testo in formato PDF

annuncio pubblicitario
I PERCORSO DIDATTICO.
DALLE ORIGINI DELL'UOMO ALLA RIVOLUZIONE
AGRICOLA.
Prof. Piero Gorza
(Il testo è il risultato di un lavoro coordinato dai proff. Marco
Sguayzer e Piero Gorza con la preziosa collaborazione del
Prof. Danilo Mori)
UNITA' DIDATTICA. IL QUADRO DI RIFERIMENTO.
Capitolo primo.
IL TEMPO.
Ere geologiche ed evoluzione della vita.
Data (in anni fa)
4,6 miliardi
Era
Precambriana
Periodo
600 milioni
Paleozoica (o
Primaria)
Cambriano
470 milioni
440 milioni
Ordoviciano
Siluriano
400 milioni
Devoniano
360 milioni
Carbonifero
290 milioni
250 milioni
Mesozoica (o
Secondaria)
Giurassico
80 milioni
Cretacico
Cenozoica (o
Terziaria)
Paleocene
45 milioni
Eocene
29 milioni
20 milioni
4 milioni e
quattrocentomila
Oligocene
Miocene
Pliocene
2 milioni
10.000
Neozoica (o
Quaternaria)
Vita animale
comparsa degli
invertebrati marini
Eventi geologici
formazione dei primi
rilievi in Nord
America (orogenesi
uroniana)
comparsa dei muschi
sulla terraferma
comparsa dei
vertebrati marini
formazione dei primi
rilievi in Inghilterra
settentrionale,
Norvegia e
Groenlandia
(orogenesi
caledoniana)
comparsa delle felci
arboree
comparsa delle
conifere
comparsa degli anfibi
sulla terraferma
comparsa degli insetti
e dei rettili
formazione dei rilievi
in Inghilterra centrale
e nell'Europa centrooccidentale (orogenesi
ercinica)
Permiano
Triassico
180 milioni
65 milioni
Vita vegetale
comparsa delle alghe
azzurre nel mare
Pleistocene
Olocene
comparsa degli uccelli
e dei mammiferi
comparsa delle piante
provviste di fiori
(angiosperme)
comparsa dei Primati
inizio della deriva
delle zolle continentali
della Pangea
inizio del
sollevamento delle
Montagne Rocciose e
delle Ande (orogenesi
alpina)
le zolle continentali
assumono la posizione
attuale
sviluppo
dell'orogenesi alpina:
formazione delle
Montagne Rocciose,
delle Ande, delle Alpi
e dell'Himalaya
comparsa di
Australopitecus
ramidus
Comparsa di Homo
Glaciazioni di Gunz,
habilis, Homo erectus, Donau, Mindel, Riss e
Homo sapiens e Homo Wurm
sapiens sapiens
Periodi della preistoria ed evoluzione umana.
Data (in anni fa)
Periodo
4 milioni e
quattrocentomila
Paleolitico inferiore
2 milioni
1 milione e
seicentomila
800.000
730.000
500.000
300.000
100.000
Produzione
Ciottoli scheggiati
Utensili litici mono e bifacciali (lago
Turkana e valle del fiume Omo, Africa
centro-orientale)
Prima presenza del fuoco in un insediamento
Paleolitico medio
65.000
40.000
34.000
12.000
Paleolitico superiore
11.000
Neolitico
9.000
Tipi umani e aree di
popolamento
Prime forme di
Australopitecus
(Aramis e Afar,
Africa centroorientale): capacità
cranica di 400-500
cc.circa
Homo habilis
(Olduvai, Africa
centro-orientale):
capacità cranica di
650-800 cc.circa
Homo erectus
(Turkana, Kenia):
capacità cranica di
775-1250 cc.circa
Inizia la
colonizzazione umana
dell'Europa e
dell'Asia
Inizia la
colonizzazione
dell'Italia
Homo sapiens
neandertalensis
(Europa, Asia):
capacità cranica di
1300-1700 cc.circa
Homo sapiens
sapiens: capacità
cranica di 1400
cc.circa
Inizia la
colonizzazione
dell'America
Inizia la
colonizzazione
dell'Australia
Manifatture litiche su scheggia
Prime forme d'arte parietale
Fabbricazione di lame
Prime forme di utilizzo dei cereali (Vicino e
Medio Oriente);
fabbricazione di micropunte e di archi
Domesticazione del cane e dei primi cereali
(Vicino e Medio Oriente);
prime società di villaggio (Medio Oriente)
Prime città (Vicino Oriente)
Capitolo secondo.
LO SPAZIO.
Vertebrati, Mammiferi e Primati. Gli zoologi hanno classificato l'Uomo nel regno animale tra i Vertebrati, nei
Vertebrati tra i Mammiferi e nei Mammiferi tra i Primati1. I paleontologi hanno poi stabilito che i Vertebrati sono
comparsi 440 milioni d'anni fa, i Mammiferi 180 milioni d'anni fa, i Primati 70 milioni d'anni fa. Cercare l'origine
dell'Uomo significa dunque risalire a questi stadi dell'evoluzione2 (cfr. Materiali per l'approfondimento:
"L'evoluzionismo").
Il più antico fra i Primati scoperto finora è il Purgatorius, così chiamato dal nome del luogo (Purgatory Hill negli
Stati Uniti) dove ne sono stati trovati i resti fossili3. Si pensa che dimorasse sugli alberi, cibandosi di frutti, foglie e
insetti, in presenza di un clima piuttosto mite (temperatura media di 15-20° circa) e di un ambiente in cui crescevano le
prime piante provviste di fiori (angiosperme).
Mentre il Purgatorius conquistava il proprio spazio di sopravvivenza, il Nord America, la Groenlandia e l'Europa
formavano un unico continente; tuttavia, 65 milioni d'anni or sono le zolle continentali raggiunsero una posizione
simile a quella attuale, cosicché i Primati suoi discendenti si diffusero dall'Europa in Asia e in Africa.
Australopiteco. Secondo il paleontologo Y.Coppens, circa 7 milioni d'anni fa in Africa accadde un evento decisivo
per l'origine dell'Uomo. L'assestamento della crosta terrestre produsse un'immensa frattura lungo l'Etiopia, il Kenya e la
Tanzania: la Rift Valley. Le terre ad Est di questa frattura si sollevarono, formando vasti altipiani; i venti umidi
provenienti da Ovest presero ad infrangersi contro questa nuova barriera, per cui sugli altipiani il clima divenne più
secco e, lentamente, la foresta si diradò lasciando posto alla savana.
Mentre sulle terre basse i Primati continuarono a vivere nella foresta pluviale, sugli altipiani dovettero adattarsi ad
un ambiente più arido e con meno alberi: in seguito a queste diverse condizioni di vita, i primi divennero gli antenati
delle grandi scimmie africane (gorilla e scimpanzé) e i secondi di Australopiteco, progenitore dell'Uomo. Fino a pochi
anni orsono, si credeva che il più antico Australopiteco fosse l'Afarensis, risalente a tre milioni e quattrocentomila anni
fa; tuttavia, un recente ritrovamento avvenuto in Etiopia ha attribuito questa primogenitura al Ramidus, più vecchio di
circa un milione d'anni.
Homo habilis. Sempre stando all'ipotesi di Y.Coppens, il lento inaridimento degli altipiani causò l'estinzione di
Australopiteco, svantaggiato nell'approvvigionamento del cibo in quanto vegetariano e abituato a condurre gran parte
dell'esistenza sugli alberi. Circa 2 milioni d'anni fa, dapprima convivendo con Australopiteco e poi rilevandone il
territorio sugli altipiani, s'affermò il primo vero esponente dell'Umanità: Homo habilis.
Egli s'adattò al mutamento ambientale meglio del suo predecessore poiché era onnivoro e "opportunista", in grado
cioè d'alimentarsi anche con carne e d'approfittare delle carogne abbandonate dai predatori. Homo habilis, a cui
s'attribuisce la prima costruzione di ripari artificiali consistenti in ammassi semicircolari di pietre, si diffuse dall'Africa
orientale a quella meridionale.
Homo erectus. Circa 1.600.000 anni fa, l’evoluzione di Homo habilis produsse Homo erectus, i cui reperti fossili
sono stati ritrovati in Africa, ma anche in Europa e in Asia. Homo erectus affrontò climi più rigidi e ambienti meno
ospitali del suo predecessore, sia perché colonizzò latitudini settentrionali sia perché dovette confrontarsi con le
glaciazioni di Donau, Gunz, Mindel e Riss. Le glaciazioni, alternate ai più caldi periodi interglaciali, modificarono il
territorio, la flora e la fauna e stimolarono l'Uomo a sviluppare capacità culturali: egli imparò a cacciare per rendere più
sicura la propria alimentazione e a costruire capanne per resistere alle intemperie.
L'Uomo moderno. Homo sapiens apparve in Africa 300.000 anni fa. Una sua variante evolutiva, Homo sapiens
neandertalensis (così chiamato da Neandertal, la località tedesca in cui ne furono trovati i primi fossili) si stabilì in
Europa durante la glaciazione di Riss e poi, nel corso dell'interglaciale Riss-Wurm, migrò in Asia centrale. Egli s'adattò
ad ambienti molto diversi gli uni dagli altri: foreste continentali e macchie mediterranee, lande paludose e deserti
tropicali, oasi desertiche e pascoli montani.
Un altro Homo sapiens fu Homo sapiens sapiens (o di Cro Magnon, dal nome della località francese in cui ne
furono scoperti i primi reperti), che comparve in Africa circa 100.000 anni fa e che rappresenta il più avanzato tra gli
stadi di sviluppo della nostra specie. Approfittando dell'abbassamento del livello marino nei periodi glaciali, egli
1Primati. Ordine dei Mammiferi più evoluto nella scala zoologica, al quale appartengono i sottoordini delle scimmie e delle proscimmie.
2Evoluzione. Questa parola fa riferimento alla teoria evoluzionista, secondo la quale le specie animali e vegetali oggi viventi sono il risultato di
trasformazioni intervenute su altre specie più semplici, esistite in epoche geologiche passate.
3Fossile. Organismo animale o vegetale di cui sono conservate tracce nella crosta terrestre, in seguito a processi di mineralizzazione.
popolò tutti i continenti, passando dalla Siberia all'America e dall'Indocina e dall'Indonesia all'Australia; la fine
dell'ultima glaciazione gli impedì tuttavia ulteriori spostamenti via terra, cosicché per decine di migliaia d'anni gli
abitanti dell’America e dell’Oceania rimasero separati dagli Europei, dagli Asiatici e dagli Africani.
Il periodo post-glaciale. L'esaurirsi della glaciazione di Wurm (12.000 anni fa) comportò un lento assestamento
climatico e ambientale. Per trovare le risorse necessarie a fronteggiare densità demografiche4 troppo alte, l'Uomo
imparò ad allevare gli animali e soprattutto a coltivare la terra; inoltre, ridusse progressivamente i manti erbosi e i
boschi con abbattimenti ed incendi, per far posto a campi e pascoli. Sottraendo spazi alla natura selvaggia in modo
sempre più organizzato e incisivo, divenne protagonista delle prime, profonde trasformazioni dell’ambiente.
Queste trasformazioni, che inizialmente interessarono solo una ridottissima minoranza di uomini, cominciarono nel
Vicino Oriente e coinvolsero via via l'Asia sud-orientale, il Nord-Africa, l'Europa e l'America. Non più condizionate
dalla necessità d'inseguire le prede, le comunità di agricoltori abbandonarono capanne e caverne, stabilendosi vicino ai
corsi d'acqua in villaggi e più tardi in città Molti animali selvatici, privati dei consueti alimenti, sopravvissero solo per
la lentezza dell'avanzata umana; altri s'estinsero; altri ancora, rivelatisi utili, furono addomesticati.
Capitolo terzo.
L’EPOCA.
L'uomo adotta una strategia genetica K orientata. Ogni specie vivente attua una strategia riproduttiva in grado di
ridurre i rischi d'estinzione dovuti alla mancata trasmissione di geni dai genitori ai figli. Gli studiosi individuano a tale
proposito due tendenze, definendole con le sigle "R orientata" e "K orientata" (cfr.La ricerca e le fonti: "Strategie della
crescita demografica"). Nel primo caso, la specie partorisce una prole numerosa e la accudisce poco o nulla; nel
secondo, riduce il numero dei figli, ma dedica un tempo più lungo a svezzarli e addestrarli. Una rana mette al mondo
innumerevoli girini, poi li abbandona confidando che i migliori sfuggano alla selezione naturale; l'uomo mette al mondo
un erede alla volta e lo protegge per molti anni con cure costanti. L'educazione e la cultura che contraddistinguono la
nostra specie sono i comportamenti estremi di una specie "K" orientata.
Stazione eretta e capacità manipolatoria. Probabilmente, Australopiteco imparò a reggersi sui piedi per avvistare i
predatori nella savana. I suoi arti anteriori si liberarono dai compiti di movimento e, grazie al pollice opponibile ed alle
unghie laminari ereditati dai Primati, le sue mani divennero prodigiosi strumenti, capaci d'esercitare le prese di forza e
di precisione. Tutti gli utensili prodotti in seguito dall'umanità furono solo "protesi" per colmare deficienze fisiche:
dall'ascia di pietra scheggiata al computer, l’intera storia della tecnologia può essere interpretata in tal senso.
La stazione eretta, pur non ancora permanente, indusse in Australopiteco uno sviluppo della cavità cranica destinata
ad ospitare il cervello a discapito della porzione mandibolare. La specializzazione della mano e del cervello fornì
rilevanti vantaggi, ma lo scarico dei pesi sulla colonna vertebrale sorretta da due soli arti divenne responsabile di
malformazioni e dolori dorsali (scoliosi, lordosi, artrosi...).
Capacità d'adattamento e linguaggio. Con Homo habilis, la stazione eretta fu completamente acquisita, il cervello
crebbe ancora e la dentatura s'adattò ad una dieta onnivora, composta sia di vegetali sia di carne. La mancanza di
specializzazione stimolò l'adattamento a qualsiasi ambiente e la versatilità, intesa come capacità di operare in situazioni
differenti, divenne una vera e propria strategia di sopravvivenza.
I crani fossili di Homo habilis mostrano due protuberanze in corrispondenza delle aree cerebrali sedi del linguaggio;
anche la discesa della laringe nella gola, conseguente la stabilizzazione della postura eretta, conferma la possibilità di
esprimersi con un linguaggio articolato (cfr.La ricerca e le fonti: "Gli esseri umani sono nati per parlare?").
Grazie al linguaggio verbale, l’Uomo riuscì ad elaborare ed esprimere meglio l'esperienza. Cacciare e raccogliere
vegetali, orizzontarsi nello spazio e difendersi uscirono da una dimensione individuale e divennero un patrimonio
comune. Con Homo habilis, cultura ed educazione (cioè produzione e trasmissione di conoscenze) entrarono
definitivamente a far parte del bagaglio umano: una mappa di parole si sovrappose al mondo concreto.
Sessualità e socialità. L'aggregazione sociale umana, come quella di altri animali, deriva da necessità elementari,
quali la procreazione, l'approvvigionamento alimentare e la difesa; tuttavia, presso di noi questo comportamento ha
assunto caratteri del tutto particolari. Ad esempio, l'attrazione sessuale e la scelta del partner sono regolate, oltre che da
funzioni biologiche, anche da elementi culturali: non solo l'olfatto, ma anche l’idea del bello risulta decisiva; di più,
l'accoppiamento non conosce i limiti temporali imposti agli altri Mammiferi dall'ovulazione periodica.
4Demografia. Studio dei fenomeni quantitativi riguardanti la popolazione; la densità demografica descrive il rapporto fra numero di abitanti e
superficie di un territorio.
Questi fattori favoriscono convivenze durature, utili a sostenere sia la femmina nel periodo di allevamento dei
piccoli, sia la prole tarda a rendersi autonoma. Le aggregazioni familiari conobbero diverse forme, dalla promiscuità
delle origini alle successive poligamia e monogamia5, e si rivelarono fondamentali per la divisione dei compiti: le
femmine, ostacolate dalla gestazione e dall'allevamento dei figli, si dedicarono alla raccolta dei vegetali nei dintorni del
campo, mentre i maschi si occuparono della caccia e dell'asportazione di parti commestibili dalle carogne.
Produzione e socialità. In un ambiente in cui le risorse della sopravvivenza erano oggetto della spietata concorrenza
dei Carnivori e in cui l'Uomo rischiava continuamente di diventare una preda, gli individui adottarono comportamenti
altruistici organizzandosi in gruppi (cfr.La ricerca e le fonti: "Le basi biologiche dell'altruismo").
La necessità di procacciare cibo fu meglio risolta con la produzione di utensili: in particolare, le punte di pietra
scheggiata, legate alla sommità di aste di legno, fornirono armi adatte alla caccia di animali di grossa taglia. Questi
utensili aumentarono le capacità di difesa e resero disponibili alimenti più abbondanti e nutrienti.
La caccia grossa era impraticabile da singoli individui, in quanto richiedeva operazioni complesse quali identificare
e seguire impronte, tendere agguati, attaccare ed abbattere la preda, squartarla e trasportarla al campo. Per questo, i
maschi adulti accentuarono la cooperazione e i gruppi aggregarono un maggior numero di membri.
Il fuoco. Almeno 500.000 anni fa, Homo erectus iniziò ad utilizzare sistematicamente il fuoco, sebbene non
sappiamo se fosse già in grado di accenderlo o se si accontentasse di conservarlo. In ogni caso, il fuoco entrò a far parte
delle quotidiane abitudini umane, divenendo fonte di luce e calore, arma, energia per trasformare cibi e materiali e forza
magico-religiosa. La cottura distinse l'Uomo dalle fiere; gli alimenti, divenuti più teneri e assimilabili, resero superflue
mandibole troppo potenti. Conservare e utilizzare il fuoco richiesero tempo e, soprattutto, cooperazione: in questo senso
si può affermare che la prima, grande innovazione tecnologica abbia rafforzato la vita associata.
Caverne e sepolture. Homo sapiens neandertalensis visse in un periodo prevalentemente glaciale e, per difendersi
dal clima rigido, specie in Europa abbandonò le capanne e adottò come dimora le caverne. In questo spazio, iniziò a
seppellire i morti, attribuendo a quest'atto un carattere rituale6, evidenziato dalla deposizione dei cadaveri in fosse dalle
pareti colorate e dal corredo di manufatti litici e vivande.
Nei dintorni delle caverne, Homo sapiens neandertalensis lasciò i primi segni di un'espressione non più solo orale,
come le incisioni su ciottoli od ossa e le coppelle, semisfere scavate nella pietra. In particolare, le coppelle, forse uno
dei primi simboli7 inventati, con l'andare del tempo si diffusero in tutto il mondo.
L'esperienza dei neandertaliani fu dunque fortemente caratterizzata sotto il profilo culturale: essi non
s'accontentarono più di soddisfare i bisogni primari, come alimentarsi e riprodursi, ma si spinsero ad affrontare i grandi
nodi della vita e protessero le comunità con forme di culto, cerimonie e rappresentazioni.
Le prime manifestazioni artistiche. Contemporaneamente a Homo sapiens neandertalensis, in Africa sud-orientale
altri uomini lasciarono prove dell'aumentata importanza della cultura, dipingendo l'interno delle grotte con immagini
d'animali e simboli. Il dibattito fra gli studiosi riguardo all'interpretazione di queste prime forme d'arte (così come delle
successive "Veneri", statuine raffiguranti figure femminili di solito gravide) è ancora lontano da sicure conclusioni.
Tuttavia, il paletnologo A.Leroi-Gourhan afferma a proposito: "Se possiamo affermare che per Homo sapiens sapiens,
immerso nella concretezza del vivere, non esistesse probabilmente l'astratto, ugualmente e senza tema di smentita
possiamo sostenere che egli praticasse l'astrazione (cioè la rappresentazione della realtà mediante l'intelletto, N.d.R.)."
Paleolitico e Neolitico. La preistoria è suddivisa in due periodi in base alle tecniche di lavorazione della pietra: il
Paleolitico (Età della pietra antica) indica il periodo pleistocenico in cui gli utensili erano prodotti scheggiando i
ciottoli; il Neolitico (Età della pietra nuova) definisce invece il periodo olocenico in cui gli utensili venivano anche
levigati.
Il salto qualitativo fu notevole, visto che fattura e funzionalità degli utensili risultarono ampiamente migliorate;
tuttavia, l'importanza del passaggio dal Paleolitico al Neolitico superò di gran lunga quest'innovazione tecnologica. I
tempi nuovi videro una trasformazione complessiva del modo di vivere umano: con il Neolitico, l'Uomo cessò d'essere
solo un predatore e passò ad un'economia di produzione, divisa fra agricoltura ed allevamento.
Per rendere l'idea del radicale rovesciamento delle condizioni di vita, negli anni Cinquanta l'archeologo V.Gordon
Childe coniò la definizione "rivoluzione agricola". La lentezza con cui questo processo si compì (si tenga presente che
5Monogamia, poligamia. Sistemi in base ai quali, un solo uomo può unirsi in matrimonio rispettivamente con una o più donne.
6Rito. Insieme di procedure (azioni, preghiere, formule...) che, disposte secondo una successione prestabilita, sono ritenute necessarie per
stabilire il rapporto con la divinità nel corso di una cerimonia.
7Simbolo. Può essere un oggetto, un elemento materiale, una persona, un animale o una raffigurazione che rappresenti un'entità o un valore
astratto, un principio generale.
alcune popolazioni della Terra vivono ancor oggi di caccia e di raccolta) fece in seguito preferire ad altri studiosi
l'espressione "transizione".
La "rivoluzione agricola". Per centinaia di millenni, i primitivi erano sopravvissuti accontentandosi di ciò che la
natura offriva loro, spostandosi continuamente alla ricerca di vegetali da raccogliere e di animali da cacciare. Con la
fine delle glaciazioni e l'avvento del Neolitico, questo rapporto con l'ambiente mutò con rapidità: l'agricoltura e
l'allevamento permisero agli uomini di risiedere in modo duraturo in uno stesso luogo, là dove potevano ricavare le
risorse necessarie; la stanzialità8 favorì la concentrazione delle genti, rinnovò i legami tra gli individui e rese più stabili
l'accumulazione e la trasmissione di conoscenze.
La divisione sessuale del lavoro fu mantenuta e approfondita: le femmine, conoscitrici della flora, coltivarono i
primi orti; i maschi, esperti della fauna, addomesticarono il bestiame. La maggior disponibilità d'alimenti liberò alcuni
membri delle comunità dal compito di produrre cibo e consentì loro di dedicarsi ad altre attività. Se prima ogni
individuo era portatore di un sapere generico, adatto a fronteggiare tutte le difficoltà, ora tese ad acquisire competenze
specializzate che si concretizzarono in straordinarie innovazioni tecnologiche: dalla zappa all'aratro, dalla ceramica alla
ruota, dal carro alla vela.
Ricchezza e potere. La stanzialità portò a riconsiderare i modi di convivere degli individui. Nelle comunità, i
maschi, forti dell'importanza del bestiame nella coltivazione dei cereali, assunsero la direzione di ogni attività
produttiva; le donne, viceversa, vennero confinate a mansioni secondarie, in special modo domestiche. Il potere
acquisito dai maschi sulle femmine delineò un sistema patriarcale9; la gestione comune dei beni fece posto al possesso
maschile e privato, che s'estese dagli animali alle terre e si trasmise per via patrilineare10.
Da un relativo egualitarismo, nei villaggi si passò ad una ridistribuzione ineguale della ricchezza e a rapporti basati
sulla distinzione tra chi comandava e chi doveva ubbidire. Grazie all'esperienza e al sapere tecnico, i maschi anziani
dominarono le comunità. Dalla loro cerchia emersero due figure dotate di prestigio e di privilegio: un capo militare,
incaricato di coordinare gli sforzi per difendere e, se possibile, di estendere i possessi a danno d'altri gruppi; uno
stregone, a cui fu invece delegato il compito di propiziare la fecondità del bestiame e della terra con riti magici.
La città. Le città, formatesi a partire dal VII millennio a.C., ereditarono molte caratteristiche dei villaggi. Negli
insediamenti urbani, la tradizionale gerarchia11 sociale divenne ancor più rigida e un baratro incolmabile separò chi
possedeva il potere e la ricchezza da chi ne era escluso. Il re, i nobili guerrieri possessori di terre ed animali ed i
sacerdoti esercitarono un dominio assoluto; artigiani e mercanti, fabbricando e scambiando manufatti progrediti,
trassero vantaggio dalla loro specializzazione; i contadini, pur essendo gli unici a produrre le indispensabili risorse
alimentari, non ebbero che lo stretto necessario alla sopravvivenza.
8Stanzialità. Modo di vivere di chi dimora stabilmente in un luogo; sinonimo di sedentarietà.
9Patriarcato. Tipo di organizzazione che, dalla famiglia alla società, si fonda sul predominio maschile.
10Patrilinearità. Sistema di passaggio ereditario dei beni e dei diritti di padre in figlio.
11Gerarchia. Insieme di persone ordinato secondo rapporti di supremazia e subordinazione.
MATERIALI PER L'APPROFONDIMENTO.
DAL BIG BANG AI PRIMATI.
Le origini del sistema solare e della Terra. Gli scienziati ipotizzano che 15-11 miliardi d'anni fa esistesse ciò che
oggi è chiamato "uovo cosmico", una concentrazione di materia a densità e temperatura infinitamente elevate. Questo
"uovo cosmico" sarebbe poi scoppiato dando luogo al "big bang" (grande esplosione), in seguito al quale la materia
avrebbe iniziato ad espandersi. Lentamente, si sarebbe formato l'Universo e la temperatura dei corpi celesti sarebbe
gradualmente diminuita.
Molto tempo dopo, circa 5 miliardi d'anni fa, da una nebulosa primitiva si sarebbe formato il sistema solare. La
Terra sarebbe stata un ammasso freddo, progressivamente riscaldato dall'impatto di meteoriti, dalla pressione dei suoi
strati interni e dall'emissione di radioattività di alcuni suoi elementi (uranio, torio...). I gas leggeri della prima atmosfera
sarebbero stati sostituiti da gas pesanti, emessi dai vulcani; una coltre di vapore avrebbe avvolto il nostro pianeta,
originando le precipitazioni; le piogge avrebbero allagato la crosta terrestre e formato un immenso oceano.
Gli esordi della vita. Proprio nell'oceano si svilupparono i primi organismi viventi, aggregati di grandi molecole
(macromolecole) in grado di riprodursi e di nutrirsi per fermentazione: è questo ciò che si è soliti definire come "brodo
primordiale". Nell’acqua presero vita le alghe azzurre, che traevano nutrimento trasformando acqua ed anidride
carbonica per mezzo della luce (processo di fotosintesi). La produzione d'ossigeno da parte delle alghe trasformò
l'atmosfera e permise la formazione dell'ozonosfera12, senza la quale nessuna forma di vita sarebbe stata possibile sulla
terra emersa. Circa 750 milioni d'anni fa, sul finire del Precambriano, la fauna era già piuttosto differenziata e
comprendeva invertebrati, quali i vermi e i progenitori delle attuali meduse.
Dal mare alla terraferma. Durante l'era Paleozoica, 440 milioni d'anni fa (periodo Siluriano), l'orogenesi
caledoniana13 mutò l'assetto geologico del pianeta, sollevando catene montuose in tutta la parte settentrionale
dell'emisfero boreale e in Australia, Africa e Sud America. In questa fase, nel mare comparvero i primi vertebrati,
mentre alcune piante (muschi) ed alcuni invertebrati marini svilupparono le condizioni per passare alla vita terrestre.
I blocchi continentali emersi con l'orogenesi caledoniana furono tre: uno asiatico, uno australe e uno
nordamericano-europeo. Quest'ultimo, caratterizzato nel periodo Devoniano (400-360 milioni d'anni fa) da un
andamento climatico che alternava periodi umidi e secchi, vide stabilirsi sulla terraferma una flora di felci arboree e una
fauna di anfibi, pesci costretti dalla ciclica variazione del livello di fiumi e di laghi ad adattarsi a condizioni di vita
nuove.
Dai Rettili ai Mammiferi. Verso la fine del periodo Carbonifero (360-290 milioni d'anni fa), il continente australe si
scontrò con quello nordamericano-europeo (orogenesi ercinica) e nel successivo periodo Permiano (290-250 milioni
d'anni fa) si formò un unico, grande continente: la Pangea. Se il Carbonifero fu caratterizzato da foreste di conifere
pullulanti di anfibi ed insetti, il Permiano fu contrassegnato dai rettili, apparsi una fase climatica secca.
L'era Mesozoica (250-65 milioni d'anni fa) vide il graduale smembrarsi della Pangea e la sua divisione negli attuali
continenti. Essa fu dominata dai grandi rettili, ma, sul finire del periodo Triassico (225-180 milioni d'anni fa),
comparvero i primi mammiferi e, nel Giurassico (180-80 milioni d'anni fa), gli uccelli. Il periodo Cretacico (80-65
milioni d'anni fa) vide l'improvvisa estinzione di molte forme di vita, compresi i grandi rettili, forse a causa di un
mutamento climatico dovuto alle eruzioni vulcaniche o alla caduta sulla superficie terrestre di un asteroide.
Mammiferi e Primati. Dal punto di vista geologico, l'era Cenozoica (65-2 milioni d'anni fa) fu contrassegnata
dall'orogenesi alpino-himalayana, che in Asia, Europa ed America del Nord e del Sud sollevò le catene montuose oggi
più elevate. Sotto il profilo botanico, questa fase vide l'evoluzione delle Angiosperme (piante provviste di fiori); sotto
quello zoologico l'evento più importante fu la dominazione della terraferma da parte dei Mammiferi, che si
differenziarono in un gran numero di specie, fino a raggiungere la massima complessità con l'ordine dei Primati.
12Ozonosfera. Strato alto dell'atmosfera, particolarmente ricco di ozono, un composto dell'ossigeno in grado di filtrare i raggi solari ultravioletti.
13Orogenesi. Insieme dei fenomeni che determinano la formazione delle catene montuose.
LE GLACIAZIONI.
I tempi delle glaciazioni. Durante l’era Neozoica (da 2 milioni d'anni fa ad oggi), l'emisfero boreale fu segnato
dall'importante fenomeno geologico e climatico delle glaciazioni. La prima glaciazione, detta di Biber, si svolse nel
Pliocene (era Cenozoica) in tempi precedenti la presenza di ominidi; la seconda, detta di Donau e posta a cavallo tra
Pliocene e Pleistocene (2.5-1.8 milioni d'anni fa), accompagnò l'evoluzione di Australopiteco e di Homo habilis.
Del tutto pleistoceniche e strettamente intrecciate alle vicende umane risultano le ultime quattro glaciazioni, che
prendono il nome da affluenti del Danubio presso il cui corso ne sono state studiate le tracce negli strati della crosta
terrestre. Le glaciazioni di Gunz (1.2-0.9 milioni d'anni fa) e di Mindel (800-700 mila anni fa) influirono sulle vicende
di Homo erectus; quelle di Riss (400-250 mila anni fa) e Wurm (75-18 mila anni fa) sui destini di Homo sapiens.
Gli effetti geoclimatici. L'inizio di un periodo glaciale era segnato da un incremento delle precipitazioni nevose alle
latitudini più settentrionali e dal graduale accumulo delle nevi impossibilitate a sciogliersi nelle brevi e fresche estati.
L'avanzata delle masse glaciali coinvolgeva via via zone più meridionali, fino a raggiungere un'estensione pari ai due
terzi della superficie delle terre emerse; al tempo stesso, le acque marine parzialmente ghiacciate si abbassavano di
livello e lasciavano emergere ampi tratti di costa. La diminuzione dell’acqua produceva un rallentamento delle
precipitazioni e, con lentezza, dal periodo glaciale si passava ad un periodo interglaciale, in cui la temperatura
riprendeva a salire, le masse di ghiaccio a fondersi e a ritirarsi, le acque a crescere di livello e le fasce costiere a
sommergersi. Glaciazioni e periodi interglaciali erano responsabili del modellamento di ambienti fisici: la discesa delle
masse glaciali lungo i pendii generava dorsali moreniche e valli; il fluire delle acque approfondiva le valli e, col
trasporto dei detriti, creava ampi depositi alluvionali.
Gli effetti sull'ambiente. Glaciazioni e periodi interglaciali condizionavano anche lo sviluppo della flora e della
fauna, così come confermano le osservazioni a proposito dell'interglaciale Riss-Wurm e della glaciazione di Wurm.
Nell'interglaciale il clima caldo risalì verso Nord: in Europa centro-meridionale si formò un tipico ambiente di savana,
popolato da elefanti, ippopotami, leoni, cervi, bovini ed equini selvatici; in Africa, le foreste si strinsero a ridosso delle
valli fluviali, cedendo il passo a savane in cui dimorarono carnivori ed ungulati.
Durante successiva la fase glaciale, la tundra gelata e i grandi ghiacciai si spostarono a basse latitudini. Il suolo
sgelò in estate solo superficialmente, rendendo possibile una minima vegetazione di muschi e licheni; in zone appena
più meridionali, soprattutto nei mesi meno freddi, la prateria ospitò grandi erbivori, quali renne, buoi muschiati,
mammut e rinoceronti lanosi; ancora più a Sud, s'estesero foreste di conifere e di betulle, abitate da orsi, camosci, alci e
castori; verso il tropico del Cancro, antilopi, cavalli, cammelli e stambecchi vissero fra steppe e deserti freddi; intorno
all'equatore, la vegetazione aumentò straordinariamente e nella foresta pluviale, che occupava l'assoluta maggioranza
degli spazi africani, prosperarono insetti, anfibi, uccelli e mammiferi di piccole dimensioni, come le scimmie.
L'EVOLUZIONISMO.
Il problema delle origini presso gli antichi. Qual è l'origine dell'Uomo? E’ stato creato o è il risultato di un lungo
processo di trasformazione? Le leggi che regolano la natura valgono anche per l'Uomo? Nella scala degli esseri viventi
qual è il suo posto?
La civiltà greca formulò affascinanti, accomunate dalla convinzione che nulla potesse nascere dal nulla. Esiodo
riteneva che il mondo si fosse formato dal caos; Anassimandro pensava che gli uomini fossero nati dentro ai pesci;
Eraclito descrisse la vita come un incessante divenire; Aristotele tramandò ai posteri l'idea di un Universo eterno, in cui
le specie si riproducevano immutate.
La Bibbia, testo sacro della tradizione ebraica, fornì invece risposte d’altro tipo: Dio avrebbe creato in sei giorni il
mondo con tutte le specie animali e vegetali esistenti e al suo centro avrebbe posto l'Uomo.
Il “creazionismo” biblico e i suoi dubbi. Con l'affermarsi del Cristianesimo in Occidente, la Bibbia fu ritenuta
l'unica fonte attendibile per stabilire le origini della Terra e dell'Uomo. Nel Seicento, un vescovo irlandese credette di
calcolare il giorno esatto della creazione del mondo: venerdì 23 marzo del 4004 a.C. Nel Settecento, il famoso
naturalista C. Linneo (1707-1778) affermava che le specie erano tante quante ne aveva create Dio (teoria della fissità
delle specie). Ancora ad inizio Ottocento, il passato non superava la barriera del 5.000 a.C.
Tuttavia, già dall'età Moderna, cominciò a vacillare l'idea di un Uomo statico, senza antenati, figlio di Adamo e
superstite al diluvio, antico quanto lo lasciava immaginare la Bibbia. Gli eventi conosciuti non sembravano riducibili ad
un tempo così limitato e i reperti fossili iniziavano a testimoniare la presenza in un passato lontano di animali ormai
estinti.
G.Cuvier (1769-1832) cercò di risolvere il problema ipotizzando che le catastrofi naturali fossero responsabili
dell'estinzione di alcune specie e della migrazione di altre. Pur essendo schierato dalla parte di chi propugnava la fissità
della specie, egli condusse ricerche d'anatomia comparata e collaborò con alcuni geologi, indicando metodologie e
raccogliendo materiali che sarebbero risultati indispensabili ai sostenitori dell'evoluzionismo.
J.B.Lamarck (1774-1829) pose le basi della concezione storica della natura. Egli affermò che le specie sono
soggette a trasformazioni e che i loro cambiamenti sono dovuti alla necessità d'adattarsi all'ambiente, secondo la regola
per cui la funzione crea l'organo. Per esempio, nel corso dei millenni, le giraffe avrebbero allungato il proprio collo al
fine di nutrirsi delle alte fronde degli alberi, altrimenti il loro destino sarebbe stata l'estinzione per fame.
Nell’opera Principi di geologia (1833), C.Lyell (1797-1875) nsostenne che, per spiegare la storia della Terra, si
doveva ricorrere a forze naturali ancora operanti, quali i fenomeni atmosferici, le eruzioni vulcaniche e le erosioni da
parte delle acque. Egli cercò di stabilire regole scientifiche svincolate dalla fede per rendere ragione della varietà dei
fenomeni esistenti e della loro trasformazione nel tempo.
La teoria evoluzionista di Charles Darwin. Solo allorché Darwin (1809-1882) pubblicò "L'origine della specie"
(1859), il termine "evoluzione" incominciò a far parte del bagaglio di conoscenze della comunità scientifica. Egli
riprese le tesi di Lamarck, ma le capovolse affermando che ogni animale nasce con un corredo comune alla propria
specie e con caratteristiche individuali; queste ultime, se vantaggiose, favoriscono la sopravvivenza nella lotta per la
vita, cosicché gli esemplari più adatti ad un determinato ambiente hanno maggiori probabilità di trasmettere i propri
geni. Dunque, solo le giraffe dal collo più lungo sono destinate a perpetuare la specie.
Egli considerava l'evoluzione come un meccanismo di selezione naturale che, premiando i più adatti e condannando
all'estinzione gli inadeguati, a partire dagli esseri primigeni raggiungeva gradi di complessità crescente fino alla
comparsa dell'Uomo, i cui antenati erano probabilmente gli stessi delle scimmie. S'affermavano così in modo definitivo
sia la visione storica della natura sia l'inclusione della nostra specie nella natura: crollavano il creazionismo e il
principio per cui all'Uomo spetta un posto d'eccezione rispetto a ciò che lo circonda.
Darwin ancora non disponeva di un'abbondante documentazione fossile ed elaborò le proprie tesi rivoluzionarie
soprattutto grazie alle osservazioni raccolte in cinque anni di viaggio intorno al mondo ed allo studio degli incroci di
specie animali e vegetali domestiche. La conferma documentale dell'evoluzione avvenne solo successivamente, con il
moltiplicarsi degli sforzi dei paleontologi; le scoperte di fossili riguardanti Primati ed ominidi delinearono in modo più
articolato il processo che porta alla formazione dell'Uomo attuale.
Un'interpretazione contemporanea della teoria evoluzionista. Tuttora, le intuizioni di Darwin rimangono valide,
anche se sono sottoposte a critiche e modifiche. Lo scienziato contemporaneo S.J.Gould (docente di Geologia, Biologia
e Storia della scienza all'Università di Harvard, U.S.A) propone un'originale rilettura dell'opera del grande maestro.
Nella concezione di Gould, l'evoluzione non è una trasformazione graduale e lineare dal semplice al complesso, ma,
al contrario, si presenta come un processo irregolare e contrassegnato da salti. A lunghi periodi di stagnazione, durante i
quali le specie si riproducono immutate, seguono fasi critiche in cui la forte pressione ambientale garantisce la
sopravvivenza solo agli esseri in grado d'adattarsi. "La vita non è un rassicurante albero genealogico che certifica la
nostra nobiltà e inevitabilità, ma un cespuglio che si ramifica abbondantemente, e che viene continuamente sfrondato
dalla sinistra mietitrice delle estinzioni di massa".
Le trasformazioni della vita sono regolate dal caso, che non premia i migliori ma solo quelli che sopravvivono per
circostanze fortunate. L'evoluzione è imprevedibile e non elimina il superfluo, ma la quantità: ad esempio, alla fine del
Cretacico, un evento ancora misterioso distrugge gran parte delle forme di vita esistenti, cancella dalla Terra i
dinosauri, che spadroneggiavano in cielo, terra ed acqua, e premia esseri più indifesi come i Mammiferi. "(...) Sia
chiaro, la vita non esiste per noi: noi siamo una casuale decorazione appesa all'albero di Natale dell'evoluzione".
UNITA' DIDATTICA D’APPROFONDIMENTO 1.
L'EVOLUZIONE UMANA.
Capitolo primo.
L'EREDITA' DEI PRIMATI ARBORICOLI.
Primati ed arboricolità. Alla fine del Mesozoico, i Primati erano Mammiferi piccoli, astuti e veloci, diffusi in
America, Africa ed Asia. Alcuni di essi, costretti a rifugiarsi sugli alberi dall'aggressività dei Carnivori e dalla
concorrenza alimentare dei Roditori, svilupparono artigli prensili per appendersi alle fronde degli alberi e una vista
acuta per saltare sui rami di notte, quando la minaccia dei predatori si attenuava.
Arboricolità e convergenza orbitale. Per valutare la distanza tra i rami e ridurre il pericolo di spiaccicarsi al suolo,
nei Primati si trasformò la posizione delle orbite oculari, che da laterali al capo divennero frontali (convergenza
orbitale). Questo fatto è di grande importanza, sia perché diede loro una vista tridimensionale sia perché è alla base
della nostra capacità di percepire le altezze e le distanze. Con il lento passaggio dalla vita notturna alla vita diurna, poi,
gradualmente aumentò la capacità di distinguere i colori e le aree del cervello destinate alla rielaborazione degli stimoli
visivi divennero più ampie e complesse.
Arboricolità ed apparato masticatorio. Sugli alberi, i Primati presero a nutrirsi di piccole prede, come insetti e
larve, oltre che di teneri vegetali. I loro denti si ridussero di numero, ma mantennero la mancanza di specializzazione
tipica di tutti gli onnivori: gli incisivi non assunsero una forma a scalpello come nei roditori; i canini non divennero né
troppo lunghi né eccessivamente aguzzi, come nei carnivori; i molari furono meno robusti di quelli degli erbivori. Con
la ridefinizione dell'apparato masticatorio, i denti si rimpicciolirono: lo spessore dell'avorio si ridusse e, di conseguenza,
aumentarono malattie quali infezioni gengivali e carie.
Anche la mancanza congenita del dente del giudizio può essere fatta risalire a un analogo processo di adattamento,
se pensiamo che il tempo dedicato dall'uomo moderno occidentale alla ricerca del cibo è trascurabile a paragone di
quello dedicato da una scimmia o da un uomo primitivo. Lo studio dei resti scheletrici di popolazioni antiche ci
dimostra che nel Paleolitico superiore solo l'11.8% degli individui ne era privo e che nell'antico Egitto questo tasso era
già salito al 12.5%, mentre oggi il dente del giudizio è decisamente meno presente e quasi sempre piccolo, mal posto,
cariato o circondato da infiammazione.
Arboricolità e mano. Un'altra importante conseguenza dell'arboricolità dei Primati riguarda gli arti anteriori. La
"mano" sostituì parte delle funzioni specifiche dell'apparato boccale e dell'olfatto, afferrando e trattenendo il cibo e
riconoscendo gli oggetti col tatto. Divenuti inutili, gli artigli si trasformarono in unghie piatte ed il primo dito acquisì
l'opponibilità, cioè si allontanò dalle altre quattro dita acquisendo la possibilità di toccarne i polpastrelli. La funzione
prevalente della "mano" rimase la presa di forza, necessaria per appendersi ai rami, e prensile fu pure la coda, una
traccia della quale persiste ancor oggi nel feto umano gettando luce sulle nostre origini.
Arboricolità e capacità comunicativa. Pur vivendo sugli alberi, i Primati erano ugualmente predabili, tanto che per
ridurre i rischi dovettero sviluppare un comportamento sociale cooperante. La capacità di comunicare con la mimica
facciale fu preparata dall'assenza di pelo sul muso e dall'aumento del numero di muscoli facciali; pure l'emissione di
frequenti suoni di tonalità alta servì a tener lontani i nemici e anticipò la vera e propria comunicazione vocale.
Capitolo secondo.
L'EREDITA'DEGLI OMINIDI.
La stazione eretta. Un ulteriore passo avanti nella selezione naturale avvenne quando, a causa del restringimento
delle foreste equatoriali per cambiamenti climatici, tra i Primati si accese una forte competizione. La penuria di frutti ed
insetti li stimolò dapprima a scendere a terra e poi li spinse ai margini della foresta; in un lungo arco di tempo,
sperimentarono nuove modalità di vita, cosicché forma e funzioni del corpo, abitudini alimentari e comportamenti
subirono forti trasformazioni.
Spostarsi nella savana significò affrontare un nuovo ambiente, reso pericoloso dalla presenza di grandi Carnivori
(Felidi, Canidi...) ma anche ricco di stimoli. Fu probabilmente a questo punto dell'evoluzione che la postura eretta,
occasionale nelle scimmie antropomorfe14 africane (scimpanzé e gorilla), divenne abituale negli Ominidi. Possiamo
immaginare che questi ultimi passassero molto tempo ritti sugli arti posteriori a scrutare la prateria, al di sopra della
barriera visiva costituita dalle erbe alte, per avvistare in tempo utile i predatori.
La stazione eretta è documentata in Africa, a partire da circa 4 milioni di anni fa, dalle impronte fossili di Laetoli
(Tanzania) scoperte nel 1978. L'acquisizione di questa postura comportò una riorganizzazione di tutto l'apparato
locomotorio, che interessò lo scheletro, le articolazioni, i muscoli, i centri dell'equilibrio e gli organi interni (utero e
canale del parto...).
Stazione eretta e scheletro. Il passaggio al bipedismo modificò l'assetto dello scheletro. Fra i Primati, le scimmie
quadrupedi hanno un asse vertebrale parallelo al suolo e perpendicolare alle linee di forza del campo gravitazionale: a
causa della coesione delle vertebre, l'asse è assai rigido e il peso del corpo si scarica in modo più o meno uniforme sugli
arti anteriori e posteriori, impegnati sia nell'appoggio sia nella locomozione.
La situazione è diversa nelle scimmie antropomorfe a stazione semi-eretta, per le quali l'appoggio e lo scarico delle
forze avvengono prevalentemente sulle zampe posteriori, mentre quelle anteriori hanno solo compiti secondari.
Nell'uomo, invece, lo scarico di tutte le forze avviene lungo l'asse verticale della colonna vertebrale, fino all'osso
sacro; quest'ultimo, più robusto e basso, trasmette ogni sollecitazione alle anche e consente di dividere equamente il
peso sugli arti inferiori.
Stazione eretta ed arti. Quando l'uomo è fermo ed eretto, il centro di gravità cade all'interno della superficie
d'appoggio di entrambi i piedi; diversamente, quando si muove, l'intero peso del corpo viene sostenuto da un solo
piede. Per questa ragione, la struttura del piede è contemporaneamente compatta ed elastica: l'alluce non è più
opponibile, la mobilità delle dita è ridotta e le ossa consentono un appoggio ottimale sul terreno.
La funzione prevalente della mano, ormai libera dall'appoggio, è perciò la presa di precisione, che consiste
nell’opposizione del pollice all'indice e al medio. In particolare, la mano umana si distingue da quella degli altri Primati
per la notevole sensibilità tattile e per l'elevata coordinazione motoria che, con il linguaggio articolato, permette di
esprimere il pensiero e costituisce una vera e propria proiezione del cervello.
Stazione eretta e fonazione. Collegabili all'acquisizione della postura eretta furono pure l'abbassamento della laringe
e il conseguente allungamento del canale vocale, piegato ad angolo retto. Variando l'ampiezza del cavo orale e
muovendo la lingua, le corde vocali riescono ad emettere suoni modulati: le vocali. Più semplicemente, le consonanti si
ottengono frapponendo un ostacolo (come denti, lingua o labbra) ai suoni delle vocali.
Di pari passo, nel cervello si formarono due aree, rispettivamente incaricate di controllare i movimenti di lingua e
labbra e di collegare concetti a parole. L'integrazione fra cervello e voce accrebbe l'abilità di comunicazione verbale:
possiamo ad esempio immaginare che la selezione abbia favorito coloro che, nelle battute di caccia, comunicavano con
rapidità ed efficacia usando un linguaggio articolato.
Stazione eretta e cranio. Nella postura quadrupede, l'articolazione del cranio con la colonna vertebrale avviene
lungo un piano orizzontale: di conseguenza, il cranio risulta "appeso" all'asse vertebrale e necessita di poderosi muscoli
sulla nuca. Nei bipedi, invece, il capo poggia sulla spina dorsale come un capitello su una colonna e ciò comporta la
riduzione dei muscoli della nuca e la riorganizzazione delle ossa craniche.
La regione occipitale è quella che subisce le trasformazioni più vistose: tutta la parte del cranio destinata ad ospitare
il cervello assume una forma a globo, mentre la mandibola tende a ridursi. La conseguenza è l'aumento di volume
cerebrale, non collegabile però direttamente con la maggior "intelligenza" che dipende semmai dalla complessità della
struttura del cervello e dalla specializzazione delle sue componenti.
Capitolo terzo.
L'UOMO, UN CUCCIOLO PREMATURO.
La neotenìa. Lo studio comparato dell'Uomo e delle specie più affini suggerisce che noi siamo scimmie
antropomorfe con una crescita ritardata. Visto il nostro sentirci al centro della natura, sorprenderà conoscere il ruolo
svolto dalla neotenìa (letteralmente: attitudine a protrarre la gioventù) nell'evoluzione.
Il neonato umano è una sorta di feto partorito troppo presto, prima che sia pronto alla vita autonoma: solo mesi dopo
il parto i denti escono dalle gengive; inoltre, il cranio si consolida lentamente per consentire al cervello di completare
un processo che lo porta a triplicare il suo peso nei primi due anni di vita. I nostri piccoli, che impiegano più tempo per
14Antropomorfo. Termine che indica la somiglianza tra la forma di un oggetto o di un animale e quella umana.
passare dall'infanzia alla pubertà ed alla maturità rispetto a qualunque scimmia antropomorfa, sono esposti alle
influenze dell'esterno quando sono ancora vulnerabili e perciò vengono protetti a lungo dai genitori.
L'aumento del volume del cranio. Dalle informazioni ricavate dai fossili, sappiamo con certezza che l'andatura
bipede è precedente allo sviluppo di una testa voluminosa. Il volume cranico di Homo erectus è quasi doppio di quello
di Australopitecus afarensis e raggiunge valori massimi pari a quelli medi dell'uomo attuale.
Nel corso dell'evoluzione, la comparsa di grossi cervelli deve aver posto seri problemi di carattere selettivo. Infatti,
con l'acquisizione della stazione eretta si era progressivamente ridotto il bacino, cioè il canale osseo del parto, cosicché
teste sempre più grandi dovevano passare attraverso canali sempre più stretti.
E' evidente che, al momento della nascita, il volume del capo non può essere troppo grande se si vuole assicurare la
sopravvivenza di madre e figlio. Studi specifici hanno dimostrato che il parto di Australopitecus doveva essere
relativamente semplice, mentre per Homo erectus sarebbero potute insorgere complicazioni. Qualche esemplare di
Homo erectus potrebbe aver dato alla luce figli prematuri, la cui neotenìa avrebbe aggirato l'ostacolo delle piccole
dimensioni del bacino senza arrestare la crescita di volume del cervello.
Un modello per spiegare un passaggio evolutivo. Statistiche mediche dimostrano che lo stare a lungo in piedi
durante la gravidanza è uno dei fattori che aumenta il rischio di parti prematuri, forse per la pressione esercitata dal feto
verso il basso. Si può supporre che, per lo stesso meccanismo, la stazione eretta degli Ominidi abbia favorito una
frequenza sempre maggiore di nascite premature al fine di evitare la nascita di figli dal cranio troppo voluminoso.
Altre statistiche mediche accertano che, in rapporto alle dimensioni totali del feto, l'accrescimento del cervello
rallenta notevolmente a partire dalla fine dell'ottavo mese di gestazione per riprendere dopo la nascita. Nei bambini nati
prematuri, invece, la crescita cerebrale continua senza rallentare: la prematurità può rappresentare un fattore di
sovraccrescimento del cervello.
Parecchi indizi sembrano dunque indicare una stretta relazione tra stazione eretta, volume del cranio e del cervello e
nascita di bambini prematuri. Non dev'esser stato un processo privo di inconvenienti. In termini evolutivi, i piccoli
umani, nati sottosviluppati, si trovavano davanti all'alternativa tra morire o essere addestrati; si rivelò vantaggioso il
modello di una scimmia a sviluppo ritardato ma più intelligente. Potrà sembrare un paradosso, ma da esseri
pateticamente indifesi e dotati di buona mente sarebbe derivata l’attuale umanità.
UNITA' DIDATTICA D’APPROFONDIMENTO 2
IL PALEOLITICO.
Capitolo primo.
L’AMBIENTE E ILTERRITORIO.
L'uomo e le forze della natura. Durante i millenni della sua prima evoluzione, l'uomo fu profondamente influenzato
dall'ambiente che lo circondava e mostrò una scarsissima capacità di modificare le forze della natura. I cambiamenti
climatici, soprattutto durante le glaciazioni, condizionarono l'esistenza umana imponendo di volta in volta di trovare le
migliori soluzioni ai problemi posti dalla sopravvivenza: restare in un posto oppure emigrare, formare gruppi ridotti o
numerosi, cibarsi prevalentemente di carne o di vegetali.
Capitolo secondo.
LE RISORSE .
La raccolta dei vegetali. Dopo l'abbandono della vita sugli alberi, Australopiteco mantenne una dieta vegetariana
mentre Homo habilis divenne onnivoro. Sebbene l'alimentazione di quest’ultimo fosse composta anche di carne, il
patrimonio di conoscenza delle piante fu conservato e approfondito, anche perché i mutamenti climatici e ambientali
costrinsero sempre a verificare quali, fra i vegetali disponibili, potessero servire come cibo. Nelle comunità paleolitiche,
l'elemento femminile si dedicò in modo più specifico alla localizzazione dei vegetali commestibili e alla conoscenza dei
loro cicli di maturazione e dei loro meccanismi di riproduzione.
La caccia. Si è abituati a considerare la caccia come la principale risorsa alimentare del Paleolitico, anche se in
realtà i reperti ossei non sempre permettono di capire se gli animali mangiati fossero stati catturati e uccisi oppure
raccolti già cadaveri dopo essere stati abbattuti dai carnivori. Ugualmente, in tempi più prossimi alla domesticazione, è
difficile accertare se gli animali mangiati fossero selvatici o addomesticati.
In genere, si considera Homo habilis un "opportunista" alimentare, cioè un “approfittatore” degli avanzi del pasto di
qualche animale, mentre si sa che Homo erectus, certamente in possesso delle capacità mentali e tecnologiche per
cacciare, praticò sia la cattura sia la predazione di carogne.
Homo erectus e Homo sapiens neandertalensis furono in grado di abbattere solo un numero limitato di specie
animali, visto che le armi di cui disponevano (lance, giavellotti e arpioni) erano efficaci solo contro prede grandi e poco
agili.
Nel tardo Pleistocene, Homo sapiens sapiens divenne un cacciatore specializzato grazie al propulsore15, all'arco e
alle frecce dalla punta ridotta e acuminata, che gli consentirono di colpire prede anche piccole e veloci.
La pesca. Quest'attività è stata spesso considerata di più tarda apparizione e di minor importanza rispetto alla caccia.
Recenti ritrovamenti hanno invece dimostrato che la pesca marina e fluviale fece già parte delle abilità di Homo erectus
accanto alla raccolta dei molluschi e fornì importanti risorse alimentari a molte comunità. Homo sapiens sapiens si
specializzò nella cattura di grandi pesci (ad esempio, i tonni) e rese la pesca una risorsa di prim’ordine per merito
dell'arpione con la punta d'osso.
Il controllo e la produzione del fuoco. Accanto alla produzione di utensili litici, il controllo del fuoco costituisce una
delle abilità accertate tra gli uomini preistorici e proprio la presenza di focolari appare uno dei principali elementi utili a
differenziare i segni della presenza umana da quelli della presenza animale.
Benché alcuni studiosi abbiano attribuito l'uso del fuoco già ad Australopitecus e a Homo habilis, si è certi che
quest’attività fu propria di Homo erectus, anche se non è chiaro se quest'ultimo "raccogliesse" e conservasse il fuoco
prodotto dalla natura (ad esempio, causato da fulmini o dall'autocombustione di sterpi in periodi di siccità) o fosse
invece in grado di accenderlo.
Dalla glaciazione di Mindel, i focolari costruiti con modalità diverse e alimentati con legna e ossi trovarono posto
nelle abitazioni, nelle grotte e all'aria aperta. I focolari, fonti di luce e calore, salvaguardarono l'abitabilità delle caverne
15Propulsore. Strumento di osso o corno a forma di bastone, sulla cui estremità veniva incastrata la base del giavellotto; serviva a scagliare l'arma
con maggiori forza e velocità.
e costituirono un vero e proprio strumento tecnico: servironoo per cuocere gli alimenti, per preparare coloranti come le
ocre, per staccare i frammenti di pietra dal nucleo, per indurire il legno e per piegare l'osso.
La produzione di utensili e oggetti. La pietra fu lavorata sistematicamente a partire almeno da due milioni d’anni fa.
Da principio, la tecnica era molto semplice: si prendeva un ciottolo di fiume, lo si percuoteva con un altro ciottolo e si
staccavano schegge da una sola faccia o da entrambe fino ad ottenere un margine tagliente.
Homo erectus imparò dapprima a scheggiare i ciottoli su entrambe le facce e a renderli più simmetrici e piatti, poi a
lavorare le schegge staccate dal nucleo di quarzo, selce o ossidiana, fino ad ottenere utensili piccoli e adatti a compiti di
precisione. Homo sapiens apprese a preparare accuratamente il nucleo, che divise in grossi frammenti già sagomati nel
modo più funzionale con una serie di scheggiature; così facendo, ridusse gli scarti di lavorazione e con le schegge
fabbricò utensili come coltelli, raschiatoi, bulini e punte. Oltre alla pietra egli lavorò l'osso, che richiedeva
un'elaborazione più complessa, ma era meno fragile e più adatto per utensili sottili e appuntiti quali aghi e punte
d'arpione.
Gli scambi. I ritrovamenti archeologici hanno permesso di provare che molti materiali, come sofisticati utensili
litici, pietre focaie e monili, venivano trasportati a notevole distanza dai luoghi d'origine e di lavorazione. Ad esempio,
l'ambra dell'Europa settentrionale affluiva in Austria, in Francia e in Spagna, mentre le conchiglie dall'Atlantico
pervenivano fin nell'Italia settentrionale e quelle del mar Rosso raggiungevano la Svizzera. Nessuno studioso ha
comunque finora dimostrato che nel Paleolitico esistesse un vero e proprio commercio praticato da mercanti di
professione.
Capitolo terzo.
L'INDIVIDUO E IL GRUPPO.
Struttura dei primi gruppi umani. Quasi sicuramente, già nei primi gruppi esistevano gerarchie che differenziavano
gli individui in base all'età, alla forza e al sesso. Tali gerarchie davano forma ai rapporti personali e ai compiti.
Bambini e anziani. Se i bambini costituivano un ostacolo per l'approvvigionamento alimentare del gruppo e, al
tempo stesso, rappresentavano la sua fondamentale speranza di sopravvivenza, gli anziani incarnavano l'aspetto
dell'esperienza e della conoscenza. L'elevata mortalità infantile, stimata al 40% circa dei bambini inferiori ai cinque
anni d’età, rese assai bassa l'aspettativa di vita alla nascita, non superiore ai 15-20 anni. D'altra parte, è stato valutato
che l'aspettativa di vita sarebbe aumentata con il passare dell'età, tanto che circa un adulto su due avrebbe superato i 55
anni e una percentuale non trascurabile avrebbe raggiunto quella che noi chiamiamo vecchiaia.
Sessualità e riproduzione. In ogni piccolo gruppo umano, la proporzione tra la quantità di individui appartenenti ai
due sessi è sottoposta a rilevanti e casuali oscillazioni; è facile dunque comprendere come l'eccesso di maschi o di
femmine, possa rompere i delicati equilibri interni al gruppo, mettendo a repentaglio la compattezza necessaria alla lotta
per la sopravvivenza. Come altri mammiferi sociali, anche l'uomo dei primordi mise a punto un meccanismo in grado di
risolvere tale problema: l'esogamia obbligò infatti i giovani a cercare il proprio partner fra i membri di un gruppo
diverso da quello di origine.
Popolazione e risorse. Nel Paleolitico l'incremento demografico fu lentissimo: il paletnologo A.Leroi-Gourhan
ritiene che la crescita annua fosse pari allo 0,0002%. Peraltro, al fine di evitare un incremento di popolazione che
avrebbe sconvolto il difficile equilibrio fra risorse e consumi, i gruppi umani dovettero affrontare il problema della
limitazione della fecondità: occorre infatti tener conto che, in assenza di controllo delle nascite, una donna che arrivasse
all'età di cinquant'anni potrebbe produrre fra quattro e otto figli, mentre il normale rinnovamento generazionale non ne
richiede che due. Ancor oggi, in società definite primitive sono riscontrabili lunghe interruzioni del ciclo ovulatorio
dopo il parto (dovute anche al prolungato allattamento), tabù16 sessuali, infanticidi, ritardi dell'età di accoppiamento,
celibati definitivi e aborti.
Capitolo quarto.
GLI INSEDIAMENTI.
16Tabù. Indica tutto ciò che viene considerato sacro e magico e, pertanto, intoccabile ed inviolabile.
I primi ripari. Nell'ambiente-savana, Homo habilis trovò il territorio adatto alla propria sopravvivenza. Egli
organizzò dei campi-base provvisti di muretti semicircolari a secco nelle vicinanze dei corsi d'acqua, in zone ricche di
vegetazione e d'ombra; tali sedi si rivelarono utili sia per abbeverarsi, sia per cacciare e recuperare carogne, sia per
raccogliere vegetali. Inoltre, egli riservò specifiche aree alla macellazione degli animali e sfruttò le cave di selce per
reperire i ciottoli da scheggiare e trasformare in utensili.
Grotte e capanne. Homo erectus abitò in capanne di legno e pietra munite di focolari, mentre Homo sapiens preferì
dimorare nelle caverne. Questi insediamenti erano in genere abitati stagionalmente e rispondevano alla necessità di
sopportare il rigido clima delle fasi glaciali, visto che la mobilità era una scelta obbligata per assicurare cibo e
sopravvivenza. In particolare, le grotte costituivano un riparo adatto a difendersi dai predatori ed è probabile che
venissero utilizzate quando le femmine dovevano partorire o quando i bimbi erano troppo piccoli per essere spostati.
Santuari e cimiteri. Paradossalmente, i primi uomini a trovare una dimora fissa furono i morti, infatti le grotte
furono usate come cimiteri prima ancora che come abitazioni. Le incisioni rupestri dimostrano che i gruppi tornavano
nelle caverne per svolgere i riti propiziatori della caccia e della comunicazione con i defunti, necessari a rafforzare il
senso dell’esistenza e la cooperazione. La montagna, le cui viscere ospitavano i resti degli antenati e le raffigurazioni
sacre, sembra perciò anticipare la piramide, che più tardi celebrerà in modo monumentale il cruciale rito di passaggio 17
rappresentato dal transito dalla vita alla morte (cfr. Materiali per l'approfondimento: "Il rito").
Capitolo quinto.
IL SAPERE.
Le sepolture. La cura dei consanguinei estinti fu un modo per rendere accettabile e comprensibile la morte, che
sfuggiva a ogni spiegazione incombendo sui destini di tutti; inoltre, le cerimonie funebri acquistavano senso ulteriore in
quanto ricostruzione del passato, poiché l'armonia con gli antenati era un legame per la comunità dei vivi. Anche il
cannibalismo, che come spiega l'antropologo C.Lévi-Strauss non può essere considerato un'orrenda tradizione dei
primitivi in quanto è fondamento di ogni religione, era legato al desiderio di appropriarsi delle migliori qualità del
morto evitandone al tempo stesso il ritorno.
L'usanza di seppellire i morti s'affermò con Homo sapiens, che depose nelle grotte i cadaveri nascosti sotto cumuli
di pietre oppure le loro ceneri. Il destinare luoghi particolari ai defunti assunse una dimensione culturale sempre più
ampia, visto che le sepolture furono accompagnate da riti quali la sistemazione di un corredo funerario (cibi, oggetti,
armi), la colorazione dei cadaveri con il rosso e la loro disposizione come feti nei grembi materni rivolti verso il luogo
in cui nasce il sole.
L'arte del Paleolitico. Risalgono a 25.000 anni fa le statuette stilizzate di pietra, osso o avorio, che rappresentano
nudi femminili e a cui viene dato il poetico nome di Veneri; queste donne, dai seni prominenti e dal ventre rigonfio,
riproducevano l'immagine di una dea-Madre e venivano probabilmente utilizzate nei riti propiziatori della fecondità.
Nel Paleolitico superiore, grandi pitture e incisioni decoravano l'interno delle grotte, raffigurando spesso scene di
caccia o grandi erbivori; disegnare abbondanti prede era probabilmente un'operazione magica, finalizzata a propiziare
la caccia, che in qualche modo anticipò i risultati ottenuti nel Neolitico con l'allevamento (cfr.Materiale per
l'approfondimento: "Pensiero selvaggio e magia"). Nelle caverne spagnole di Altamira e in quelle francesi di Lascaux
restano le tracce più belle dei pittori-cacciatori di 17.000 anni fa, che scalfivano le rocce con pietre acuminate e
tracciavano segni con rudimentali pennelli o con le dita impregnate di colori ricavati con sostanze minerali.
Ancor oggi, popoli che vivono in modo primitivo continuano a ritenere le grotte come luoghi sacri, perché esse
conducono nel cuore della terra e perché la loro forma rimanda a quell'umido ambiente primordiale che è il ventre
materno. Spesso, nelle loro vicinanze sono seppellite statuette di esseri con sproporzionati organi genitali: quasi una
costante che ha percorso la storia a partire dal Paleolitico.
17Rito di passaggio. Pratiche e cerimonie che servono a rendere meno traumatico e sanzionare l'abbandono di un vecchio ruolo e l'assunzione di
uno nuovo da parte di un membro di una comunità. La nascita, la pubertà, l'inserimento nel gruppo degli adulti, la morte sono alcuni di questi passaggi
critici della vita sociale dell'uomo.
MATERIALI PER L'APPROFONDIMENTO.
IL RITO.
Caratteristiche e funzioni. Il rito è un complesso di gesti o di segni capaci di aiutare l'individuo o la collettività a
superare momenti critici; inoltre è un codice di comportamento che appartiene alle culture antiche, ma anche a quelle
moderne, come dimostrano i gesti del togliersi il cappello prima di entrare in casa o dello stringersi la mano in segno di
saluto.
Nel pensiero primitivo, la funzione del rito è strettamente connessa al sacro e al magico: si brucia un oggetto, si
salta un fuoco, ci si percuote, si accendono sostanze profumate, si canta o si sta in silenzio, instaurando una
comunicazione con le forze della natura, con gli spiriti o con gli dei, in grado di allontanare il male o facilitare il
conseguimento di un fine desiderato.
Un rito è tale solo se condiviso da tutti i praticanti e, proprio per questo, rende possibile la partecipazione di molti a
esperienze religiose, mitiche18, che in altro modo sarebbero difficilmente spiegabili e comunicabili. La sua efficacia
dipende dall'osservanza di rigidi codici di comportamento: se non ci si attenesse a regole particolari, una danza non
potrebbe mai favorire la venuta della pioggia e si trasformerebbe solo in un movimento fine a se stesso. Nelle cerimonie
di carattere magico-religioso, l'essenzialità del rito assegna potere al gesto, che può rendere reale ciò che rappresenta; la
stessa magia può manifestarsi come conoscenza di una formula.
Il rito può svolgere diverse funzioni. I riti propiziatori tendono a favorire la fertilità delle donne, la crescita della
vegetazione o la moltiplicazione delle prede cacciate; i riti di espiazione servono a liberare il presente da colpe passate;
i riti di esorcismo allontanano i male; i riti d'iniziazione o di passaggio rendono meno traumatico il cambiamento di
ruolo dell'individuo nella comunità.
I riti di passaggio. La vita associata degli uomini è caratterizzata da ciclici mutamenti di condizione (la nascita, la
pubertà, il fidanzamento, il matrimonio, la morte), segnati dall'abbandono di ciò che si è stati e dall'inserimento in nuovi
contesti. Tale modello può essere applicato all'ospitalità, al lavoro e allo stesso alternarsi delle stagioni.
Ogni società si preoccupa di fare in modo che il momento del "passaggio" avvenga senza crisi e disagi e, quindi,
predispone riti che controllino i cambiamenti. Il giovane che diviene adulto può venir allontanato dal villaggio,
sottoposto a prove e, infine, inserito nel gruppo dei guerrieri; spesso, un banchetto o un patto di sangue sanciscono il
nuovo status dell'iniziato.
Dappertutto la struttura dei riti di passaggio è scandita da uno schema fisso: prima si celebrano i riti di separazione o
di congedo dal passato; poi, quelli liminari (di confine) favoriscono il maturare delle condizioni necessarie a che sia
assunto il nuovo ruolo; infine, quelli d'aggregazione celebrano l'avvenuto inserimento.
Se ancor oggi la convivenza è sottoposta a continui meccanismi di passaggio (battesimo, matrimonio, esami), il
mondo dei popoli primitivi assegnava cruciale importanza ai momenti critici, giacché riteneva che avessero sempre a
che fare con il sacro e con gli dei, con quell'equilibrio da cui dipendeva la sopravvivenza di tutti.
18Mito. Narrazione favolosa delle gesta di dei e d'eroi, relativa alle origini del mondo, del genere umano, di un popolo.
PENSIERO SELVAGGIO E MAGIA.
Il pensiero selvaggio. Gli antropologi hanno a lungo dibattuto sul pensiero dei primitivi, usufruendo delle
testimonianze lasciate dai popoli vissuti nel passato e prodotte dalle tribù attualmente esistenti e connotate da usanze
primitive.
Questo patrimonio culturale è stato interpretato da B.Malinovski come ingenuo, rivolto a una conoscenza limitata ai
dati dell'esperienza e riguardante il soddisfacimento di immediati interessi materiali; anche E.Evans-Pritchard ha
sostenuto che i primitivi "hanno delle conoscenze ben funzionanti per quanto riguarda il loro benessere. Al di là di
questo, esse non hanno per loro nessun interesse scientifico, né un richiamo sentimentale". Altri studiosi, come C:LéviStrauss, hanno invece rilevato come i "selvaggi" siano in grado di elaborare e sistematizzare conoscenze empiriche che
fanno pensare a una scienza del concreto.
Oggi si tende a respingere quelle posizioni che vorrebbero minimizzare le capacità dei primitivi, evidenziando come
essi siano in grado d'esprimere il senso del bello, i ragionamenti astratti e le teorie adeguate alla realtà in cui vivono.
Ogni visione del mondo, anche la più semplice, può dunque apparire complessa e avere dietro sé un denso passato.
La magia. L'uso di tecniche magiche è una costante dei popoli primitivi, utile per governare gli aspetti oscuri della
natura e della vita. Seppure i confini siano sottili, la magia si differenzia dalla religione: nella prima, il mago o, in altri
casi, il singolo individuo agiscono direttamente per ottenere lo scopo desiderato; nella seconda, il sacerdote, conscio
della sua incapacità, intercede presso gli dei affinché concedano ciò che solo essi possono dare.
Sono state individuate due forme di magia. La prima viene detta simbolica o omeopatica. I suoi principi si basano
sul fatto che rappresentare vuol dire rendere reale e che il simile agisce sul simile. L'atto magico riproduce ciò che si
desidera e provoca lo stesso effetto sulla persona o sull'animale a cui è diretto: per catturare la preda, i cacciatori
riproducono in una danza le varie fasi della caccia, oppure disegnano immagini con abbondanza di animali e, in questo
modo, credono che la rappresentazione simbolica si trasformi in realtà. Le eclissi vengono spesso interpretate come
presagio negativo, in quanto la luce, fonte di vita, s'affievolisce; per questo, come si fa nel giorno di San Giovanni,
accendere fuochi serve a compensare la mancanza.
La seconda, detta simpatica o contagiosa, ritiene che compiere azioni su una parte di una persona o su un oggetto di
sua proprietà possa, anche a distanza, provocare in quella persona l'effetto procurato alla parte. Nella magia nera e negli
esorcismi si sotterra, si brucia o si agisce su qualcosa (oggetto, immagine, capelli) di proprietà di un amico o nemico,
affinché questi, distante o vicino che sia, subisca gli stessi effetti. Anche il cannibalismo si fonda sul principio che
mangiare il corpo di un uomo coraggioso si traduca nell'appropriarsi delle sue capacità impedendone il ritorno.
Interpretazioni e valutazioni. Secondo alcuni studiosi, come J.Frazer, M.Mauss, L.Lévi-Bruhl ed E.Cassirer, la
magia utilizzerebbe in modo scorretto i principi di associazione, di causa-effetto, di spazio e di tempo. J.Frazer sostiene
che "sin dai tempi antichi, l'uomo è stato impegnato nella ricerca di regole generali, per mezzo delle quali potesse
volgere a proprio vantaggio l'ordine dei fenomeni naturali. (...). Alcune sono vere e costituiscono le arti, altre sono false
e costituiscono la magia (...). Ogni magia è necessariamente falsa e sterile, perché se mai diventasse vera e fruttuosa,
non sarebbe più magia, ma scienza".
Questa contrapposizione tra pensiero razionale dei moderni e pensiero irrazionale dei primitivi giudica anziché
aiutare a capire e sembra figlio di pregiudizi: quello secondo il quale la storia del pensiero è stata segnata da un
continuo e graduale affermarsi di idee nuove, migliori delle precedenti; quello per cui nelle nostre società, regolate dalla
ragione, il bisogno di certezza non si serve più di spiegazioni rassicuranti e protettive.
A ben guardare, la ragione, come la religione e la magia, consiste in un insieme di regole accettate dalla comunità e
adatte ad affrontare l'incertezza della vita. Come chiarisce E.De Martino, sovente l'efficacia di queste regole risiede nel
consenso a loro tributato: là dove si ha fede nella magia, questa funziona; là dove dove si crede nella ragione, questa
offre risultati. Lo sanno bene i medici che si trovano ad operare con i metodi del nostro mondo in comunità primitive,
in cui la salute è ancora protetta da stregoni, curanderos o sciamani.
Forse, solo collegando le credenze magico-religiose con le società che le hanno prodotte, se ne coglie l'importanza
culturale. Esse raccontano come possano vedere il mondo comunità che non sono migliori nè peggiori della nostra, solo
diverse. Si scopre che forme di sapere sistematico convivono con pratiche che a noi sembrano irrazionali, ma che, in
fondo, presuppongono solo un diverso concetto di realtà. Se si crede che i sogni siano parte della realtà, non c'è da
stupirsi che uno stregone motivi le proprie cure con l'averne avuto comunicazione in sogno.
LE CULTURE LITICHE.
Una definizione di cultura. Il termine cultura, proprio dell'etnologia, è stato adattato dagli studiosi di preistoria:
mentre i valori, le conoscenze ed i comportamenti costituiscono i punti di riferimento degli etnologi, i manufatti sono
considerati gli elementi che caratterizzano la cultura di una popolazione preistorica.
I reperti che si ritengono più significativi per definire una cultura sono quelli che meglio caratterizzano le scelte
tecnologiche ed estetiche (cioè riguardanti il gusto per ciò che si ritiene bello) dei costruttori. Il concetto di cultura
coincide dunque con quello di un'unità stilistica racchiusa in uno spazio ed in un tempo definiti.
In questa sede, tuttavia, prenderemo più che altro in considerazione le scelte tecniche inerenti alla produzione di
utensili.
La cultura olduvaiana. Si sviluppò a partire da 2 milioni di anni fa in Africa, nel Nord della Tanzania (area della
gola di Olduvai), e fu l’elemento distintivo di Homo habilis. E’ caratterizzata da ciottoli scheggiati grossolanamente,
chiamati chopper se lavorati su una sola faccia e chopping tool se su due. Gli utensili ottenuti sono raschiatoi,
funzionali a ripulire le pelli di animale.
La cultura acheuleana. Anche questa cultura apparve in Africa centro-orientale e in seguito si diffuse in Europa
occidentale (i primi reperti furono trovati nel sito di Saint-Acheul, in Francia). Si considera protagonista di questo tipo
di manifattura Homo erectus, in un arco di tempo che va da un milione e mezzo a mezzo milione di anni fa.
L'oggetto che meglio contraddistingue questa cultura è la cosiddetta ascia a mano. La lama è costituita da un
ciottolo lavorato sulle due facce maggiori per renderlo piatto e aumentare la lunghezza dello spigolo tagliente. Per la
forma, che ricorda quella di una grossa mandorla, questo ciottolo lavorato prende il nome di amigdala (dal greco
amygdale, mandorla).
Successivamente, anziché essere direttamente lavorato, il ciottolo veniva suddiviso in diverse parti successivamente
rifinite e trasformate in raschiatoi e coltelli di varia foggia e grandezza. Questo procedimento aveva il vantaggio di
ridurre notevolmente il materiale di scarto.
La cultura musteriana. Questo tipo di manifattura, a cui si accompagna la tecnica detta levalloisiana, costituisce la
principale cultura di Homo sapiens neandertalensis e si diffuse fra 200.000 e 50.000 anni fa. I reperti ad essa collegati
provengono da tutta Europa, a partire dalla grotta del Moustier (Dordogna, Francia) e dalla cava Levallois (presso
Parigi, Francia).
Il metodo Levallois consisteva nel preparare il nucleo in modo da riuscire ad ottenere schegge di forma definitiva.
Grazie a questa tecnica, lo scarto di lavorazione si riduceva ulteriormente: lo studioso A.Leroi-Gourhan ha calcolato
che, mentre con il metodo olduvaiano da un chilogrammo di pietra si ottenevano al massimo 60 centimetri di lama
tagliente, con il levalloisiano se ne producevano tre volte tanti.
L'abilità nel ritoccare le schegge moltiplicò le forme degli utensili, per cui oltre a raschiatoi e coltelli sempre più
perfezionati furono prodotte anche punte di armi da lancio.
Le culture del Paleolitico superiore. La fase finale di Homo sapiens neandertalensis e l'avvento di Homo sapiens
sapiens, a partire da 38.000 anni fa, coincisero con tecniche di lavorazione della pietra sempre più sofisticate.
La tecnica levalloisiana fu perfezionata tanto da prendere il nome di "industria su lame". Dal nucleo originario,
adeguatamente preparato, venivano ricavate numerose schegge piatte, sottili e di forma allungata. Punte di lancia di
varia dimensione e forma (da piatte a coniche), grattatoi, bulini (sorta di punte usate per incidere) e coltelli costituirono
gli attrezzi prodotti con maggior frequenza.
Varie culture caratterizzarono la scena europea in questo periodo terminale del Paleolitico: l'aurignaziana (dal nome
del sito francese di Aurignac, Alta Garonna), diffusa fra il 36.000 ed il 20.000 a.C.; la chatelperroniana (dal sito
francese di Chatelperron), operante fra il 34.000 ed il 30.000 a.C.; la perigordiana (dal nome della regione francese del
Perigord), compresa tra il 27.000 ed il 20.000 a.C.; la solutreana (dal sito di Solutré, Francia) racchiusa tra il 19.000 ed
il 16.000 a.C.; la magdaleniana (dal nome del sito de La Madeleine, in Dordogna, Francia), che si protrasse fino al
10.000 a.C..
UNITA'DIDATTICA IL NEOLITICO.
Capitolo primo.
L'AMBIENTE E IL TERRITORIO.
Il clima e l’ambiente. La fine dell'ultima glaciazione intorno al 10.000 a.C. apportò profonde modificazioni
all'ambiente, mettendo alla prova le capacità di adattamento degli uomini. Il graduale passaggio dal clima freddo a
quello temperato provocò lo scioglimento dei ghiacci, il moltiplicarsi dei corsi d'acqua, la formazione di acquitrini nelle
pianure, l'innalzamento del livello dei mari.
Nel Settentrione dell'Europa, dell'Asia e dell'America, inverni miti e primavere piovose favorirono la diffusione dei
manti boschivi, l'aumento delle specie vegetali sui declivi montani e la fine dell'isolamento delle valli, i cui passi
divennero sgombri dalle nevi perenni. Per altro verso, a causa del clima più caldo, le aree meridionali patirono
l'inaridimento dei suoli.
Questi cambiamenti ambientali contribuirono all'estinzione di molti animali di grossa taglia e alla migrazione di
altre specie che colonizzarono terre in precedenza inospitali.
L’uomo e l’ambiente. Le trasformazioni degli ambienti costituirono una vera e propria sfida per tutti gli esseri
umani. Alcuni gruppi accentuarono il proprio nomadismo, estendendo gli spazi su cui praticavano la caccia e la raccolta
di vegetali; altri, viceversa, trovarono nuove e più efficaci strategie di sopravvivenza, basate sulla sedentarietà,
sull’agricoltura e sull’allevamento.
Tali rivoluzionarie scoperte che caratterizzarono il Neolitico (10.000-4.500 a.C.) segnarono un salto di qualità nel
rapporto fra uomo ed ambiente. La domesticazione di piante ed animali fu un epocale tentativo dell'uomo di
sottomettere la natura; nelle aree occupate dai sedentari (inizialmente, solo una ristretta minoranza) il paesaggio mutò
fisionomia: i boschi vennero distrutti con il fuoco e trasformati in campi; i corsi d'acqua furono deviati per irrigare i
suoli.
La coltivazione dei cereali e la riduzione in cattività dapprima degli ovini, poi dei suini, infine dei bovini furono
sperimentate in tre distinte aree geografiche: il Vicino Oriente, la Cina centro-settentrionale e l'America centrale. In
seguito, comparvero in Africa, in Indocina e in America meridionale. Un paio di millenni occorsero, infine, per
raggiungere l'Europa, a partire dai Balcani (cfr.Mat.per l'approfondimento: "Luoghi d'origine e tempi di diffusione
dell'agricoltura").
Capitolo secondo.
LE RISORSE.
La transizione neolitica. E' poco utile stabilire un rigido sistema di cause ed effetti per spiegare l'avvento del
Neolitico, infatti molti fattori (domesticazione di piante ed animali, sedentarietà, incremento demografico...) risultano al
tempo stesso cause ed effetti. Ugualmente, appare complesso stabilire date precise per le trasformazioni che hanno
riguardato popoli dispersi in vari angoli del mondo: solo gli albori di questa dinamica possono essere collocati con una
certa precisione tra il 10.000 e l'8.000 a.C..
La sedentarietà. Il lento assestamento di climi e ambienti dopo la fine delle glaciazioni contribuì a garantire agli
uomini una maggior disponibilità d’alimenti. La sedentarietà fu una delle risposte possibili ai mutamenti degli ambienti
e sfruttò il favore di una rigogliosa vegetazione, di un copioso corso d'acqua, dell'abbondanza di selvaggina.
La sedentarietà si configurò dunque come condizione perché gli uomini si attrezzassero per produrre in una stessa
località ciò che serviva loro per sopravvivere.
Col tempo, le comunità si ingrandirono sia perché la disponibilità d’alimenti permetteva di mantenere una prole più
numerosa, sia per l’afflusso di immigrati. L'addensamento demografico rese tuttavia insufficienti le risorse naturali
spontanee e pose con forza il problema di trovarne di nuove.
L’allevamento e l’agricoltura. Reperti archeologici documentano casi di allevamento fin dal 9.000 a.C.. Il cane fu
forse il primo animale addomesticato: le sue usanze alimentari e la sua forma di aggregazione sociale (i cibi preferiti e i
modi di procacciarseli erano analoghi a quelli umani; ugualmente analoghi risultavano la fedeltà al gruppo ed il rispetto
della gerarchia) ne fecero un prezioso alleato nelle battute di caccia.
Il passaggio dall'abbattimento all'allevamento di animali avvenne gradualmente, forse per effetto della diminuzione
degli esemplari in seguito ad estinzioni e migrazioni. La caccia selettiva, che risparmiava piccoli e femmine gravide, e
la cattura di capi vivi potrebbero aver favorito una conoscenza più precisa di abitudini, regimi alimentari, tempi e modi
di riproduzione degli animali; solo in un secondo momento, si sarebbe giunti alla segregazione degli animali ed al loro
accoppiamento in cattività.
Un processo analogo avrebbe permesso di passare dalla raccolta alla coltivazione. Anche in questo caso, la raccolta
di graminacee selvatiche e l'estirpazione di erbe nocive o inutili avrebbe preceduto l'agricoltura; possiamo pensare a un
percorso che, dalle pratiche semi-agricole compatibili con una parziale sedentarietà, condusse alla semina, alla
selezione e all'ibridazione19 delle specie.
I progressi tecnici. Tutti questi mutamenti furono accompagnati da un raffinamento delle tecniche litiche. La
levigazione della pietra rese più taglienti asce, frecce e lance; un nuovo utensile, la zappa, consentì le pratiche agricole:
grazie alla lama fissata a un manico di legno, la superficie della terra venne scassata per deporre il seme e le erbacce
furono rimosse con maggior efficacia fin nelle radici.
La filatura e la tessitura aumentarono le possibilità di fronteggiare le variazioni climatiche; inoltre, gli abiti
assunsero un forte valore simbolico: alcuni antropologi pongono l'accento su come abbiano avuto un'importante
funzione nei riti e su come, costituiscano un’espressione di prestigio.
La ceramica, impasto di terra e acqua essiccato al sole o cotto nel fuoco, seppur già utilizzata in epoca precedente
l'agricoltura, divenne indispensabile. Contenitori di varia misura furono costruiti con tecniche a "colombino"
(sovrapposizione di rotoli d'argilla, lisciati in un secondo tempo) e utilizzati per conservare e trasportare l'acqua, per
contenere e proteggere gli alimenti contro topi e insetti, per adornare le case e i sepolcri. Per cogliere l'importanza di
quest’invenzione, si pensi alle tavolette d'argilla che divennero supporto per le prime forme di scrittura e ai mattoni con
cui furono erette le città.
Il lavoro e il possesso dei beni. Le tecniche di sopravvivenza del Paleolitico, incentrate sulla caccia e sulla raccolta
dei frutti spontanei della terra, si erano fondate su un sistema di possesso comunitario, secondo cui i membri di un
gruppo riunivano gli alimenti e se li spartivano in base alle necessità di ciascuno. D'altronde, i gruppi erano di modeste
dimensioni e spesso formati da consanguinei; inoltre, gli sforzi individuali per procacciare cibo non necessariamente
fornivano risultati all'altezza delle aspettative.
Questa situazione mutò con la sedentarietà e soprattutto con la produzione, che legò più strettamente il lavoro al
benessere. Nei villaggi, gli individui divennero più numerosi mentre l'abbondanza del raccolto e dei capi di bestiame
dipesero in modo più diretto dall'assiduità e dalla cura del lavoro; la terra, affidata alla manodopera femminile, fu
inizialmente gestita in comune, così come in comune erano allevati i figli; al contrario, il bestiame, che era sotto la
tutela maschile, fu considerato un possesso individuale, così come individuali erano i valori di cui i maschi erano
portatori, dal coraggio alla forza fisica. Il possesso individuale separò i destini delle persone e determinò nuovi processi
di trasformazione economica.
La cerealicoltura, il surplus produttivo e le nuove attività. L'iniziale coltivazione a zappa fu innovata
dall'invenzione dell'erpice, prima rudimentale forma di aratro. L'impiego di questo strumento nella coltura dei cereali
consentì la preparazione di suoli così estesi da soddisfare le esigenze alimentari di comunità numerose e da permettere
una produzione superiore a quella necessaria. Il bestiame s'integrò strettamente con le pratiche agricole: il traino
animale dell'aratro alleviava il lavoro umano; gli escrementi, sparsi sui campi prima della semina, ripristinavano la
fertilità che i cereali esaurivano più in fretta di altri vegetali.
L'accresciuta importanza del bestiame consentì ai maschi di assumere il controllo dell'agricoltura e di imporre il
possesso individuale anche sulla terra coltivata; l'accumulo di beni estese ancor più il senso dell'esser padrone.
Cerealicoltura e allevamento assicurarono agli uomini più beni di quanti ne consumassero, dando origine a un processo
di accumulazione; all'interno delle comunità, quest’eccedenza di prodotti (surplus) liberò forze per assecondare nuove
esigenze.
Alcuni individui abbandonarono il lavoro dei campi per dedicarsi ad attività specializzate: con l'invenzione del
tornio, la ceramica fu lavorata da artigiani di professione; grazie alla ruota, al carro e alla vela, che aumentarono la
velocità degli spostamenti e permisero l'aumento dei carichi trasportati, i mercanti si spinsero a grande distanza dai
villaggi. Gli scambi s'intensificarono e i popoli usufruirono di risorse (ambra, pietre focaie, manufatti...) provenienti da
terre lontane; la diversità di suoli, culture e prodotti si trasformò in occasione di reciproco arricchimento o alimentò
bramosie e scontri.
19Ibridazione. Tecnica di incrocio tra due razze di una stessa specie (animali o vegetali) finalizzata a ottenere un tipo migliore per qualità e
prestazioni.
Nomadi e sedentari. Nelle terre più fertili, là dove vi erano abbondanti corsi d'acqua, si formarono insediamenti
stabili dediti all'agricoltura e società più aperte alle innovazioni; al contrario, nelle grandi praterie, nelle savane e nei
deserti, i nomadi praticarono l'allevamento, la caccia e la razzia, aggregandosi in società più inclini a conservare le
tradizioni; in regioni poco adatte alle colture, s’affermarono pratiche pre-agricole compatibili con una vita seminomade; anche nelle zone più sviluppate l'esaurimento della fertilità dei suoli obbligò talvolta i gruppi umani a
trasferirsi e a cercare terre vergini e fertili. Se pensiamo che ancor oggi vivono tribù primitive, possiamo facilmente
immaginare come, non solo in spazi diversi ma anche all'interno delle stesse comunità, si siano anticamente accostate
abitudini del Paleolitico e del Neolitico.
I vantaggi e gli svantaggi dell'agricoltura. Per molti aspetti, l'agricoltura su vasta scala costituì un progresso. Infatti,
rispetto alla semplice raccolta di vegetali o all'orticoltura o alla coltivazione semi-nomade o all'allevamento nomade
essa permise di produrre una maggiore quantità di alimenti a parità di lavoro e facilitò un più rapido aumento
demografico, una maggiore densità nell'occupazione dei suoli e una superiore complessità sociale.
Tuttavia, considerata sotto un altro profilo, l'agricoltura rappresentò un regresso. La selezione dei vegetali (che pure
permetteva di ottenere frutti più grandi in tempi brevi) condusse a utilizzare non più di una ventina di specie contro le
oltre mille riconosciute in precedenza adatte all'alimentazione; una dieta basata fondamentalmente sui cereali, pur ricca
di calorie, risultò povera di principi nutritivi; inoltre, riducendo la gamma dei prodotti, l'agricoltura si espose a
tramutare un cattivo raccolto in un disastro, inducendo feroci carestie.
Anche la sedentarietà non contenne solo aspetti positivi: la concentrazione degli uomini sul territorio, permanendo
abitudini igienico-sanitarie malsane, aggravò il rischio di epidemie; topi e insetti trassero vantaggio dalla mancanza di
infrastrutture igieniche e dall'ammucchiarsi dei rifiuti; la stagnazione delle acque usate per irrigare favorì lo sviluppo
della zanzara anofele, portatrice di malaria, mentre l'allontanamento e la distruzione della fauna selvatica fecero sì che
questo insetto si specializzasse sull'uomo.
"Non cerchiamo quindi di ricondurre tutti i tipi di sviluppo sociale ad un modello unico, e riconosciamo che le
società umane hanno considerato in maniera differente la propria attività produttiva. I popoli che vivono principalmente
della raccolta di prodotti selvatici, i raccoglitori, i cacciatori non rappresentano le tappe successive di un'evoluzione che
si imporrà a tutti... ma una scelta tra le tante possibili." (C. Lévi-Strauss).
Capitolo terzo.
L'INDIVIDUO E IL GRUPPO.
La popolazione, la sessualità e la riproduzione. La rivoluzione neolitica sconvolse l'andamento demografico: nelle
aree interessate da processi di sedentarietà, la popolazione crebbe e si addensò enormemente.
Sebbene tutti gli studiosi concordino nel sostenere che il miglioramento delle condizioni di vita abbia inciso sulla
crescita di popolazione, alcuni legano quest’ultimo fenomeno con la diminuzione della mortalità e altri, invece,
ritengono che la stanzialità abbia talmente accresciuto le nascite da compensare i maggiori decessi causati dalla dieta
meno variata e dalle epidemie dovute alla concentrazione di abitanti.
Secondo quest’ultima ipotesi, la vita associata avrebbe allentato il controllo delle nascite e permesso di accudire più
di un figlio alla volta. In questo senso, la vita di villaggio viene considerata una risposta alle esigenze del nutrire e
dell'allevare, che pose in stretta relazione il possedere una casa e il ruolo dominante della madre: una rivoluzione
sessuale, che associava nascita, residenza, parentela e suolo, avrebbe così preceduto quella economica.
La divisione sessuale del lavoro. Fin da tempi antichissimi, la caccia e la difesa erano state praticate dai maschi,
mentre la raccolta dei vegetali e la cura della prole erano state riservate alle femmine. Proprio le femmine avevano
attuato le prime pratiche agricole, la lavorazione della ceramica e la tessitura; lo stesso addomesticamento degli animali,
che pure era una competenza dei maschi, si svolgeva solitamente in recinti vicini alle abitazioni, cioè nei pressi dei
luoghi femminili per eccellenza.
Queste considerazioni potrebbero far pensare ad un ruolo di maggior rilievo delle donne rispetto agli uomini. Alcuni
studiosi sono giunti a ipotizzare l'esistenza di società nelle quali il potere era in mano delle donne; tuttavia non
crediamo si possa parlare di un vero e proprio matriarcato20, anche se molti gruppi adottarono la matrilinearità21 come
metodo per trasmettere i beni e riconoscere la prole.
Comunque, l'utilizzo del bestiame per il traino dell'aratro e la forza muscolare richiesta per lavorare la terra
modificarono la divisione sessuale del lavoro: le cure dei campi divennero soprattutto compito maschile e, con
20Matriarcato. Sistema nel quale il potere all'interno della famiglia e della società è in possesso delle donne.
21Matrilinearità. Regola sociale che stabilisce la trasmissione dei beni per linea femminile e il riconoscimento dei figli per linea materna.
l'invenzione del tornio, anche la ceramica fu sottratta alle donne. Il fatto che i maschi da sempre avessero esercitato la
forza fisica come cacciatori e guerrieri fu certo determinante per il cambiamento.
Il singolo e il gruppo. All'interno dei gruppi stanziali, i rapporti si articolarono in modo sempre più complesso:
aumentò il numero dei membri e si diversificarono le attività. Il sistema patriarcale si estese dal possesso di bestiame e
di terre all'esercizio del potere nella comunità; le persone si aggregarono a seconda della condizione economica e del
potere che esercitavano.
All'interno delle famiglie, dei clan22 e dei villaggi, i maschi anziani rappresentarono l'autorità, in quanto, in un
mondo in cui la conoscenza si tramandava oralmente e per tradizione, solo i vecchi avevano l'esperienza necessaria a
svolgere funzioni di guida. I bambini e le donne non avevano pressoché alcun diritto.
Due figure assunsero un ruolo di grande potere e prestigio: il capo ed il mago-stregone. Il capo, maschio esponente
delle famiglie più ricche, guerriero e cacciatore, governò il gruppo e ne coordinò la difesa. Il mago-stregone, mediatore
tra gli dei e gli uomini e, per questo, conoscitore dei segreti del mondo naturale, con altri strumenti cercò di assicurare
lo stesso risultato: egli presiedeva i riti propiziatori di fertilità e fecondità e le cerimonie d'iniziazione; egli curava e
preveniva ciò che incrinava l'armonia tra il singolo, la comunità, la natura e gli dei (cfr. Materiali per
l'approfondimento: "Il rito" e "Pensiero selvaggio e magia").
Capitolo quarto.
LE STRUTTURE INSEDIATIVE.
I villaggi. Il desiderio di possedere abbondanti prede, raffigurato nei graffiti delle grotte paleolitiche, trovò una
parziale realizzazione nel villaggio, dove le risorse, animali e prodotti agricoli, erano racchiuse in un ambito più
controllabile dall'uomo.
I villaggi, popolati da alcune centinaia di abitanti, erano edificati vicino a fonti d'acqua con i materiali a
disposizione: paglia, legno, fango essiccato al sole. La struttura delle case risentì dell'esigenza d'immagazzinare le
derrate alimentari e di conservarle il più a lungo possibile.
In Europa, gli insediamenti ebbero dimensioni molto modeste e si svilupparono in tempi più recenti rispetto al
Vicino Oriente. Forma e materiali delle abitazioni variarono a seconda degli ambienti naturali: costruzioni in pietra a
pianta circolare si diffusero in tutto il bacino del Mediterraneo; palafitte di legno vennero costruite sulle rive dei laghi;
costruzioni d'argilla a base rettangolare furono ubicate su alture o protette da fossati.
L'importanza del contributo femminile anche in campo insediativo è documentata dalla frequente forma rotonda di
case e tombe, che rimanda al vaso ricolmo di alimenti e al ventre che dà la vita. Quasi tutti i popoli ripresero e
rielaborarono sotto forma di racconto mitico quest’associazione dei luoghi che generano e proteggono l'esistenza.
Capitolo quinto.
IL SAPERE.
I cambiamenti della mentalità: l’uomo e la natura. Fino al Paleolitico gli uomini avevano sofferto e assecondato la
forza della natura, senza poter far altro che approfittare delle opportunità da essa offerte spontaneamente; viceversa, nel
Neolitico essi presero a imprimere fortissimi cambiamenti all'ambiente, operando con tecniche, strumenti e materiali
moltiplicati.
Con bisogni e paure finalmente affrontabili, gli uomini si aprirono al mondo. Essi continuarono a percepire la natura
come potenza infinita e a proiettare su di essa la dimensione del sacro, però la capacità di domesticare spazi sia pur
ridotti li indusse a confinare spiriti, divinità ed esseri fantastici in luoghi selvaggi, quali grotte e corsi d'acqua, laghi e
montagne.
I cambiamenti della mentalità: l’individuo e il gruppo. La stanzialità ebbe come primo risultato, banale e
rivoluzionario al tempo stesso, la scoperta del rapporto di vicinato nel nuovo ambito della convivenza e dello sforzo
comune di organizzare le strategie di sopravvivenza. Quando le società divennero più stratificate23, le relazioni fra le
persone incominciarono a modificarsi e le conoscenze si specializzarono così come le capacità: la ricchezza si rese
22Clan. Gruppo di famiglie legate da rapporti di parentela.
23Stratificazione sociale. Fenomeno per cui gli individui appartenenti ad un gruppo si dividono, riunendosi in base alla comune condizione
economica o culturale; i sottogruppi che ne conseguono risultano disposti come strati, più alti o più bassi a seconda del prestigio sociale che li
contraddistingue.
evidente mediante il possesso di oggetti raffinati e prestigiosi; l'affermarsi del patriarcato fece sì che il dominio del
maschile sul femminile si rispecchiasse in miti e rituali religiosi.
I culti e le cerimonie. Il culto degli antenati mantenne compatti clan e famiglie, affermando il principio che la
sopravvivenza del gruppo dipendeva dalla continuità con la tradizione, dal mantenimento di un'autorità che affondava
le radici nel passato e dal rispetto di un ordine sperimentato nel tempo.
A fianco di divinità femminili legate ai culti della fecondità e della fertilità (forse discendenti dalle "Veneri"
paleolitiche) incominciarono ad affermarsi gli dei del cielo, creatori e ordinatori del mondo, a volte identificati con astri
o fenomeni meteorologici.
Monumenti di pietra (i megaliti, dal greco mega, grande, e lithos, pietra) furono orientati in riferimento ai corpi
celesti: presso Stonehenge, in Inghilterra, cerchi di menhir (massi di forma allungata collocati verticalmente) sono
disposti in modo da coincidere con la posizione in cui quattro millenni fa si trovava il sole all'alba del solstizio d'estate.
L'arte. Le forme artistiche segnalano una sostanziale continuità con il Paleolitico, anche se la stabilizzazione dei
gruppi umani consentì una riproduzione più puntuale degli eventi quotidiani.
In molte aree continuò la tradizionale attività della pittura e delle incisioni rupestri. Tra l'8.000 e il 5.000 a.C., tra la
Scandinavia e la Siberia si sviluppò uno stile detto "artico", che rappresentò animali ed esseri umani con una tecnica
puntiforme. Intorno al 6.000 a.C., nel Nord del Sahara, pitture rupestri ritrassero in modo naturalistico la selvaggina
locale e, in periodi successivi, testimoniarono l'allevamento di bovini ed equini. Verso il 3.000 a.C., nella penisola
iberica, il vivace stile "del Levante" raffigurò scene di caccia e di combattimento.
Spesso, la ceramica sostituì la pietra come materiale: figurine di terracotta risalenti al IX millennio a.C. sono state
trovate in Iran; vasi decorati e modellati si diffusero in Mesopotamica e nella penisola anatolica; in Europa, i manufatti
d'argilla sono alla base della definizione di culture quali quella dei bicchieri a forma di campana, quella dei bicchieri
con collo a imbuto, quella della ceramica a nastro (così chiamata per le strisce incise sui recipienti) e quella della
ceramica decorata a cordicella.
MATERIALI PER L'APPROFONDIMENTO.
LUOGHI D'ORIGINE E TEMPI DI DIFFUSIONE DELL'AGRICOLTURA.
Metodologia di una ricerca. L'individuazione dei luoghi d'origine dell'agricoltura è il risultato dei contributi di
diverse discipline. Gli scavi archeologici hanno permesso di ritrovare sementi nei villaggi dei primi popoli sedentari; la
paleobotanica ha contribuito a far luce sui processi di differenziazione delle specie vegetali addomesticate; genetica e
informatica stanno contribuendo a chiarire alcuni nodi della ricerca.
Lo studio dei suoli e la datazione dei vegetali hanno stabilito con relativa precisione i luoghi d'origine e i tempi di
diffusione dell'agricoltura, partendo dal presupposto che, rispetto a quelle selvagge, le aree coltivate si distinguono per
la scarsa diversificazione delle specie vegetali: un campo è tale in quanto è stato liberato dalle molte piante non
commestibili o dannose, a favore dell'unica che è stata seminata.
I risultati. Tre centri sono stati individuati come luoghi d'origine della cerealicoltura: l'Asia sud-occidentale, per il
frumento e l'orzo; la Cina settentrionale, per il miglio; l'America centrale per il mais. In altre tre vaste aree si
svilupparono forme locali di piantagione: i fagioli e il peperoncino in America meridionale; il sorgo, il miglio, il riso
africano e la patata dolce nell'Africa sub-sahariana; il pepe e in seguito il riso nell'Asia sud-orientale.
Puntiamo la nostra attenzione sull'irradiazione del frumento e dell'orzo. Dal 10.000 all'8.000 a.C. nel Vicino
Oriente, sui monti Zagros e del Tauro, si verificarono i primi tentativi di domesticazione di questi cereali, che in quelle
zone crescevano spontanei; intorno all'8.000 a.C., essi risultano coltivati anche nelle terre mesopotamiche, sugli
altopiani anatolici, in Libano ed in Palestina; a partire dal 6.000 a.C. la loro coltivazione s'integrò con l'allevamento;
l'Europa sud-orientale fu raggiunta dalla cerealicoltura dopo due millenni e altrettanti occorsero per il passaggio dalla
Grecia alle isole britanniche.
Va segnalato come proprio la lentezza del processo di diffusione abbia permesso l'adattamento delle specie coltivate
ai diversi ambienti naturali. Diversi fattori giocarono a favore dell’espansione della cerealicoltura: l'incremento
demografico obbligò le popolazioni ad occupare nuovi suoli; l'attività migratoria comportò il trasferimento delle
tecniche agricole nei luoghi colonizzati; gli scambi permisero la trasmissione d'informazioni.
Un modello, simulato al computer e verificato da accertamenti sul campo, ha fornito dati interessanti: i suoli
coltivati avanzarono di un chilometro all’anno, con una velocità media di 25 chilometri per generazione; questa velocità
fu assai inferiore a quella delle emigrazioni, che è stimata da 300 a 2.000 chilometri per generazione.
UNITA'DIDATTICA. DALLA CRISI DEL NEOLITICO ALLA
PROTOSTORIA.
Capitolo primo.
L'AMBIENTE E IL TERRITORIO.
L'ambiente come limite. I notevoli vantaggi offerti dalla stanzialità fecero di quest'ultima un modello di sviluppo
vincente e in grado di espandersi rapidamente; tuttavia, la permanenza di comunità popolose su un territorio sollevò un
problema di non facile soluzione, riguardante l'equilibrio tra presenza umana e ambiente: infatti la fertilità dei campi
poteva esaurirsi in seguito a un eccessivo sfruttamento e l'aumento demografico poteva rendere insufficienti le risorse.
Il sistema demografico antico era contrassegnato da alti tassi di mortalità e di natalità. Quando le condizioni di vita
miglioravano, i decessi tendevano a diminuire e la speranza di vita alla nascita subiva positive impennate; se invece le
comunità non riuscivano a regolare la propria crescita sulla base dell’effettiva disponibilità alimentare, le carestie, le
epidemie, le guerre e le emigrazioni intervenivano a correggere gli squilibri.
Per conservare i benefìci conseguiti in precedenza, gli uomini dovettero modificare comportamenti e rapporti
sociali, mentre le comunità tesero a organizzare gli individui per fronteggiare l'irruenza e l'irregolarità delle forze
naturali: garantire il rifornimento di acqua ai campi, immagazzinare scorte per i tempi di carestia e difendere i frutti del
proprio lavoro furono compiti non più affrontabili dai singoli.
Capitolo secondo.
LE RISORSE.
La trasformazione dei villaggi. L'espansione dei villaggi neolitici fu accompagnata da una specializzazione delle
attività economiche. Attività non direttamente legate alla terra, quali la difesa, il culto, l'artigianato e il commercio, si
rivelarono decisive per aumentare il benessere; il controllo delle eccedenze produttive risultò determinante per lo
sviluppo; l'accumulazione privata delle ricchezze permise ad alcuni uomini di controllare i destini di tutti gli altri.
La scoperta del rame aprì la transizione dall'Età della pietra a quella dei metalli. Il vantaggio derivante dall'uso di
questa materia prima era evidente: se un utensile di pietra diveniva inservibile una volta rotto, uno di rame poteva
essere nuovamente fuso e riutilizzato. Alcuni artigiani, i metallurghi, si specializzarono nella nuova lavorazione: dopo
aver riscaldato il minerale, essi colavano il metallo fuso dentro appositi stampi e lo lasciavano raffreddare.
Molti storici chiamano Calcolitico (dalle parole greche khalkos, rame, e lithos, pietra) il periodo tra il 4.500 e il
2.500 a.C., nel quale gli utensili di rame si affiancarono a quelli di pietra. La scoperta del rame accelerò i processi di
trasformazione, provocando la crescita degli scambi e l'ampliamento delle aree sviluppate; inoltre, fu alla base della
transizione dai villaggi alle città, che ospitarono comunità sempre più popolose e complesse.
Capitolo terzo.
L'INDIVIDUO E IL GRUPPO.
La gestione del potere. Mentre i villaggi neolitici erano organizzati attorno alla guida del capo, del mago-stregone e
dell'assemblea degli anziani, le città protostoriche ebbero al loro centro le figure del re e del sacerdote. Il potere
assoluto di questi ultimi si fondò sul possesso dei capi di bestiame, sull'accumulazione delle ricchezze e
sull'appartenenza alle famiglie più in vista della società.
Tuttavia, per quanto importanti, questi elementi di carattere materiale non sarebbero stati sufficienti per radicare
l'autorità. A tale scopo, un ruolo importante fu svolto dalla convinzione che gli dei avessero assegnato al re e al
sacerdote il compito di riprodurre sulla terra l'ordine dell'universo e che l'obbedienza alla volontà divina costituisse la
sola garanzia di abbondanza e di benessere.
Il re e il sacerdote ebbero alle proprie dipendenze guerrieri specializzati nell'arte del combattimento e amministratori
capaci di coordinare l'attività produttiva di contadini, artigiani e mercanti. Gli schiavi, prigionieri di guerra privi di
diritti, furono addetti ai lavori più ingrati e faticosi. Il prestigio di una città si misurò con il numero dei suoi sudditi e
con quello dei suoi schiavi.
La guerra. Spesso si è ricorsi a motivazioni quali l'indole violenta dell'uomo o il permanere di atteggiamenti di tipo
primitivo per spiegare l'esistenza delle guerre, ma una spiegazione di questo tipo ci sembra insoddisfacente. Semmai,
l'aggressività istintiva può essere il motivo delle lotte improvvisate tipiche dell'Età della pietra, mentre l'occasionale
incursione del nomade è tutt'al più finalizzata alla razzia; diversamente, la guerra, in quanto esercizio pianificato della
violenza, è un fenomeno legato alla nascita della città in tempi prossimi a quelli storici.
Solo l'esistenza di un gruppo sociale stabile di guerrieri rese possibile la minuziosa organizzazione delle iniziative
belliche, utili ai re per appropriarsi delle risorse altrui e per estendere il proprio potere territoriale. Solo le città, veri
forzieri ricolmi di beni alimentari e di manufatti preziosi, attirarono le bramosie dei nomadi, ma soprattutto quelle degli
altri sedentari urbanizzati. Per queste ragioni, i primitivi, episodici scontri si trasformarono in regolari campagne di
asservimento e di rapina.
Capitolo quarto.
LE STRUTTURE INSEDIATIVE.
Dal villaggio alla città. Non sappiamo esattamente se l'espansione dei villaggi agricoli abbia dato origine alle città.
Certamente questa dinamica si verificò in molti casi, ma gli studiosi contemporanei sottolineano come alcuni centri
urbani siano nati anche in prossimità delle miniere e dei crocevia commerciali.
Città e villaggio furono comunque molto diversi: la prima era racchiusa in uno spazio circoscritto, nettamente
separato dalla campagna, e sottoposta a regole di tipo culturale; il secondo, integrato nell'ambiente, era invece
fortemente condizionato dagli eventi naturali. Se le modeste basi del villaggio poggiavano sullo stretto legame tra
comunità e terra, quelle più ambiziose della città si fondavano sulla forza del re e sull'influenza del sacerdote.
Gerico e Chatal Huyuk. Fin dal 7.000 a.C., questi due insediamenti urbani del Vicino Oriente si organizzarono
attorno alle attività estrattive, artigianali e commerciali.
Gerico, in Palestina, ospitò almeno duemila abitanti e fu il centro di una circolazione di beni a vasto raggio: esportò
bitume e sale e importò silice (materiale impiegato nell’impermeabilizzazione della ceramica) dall'Anatolia, turchesi dal
Sinai e conchiglie dal mar Rosso.
Anche Chatal Huyuk, estesa per quindici ettari nella penisola anatolica, s'imperniò sul baratto dell'ossidiana (pietra
nera di particolare durezza) con le conchiglie del Mediterraneo e con altri tipi di pietra (alabastro, marmo...); inoltre,
questo centro ospitò un prospero artigianato, che spaziò dalla tessitura alla produzione di oggetti in rame e madreperla.
Il tempio e il palazzo. La città fu il prodotto di un'enorme mobilitazione di energie, potenza e ricchezza. Le mura,
che forse non circondarono da subito gli insediamenti, non ebbero solo la funzione di difesa, ma anche quella simbolica
di separazione tra un mondo interno, in cui regnava l'ordine, e un mondo esterno, soggetto alle forze incontrollabili
della natura.
Il tempio e il palazzo reale furono, oltre che le residenze dei sacerdoti e del re, anche i centri dell'organizzazione
economica, dove si custodivano le eccedenze agricole, si scambiavano le merci e si coordinavano i lavori dei campi.
Solo il sapere del sacerdote e del re poteva far fruttare le risorse in modo continuativo ed assicurare cibo nei periodi di
carestia.
Se da una parte le città divennero simbolo di sicurezza, dall'altra s'imposero come luogo della diseguaglianza e della
costrizione.
Capitolo quinto.
IL SAPERE.
Verso una conoscenza magico-religiosa. Abbiamo visto quanta influenza esercitarono sulle società neolitiche le
concezioni magico-religiose. Nelle comunità protostoriche, il senso del sacro si radicò ancor più profondamente: il
potere centralizzato s'ammantò di ragioni divine, mentre l'ordine della città ricalcò l'impostazione data dagli dei al
mondo; il sacerdote, interprete di una conoscenza che risiedeva nei cieli, divenne l'esclusivo depositario del sapere e
della tradizione e la sue conoscenze furono così ampie da permettergli di candidarsi talvolta alla guida delle città.
LA RICERCA E LE FONTI.
STRATEGIE DELLA CRESCITA DEMOGRAFICA.
Il milione di abitanti del Paleolitico, i 10 del Neolitico, i 100 dell'Età del bronzo, il miliardo della rivoluzione
industriale o i 10 miliardi che non mancheremo di raggiungere nel prossimo secolo cadenzano una crescita che,
certamente, non è solo demografica. Ma già questi dati ci dicono che l'evoluzione demografica non è stata uniforme nel
tempo; essa si è sviluppata attraverso cicli di espansione, ristagno e perfino riduzione, la cui interpretazione, anche per i
periodi storici non avvolti nelle nebbie, non è agevole. Occorre, infatti, dare risposta a un quesito tanto elementare
nell'apparenza quanto complesso nella sostanza: perché noi siamo oggi 5 miliardi, e non molti di più o molti di meno,
100 miliardi o 100 milioni? E perché la crescita demografica, dalla preistoria ai nostri giorni ha seguito un determinato
itinerario, dei tanti possibili? Domande difficili, ma non improponibili, perché il percorso compiuto dall'umanità -quello
numerico, beninteso- se non obbligato, è stato perlomeno costretto da numerosi vincoli e argini che hanno fissato le
grandi linee dell'itinerario seguito. Vincoli e argini che possiamo in prima approssimazione ricondurre ai
condizionamenti biologici e a quelli ambientali. I primi sono connessi con le leggi di mortalità e riproduttività dalle
quali dipende la velocità dell'accrescimento demografico; i secondi determinano le forze di attrito che tali leggi
incontrano regolando ulteriormente la velocità della crescita. Inoltre, condizionamenti biologici e ambientali si
influenzano reciprocamente e non sono quindi indipendenti gli uni dagli altri.
Ogni collettività vivente sviluppa particolari strategie di sopravvivenza e riproduzione che si traducono in ritmi di
crescita, potenziali ed effettivi, di velocità variabile. Una breve analisi di queste strategie può costituire la migliore
introduzione alla specificità della specie umana. I biologi hanno identificato due grandi categorie di strategie vitali,
chiamate di tipo R e di tipo K che, in realtà, rappresentano semplificazioni di un continuo. Gli insetti, i pesci, gli uccelli,
alcuni piccoli mammiferi, adottano strategie del tipo R: vivono, essenzialmente, in ambienti assai instabili e si
avvantaggiano nei periodi favorevoli (annuali, stagionali) per riprodursi con grandissima rapidità, anche se le
probabilità di sopravvivenza della discendenza sono scarsissime. è però proprio in conseguenza e per causa della
grande instabilità ambientale che conviene affidarsi al grande numero, perché "la vita è una lotteria ed è quindi
razionale acquistare molti biglietti". Gli organismi a strategia R hanno ampi cicli con fasi di rapidissima ascesa e di
rapidissima discesa.
Assai diversa è la strategia degli organismi di tipo K (i mammiferi, soprattutto se di dimensioni medie e grandi,
alcuni tipi di uccelli) che colonizzano ambienti relativamente stabili, ancorché affollati di competitori, di predatori e di
parassiti. Gli organismi di tipo K sono indotti dalla pressione ambientale e selettiva a competere per sopravvivere; ciò
richiede, soprattutto, forti investimenti parentali di tempo ed energia sulla discendenza per il suo allevamento, e questo
è possibile solo se il numero dei discendenti è ridotto.
Le strategie R e K sono associate, pertanto, con organismi con caratteristiche assai differenziate. Le prime si
adattano a organismi di piccole dimensioni, corta durata di vita, ridotto intervallo tra generazioni, breve gestazione,
brevi intervalli tra le nascite ed elevata numerosità delle cucciolate. Le strategie di tipo K sono invece associate con
organismi di grandi dimensioni, lunga durata di vita, lunghi intervalli tra generazioni e tra nascite, parti singoli e
lungamente intervallati.
(...) Si può anche dimostrare che il tasso di accrescimento delle varie specie (limitiamoci ai mammiferi) varia,
essenzialmente, in funzione inversa della durata della generazione e, quindi, delle dimensioni corporee. E, sia pure a un
livello di generalizzazione macroscopico, la minore capacità di crescita numerica degli organismi più grandi può ben
mettersi in relazione con la loro minore vulnerabilità alle fluttuazioni ambientali connessa con le stesse maggiori
dimensioni corporee. Proprio perché per essi la vita non è una lotteria -e cioè le loro chances di sopravvivere sono
elevate- non hanno bisogno di affidare la perpetuazione della specie a una elevata riproduttività. Quest'ultima, poi,
sarebbe nociva a quegli investimenti di cura e protezione della prole necessari a renderla meno vulnerabile e per
garantirne la bassa mortalità. (...)
La nostra specie segue, ovviamente, una strategia K; essa ha avuto successo nel controllare l'ambiente e le sue
fluttuazioni e investe moltissimo nell'allevamento della prole. Due principi ci saranno particolarmente utili
nell'affrontare gli argomenti delle prossime pagine. Il primo riguarda la rilevanza della relazione tra popolazione e
ambiente, che per la specie umana va inteso nel senso più ampio possibile del termine, e cioè come quell'insieme di
condizioni di vita (ambiente fisico, clima, disponibilità di nutrimento ecc.) che determinano la sopravvivenza. Il
secondo principio attiene alla stretta relazione esistente tra riproduttività e mortalità, nel senso che la seconda è
funzione dell'intensità degli investimenti parentali, e che questi tendono a essere in relazione inversa con l'intensità
della riproduttività.
M. Livi Bacci, Storia minima della popolazione del mondo, Torino, Loescher, 1989, pp.2-5.
GLI ESSERI UMANI SONO NATI PER PARLARE?
La lingua è la più grande invenzione dell'uomo, sempre che di invenzione si tratti. Noam Chomsky, docente al
Massachusetts Institute of Technology, ritiene che non sia tale. Egli ritiene che la lingua sia innata nel bambino come lo
è il volo nel piccolo di una rondine e che i bambini non debbano tanto imparare la lingua quanto svilupparla in risposta
a uno stimolo. "Pochissimi si occupano dell'origine del linguaggio, in quanto lo considerano un problema insolubile"
dice Chomsky.
In realtà, di questo problema si era parlato così a lungo e con così pochi risultati fino al 1866 che la Société
Linguistique di Parigi ne interdisse la discussione. L'ordine però fu violato ben prima che arrivasse Chomsky, il che
portò alla formulazione di numerose teorie.
- La teoria onomatopeica: le prime parole si sarebbero formate nel tentativo di imitare suoni come per esempio baubau per il cane, cucù per il cuculo e uuuh per il soffiare del vento.
- La teoria dell'espressione emotiva: le prime parole sarebbero state interiezioni che esprimevano stati d'animo come
puà, bah e uff.
- La teoria ritualistica di gruppo: nel momento in cui molte persone coordinavano i loro sforzi per svolgere un
lavoro, si faceva forse ricorso, per dare il ritmo al gruppo, a esortazioni ritualizzate simili al nostro oh-issah.
- La teoria melodica: alcuni suoni potrebbero essere nati per gioco come le nenie dei bambini o il "tubare" degli
innamorati .
- La teoria della mimica boccale: i primi parlanti usavano forse le labbra per indicare, creando spostamenti collegati
di suoni e muscoli che distinguevano il vicino dal lontano. Si possono così interpretare fenomeni come quelli delle
parole italiane questo e quello e di quelle francesi voici e voilà.
Ciò, naturalmente, elude del tutto il problema del perché si sia sviluppato il linguaggio. Derek Bickerton,
delI'Università di Hawaii, ipotizza nel suo recente libro Language and Species che il linguaggio possa essere un
sottoprodotto dell'evoluzione del cervello. Le strutture nervose, che consentivano ai primi ominidi di ricavare per
astrazione dalle loro percezioni una rappresentazione del mondo, miglioravano la loro capacità di adattamento. Queste
strutture potrebbero averli messi poi in condizione di attribuire un significato a gesti e suoni, producendo un
linguaggio.
ll linguaggio primitivo sarebbe stato ricco di parole dotate di significato, ma carente di elementi grammaticali. In
quanto evolutasi molto prima della sintassi, quella forma di comunicazione -sue tracce- potrebbe forse essere
individuata nei gesti delle scimmie a cui siano stati insegnati gli elementi del linguaggio dei segni. Bickerton ritiene che
anche i "bambini selvaggi", rimasti isolati negli anni cruciali dell'infanzia -in cui di norma si sviluppa la sintassicostituirebbero un esempio di quello che potrebbe essere stato il linguaggio primitivo. I cosiddetti "bambini lupo",
trovati in zone selvagge dell'India agli inizi di questo secolo, si dimostrarono capaci di imparare molte cose, ma non
andarono mai al di là dell'abilità verbale di un bambino di due anni.
ll salto dal linguaggio primitivo a quello sintattico è quanto mai difficile da spiegare. Bickerton avanza l'ipotesi che
"un singolo evento genetico potrebbe realmente essere stato sufficiente a trasformare il protolinguaggio in un
linguaggio dotato di sintassi". Egli conclude notando che tutti i prerequisiti per il linguaggio -cervello più grande,
miglioramento dell'apparato per l'emissione del suoni, nuove connessioni nervose- comportano l'instaurarsi di
modificazioni anatomiche. (...)
Chomsky e altri sostengono che l'abilità linguistica dell'uomo potrebbe essere comparsa improvvisamente nel
momento in cui qualche evento genetico operò una saldatura tra molteplici caratteri evolutisi per altri scopi. Uno di
questi caratteri sarebbe stato il controllo cosciente della produzione dei suoni. I cani abbaiano quando gliene viene
l'impulso; gli scimpanzé cercano di frenare i richiami inopportuni, anche se con scarso successo. Gll uomini, invece,
mentono spudoratamente.
Un ulteriore adattamento è consistito probabilmente nella capacità di decodificare I segnali vocali. Nessun
telegrafista, per quanto bravo, ha mai interpretato il codice Morse alla velocità con cui un bambino, anche solo attento a
metà, capisce il significato di un dialogo.
Le modulazioni stesse sono molto ricche, in parte per la forma inconsueta dell'apparato vocale umano. Philip
Lieberman, della Brown University, osserva che ci• rende gli esseri umani gli unici mammiferi incapaci di deglutire e
respirare contemporaneamente. Non si tratta di un inconveniente da poco, visto che comporta il rischio di soffocare
mangiando; un rischio che è per• compensato da una migliore articolazione dell'apparato vocale. Stando alla
ricostruzione fatta da Lieberman sulla base dei fossili, I'uomo di Neandertal aveva un apparato vocale "scimmiesco". Se
questo è vero, le sue capacità di articolazione dovevano essere limitate e questo spiegherebbe perché si estinse mentre
Homo sapiens sopravvisse.
Philip E. Ross, Glottologi a confronto, in "Le Scienze", 274, Giugno 1991, p. 97.
LE BASI BIOLOGICHE DELL'ALTRUISMO.
Il comportamento altruistico può essere definito come un comportamento che avvantaggia altri individui che non il
protagonista, con conseguente danno a quest'ultimo.
Questo tipo di comportamento è osservabile in specie diverse di animali. (...) Fra i Primati non esiste un'ampia
varietà che va dalla cooperazione nell'educazione dei piccoli nel branco, alle grida di allarme in caso di avvistamento di
predatori, alla difesa del gruppo, alla spartizione del cibo reperito, alla dedizione della propria esistenza in favore di
cospecifici. (...) Nell'uomo, l'atto altruistico, fino al sacrificio eroico è considerato un comportamento eticamente
positivo. (...)
Ma come può essersi affermato e fissato geneticamente questo comportamento, che sembra contraddire uno dei
fondamenti della selezione naturale, perché dannoso all'individuo che lo esegue? (...)
La soluzione del problema sta nello spostare il concetto di selezione individuale a quello di selezione di gruppo (...).
Si tratta allora di verificare quale possa essere la convenienza di atteggiamenti che possono momentaneamente
danneggiare il singolo ma favorire il gruppo e, di conseguenza, rendere più probabile la trasmissione dei geni.(n.d.r).
Una spiegazione si deve a R. L. Trives, che ha sviluppato l'idea di un altruismo capace di evolversi soltanto
attraverso il suo carattere di reciprocità. (...)
Facciamo un esempio. Un uomo sta affogando ed un altro si getta in acqua per salvarlo. Se il primo ha 50% di
probabilità di morire, se non aiutato, mentre il secondo ha solo il 5% di probabilità di morire nel salvataggio e l'uomo
che sta per affogare viene salvato, e se in un'altra occasione l'uomo salvato ha l'opportunità di restituire il favore con lo
stesso rischio per entrambi, ognuno dei due scambia un 50% di probabilità di morire con un 10%, con evidente
guadagno. è facile rendersi conto che una popolazione, utilizzando una serie di obbligazioni di questo tipo, aumenta il
vantaggio della idoneità genetica (possibilità di trasmettere i propri geni ai figli, perpetuando la specie. n.d.r.) dei suoi
membri in maniera sostanziale, e quindi migliora le proprie possibilità di sopravvivenza rispetto altre popolazioni.
Secondo Trives, la diffusione dell'altruismo reciproco si basa su tre fattori principali: 1.un prolungamento della vita
media, che accresce le probabilità per due individui di imbattersi in condizioni favorevoli al manifestarsi di questo
comportamento; 2.un basso tasso di dispersione, perlomeno in una parte della loro vita, che aumenta la probabilità che
si ripetano interazioni fra gli individui (è il caso delle convivenze stabili, n.d.r.); 3.un'alta interdipendenza fra i membri
della popolazione (ad es. per difendersi contro i predatori), che moltiplica le situazioni potenzialmente altruistiche.
L'uomo (...) rappresenta la specie ideale per eccellenza. L'uomo infatti è il solo Primate che abbia praticato la caccia
collettiva in maniera sistematica durante le fasi più cruciali della sua evoluzione culturale, e che ha inoltre una vita
preriproduttiva e postriproduttiva più lunga di ogni altro animale, un tasso di dispersione più basso, soprattutto durante
la sua lunga infanzia, e dimostra, in un habitat pericoloso e differenziato, un più alto grado di interdipendenza. Presenta
infine una organizzazione sociale unica, molto favorevole all'altruismo reciproco per la sua eccezionale complessità, ed
ha anche sviluppato tratti psicologici e culturali che possono consolidarla e potenziarla.
B. Chiarelli, Origine della socialità e della cultura umana, Roma-Bari, Laterza, 1983, pp. 217-221.
BIBLIOGRAFIA.
Anati E.
Chiarelli B.
Clark G.
Coppens Y.
Delort R.
Facchini F.
Godelier M.
Heichelheim F.M.
Johanson D. Maitland E
Leroi-Gourhan A.
Leroi-Gourhan A. (a cura
di)
Lévi-Strauss C.
Livi Bacci M.
Morris D.
Mumford L.
Perlès C.
Van Gennep A.
Venuti G. Giusti F.
Gli elementi
fondamentali della
cultura
Origine della
socialità e della
cultura umana
La preistoria del
mondo
La scimmia,
l'Africa e l'uomo.
L'uomo e gli
animali dall'età
della pietra ad
oggi
Il cammino
dell'evoluzione
umana
Rapporti di
produzione,miti,
società
Storia economica
del mondo antico.
La preistoria.
Lucy. Le origini
dell'umanità
Gli uomini della
preistoria
Dizionario della
preistoria
Razza e Storia
Storia minima
della popolazione
del mondo
La scimmia nuda
La città nella
storia
Preistoria del
fuoco
I riti di passaggio
Evoluzione e storia
dell'uomo
Milano
Jaca Book
1983
Roma-Bari
Laterza
1984
Milano
Garzanti
1986
Milano
Jaca Book
1984
Roma-Bari
Laterza
1987
Milano
Jaca Book
1984
Milano
Feltrinelli
Bari
Laterza
1979 Vol.I
Milano
Mondadori
1981
Milano
Feltrinelli
1961
Torino
Einaudi
1991
Torino
Torino
Einaudi
Loescher
1967
1989
Milano
Genova
Bompiani
Bompiani
1968
1977 Vol.I
Torino
Einaudi
1983
Torino
Bologna
Boringhieri
Zanichelli
1981
1984
ESERCIZIARIO.
UNITA' DIDATTICA. IL QUADRO DI RIFERIMENTO.
1. Dal seguente brano riguardante l'evoluzione sono state eliminate alcune parole. Sceglile fra quelle proposte di
seguito, inserendole nello spazio adatto.
Adattamento; fossili; specie; discendenti; progenitori; razze; sottomissione; archeologici.
Secondo Darwin, le ................... si evolvono gradualmente, da quelle più semplici a quelle più complesse, con un
processo di ....................... all'ambiente naturale, pena l'estinzione. Anche l'uomo sottostà a questo processo, ha quindi
..................... comuni con le scimmie. Solo lo studio approfondito dei reperti .................... può aiutarci a trovare l'anello
mancante di congiunzione fra le specie che ci hanno preceduto e la nostra.
2. Attribuisci ognuna delle voci sottoelencate al corretto stadio di sviluppo della specie umana, apponendo la lettera
corrispondente alla scelta nell'apposito spazio vuoto.
Abilità: A.possibilità di assumere una postura eretta; B.acquisizione stabile della postura eretta; C.capacità di produrre
ciottoli rudimentalmente scheggiati; D.capacità di produrre ciottoli a forma di lama; E.capacità di produrre utensili con
schegge di ciottoli; F.capacità di usare e controllare il fuoco; G.capacità di coltivare e allevare; H.capacità di levigare i
ciottoli.
Adattamento all'ambiente: L.arboricolità; M.costruzione di strutture abitative, costituite da muretti di pietra a secco;
N.insediamento prevalente nelle caverne.
Caratteristiche culturali: P.capacità di comunicare attraverso il linguaggio articolato; Q.inumazione dei defunti;
R.capacità di produrre manufatti artistici.
Australopitecus....................................................................................
Homo abilis .........................................................................................
Homo erectus ......................................................................................
Homo sapiens .....................................................................................
Homo sapiens sapiens ........................................................................
3. Inserisci le seguenti voci nella tabella sottostante.
4.400.000 anni fa; 2 milioni di anni fa; 1.600.000 anni fa; 300.000 anni fa; 100.000 anni fa.
Africa; Asia; Europa; America; Australia.
400-500 cc.; 650-800 cc.; 775-1250 cc; 1300-1700 cc.; 1400 cc.
Homo sapiens
Homo erectus
Australopitecus
Homo sapiens
sapiens
Homo habilis
data della
comparsa
aree geografiche
di nuova
colonizzazione
capacità cranica
4. Scegli la migliore fra le risposte alle seguenti domande, contrassegnandola con una crocetta sulla lettera che le
precede.
Alcuni membri della tribù divennero liberi dal compito di produrre cibo perché:
a.agricoltura e allevamento resero disponibile una maggior quantità di alimenti;
b.le innovazioni tecnologiche richiesero addetti specializzati alla produzione di utensili;
c.essi detennero il potere sociale;
d.le loro qualità erano superiori a quelle del resto della popolazione.
Il potere sociale venne detenuto dai maschi perché:
a.erano fisicamente più forti delle femmine;
b.erano più intelligenti delle femmine;
c.erano gli "inventori" dell'agricoltura;
d. controllavano il bestiame, che aveva un'importanza determinante nella coltivazione dei cereali.
Lo stregone aveva un ruolo sociale prestigioso e privilegiato perché:
a.guidava la tribù in imprese militari finalizzate alla difesa e all'estensione del territorio;
b.conosceva i segreti della produzione di utensili;
c.propiziava la fertilità della terra e del bestiame con riti magici;
d.conosceva i segreti della coltivazione e dell'allevamento.
5.Collega i seguenti termini con la definizione corretta. Ricorda che alcune fra le definizioni proposte sono solo
parzialmente adatte.
a.Poligamia b.Monogamia c.Patriarcato d.Patrilinearità.
Sistema di passaggio ereditario dei beni e dei diritti di padre in figlia......
Tipo di organizzazione sociale che, dalla famiglia alla società, si fonda sul predominio maschile......
Sistema in base al quale un solo uomo può unirsi con una sola donna......
Sistema di passaggio ereditario dei beni e dei diritti di padre in figlio......
Tipo di organizzazione sociale che, dalla famiglia alla società, si fonda sul predominio femminile......
Sistema in base al quale un solo uomo può unirsi con più donne......
Sistema in base al quale una sola donna può unirsi con più uomini......
UNITA' DIDATTICA. L'EVOLUZIONE UMANA: RISPOSTA A UNA SFIDA AMBIENTALE.
1. Attribuisci a ognuno dei termini e delle espressioni sottoelencati il significato corretto, indicandolo con una crocetta
fra quelli proposti.
1a.arboricolità:
-attività del coltivare gli alberi;
-attitudine a vivere sugli alberi;
-attitudine ad alimentarsi con foglie e virgulti d'albero;
-attitudine a cercare rifugio sugli alberi contro i predatori.
1b opponibilità del pollice:
-possibilità per il pollice della mano di toccare i polpastrelli dell'indice e del medio;
-possibilità per il pollice della mano di toccare il polpastrello dell'indice;
-possibilità per il pollice di piegarsi a metà, al confine fra la prima e la seconda falange;
-possibilità per il pollice della mano di toccare i polpastrelli di tutte le altre dita.
1c. presa di forza:
-capacità di afferrare qualcosa avvolgendolo con entrambe le braccia;
-posizione della mano che permette di afferrare qualcosa avvolgendolo con il pollice e, in direzione opposta, con le
altre dita;
-posizione della mano ottenuta opponendo il pollice all'indice e al medio;
-capacità di afferrare qualcosa stringendolo con entrambe le mani.
1d. presa di precisione:
-capacità di afferrare qualcosa stringendolo fra i polpastrelli dei due indici;
-posizione della mano che permette di afferrare qualcosa avvolgendolo con il pollice e, in direzione opposta, con le
altre dita;
-posizione della mano ottenuta opponendo il pollice all'indice e al medio;
-capacità di afferrare qualcosa stringendolo fra entrambe le mani.
1e. neotenìa:
-area inferiore e posteriore del cranio;
-attitudine a protrarre la gioventù, tipica dell'uomo;
-condotto delimitato da ossa attraverso cui viene espulso il feto al momento della nascita;
-linguaggio prodotto da parole.
2. Attribuisci ciascuna delle proprietà umane sotto elencate al grado di evoluzione appropriato, scrivendo la lettera P se
si tratta dei Primati o la lettera O se si tratta degli Ominidi.
Convergenza orbitale ........; stazione eretta ........; presa di precisione .........; opponibilità del pollice ........; presa di forza
.........; vista tridimensionale.........; unghie piatte .........; abbassamento della laringe e allungamento del canale
orale...........
3. Poni in successione, numerandoli da 1 a 5, i fenomeni elencati, in modo da ricostruire l'ordine logico e cronologico
della neotenia.
Riduzione delle dimensioni del bacino, rispetto agli Ominidi ...........
Aumento delle dimensioni del cranio, rispetto agli Ominidi ..........
Allungamento del tempo necessario per passare dall'infanzia ala pubertà e alla maturità, rispetto alle scimmie
antropomorfe ..........
Stazione eretta ...........
Aumento delle dimensioni del cranio dopo la nascita ...........
UNITA' DIDATTICA. IL PALEOLITICO.
1. Attribuisci a ognuno dei termini e delle espressioni sottoelencati il significato corretto, indicandolo con una crocetta
fra quelli proposti.
1a. Esogamia:
-sistema in base al quale un solo uomo può unirsi in matrimonio con una sola donna;
-obbligo per i giovani maschi di cercare la propria partner fra i membri di un gruppo diverso da quello di origine;
-sistema in base al quale un solo uomo può unirsi in matrimonio con più donne;
-obbligo per le giovani femmine di cercare il proprio partner fra i membri di un gruppo diverso da quello di origine.
1b. cultura materiale:
-unità delle conoscenze e delle esperienze inerenti la materia, racchiusa in un tempo e in uno spazio definiti;
-unità delle conoscenze e delle esperienze, racchiusa in un tempo e in uno spazio definiti;
-unità delle conoscenze e delle esperienze posseduta da un gruppo umano;
-unità tecnologica e stilistica dei manufatti, racchiusa in un tempo e in uno spazio definiti.
1c. nucleo litico:
-ciottolo nella sua forma naturale;
-parte interna del ciottolo, affiorante dopo che da esso sono state staccate le schegge;
-parte esterna del ciottolo, usata per staccare le schegge;
-roccia contenente l'elemento chimico del litio.
1d. crescita demografica:
-tendenza all'aumento dell'uguaglianza dei diritti individuali in un gruppo umano;
-tendenza all'addensamento della popolazione umana su un territorio;
-tendenza all'aumento quantitativo della popolazione umana;
-tendenza all'aumento qualitativo della popolazione umana.
1e. corredo funerario:
-insieme dei rituali che si compiono durante un funerale;
-statuetta recante imresse le sembianze di un defunto;
-tessuto usato per avvolgere un cadavere all'atto del suo seppellimento;
-insieme di cibi, oggetti e armi, deposto accanto a un cadavere inumato o alle sue ceneri.
1f. opportunismo alimentare:
-comportamento di chi si alimenta con gli avanzi dei pasti altrui;
-comportamento di chi si alimenta sia con vegetali sia con carne;
-comportamento di chi si alimenta con ciò che è offerto spontaneamente dalla natura;
-comportamento di chi si alimenta con ciò che preferisce.
2. Attribuisci ciascuno dei fenomeni sotto elencati al grado di evoluzione della specie umana appropriato, scrivendo le
lettere Hh se si tratta dell'Homo habilis, He se si tratta dell'Homo erectus, Hs se si tratta dell'Homo sapiens e Hss se si
tratta dell'Homo sapiens sapiens.
Opportunismo alimentare........; caccia non specializzata........; caccia specializzata........; pesca non specializzata........;
pesca di esemplari ittici di grandi dimensioni........; scheggiatura di un ciottolo su una faccia.........; scheggiatura di un
ciottolo su entrambe le facce........; lavorazione di schegge staccate secondo un progetto prestabilito........; costruzione di
muretti semicircolari a secco.......; costruzione di capanne di legno e pietra.......; abitazione in caverne.......
UNITA' DIDATTICA. IL NEOLITICO.
1. Attribuisci a ognuno dei termini e delle espressioni sottoelencati il significato corretto, indicandolo con una crocetta
fra quelli proposti.
1a. Erpice:
-Punto culminante di una trasformazione;
-primitiva forma di aratro;
-resina fossile usata come materia prime nella fabbricazione di gioielli;
-tecnica usata per la produzione di manufatti ceramici.
1b. surplus produttivo:
-fenomeno economico consistente nella crescita della produzione di beni;
-fenomeno economico consistente in una produzione di beni inferiore al fabbisogno dei produttori;
-fenomeno economico consistente nella crescita del numero dei produttori di beni;
-fenomeno economico consistente in una produzione di beni superiore al fabbisogno dei produttori.
1c. clan:
-gruppo di famiglie legate da rapporti di parentela;
-gruppo di anziani alla guida di una tribù;
-gruppo di maghi stregoni appartenenti a diverse tribù;
-capo di una tribù.
2. Poni in successione, numerandoli da 1 a 7, i fenomeni elencati, in modo da ricostruire l'ordine logico e cronologico
che seguì l'addomesticamento degli animali.
addomesticamento degli animali.......; migrazione di specie animali.......; fine dell'ultima glaciazione.......; riduzione
degli animali cacciabili.......; assestamento climatico.......; caccia dei soli esemplari maschi adulti e cattura dei cuccioli o
delle femmine gravide.......; conoscenza di abitudini, regimi alimentari e meccanismi di riproduzione degli animali.......
3. Individua se le affermazioni seguenti sono vere o false, contrassegnandole con la lettera V nel primo caso e con la
lettera F nel secondo.
La fine dell'ultima glaciazione comportò la formazione di acquitrini nelle pianure .......; la fine dell'ultima glaciazione
comportò il diradamento della vegetazione verso Nord .......; la fine dell'ultima glaciazione comportò l'estensione dei
territori abitati dalle tribù nomadi .......; la cerealicoltura comparve in Europa prima che in qualsiasi altro continente
.......; i primi animali addomesticati furono i bovini .......; il maggior vantaggio offerto dalla levigatura della pietra fu la
miglior affilatura degli utensili .......; la produzione di beni incentivò l'affermazione del possesso .......; l'impiego dei
bovini nella cerealicoltura facilitò l'affermazione sociale dei maschi .......; l'impiego del bestiame nella cerealicoltura
aumentò la produzione agraria .......; la formazione di mercanti specializzati dipese dall'aumento della produzione
agraria .......; tutti gli studiosi affermano che l'aumento demografico verificatosi nel Neolitico dipese dalla diminuzione
della mortalità individuale .......; la ruota e il carro furono inventati nel Neolitico .......; le capanne dei villaggi neolitici
erano fatte di mattoni d'argilla essiccati al sole .......; i luoghi considerati sacri coincisero con le zone abitate .......; le
divinità identificate con le forze della natura (pioggia, luna, tempesta...) furono considerate di sesso femminile .......
UNITA' DIDATTICA. DALLA CRISI DEL NEOLITICO ALLA PROTOSTORIA.
1. Poni in successione, numerandoli da 1 a 7, i fenomeni elencati, in modo da ricostruire l'ordine logico e cronologico
che seguì la crisi del Neolitico.
Nobili guerrieri e sacerdoti presero a controllare le ricchezze della comunità.......
Nelle aree più sviluppate, si verificò un forte incremento demografico.......
L'attività dei singoli individui non fu più sufficiente per garantire la sopravvivenza della comunità.......
Attività quali la difesa del territorio e la conoscenza della natura svolsero un ruolo essenziale per garantire il
benessere.......
Stanzialità e agricoltura migliorarono le possibilità di sopravvivenza umane.......
Nobili guerrieri e sacerdoti acquisirono un forte prestigio sociale.......
La permanenza di comunità popolose su un territorio pose il problema del rapporto fra presenza umana e risorse.......
2. Individua se le affermazioni seguenti sono vere o false, contrassegnandole con la lettera V nel primo caso e con la
lettera F nel secondo.
Il principale vantaggio garantito dal rame consistette nella possibilità di riciclaggio degli utensili rotti.......; la tecnologia
del rame iniziò a diffondersi a partire dal 5.500 a.C. .......; la scoperta del rame provocò la crescita degli scambi fra le
diverse comunità .......; l'affermazione del re e del sacerdote dipese anche dalla convinzione che gli dei avessero
assegnato loro il compito di riprodurre sulla terra l'ordine dell'universo e che l'obbedienza alla volontà divina costituisse
la sola garanzia di benessere per la comunità .......; la guerra ebbe fra i suoi scopi quello di assicurare ai vincitori un
numero di prigionieri da adibire ai lavori più faticosi e ingrati .......; la guerra è un fenomeno antico quanto l'uomo .......;
le città sorsero solo nelle aree agricole più sviluppate .......; il tempio e il palazzo furono il vero centro delle attività
economiche .......; nel tempio e nel palazzo si trovavano i magazzini in cui erano conservate le scorte dei raccolti .......
Scarica