F. Liszt
VIA CRUCIS
Elvira Soresini
Pianoforte
Coro della Cappella Musicale
della Cattedrale di Lodi
- don Piero Panzetti Direttore
TEATRO ALLE VIGNE - LODI
Sabato 16 Marzo 2002, ore 21
Ingresso € 10,33
F. LISZT, Via Crucis
Il percorso di fede di un’anima
romantica
1. Il problema religioso - in senso lato interessò tutta la vita di Liszt,
condizionandone per riflesso certa attività
creativa. Fin dalla prima giovinezza il
musicista ebbe delle crisi mistiche,
manifestatesi dal 1827 quando, mortogli il
padre, iniziò la frequentazione di testi di
Dante e Chateaubriand che lo condussero
ad un passo dal sacerdozio. Fu poi la
lettura di opere dell'abate Lamennais, che
sosteneva la missione «divina» dell'arte,
ad accendergli l'interesse per il riscatto
della musica religiosa. E a questo tema
nel 1834 dedicava il saggio De la future
musique d’église, apparso sulla «Gazette
Musicale»,
che
sarebbe
risultato
programmatico per la produzione sacra
che, iniziata nel 1840, doveva protrarsi
fino al termine della sua esistenza.
Saranno pure le ponderose opere religiose
e filosofiche (alcune delle quali messe
all’indice) della sua amica Caroline
Wittgenstein ad indurlo ad una
concezione agevolata della religione, che
sfocia nella discussa e romanzata
assunzione degli Ordini minori, nel ‘65 a
Roma. Erano quelli gli anni più fervidi del Movimento Ceciliano, soprattutto in Germania ed Austria.
2. Anche nel campo della musica sacra Liszt insomma capta, con recettività straordinaria, tutta una
tendenza tipicamente ottocentesca, che s'incentra nel rinnovato culto per Bach (nel 1829 Mendelssohn
ricuperava la Passione secondo San Matteo) e nel riscatto del canto gregoriano attuato nell’ambiente
benedettino di Solesmes da Dom Guéranger. In verità il problema, sollevato già a fine Settecento con i
saggi sulla musica da chiesa del Lesueur (il maestro di Berlioz), si era trasformato nel primo Ottocento
in un vero e proprio dissidio ideologico: così, alla proposta di Lamennais, ripresa da Liszt, di musica
«drammatica e santa», Hoffmann in un saggio sulla Alte und neue Kirchenmusik (Lipsia, 814),
lamentava la scarsa produzione di musica del genere al suo tempo, dovuta principalmente al fatto che
«i compositori trascurano completamente lo studio profondo del contrappunto, necessarissimo per
scrivere nello stile da chiesa ».
Nel 1829 (l’anno del riscatto bachiano compiuto da Mendelssohn in Germania) una monografia del
Baini su Palestrina sanciva l’opposizione alla musica cattolica «secolare». Era stata fondata a Berlino
una scuola informata rigorosamente allo «spirito» e alla «tecnica» della musica palestriniana, mentre
già nel 1817 il Choron, con l’«Institution royale de Musique classique et réligieuse», aveva risvegliato
in Francia il gusto della primitiva musica da chiesa. Così, per un gusto che in Inghilterra originò la
corrente dei Preraffaelliti ed in Germania il movimento artistico dei Nazareni (e che incoraggiò la
riedificazione di cattedrali in stile gotico), l’amore per Palestrina divenne tale da non consentir più di
notare come la sua musica, e tutta o quasi l’arte sacra del Cinquecento, fosse relazionata con
l’espressione profana: all’amore per il passato, come ricupero di sapienza e d’innocenza,
s’accompagnava la convinzione che la musica a cappella del XVI secolo fosse l’unica veramente adatta
alla chiesa.
3. Una siffatta situazione storica ed estetica, relativa alla restaurazione programmatica della musica
sacra, risultava fatale all'autentica, libera espressione artistica (l'intransigenza ideologica portava addirittura al ripudio di tutto il grande repertorio di musica sacra concertata dal Seicento fino a
Beethoven). Ne fu portavoce il «Movimento Ceciliano», sviluppatosi a partire dal 1830, mirante a
disciplinare la composizione musicale sacra.
Poco o nulla concedendo alla precarietà di un programma e di una corrente che tendeva a sacrificare
ogni autentica libertà inventiva ad una statica normativa, solo Liszt (e con lui solo Bruckner) seppe
partecipare, pur in modo avventuroso, a tale «querelle», ma con distacco. Come ha scritto il Graziosi,
proprio il bisogno crescente di sublimare l’espressione musicale, il diradarsi del contenutismo letterario
e psicologico, il prestar attenzione a tutte le sollecitazioni culturali europee e soprattutto il «ripiegare
del pensiero sul problema primo dell’uomo, quello della morte e dell’aldilà»: tutte queste concomitanze
produssero l’evoluzione spirituale ed artistica di Liszt, col conseguente distacco dal pianismo mondano,
dal sinfonismo poematico e dalla vocalità profana verso un esito sacro, concepi
to talvolta come
estaticità, come anelito all’infinito, come evasione dal dubbio e dall’indifferenza.
4. Deplorando il declino della religiosità, così Liszt scriveva nel suo saggio sulla futura musica
ecclesiastica del `34: «l'arte ha lasciato il cuore del tempio e, ampliandosi, ha dovuto cercare nel mondo
esterno la scena per la sua manifestazione. Molto spesso - in verità anche più che spesso - la musica
deve riconoscere in Dio e nel popolo la propria sorgente di vita, deve passare dall'uno all'altro per
nobilitare, confortare, purificare l'umanità e per benedire e lodare Iddio. Per raggiungere questo scopo è
indispensabile invocare una nuova musica. Questa musica, che in mancanza di altra designazione
potremo chiamare umanitaria, dovrebbe essere solenne, forte e potente; dovrebbe unire in grandiosa
relazione il teatro e la chiesa; dovrebbe essere al tempo stesso drammatica e santa, svolgersi
splendidamente eppure con semplicità, solenne ed imponente, ardente e sbrigliata, tempestosa e
riposante, pura e fervente. Sarà questo il fiat lux dell’arte!».
5. Sintesi – fra le altre – di tale concezione, e senza dubbio la più notevole delle ultime opere sacre per
coro di Liszt, è la Via Crucis, ovvero Les 14 Stations de la Croix pour Choeur et Soli, avec
accompagnement d’orgue (ou pianoforte), composta nel 1878-79: opera che segna, nel campo
religioso, il maggior rinnovamento stilistico di Liszt. I testi furono scelti dalla principessa
Wittgenstein, che Liszt ringrazierà nel 1877: «Voi avete amalgamato in modo mirabile i testi per la Via
Crucis. Da parte mia mi sforzerò di contraccambiarlo con una composizione che ne sia degna».
Certamente la Via Crucis costituisce la più compiuta realizzazione, ha scritto il Searle, «del sogno di
Liszt di creare un nuovo tipo di musica religiosa», unendo l’antica struttura liturgica ad una nuova
tecnica armonica, in verità né esplicita né definita, che va ben oltre il suo tempo. Questa Via Crucis
venne respinta dagli editori e pubblicata quarant’anni dopo la morte del musicista (nel 1936, dalla
Breitkopf di Lipsia), ma Liszt era ben presago del suo coraggioso sperimentalismo («Posso aspettare »,
diceva negli ultimi anni), conscio che questo sarebbe stato il percorso della futura musica. E’ infatti
incredibile, ascoltando ed esaminando questo lavoro, come Liszt abbia ottenuto, con mezzi ancora
ortodossi, una nuova espressività, non attraverso uno sviluppo organico od un complesso
contrappuntismo, ma con uno spoglio primitivismo, intonato già allo spirito e perfino a certe tendenze
del nostro secolo.
Tratto dall’introduzione al libretto del Concerto
di Ettore Garioni
Notiziario dell’Associazione Cantus— Amici della Cappella Musicale della Cattedrale di Lodi
MARZO 2002
Notes