84 grandi compositori mai vissuti, ma anche una sintesi fulminante

grandi compositori mai vissuti,
ma anche una sintesi fulminante
della Weltanschauung germanica.
Insomma uno di quei rari brani
circondati da un’aura sacrale che
non ammetterebbero arrangiamenti. Eppure Liszt ha avuto il
coraggio (o la sfacciataggine, secondo i punti di vista) di farne
un brano pianistico, quando la
sola idea di trascriverne l’ordito
orchestrale fa tremare i polsi.
Credo che questa ‘appropriazione’ sia uno dei casi estremi in cui
la preponderante personalità di
Liszt si manifesta. Ma nel giudicare l’operazione ed i suoi esiti
sul campo non bisogna dimenticare quanto rispetto, quanta
Giuseppe Verdi in una litografia di Ape
devozione Liszt portasse a Wa(Carlo Pellegrini) pubblicata su «Vanity
gner. Quindi, piuttosto che preFair», Londra, 1879.
potenza e presunzione, direi che
la Morte di Isotta per pianoforte è un atto di amore per un grande amico.
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Ben diverso era l’atteggiamento di Liszt verso Verdi. I due non si incontrarono mai e non risulta abbiano avuto scambio di corrispondenza.
Eppure otto sono le parafrasi che nascono da un rapporto musicale di
profondo fascino e, tra queste, Danza sacra e Duetto finale spicca per essere
una delle vette più alte raggiunte da Liszt compositore tout-court. La reazione chimica tra Verdi e Liszt scatta in questo caso in un terreno di coltura
‘esotico’, l’Egitto immaginario del dramma musicale. Proprio dell’esotismo
Liszt aveva alle spalle un’enorme esperienza, fatta di approcci a varie culture
musicali regionali, tzigana, spagnola, italiana e persino ottomana. La danza
sacra, con quell’andamento da harem, struggente e sensuale, tutto basato su piccole vibrazioni, privo di gesti eclatanti, trova nell’immaginazione
dell’ungherese una sintonia coinvolgente. La disperazione che circola nel
duetto finale, consapevole di essere la musica dell’addio al mondo, coglie
immediata sintonia nella depressione in cui Liszt cadde proprio negli anni
Settanta. Al punto che non riesco a dire se il fascino decadente di questo
brano sia più riconducibile a Liszt che a Verdi. L’ultima pagina del duetto
si spegne come nell’opera di Verdi e si avvicina molto al ripensamento che