Codice cliente: 13430851 Corriere Imprese Lunedì 3 Aprile 2017 BO Il controcanto di Massimo Degli Esposti UN’AGENZIA VIAGGI PER FICO? CI POTREBBE PENSARE TAMBURI OPINIONI & COMMENTI L’editoriale Capitalismo finanziario, una nuova era SEGUE DALLA PRIMA T ra le ragioni vi è senza dubbio quella che fa riferimento alle caratteristiche peculiari del private equity: tali fondi entrano nel capitale delle imprese per un periodo di investimento prefissato, alla fine del quale viene generalmente prevista o la quotazione di tutto il capitale dell’azienda o la cessione dell’azienda stessa. Ciò anche se la quota azionaria di investimento del fondo è inferiore alla maggioranza del capitale. È come dire: io investo 30, ma alla fine del periodo di investimento mi dai 100. Questo è il modus operandi che è andato finora, almeno sul mercato italiano. All’estero, è già in essere una modalità differente di investimento, meno espropriativa, che prevede, oltre all’ingresso sui listini, anche la restituzione dell’investimento con un interesse pattuito. Il private equity non ha sfondato nell’ambito del panorama della aziende italiane, come strumento di ricapitalizzazione o di ricorso a capitali di rischio freschi. Forse la ragione è proprio da ricercarsi nel timore da parte degli imprenditori di arrivare a perdere le proprie aziende. I fondi dal canto loro, non hanno mostrato una capacità di adattamento a una realtà di piccole e medie imprese per le quali crescere non vuole dire farsi comprare da altri, ma, anzi, comprare altri o quote di mercato. Sui mercati esteri operano già molti fondi che non solo non hanno pratiche «espropriative», ma anche permettono una gestione del rapporto debito/equity molto flessibile, supportando le imprese anche in operazioni di conversione del debito in azioni. Un cambiamento nelle modalità operative su questo mercato porterebbe grande giovamento anche alla creazione di una cultura del capitale di rischio che tradizionalmente ha sempre segnato il passo. E la quotazione non può essere nemmeno a tutti i costi: se il titolo non si mantiene liquido, si rischiano forti oscillazioni senza ragioni oggettive. È forse già nei fatti una nuova era: quella del capitalismo finanziario non espropriativo. Massimiliano Marzo 15 Le lettere vanno inviate a: Corriere di Bologna Via Baruzzi 1/2, 40138 Bologna e-mail: lettere@ corrieredibologna.it Fax: 051.3951289 oppure a: [email protected] [email protected] @ © RIPRODUZIONE RISERVATA Giovanni Tamburi difficilmente sbaglia una mossa. E sulla linea di confine che corre fra aziende quotate e aziende in procinto di quotarsi trova sempre il modo di cavalcare cavalli vincenti. Qualche giorno fa, nella consueta lettera agli azionisti della Tip — la finanziaria di partecipazioni quotata a Milano che ha fondato raccogliendo i capitali fra una trentina di grandi dinastie imprenditoriali italiane —, ha celebrato così l’ennesimo anno record con 85,6 milioni di euro di utile e una performance a cinque anni del 222,7%, dieci volte meglio dell’indice di Borsa. Romano di nascita e milanese d’adozione, ha però sempre avuto una particolare attenzione per le perle industriali emiliano-romagnole, dalle quali ha ricevuto in cambio grandi soddisfazioni. In passato è stato azionista importante di Datalogic, Ima e fino all’anno scorso di Noemalife. Oggi è nel capitale della Ferrari, di Interpump, di Furla (che piloterà verso Piazza Affari entro l’anno prossimo) e di Eataly, che, pur non essendo basata da queste parti, entro l’anno avrà la cittadinanza onoraria di Bologna inau- Piazza Affari di Angelo Drusiani Marr compie 45 anni e si rivaluta del 20% gurando la grande Disneyland del cibo, Fico. Nel nucleo dei suoi soci storici, infine, annovera da sempre la bolognesissima famiglia Seragnoli. Come Tamburi spiega nella lettera agli azionisti, e come ripete da anni a chi lo conosce bene, non ha mai investito seguendo le mode del mercato o rincorrendo gli indici di Borsa. Lui guarda alle aziende buone, alle fabbriche, ai prodotti, alle logiche di crescita attraverso acquisizioni e alleanze. Non è un caso se nel suo ampio portafoglio (una ventina di società in tutto, fra quotate e non) non compare un solo titolo riconducibile alla finanza. Qual è, allora, la logica industriale della sua ultima operazione, di quei 120 milioni investiti nell’aumento di capitale del gruppo turistico Alpitour per diventarne il principale azionista? Presentandola, Tamburi ha ricordato la lunga amicizia con il presidente Gabriele Burgio intenzionato a raggiungere una massa critica da tre miliardi di euro (ora ne fattura 1,1) attraverso tre o quattro acquisizioni. Ma forse è un’alleanza industriale quello che Burgio e Tamburi hanno in mente. A Fico sono attesi 6 milioni di visitatori all’anno, in arrivo da tutto il mondo. Occorrerà una poderosa macchina logistica per portarglieli. Alpitour, per esempio. © RIPRODUZIONE RISERVATA Fatti e scenari Il rapporto curato da Generali Welfare nelle piccole e medie Premiate 5 emiliano-romagnole L N ell’anno del 45° della nascita, Marr prosegue la politica di acquisizioni e il primo gennaio di quest’anno si è concluso l’acquisto dell’intero capitale di Speca Alimentari. La società di Baveno è operativa nel Foodservice ed è costata poco più di 7 milioni di euro, la metà dei quali già pagati dalla società riminese, leader in Italia nella distribuzione specializzata di prodotti alimentari alla ristorazione extra domestica, controllata da Cremonini SpA. Nello scorso anno, fu acquistata De.Al e a metà 2015 Sama. Le aziende sono entrate a pieno ritmo nell’attività di Marr e hanno contribuito ai buoni risultati dell’esercizio scorso, chiuso da pochi mesi. I ricavi si sono attestati, nel 2016, a 1,544 miliardi di euro, contro 1,481 miliardi nel 2015. L’utile ante imposte, interessi passi e svalutazioni, meglio noto come Ebitda, è salito a 111 milioni di euro da 105,7, mentre il reddito calcolato ante remunerazione del capitale, tecnicamente Ebit, è stato di 92,7 milioni di euro da 89,1 dell’anno precedente. L’utile consolidato è di 58,5 milioni di euro, salito di poco (fu 58,1 nel 2015). La posizione finanziaria netta è di 177,5 milioni di euro, dai 164,5 precedenti. La ristorazione commerciale e collettiva rappresenta un’attività a discreto valore aggiunto, perché evidenzia, anno dopo anno, una crescita costante. Un contributo importante viene sicuramente dalla strategia che l’azienda persegue da anni, acquisendo società che operano nello stesso comparto ed integrandole in tempi molto brevi. Marr è operativa su tutto il territorio nazionale e si avvale di un’importante rete logistico-distributiva. I centri di distribuzione sono 34, i cash&carry sono 5 e 4 sono gli agenti con deposito. La capillare presenza dell’azienda è frutto anche di ben 800 automezzi che viaggiano per l’Italia. In Romagna, da febbraio scorso, a Rimini e Cesenatico è divenuto operativo un progetto il cui obiettivo è la commercializzazione dei prodotti ittici freschi. A Piazza Affari, Marr è scambiata circa 21 euro per azione. In un anno il titolo si è rivalutato del 20% circa, in sei mesi del 17% e in un mese del 12%. Numeri molto forti, a testimonianza di una crescita importante. E vi sono buone speranze che prosegua! L’intervento Ospitalità e tradizione generano sviluppo nel luogo calviniano del «buon vivere» SEGUE DALLA PRIMA N on è quindi un caso che a Forlì sia nata otto anni fa un’esperienza dedicata proprio all’esplorazione del buon vivere nelle sue specifiche declinazioni (economiche, sociali, culturali e sostenibili). Il premio Nobel Amartya Sen, amico della «Settimana del Buon Vivere», questo il nome della rassegna, afferma che la principale speranza di armonia del nostro tormentato mondo risiede nella pluralità delle nostre identità che s’intrecciano, questa la sintesi più calzante di ciò che questo percorso esprime nel definire la visione che distingue la Romagna, la sua cultura, rendendola unica e attrattiva. È l’economia della relazione in cui studiosi importanti hanno apportato il loro contributo, Jean Paul Fitoussi, Eric Maskin, Joseph Stiglitz e Jeremy Rifkin. Ma alla Settimana del Buon Vivere (la cui prossima edizione si terrà dal 23 settembre all’1 ottobre, www.settimanadelbuonvivere.it) intervengono direttamente o indirettamente (ovvero negli incontri che si sviluppano poi lungo tutto l’arco dell’anno con il nome di «Experience Colloquia») le voci più autorevoli di tutti gli aspetti che lo caratterizzano e che, solo se integrati, ne definiscono il senso. Parliamo di stili di vita (con il premio Nobel Mario Capecchi) di impegno sociale (con figure autorevoli come quella di Don Ciotti) di diritti umani (con il premio Nobel Shirin Ebadi) di riflessione attraverso la parola e l’arte (con artisti come Cederna, Bergonzoni, Celestini, Baliani, Serena Dandini e Lella Costa) di integrazione di pensiero (con contributi di Enzo Bianchi, Carron, Bertinotti, Gianni Riotta) e le arti (le due mostre e piccole e medie imprese sono sempre più attente al welfare. A dirlo è il rapporto promosso da Generali Italia, «Welfare Index Pmi», che ha valutato oltre 3.422 aziende, 471 delle quali sono emiliano-romagnole. Tutte le imprese partecipanti sono state classificate sulla base delle iniziative, dell’originalità e delle politiche attivate. Tra le premiate al primo posto, per l’agricoltura, c’è la Fungar Snc di Rimini per «l’impegno ad aggregare le comunità e a sostenere le imprese più deboli». Ad eccellere nel comparto del commercio e dei servizi c’è il Gruppo società gas Rimini spa «per la conciliazione tra tempi di lavoro e famiglia», seguita in terza posizione dal Consorzio agrario adriatico di Forlì-Cesena. Infine, per l’industria, al terzo posto si è piazzata la Siropack Italia Srl di Forlì-Cesena «per la pianificazione delle soluzioni interne». © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA fotografiche di Steve McCurry e di Sebastiao Salgado inaugurate durante la «Settimana del Buon Vivere» hanno richiamato complessivamente più di 130.000 visitatori). Forlì del resto è forse una delle città che più di ogni altra ha dimostrato negli ultimi dieci anni come l’investimento in cultura possa trasformarsi in un potente motore di sviluppo, con gli studi di Sinloc che hanno valutato in 1,7 l’effetto leva a livello regionale degli investimenti fatti dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì per organizzare i grandi eventi espositivi ospiti dei Musei San Domenico. Non a caso — ancora una volta — la sede che ospita anche questa kermesse è il complesso museale di San Giacomo, perché il buon vivere è fatto — per l’appunto — di relazioni, cioè di nodi, reti e ponti, e questo in Romagna lo hanno capito molto bene. E molto bene lo sanno fare. Monica Fantini Coordinatrice di Romagna Terra del Buon Vivere © RIPRODUZIONE RISERVATA Vertice Marco Sesana, ad di Generali Finanziati con 21 milioni di euro Tre interventi al porto di Ravenna Miglioreranno la viabilità ferroviaria T re interventi da 21 milioni complessivi per migliorare l’accessibilità ferroviaria del porto di Ravenna: Comune, Regione, Rete ferroviaria italiana e Autorità portuale hanno firmato uno schema di accordo operativo che riguarda il sottopassaggio ferroviario carrabile sostitutivo del passaggio a livello in via Canale Molinetto, il prolungamento della dorsale ferroviaria di raccordo sulla destra del canale Candiano e l’adeguamento del cavalcavia Teodorico. Per tutti e tre gli interventi si punta a completare l’iter di progettazione entro il 2017, per aprire i cantieri nel 2018. «Il sistema ferroviario è strategico per il porto di Ravenna: l’escavo dei fondali aprirà il porto a navi più grandi, che scaricheranno più merci, le quali, però, dovranno uscire dal porto in modo efficiente. Un primo passo — ha spiegato il presidente dell’Autorità portuale Daniele Rossi —sarà l’attivazione di una bretella ferroviaria, già esistente, che permetterà a circa 2.000 dei 7.000 treni merci in partenza dal porto ogni anno di non passare attraverso la stazione». © RIPRODUZIONE RISERVATA IMPRESE A cura della redazione del Corriere di Bologna RCS Edizioni Locali s.r.l. 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