Conoscere il fuoco per poterlo affrontare

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FOCUS
CONOSCERE IL FUOCO
PER POTERLO AFFRONTARE
di Giacomo Saragosa *
To reach a satisfactory level of
knowledge and to improve our use of
vehicles and equipment in forest fire
fighting, it may be useful to begin with
elementary facts about chemistry, and
about the chemistry of fire in particular.
But even before we choose to use a vehicle,
it is important to remember that a fire
can cause a scarcity of oxygen in the
surrounding area.
When the usual percentage of 21%
slumps to 16%, fire fighters sometimes
experience a sense of exhaustion and
lack of willpower caused by poor blood
levels of oxygen. These symptoms are the
first signs of danger, which becomes a
concrete reality when the percentage
diminishes to 14-10%.
L’
incendio può essere definito come la rapida ossidazione di
materiali con notevole sviluppo di calore, fiamme, fumo e
gas caldi; si tratta quindi di un fenomeno di combustione.
Questa, in senso lato, è la reazione che avviene tra due sostanze reagenti e cioè il combustibile, sia esso allo stato solido, liquido o gassoso, ed
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* Dirigente Superiore della Scuola del Corpo forestale dello Stato
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È opportuno partire da elementari nozioni di chimica, di chimica del fuoco in
particolare, per giungere ad una buona conoscenza e ad un migliore utilizzo dei
mezzi e delle attrezzature che si adoperano nella lotta agli incendi boschivi. Ma
prima ancora di utilizzare i mezzi, è bene
sapere che nelle vicinanze di un incendio
c’è la possibilità di una carenza di ossigeno provocata nell’aria proprio dall’incendio in atto: quando la percentuale, di norma intorno al 21%, scende al di sotto del
16%, si possono manifestare fenomeni di
spossatezza e mancanza di volontà per
scarsa ossigenazione del sangue che costituiscono il primo segnale di pericolo di vita. Pericolo reale se la soglia percentuale
scende sotto il 14-10%.
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il comburente, generalmente l’ossigeno contenuto nell’aria o nelle molecole di una certa sostanza: è quindi una reazione chimica di ossidazione violenta.
Si può ad esempio avere una reazione di combustione fortemente
esotermica, che si svolge cioè con sviluppo di calore, fra il carbonio e
l’ossigeno:
- C (12g) + O (16g) = CO (28g) + 26.000 cal.
Oppure:
- C (12g) + O2 (32g) = CO2 (44g) + 94.385 cal.
O ancora:
- CO (28g) + O (16g) = CO2 (44g) + 68.100 cal.
Dalla seconda reazione si vede che 12 grammi di carbonio sviluppano 94,385 Kcal che costituiscono il calore di combustione del carbonio;
ogni sostanza combustibile ha un suo potere calorifico (o calore di
combustione). Sempre dalla stessa reazione si vede che una “unità”
(grammo-molecola) di carbonio si combina con una “unità” (grammomolecola) di ossigeno per dar luogo alla formazione di una “unità”
(grammomolecola) di anidride carbonica, fornendo anche 94,385 kcalorie. Tale reazione può avvenire solamente in presenza di ossigeno in
quantità sufficiente; se l’ossigeno è scarso si ha la prima reazione con
formazione di monossido di carbonio.
È da tener presente che il processo di combustione (che non riguarda solo il carbonio) può avvenire anche in assenza di aria laddove siano
presenti sostanze particolari che contengono nelle loro molecole ossigeno a sufficienza per poter bruciare, come la celluloide e alcuni esplosivi.
A noi interessa però in particolare la combustione del carbonio.
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Temperatura di autoaccensione o di ignizione
Tutti sanno per esperienza diretta che la maggior parte delle sostanze combustibili possono essere conservate all’aria, cioè in contatto diretto con l’ossigeno, senza che abbia inizio alcun processo di combustione; se però scaldiamo progressivamente la massa del combustibile,
cioè se forniamo calore aumentando la temperatura del corpo, a un certo punto ha inizio il fenomeno della combustione. Affinché si possa verificare la combustione e quindi un incendio è necessaria la contempo-
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Limiti di infiammabilità
In una miscela gassosa quando sono presenti tutti e tre i lati del
“triangolo del fuoco” occorre ancora un’altra condizione per far avviare e mantenere la combustione: il rapporto tra la quantità di combustibile e la quantità di comburente deve essere compreso entro limiti di variabilità determinati che cambiano a seconda del combustibile gassoso.
Tali limiti vengono chiamati limite inferiore e superiore di infiammabilità e sono espressi come percentuale in volume di combustibile presente nella sua miscela con l’aria.
Il limite inferiore rappresenta la concentrazione minima in volume
del combustibile presente nella miscela che consente di trasmettere la
fiamma attraverso i vari strati della miscela stessa; a concentrazioni inferiori a questo limite il combustibile gassoso è diluito con un eccesso
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ranea presenza di tre fattori, noti anche come “triangolo del fuoco”:
1) il combustibile; 2) il comburente; 3) una temperatura minima corrispondente a quella di accensione, o di ignizione o di autoaccensione.
Ogni sostanza ha una determinata temperatura alla quale deve essere portata perché inizi la combustione; da quel momento in poi la combustione può mantenersi in atto senza ulteriore apporto di calore.
Un pezzo di legno si ossida (brucia) molto lentamente all’aria alla
temperatura ordinaria. Quando una parte di esso raggiunge la temperatura di autoaccensione la combustione ha inizio e si manterrà fino a
quando la quantità di calore fornita sarà superiore a quella che si disperde per irradiazione, per conduzione e per convezione.
Un esempio chiarirà meglio le idee.
La fiamma di un cerino raggiunge la temperatura di circa 1.000 °C
ma difficilmente può provocare l’incendio di una grossa trave di legno,
pur essendo la temperatura di autoaccensione del legno pari a 400 °C.
Tale difficoltà è dovuta alla esigua quantità di calore fornita dal cerino
che, di sicuro, è nettamente inferiore al calore disperso dalla trave. Se viceversa si mette a contatto la trave con una sbarra metallica riscaldata a
500 °C, nonostante la temperatura più bassa di questa nuova sorgente,
le perdite di calore nella trave sono compensate dalla maggior quantità
di calore fornita dalla sbarra e la combustione si mantiene.
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di aria tale che il calore sviluppato nel punto di ignizione è insufficiente
a portare la temperatura dello strato adiacente al punto di ignizione voluto e perciò la fiamma si spegne e non si propaga.
Il limite superiore di infiammabilità rappresenta, invece, la massima
concentrazione in volume del combustibile che è capace di proseguire
la propagazione della fiamma; in effetti se in una miscela è presente un
eccesso di combustibile, questo agisce come diluente per la sua quota
parte che reagisce con l’ossigeno dell’aria e riduce il calore che si può
trasmettere agli strati adiacenti così che questi non giungono alla temperatura di ignizione ed anche in questo caso la fiamma non può propagarsi attraverso la miscela.
Le due percentuali corrispondenti ai due limiti di cui sopra determinano un campo, detto appunto “campo di infiammabilità”, entro il quale può verificarsi la combustione.
L’idrogeno in aria ha un campo che va dal 4% al 75%, mentre il metano dal 5% al 15%. Perché inizi la combustione di una miscela gassosa aria-metano (biogas derivante dalla decomposizione di sostanza organica) occorre quindi che questo raggiunga almeno una concentrazione del 5%: tale valore può essere raggiunto in ambienti chiusi e poco ventilati, non certo nei nostri boschi. È evidente quindi che la cosiddetta “autocombustione” non esiste in tali ambienti, a meno che
non si voglia mettere il trattino tra le parole “auto” e “combustione”
(auto-combustione), riferendosi così alla combustione provocata dalle
auto e quindi dall’uomo.
Naturalmente tanto più ampio è il campo di infiammabilità tanto più
pericoloso è il gas nei confronti dell’incendio e dell’esplosione. La progressiva aggiunta alla miscela infiammabile di gas inerti (azoto) riduce
proporzionalmente l’ampiezza del campo di infiammabilità fino ad annullarlo del tutto (effetto diluizione).
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Processi di combustione
Il processo di combustione può avvenire in due modi: con fiamma,
nella quale rientra anche l’esplosione; senza fiamma superficiale, che si
verifica nei combustibili solidi inizialmente insieme a quella con fiamma
e poi prosegue da sola dopo che sono bruciate tutte le sostanze volatili
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Prodotti della combustione
I prodotti della combustione sono: gas di combustione; fiamma; calore;
fumo.
Si chiamano gas di combustione quelle sostanze che restano allo stato
gassoso anche quando vengono raffreddate alla temperatura di 15 °C.
I più importanti nella combustione del legno sono l’anidride carbonica (CO2), che si produce in presenza di ossigeno abbondante, e il monossido di carbonio (CO) che si ha con ossigeno insufficiente. Non è
gas di combustione il vapore d’acqua perché alla temperatura sopra citata è liquido. Altri gas di combustione dipendono dalla natura chimica del combustibile, dalla quantità di ossigeno e dalla temperatura di
combustione.
La maggior parte dei casi di mortalità per incendi è dovuta all’inalazione, in ambienti chiusi, di ossido e monossido di carbonio, dall’aria calda e dalla carenza di ossigeno, mentre le scottature influiscono di meno.
Il monossido di carbonio è un gas tossico perché esso altera la composizione del sangue, formando con l’emoglobina (contenuta nei globuli rossi del sangue e che, normalmente, si lega con l’ossigeno formando ossiemoglobina che trasporta ossigeno ai tessuti utilizzatori dell’organismo umano e che è un composto reversibile) la carbossiemoglobina, che è irreversibile e che si forma preferenzialmente rispetto all’ossiemoglobina, impedendo la formazione di quest’ultima: irreparabilmente. L’esposizione in ambiente con l’1,3% di monossido produce in-
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e quelle derivanti dalla piroscissione. Pertanto si ha sia combustione in
fase gassosa, che in fase eterogenea (solido-gas, liquido-gas); in quest’ultima il combustibile emette sotto forma di aeriforme le sostanze
volatili contenute al suo interno e queste si mescolano con l’ossigeno
dell’aria formando la miscela infiammabile.
Il meccanismo sopra descritto si verifica nel legno nel quale per effetto del calore si liberano le sostanze volatili (pirolisi) che bruciano in
fase gassosa, soprattutto nella fase iniziale dell’incendio di bosco. Nelle
fasi successive l’ossigeno viene assorbito dalla superficie del solido che
brucia quindi senza fiamma.
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coscienza quasi istantanea (due o tre respiri) e la morte dopo pochi minuti; una percentuale dello 0,4% è fatale in meno di un’ora; una dello
0,15% per un’ora può essere mortale così come lo può essere quella
dello 0,05% per tre ore.
L’anidride carbonica è un gas che si forma sempre in grandi quantità negli incendi di materiale legnoso e che in determinate concentrazioni provoca alterazioni del ritmo respiratorio; aria che ne contiene il 3%
provoca il raddoppio della frequenza respiratoria con effetti pericolosi
di super affaticamento e alla percentuale del 5% l’aria è irrespirabile per
lunghi periodi.
Il calore che si sviluppa durante la combustione è la principale causa
del propagarsi dell’incendio, ma può essere molto pericoloso per l’uomo in quanto può provocare disidratazione dei tessuti e difficoltà o
blocco della respirazione, oltre alle scottature. Il calore è tanto più pericoloso quanto maggiore è il suo contenuto di vapore acqueo: aria secca
a circa 150 °C può essere sopportata dall’organismo umano per brevissimo tempo, ma per un periodo abbastanza lungo tale valore scende a
circa 50 °C e si abbassa ulteriormente se l’aria è umida.
Il fumo è costituito da piccolissime particelle solide o liquide. Le particelle solide sono costituite da catrami, particelle di carbonio ed altre
sostanze incombuste, quelle liquide essenzialmente da vapore d’acqua
che si forma per evaporazione dell’umidità dei combustibili. Tale vapore d’acqua quando i fumi si raffreddano al di sotto dei 100 °C si condensa e dà luogo a fumi bianchi. I residui solidi hanno invece un colore nero. È superfluo sottolineare l’effetto irritante del fumo sulle mucose degli occhi e delle vie respiratorie.
Quando si è in vicinanza del fronte delle fiamme bisogna inoltre tener conto dell’eventuale carenza di ossigeno provocata nell’aria dall’incendio in atto. Quando la sua percentuale, che è di norma del 21%,
scende al di sotto del 16%, si possono avere fenomeni di spossatezza
e mancanza di volontà per scarsa ossigenazione del sangue; se la concentrazione scende ancora a valori del 10-14% le persone pur restando
coscienti perdono la facoltà di controllo e al di sotto del 10% addirittura i sensi.
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La combustione delle sostanze solide
Il legno è la sostanza solida combustibile per eccellenza. Esso può
bruciare con fiamma più o meno viva, senza fiamma o addirittura carbonizzare a secondo delle condizioni in cui avviene la combustione. È
costituito soprattutto da cellulosa (carbonio, idrogeno e ossigeno), da lignina (che contiene gruppi alcolici secondari e nuclei aromatici), da resine, gomme, sostanze minerali varie (che danno luogo alle ceneri) e da
una certa quantità di umidità.
La temperatura di accensione del legno non è esattamente determinabile perché dipende da moltissimi fattori, quali la specie del legno ed
in particolare il suo peso specifico, le sue caratteristiche fisiche (pezzatura e contenuto di umidità), la intensità e la natura della sorgente di calore nonché la durata della sua applicazione, le condizioni di ventilazione, ecc.
Mediamente il suo valore si aggira sui 200 °C.
Esaminiamo più in dettaglio le caratteristiche del legno che influenzano la sua temperatura di accensione ed il suo modo di bruciare: la
pezzatura e il contenuto di umidità.
La pezzatura, che si può definire come il rapporto tra il volume del
legno e la sua superficie esterna, è un fattore importantissimo. Legno di
grande pezzatura presenta superfici di contatto con l’aria relativamente
scarse ed allo stesso tempo una massa maggiore per disperdere il calore che gli viene somministrato nella fase di accensione o che si produce
durante la combustione. Più il pezzo di legno è piccolo e più facilmente può essere portato alla temperatura di accensione con sorgenti di calore di piccole dimensioni. Quando il combustibile è suddiviso in piccole particelle, la quantità di calore da somministrare è tanto più piccola quanto minori sono le dimensioni delle particelle, sempre che si raggiunga la temperatura di accensione. Il legno quindi accresce la sua pericolosità man mano che diminuiscono le sue dimensioni fino a diventare pericolosissimo, ad esempio, allo stato di segatura o di polvere, allorché disperso in aria può dar luogo ad esplosioni.
È evidente quindi che non è tanto importante la temperatura di accensione di un combustibile solido, ma che ne ha di più il suo stato di
suddivisione.
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L’umidità del combustibile è importante perché è noto che quando
è presente l’acqua, la temperatura non può superare i 100 °C in quanto il calore che viene fornito serve a far cambiare stato all’acqua (da liquido a vapore) e che solo quando tutta l’acqua sarà stata espulsa sotto forma di vapore, la temperatura potrà riprendere a salire fino ad arrivare a quella di accensione. Pertanto l’umidità contenuta nei combustibili diminuisce la velocità di combustione e quindi quella di propagazione dell’incendio, perché l’energia termica sviluppata dall’incendio
dovrà in parte servire a riscaldare e far evaporare l’acqua (600
Kcal/Kg) a detrimento dell’innalzamento di temperatura dello stesso
materiale combustibile.
È da tener presente anche la scarsa conduttività del legno, ovvero la
sua scarsa attitudine a trasmettere il calore, cosa che gli conferisce una
minore velocità di combustione ed è proprio per questa proprietà che il
legno in grossa pezzatura, pur essendo combustibile, presenta una certa resistenza al fuoco; in alcuni laboratori è stata misurata la velocità con
la quale carbonizza verso l’interno una trave di legno riscontrando valori di 3-4 cm/h.
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