operati, in caso di persistente stabilità della cisti, il
follow-up si riduce a tre risonanze magnetiche effettuate nell’arco di cinque anni e può esaurirsi con
esse; la sorveglianza post-operatoria, a meno di una
storia familiare di cancro del pancreas, è giustificata
solo in caso di riscontro di displasia di alto grado o
adenocarcinoma (Tabella 2).
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Seguite alla lettera, queste direttive potrebbero
portare ad atteggiamenti decisamente contrastanti rispetto a quelli finora esposti: ad esempio, la
decisione di sorvegliare con RMN senza una singola ecoendoscopia di conferma un paziente che
dimostri “soltanto” un nodulo murale, o di non
operare una cisti maggiore di 3 cm con componente solida confermata all’ecoendoscopia (ben
due degli originali criteri di Sendai).
Come si evince dalla Technical Review della stessa
AGA, pubblicata in accompagnamento alle linee
guida appena descritte, le scelte operate dagli autori americani sembrano essere il risultato di una
politica volta al risparmio di risorse economiche
ed umane, tutto sommato giustificata da alcune
considerazioni di carattere epidemiologico: la
probabilità che una cisti pancreatica riscontrata
incidentalmente sia maligna al momento della
diagnosi è circa 0,01%, e il tasso annuo di degenerazione maligna si attesta su un valore di 0,24%
(11). Anche la mancata distinzione istotipica potrebbe apparire ragionevole, considerando che un
recente studio di Park et al ha riportato tassi di
malattia invasiva non superiori al 5% anche per
la neoplasia cistica mucinosa (12). Il presupposto per la maggior parte delle scelte operate nella
stesura delle linee guida americane deriva dalla
considerazione che i dati presenti in letteratura
originano per lo più da risultati istologici in pazienti sottoposti ad intervento chirurgico, ovvero
pazienti la cui lesione era già stata giudicata meritevole di resezione, il che non rispecchia la condizione più frequentemente incontrata nella pratica clinica. Inoltre, anziché la prevenzione della
mortalità per adenocarcinoma, viene considerata
come outcome primario la rimozione di lesioni
anche con displasia di alto grado, benché la storia
naturale della progressione da questa condizione
allo sviluppo di un carcinoma invasivo rimanga in
larga parte sconosciuta (11).
D’altra parte, le AGA fanno un punto di forza
della mancata classificazione preliminare del tipo
specifico di NCP: escludono l’IPMN main-duct
ed il tumore pseudopapillare in ragione del loro
aspetto caratteristico all’imaging, ma lasciano
consapevolmente indefinito uno spettro che racchiude il cistadenoma sieroso, la neoplasia cistica
mucinosa e l’IPMN-BD, proponendo un approccio universale in ragione della subottimale accuratezza diagnostica di tutte le metodiche ad oggi
disponibili. Effettivamente, benché il riscontro
di lesioni multifocali suggerisca fortemente un
IPMN, le cisti solitarie in cui non venga dimostrata una comunicazione con il wirsung, sono
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difficilmente differenziabili (13). Si stima che
diagnosi preoperatorie errate si verifichino in una
percentuale di casi che arriva fino al 10% (14).
Fortunatamente, soltanto l’8,5% di queste ha un
impatto clinico che si traduce nel compimento di
un’operazione chirurgica non necessaria (15).
L’aspetto più discutibile delle line guida AGA riguarda la definizione di un limite temporale per
il follow-up e la rinuncia sistematica all’utilizzo
dell’ecoendoscopia. Vengono infatti offerte norme che si applicano alla singola lesione cistica,
fine a se stessa, dimenticando che l’IPMN rappresenta una predisposizione della ghiandola alla
degenerazione neoplastica, con possibilità di sviluppo di nuove cisti o carcinomi metacroni. Dati
di letteratura riportano che il rischio cumulativo
di degenerazione maligna dell’IPMN-BD (3%
circa) è pari alla probabilità di sviluppo di un adenocarcinoma giudicato come distinto dall’IPMN,
sia per diversa sede sia per l’assenza di un’area di
transizione da adenoma a carcinoma all’interno
della componente invasiva (16). Di controverso,
gli autori giapponesi propongono follow-up intensivi a scadenze sempre più strette proprio in
ragione della possibilità di sviluppo di adenocarcinomi distinti piuttosto che per l’IPMN stesso
(17). Creare un protocollo unico per tutte le NCP
significherebbe compiere un passo indietro rispetto all’orientamento globale ormai propenso ad
identificare con sempre maggior sicurezza l’entità
nosologica in questione e ad agire di conseguenza.
CONSIDERAZIONI FINALI
Il maggior pregio delle ICG è stato quello di standardizzare la pratica clinica a livello mondiale. Non
mancano report di carcinomi insorti in cisti di modeste dimensioni o prive dei criteri di malignità proposti, ma, di fronte ad una specificità subottimale,
la sensibilità rimane elevatissima, come testimoniato da Goh et al in una recente revisione sistematica
di oltre mille pazienti operati per IPMN (18). Le
indicazioni europee ed italiane, per quanto meno
validate, ne condividono largamente l’impostazione. L’approccio americano sembra muoversi in
direzione diametralmente opposta, e difficilmente
potrà essere parte di questo progetto integrato. È
ancora presto per esprimere un giudizio su quale
di queste linee si dimostrerà la più cost-effective.
D’altro canto, di fronte ai risultati finora positivi
dell’approccio “non-americano”, avere degli studi
prospettici di validazione delle AGA appare al momento una possibilità remota.
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Take home message
- Le NCP ed in particolare il BD-IPMN sono riscontri
accidentali oggi sempre più frequenti.
- Le ICG 2012 propongono la resezione per
BD-IPMN con high-risk stigmata ed in caso di
worrisome features un approfondimento con
ecoendoscopia ed agoaspirato che definisce la
possibilità di avviare il paziente ad un follow-up
intensivo a lungo termine.
- Le AGA 2015 propongono indicazioni chirurgiche
e per il follow-up meno strette di cui mancano
dati di validazione.
standard of practice
In definitiva, il management delle NCP in generale ed in particolare dell’IPMN-BD rimane controverso. La presenza di sintomatologia orienta
fortemente verso la scelta chirurgica, ma la sempre crescente popolazione di soggetti con diagnosi
incidentali richiede l’individuazione di una strategia efficace. Da un lato, dilungare gli intervalli
di follow-up e utilizzare tecniche meno invasive
sembra allettante considerato il rischio di progressione intrinsecamente molto basso; dall’altro, per
via della sempre presente possibilità di insorgenza
di nuove lesioni, siano esse nuovamente premaligne o francamente maligne ab initio, intervalli
brevi e tecniche che offrano la massima accuratezza diagnostica ad un basso prezzo biologico, come
appunto l’ecoendoscopia, appaiono indispensabili. Ad oggi, indipendentemente da quanto una lesione cistica possa apparire stabile o innocua, non
vi sono dati che giustifichino la sospensione del
follow-up.
In un gioco di equilibri fra la sempre presente
possibilità di sviluppo di malignità, i rischi associati alla chirurgia, e i costi biologici ed economici
di un follow-up intensivo che evidentemente può
non risultare sostenibile per tutti, rimane necessario considerare una costellazione di fattori propri non solo della neoplasia, ampiamente discussi
finora, ma anche del paziente (età, comorbidità,
compliance, maggior valore conferito alla qualità
o alla quantità della vita) e della specifica realtà
socio-assistenziale in cui ci si trova, cogliendo qui
l’occasione per rimarcare l’importanza di indirizzare il paziente con NCP verso centri di riferimento e ad alto volume per la diagnosi e, laddove
necessaria, la chirurgia. Da ultimo, il clinico non
deve mai dimenticare quanto già affermato nelle
ICG 2006: “la decisione se rimuovere o sorvegliare una lesione cistica pancreatica è una questione
di giudizio clinico”.
- L’approccio al BD-IPMN è tuttora controverso e
deve considerare fattori propri della neoplasia,
del paziente e della realtà socio-assistenziale
specifica.
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CORRISPONDENZA
Dott.ssa MARIA CHIARA PETRONE
Pancreato-Biliary Endoscopy
and Endosonography Division
San Raffaele Scientific Institute IRCCS, Vita Salute
San Raffaele University, Milan, Italy
Via Olgettina 60, 20132 Milano
Tel. +39 02 26435607
Fax +39 02 26435609
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