CORSO SOI #106 25 novembre 2015 PAPILLEDEMA E PSEUDOTUMOR CEREBRI: IL RUOLO DELL’ OFTALMOLOGO Livello intermedio Direttore: S. Bianchi Marzoli Istruttori: Stefania Bianchi Marzoli, Arturo Carta, Paola Ciasca, Barbara Giambene, Andrea Perdicchi PROGRAMMA Pseudoedema e papilledema: come distinguerli Arturo Carta Classificazione oftalmoscopica e OCT del papilledema Barbara Giambene Pseudotumor Cerebri criteri diagnostici e terapeutici Paola Ciasca Papilledema e neuropatia ottica: i meccanismi Stefania Bianchi Marzoli Monitoraggio attraverso analisi perimetrica Andrea Perdicchi 1 CLASSIFICAZIONE OFTALMOSCOPICA E OCT DI PAPILLEDEMA Barbara Giambene Il papilledema può essere classificato oftalmoscopicamente in quattro tipi, corrispondenti a quattro stadi successivi. Il passaggio attraverso i vari stadi è previsto dalla storia naturale del papilledema, in un periodo variabile da poche settimane ad alcuni mesi, a seconda della rapidità con cui si verifica l’aumento della pressione endocranica, e dalla sua gravità. La storia naturale può essere modificata dalle terapie instaurate nel singolo caso. La classificazione oftalmoscopica prevede i seguenti quattro stadi, con le rispettive caratteristiche. - PAPILLEDEMA PRECOCE. Iperemia diffusa, lieve edema (polo inferiore ed eventualmente anche superiore), e lieve sfumatura diffusa dei margini del disco ottico; emorragie dello strato delle fibre nervose peripapillari; assenza della pulsazione spontanea della vena centrale della retina. - PAPILLEDEMA CONCLAMATO. Marcato e diffuso edema, e marcata sfumatura dei margini del disco ottico; numerose emorragie a fiamma epi- e peripapillari; cottonwool spots e vasi tortuosi a livello dello strato delle fibre nervose peripapillari; emorragie subialoidee peripapillari ed emorragie vitreali (se rapido aumento della pressione endocranica); emorragie ed essudati maculari (nei casi più gravi). - PAPILLEDEMA CRONICO. Lenta, progressiva, riduzione delle emorragie, dei cottonwool spots e degli essudati; disco ottico di forma rotondeggiante, ‘a fungo’, di colore grigio; scomparsa dell’escavazione del disco ottico; localizzata o diffusa riduzione della riflettività dello strato delle fibre nervose peripapillari. - ATROFIA OTTICA POST PAPILLEDEMA. Disco ottico piano, pallido, a margini netti, con vasi assottigliati e velo gliale epipapillare. Diffusa assenza di riflettività dello strato delle fibre nervose peripapillari. La valutazione del papilledema mediante OCT consente una definizione più accurata e quantitativa, rispetto a quella basata sui dati oftalmoscopici. Le scansioni OCT possono essere mirate alla misurazione del volume del disco ottico o a quella dello spessore dello strato delle fibre nervose peripapillari. Quindi, i dati OCT possono essere utili in fase sia di diagnosi che di follow-up del papilledema. La diagnosi di papilledema è eminentemente oftalmoscopica. Solo nei casi dubbi, in fase di papilledema precoce, un esame OCT può dirimere tra normalità e patologia in fase iniziale. L’esecuzione dell’esame OCT riveste maggiore importanza in fase di follow-up, per la possibilità di misurare le variazioni del volume del disco ottico non tanto rispetto ai valori normali, quanto in relazione all’evoluzione della malattia. In relazione alla classificazione oftalmoscopica suddetta, si possono definire le caratteristiche evidenziabili con le scansioni OCT. 2 - PAPILLEDEMA PRECOCE. Conferma e quantificazione del volume (aumento) del disco ottico. - PAPILLEDEMA CONCLAMATO. Quantificazione delle variazioni di volume (aumento) del disco ottico. Localizzate alterazioni dello strato delle fibre nervose peripapillari. - PAPILLEDEMA CRONICO. Quantificazione delle variazioni del volume (aumento) del disco ottico. Riduzione localizzata o diffusa dello spessore dello strato delle fibre nervose peripapillari - ATROFIA OTTICA POST PAPILLEDEMA. Quantificazione delle variazioni di volume (riduzione) del disco ottico. Notevole riduzione diffusa dello spessore dello strato delle fibre nervose peripapillari PSEUDOTUMOR CEREBRI: CRITERI DIAGNOSTICI E TERAPEUTICI Paola Ciasca Con il termine Pseudotumor cerebri (PTC) viene indicata una condizione patologica secondaria ad un incremento della pressione intracranica in assenza di lesioni espansive cerebrali e di alterazioni del sistema ventricolare, di segni neurologici focali e con un liquor di composizione chimico-fisica normale. Tale condizione può provocare alterazioni della funzione visiva, diplopia e cefalea. Il liquido cerebrospinale (o liquor), che bagna encefalo e midollo spinale, è prodotto dai plessi coroideali del sistema ventricolare ed è assorbito dalle granulazioni aracnoidee che si protendono nei seni venosi cerebrali. Quando la pressione del liquor è superiore ai valori di norma, essa si trasmette anche al nervo ottico, attraverso le sue guaine, e produce un sollevamento del disco ottico (papilledema). La patogenesi dello PTC non è nota; la maggiore incidenza è nella 3° decade di vita con prevalenza nel sesso femminile, specie nelle donne con problemi di obesità. I più comuni sintomi dell'elevata pressione intracranica sono la cefalea e i disturbi visivi. La cefalea può essere severa e può accompagnarsi a nausea, vomito e vertigini. La sintomatologia visiva comprende annebbiamenti/amaurosi transitori solitamente bilaterali e deficit visivi persistenti, inizialmente a carico del campo visivo periferico che possono poi interessare anche il campo visivo centrale; è possibile l'insorgenza di diplopia binoculare orizzontale, secondaria all'interessamento del VI nervo cranico, che risente dell'elevata pressione intracranica. Il sospetto diagnostico si basa sui dati anamnestici e sull'aspetto oftalmoscopico del disco ottico: nella quasi totalità dei casi il nervo ottico si presenta edematoso, rilevato sul piano retinico, a margini indistinti, spesso in associazione a congestione e tortuosità dell'albero vascolare retinico e, in fase acuta, ad emorragie peripapillari. 3 La diagnosi è clinica e strumentale: in particolare l’aspetto fondamentale di tale condizione è rappresentato da caratteristici disturbi visivi spesso associati alla cefalea e dal riscontro in quasi la totalità dei casi di papilledema al fundus oculi. Un ritardo nella diagnosi dello PTC può portare a sequele oftalmologiche permanenti fino alla cecità, pertanto questo è argomento di emergente importanza per l’oftalmologo. Oltre alla valutazione oftalmoscopica del disco ottico, altre metodiche diagnostiche strumentali vengono utilizzate quali la perimetria computerizzata che può essere assolutamente aspecifica nelle prime fasi di malattia, ma con il progredire della malattia il danno perimetrico diventa sempre più profondo e severo; l’ OCT RNFL e GCC che consente di analizzare le modificazioni di spessore e morfologia dello strato delle fibre retiniche e delle cellule ganglionari; infine gli esami elettrofisiologici PEV e PERG che consentono di quantificare il grado di sofferenza corticale. Altro esame diagnostico di cui spesso ci si avvale è l’ecografia oculare A-B scan con prova dei 30° che ci consente di studiare il rapporto guaina- nervo ottico, che in questa condizione patologica risulta modificato per la presenza di idrope della guaina del nervo ottico. La diagnosi strumentale si avvale di uno studio neuroradiologico completo (RM encefalo e midollo con Gadolinio e angioRM venosa ed eventualmente anche angiografia cerebrale) e sulla puntura lombare (rachicentesi) eseguita in decubito laterale ed in posizione orizzontale, che permette la misurazione della pressione liquorale che risulta diagnostica se superiore a 250 mmH2O e l'esecuzione degli esami di laboratorio sul liquor prelevato. L’esatto meccanismo patogenetico non è ancora del tutto compreso e lo PTC rimane una condizione prevalentemente idiopatica. Gli obiettivi del trattamento di questa patologia sono il miglioramento della sintomatologia visiva oltre che degli altri possibili sintomi neurologici ad essa associati, attraverso la normalizzazione della pressione del liquor cefalorachidiano e la prevenzione della perdita della funzione visiva. Le modalità di trattamento di questa patologia più efficaci e la durata della terapia sono ancora da chiarire. Misure dietetiche volte ad un calo ponderale sono fortemente indicate, soprattutto nei soggetti obesi, associati ad una dieta iposodica ed ipovolemia. L’Acetazolamide è comunemente usato nel trattamento dello PTC; si tratta di un farmaco diuretico, inibitore dell’anidrasi carbonica che sembra ridurre il tasso di produzione del liquor cefalorachidiano e che viene generalmente utilizzato come prima scelta terapeutica. Nei pazienti che non tollerano l’Acetazolamide a causa dei suoi effetti collaterali, viene proposta in alternativa la terapia medica con un altro farmaco diuretico la Furosemide. 4 Lo Spironolattone è stato recentemente utilizzato come opzione di trattamento potenziale dello PTC in un gruppo di pazienti adulti e pediatrici in cui è stato dimostrato iperaldosteronismo primario e secondario. Nella pratica clinica viene anche utilizzato il Topiramato sfruttando la sua duplice azione di inibitore dell’anidrasi carbonica ed uno dei suoi effetti collaterali, ossia la sua azione anoresizzante; proprio per questo suo secondo effetto, spesso nei pazienti obesi, si prescrive l’associazione tra un inibitore dell’anidrasi carbonica ed il Topiramato. Pochi studi sono disponibili riguardo l’efficacia dell’uso di rachicentesi seriate per sottrazione liquorale, al fine di normalizzare i valori pressori, migliorare la funzione visiva prevenendo l’ instaurarsi di un danno irreversibile. La malattia è solitamente autolimitantesi, e si risolve in 1-2 anni, anche se esistono forme croniche; è sempre indicato il trattamento al fine di ridurre l'insorgenza di danni permanenti. La terapia, che ha lo scopo di ridurre la pressione intracranica, è medica in fase iniziale e si avvale dell'utilizzo di inibitori dell'anidrasi carbonica somministrati per via orale per un periodo di tempo variabile, ma solitamente non inferiore a 6 mesi o un anno. E' attuabile anche un approccio chirurgico con derivazione ventricolo-peritoneale. In casi selezionati, che mostrano peggioramento del campo visivo o l'insorgenza di un deficit visivo centrale, può essere indicato eseguire la fenestrazione delle guaine del nervo ottico. Il trattamento chirurgico è indicato quando, nonostante un approccio medico adeguato, il paziente presenta una progressiva perdita della funzione visiva oppure quando l’esordio della patologia è caratterizzato da un’importante compromissione del nervo ottico con elevato rischio di danno irreversibile. Tra le procedure chirurgiche di derivazione, lo shunt ventricolo-peritoneale è maggiormente eseguito nei pazienti affetti da ipertensione intracranica idiopatica resistente a trattamento medico per facilitare il drenaggio del liquido in eccesso. Le procedure chirurgiche decompressive, invece, risultano efficaci nella regressione del papilledema con miglioramento della funzione visiva, ma hanno scarsa efficacia sulla riduzione della pressione intracranica. PAPILLEDEMA E NEUROPATIA OTTICA: I MECCANISMI Stefania Bianchi Marzoli La presenza di papilledema, se incompleto o nelle fasi iniziali, può non essere associata ad alcun disturbo visivo. La diagnosi tempestiva e il trattamento adeguato di PTC consentono di gestire il papilledema fino alla regressione senza alcuna sequela sulla funzione visiva. Nei casi di ipertensione intracranica acuta o cronica può comparire una neuropatia ottica, spesso bilaterale e a carattere progressivo. 5 Il meccanismo patogenetico responsabile dei primi sintomi indicativi di danno del nervo ottico secondario a papilledema è rappresentato da compressione o ipoperfusione transitoria delle fibre nervose a cui corrisponde la comparsa offuscamenti visivi transitori. Questi disturbi sono transitori e durano generalmente alcuni secondi e si ripetono numerose volte durante la giornata in alcuni casi scatenati o esacerbati dai cambiamenti posturali. Sono carateratterizzati da episodi di annebbiamento o oscuramento della visione o in alcuni casi da fenomeni positivi (fosfeni o fotopsia o scotomi scintillanti). La presenza di sollevamento dei margini del disco ottico dovuto a papilledema determina la compressione e la dislocazione della retina peripapillare che giustifica l’allargamento della macchia cieca rilevabile perimetricamente. Questo segno può anche interpretato come uno scotoma refrattivo dovuto alla relativa ipermetropia dell’area peripapillare per la presenza di fluido sottoretinico. La funzione visiva centrale, valutabile attraverso misure di acuità visiva e senso cromatico, non è mai interessata se non nelle fasi molto gravi e tardive in cui compare atrofia del nervo ottico. La comparsa di difetti perimetrici generalmente periferici e di tipo arciforme è indicativa di uno stato iniziale o in progressione di neuropatia ottica con carattere che può anche essere irreversibile nei gradi cronici avanzati e atrofici. I difetti perimetrici iniziano a comparire più tipicamente nei settori nasali inferiori ed hanno un andamento progressivo molto lento correlabile con le misure del grado di neuropatia ottica oggi possibile attraverso le quantificazioni OCT. La comparsa improvvisa di alterazioni del campo visivo suggerisce un meccanismo locale di tipo ischemico che interessa la porzione arteriolare prelaminare della testa del nervo ottico. Nelle forme di papilledema acuto la presenza di emorragiole a fiamma ed essudati cotonosi suggerisce una forma di neuropatia ottica di tipo ischemico spesso associata a deficit irreversibili. La concomitante presenza di lesione responsabile di compressione (ad esempio un meningioma) o infiltrazione (meningite, patologia linfoproliferativa o carcinomatosi) delle fibre del sistema visivo afferente anteriore può portare ad una riduzione della funzione visiva centrale che non dipende direttamente dai meccanismi attribuibili ad ipertensione liquorale. Tuttavia alcuni pazienti con papilledema presentano un deficit visivo centrale che può essere secondario alla presenza di essudati ed emorragie nella regione maculare. In altri casi , soprattutto correlati ad aumento rapido della pressione intracranica o a trombosi dei seni venosi, può comparire una neuropatia ottica sichemica o un occlusione della vena centrale della retina. La presenza di papilledema associato a diplopia binoculare da deficit, anche parziale, del nervo abducente suggerisce la diagnosi di ipertensione intracranica, eventualmente anche idiopatica. 6 Il grado avanzato di papilledema (4-5 secondo Frisen) può corrispondere a neuropatia ottica severa, mono o bilaterale. In questi stadi la compressione cronica delle fibre nervose può portare ad un’aspetto grigiastro del disco ottico, la comparsa di essudati duri peripapillari temporali e disposti nel fascio interpapillo-maculare. Possono inoltre comparire shunt ottico-ciliari espressione di compressione cronica del nervo ottico. Questi vasi rappresentano rami venosi preesistenti connettono tra la circolazione retinica con quella coroideale e che vengono perfusi nei casi di compressione cronica della porzione orbitaria della vena centrale della retina secondaria a tumori del nervo ottico o a ipertensione liquorale. Attraverso gli shunt ottico-ciliari il flusso venoso retinico bypassa la vena centrale della retina lasciando l’orbita attraverso la circolazione coroideale, le vene vorticose e le vene oftalmiche. Essi rappresentano un segno frequente nei casi di papilledema cronico e atrofico e, in presenza di neoplasia del nervo ottico, sono patognomonici di meningioma della guaina; non sono tuttavia manifestazioni specifiche potendo comparire anche dopo occlusione della vena centrale della retina e in alcuni casi di malformazioni vascolari orbitarie. La presenza di neuropatia ottica atrofica in un occhio e papilledema nell’altro suggerisce un doppio meccanismo eziologico: uno indiretto, riferibile alla presenza di ipertensione intracranica e l’altro diretto, attribuibile a compressione da parte di lesione espansiva (sindrome di Foster Kennedy). Il papilledema non trattato porta inevitabilmente ad atrofia del nervo ottico. Il tempo che intercorre tra le manifestazioni iniziali o acute di ipertensione intracranica e la comparsa di atrofia è variabile, da settimane a qualche mese, e dipende da diversi fattori ma soprattutto dalla gravità e rapidità dell’aumento di pressione liquorale. Nei pazienti con PTC lo stadio di papilledema atrofico evolve lentamente partendo da quello iniziale e poi cronico con la comparsa di shunt otticociliari la cui scomparsa si associa ad atrofia delle fibre nervose. L’atrofia delle fibre nervose può rimanere localizzata agli assoni periferici e risparmiare quelli centrali. L’analisi strutturale OCT permette di misurare il grado di edema delle fibre nervose, utile negli stadi iniziali di papilledema, e di quantificare il grado di atrofia del nervo ottico attraverso la valutazione dello spessore delle cellule ganglionari in regione maculare. L’esame OCT è fondamentale per la valutazione iniziale e il monitoraggio di papilledema e di neuropatia ottica in tutti i pazienti affetti da PTC. Indispensabile per le scelte terapeutiche è infatti poter stabile anche dal punto di vista strutturale oltre che funzionale se un papilledema sia associato a segni di degenerazione retinica retrograda. La riduzione o regressione di papilledema non è infatti unicamente un segno positivo potendo comparire come evoluzione verso lo stadio di atrofia ottica. 7 A B A: aumentato spessore PRNFL associato a ridotto spessore GCC B: ridotto sepssore PRNFL associato a ridotto spessore GCC MONITORAGGIO ATTTRAVERSO L’ANALISI PERIMETRICA Andrea Perdicchi Il papilledema cronico è un’importante causa di perdita progressiva e permanente della vista in pazienti affetti da pseudotumor cerebri, condizione clinica associata ad ipertensione endocranica idiopatica, ovvero senza apparente causa neurologica o intracranica espansiva o legata ad anomalie anatomiche cerebrali evidenti. La perdita progressiva del campo visivo registrata con tecniche di perimetria computerizzata è la condizione di danno funzionale più frequente e compare in circa il 92% dei pazienti affetti da questa patologia. Sebbene il danno perimetrico sia reversibile nelle fasi iniziali, va sottolineato che quando si sia instaurato un danno permanente dello strato delle fibre nervose o del complesso delle cellule ganglionari questo diventa irreversibile nella stragrande maggioranza dei casi, anche se con entità diversa da caso a caso. E’ opportuno ricordare che per la diagnosi di danno perimetrico e per la valutazione della progressione nel tempo è consigliabile sempre utilizzare programmi di determinazione dei valori di soglia nei singoli punti e che esplorino i 30° centrali del campo visivo. Inoltre si raccomanda di ripetere l’esame sempre con la stessa 8 strategia, al fine di permettere l’utilizzo di programmi di analisi statistici di valutazione della progressione del danno perimetrico. Le caratteristiche topografiche del danno perimetrico in corso di ipertensione endocranica benigna sono estremamente variabili. In uno studio compiuto su 165 pazienti si è riscontrato che, in oltre il 60% dei casi, esso consiste in un difetto localizzato di tipo fascicolare di un solo emicampo . In circa un terzo dei casi era presente un difetto arciforme incompleto associato ad un aumento delle dimensioni della macchia cieca. L’emicampo inferiore è risultato solitamente più compromesso di quello superiore con caratteristiche estremamente variabili (Fig.1). La progressione del danno perimetrico dipende fortemente dai valori di ipertensione endocranica e dalla durata di questa condizione. Infine si è dimostrato essere fortemente correlato ai parametri registrati con altre metodiche di semeiotica del danno anatomico quali la tomografia a coerenza ottica (OCT) dello strato delle fibre nervose e del complesso delle cellule ganglionari Figura 1 Difetto fascicolare inferiore ed allargamento della macchia cieca 9 BIBLIOGRAFIA 1. Diagnostic criteria for idiopathic intracranial hypertension. Friedman DI, Jacobson DM. 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