Il protezionismo comincia dall`Identità

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Liberalismo e socialdemocrazia, capitalismo e progressismo, sono moderne forme di perversione
della questione politica ed economica europea, appiattita sul materialismo consumistico che tanto
aggrada agli Stati Uniti e agli enti sovranazionali a loro cari.
Sono espressione delle destre e delle sinistre consuete che discordano solo sulla questione
economica ma concordano su tutto quello che di fatto costituisce quanto noi identitari siamo soliti
chiamare “mondialismo”: il filo-americanismo, il filo-sionismo, la globalizzazione, la società
pluralista, meticcia e svuotata di ogni valore spirituale, la dittatura del pensiero unico imposto a
suon di liberticidi, l’immigrazionismo terzomondista.
Chi affronta la problematica globalista mettendo da parte il discorso identitario è un cialtrone, sia
esso di destra, centro o di sinistra, e bada sostanzialmente agli interessi economici del suo padrone,
sperando che dal tavolo cadano delle briciole con cui soddisfare la propria prestazione di cameriere.
A questa gente bisogna rispondere col protezionismo, che non è solo economico, industriale,
commerciale ma è innanzitutto preservazionismo etno-razziale e culturale, ambientale, patriottico,
mirato alla conservazione – non reazionaria beninteso – dell’Europa e delle sue Nazioni.
Libertà non è fare ciò che si vuole; l’inganno liberale in questo sta nel promettere mari e monti,
fomentando bassi appetiti consumistici, ma oscurando il vero concetto di Libertà, che è fare
l’interesse del proprio Popolo, della propria Comunità. Esso, quest’inganno, mira a turlupinare la
gente con l’individualismo borghese che però non è auto-realizzazione ma terrorismo massificatore e
del tutto anti-identitario; l’identitarismo è anche realizzazione personale della propria individualità
ma non solipsismo: chi difende Identità e Tradizione avversa sia l’individualismo che l’omologazione
di massa che tanto piace a chi ci vede come agnelli da scannare e sacrificare sull’altare
dell’universalismo distruttore.
Perciò quando parliamo di protezionismo non si può che alludere, certamente, al discorso economico
e dunque a robuste misure per preservare l’economia nazionale dagli assalti della globalizzazione
(mercato libero, concorrenza straniera, delocalizzazione, immigrazione e suo sfruttamento a
detrimento indigeno, cessione di sovranità nazionale e monetaria e via dicendo) mediante dogane,
dazi, esenzioni fiscali a favore dell’industria locale, investimenti sui giovani e sul lavoro così come
sull’artigianato e i punti vendita radicati nel territorio (al posto di quei mostri di cemento dei centri
commerciali), ma anche alla salvaguardia del più importante dato che corrobora la questione
nazionale: il Sangue.
Perché così come la Cultura anche l’economia di un Paese è frutto di chi questo Paese lo anima,
ossia i suoi abitanti, autoctoni, vero motore del progresso positivo che consiste nello sviluppo eco- ed
etno-sostenibile, lontano anni luce dal concetto mendace di progresso che vogliono venderci ed
imporci ad ogni costo. Di fatto non progresso, ma progressismo: regresso politicizzato a favore delle
minoranze, che in Occidente divengono lobby.
Una realtà come l’Italia avrebbe davvero bisogno di un robusto protezionismo di questo tipo, di
dirigismo, di isolazionismo rispetto ai veleni atlantisti, di autarchia identitaria dove si fermi
l’immigrazione, si cominci a rimpatriare, e si badi per davvero agli interessi nazionali: nazionalizzare
e socializzare le grandi industrie, aiutare le piccole-medie imprese con agevolazioni fiscali mirate
anche a battere la disoccupazione giovanile, e sbattere fuori dal Paese l’occupante straniero che
mira a tramutarci in una succursale americana, dove la sovranità venga ceduta completamente in
cambio degli idoli consumistici d’Oltreoceano.
Guardate che è tutto un circolo vizioso. Dal 1945 siamo schiavi degli Americani e di un concetto
depravato di unione europea, e questo comporta la distruzione dell’Identità nazionale anche
Paolo Sizzi
http://www.ereticamente.net/2014/10/il-protezionismo-comincia-dallidentita.html
mediante quello che sostenta la Nazione, ossia il lavoro, la sua economia, l’industria, l’agricoltura,
l’artigianato italiano, la sovranità monetaria. Bisogna recuperare il concetto di Comunità, che in
Italia deve necessariamente essere un concetto federale perché non siamo tutti uguali ed omogenei,
anche in direzione economica. E recuperando il concetto di Comunità, ripartendo dalle vere radici
del nostro Popolo, state certi che non saremmo più sotto il tallone mondialista di chi minaccia di
schiacciarci definitivamente se non obbediamo incondizionatamente alla sua volontà auto-genocida.
La vera Libertà non sta nel liberalismo, nel liberismo, nel libertarismo e nel libertinaggio, ossia in
tutte quelle dottrine che vogliono spacciare la soddisfazione dei bassi appetiti consumistici e
l’esaltazione dell’individuo decontestualizzato dalla sua società nazionale per Libertà, ma alberga in
quanto, promuovendo il benessere comunitario e nazionale, mira ad integrare appieno ogni individuo
nel suo originale tessuto etno-sociale ed economico, che è quello della Nazione. E parimenti, la
Libertà non sta laddove la Nazione viene sostituita col feticcio pluralista della società sconvolta dal
meticciato e dal multirazzialismo, dove il socialismo viene spacciato per ammucchiata terzomondista
o buonista confondendo la Comunità con l’ecumene.
Il socialismo va applicato alla Comunità nazionale, altrimenti si ha marxismo. Lo sviluppo economico
va coniugato con quello etico ed etnico di un Paese, altrimenti si ha liberalismo, e dunque
mondialismo.
Non si confonda mai il benessere nazionale con quello internazionale, perché in chiave europea
occorre un consorzio confederale unito ma rispettoso di ogni realtà locale, e non un’accozzaglia di
stati senza Nazione tenuti assieme dall’obbedienza incondizionata ai disvalori occidentali ispirati da
quella patria del nulla che risponde al nome di USA.
Siamo l’Europa, non un supermercato statunitense.
Ave Italia!
Paolo Sizzi
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