Ricerca con delitto
di Maria Laura Clemente
“Ciao Armando, il solito caffè ristretto?”
“Sì, grazie Gianluca. Mi prepari anche un pacco lunch per l‟una?”
“Come sempre, l‟insalata con mozzarella e tonno?”
“Sì, grazie.”
“Ieri al convegno il pranzo non era un granché, la mia segretaria ha
insistito per un nuovo servizio di catering, ma non sono rimasto
contento; c‟erano delle tartine cariche di olio, e poi mi è rimasto
sullo stomaco per ore. Avrei fatto meglio ad insistere per affidarlo a
te.”
“Organizzi tanti eventi, magari la prossima volta non
dimenticartene, va bene?” disse Gianluca appoggiando la tazzina
davanti ad Armando. Gianluca era il responsabile dell‟unico bar di
Polaris, il parco scientifico e tecnologico della Sardegna situato
vicino a Pula, a circa quaranta chilometri da Cagliari.
“Bé, sono contento che non te la sia presa a male; sarà per la
prossima volta. Forse ci sarà un altro evento a fine settembre, ma
ancora è da confermare.”
Armando bevve rapidamente il caffè ed uscì dal bar. Quello era il
suo stile di vita, sempre di corsa e sempre preoccupato per il
lavoro; era un uomo sulla sessantina, piuttosto alto, capelli
brizzolati, viso allungato e usava vestire in modo piuttosto
ricercato. Era stato assunto da poco più di un anno al CRS4, in
qualità di dirigente scientifico del gruppo ‟Tecnologie innovative‟.
Era responsabile di una ventina di persone tra ricercatori e
tecnologi, sempre impegnato nella ricerca di nuovi progetti e
attività. Professionalmente godeva di fama internazionale.
Aveva organizzato un convegno che si era concluso il giorno prima
e quella mattina non vedeva l‟ora di raggiungere l‟ufficio per
organizzare una riunione coi suoi collaboratori per fare il punto
della situazione sui vari progetti in corso.
L‟azienda che gestiva il parco scientifico era Sardegna Ricerche e
aveva sede all‟edificio 2 di Polaris, come pure il bar e la mensa.
Invece il CRS4 stava all‟edificio 1, distante circa mezzo chilometro.
Per tornare in ufficio, Armando scelse di passare per il sentiero
„quota 100‟, chiamato così perché seguiva una curva di livello che
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si trovava appunto a 100 metri sopra il livello del mare. Oltre alla
strada principale quel sentiero rappresentava una gradevole
alternativa perché panoramico. Ad Armando piaceva percorrerlo
ogni mattina per godere il paesaggio e l‟aria fresca prima di iniziare
la giornata di lavoro. Lungo il tragitto incontrò Mario, che come
sempre faceva la sua mezz‟ora di corsa nel parco prima di andare
in ufficio. Mario, diversamente dal solito, anziché continuare a
correre, si fermò, col fiatone e l‟aria preoccupata:
“Ciao Armando, ho appena visto arrivare due macchine dei
Carabinieri al CRS4, sai per caso se è successo qualcosa?”
“I Carabinieri? Non ne ho proprio idea. Spero di non avere grane
perché ho veramente troppe cose da fare.”
Il sentiero „quota 100‟ conduce ad un ingresso sul retro dell‟edificio
del CRS4. Armando entrò da lì e si diresse verso il suo ufficio. Nel
passare davanti alla reception vide che Renato era come sempre
alla sua postazione davanti all‟ingresso principale, ma questa
mattina conversava in modo agitato con un carabiniere. Appena si
accorse della presenza di Armando, si interruppe per dire:
“Ecco questo è Armando Cerri, che dirige l‟area Tecnologie
Innovative”.
Il carabiniere si voltò e subito si diresse verso di lui, con aria
piuttosto tesa:
“E lei da quale parte è entrato? Dovrebbe esserci uno di noi ad ogni
ingresso; tutti i dipendenti sono stati radunati in alcuni uffici, a
disposizione per le nostre indagini.”
Armando trasalì.
“Quali indagini?” Chiese subito, avvicinandosi al carabiniere con
passo deciso.
“Stamane il signor Ghiani ha trovato un cadavere in uno degli
ambienti ai quali si accede solo dai garage.”
“Un cadavere?” Armando non poteva credere alle sue orecchie!
“ Chi è morto?”
“Veramente ancora non sappiamo chi sia. E‟ un uomo sui
trent‟anni, con capelli neri lisci e vestito in modo sportivo, ma
abbastanza curato. Il signor Ghiani non è stato in grado di
riconoscerlo.”
“Se non l‟ha riconosciuto lui, significa che non è uno dei dipendenti
del CRS4.”
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“Infatti, si direbbe proprio di no. Potrebbe anche essere un intruso.
Devo chiedere anche a lei di aspettare in una delle stanze in cui
abbiamo radunato tutti. Abbiamo avuto queste disposizioni almeno
per permettere alla scientifica di lavorare senza problemi. Ma prima
mi dica da dove è entrato … questo posto sembra pieno di
ingressi!”
Armando pensava a tutto il lavoro che lo aspettava e chiese:
“Non potrei andare nel mio ufficio? Ho molto da fare.”
“Signor Cerri, lei forse non si rende conto della gravità
dell‟accaduto. Abbiamo bisogno di avere un controllo completo
della situazione e di non avere gente che vaghi per l‟edificio,
potrebbero esserci impronte e indizi per noi preziosi. Potrebbe
anche trattarsi di omicidio.”
“Omicidio? Qui al CRS4? Non è possibile!”
Quella situazione pareva surreale. Ma nonostante tutto insistette:
“Senta ho delle scadenze importanti, mi basterebbe avere il
computer portatile che ho nel mio ufficio.”
Il Carabiniere sospirò. “Mi indichi qual è il suo ufficio” disse
prendendo la mappa dell‟edificio e porgendola ad Armando. “Le
dico però che non credo che il tenente Fazi lo permetterà.”
Armando prese una penna e segnò un cerchietto nella mappa. “In
ogni caso la ringrazio, dica al tenente che ho delle scadenze
importanti.”
Il carabiniere allargò le braccia in segno di disappunto. “Mi segua,
le mostro dove deve aspettare.”
L‟arrivo di Armando fu accolto con molta agitazione perché
trattandosi di un dirigente tutti pensavano che avesse più
informazioni.
“Armando, chi è morto?”
“Come è morto?”
“Pensano sia un delitto?”
Armando guardò tutti con aria rassegnata e rispose:
“Mi dispiace, non so nulla neanche io” e si lasciò cadere su una
poltrona.
Il signor Ghiani non era tra i presenti altrimenti, quale scopritore
del cadavere, avrebbe certamente potuto fornire parecchi dettagli.
Passarono alcune interminabili ore durante le quali Armando
continuava a pensare alle questioni del suo lavoro e non riusciva ad
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arrendersi alla situazione. Ad un certo punto entrò nella stanza un
carabiniere, molto giovane, dall‟aria affaticata, con in mano una
valigetta di stoffa verde, chiedendo del dottor Cerri. Armando fece
cenno con la mano e il carabiniere gli porse la valigetta. Armando
guardò con aria interrogativa quella valigetta, senza capire, e
rivolse al carabiniere uno sguardo perplesso.
Il carabiniere gli disse:
“Questo è il computer che ho trovato nel suo ufficio.”
Armando gli disse:
“Allora avete sbagliato ufficio perché questa valigetta non è mia. Il
mio ufficio è il B134, nel blocco B, al primo piano, l‟ultimo ufficio a
sinistra venendo dalla reception.”
“L‟ho presa proprio là, ho controllato anche il numero dell‟ufficio e
poi c„era anche il suo nome nell„etichetta fuori dalla porta.”
Per un attimo Armando continuò a guardare il carabiniere e poi
esaminò meglio quella valigetta. Questa volta gli sembrò
vagamente familiare, l‟aveva vista recentemente da qualche parte,
ma dove? Ad un tratto si ricordò e trasalì. Guardò il carabiniere e
disse: “Chiami il tenente, credo di sapere chi è la vittima.”
Pochi minuti dopo, in un altro ufficio, Armando iniziò il suo racconto
al tenente Fazi, in presenza di altri due carabinieri.
“Quella valigetta appartiene a Giuseppe Salvetti, un ricercatore
dell‟Università di Ancona che ha presentato un lavoro ad un
convegno organizzato da me nell‟auditorium di Polaris, all‟edificio 2.
Il convegno si è concluso ieri. Giuseppe doveva partire ieri
pomeriggio, per cui aveva in programma di raggiungere Cagliari col
bus navetta che parte da Polaris alle 14. Siccome mi ha chiesto
informazioni sulle attività che svolge il mio gruppo, subito dopo
pranzo abbiamo percorso il sentiero „quota cento‟ e siamo andati
nel mio ufficio, qui all‟edificio 1, quello in cui avete trovato la sua
valigetta. La mia intenzione era di mostrargli alcuni dei lavori in un
computer che ho in ufficio.” Armando si interruppe con aria
sofferente e aggiunse:
“Pareva non seguire molto le mie
spiegazioni, parlava in modo un po‟ confuso e sembrava avere
molto sonno. Appena arrivati in ufficio, mi ha detto di avere
bisogno di andare in bagno. Io ero anche un po‟ seccato perché
avevo lasciato gli altri ospiti del convegno per lui; allora gli ho
indicato la strada per il bagno e gli ho anche detto come avrebbe
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dovuto raggiungere la fermata del bus navetta, di fronte a questo
edificio; poi l‟ho dovuto lasciare per tornare all‟edificio 2 a seguire i
lavori del convegno. E„ l„ultima volta che l„ho visto.”
Il tenente Fazi aspettò che Armando finisse il discorso e chiese:
“Salvetti ha pranzato con lei?”
“In parte sì. Il pranzo era a buffet; tutti si sono serviti da due
tavoli, con l‟aiuto di alcune persone di servizio. Dopo che mi sono
servito dei dolci, Giuseppe Salvetti mi si è avvicinato e mi ha
espresso il suo grande interesse per le mie attività. Allora l‟ho
invitato nel mio ufficio. Lui mi ha ringraziato molto, mi ha spiegato
che doveva rientrare a Cagliari col bus delle 14 e che prima doveva
prendere la sua valigetta che aveva lasciato nell‟auditorium.”
“Che ora era?”
“Erano circa le 13, abbiamo guardato l‟orologio per capire se c‟era il
tempo di recarci all‟edificio 1.”
“Salvetti era già affaticato?”
“No, assolutamente un‟altra persona. Era anche piuttosto sereno.
Potete parlare con Ettore Spina ed Alessandra Ciatti che durante la
pausa pranzo sono rimasti nell‟auditorium per controllare che tutto
fosse a posto per le presentazioni del pomeriggio. Quando
Giuseppe è tornato dall‟auditorium aveva la sua valigetta in una
mano e un bicchierino di mirto nell‟altra. So che glielo avevano
portato Alessandra ed Ettore dal bar, perché ne avevano portato
uno anche a me.”
Quel pomeriggio un carabiniere avvertì il tenente che c‟era una
persona di Sardegna Ricerche che desiderava parlare con lui.
“Falla entrare.”
Entrò una signora non molto alta, piuttosto magra e dinamica. Fece
un sorriso imbarazzato al tenente e disse:
“Senta, io non so se quello che sto per dirle è importante, ma ho
saputo che la vittima ieri era con Armando Cerri e allora ho pensato
di riferire quanto ho visto.”
“Mi dica, qualunque cosa, anche la più banale, potrebbe essere
importante per noi.”
“Ecco, io sono Mara Lai, una dipendente di Sardegna Ricerche. Ieri
alle 13:30 avevo una riunione nella sala del Comitato Tecnico di
Gestione, che si trova al quarto piano, all„edificio 2. Io ero
puntuale, ma gli altri no e quindi mi sono messa a guardare il parco
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dalle finestre. Mentre guardavo, ho visto passare Armando con quel
ragazzo. Ho visto il ragazzo buttare un bicchierino di plastica nel
cesto per i rifiuti che c‟è all‟arrivo della scala al sentiero „quota
cento„.”
Quando arrivò la telefonata dal laboratorio di analisi, il tenente Fazi
si era convinto in cuor suo che Giuseppe Salvetti fosse morto per
un malore improvviso e quella versione era stata anche dichiarata
alla stampa.
“Il bicchiere che mi avete dato da analizzare contiene tracce di
mirto e di benzodiazepina, un potente sonnifero.” disse la voce del
dottor Pani. Una volta chiuso il telefono il tenente si rivolse al
maresciallo, che era seduto davanti a lui:
“Bisogna organizzare bene le indagini. Ho l‟impressione che trovare
l‟assassino non sarà facile.”
Alessandra Ciatti era una bella ragazza di circa trent‟anni, non
molto alta, ma ben proporzionata, con capelli lunghi color biondo
cenere.
“Conoscevo bene Giuseppe! Siamo stati anche insieme per qualche
mese, circa due anni fa. Solo che lui era sempre dietro alla ricerca
e ad un certo punto non ce l‟ho fatta più e l‟ho lasciato.”
E qui scoppiò in lacrime.
“Lei di dove è?” Chiese il tenente che si era accorto che l‟accento di
Alessandra non era locale.
“Io sono di Siena.”
“Come vi siete conosciuti?”
“Lavoriamo, cioè lavoravamo, sulle stesse tematiche e quindi
andavamo agli stessi convegni.”
“Quando ha visto Salvetti per l‟ultima volta?”
“Quel giorno, durante la pausa pranzo, ero nell‟auditorium insieme
ad Ettore Spina, Gianni Schirru ed Elisabetta Paghi. Quando
Giuseppe è arrivato, io ed Ettore stavamo andando al bar a
prendere dei caffè, sa, il caffè del bar è sempre più buono. Mentre
una mezz‟ora prima Gianni ed Elisabetta avevano portato un po‟ di
cose da mangiare dalla sala del buffet. Abbiamo chiesto a Giuseppe
se voleva il caffè e lui ci ha detto che lo aveva già preso. Allora
qualcuno ha nominato il liquore di mirto e lui ha accettato di
assaggiarlo, perché non lo conosceva. Al bar, Gianluca ci ha
preparato un vassoio con i caffè ed ha aggiunto un bicchiere di
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mirto da parte sua per Armando.”
“Ha consegnato lei il bicchiere di mirto a Giuseppe?”
“Bé, sì, anche perché siamo rimasti amici.” rispose Alessandra con
un po‟ di imbarazzo.
“Chi aveva in mano il vassoio?”
“Ettore aveva il vassoio, ma io ho preso subito in mano i due
bicchieri di plastica col mirto perché avevo paura che si
rovesciassero. Infatti i caffè erano nelle tazzine di ceramica per cui
erano più stabili. Siamo passati vicino alla sala del buffet, c‟era un
po‟ di gente nell‟androne della reception. Poco più avanti abbiamo
incontrato Armando, usciva dalla porta dei bagni, nel pianerottolo
delle scale di sinistra. In quel momento il mio cellulare ha
cominciato a squillare e allora ho dato velocemente i bicchieri ad
Armando dicendogli che uno era per lui da parte di Gianluca,
mentre l‟altro era per Giuseppe. Però quando ho chiuso il telefono,
poco dopo, Armando era andato via, mentre il bicchiere per
Giuseppe era sul vassoio dei caffè ed io l‟ho ripreso in mano.“
Ettore Spina era un uomo più alto della media, sui trentacinque
anni, con capelli ricci molto scuri e sguardo intelligente. Si sedette
davanti ai carabinieri con fare disinvolto, pareva divertito dalla
situazione.
Il suo racconto fu ancora più dettagliato di quello di Alessandra
Ciatti:
“Quando ha squillato il telefono, Alessandra ha dato i bicchieri ad
Armando ed io ho appoggiato il vassoio e sono entrato in bagno.
Quando sono uscito Armando era andato via, aveva lasciato uno
dei bicchieri di mirto nel vassoio ed Alessandra era ancora al
telefono.” Spiegò che arrivati all‟auditorium avevano posato tutto
sul tavolo principale e da lì ognuno si era servito.
Il tenente Fazi chiese nuovamente di parlare con il dottor Cerri.
“Mi dica tenente, ci sono novità?”
“Senta, le devo dire con franchezza che trovo molto strano il modo
in cui lei ha lasciato la vittima in quello stato a vagare per un
edificio in cerca di un bagno. Sinceramente il suo comportamento
mi sembra piuttosto sospetto.”
Armando rispose con una espressione di grande stupore. “Le sarò
sembrato brutale, ma quando si organizza un convegno è buona
educazione essere presenti a tutte le presentazioni dei colleghi e io
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sono dovuto tornare all‟auditorium per questo. Sì, Giuseppe
Salvetti mi è parso affaticato, ma non avrei certo potuto
immaginare che stesse morendo!”
“Mi racconti del momento in cui Alessandra Ciatti le ha consegnato
i bicchieri di mirto.”
“Non c‟è molto da dire. Mentre uscivo dal bagno li ho incontrati che
andavano verso l‟auditorium, Ettore teneva un vassoio, credo con
dei caffè, mentre Alessandra mi ha dato bruscamente i bicchierini
del mirto dicendo che uno era per me. Poi ha risposto al cellulare.
Io non volevo certo aspettare che Alessandra terminasse la
telefonata, visto che notoriamente non si tratta di una operazione
breve. Ettore aveva appoggiato il vassoio per entrare in bagno,
allora io ho preso uno dei bicchierini e ho poggiato l‟altro nel
vassoio.”
“Quindi lei ha bevuto il mirto?”
“Veramente no. Ho deciso di non berlo per poter seguire bene le
presentazioni del pomeriggio e l‟ho lasciato su uno dei tavoli del
buffet.”
Il tenente lo guardò con aria pensierosa. Dopo alcuni istanti disse:
“C‟è anche la possibilità che la vittima designata fosse lei. Che lei
sappia, il barista potrebbe avere qualcosa contro di lei?”
“Gianluca è un po‟ seccato con me perché non abbiamo affidato il
catering a lui, ma non credo che mi ammazzerebbe per questo!”
“Mi parli di Alessandra Ciatti e di Ettore Spina. Sono entrambi suoi
collaboratori, vero?”
“Sì, Alessandra è al CRS4 da qualche anno. E‟ una ricercatrice
molto intelligente e svolge il suo lavoro in modo davvero
professionale. Ettore Spina è un consulente, lavora con noi da un
paio di mesi, ma ha esperienza di diversi anni all‟Università.”
Armando si poggiò allo schienale della poltrona e sollevò lo sguardo
preoccupato verso il tenente come per voler aggiungere qualcosa.
“Mi sta nascondendo qualcosa?” chiese il tenente.
“Ha detto che nel mirto c‟era sonnifero?”
“Sì.”
“Alessandra soffre di insonnia e prende sonnifero abitualmente. So
che ha sempre del sonnifero nella borsa.” La voce di Armando
tremava nel pronunciare quelle parole. “Quella mattina, durante il
coffee break l‟ho vista discutere sottovoce, ma animatamente, con
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Giuseppe … anzi più che di una discussione pareva si trattasse di
un vero litigio. In giro si è saputo che Giuseppe stava per sposarsi
con una nuova fidanzata.”
Quella sera Armando tornò a casa profondamente preoccupato.
Alessandra Ciatti era stata trattenuta in caserma e la notizia era già
stata resa pubblica. Si era trovato costretto a parlare quando aveva
capito di essere il maggior indiziato, ma ora si sentiva
profondamente amareggiato per l‟esito delle sue dichiarazioni. Era
esausto e non riusciva a pensare ad altro che a quell‟assurdo
delitto. Sicuramente Alessandra aveva agito mentre Ettore era in
bagno.
Lo squillo del cellulare distolse Armando da questi pensieri.
“Armando sei tu?”
“Sì, chi parla?”
“Sono Augusto Antinori del Dipartimento di Ingegneria Elettronica
dell„Università di Catania, ti ricordi di me?”
”Ciao Augusto, certo che mi ricordo di te, hai sentito della
tragedia?”
“Ho saputo che è stata Alessandra Ciatti! Chi l‟avrebbe mai detto!
Una ragazza così spiritosa e intelligente!“
“Guarda non me ne parlare! Mi sento responsabile anche io perché
non mi sono reso conto che Giuseppe stesse così male;
probabilmente avrei potuto salvarlo.“
“Povero Giuseppe Salvetti, pensa che sono in commissione in un
concorso per un posto di ricercatore che sicuramente avrebbe vinto
lui.”
“Davvero? Credevo fosse già ricercatore!“
“No, no. Lo so che uno così bravo meritava di essere già
ricercatore, ma come sai all‟Università i posti sono pochi. Adesso il
più quotato è uno dei tuoi collaboratori, Ettore Spina.“
“Ettore ha fatto domanda per lo stesso concorso?“
“Sì e penso che a questo punto lo vincerà lui. Tu che cosa ne
pensi?“
”Non lo conosco bene, lavora con me solo da un paio di mesi. Mi
sembra molto competente.”
Armando sentì suonare alla porta e chiuse la conversazione con
Augusto per andare ad aprire.
“Chi è?”
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“Armando sono Ettore.”
“Ciao Ettore, entra.”
“Ciao Armando, hai sentito di Alessandra?”
“Sì ho saputo.”
“Sono sconvolto! Pensa che quella mattina stavamo aspettando
insieme la navetta per Polaris e lei è andata a comprarsi il
sonnifero, forse pensava già di uccidere Giuseppe!”
Ad Armando sembrò che Ettore in qualche modo recitasse una
parte. Parlava in modo insolito. Improvvisamente si sentì assalire
da un dubbio atroce. Ettore sapeva che Alessandra aveva il
sonnifero e avrebbe potuto sottrarglielo, forse anche sulla navetta.
Inoltre avrebbe anche potuto versarlo nel mirto mentre Alessandra
era al telefono. Non riuscì a trattenere un‟accusa a bruciapelo:
“Sapevi del sonnifero ed eri pieno di odio perché sapevi che
avrebbe vinto il concorso.”
“Sei matto? L‟ha ucciso quella pazza! Spero che non sia andato a
raccontare queste sciocchezze ai Carabinieri.”
D‟un tratto Ettore gridò:
“Adesso ammazzo anche te!”
Si avventò al collo di Armando che gridava:
“Calmati!”
La colluttazione fu interrotta dal suono del campanello e dalla voce:
“Aprite! Carabinieri!”
Ettore lasciò la presa e si accasciò sfinito sul pavimento. Armando
con un balzo corse ad aprire gridando:
“Stava per ammazzarmi, grazie al cielo siete arrivati appena in
tempo!”
“Vi stavamo controllando e ci pareva strana questa visita nel cuore
della notte. Quella povera ragazza non c‟entrava niente.”
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