PLASMONI SUPERFICIALI Un possibile approccio nello studio delle proprietà fisiche dei metalli consiste nel considerare gli elettroni liberi presenti all’ interno del loro volume come un liquido ad alta densità, ignorando, in prima approssimazione, il reticolo. All’interno di tale liquido possono aver luogo oscillazioni, note come plasmoni di volume. Gli elettroni presenti invece sulla superficie del metallo, che sono normalmente soggetti a fluttuazioni casuali, possono provocare, in presenza di un opportuno campo elettromagnetico (e sotto certe condizioni), oscillazioni coerenti che avvengono parallelamente alla superficie e che costituiscono un’ onda attenuata in direzione perpendicolare e con la massima intensità in prossimità della superficie stessa. Fig. 1 a) carica e campo elettromagnetico di un plasmone superficiale che si propaga lungo un’interfaccia metallo-dielettrico nella direzione x; b) decadimento esponenziale del campo elettrico nella direzione z. Quest’ onda è detta plasmone superficiale e ha pertanto carattere non radiativo; la sua natura intrinsecamente bidimensionale è di grande interesse in applicazioni quali la progettazione di circuiti integrati ottici, o di dispositivi nanometrici. Tuttavia l’ eccitazione del plasmone superficiale necessita di particolari metodi di accoppiamento con la radiazione luminosa, in quanto esso presenta, a parità di energia, un vettore d’onda maggiore rispetto a quello della luce. 1 Ciò equivale a dire che la curva di dispersione del plasmone superficiale, (k), giace alla destra della curva di dispersione della luce. Per ricavare tale relazione di dispersione e introdurre alcuni importanti parametri che caratterizzano i plasmoni di superficie consideriamo un sistema costituito da un dielettrico isotropo, con costante dielettrica 1 reale e positiva, occupante il semispazio z > 0, e un metallo, con funzione dielettrica complessa e dipendente dalla frequenza, ( ) = ' ( ) + i " ( ) , occupante il semispazio z < 0 (fig. 2). Supponiamo che la struttura in esame sia indefinita nella direzione y, in modo che il campo elettrico e magnetico risultino indipendenti da tale variabile. Prendiamo in esame dapprima un’ onda di tipo TM in polarizzazione p, propagantesi nella direzione x; in tale onda il vettore campo magnetico è perpendicolare al piano di incidenza (il piano individuato dalla direzione di propagazione e dalla normale alla superficie, in questo caso il piano x-z). Ez z x ksp Hy 1 Ex () Fig. 2 Il campo magnetico H e il campo elettrico E possono essere scritti nella forma: 1 H1(x,z,t) = y0 A eik x x k z z it E1(x,z,t) = x0 ( 1 Ac 1 ik x x k z 1 z it k Ac + z0 ( x ) eik x x k z z it kz ) e i 1 1 nel semispazio z > 0 (nel dielettrico), e: m Hm(x,z,t) = y0 B e ik x x + k z z it Em(x,z,t) = x0 m m Bc Bc k zm e ik x x + k z z it + z0 ( )k x e ik x x + k z z it i ( ) ( ) 2 nel semispazio z < 0 (nel metallo). k 1z e k zm determinano il decadimento del campo elettromagnetico lontano dall’interfaccia metallo-dielettrico e sono dati da: k 1z = k x2 1 c 2 k zm = k x2 ( ) c 2 (1) Le parti reali di k 1z e k zm devono dunque essere positive affinché i campi descrivano un’ onda superficiale. Imponiamo ora la continuità delle componenti tangenziali del campo elettrico e magnetico all’ interfaccia metallo-dielettrico (z = 0). Dalla condizione E 1x = E xm otteniamo: Ak 1z Bk zm = 1 ( ) Mentre dalla condizione H 1y = H ym si ha: A=B Otteniamo cioè un sistema omogeneo di due equazioni nelle due incognite A e B, e affinché esso ammetta soluzioni diverse da quella banale è necessario imporre che il determinante della matrice dei coefficienti associata sia nullo, condizione che porta alla relazione di dispersione: k zm ( ) = 1 1 kz (2) 3 Se, in un primo momento, assumiamo che ( ) sia reale, k 1z e k zm devono essere reali e positive affinché le espressioni del campo elettrico e di quello magnetico descrivano onde che si attenuano al crescere della distanza dalla superficie di separazione tra i due mezzi. Di conseguenza ( ) deve essere negativa. Elevando al quadrato entrambi i membri della relazione di dispersione (2), e sostituendo le (1), otteniamo un’ espressione esplicita (in funzione di ) per k x , che rappresenta il numero d’ onda del plasmone superficiale e che indichiamo dunque con k sp : k sp = 1 ( ) c 1 + ( ) (3) Tale relazione è valida anche se ( ) è complessa. k sp è complesso e, se assumiamo reale e " ( ) < ' ( ) si ha k sp = k sp '+ik sp " con: k sp ' = ' ( ) 1 c ' ( ) + 1 3 ' ( ) 1 2 " ( ) k sp " = c ' ( ) + 1 2( ' ( )) 2 k sp " determina l’ assorbimento interno, mentre per avere k sp ' reale è necessario avere ' ( ) < 0 e ' ( ) > 1 ; questa condizione è generalmente soddisfatta nei metalli al di sotto della frequenza di plasma p, infatti in questo caso si può scrivere: p ' ( ) 1 2 4 e dunque ' ( ) < 0 . Nel seguito si scriverà per comodità k sp al posto di k sp ' . Dalla relazione di dispersione appena ricavata è dunque evidente il fatto che il vettore d’ onda del plasmone superficiale sia maggiore, a parità di (e quindi di energia), di quello della luce nel dielettrico, la cui ampiezza è pari a 1 . Il plasmone superficiale non può pertanto essere trasformato in luce (da c qui il suo carattere non radiativo), e non può essere eccitato con la semplice illuminazione dal dielettrico. Fig. 3 Curva di dispersione del plasmone superficiale all’interfaccia metallo-dielettrico. Le perdite ohmiche nel metallo (descritte dalla parte immaginaria di ( ) ), fanno sì che l’ energia trasportata dal PS decada esponenzialmente quando questo si propaga lungo l’ interfaccia dielettrico-metallo (nella direzione x). La distanza dopo la quale l’ intensità dei campi diminuisce di 1 del suo valore e massimo è detta lunghezza di propagazione (Lsp) ed è legata a k sp " : 5 ' ( ) ( ' ( ) 1 )2 3 Lsp = c 1 = 2k sp " 3 1 2 " ( ) Un altro parametro che è utile introdurre è inoltre la profondità di penetrazione del campo nel dielettrico e in aria, , che rappresenta la distanza (lungo z) per la quale l’ intensità dei campi si riduce di 1 del suo valore massimo e (assunto in prossimità dell’ interfaccia): = 1 kz Nel dielettrico si ha: d = 2 ' ( ) + 1 12 e nel metallo: m = ' ( ) + 1 . ( ' ( )) 2 Per elevati valori di k sp il campo risulta fortemente concentrato nei pressi della superficie di separazione tra i due mezzi; per valori di k sp inferiori, il campo ha nel dielettrico una forte componente traversa E z rispetto a quella longitudinale E x , e si propaga per lunghe distanze, mentre nel metallo E z si mantiene piccolo rispetto a E x . Nelle seguenti tabelle sono riportati, a titolo di esempio, alcuni valori di d , m e Lsp nel caso in cui il dielettrico sia aria: 6 d m ARGENTO 600 nm 390 nm 24 nm ORO 600 nm 280 nm 31 nm Lsp ALLUMINIO 500 nm 2 μm ARGENTO 500 nm 20 μm ARGENTO 1.55 μm 1 mm Consideriamo ora un’ onda TE (in polarizzazione s) che si propaghi nella struttura di figura 2. Per una tale onda il vettore campo elettrico è perpendicolare al piano di incidenza (è cioè lungo y). Eventuali soluzioni di tipo plasmonico per quest’ onda possono essere scritte come: 1 E(x,z,t) = y0 A e ik x x k z z it Ack 1z ik x x k 1z z it Ack x ik x x k 1z z it H(x,z,t) = x0 + z0 e e i nel dielettrico (z > 0), e: m E(x,z,t) = y0 B e ik x x + k z z it H(x,z,t) = -x0 Bck zm ik x x + k zm z it Bck x ik x x + k zm z it + z0 e e i nel metallo (z < 0). Imponendo la continuità delle componenti tangenziali dei campi all’ interfaccia (per z = 0) otteniamo le equazioni: 7 A=B A c 1 c k z = B k zm i i che possono essere combinate nella singola equazione: (k 1 z ) + k zm A = 0 (4) Poiché le parti reali di k 1z e k zm devono essere entrambe positive per avere un’ onda superficiale, l’ unica soluzione dell’ equazione (4) è A=0, e quindi B=0, cioè un campo identicamente nullo. Dunque un plasmone superficiale in polarizzazione s non può esistere nella struttura considerata. E’ possibile solo la propagazione di plasmoni superficiali in polarizzazione p, per eccitare i quali tramite semplice luce incidente sulla superficie planare del metallo dal mezzo dielettrico adiacente è necessario che la componente parallela alla superficie del vettore d’ onda della luce, 1 sin (dove è l’ angolo di incidenza), sia uguale al numero d’ onda del c 1 1 ( ) 2 plasmone, pari a . Dal momento che, come si è visto dalla c ( ) + 1 relazione di dispersione, questa condizione non è verificata per la struttura esaminata, è necessario ricorrere a particolari tecniche, quali ad esempio l’ accoppiamento tramite riflessione totale attenuata (accoppiamento ATR), o tramite reticoli. ACCOPPIAMENTO TRAMITE RIFLESSIONE TOTALE ATTENUATA Un primo esempio di struttura che sfrutta tale metodo è la configurazione di Kretschmann, costituita da un film metallico posto a contatto con un prisma di 8 vetro da cui proviene l’ onda in polarizzazione p incidente con un angolo maggiore dell’ angolo critico per la riflessione totale. Fig. 4 Geometria di Kretschmann. La riflessione totale all’ interfaccia metallo-vetro dà luogo ad un’ onda evanescente del metallo con velocità di fase pari a v = c = <c kx vetro sen (onda lenta). Tale onda si attenua esponenzialmente in direzione perpendicolare all’ interfaccia metallo-vetro, ma se il metallo è abbastanza sottile essa non è completamente nulla quando raggiunge l’ interfaccia metallo-aria e riesce a eccitare qui il plasmone superficiale nel caso in cui le velocità di fase delle due onde coincidano: v sp = + ( ) c c aria =v= k sp aria ( ) vetro sen (5) Nella (5) compare il in quanto si è usata l’ espressione di k sp ricavata precedentemente per la struttura con metallo semiinfinito. In realtà nel caso di un film metallico di spessore finito l’ interazione tra le due interfacce non può essere trascurata, e il plasmone che propaga lungo un’ interfaccia “sente” l’ esistenza del plasmone sull’ altra: ciò fa sì che la relazione di dispersione risulti modificata e si ottiene un nuovo valore per k sp , pari a k sp0 + k sp , in cui k sp0 è pari al numero d’ onda per la struttura con metallo semiinfinito, e k sp è il termine “correttivo”, 9 complesso: la sua parte reale sposta il valore di k sp0 , mentre la parte immaginaria inserisce un termine di smorzamento. Per ricavare la relazione di dispersione esatta per la struttura di Kretschmann si consideri quindi un sistema costituito da un semispazio vuoto (1 = 1) nella regione z > d, un film metallico, caratterizzato da una funzione dielettrica () complessa nella regione 0 < z < d, e un dielettrico, con costante dielettrica s reale e positiva nella regione z < 0 (fig. 5). z Ez Ex x Fig. 5 Poichè si vuole studiare un’ onda superficiale TM in polarizzazione p che propaga nella direzione x, l’ unica componente non nulla del campo magnetico sarà Hy, e può essere scritta nel modo seguente: 1 Hy(x,z,t) = Ae ik x x k z z it [ m m nel vuoto ( z d ); ] Hy(x,z,t) = e ik x x Be k z z + Ce k z z e it nel metallo ( 0 z d ); s Hy(x,z,t) = De ik x x + k z z it nel dielettrico ( z 0 ); dove: 10 k = k 1 c 1 z 2 2 x k zs = k x2 s c 2 k = k ( ) c 2 2 x m z Le parti reali di k 1z , k zm e k zs devono essere positive per avere un’ onda superficiale. Imponiamo poi le condizioni al contorno per Hy su ciascuna interfaccia; si deve avere: - Hy(x.z.t) continuo; - 1 H y ( x, z , t ) continuo. z Applicando tali condizioni ai campi scritti precedentemente si ottiene un sistema di equazioni lineari omogenee nelle incognite A, B, C, D. Affinché questo ammetta soluzioni diverse dalla banale si deve uguagliare a zero il determinante della matrice dei coefficienti, giungendo così alla relazione di dispersione: m ( ) k 1z ( ) k zs ( ) k 1z ( ) k zs + + = 1 e 2 k z d 1 1 1 m m m m 1 k z s k z 1 k z s k z Nel limite in cui d si ha: ( ) k 1z +1 = 0 1 k zm ( ) k zs +1 = 0 s k zm 11 (6) Si riottengono cioè le relazioni di dispersione analoghe alla (2) per il plasmone superficiale all’ interfaccia metallo-aria e metallo-dielettrico. Dalla relazione (6) si può ottenere l’ espressione di k sp in funzione della frequenza; la condizione per l’ accoppiamento luce-plasmone è sempre: k sp = s sen c (7) Sotto questa condizione di risonanza si osserva un minimo accentuato nella riflettività all’ interfaccia dielettrico-metallo, che corrisponde all’ eccitazione del plasmone all’ altra interfaccia. Questo minimo può essere nullo per un certo valore di d, dipendente a sua volta da ( ) , mentre sparisce per d . Fig. 6 Andamento della riflettività in funzione dell’ angolo di incidenza per vari spessori d del film metallico (Ag). All’ interfaccia metallo-dielettrico invece il PS non può essere eccitato perché il suo vettore d’ onda è ancora maggiore di quello della luce incidente per ogni valore dell’ angolo . 12 Fig. 7 Curve di dispersione del plasmone superficiale alle interfacce di un film d’argento (d=30nm) su substrato dielettrico ( s=2.25) in aria. Un’ altra struttura che sfrutta l’ accoppiamento ATR è la configurazione di Otto, adatta per metalli di spessore più elevato. In questo caso la superficie metallica, caratterizzata da funzione dielettrica ( ) è separata dal prisma dielettrico (con costante dielettrica s ) da una gap di aria di spessore h. Il campo incidente in polarizzazione p proviene dal prisma e l’ angolo di incidenza è maggiore dell’ angolo critico all’ interfaccia prisma-aria. Anche qui l’ onda evanescente che viene eccitata in aria decade esponenzialmente verso il metallo, ma se la gap è abbastanza stretta essa non svanisce completamente all’ interfaccia aria-metallo ed eccita qui il plasmone superficiale. Fig. 8 Configurazione di Otto. 13 La condizione di risonanza è analoga a quella ottenuta per la configurazione di Kretschmann. La larghezza della gap può essere dimensionata osservando l’ andamento della riflettività nel prisma al variare di h per un angolo di incidenza fissato. Fig. 9 Andamento dei coefficienti di riflessione d’ampiezza per la polarizzazione s e p in funzione della larghezza della gap per diversi valori dell’angolo di incidenza . ACCOPPIAMENTO TRAMITE RETICOLI DIFFRATTIVI Un’ alternativa all’ eccitazione di plasmoni superficiali tramite accoppiamento ATR sfrutta reticoli diffrattivi; se infatti la luce proveniente da un mezzo dielettrico colpisce un reticolo metallico si osservano delle anomalie dello spettro di riflessione. Tale fenomeno fu osservato per la prima volta da Wood, il quale fu il primo a suggerire che esse potessero essere dovute all’ eccitazione di onde superficiali, i plasmoni appunto. Si consideri dunque una superficie metallica posta sul piano x-y, sulla quale si abbia una modulazione periodica di periodo a, e sulla quale incida un fascio di luce con un angolo 0 . 14 Fig. 10 Eccitazione di plasmoni superficiali tramite diffrazione su un reticolo. Le componenti della luce diffratta il cui vettore d’ onda coincide con k sp potranno eccitare il plasmone superficiale lungo la superficie del reticolo. Si deve cioè avere: kx = sen 0 ± g = k sp c Dove è un intero e g = 2 . a Più in generale, nel caso di una generica perturbazione della superficie metallica, si può scrivere: kx = sen 0 ± k x = k sp c dove k x tiene conto della variazione di k x introdotta dalla modulazione della superficie liscia del metallo, e per k x =0 non si hanno soluzioni per la relazione di dispersione. Il fenomeno inverso è anch’ esso possibile: un PS che si propaghi attraverso il reticolo (o più in generale attraverso una superficie corrugata) può ridurre, proprio a causa della perturbazione, il suo vettore d’ onda di un k x in modo da trasformarsi in luce. 15 EFFETTI DI LOCALIZZAZIONE DEL CAMPO Se la perturbazione della superficie del metallo è sufficientemente profonda i plasmoni superficiali vengono fortemente scatterati e si comportano in modo disordinato di modo che la loro propagazione attraverso la superficie assomiglia ad un processo di diffusione. Ciò provoca degli accumuli localizzati di densità di campo elettromagnetico più elevati di quelli causati da un plasmone superficiale che propaga su una superficie liscia o con perturbazione ridotta. Si ottengono cioè delle eccitazioni superficiali confinate che prendono il nome di plasmoni superficiali localizzati e che si sviluppano grazie all’ accentuata modulazione del metallo, oppure possono aver luogo in particolari strutture dalla geometria confinata, quali ad esempio particelle metalliche immerse nel dielettrico. La relazione di dispersione per queste onde può essere ricavata nell’ approssimazione elettrostatica, risolvendo l’ equazione di Laplace con le relative condizioni al contorno. Ciò ha senso se la dimensione caratteristica a del sistema considerato è piccola rispetto alla lunghezza d’ onda del plasmone superficiale localizzato ( a << ). A titolo di esempio, si consideri una sfera metallica di raggio R, centrata nell’ origine, e immersa in un mezzo di costante dielettrica 0 (fig. 11). 0 R Fig. 11 Il potenziale elettrostatico (r , , ) all’ interno della sfera può essere scritto come: 16 in (r , , ) = a =0 m = m r Ym ( , ) 0rR dove Ym ( , ) è un’ armonica sferica. Similmente all’ esterno della sfera si ha: out (r , , ) = b =0 m = m 1 r +1 Ym ( , ) rR Imponendo le condizioni al contorno sulla superficie della sfera, cioè la continuità di (r , , ) e di si ottiene dunque la relazione di dispersione per r il plasmone localizzato: ( ) + 1 + =0 0 E’ opportuno sottolineare che i plasmoni localizzati (anche detti risonanze superficiali) sono eccitazioni notevolmente diverse dai plasmoni superficiali propaganti; essi sono confinati in strutture metalliche curve e sono caratterizzati da frequenza discreta e complessa dipendente dalla dimensione e dalla forma dell’ oggetto in cui si sviluppano. Possono essere inoltre eccitati per mezzo di luce di adeguata frequenza e polarizzazione, indipendentemente dal vettore d’ onda di tale luce. I plasmoni superficiali propaganti invece possono essere eccitati se sia la frequenza che il vettore d’ onda della luce incidente sono appropriati. I due tipi di eccitazioni possono presentarsi sovrapposti oppure separatamente, come si vedrà in seguito. A tale proposito si consideri una struttura, nella quale i due effetti si manifestano separatamente, costituita da un reticolo metallico nel quale si vogliono studiare gli effetti risonanti legati all’ eccitazione di plasmoni localizzati. 17 Supponiamo che il semispazio per z > 0 (regione 1) sia riempito da un dielettrico privo di perdite di costante dielettrica 1 , mentre per z < 0 (regione 2) si ha un metallo con funzione dielettrica 2 ( ) . Per z = 0 la superficie del metallo è modulata secondo la funzione z = f(x), periodica in x con periodo g (fig. 12). z Regione 1 1 z = f(x) x Regione 2 2() Fig. 12 Dal dielettrico proviene un’ onda TM di lunghezza d’ onda 0 e frequenza che incide normalmente sul reticolo. Il campo incidente può allora essere espresso nella seguente forma: Ei(x,z,t) = x0 E xi e i ( k0 1 z + t ) Hi(x,z,t) = y0 H yi e i ( k0 1 z + t ) dove k 0 = + z0 E zi e i ( k0 1 z + t ) 2 è il modulo del vettore d’ onda nello spazio libero. Il campo 0 riflesso (per z > max f(x)) e quello trasmesso (per z < min f(x)) possono essere scritti come sovrapposizione di onde diffratte: Er(x,z,t) = N = Hr(x,z,t) = N = (x0 E 1xN + z0 E 1zN ) e [i ( N x + N z t )] 1 1 y0 H 1yN e [i ( N x + N z t )] 18 Et(x,z,t) = M = Ht(x,z,t) = M = 2 2 (x0 E xM + z0 E zM ) e [i ( M x M z t )] 2 2 2 y0 H yM e [i ( M x M z t )] in cui N = NK g (con N intero e K g = 2 ) e Ni = i k 02 N2 (i = 1,2) sono le g componenti del vettore d’ onda del N-esimo ordine diffratto nelle direzioni x e z, rispettivamente. E’ necessario ora imporre le condizioni di continuità sulla superficie di separazione metallo-dielettrico, e per fare ciò conviene introdurre una trasformazione di coordinate (x, y, z ) (u , v, w) che porti l’ interfaccia z = f(x) nella superficie piatta v = z - f(x) = 0. Imponendo le condizioni, è possibile ricavare (con passaggi che qui non riportiamo) il campo elettrico e quello magnetico totali all’ interno delle scanalature del reticolo e la riflettività totale. Se la modulazione della superficie metallica è del seguente tipo: z = f ( x) = a 2 7 1 2Nx g 2 cos N =1 N g (dove lo sviluppo è stato arrestato al settimo termine per semplicità di calcolo e variando a è possibile variare la profondità delle scanalature del reticolo), e il metallo è argento ( 2 = 6.5329 + 0.7373i ) l’ andamento della riflettività Rp in funzione della profondità delle scanalature del grating dg è quello riportato in figura 13 per due valori del periodo, g =30nm e g =100nm e per radiazione incidente di lunghezza d’ onda pari a 0 =459.3nm. 19 Fig. 13 Riflettività in funzione della profondità dg delle scanalature per la struttura di fig. 12. Le curve presentano una serie di minimi per quelle dg per le quali l’ onda incidente eccita il plasmone superficiale localizzato, cioè per quei valori di dg per cui le cavità costituite dalle scanalature del reticolo diventano risonanti, e al loro interno si eccita un’ onda stazionaria con (m-1) nodi nella cavità nel caso della risonanza m-esima. La differenza (d gm d gm 1 ) tra due valori risonanti successivi di dg è pari a metà della lunghezza d’ onda del plasmone nella cavità e si ha che per g più bassi la parte reale della componente z del vettore d’ onda del plasmone è maggiore. La figura 14 mostra invece la distribuzione del modulo del campo magnetico totale |Htot(x,z)|=|Hy(x,z)| all’ interno di un periodo del reticolo in funzione di x e z per g =100 nm alla terza risonanza. 20 z (nm) |Hy(x,z)| Fig. 14 Sono presenti due nodi nel dielettrico nella cavità, come ci si aspetta per la terza risonanza. La riflettività è Rp=0.3838 e nelle zone più scure vi è un aumento del campo di un fattore 4. La figura 15 mostra invece la corrispondente distribuzione di |Etot(x,z)|. Il campo, come ci si aspetta, assume il suo valore massimo sul fondo della cavità, dove è presente un aumento di un fattore 26. z (nm) |Etot(x,z)| Fig. 15 21 Dall’ analisi della struttura appena considerata è dunque evidente il ruolo giocato dai plasmoni localizzati nella concentrazione dell’ energia elettromagnetica all’ interno delle scanalature, con conseguente aumento locale dell’ intensità del campo, e nell’ assorbimento di radiazione polarizzata con il campo H nella direzione delle scanalature. Tale assorbimento avviene per un vasto range di angoli di incidenza, in quanto i plasmoni localizzati presentano curve di dispersione piatte. Consideriamo ora un’ altra struttura periodica in cui sia possibile l’ eccitazione di plasmoni superficiali di entrambi i tipi; in particolare, studiando le curve di dispersione si vedrà che in tale struttura le due eccitazioni compaiono sovrapposte, dando origine a modi ibridi. Il sistema è costituito da un reticolo metallico riflettente con una perturbazione periodica di tipo “onda quadra”. Le scanalature hanno una larghezza a, una profondità h e il periodo è d. La regione di spazio per z > 0 (regione 1) è riempita d’ aria, mentre per z < 0 abbiamo il reticolo, che supponiamo in oro. Fig. 16 Sul reticolo incide luce in polarizzazione p (con H parallelo alle scanalature), con angolo di incidenza . Per analizzare le proprietà di tale sistema facciamo due approssimazioni: 22 - imponiamo condizioni di impedenza superficiale sulle superfici metalliche, fatta eccezione per le pareti verticali delle scanalature, che assumiamo perfettamente conduttrici; - poiché la lunghezza d’ onda della luce incidente sul reticolo è molto maggiore di a, nell’ espansione modale dei campi all’ interno delle scanalature consideriamo solo il modo fondamentale. Con queste ipotesi si può scrivere la componente lungo y del campo magnetico nella regione 1 (z > 0) come sovrapposizione di onde piane ed evanescenti (trascurando la dipendenza dal tempo): H 1y ( x, z ) = e ik0 (xsen z cos ) + rn e ik 0 n x + 1 n2 z n = n in cui rn è l’ ampiezza dell’ n-esimo ordine diffratto e n = sen + . d Nella regione 2 l’ ampiezza del modo fondamentale all’ interno delle scanalature è data da: 1 02 e ik0 h a A0 = 1+ sin c k 0 0 2 Dsenk 0 h 2 1 02 + con = 1 metallo . Il denominatore di A0 può essere espresso nella forma seguente: a sin c k 0 n 2 cot (k 0 h ) i ia D= (1 + ) 1 d n = 1 n2 + 23 2 e poichè gli zeri della sua parte reale governano il comportamento della riflettività della struttura, dalla sua analisi è possibile studiare l’ eccitazione dei plasmoni superficiali; in particolare si può ottenere la curva di dispersione (k x ) . Si consideri dapprima il caso in cui si abbia d = 3.5 μm, a = 0.5 μm e h = 0.6 μm. Nella figura 17 è mostrato il diagramma di dispersione relativo e, per confronto, anche la curva per h 0 , caso in cui sono eccitati solo plasmoni superficiali che si propagano. Fig. 17 La presenza delle scanalature introduce una gap tra la prima e la seconda banda, all’ interno della quale compare un nuovo modo. La relativa curva è abbastanza piatta, mostra cioè una piccola dispersione rispetto a kx, ed è legata ad un plasmone superficiale localizzato. Il campo elettromagnetico è fortemente concentrato nelle scanalature, come ci si aspetta per un fenomeno risonante. L’ andamento del coefficiente di riflessione in funzione dell’ energia dell’ onda piana in polarizzazione p incidente con un angolo pari a 21° è mostrato invece nella figura 18: 24 Fig. 18 La linea tratteggiata è stata ottenuta con il metodo dell’ espansione modale, quella a puntini con il metodo della matrice di trasferimento e quella continua deriva dal risultato sperimentale. Il primo minimo, per E 0.25eV corrisponde ad un modo nella prima banda, e dovrebbe perciò avere carattere propagante; in realtà esso presenta invece un carattere ibrido, combinazione di un plasmone propagante e localizzato. Il campo ha infatti picchi di intensità molto elevati agli angoli superiori delle scanalature, dove è circa 300 volte maggiore dell’ intensità della luce incidente. Il minimo più pronunciato, per E 0.37eV è invece associato al plasmone localizzato (linea piatta tra la prima e la seconda banda); in questo caso il campo elettrico è concentrato principalmente all’ interno della cavità, dove arriva ad essere 100 volte maggiore del campo incidente, ed è praticamente zero nelle altre regioni. Se si considera ora una struttura analoga alla precedente, ma con scanalature molto strette e profonde (in particolare si ponga d = 1.75 μm, a = 0.3 μm e h = 1 μm), si ottiene il seguente diagramma di dispersione: 25 Fig. 19 In questo caso il modo a energia minore è un plasmone localizzato, con curva di dispersione molto piatta per E 0.266eV . Al variare dell’ angolo di incidenza dunque l’ energia di tale modo rimane pressoché inalterata. La seconda e la terza banda corrispondono a energie maggiori e sono estremamente vicine per incidenza normale. Il ramo inferiore E 0.693eV ha ancora carattere ibrido, il campo è concentrato sia nelle scanalature che sulla superficie metallica orizzontale e raggiunge intensità fino a 400 volte maggiori della luce incidente. Nelle figure seguenti si può osservare il campo elettrico nella struttura per E 0.266eV (fig. 20), corrispondente al plasmone localizzato, e per E 0.693eV (fig. 21), corrispondente al modo ibrido, per incidenza normale. Nel caso del plasmone localizzato (fig. 20) solo le pareti verticali delle cavità hanno un ruolo attivo nel processo di scattering: la luce incidente induce un dipolo alternante su di esse a causa della vicinanza delle due superfici. 26 Fig. 20 Il campo elettrico è notevolmente amplificato nelle scanalature, e il valore di questo incremento è legato al rapporto a : quando la lunghezza d’ onda della d luce è maggiore del periodo del reticolo ( > d ) e molto maggiore della larghezza delle scanalature ( >> a ) la parte immaginaria del denominatore D, alla frequenza per la quale la parte reale di D è nulla, è proprio a (assumendo pareti d perfettamente conduttrici = 0 ). Dunque si ha: d e ik0 h A0 = a senk 0 h (8) Poiché la condizione di risonanza nella cavità prevede cos k 0 h =0, ne deriva che senk 0 h = 1 , dunque l’ incremento dell’ intensità del campo all’ interno 2 d delle scanalature è volte l’ intensità del campo incidente. E’ quindi evidente a come, dimensionando adeguatamente la struttura, sia possibile ottenere campi elettrici localmente molto elevati. Nel caso del modo ibrido (fig. 21) per E 0.693eV il campo elettrico è distribuito sia sulle superfici metalliche orizzontali che all’ interno delle cavità, ed è molto elevato agli angoli superiori di queste. 27 Fig. 21 La relazione (8) per A0 continua a essere valida, ma in questo caso, poiché abbiamo un modo ibrido e non una pura risonanza, senk 0 h 1 , dunque A0 può essere estremamente elevato. Ciò spiega le grandi intensità di campo raggiunte da questi modi. APPLICAZIONI RETICOLI DI TRASMISSIONE La sempre maggiore miniaturizzazione dei dispositivi negli ultimi anni ha focalizzato l’ attenzione sulla capacità dei fenomeni plasmonici di propagarsi in strutture di dimensioni minori della lunghezza d’ onda. In particolare è di grande interesse per lo sviluppo di dispositivi nanofotonici lo studio del ruolo dei plasmoni superficiali nell’ elevata trasmissione ottica osservata attraverso reticoli trasmissivi di dimensioni inferiori a . In questi ultimi è possibile infatti osservare, per alcune lunghezze d’ onda della luce incidente, un’ efficienza di trasmissione molto maggiore di quella attesa, in alcuni casi prossima al 100%. Questo incremento è dovuto a meccanismi 28 direttamente collegati con l’ eccitazione di plasmoni superficiali sulle due superfici del reticolo. A tale proposito prendiamo in considerazione una struttura reticolare metallica bidimensionale per la quale vogliamo studiare il comportamento della trasmittanza al variare della funzione dielettrica del metallo; in particolare, poiché sappiamo che, affinché di abbia eccitazione di plasmoni superficiali, è necessario che la parte reale della funzione dielettrica sia negativa, si può vedere che per metalli che non verificano tale condizione, come il tungsteno, e quindi non supportano plasmoni superficiali, la trasmittanza è notevolmente ridotta. La struttura considerata (fig. 22) è composta da un substrato di vetro su cui è depositato un array metallico di 400 fori spesso 250 nm. Il periodo P varia da 200 nm a 500 nm e il diametro dei fori d è tale che il rapporto P = cos t = 1.75 . d Fig. 22 Immagine realizzata mediante microscopio a scansione elettronica (SEM) dell’array metallico per diversi valori del periodo P. L’ andamento dell’ intensità trasmessa per vari metalli e per incidenza normale in funzione della lunghezza d’ onda è riportato in figura 23 e mostra una serie di picchi corrispondenti all’ eccitazione di plasmoni superficiali sulle due interfacce, aria-metallo e metallo-vetro. 29 Fig. 23 Esaminiamo dunque il picco corrispondente all’ energia più bassa ( maggiore), indicato nella figura 23 dalla freccia. Questo picco è associato il modo (1,0) nel substrato di vetro ed è sufficientemente isolato dagli altri in modo da poter essere studiato senza difficoltà. La posizione spettrale del picco (figura 24) varia con il periodo e si sposta verso lunghezze d’ onda maggiori al crescere di quest’ ultimo; per P grandi le curve tendono asintoticamente alla linea di dispersione del plasmone, mentre per piccoli valori di P le curve dei metalli nobili divergono verso valori definiti delle particolari proprietà ottiche del metallo. Il tungsteno presenta invece un’ andamento lineare. 30 Fig. 24 Posizione del picco per diversi metalli in funzione del periodo dell’array. L’ intensità di trasmissione normalizzata, mostrata in figura 25-a) in funzione della posizione spettrale del picco, è notevolmente diversa per i metalli nobili e di transizione. Per i primi si nota che essa cresce quando il picco si sposta verso lunghezze d’ onda maggiori; ciò può essere spiegato considerando che allo stesso tempo aumenta anche il valore assoluto della parte reale di m (funzione dielettrica del metallo), il cui andamento è mostrato in figura 25-b), anche se in realtà il meccanismo è più complicato; bisogna infatti considerare l’ attenuazione all’ interno di ogni buco, che si comporta come una guida d’ onda cilindrica di raggio r = d in cui si propaga un modo sotto cut-off. Al crescere di tale 2 attenuazione diminuisce e la trasmissione aumenta. A ciò bisogna aggiungere che il raggio effettivo dei buchi è in realtà maggiore di r a causa della profondità di penetrazione finita del metallo (a sua volta dipendente dalla funzione dielettrica). 31 a) b) Fig. 25 I metalli di transizione presentano invece un’ intensità di trasmissione estremamente bassa. Per il Co e il Ni ciò è dovuto all’ elevato valore della parte immaginaria della costante dielettrica che provoca uno smorzamento. Nel caso del tungsteno invece la bassa trasmissione è da attribuire al fatto che la funzione dielettrica nel range di frequenze considerato ha parte reale positiva e di conseguenza esso non può supportare plasmoni superficiali. Il fenomeno di trasmissione è pertanto puramente diffrattivo ed estremamente debole . Per comprendere il ruolo fisico giocato dai plasmoni nel processo di trasmissione consideriamo ora per semplicità una struttura unidimensionale costituita da un reticolo metallico, su cui siano state praticate delle fessure longitudinali molto sottili, posto su un substrato dielettrico. Il metallo è l’ oro, il periodo del reticolo è d, le fessure hanno larghezza a e profondità h (fig. 26). Su tale sistema incide normalmente radiazione in polarizzazione p. Assumiamo inoltre a << d e la frequenza della luce incidente al di sotto della frequenza di plasma del metallo. 32 Fig. 26 Siamo interessati all’ andamento della trasmittanza di ordine zero del reticolo in funzione di . Questa è riportata nella figura seguente per vari valori di h, per d = 3.5μm , a = 0.5μm e nel caso in cui il sistema sia nel vuoto. Fig. 27 Per fessure abbastanza profonde ( h 0.6 μm ) si osserva un picco pronunciato in corrispondenza di lunghezze d’ onda poco più grandi del periodo. Tale picco si sposta verso lunghezze d’ onda maggiori e si allarga al crescere di h. 33 Quando h diviene sufficientemente grande ( h 2 μm ) si osservano inoltre anche altri picchi per successive . L’ origine fisica di questi picchi di trasmissione può essere studiata osservando a curva di dispersione (k x ) , mostrata in figura 28 per h = 0.6 μm . Fig. 28 Il ramo più in basso è associato a un modo di natura plasmonica che propaga su ogni faccia del reticolo con E 0.348eV per kx=0. La sua posizione spettrale corrisponde al primo picco di trasmissione, per d e in questo caso si parla di plasmoni superficiali accoppiati. Aumentando h nel diagramma di dispersione (fig. 29) compaiono, come nel caso del reticolo riflettente, nuove bande, corrispondenti all’ eccitazione di plasmoni localizzati. Per h = 3μm è presente una banda piatta per E = 0.17eV , dovuta a un plasmone localizzato associato al picco di trasmissione a = 7.5μm , mentre il picco a 4 μm è legato al ramo inferiore della banda dopo la prima gap. 34 Fig. 29 Si può dunque dedurre che i meccanismi che concorrono alla formazione dei picchi di trasmissione sono due: i plasmoni accoppiati sono responsabili del picco per d , mentre i plasmoni localizzati del picco per >> d . Nel primo caso, a differenza del secondo, la banda non è molto piatta, dunque vi è una forte dipendenza dall’ angolo di incidenza . Il processo di trasmissione avviene nel modo seguente: la luce incidente eccita il plasmone sulla superficie superiore del reticolo; tale modo si accoppia attraverso le fessure con il plasmone sulla superficie sottostante e questo eccita a sua volta radiazione luminosa della stessa frequenza e con lo stesso momento di quella incidente. Questo meccanismo è molto sensibile alla presenza del substrato sulla superficie inferiore, e se le energie dei due plasmoni coinvolti non coincidono l’ accoppiamento è meno efficace; inoltre, da un’ analisi della trasmittanza al variare di a, sarebbe possibile vedere che è necessario un valore minimo della larghezza delle fessure per accoppiare i plasmoni sulle due superfici del reticolo. Il meccanismo di trasmissione associato ai plasmoni localizzati è invece molto diverso: il campo incidente induce densità di corrente sulle pareti delle 35 fessure, con segno opposto su ogni lato. Il processo non è molto sensibile all’ indice di rifrazione del substrato. Il campo localizzato nelle fessure riesce poi a riemettere radiazione dal lato opposto del reticolo con alta efficienza. Le configurazioni di campo nei due casi sono mostrate in figura 30: Fig. 30 Configurazione di campo elettrico per due periodi del reticolo di trasmissione nei casi h=0.6μ m (in alto) e h=3μ m (in basso) nel vuoto. Le straordinarie proprietà trasmissive dei reticoli metallici come quello appena descritto possono avere importanti applicazioni pratiche: la posizione spettrale dei picchi di trasmissione e la loro larghezza possono infatti essere 36 controllate variando fattori geometrici, e ciò consente ad esempio di ottenere filtri per la radiazione elettromagnetica senza effetti diffrattivi. CIRCUITI PLASMONICI L’ idea di circuiti basati sui plasmoni superficiali è legata al problema della miniaturizzazione dei circuiti elettronici, che, se da un lato ha portato a componenti con prestazioni sempre migliori, dall’ altro è stata accompagnata da un peggioramento dal punto di vista delle interconnessioni, i cui ritardi limitano la velocità dei circuiti digitali. La fotonica offre una parziale soluzione al problema implementando sistemi basati su fibre ottiche, che non sono però integrabili, in quanto le loro dimensioni sono molto maggiori di quelle dei circuiti elettronici, inferiori ai 100 nm. Un ulteriore problema è dato dalla diffrazione ottica, dal momento che le lunghezze d’ onda utilizzate nei circuiti fotonici sono dell’ ordine dei 1000 nm. I plasmoni superficiali offrono l’ opportunità di confinare la luce in dimensioni minori di , e consentono di progettare circuiti in cui i segnali elettronici vengono convertiti in plasmoni superficiali che propagano e vengono processati dagli elementi ottici, per poi essere riconvertiti in segnali elettronici. Un primo problema da affrontare riguarda dunque le tecniche per guidare i plasmoni in strutture metalliche di dimensioni inferiori alla lunghezza d’ onda. Una possibile sistema è costituito da un sottile film metallico di larghezza finita immerso nel dielettrico (figura 31); tale geometria offre buoni risultati in termini di lunghezza di propagazione (circa 13.6 mm per una lunghezza d’ onda di 1550 nm), ma non in termini di confinamento del campo nelle due direzioni trasverse (x e y), lungo le quali si ha una propagazione non desiderata su distanze maggiori di . 37 z r y Fig. 31 Riducendo lo spessore del film fino a ottenere un filo nanometrico si riesce invece a ottenere un’ attenuazione del campo entro distanze minori di lungo x e y, ma in questo caso le perdite associate al riscaldamento del metallo limitano fortemente la massima lunghezza di propagazione (lungo z) ottenibile. Per evitare le perdite ohmiche è possibile ricorrere a un array di nanoparticelle metalliche circondate da dielettrico che consentono di guidare il plasmone e allo stesso tempo di limitare le perdite grazie al ridotto volume del metallo. In figura 32 è mostrato un esempio di tale guida in cui particelle d’ oro sono poste su un wafer di silicio-isolante e la lunghezza d’ onda di lavoro è di 1500 nm. Fig. 32 Campo elettrico (A) ottenuto tramite simulazione FDTD all’interno della guida (B). La struttura della guida non è uniforme lungo y, in quanto la dimensione delle particelle metalliche è ridotta da 80nm 80nm al centro fino a 50nm 50nm 38 ai bordi della guida. Ciò permette di concentrare maggiormente il campo al centro, anche se in realtà tale effetto è limitato sostanzialmente solo alla direzione x, mentre lungo y si ha un’ estensione dell’ ordine di . Un metodo per ottenere confinamento in entrambe le direzioni trasverse è quello di guidare i plasmoni in scanalature metalliche a forma di V (figura 33). In questo modo si riesce a combinare una forte localizzazione trasversa con una propagazione unimodale, possibilità di trasmissione del 100% nei tratti curvie alta tolleranza a imperfezioni strutturali. x y Fig. 33 Per guidare il campo è necessario che l’ angolo sia minore dell’ angolo critico, e in questo caso si ottengono valori soddisfacenti anche per la lunghezza di propagazione. Ad esempio, per una struttura con scanalature larghe 0.6 μm e profonde 1μm ( 17° ), nel caso in cui il metallo sia oro, si ottiene una lunghezza di 2 propagazione tra i 90 μm e i 250 μm . Un punto molto importante nella progettazione di chip plasmonici, è la conversione di segnali ottici provenienti da dispositivi fotonici in plasmoni superficiali. Questo processo necessita di accoppiatori che devono presentare alta efficienza di conversione. Una possibile soluzione prevede la combinazione di particelle metalliche semisferiche che facciano da focalizzatore plasmonico e di una guida a nanoparticelle. Nella figura 34 è mostrato un esempio in cui 19 particelle disposte lungo un semicerchio del raggio di 5μm convertono la luce incidente (che ha una lunghezza d’ onda di 532 nm ed è in polarizzazione p) nel plasmone e lo focalizzano in una zona ad elevata intensità di campo dove questo 39 si accoppia con una guida metallica. Il campo si propaga nella guida e penetra parzialmente nella biforcazione finale, larga 100 nm e dunque di dimensioni inferiori a . Fig. 34 Immagine ottenuta al SEM dell’ array focalizzante di nanoparticelle metalliche accoppiato con una guida in Ag di larghezza 250nm. Sono possibili altre configurazioni, ma la combinazione di array focalizzanti e di guide nanometriche è, per ora, un elemento fondamentale nel progetto di circuiti planari plasmonici. Infine sono ovviamente necessari elementi che consentano il controllo attivo dei segnali, che costituiscono uno degli obiettivi dell’ attuale ricerca nel campo della plasmonica. SORGENTI LUMINOSE Le possibili applicazioni dei plasmoni superficiali non sono limitate alla sola progettazione di strutture nanometriche; essi possono infatti essere utilizzati per risolvere il problema della bassa efficienza nei diodi ad emissione di luce (LED). In tali dispositivi la produzione di radiazione luminosa prevede l’ iniezione di elettroni e lacune in un semiconduttore, nel quale essi si ricombinano 40 emettendo luce. L’ emissione avviene pertanto all’ interno del materiale, ma solo la luce che fuoriesce da questo costituisce radiazione effettivamente utilizzabile. Una rappresentazione schematica della struttura di un LED è mostrata nella figura 35: Fig. 35 Solo l’ emissione che avviene per angoli compresi tra - c e + c (dove c è l' angolo critico per la riflessione totale) risulta in emissione dal dispositivo, mentre la restante parte rimane intrappolata nel materiale sotto forma di modi guidati. Un’ espressione approssimata per la frazione di luce effettivamente emessa è data da 1 , dove n è l’ indice di rifrazione del materiale in cui avviene 2n 2 l’ emissione. Per un semiconduttore, come ad esempio GaAs, n = 3.5, e dunque solo il 5% dell’ emissione è utilizzabile. Un modo per risolvere il problema è quello di includere lo strato emissivo in una cavità ottica: la struttura mostrata nella figura 35 infatti costituisce già di per sé una cavità, delimitata però da “specchi” molto deboli (le superfici del dielettrico), con la conseguenza che lo spettro di modi all’ interno è continuo; ponendo invece il materiale in una microcavità costituita da specchi metallici ad elevata riflettività si ottiene uno spettro di modi discreto, e si può dunque fare in modo di lavorare in propagazione unimodale. Se nella cavità è presente solo il modo fondamentale è più semplice ottimizzare l’ emissione, e si riducono i possibili meccanismi di perdita. Con questo approccio si hanno dunque principalmente due alternative: 41 - bloccare l’ emissione che avviene attraverso modi che non contribuiscono alla radiazione utile (modi guidati); ciò può essere fatto introducendo microstrutture periodiche nel piano della cavità che impediscano la propagazione di modi guidati introducendo una band-gap. - Invece di bloccare i modi guidati, si può provare a recuperarli cercando di fare in modo che essi si trasformino in radiazione, e ciò avviene sempre grazie a opportune strutture periodiche. Il secondo metodo è in realtà più efficiente e si basa sull’ uso di un modo guidato che faccia da gradino intermedio tra il processo di emissione nel materiale e la radiazione. Tale modo è appunto il plasmone superficiale. Consideriamo quindi una microcavità, la cui rappresentazione schematica è riportata nella figura 36. Fig. 36 Lo strato di dielettrico in cui avviene l’ emissione è incastrato tra due specchi. All’ interno di esso è presente l’ emettitore vero e proprio, che possiamo considerare come un dipolo oscillante forzato (dal momento che il campo prodotto dal dipolo viene riflesso dalla struttura circostante e si riaccoppia con il dipolo) immerso nella cavità. Lo spettro della potenza dissipata è mostrato in figura 37: 42 Fig. 37 La potenza dissipata nell’ intervallo 0 < u < 0.5 è quella che può essere irradiata (e della quale solo una parte alla fine sarà utilizzabile); per 0.5 < u < 0.75 si ha potenza intrappolata tra gli specchi superiori, mentre il picco per u = 1.02 corrisponde all’ eccitazione del plasmone superficiale all’ interfaccia tra lo specchio inferiore e il dielettrico. Ciò che si vuole fare è dunque: - massimizzare l’ accoppiamento tra la sorgente e il plasmone superficiale, e cioè aumentare il più possibile la potenza trasferita dall’ emettitore a quest’ ultimo. - massimizzare l’ accoppiamento tra il plasmone e la radiazione luminosa. Per quanto riguarda il primo punto, consideriamo per semplicità il caso di una sorgente immersa in un semispazio dielettrico limitato superiormente da un semispazio metallico; il trasferimento di energia dall’ emettitore al plasmone può essere ottimizzato variando la distanza del primo dal metallo, come è evidente dai grafici seguenti (figura 38), in cui è mostrata la potenza trasferita dalla sorgente al plasmone, alle onde superficiali dissipative e alla radiazione, in funzione della suddetta distanza e per varie orientazioni del dipolo. 43 Fig. 38 Osservando poi la curva di dispersione del plasmone (k x ) , si può notare che al crescere di kx aumenta la densità dei modi plasmonici attorno a un valore asintotico di . A questa frequenza è dunque possibile l’ accoppiamento dell’ emettitore con un gran numero di modi. 44 Fig. 39 Curva di dispersione del plasmone all’ interfaccia metallo-dielettrico Il problema di questa frequenza asintotica è che essa non è accordabile con la frequenza della sorgente; vi sono tuttavia strutture più efficaci della singola interfaccia metallo-dielettrico per supportare plasmoni superficiali, che offrono inoltre anche una certa accordabilità, quali ad esempio strutture planari multistrato. Queste ultime si basano sull’ utilizzo di plasmoni superficiali accoppiati e tra di esse si possono distinguere principalmente in due tipi di dispositivi: - strato metallico circondato da dielettrico; - cavità dielettrica delimitata da due sottili film metallici. In entrambi i casi si hanno due possibili configurazioni di campo per i plasmoni accoppiati (figura 40), associati a una distribuzione di carica simmetrica o antisimmetrica sulle due interfacce. Nel caso di strato metallico circondato da dielettrico, la configurazione simmetrica (caso (a) nella figura 40) ha uno zero di campo nel metallo, quella asimmetrica (caso (b)) ha invece più perdite in quanto presenta una maggiore concentrazione di campo in esso. La soluzione più efficace tuttavia è la cavità dielettrica delimitata da film metallici, in quanto si può dimostrare che in questo caso, e in particolare per la configurazione asimmetrica (caso (d)), si riesce ad accoppiare fino al 90% della potenza emessa dalla sorgente con i plasmoni. 45 Fig. 40 Una volta trasferita la potenza i plasmoni accoppiati è ovviamente necessario trasformare questi ultimi in radiazione luminosa. Anche in questo caso vi sono varie possibilità, di cui si è già discusso, come l’ accoppiamento ATR o l’ introduzione di strutture periodiche. Le seconde sono particolarmente intressanti in quanto consentono di ottenere l’ accordabilità in frequenza di cui si è parlato poco fa, sfruttando la struttura a bande della curva di dispersione. Le bande sono infatti in genere piatte ai bordi, dove si ha quindi un’ elevata densità di modi, e la loro posizione spettrale può essere controllata variando il periodo del reticolo. 46 CONCLUSIONI L’ esistenza dei plasmoni superficiali non è una scoperta degli ultimi anni; essi furono studiati per la prima volta nel 1902 da Wood, che osservò delle anomalie nello spettro di riflessione di un reticolo illuminato con luce in polarizzazione p. Nel 1907, Rayleigh fu il primo a tentare una trattazione teorica del fenomeno con un approccio basato sullo scattering, secondo il quale, in corrispondenza di certe lunghezze d’ onda, la formazione di un nuovo ordine diffratto provocava una ridistribuzione di energia negli altri ordini e le conseguenti anomalie nello spettro di riflessione. Il concetto di eccitazione collettiva superficiale risale però solo agli anni 50, quando venne introdotto per la prima volta da Pines e Bohm, e poi da Ritchie. Ma è negli ultimi anni che la ricerca sui plasmoni superficiali ha avuto maggior impulso, specialmente grazie alle potenziali opportunità che essi sembrano offrire nel campo della progettazione di circuiti fotonici e delle nanotecnologie. Tuttavia le applicazioni comprendono aree molto più vaste, dallo sviluppo di sorgenti luminose, come LED e OLED (organic light-emitting diode), e di lenti super-risolutive, alla progettazione di componenti non lineari. Nel prossimo futuro, gli sforzi maggiori sono rivolti al raggiungimento dei seguenti obiettivi: - progettare circuiti con interconnessioni metalliche di dimensioni minori della lunghezza d’onda e dalle perdite confrontabili con quelle delle tradizionali guide ottiche; - permettere il controllo attivo di segnali plasmonici mediante la modulazione elettro-ottica, ottica e piezoelettrica, e tramite meccanismi di guadagno, nelle strutture plasmoniche; - progettare componenti ottici plasmonici 2D in grado di accoppiare fibre a singolo modo con circuiti plasmonici; - sviluppare nanolitografia plasmonica a dimensioni molto inferiori alla lunghezza d’onda su larghe superfici. 47 BIBLIOGRAFIA [1] H. Raether, “Surface plasmons on smooth and rough surfaces and on gratings”, (Springer-Verlag, Berlin, 1998) [2] A. V. Zayats, I. I. Smolyaninov, A. A. Maradudin, “Nano-optics of suface plasmon polaritons”, Physics Reports vol.408, 2005, pp 131-314 [3] H. J. Simon, D.E. Mitchell, J. G. 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