Sequestro di azioni intestate ad una fiduciaria in pendenza di una

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Giurisprudenza
Diritto societario
Sequestro giudiziario
Sequestro di azioni intestate
ad una fiduciaria in pendenza
di una controversia
sulla proprietà all’estero
Tribunale di Milano, Sez. VIII, 21 dicembre 2015, ord. - Pres. E. Riva Crugnola - B.M.H. contro
U.C.H., F.SA, E.A., A.T. e A.A.
Sequestro giudiziario - Sequestro giudiziario di azioni - Sequestro giudiziario di azioni intestate a società fiduciarie - Sequestro giudiziario in corso di causa pendente all’estero - Intestazione fiduciaria di azioni - Rinuncia alla domanda di
merito - Regolazione delle spese del processo cautelare
(Cod. civ. art. 2352; cod. proc. civ. artt. 306, 669-ter, 669-quater, 669-septies e 670)
Il Tribunale (omissis).
B.M. H. ha chiesto il sequestro giudiziario
- delle azioni della Hoepli S.p.A., storica casa editrice e
libreria di Milano, pari al 60% del capitale sociale, intestate formalmente alla Sef S.p.A. e alla società svizzera
Finedit sa;
- delle azioni di Sef S.p.A. pari al 25% del capitale sociale intestate formalmente a Editio Anstalt e Aedificatio Anstalt, enti giuridici aventi sede in Liechtenstein.
La ricorrente ha agito in proprio e quale erede universale testamentaria del fratello G.E. H. deceduto nel 2006.
Questa rivendica la proprietà delle azioni in parola, che
in origine erano state suddivise per volontà del padre
C. fra i tre fratelli H. (U., G.E. e B.M.) nelle seguenti
percentuali:
- riguardo a Hoepli S.p.A.:
- 40% U.;
- 40% G.E.;
- 20% B.M., in seguito divenuta proprietaria del 60% in
forza dell’eredità del fratello;
- riguardo a Sef S.p.A.:
- 75% U.;
- 25% G.E., e ora B.M. quale erede universale.
La ricorrente ha domandato il sequestro ai sensi dell’art.
669 ter c.p.c., a cautela delle pretese fatte valere in due
controversie promosse all’estero,
- una avanti al Tribunale del Canton di Zugo, volta ad
ottenere, a seguito della decisione assunta dal Tribunale
medesimo in data 12 novembre 2011, la declaratoria
della proprietà del 60% delle azioni di Hoepli S.p.A.,
dell’intestazione di queste a Finedit sa quale fiduciaria,
e la condanna di quest’ultima alla restituzione dei titoli;
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- e l’altra avanti al Tribunale di Vaduz per ottenere il
riconoscimento della proprietà delle azioni di Sef
S.p.A., quale unica erede di G.E. H., nella quota pari al
25% dei diritti di socio fondatore di Aedificatio Anstalt
ed Editio Anstalt, amministrate finanziariamente da
A.T., e ciò in quanto nel circondario del giudice adito
in Italia deve essere eseguito il sequestro, avente per oggetto azioni di società con sede a Milano.
Entrambe le cause estere sono ancora in corso.
Il giudice della prima fase cautelare ha ritenuto inammissibile la domanda di sequestro giudiziario, sul presupposto della pendenza in Italia, e segnatamente avanti al
Tribunale di Milano, di controversia in cui sarebbero
state proposte domande identiche a quelle formulate
nei due ricordati giudizi esteri, e in cui le domande restitutorie, pur oggetto di rinuncia da parte della sig.ra
H., sono rimaste prive dell’accettazione dell’altra parte.
Il Tribunale ritiene invece che il reclamo sia ammissibile.
Come ha osservato in modo condivisibile la parte reclamante, alla luce della documentazione da questa prodotta si deve constatare che la causa vertente a Milano
è stata proposta da M. e A. M., discendenti di U. H., e
che in tale controversia essi hanno domandato la restituzione dei beni ereditari ad essi spettanti, di cui si sarebbe appropriato, in tesi, il coerede C.U. H. In tale
ambito gli attori hanno previamente domandato la ricostruzione dell’asse ereditario del de cuius, comprensivo
delle partecipazioni nelle società Hoepli S.p.A. e Sef
S.p.A., chiamando necessariamente in contraddittorio
B.M. H., sul presupposto che essa sia proprietaria delle
residue porzioni del capitale sociale delle due società.
Il perimetro dell’asse ereditario da essi rivendicato in
quella sede - per la parte societaria che qui rileva - si
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pone in sintonia con le difese svolte da B.M. H. che,
costituendosi in quel giudizio, aveva in origine domandato, in via riconvenzionale:
- l’accertamento della proprietà delle partecipazioni secondo le percentuali affermate anche in questa sede
cautelare;
- la chiamata in causa delle società fiduciarie al fine di
ottenere la restituzione delle azioni.
Pendente il termine per la chiamata in causa delle società fiduciarie, la sig.ra B.M. H., previa costituzione in
giudizio con un nuovo difensore, ha depositato memoria
con la quale:
- ha rinunciato alle domande restitutorie;
- ha rinunciato alla conseguente chiamata in causa delle terze società fiduciarie;
- ha chiesto l’anticipazione dell’udienza che il giudice
istruttore aveva differito ai sensi dell’art. 269 c.p.c.
La sig.ra H. si è poi limitata, in quella sede, ad aderire
alla domanda degli attori quanto all’individuazione del
perimetro delle partecipazioni che U. H., e di conseguenza lei stessa, possedevano nelle due società di cui si
discute, e ciò tramite la trascrizione della stessa domanda proposte dagli attori.
Va poi rilevato che la rinuncia alle domande restitutorie compiuta da B.M. H. nella causa di merito avanti al
giudice nazionale non richiedeva accettazione dell’altra
parte. Costituisce infatti giurisprudenza costante, dalla
quale non vi è motivo di discostarsi, quella per la quale
la rinuncia alla domanda di merito, a differenza della rinuncia agli atti del giudizio ex art. 306 c.p.c., non richiede l’adozione di forme particolari, estingue l’azione
e non abbisogna di accettazione dell’altra parte (1).
Quand’anche, tuttavia, si volesse qualificare detta rinuncia come formulata ai sensi dell’art. 306 c.p.c., va
del pari osservato che per effetto della contestuale rinuncia alla chiamata in causa dei terzi, a cui le domande erano rivolte, non si era instaurato alcun contraddittorio con le fiduciarie estere terze chiamate. In mancanza di costituzione in giudizio da parte di queste ultime
l’accettazione non era necessaria, poiché essa è prescritta solo per le parti costituite che abbiano interesse alla
prosecuzione del processo (2).
Considerato dunque che le domande restitutorie risultano proposte solo nelle cause pendenti all’estero e che le
convenute straniere non sono più parti del processo instaurato avanti al Tribunale di Milano, non può configurarsi alcuna accessorietà della cautela ora richiesta alla controversia italiana, in cui la domanda svolta da
B.M. H. di accertamento della proprietà delle azioni di
Hoepli S.p.A. e Sef S.p.A. - ossia quelle residue rispetto
alle azioni che i sigg. M. affermano essere cadute in successione del loro dante causa - si configura effettivamente, come prospettato dalla reclamante, quale mera
non opposizione alla domanda degli attori M., dovendosi prendere atto delle specificazioni di dette domande
(1) Cass. n. 23749 del 2011; n. 19946 del 2004; n. 8387 del
1999.
(2) Giurisprudenza costante: Cass. n. 10978 del 1996; Cass.
n. 6850 del 2011.
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come precisate nelle diverse sedi dalla stessa parte che
le ha formulate.
Ciò premesso in ordine all’ammissibilità della domanda
cautelare, va constatato che ricorre il fumus della proprietà, in capo a B.M. H., delle partecipazioni sociali
nella percentuale da essa rivendicata, che oggi è gestita
dal nipote U.C. H. (figlio di U. H., deceduto nel 2003)
tramite le ricordate società fiduciarie.
La domanda della ricorrente trova sostegno nella documentazione da essa prodotta, e segnatamente:
- in un accordo sottoscritto dai tre fratelli H. (U., G.E.
e B.M.) il 15 novembre 1954 in cui si indica la ripartizione delle partecipazioni societarie negli stessi termini
indicati dall’attrice; si legge ivi testualmente, per la parte che qui interessa: “ (...) i sottoscritti convengono ed
accettano quanto segue:
I) SUDDIVISIONE AZIONI DELLA CASA EDITRICE LIBRARIA ULRICO HOEPLI MILANO
- 40% (quarantapercento) U. H.;
- 40% (quarantapercento) G.E. H.;
- 20% (ventipercento) B.M. H. in W.;
(...)
3) SUDDIVISIONE AZIONI SOCIETÀ EDITRICE
FINANZIARIA
- 75% (settantacinquepercento) U. H.;
- 25% (venticinquepercento) G.E. H. (...)” (3);
- in uno scritto datato 12 gennaio 1955 sottoscritto dai
tre fratelli, in cui essi danno atto di avere prelevato liquidità dal patrimonio della società Hoepli S.p.A. proporzionate alle rispettive partecipazioni, che vengono
ribadite nelle percentuali appena indicate;
- in un accordo sulla divisione delle azioni sottoscritto
da G.E., U. e B.M. del 2 aprile 1980, in cui si legge: “I
sottoscritti fratelli U., G.E., B.M. H. cittadini svizzeri
dichiarano quanto segue in rapporto alla suddivisione
delle loro proprietà azionarie alla data odierna:
Casa editrice libraria Ulrico Hoepli S.p.A.
parzialmente intestato alla Finedit
40% U.
40% G.E.
20% B.M.
Società editrice finanziaria (Sef)
intestate pariteticamente (50% e 50%) alla Aedificatio
ed Editio
75% U.
25% G.E” (4);
- negli scritti di U. H. del 1987-1988 (5) nei quali si fa
riferimento alla volontà di spersonalizzare e occultare
l’effettiva proprietà delle azioni della casa editrice tramite intestazioni fiduciarie a Finedit e Sef, e l’effettiva
proprietà delle azioni Sef S.p.A. con intestazioni alle fiduciarie Editio Anstalt e Aedificatio Anstalt, società
anonime con sede in Liechtenstein;
- in una lettera di U.C. H. del 7 agosto 2006 inviata alla zia B.M., in cui questo ha ribadito di voler rispettare
(3) Doc. 14 della parte reclamante.
(4) Doc. 16 della parte reclamante.
(5) Docc. 22 e 24 della parte reclamante.
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la volontà del padre, scrivendo testualmente “tutto
quanto i tuoi fratelli ti hanno attribuito sarà da me
scrupolosamente garantito”.
La ricorrente ha ancora dedotto che gli aumenti di capitale successivamente intervenuti non hanno inciso
sulla descritta suddivisione del capitale sociale.
Ebbene, il Tribunale deve prendere atto che il contenuto dei descritti documenti, ancorché di carattere meramente dichiarativo, ha tuttavia carattere sufficientemente preciso, e sembra compiere una descrizione concorde, tra i fratelli, delle rispettive percentuali di proprietà sul capitale sociale di Hoepli S.p.A. e Sef S.p.A.,
sicché pare doversi affermare l’esistenza di una seria
controversia sulla proprietà delle partecipazioni societarie di cui si discute, almeno fino all’esito dei due giudizi
di merito esteri (6).
Detta produzione documentale appare sufficiente, in sede di cognizione sommaria, e in attesa del definitivo
giudizio di merito, a fondare la pretesa cautelare della
ricorrente.
Si deve infatti prendere atto che le società fiduciarie,
non avendo partecipato al procedimento nonostante la
regolare notifica, hanno omesso di fornire ogni elemento di valutazione di segno contrario, e che il sig. U.C.
H. non ha allegato e provato fatti idonei a smentire ciò
che sembra doversi desumere dalla documentazione ora
descritta.
Quest’ultimo ha lamentato che la reclamante non ha
prodotto gli atti di acquisto delle partecipazioni, aggiungendo che questa neppure ha dato dimostrazione che le
numerose operazioni sul capitale non abbiano modificato l’assetto di proprietà che oggi rivendica, dato che
questa non avrebbe partecipato alle ricorrenti operazioni di ricapitalizzazione. Va ribadito, tuttavia, che a fronte delle plurime dichiarazioni sottoscritte dai fratelli H.,
ancorché in epoca risalente, la stessa parte reclamata
non ha fornito alcun indice dimostrativo di fatti idonei
a smentire quanto i fratelli ebbero a riconoscere tra loro
circa l’esistenza del rapporto di società e l’assetto delle
rispettive percentuali di proprietà sul capitale sociale.
Risulta poi meramente accennato, e non circostanziato,
il riferimento alla prescrizione acquisitiva.
Il reclamato ha poi sostenuto che le aspettative successorie della sig. B.M. sono state tacitate dai due fratelli
nel 1959 con il trasferimento dei due terzi dell’immobile di Milano, (omissis). Il rogito prodotto in causa, tuttavia, non contiene cenno a detta tacitazione, e si risolve
in un mero atto di trasferimento di quota di comproprietà a titolo oneroso, privo di cenni collegabili a una
divisione ereditaria (7).
In relazione al periculum in mora, il Tribunale reputa
che ricorre il rischio di trasferimento delle azioni a terzi
al fine di sottrarle alla parte reclamante, o impedirne la
restituzione a questa, nel periodo necessario alla definizione dei giudizi esteri, sicché si rende opportuna la sottoposizione a custodia.
La cautela richiesta va dunque accordata.
Va designato quale custode l’avv. Matteo Rescigno, professionista che pare in possesso dei requisiti necessari
per lo svolgimento dell’incarico, il quale eserciterà i diritti inerenti alle partecipazioni in sequestro, anche per
l’espressione del voto in assemblea, e in ogni caso con i
poteri previsti dalla legge.
Il Tribunale reputa di dover provvedere anche alla regolazione delle spese del procedimento cautelare, ancorché si esuli dall’ipotesi espressamente prevista ex art.
669 septies c.p.c. riguardante il rigetto ante causam dell’istanza cautelare. Ed infatti, va condivisa la tesi dottrinale secondo cui la scissione tra la competenza cautelare (giudice italiano) e quella di merito (giudice estero),
rende l’ordinanza ora emessa il provvedimento conclusivo del procedimento di cui è stato investito il giudice
nazionale. Il carattere conclusivo del provvedimento, e
l’assenza di giurisdizione cautelare dell’autorità giudiziaria straniera, impongono dunque la regolazione delle
spese del procedimento, che si liquidano come da dispositivo per entrambe le fasi cautelari, tenuto conto dell’attività difensiva svolta.
(6) Non si dimentichi che nell’ambito del processo avanti al
Tribunale di Zugo, la ricorrente ha ottenuto accesso a parte
della documentazione sociale di Finedit sa.
(7) Doc. depositato all’udienza della prima fase 29 settembre 2015.
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P.Q.M.
visti gli artt. 669 terdecies c.p.c., e 670 c.p.c., in riforma
del provvedimento emesso dal primo giudice in data 8
ottobre 2015,
- autorizza il sequestro giudiziario sulle seguenti partecipazioni sociali:
- azioni pari alla percentuale del 60% del capitale sociale di Hoepli spa, con sede legale in Milano, (omissis),
intestate formalmente alla Sef spa e alla società Finedit
sa;
- azioni pari al 25% del capitale sociale di Sef spa intestate a Editio Anstalt e Aedificatio Anstalt;
- nomina quale custode l’avv. Matteo Rescigno, con
studio in Milano, (omissis), il quale eserciterà i diritti
inerenti alle partecipazioni in sequestro con i poteri e
doveri dettati dalla legge, ivi compresi quelli ex art.
2352 c.c.;
(omissis).
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IL COMMENTO
di Annapaola Negri-Clementi e Filippo Maria Federici (*)
Il Tribunale di Milano, nella pronuncia in commento, accoglie il ricorso per sequestro giudiziario
di azioni delle S.p.a. Hoepli e Sef promosso da B.M. H. che rivendica, in due cause instaurate all’estero contro il nipote U.C. H. (socio, per il tramite di alcune intestazioni fiduciarie, di Hoepli
S.p.a. e di Sef S.p.a.), di aver diritto rispettivamente al 60% del capitale sociale di Hoepli S.p.a e
al 25% del capitale sociale di Sef S.p.a. La recente pronuncia in commento conferma la legittimità della richiesta di sequestro giudiziario di azioni intestate fiduciariamente ai sensi dell’art.
669 ter c.p.c. a cautela delle pretese fatte valere in due controversie promosse all’estero. Incidentalmente, il Tribunale consolida poi quanto già costantemente affermato in giurisprudenza
ovvero che la rinuncia alla domanda di merito, a differenza della rinuncia agli atti del giudizio ex
art. 306 c.p.c., non richiede l’adozione di forme particolari ed estingue l’azione senza che sia necessaria l’accettazione dell’altra parte. Infine, con l’ordinanza de qua, il Tribunale di Milano ha
provveduto sulla regolazione delle spese del procedimento cautelare ancorché si esulasse dall’ipotesi espressamente prevista ex art. 669 septies c.p.c. e ciò facendo propria la tesi dottrinale
secondo cui la scissione tra la competenza cautelare (giudice italiano) e quella di merito (giudice
estero) rende l’ordinanza cautelare il provvedimento conclusivo del procedimento di cui è investito il giudice nazionale.
Il fatto e le ragioni del provvedimento
Al Tribunale di Milano (1), in composizione collegiale, è stato proposto - ex art. 669 duodecies c.p.c.
- reclamo dalla B.M. H. contro un’ordinanza di rigetto emessa sempre dal Tribunale di Milano, questa volta in composizione monocratica, relativa ad
un’istanza avente ad oggetto il sequestro giudiziario
ex art. 670 c.p.c. del 60% delle azioni della Hoepli
S.p.a. e il 25% delle azioni della Sef S.p.a. a tutela
di pretese fatte valere dalla B.M. H. in due controversie promosse all’estero: (i) una in Svizzera,
avanti il Canton di Zugo e (ii) un’altra in Lichtenstein, avanti al Tribunale di Vaduz.
Il Tribunale di Milano - nell’ambito della prima fase cautelare - aveva infatti ritenuto inammissibile
la domanda di sequestro giudiziario, sul presupposto della pendenza in Italia, e segnatamente sempre
avanti il Tribunale di Milano, di controversia in
cui sarebbero state proposte domande identiche a
(*) Il contributo è stato sottoposto, in forma anonima, alla
valutazione di un referee.
(1) Già annotato da R. Bencini, Sequestro giudiziario di azioni: un affare internazionale di famiglia, in Quot. Giur., 2016.
(2) Da notare che nell’ambito dei sequestri giudiziari il giudice deve valutare l’elemento del fumus con minor rigore rispetto ad altre fattispecie sussunte nell’ambito del procedimento cautelare uniforme, avendo il provvedimento la mera finalità di custodire durante la lite il bene conteso, e dovendo
pertanto assumere maggior importanza il requisito del periculum. Così Commento all’art. 670 c.p.c., in Codice di procedura
civile commentato - Artt. 633-840 c.p.c., diretto da C. Consolo,
IV ed., Milano, 2010, 550.
(3) Sebbene nei sequestri giudiziari l’elemento del periculm
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quelle formulate nei due citati giudizi esteri sollevando il tema di accessorietà alla causa di merito
pendente in Italia e dunque il problema di competenza del giudice adito in corso di causa (che come
noto - ai sensi e per gli effetti dell’art. 669 quater c.p.c. - dev’essere invece quello della causa di
merito già pendente).
In sede di gravame, invece, il Tribunale di Milano,
ha ritenuto ammissibile il ricorso - da un lato ravvedendo la sussistenza di entrambi i presupposti
del (i) fumus boni iuris (2) nella documentazione
prodotta dalla B.M. H., e del (ii) periculum in mora (3) nel rischio di trasferimento delle azioni a terzi al fine di sottrarle alla parte reclamante o comunque di impedirne la restituzione a questa, nel
periodo necessario alla definizione dei giudizi esteri, e - dall’altro - prendendo atto della rinuncia
della B.M. H. alle domande restitutorie proposte
(anche) in Italia (4) e dunque del venir meno del(ovvero il timore dell’alienazione del bene la cui proprietà o
possesso sia controverso) rivesta un ruolo preponderante rispetto a quello del fumus, si è osservato che l’assenza di indicazioni normative in ordine all’opportunità di provvedere alla
custodia o alla gestione temporanea consentirebbe un margine di discrezionalità assai ampio. Cfr. Commento all’art. 670
c.p.c., in Codice di procedura civile commentato - Artt. 633-840
c.p.c., diretto da C. Consolo, IV ed., Milano, 2010, 560.
(4) La Sig.ra B.M. H. si è infatti poi limitata ad aderire alla
domanda degli attori (i.e. M. M. e A. M.) quanto all’individuazione del perimetro delle partecipazioni che U. H. e di conseguenza anche la B.M. H. possedevano nella Hoepli S.p.a. e
nella Sef S.p.a.
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Sebbene questa non sia la sede per esaminare in
dettaglio la disciplina del sequestro giudiziario e i
profili di natura strettamente processualistici qui di
seguito si offrono alcune brevi considerazioni utili
per inquadrarne i presupposti e le finalità sottese.
Il sequestro giudiziario, da eseguirsi ai sensi dell’art.
677 c.p.c. con le forme della esecuzione in forma
specifica per consegna o per rilascio (5), è il provvedimento cautelare tipico previsto all’art. 670
c.p.c. che tende a garantire l’indisponibilità di de-
terminati beni o cose, necessari al fine che il processo di cognizione raggiunga il suo risultato pratico. Quando si pretende un diritto su una cosa specifica (com’è nel caso di specie) il sequestro giudiziario costituisce il mezzo adeguato per garantire la
successiva esecuzione per consegna o per rilascio.
Il provvedimento di cui si discute si caratterizza
per essere un sequestro in funzione della fruttuosità
dell’eventuale esecuzione diretta (6) e non dunque
per essere un mezzo di conservazione della garanzia
patrimoniale.
Il sequestro giudiziario assicura la custodia o la gestione temporanea di:
1. beni immobili, mobili, aziende o altre universalità di beni, quando ne sia controverso il possesso o
la proprietà;
2. libri, registri, modelli e documenti vari dai quali
taluno si proponga di trarre elementi di prova in
un futuro giudizio, quando ne sia controverso il diritto alla loro esibizione.
Mentre in entrambi i casi il sequestro giudiziario incide sulla disponibilità materiale delle cose sequestrate, solo con riferimento al primo caso (i.e. il c.d.
sequestro di beni, che rileva nella fattispecie) va
evidenziata la funzione “conservativa”, non anticipatoria dell’esecuzione del diritto controverso, ma
che preserva il diritto medesimo da eventi che possano comprometterne la futura attuazione (7). In altre parole può dirsi che il sequestro giudiziario di
partecipazioni sociali sia quella misura cautelare finalizzata a garantire che, in presenza di una controversia sulla titolarità delle azioni o quote e per tutta
la sia durata, queste siano custodite e gestite da un
soggetto imparziale e disinteressato, legittimato all’esercizio dei poteri da parte del socio (8).
Presupposto essenziale per l’applicazione del provvedimento di sequestro è che tale misura abbia ad
oggetto “beni”, ovvero cose che ai sensi dell’art.
810 c.c. possano formare oggetto di diritti, la cui
(5) Senza che occorra, però, la notifica del precetto. Cfr. G.
Guarnieri, Il sequestro giudiziario e il sequestro liberatorio, in G.
Tarzia - A. Saletti (a cura di), Il processo cautelare, IV ed., Padova, 2011, 83.
(6) Cfr. R. Gismondi, Profili Generali, in Codice delle misure
cautelari societarie, a cura di L. Nazzicone, Torino, 2012, 5. Sotto
questo profilo il sequestro giudiziario de quo si distingue per essere un c.d. sequestro di beni (art. 670, comma 1, n. 1, c.c.), diverso sia dal sequestro conservativo (art. 671 c.c.) previsto dal legislatore in funzione della fruttuosità dell’eventuale esecuzione
per espropriazione sia dal sequestro giudiziario che risponde all’esigenza della fruttuosità della cognizione (c.d. sequestro di prove - art. 670, comma 1, n. 2, c.c.). Sotto il profilo della funzione il
sequestro di beni, come ben evidenziato da C. Mandrioli in Corso
di diritto processuale, III Volume - L’esecuzione forzata, I procedimenti speciali, Il processo del lavoro e i processi locatizio e agrario, Torino, 1997, 339, dovrebbe essere avvicinato al “sequestro
convenzionale, che peraltro si distingue nettamente dall’istituto
processualistico del sequestro, per la sua struttura essenzialmente negoziale. Il sequestro convenzionale è infatti disciplinato dal
codice civile che lo definisce (art. 1798) come ‘il contratto col
quale due o più persone affidano ad un terzo una cosa o una
pluralità di cose rispetto alla quale sia nata tra esse controversia,
perché la custodisca e la restituisca a quella a cui spetterà quando la controversia sarà definita’”.
(7) È stato tuttavia anche evidenziato che il c.d. sequestro
di beni (di cui al n. 1) può talora operare anche con una più
spiccata funzione anticipatoria, allorquando ad esempio sia
designato custode lo stesso ricorrente: questi finirebbe per ottenere una tutela dal sequestro di fatto non dissimile (seppure
in via provvisoria, in attesa del giudizio di merito) da quella che
avrebbe dall’esecuzione di una sentenza di accoglimento della
domanda di consegna o di rilascio.
(8) In questi termini si veda R. Gismondi, Profili Generali, in
L. Nazzicone (a cura di), Codice delle misure cautelari societarie, Torino, 2012, 5.
l’accessorietà (alla controversia italiana) della cautela richiesta.
Il provvedimento in commento si segnala all’attenzione dei lettori sotto vari e interessanti aspetti. Il
provvedimento si distingue in particolare (i) per
confermare la legittimità della richiesta di sequestro
giudiziario di azioni intestate fiduciariamente ai sensi dell’art. 669 ter c.p.c. a cautela delle pretese fatte
valere in due controversie promosse all’estero, (ii)
per consolidare quanto già costantemente affermato
in giurisprudenza ovvero che la rinuncia alla domanda di merito, a differenza della rinuncia agli atti
del giudizio ex art. 306 c.p.c., non richiede l’adozione di forme particolari ed estingue l’azione senza
che sia necessaria l’accettazione dell’altra parte e,
infine, (iii) per provvedere sulla regolazione delle
spese del procedimento cautelare ancorché, nel caso
di specie si esulasse dall’ipotesi espressamente prevista ex art. 669 septies c.p.c., facendo dunque propria
la tesi dottrinale secondo cui la scissione tra la competenza cautelare (giudice italiano) e quella di merito (giudice estero) rende l’ordinanza cautelare il
provvedimento conclusivo del procedimento di cui
è investito il giudice nazionale.
Andiamo con ordine.
Il sequestro giudiziario di “beni”:
le azioni di una S.p.a.
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proprietà o possesso siano dibattuti, intendendosi
per controversie sulla proprietà o sul possesso le
azioni tipiche di rivendicazione, reintegrazione o
manutenzione, nonché ogni altra ipotesi in cui si
facciano valere jura in re, come ad esempio la quota che il comproprietario intende realizzare nel giudizio divisorio (9).
Considerata la natura conservativa della misura, il
sequestro giudiziario rimane assoggettato - anche dopo la riforma di cui alla L. n. 80/2005 - ad un rapporto di strumentalità con la causa di merito (10). Il
provvedimento cautelare, pertanto, continua ad essere collegato al giudizio di merito (di cui segue le
sorti) e connaturato alla futura decisione (11).
La giurisprudenza di merito ha infatti rigettato la
cautela quando ha ritenuto che non vi fosse coincidenza tra l’oggetto del sequestro richiesto e i beni
oggetto di controversia nella causa di merito. Di
recente, il Tribunale di Milano (12) nel caso di
violazione di una clausola statutaria di prelazione,
laddove lo statuto di una S.p.a. non prevedeva un
diritto di riscatto a favore del socio pretermesso,
non ha concesso il provvedimento di sequestro giudiziario proprio per l’insussistenza di quell’imprescindibile nesso funzionale: ciò dal momento che
mancava una controversia tra le parti sulla proprietà delle azioni oggetto di cessione in violazione
della prelazione, mentre tale ipotesi ben poteva legittimare una domanda di risarcimento del danno.
Seguendo la stessa ratio - i.e. la imprescindibile
strumentalità del sequestro giudiziario con la domanda di merito - il Tribunale di Milano (13) ha
ritenuto di concedere la cautela in una fattispecie
di contrasto tra due soci di una joint venture (titola-
ri entrambi di una quota del 50% del capitale sociale) sulla proprietà delle azioni, in funzione del
procedimento di merito connesso all’applicazione
di una clausola statutaria di risoluzione dello stallo:
in tale caso infatti si trattava di controversia sulla
proprietà dei beni (le partecipazioni). In un altro
giudizio, il Tribunale di Milano (14) ha concesso
un sequestro giudiziario di azioni prendendo incidentalmente posizione sulle clausole statutarie di
c.d. drag-along, sancendone la nullità in caso di assenza di meccanismi di “equa valorizzazione” delle
azioni alienande. Anche in quel caso, infatti, il
Tribunale di Milano ha ritenuto che la controversia fosse inerente con la determinazione della proprietà delle azioni. Dinnanzi alla domanda di sequestro giudiziario di beni di una società di fatto irregolare, il Tribunale di Bari (15) ha invece negato
l’ammissibilità della misura cautelare richiesta sulla
base dell’inesistenza di un rapporto tra socio e società quantificabile in termini di proprietà o di
possesso. Secondo il citato Tribunale infatti “difetterebbe in questa prospettiva il fondamentale presupposto richiesto dall’art. 670 c.p.c. per la concessione del provvedimento di sequestro, ovvero l’esistenza di una controversia avente ad oggetto la
proprietà o il possesso dei beni”. Il Tribunale di
S.M. Capua Vetere (16), ha poi ritenuto inammissibile, per difetto del presupposto della controversia sulla proprietà o sul possesso, il sequestro giudiziario di partecipazioni (nel caso di specie, quote)
su istanza del socio prelazionario pretermesso, posto che il patto di prelazione non ha nei suoi confronti efficacia c.d. reale e non lo legittima, in caso
di violazione, ad esperire l’azione di riscatto (17).
(9) La norma si applica ormai pacificamente anche alle controversie relative agli iura ad rem, cioè ai diritti obbligatori fondati su un rapporto contrattuale e miranti alla consegna di un
bene determinato, quali ad esempio le azioni volte a far dichiarare l’invalidità di un contratto di compravendita di partecipazioni sociali. In questo precipuo senso cfr. Commento all’art.
670 c.p.c., in Codice di procedura civile commentato - Artt.
633-840 c.p.c., diretto da C. Consolo, IV ed., Milano, 2010,
545.
(10) Sul punto si segnala ad esempio che il Trib. Messina
19 luglio 2006, in Giur. mer., 2007, 5, 1340 ha dichiarato
“inammissibile il sequestro giudiziario delle quote sociali, quali
misure percentuali della ripartizione del capitale societario, nell’ipotesi in cui non vi sia contestazione in ordine alla loro entità
ed appartenenza bensì in ordine alla proprietà dei beni (nella
specie macchinari) utilizzati per lo svolgimento dell’attività sociale”.
(11) In questo senso i sequestri giudiziari sono regolati dalle
norme che prevedono la tempestiva instaurazione della causa
di merito - cfr. artt. 669 octies e 669 novies, comma 1, c.p.c.
(12) Cfr. Trib. Milano 9 marzo 2015, in Quot. giur., 2015, nota di M.P. Ferrari. In senso conforme si veda anche Trib. Milano 26 febbraio 2015, in questa Rivista 2015, 1006 ss., nota di
R. Colombo - P. Benazzo.
(13) Cfr. Trib. Milano 15 gennaio 2014, in Quot. giur., 2014,
nota di S. Serafini.
(14) Cfr. Trib. Milano 31 marzo 2008, in questa Rivista,
2008, 1373 ss., nota di C. di Bitonto.
(15) Cfr. Trib. Bari 26 giugno 2008, in questa Rivista, 2009,
989 ss., commento di O. Sepe.
(16) Cfr. Trib. S.M. Capua Vetere 7 giugno 2010, in questa
Rivista, 2011, 963 ss., Commento di C. Perago.
(17) Sul tema si segnala l’ordinanza del Trib. di Busto Arsizio, Sez. dist. di Gallarate, 9 marzo 2012, in questa Rivista,
2013, 326 ss. con commento di G. della Pietra con cui il giudice cautelare ha negato l’ammissibilità di un istanza di sequestro giudiziario ante causam di una quota di S.r.l. oggetto di offerta in prelazione per carenza del fumus boni iuris. Nella fattispecie il giudice cautelare citato, pronunciando sul merito, ha
ritenuto che non ci fosse alcuna controversia sulla proprietà
della quota aggiungendo che il fumus boni iuris difettava anche con riguardo al tipo di azione che parte ricorrente aveva
affermato di voler intraprendere nel giudizio di merito (i.e. esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre ex art.
2392 c.c.) non sussistendo alcun obbligo di contrarre in capo
al promittente acquirente della quota che nella ricostruzione
del Tribunale di Busto Arsizio, aveva legittimamente revocato
la propria proposta.
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In un altro caso il Tribunale di Napoli (18) ha affermato - in ottemperanza a quella che è, in definitiva, la finalità del sequestro giudiziario di assicurare l’utile esperimento dell’esecuzione coattiva, conseguente all’accertamento del diritto sul bene al
termine del processo di cognizione e consistente
nella consegna del bene al termine del processo di
cognizione e consistente nella consegna del bene che “in pendenza di una controversia ex art. 2932
c.c. non può essere disposto il sequestro di azioni
di S.p.a. oggetto del preliminare ove i terzi acquirenti le abbiano a loro volta conferite ad una società che non è parte del giudizio”.
A fronte della natura immateriale della quota la
giurisprudenza (19) e la dottrina (20) si erano interrogate a lungo - prima della riforma del
2003 (21) - sulla possibilità di considerare le quote
di partecipazione al capitale di società (azioni o
quote che fossero) dei “beni” e non, piuttosto, dei
diritti di credito o delle posizioni contrattuali del
socio, riassuntive dei suoi diritti e doveri nei confronti degli altri soci e della società.
Oggi, in considerazione delle importanti modifiche
legislative intervenute nell’ambito della Riforma
del 2003, il sequestro di azioni (o quote) è invece
del tutto pacifico (22).
Confermando quanto sopra, è stato precisato che
non sussiste giurisdizione italiana quando le azioni
oggetto di sequestro si trovino presso la sequestrata
avente sede all’estero e ciò in quanto il sequestro
giudiziario di azioni si esegue, mediante diretta apprensione del documento incorporante il diritto da
parte dell’ufficiale giudiziario (23).
(18) Cfr. Tribunale di Napoli, Sez. impresa, 3 settembre
2014, in questa Rivista, 334 ss. 2016, con commento di G. della Pietra.
(19) Cfr. Cass. 26 maggio 2000, n. 6957, in questa Rivista,
2000, 1331, con nota di F. Collia, Cass. 17 luglio 2001, n.
9692, in Pluris e Giust. civ., 2002, I, 2238, Cass. 30 gennaio
1997, n. 934, in Pluris e Foro it., 1997, I, 2172 e nella giurisprudenza di merito si vedano Trib. Milano, Sez. VIII, 14 aprile
2011, in questa Rivista, 2011, 1397 con nota di S. Rizzini Bisinelli, Trib. Messina, Sez. I, 10 gennaio 2006, in DeJure e in
Giurisprudenza locale, Messina, 2006, secondo cui “La quota
di partecipazione in una società a responsabilità limitata esprime una posizione contrattuale obiettivata che va considerata
come bene immateriale equiparabile al bene mobile non iscritto in pubblico registro ai sensi dell’art. 812 c.c. Pertanto, ad
essa possono applicarsi, a norma dell’art. 813 c.c., le disposizioni concernenti i beni mobili e, in particolare, la disciplina
delle situazioni soggettive reali e dei conflitti tra di esse sul medesimo bene, giacché la quota, pur non configurandosi come
bene materiale al pari dell’azione, ha tuttavia un valore patrimoniale oggettivo, costituito dalla frazione del patrimonio che
rappresenta, e va perciò configurata come oggetto unitario di
diritti e non come un mero diritto di credito. In particolare, le
quote di partecipazione ad una società a responsabilità limitata possono essere oggetto di sequestro giudiziario, concernente i diritti ad esse inerenti.” e Trib. Lodi 12 giugno 2002, in DeJure e in Foro pad., 2003, I, 581 e Trib. S. M. Capua Vetere 17
aprile 2002, in Riv. not., con nota di R. Cogliandro, 2, 2003,
501.
(20) Cfr. per le S.r.l. S. Rizzini Bisinelli in Sequestro giudiziario di quote intestate a società fiduciaria, nota al Trib. Milano 14
aprile 2011, Sez. VIII, in questa Rivista, 2011, 1397, e L.A. Bianchi - A. Feller in Commento art. 2468 c.c. - Quote di partecipazione, in L.A. Bianchi (a cura di), Società a responsabilità limitata, Commentario della riforma delle società, diretto da P.G. Marchetti - L.A. Bianchi - F. Ghezzi - M. Notari, Milano, 2008, 303
ss., e per le S.p.a. cfr. G. Guarnieri, Il sequestro giudiziario e il
sequestro liberatorio, in G. Tarzia - A. Saletti (a cura di), Il processo cautelare, IV ed., Padova, 2011, 78 ss. Per una rassegna
degli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali prima della riforma del 2003 sul sequestro di azioni e quote e sulla loro natura giuridica cfr. R. Cappiello, Rassegna di diritto societario
(1993-1998): azioni, quote e obbligazioni, in Riv. Società, 3-4,
2000, 618. Per un riepilogo dell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale ante riforma sui sequestri di quote di S.r.l. si veda
M.P. Gasperini, Pignoramento e sequestro di partecipazioni sociali, Torino, 2007, 18 ss. e R. Cogliandro, Il sequestro di quote
di S.r.l. tra vecchi problemi e soluzioni della “Riforma”, in Riv.
not., 2, 2003, 505.
(21) Con la riforma è stato infatti modificato l’art. 2352 c.c.
e introdotto l’art. 2471 bis c.c. che hanno portato, rispettivamente nelle S.p.a. e nelle S.r.l., a conclusione il processo di
oggettivazione delle azioni e delle quote disponendo espressamente che la partecipazione può formare oggetto di sequestro.
(22) Si è anche detto che l’intestazione fiduciaria di beni
realizzi, di per sé sola, un fenomeno di scissione tra titolarità
formale (in capo al fiduciario) e sostanziale (in capo al fiduciante), dando luogo ad una propria “controversa” in grado quindi
di integrare uno degli indefettibili presupposti del provvedimento cautelare - cfr. Trib. Milano, Sez. VIII, 14 aprile 2011, in
questa Rivista, 2011, 1395 ss. con nota di S. Rizzini Bisinelli. In
quel caso, il Tribunale di Milano ha ritenuto che la natura controversa della proprietà delle quote legittimi anche il creditore
del presumibile fiduciante, “titolare effettivo” delle quote, a richiedere, in via surrogatoria, la loro restituzione da parte della
società fiduciaria intestataria e - a fini cautelari - l’applicazione
del sequestro giudiziario sulle quote. Sul sequestro di quote intestate in fiduciarie si veda anche il recente commento di A.
Accinni, Sequestro di quote intestate a società fiduciaria, in
Trusts, marzo 2016, 134 ss.
(23) Cfr. Trib. Mantova 13 aprile 2006, in Pluris e in Int’l Lis,
2007, 2, 80 secondo cui “Atteso che il sequestro giudiziario di
azioni si esegue, mediante diretta apprensione del documento
incorporante il diritto da parte dell’ufficiale giudiziario, annotazione del vincolo sul titolo e successivo affidamento al custode
nominato dal giudice, laddove invece l’iscrizione sul libro soci
integra un mero adempimento successivo all’esecuzione della
misura meramente finalizzato a rendere il vincolo opponibile
alla società e ai terzi, non sussiste giurisdizione italiana allorché le azioni oggetto di sequestro si trovino presso la sequestrata avente sede” all’estero “ove appunto solamente potrà
procedersi all’esecuzione del sequestro” e “tanto meno potrà
ritenersi sussistente una giurisdizione cautelare italiana a titolo
di competenza per la cognizione del merito della domanda ove
- nel caso di controversia avente ad oggetto l’accertamento se
si sia perfezionata la vendita di azioni (per effetto dell’esercizio
della prelazione) - il prelazionario abbia convenuto in giudizio
oltre al socio alienante anche la società (avente sede in Italia)
le cui azioni sono oggetto di contestazione fra i soci al fine di
ottenerne la condanna a compiere tutte le formalità necessarie
per consentirgli di esercitare i diritti connessi alle azioni in questione: in questo caso infatti non opera la regola di cui all’art.
6 n. 1 Reg. n. 44/2001, atteso che tale domanda risulta mera-
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Il provvedimento in esame offre poi lo spunto per
una descrizione di quella che è la disciplina dei diritti amministrativi e di voto di azioni soggette a
sequestro. Poche parole qui sono sufficienti.
La misura cautelare è per sua natura, come si è
avuto modo di anticipare, accompagnata da una
forma di custodia, volta a realizzare compiutamente
le finalità sottese a tale vincolo. La funzione della
custodia non si limita solo alla conservazione dell’integrità materiale dei titoli, ma anche e soprattutto al valore della partecipazione ovvero di quell’entità dinamica che impone al custode anche poteri “gestori”.
Prima di scendere nel dettaglio corre l’obbligo di
evidenziare sin da subito che la custodia di cui al
sequestro giudiziario comporta specifiche peculiarità, considerata, da un lato, la natura del bene oggetto del sequestro e, dall’altro lato, i problemi applicativi che potrebbero sorgere in sede di esercizio
delle facoltà connesse alle partecipazioni vincolate (26).
In questo senso, concesso il vincolo giudiziario, è
nominato dal Tribunale (27) un custode che assume tutti (o quasi) i compiti e i diritti spettanti al
socio (28).
L’esercizio del diritto di voto (29) e degli altri diritti amministrativi spetta ex art. 2352, commi 1 e 6,
c.c. chiaramente al custode secondo le istruzioni
impartite dal giudice della cautela, il quale potrebbe anche provvedere diversamente (30).
mente conseguente all’accoglimento di quella principale in cui
parti sono unicamente la società alienante e quella che ha inteso esercitare il diritto di prelazione, procedimento nell’ambito
del quale la società posseduta non ha alcuna legittimazione
propria a resistere e riveste una posizione del tutto riflessa”.
Per R. Gismondi, L’attuazione, in L. Nazzicone (a cura di), Codice delle misure cautelari societarie, Torino, 2012, 28 la semplice
annotazione nel libro soci non sarebbe sufficiente a garantire
l’opponibilità in quanto lo stesso libro non è consultabile da
terzi estranei alla società. Per l’Autore testé citato, sebbene
non prevista da alcuna norma, solo l’iscrizione nel registro imprese risulterebbe idonea ad assicurare la conoscibilità del vincolo (e dirimere eventuali conflitti tra titolari di diritti incompatibili). Sempre con riferimento alle modalità pratiche dell’esecuzione del sequestro si segnala il Trib. Firenze 26 maggio 2016,
in questa Rivista, 337 ss. 2016, con commento di G. della Pietra che precisa come “nell’esecuzione del sequestro di quote
di S.r.l., da compiersi nelle forme speciali dell’art. 2471 c.c.,
può omettersi la notificazione e procedersi alla sola iscrizione
nel R.I. quando la misura sia stata resa nel contraddittorio delle parti e con la partecipazione della società” e che “l’iscrizione
nel R.I. può anche precedere il materiale recapito ai destinatari, purché l’atto sia stato consegnato per la notifica almeno
contestualmente alla richiesta di iscrizione nel pubblico registro”. Sul punto G. della Pietra precisa infatti che “non v’è dubbio che la preventiva notificazione del provvedimento può vanificare lo scopo della misura, potendo lasciar margine al debitore di trasferire ad horas le quote con atto opportunamente
iscritto nel R.I. prima dell’iscrizione del sequestro”.
(24) Cfr. Trib. Milano 3 dicembre 2011, in Giur. it., 2012, 89, 1821, nota di S. Luoni. Per l’Autore il provvedimento “ammette implicitamente che il riferimento al “sequestro” contenuto nel novellato art. 2352 c.c. deve intendersi nel senso più
ampio, tale quindi da ricomprendere il sequestro giudiziario
anche nella fattispecie in esame, la cui ammissibilità aveva suscitato in passato opinioni contrastanti”.
(25) Si parla anche di apprensione tramite appositi stru-
menti di c.d. contabilità elettronica - cfr. C. Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, Volume I, Le tutele (di merito,
sommarie ed esecutive) e il rapporto giuridico processuale, Torino, 2015, 235.
(26) Cfr. R. Gismondi, Il custode giudiziario, in L. Nazzicone
(a cura di), Codice delle misure cautelari societarie, Torino,
2012, 33 ss.
(27) Il custode dovrà rispondere delle eventuali inosservanze degli obblighi nei confronti del giudice che lo ha nominato
e in caso di mancato compimento di atti dovuti o azioni non
conformi alle istruzioni ricevute potrà da quest’ultimo anche
essere sostituito. Da notare che il controllo sull’operato del custode potrebbe essere anche attivato dai soggetti direttamente
interessati.
(28) Cfr. F. Platania, Il sequestro ed il pignoramento delle
azioni e quote, in questa Rivista, 2003, 1452 ss.
(29) La strumentalità del diritto di impugnazione rispetto a
quello di voto, quale esplicazione del medesimo inscindibile
potere che si esprime nel concorrere alla formazione della volontà assembleare e nel reagire alle eventuali manifestazioni illegittime di detta volontà, implica l’attribuzione al custode anche della legittimazione ad impugnare le deliberazioni assembleari al fine di ottenerne l’annullamento ex art. 2377 c.c. - cfr.
R. Bencini - G. Satta, Commento all’art. 2352 c.c., in Codice
commentato delle società, a cura di N. Abriani - M. Stella Richter, artt. 2247-2483 c.c., Torino, 2010, 701.
(30) È da ammettere che il giudice investito dell’istanza
cautelare, in sede di attuazione del sequestro, possa stabilire
che la legittimazione all’esercizio di taluni diritti amministrativi
resti in capo al socio sequestrato, oppure prevedere che il custode non possa attivarsi se non previa autorizzazione del giudice medesimo, dovendosi certamente escludere, per contro,
che il giudice della cautela possa arrivare a riconoscere una legittimazione concorrente del custode e del socio all’esercizio
del medesimo diritto. In questi termini si veda M.P. Gasperini,
Pignoramento e sequestro di partecipazioni sociali, Torino,
2007, 246.
Con riferimento agli effetti dell’iscrizione sul libro
soci il Tribunale di Milano ha poi chiarito che “in
caso di mancata emissione dei certificati azionari,
ai sensi dell’art. 2346, comma 1, c.c., il loro sequestro giudiziario si esegue mediante la relativa iscrizione nel libro soci” (24).
Collegato al tema delle azioni non emesse è quello
dei titoli partecipativi dematerializzati. Dematerializzazione che oggi concerne oltre che le azioni di
società quotate o ad azionariato diffuso anche le
partecipazioni in società che decidano, sulla base
di apposita previsione statutaria, di assoggettare le
proprie partecipazioni al regime di dematerializzazione. Per tutti questi casi il vincolo de quo sugli
strumenti finanziari può e deve essere iscritto in un
apposito registro tenuto dal depositario (25).
Diritto di voto e altri diritti amministrativi
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Sotto questo profilo la disposizione si manifesta
coerente con le disposizioni del codice di procedura civile che devolvono al sequestratario i compiti
di custodia e conservazione (cfr. artt. 670 e 676
c.p.c.), fra i quali può senz’altro ricondursi l’esercizio dei diritti corporativi connessi alle azioni (31).
Da notare che il custode ha una mera legittimazione all’esercizio del diritto di voto e non una vera e
propria titolarità (32), come invece è il caso dell’usufruttuario e del creditore pignoratizio, in quanto
è portatore non di un autonomo interesse rispetto
alle azioni vincolate, ma di obblighi di custodia e
conservazione del bene nell’interesse altrui (33).
Nel caso in cui vi siano elementi tali da far supporre la commissione di irregolarità nella gestione sociale da parte dell’organo gestorio, per valutare
l’opportunità di intraprendere ulteriori iniziative, il
custode può poi consultare i libri sociali ed esercitare gli altri poteri di controllo propri del socio.
Con riferimento agli altri diritti amministrativi, ci
si riferisce in particolare al diritto di impugnativa
delle delibere (34) e degli altri poteri di iniziativa
giudiziaria (come ad esempio la denuncia ex art.
2409 c.c.), sebbene anche questi siano affidati al
custode (35) non è da escludere che il giudice della
cautela possa arrivare a riconoscere una legittimazione concorrente del custode medesimo e del socio sequestrato all’esercizio del medesimo diritto (36).
Il diritto di opzione e la legittimazione all’esercizio
dei diritti connessi alle azioni di nuova sottoscrizione spetta invece al socio (che ha subito il sequestro) (37).
(31) Cfr. R. Bocca, Commento all’art. 2352 c.c., in Il nuovo
diritto societario - commentario artt. 2325-2409 c.c., diretto da
G Cottino - G. Bonfante - O. Cagnasso - P. Montalenti, Bologna, 2004, 346 e G.F. Campobasso, Diritto Commerciale, 2. Diritto delle Società, a cura di M. Campobasso, 2012, VIII, Torino,
236.
(32) Cfr. G.B. Bisogni, Commento all’art. 2352 c.c., in M.
Notari (a cura di), Azioni, Commentario della riforma delle società, diretto da P.G. Marchetti - L.A. Bianchi - F. Ghezzi - M. Notari, Milano, 2008, 482.
(33) Proprio per tale motivo, in dottrina si è sostenuto che
sul custode, in adempimento del dovere generale di “custodia
da buon padre di famiglia”, grava un obbligo implicito di richiedere preventivamente al sequestrante e al sequestrato le
determinazioni in merito agli argomenti all’ordine del giorno, e,
nel caso di convergenza di valutazione, quello di attenervisi,
“in siffatto contesto, l’esercizio da parte del custode di un potere valutativo autonomo e obiettivo troverebbe ragion d’essere solo in presenza di determinazioni divergenti delle parti in
ordine alle singole deliberazioni assembleari” (cfr. G.B. Bisogni, Commento all’art. 2352 c.c., in M. Notari (a cura di), Azioni, Commentario della riforma delle società, diretto da P.G. Marchetti - L.A. Bianchi - F. Ghezzi - M. Notari, Milano, 2008, 483
e 484). Secondo C. Mandrioli in Corso di diritto processuale, III
Volume - L’esecuzione forzata, I procedimenti speciali, Il processo del lavoro e i processi locatizio e agrario, Torino, 1997, 347, il
sequestro giudiziario incide sulla disponibilità materiale (e non
solo giuridica) delle cose sequestrate che è attribuita al custode per cui l’efficacia della misura cautelare deriva sia dalle norme relative alla custodia del bene sequestrato sia dalle norme
che sanzionano penalmente la violazione di tali disposizioni da
parte del custode. Nel vigore della precedente disciplina era
diffusa l’opinione che il diritto di voto, pur assegnato al titolare
del diritto reale limitato, dovesse essere da questi esercitato rispettando gli interessi del proprietario. Secondo P.G. Jaeger F. Denozza - A. Toffoletto, in Appunti di diritto commerciale, Impresa e società, VII ed., Milano, 2010, 251: “La tesi sembra
conservare validità anche di fronte al nuovo testo dell’art.
2352 c.c. (la conseguenza pratica è che in base a questa tesi il
socio potrebbe ottenere il risarcimento del danno arrecatogli
da creditori pignoratizi e usufruttuari che avessero esercitato il
diritto di voto in maniera scorretta)”. Per un preciso inquadramento sulla natura della legittimazione all’esercizio dei diritti
amministrativi da parte del custode si veda anche F. Briolini,
Commento all’art. 2352 c.c., in Delle società - Dell’azienda Della concorrenza, a cura di D.U. Santosuosso, in Commentario
del Codice Civile, diretto da E. Gabrielli, Torino, 2015, 951 ss.
(34) Sul punto si segnala il Trib. Campobasso 18 aprile
2009, in questa Rivista, 2009, 881 ss., commento di U. La Porta che ha riconosciuto la legittimazione ad impugnare la deliberazione di aumento del capitale sociale nulla per illiceità dell’oggetto, ai sensi dell’art. 2479 ter c.c., al custode giudiziario
nominato ai sensi degli artt. 670 ss. c.p.c., anche in presenza
di custode penale nominato ai sensi degli artt. 321 ss. c.p.p.
con riguardo al sequestro della medesima partecipazione sociale.
(35) Sulle ragioni che hanno determinato il legislatore del
2003 a modulare diversamente il caso del sequestro e quello
del pegno ed usufrutto si rinvia a F. Briolini, Pegno, usufrutto e
sequestro di azioni, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa - G.B.
Portale, 2006, 659 ss. Sul diritto di denunciare gravi irregolarità ex art. 2409 c.c. si veda anche L. D’orazio, Nuova disciplina
del procedimento ex art. 2408 c.c.: prime applicazioni, in Giurisprudenza di merito, 7-8, 2005, 1574: “Mentre in precedenza si
riteneva, per lo più, che il potere di presentare la denuncia al
tribunale spettasse, in caso di sequestro giudiziario, al custode
sequestratario e, in caso di sequestro conservativo sia al custode che al debitore titolare delle azioni, la nuova disciplina
dispone espressamente che detto potere spetta al custode,
senza distinguere tra i due tipi di sequestro”. In relazione alla
denuncia al tribunale per gravi irregolarità, soprattutto qualora
si ritenga che la legittimazione discenda dalla qualità di socio
e non dall’esercizio del voto vi sono taluni Autori che sollevano
alcuni dubbi sulla legittimazione del custode - cfr. R. Gismondi,
Il custode giudiziario, in Codice delle misure cautelari societarie,
a cura di L. Nazzicone, Torino, 2012, 36 e M.P. Gasperini, Pignoramento e sequestro di partecipazioni sociali, Torino 2007,
248.
(36) Cfr. M.P. Gasperini, Pignoramento e sequestro di partecipazioni sociali, Torino 2007, 248.
(37) Quanto al diritto di recesso cui andrebbe ragionevolmente estesa la soluzione esplicitamente o implicitamente ricavabile per la sorte del diritto di opzione. S. Poli (cfr. Commento agli artt. 2346-2354, in Nuovo diritto delle società, commentario a cura di A. Maffei Alberti, I (artt. 2325 - 2396), Padova, 2005, 301) distingue tra i sequestri conservativi e giudiziari
precisando che sono nel primo il diritto di recesso rimane di
competenza del socio debitore (salva naturalmente la possibilità del creditore procedente di eseguire e/o estendere la cautela anche sulla somma liquidata al recedente): “Nel sequestro
giudiziario ex art. 670, comma 1, n. 1), c.p.c. il diritto di recesso segue quanto disposto al riguardo dal Giudice ovvero, in difetto, sembra rimanere di competenza del soggetto, il seque-
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in sequestro con i poteri e doveri dettati dalla legge, ivi compresi quelli ex art. 2352 c.c.
Salvo che dal provvedimento del giudice risulti diversamente, i diritti amministrativi diversi rispetto
a quelli previsti e disciplinati espressamente dall’art. 2352 c.c. spettano al custode. In considerazione dunque della natura del vincolo che incide sulle
azioni e che i diritti amministrativi “diversi” spettino astrattamente sia al socio che al titolare del jus
in re aliena - e ciò in un’ottica di sostanziale equivalenza delle posizioni per la società - la soluzione
del nostro ordinamento è quella di riconoscerli in
via esclusiva al custode. Tuttavia, data la peculiarità delle varie situazioni connesse all’esercizio di
detti diritti amministrativi che possono comportare
anche oneri e responsabilità, non sempre l’interpretazione di dottrina e giurisprudenza conferma in
modo lineare la sopracitata impostazione (38). Ad
esempio, con riferimento al potere di richiedere la
convocazione dell’assemblea da parte del custode,
una parte della giurisprudenza e della dottrina (39)
ha invece sollevato talune perplessità visti e considerati quelli che sono gli interessi che permangono
del socio, il quale pur non potendo partecipare all’assemblea, potrebbe avere un interesse in una determinata decisione da assumersi con il concorso
del voto del titolare del diritto parziario.
Nel provvedimento in esame, il Tribunale di Milano nominando l’avv. M.R. quale custode delle
azioni ha espressamente previsto che questi potrà
esercitare tutti i diritti inerenti alle partecipazioni
Il provvedimento in commento si contraddistingue
anche per confermare un principio oramai fatto
proprio da giurisprudenza prevalente (40): quello
per cui la rinuncia alla domanda di merito, a differenza della rinuncia agli atti del giudizio ex art.
306 c.p.c., non richiede l’adozione di forme particolari, estingue l’azione e non abbisogna di accettazione dell’altra parte.
Per giurisprudenza e dottrina (41) bisogna infatti
distinguere tra rinuncia alla domanda o ai suoi singoli capi, rispetto alla rinuncia agli atti del giudizio
(e soprattutto alla rinuncia al diritto). Ed invero la
rinuncia ad una delle più domande oggetto di processo cumulato rientrerebbe fra i poteri del difensore (che in questo modo esercita la discrezionalità
tecnica che gli compete nell’impostazione della lite
e che lo abilita ad individuare, in relazione anche
alle evoluzioni della causa, la condotta processuale
da lui ritenuta più confacente agli interessi del proprio cliente) (42), distinguendosi così dalla rinunzia agli atti del giudizio, che può essere fatta solo
dalla parte personalmente o da un suo procuratore
speciale, nelle forme rigorose previste dall’art. 306
c.p.c. (43).
stratario, che risulta attualmente proprietario delle azioni”. Sul
punto si veda anche la nt. n. 45 che segue.
(38) Secondo F. Briolini, Commento all’art. 2352 c.c., in Delle società - Dell’azienda - Della concorrenza, a cura di D.U. Santosuosso, in Commentario del Codice Civile, diretto da E. Gabrielli, Torino, 2015, 951 ss. rientrano senza dubbio nei diritti
da conferire al custode: il diritto di richiedere la convocazione
dell’assemblea ex art. 2367 c.c. o di proporre denunzia al collegio sindacale ovvero al tribunale (artt. 2408 o 2409 c.c.), il diritto di ispezionare dei libri sociali o di esame del progetto di
bilancio, il diritto di agire nei confronti degli amministratori ai
sensi dell’art. 2393 bis c.c., il diritto di chiedere al tribunale
l’accertamento di una causa di scioglimento, ex art. 2485, c. 2,
c.c.; e infine il diritto di impugnare le deliberazioni assembleari
invalide a norma dell’art. 2377 c.c. Mentre per l’Autore testé
citato dubbi maggiori suscita il diritto di recesso. Per lo stesso
pare infatti arduo sostenere la compatibilità delle finalità di
“conservazione” e “amministrazione” - le quali rappresentano
non solo l’obiettivo, ma anche il limite dell’attività del custode
- con un atto che al pari di un atto dispositivo sostituisce la
partecipazione sociale con un quid irrimediabilmente diverso
ovvero una somma di denaro liquidata ex art. 2437 c.c.
(39) Cfr. Trib. Bologna 3 agosto 1999, in DeJure e Giur.
comm., 2000, II, 111, nota di D. Galletti e in dottrina cfr. R.
Bencini - G. Satta, Commento all’art. 2352 c.c., in Codice commentato delle società, a cura di N. Abriani - M. Stella Richter,
artt. 2247-2483 c.c., Torino, 2010, 700 e S. Poli, Commento all’art. 2352, in Commentario breve al diritto delle società, diretto
da A. Maffei Alberti, II ed., Cedam, 2011, 370 secondo cui
spetta disgiuntamente sia al custode che al socio “il diritto di
chiedere la convocazione dell’assemblea, che risponde ad un
autonomo interesse anche del socio debitore o nudo proprietario
che non possa partecipare all’assemblea, ma che intende ottenere una data decisione con il voto del creditore pignoratizio o
dell’usufruttuario”.
(40) Cass., Sez. III, 14 novembre 2011, n. 23749, in www.ilcaso.it secondo la quale: “La rinuncia alla domanda, a differenza della rinuncia agli atti del giudizio, non richiede l’adozione
di forme particolari, non necessita di accettazione della controparte ed estingue l’azione.”.
(41) Sul punto si rinvia a A. Giussani, Le dichiarazioni di rinuncia nel giudizio di cognizione, Milano, 1999.
(42) Così anche A. Giussani, Le dichiarazioni di rinuncia nel
giudizio di cognizione, Milano, 1999, 41.
(43) Cfr. Trib. Livorno 26 giugno 2015, massima redazionale
2015, in Pluris secondo cui: “La rinuncia alla domanda, e dunque all’azione, all’intera pretesa azionata dall’attore nei confronti del convenuto - che, a differenza della rinuncia agli atti
del giudizio, non richiede l’adozione di forme particolari, non
necessita di accettazione della controparte ed estingue l’azione - è tuttavia atto di disposizione del diritto in contesa, essa
richiede pertanto, in capo al difensore, un mandato ad hoc,
senza che sia a tal fine sufficiente il mandato ad litem.”. In
questi termini si vedano: Trib. L’Aquila 10 marzo 2015, massima redazionale 2015, in Pluris, App. Potenza 23 gennaio 2015
massima redazionale 2015, in Pluris, Cass. 15 aprile 2014, n.
8737, in Pluris e CED, 2014, Cass. 24 settembre 2013, n.
21848, in Pluris e in CED, 2013, Trib. Milano, Sez. X, 23 aprile
2013, massima redazionale 2013, in Pluris, Trib. Roma, Sez. II,
22 febbraio 2012, Massima redazionale, 2012 in Pluris, Cass.
14 novembre 2011, n. 23749, in Pluris e in CED, 2011, e Trib.
Nocera Inferiore, Sez. lav., 29 aprile 2010, massima redaziona-
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La rinuncia alla domanda di merito
Le Società 10/2016
Sinergie Grafiche srl
Giurisprudenza
Diritto societario
L’art. 669 septies, comma 2, c.p.c. dispone - facendo proprio un consolidato orientamento giurispru-
denziale (47) - che in caso di pronuncia anteriore
all’inizio della causa, il provvedimento di incompetenza o di rigetto, in quanto conclusivo del procedimento cautelare, deve contenere la condanna alle spese con pronuncia esecutiva (48).
Il provvedimento in commento, in linea con la ratio
di quell’orientamento giurisprudenziale recepito dalla riforma del rito cautelare del 2005, si spinge oltre.
Ed invero, sebbene la norma sembri porre indirettamente una regola inespressa secondo cui, nel caso di accoglimento della domanda, le spese dovrebbero essere sempre regolate nella sentenza definitiva (49), nel caso di specie infatti il Tribunale di
Milano ha condivisibilmente provveduto sulla regolazione delle spese del procedimento cautelare
ancorché si esulasse dall’ipotesi espressamente prevista ex art. 669 septies c.p.c. e ciò facendo propria
la tesi (50) secondo cui la scissione tra la competenza cautelare (giudice italiano) e quella di merito
(giudice estero) rende l’ordinanza cautelare il provvedimento conclusivo del procedimento di cui è
investito il giudice nazionale.
le, 2010, in Pluris, secondo cui: “La rinuncia alla domanda o ai
singoli capi è, infatti, espressione della facoltà della parte di modificare (ex artt. 183 e 420 c.p.c.) le domande e le conclusioni
precedentemente formulate e rientra, pertanto, tra i poteri del
difensore (ex art. 84 c.p.c.), distinguendosi, peraltro, dalla rinuncia agli atti del giudizio (ex art. 306 c.p.c.), sicché, a differenza di
quest’ultima, non è neppure abbisognevole, in particolare, dell’eventuale accettazione della controparte”. In dottrina si veda il
Commento all’art. 306 c.p.c., Codice di procedura civile commentato ipertestuale, in Pluris, 2016.
(44) Sul punto C. Consolo, Spiegazioni di diritto processuale
civile, Volume II, Il processo di primo grado e le impugnazioni
delle sentenze, Torino, 2015, 252, afferma: “se il convenuto è
contumace o la rinuncia avviene prima del momento in cui il
convenuto doveva costituirsi” l’interesse alla prosecuzione del
processo e dunque all’accettazione della altrui rinuncia agli atti
“si presume assente: la rinuncia, se regolare, è immediatamente efficace quando è notificata al convenuto, e il processo
si estingue ipso facto”.
(45) Cfr. Cass. 16 luglio 1997, n. 6477, in Pluris e in Mass.
Giur. it., 1997, secondo cui “la rinuncia alla domanda originaria è
consentita al procuratore solo se sia riconducibile alla scelta del
mezzo tecnico più idoneo alla tutela dell’interesse della parte rappresentata, risolvendosi in caso contrario in una menomazione
sostanziale del diritto in contesa che è preclusa al difensore ai
sensi dell’art. 84, comma 2, c.p.c. se manchi il mandato speciale”. In senso contrario si veda Cass. 17 dicembre 2013, n. 28146,
in Pluris e in dottrina, cfr. Commento all’art. 306 c.p.c., in Codice
di procedura civile commentato - Artt. 287-632 c.p.c., diretto da
C. Consolo, IV ed., Milano, 2010, 288 secondo cui la rinuncia ad
una domanda deve essere “ricondotta ai poteri di autonoma gestione della lite spettanti al difensore della parte, senza bisogno
di procura speciale” e Commento all’art. 306 c.p.c., Codice di procedura civile commentato ipertestuale, in Pluris, 2016, secondo
cui “Essa è intesa come ‘modificazione in senso riduttivo della
domanda’, un potere ricompreso nei poteri riconosciuti al difensore senza necessità di una procura speciale”.
(46) Sotto questo profilo, cfr. Commento all’art. 306 c.p.c., in
Codice di procedura civile commentato - Artt. 287-632 c.p.c., diretto da C. Consolo, IV ed., Milano, 2010, 288-289 secondo cui
“tale inquadramento appare, invero, assai discutibile e piuttosto
da confinarsi nel solo ambito, dove spazio, tendenzialmente, non
si avrebbe per la riproposizione della domanda abdicata, dell’esercizio cumulativo di azioni concorrenti nonché, a fortiori, della
rinuncia ad una delle più causae petendi addotte a fondamento
della stessa domanda oppure ad un singolo strumento difensivo,
come un’eccezione o un mezzo di prova.”.
(47) Prima del 1990, la giurisprudenza, in assenza di precise
disposizioni normative, e nonostante alcune iniziali oscillazioni,
si era orientata, in materia di provvedimenti di urgenza, nel
senso di imporre al giudice investito della domanda cautelare
ante causam, nel caso di rigetto della relativa domanda, di
provvedere definitivamente sulle spese del procedimento cautelare. Dopo la riforma del 1990 si è distinto fra rigetto della
domanda prima dell’inizio della causa di merito oppure in caso
di lite pendente. Solo nel primo caso il giudice della cautela
avrebbe dovuto provvedere definitivamente sulle spese del
procedimento cautelare (cfr. Cass. 17 giugno 1996, n. 5566, in
DeJure e Mass. Giust. civ., 1996, 871).
(48) La ratio legis sottesa per G. Tarzia - M. Giorgetti (cfr. Il
provvedimento negativo, in Il processo cautelare, a cura di G.
Tarzia - A. Saletti, IV ed., Padova, 2011, 521 ss.) è da individuarsi, “da un lato, nell’esigenza di scoraggiare il ricorso avventato alla tutela cautelare ante causam attraverso il deterrente della condanna alle spese e che può essere pronunciata solo nel contraddittorio delle parti e, dall’altro, nell’esigenza di lasciare alla controparte la possibilità di opporre eventuali eccezioni in sede di riproposizione della domanda cautelare”.
(49) Cfr. Cass. 19 novembre 1999, n. 12859, in Pluris.
(50) Cfr. Commento all’art. 669-septies c.p.c., in Codice di
procedura civile commentato - Artt. 633-840 c.p.c., diretto da
C. Consolo, IV ed., Milano, 2010, 355 dove al caso del rigetto
della domanda prima dell’inizio della causa di merito si parifica
quella del rigetto reso da un giudice di pace, da arbitro, o, per
l’appunto, da un giudice straniero. Questa tesi è poi avvalorata
dall’introduzione dell’art. 669 octies, comma 7, c.p.c. avvenuta
con la L. n. 69/2009 che ha previsto una deroga al principio
inespresso di cui all’art. 669 septies c.p.c., nel caso di provvedimenti cautelari a strumentalità c.d. attenuata. In queste situazioni si è dunque previsto che il giudice, anche nel caso in
cui si trovi a dover accogliere la domanda, provveda ugualmente sulle spese del procedimento cautelare.
Il Tribunale di Milano peraltro afferma che anche
qualora si fosse trattato di rinuncia ex art. 306
c.p.c. non sarebbe stata necessaria l’accettazione
delle società fiduciarie estere contumaci perché
detta accettazione è prevista solo per le parti costituite che abbiano interesse alla prosecuzione del
processo (44).
Si discute invece se la rinuncia alla domanda, con
cui si dispone sostanzialmente del diritto in contesa, debba o meno essere supportata da specifico potere conferito nella procura alle liti (45).
Dubbi interpretativi sorgono anche con riferimento alla possibilità che da tale rinuncia possa derivare un autentico fenomeno di estinzione parziale del
processo con annessa riproponibilità della domanda che ne sarebbe stata oggetto (46).
La regolazione delle spese
del procedimento cautelare
Le Società 10/2016
1105
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Giurisprudenza
Diritto societario
Conclusioni
La pronuncia in esame va segnalata oltre che per
la peculiarità della questione risolta e degli interessi coinvolti anche e soprattutto per la precisione
degli argomenti giuridici adottati dal collegio giudicante a sostegno della decisione assunta. Nello
specifico ci si riferisce alla conferma di orientamenti già espressi in giurisprudenza e dottrina, in
merito: (i) alla legittimità della richiesta di sequestro giudiziario di azioni sebbene queste risultassero
intestate fiduciariamente ai sensi dell’art. 669
ter c.p.c. a cautela delle pretese fatte valere in due
controversie promosse all’estero; (ii) alla rinuncia
alla domanda di merito che, a differenza della rinuncia agli atti del giudizio ex art. 306 c.p.c., non
1106
richiede l’adozione di forme particolari ed estingue
l’azione senza che sia necessaria l’accettazione dell’altra parte; e, infine, (iii) alla possibilità della regolazione delle spese del procedimento cautelare
quando l’ordinanza cautelare è il provvedimento
conclusivo del procedimento di cui è investito il
giudice nazionale ancorché si esuli dall’ipotesi
espressamente prevista ex art. 669 septies c.p.c.
L’ordinanza qui annotata si distingue dunque non
solo per la peculiarità della fattispecie, di estrema
rilevanza pratico-operativa oltre che sistemica, ma
anche perché costituisce un’importante conferma
rispetto a temi squisitamente processuali non troppo indagati nelle sezioni specializzate in diritto dell’impresa.
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