Malinconia e introspezione di uno spirito inquieto (Francis Poulenc

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Malinconia e introspezione di uno spirito inquieto (Francis
Poulenc, Elégie, dalla Sonata per oboe dalla per oboe e
pianoforte)
Proposte di ascolto di Pino Pignatta
Francis Poulenc
Sonata per oboe e pianoforte
Elégie
David Dickey, oboe; Alexei Ulitin, pianoforte
Appena due anni dopo la morte di Brahms – di cui abbiamo assaporato nel precedente ascolto gli
ultimi intarsi pianistici, che sembrano preludere alle rarefatte atmosfere impressionistiche d’inizio
secolo – nasce il compositore francese Francis Poulenc, definito in patria un “disinvolto bon
viveur”, che ha fatto della raffinatezza e della malinconia, soprattutto nella musica da camera,
un punto d’arrivo della sua parabola artistica. Scrive infatti pezzi pianistici, liriche, sessanta
melodie meravigliose, qualche opera, brani sinfonici e orchestrali resi celebri dalla bacchetta di
George Pretre, come la Sinfonietta. Ma è verso la fine dell’esistenza che raccoglie il senso della
sua arte. E gli ultimi anni, siamo già intorno al periodo 1956-1962, sono soprattutto dedicati alle
invenzioni cameristiche, alle quali aveva accennato soltanto in gioventù, e ancora una volta
questo genere si dimostra il terreno con il quale molti compositori fanno i conti, non solo con la
musica ma anche con se stessi. Poulenc scrive in rapida successione tanti gioielli, fra i quali
tre Sonate per strumento a fiato: flauto, clarinetto e oboe, ognuna delle quali è un commovente
omaggio a un amico scomparso.
E’ una musica, quella di Poulenc, che dà forti emozioni contrastanti. Profondamente francese
nel gusto, riesce a essere allo stesso tempo immediata e cerebrale, semplice e complessa,
capace di trasmettere lancinanti malinconie e insieme suggerire le vie nuove della musica, quelle
sviluppate da Debussy, Ravel, Stravinsky, senza peraltro essere mai il frutto di un audace
innovatore, senza allontanarsi radicalmente da un linguaggio tonale. Resta il fatto che ci sono in
questo compositore parigino, e si sentono bene anche nella pagina che vi proponiamo questa
settimana, due anime opposte. Ed è probabile che questo derivi dal suo vissuto, dalla sua
condizione psicologica a tratti sofferta: infatti era pubblica la sua tendenza omosessuale nella
Parigi di metà Novecento, come era anche nota la sua profonda fede cattolica. Un disagio
profondo che deve avere raggiunto terribili picchi di sofferenza. Il compositore inglese
Benjmain Britten, amico di Poulenc, scrive a questo proposito: «Per il pubblico medio inglese, la
musica di Francis Poulenc potrebbe apparire come quella del tipico compositore francese:
spiritosa,
audace,
sentimentale,
maliziosa.
In
realtà
Francis
era
spesso
depresso,
impressionabile, insicuro e soggetto al panico».
Queste forze contrastanti – eleganza d’animo e grido interiore – si ascoltano assai bene nel
pezzo che abbiamo scelto, l’ultima delle sue tre commoventi Sonate, quella per oboe e
pianoforte, che vi proponiamo prima di quelle per flauto e clarinetto, anteriori dal punto di vista
cronologico, per nessun’altra ragione che la disponibilità di un video di eccellente qualità e
un’interpretazione di grande fascino.
Un paio di anni fa, nel 2015, avevamo già proposto un’identica abilità cameristica nella miniatura
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Malinconia e introspezione di uno spirito inquieto (Francis Poulenc, Elégie, dalla Sonata per oboe dalla per
per due strumenti, con le Romanze Op. 94 per pianoforte e oboe di Robert Schumann: musica
così aderente ai nostri sentimenti più intimi, dalla melodia soave, carezzevole, appoggiata su un
timbro meno ambrato del clarinetto, quello dell’oboe appunto, ma ugualmente pensoso,
immaginifico. Qui, nell’ascolto della Sonata per oboe e pianoforte di Poulenc, di cui vi
proponiamo soltanto il primo movimento, l’Elégie, il discorso musicale è ancora più
rarefatto, più profondamente introspettivo, quasi una confessione, un’apertura sul proprio
mondo interiore, che Francis Poulenc affida all’intimismo timbrico dell’oboe con una melodia
chiara, pungente nella sua bellezza, seppure spezzata, nella parte centrale del movimento, da
accenti burrascosi, a tratti quasi “acidi”, che rappresentano appunto quei contrasti esistenziali
vissuti in prima persona dal compositore francese.
Ma l’ascolto è in generale sintonizzato su un’empatia di tipo nostalgico, e la struttura è in
fondo semplice, in punta d’animo, non certo eroica o epica, seppure raffinatissima nel risultato
complessivo delle dinamiche strumentali. Scriveva di sé Poulenc a vent’anni, nel 1919, dunque
con la fierezza del giovane ambizioso: «I miei soli maestri sono Bach, Mozart, Satie e Stravinsky.
Non amo affatto Beethoven. Detesto Wagner. Non sono un musicista cubista, ancor meno
futurista, né bene inteso impressionista. Sono un musicista senza etichetta».
Un ascolto ripetuto di questa Sonata per oboe, nonostante l’idea tematica sia di presa
immediata, schiude un mondo poetico-musicale (tipico di altri compositori del celebre
“Gruppo dei Sei”, come Honegger e Milhaud) fatto di una squisitezza tipicamente francese e di
pagine di straordinario fascino per la purezza dell’invenzione melodica.
Nell’estate del 1962, durante un soggiorno nella regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra, così
scrive Francis Poulenc: «Ho definito i tratti di una Sonata per oboe. Il primo tempo sarà elegiaco,
il secondo Scherzando e l’ultimo una sorta di canto liturgico». In effetti il lirismo nostalgico della
iniziale Elégie è il tono dominante del lavoro. In partitura il compositore si raccomanda di
suonarla “paisiblement”, cioè pacificamente. E l’indicazione, precisissima, è non solo il giusto
modo di eseguirla, ma anche di ascoltarla, perché l’atmosfera di pace interiore che ne
scaturisce si trasforma con il tempo, con la cantabilità, in un orizzonte di serenità e di
quiete personali. Alle quattro note introduttive dell’oboe, segue il tema principale, lirico e
sognante, affidato allo strumento a fiato sopra il composto accompagnamento del pianoforte. Il
tutto è dedicato alla memoria di Sergej Prokofiev, che Poulenc aveva conosciuto negli anni
Venti. Del musicista russo abbiamo già incontrato la Sonata per flauto e pianoforte. E quella per
flauto di Poulenc è un’altra perla, composta al sole di Cannes, che prima o poi ascolteremo per
approfondire la cameristica francese.
Buon ascolto.
Per approfondire l'ascolto
1) Francis Poulenc
Musique de chambre
Le Quintette à Ventes de Paris (Emi Records)
2) Francis Poulenc
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Malinconia e introspezione di uno spirito inquieto (Francis Poulenc, Elégie, dalla Sonata per oboe dalla per
The 5 Sonatas with piano: clarinetto, flauto, violino, violoncello, oboe
Régis Pasquier, viola; Roland Pidoux, violoncello; Michel Moranguès, flauto; Eli Rban, clarinetto;
François Meyer, oboe; Émile Naumoff, pianoforte (Saphir, disponibile anche su Apple Music e
Google Play Music)
3) Robert Schumann
Romanzen Op. 94 - Fantasiestuke Op. 73 - Märchenbilder Op. 113 - Märchenerzählungen op. 132
Ingo Goritzki, oboe; Thomas Friedli, clarinetto; Hirofumi Fukai, Viola; Riccardo Requejo, pianoforte
(Claves Records, disponibile anche su Apple Music e Google Play Music)
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