CINECIRCOLO “ROBERT BRESSON” Brugherio °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° Mercoledì 16, giovedì 17 e venerdì 18 dicembre 2015 Inizio proiezioni ore 21. Giovedì anche alle ore 15 “Il titolo vuol dire che dobbiamo fare tutti i conti con la solitudine e che possiamo uscirne solo se riusciamo a confrontarci con gli altri, magari armando un conflitto. Nessuno però può chiudersi dentro un cerchio magico e rifiutare l’aiuto, siamo chiamati tutti a farci gli affari degli altri e speriamo che qualcuno si faccia anche i nostri… perché questo significherà aiutare ed essere aiutati”. Sergio Castellitto Nessuno si salva da solo di Sergio Castellitto con Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca, Anna Galiena, Marina Rocco, M. Bonetti Italia 2015, 100’ °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° Non si può negare alla coppia Mazzantini Castellitto onestà intellettuale e invidiabile affiatamento. La loro proficua collaborazione si esprime al meglio nei melò a forti (…). Si muove in quest'ambito anche "Nessuno si salva da solo" che segna però una svolta significativa. Non più storia corale, ma cronistoria di un complicato e altalenante rapporto di coppia, il film porta in primo piano i due protagonisti, lasciando ai margini il contesto storico-ambientale e le figure di contorno, evanescenti (come i loro bambini), o appena sbozzate. A far da sfondo è la Roma dei nostri giorni, un contesto particolarmente difficile in tempi di crisi, dove nessuno dei due riesce a realizzare pienamente il proprio progetto di vita: Delia è una nutrizionista insoddisfatta del proprio lavoro, di estrazione borghese, con un passato di anoressica a causa della nefasta influenza della madre. Gaetano è uno scrittore di talento dalle ambizioni frustrate (vorrebbe lavorare per il cinema, si trova invece a scrivere mediocri copioni per la televisione). Viene dalla periferia e si vergogna dei genitori, 'burini' ma simpatici. Si incontrano per caso e si innamorano, nonostante le vistose differenze, di un amore assoluto e totalizzante che lentamente si sgretola. Tutto questo però lo apprendiamo poco alla volta. Il film infatti inizia dalla fine, in un ristorante alla moda dove Delia e Gae, da tempo separati, si son dati appuntamento per discutere su come organizzare l'estate dei loro bambini. Il confronto è inizialmente aspro e risentito. Ma intanto affiorano i ricordi, quasi un film nel film. La passione prima, vissuta in modo carnale e febbrile, poi l'inizio della crisi, 'scene da un matrimonio' che si infrange sotto il peso della quotidianità, i tradimenti, le liti, la responsabilità dei figli da accudire e da educare, e la routine che lentamente attenua il fervore dei sensi, facendo emergere le differenze sociali e le divergenze di carattere. Il confronto nell'atmosfera ovattata del ristorante assume ora toni più pacati. Sguardi e parole si fanno più dolenti e riflessivi. È davvero tutto finito? Castellitto affida l'alternarsi di presente e passato a continui flashback, che governa con ragionevole sicurezza, perdendo il filo solo occasionalmente. L'impalcatura narrativa è comunque solida, e la regia nervosa e creativa, come il suo approccio, talvolta eccessivo e viscerale, alla materia trattata che, condizionata dai fitti e verbosi dialoghi del testo d'origine, non sempre attinge a una ragionevole sintesi. Bravi gli interpreti, una sensibile Jasmine Trinca, e soprattutto Scamarcio, mai così intenso e convincente. Finale aperto, che affida ad una singolare coppia di anziani (il cantante Roberto Vecchioni e la star spagnola Angela Molina), un messaggio che racchiude il senso ultimo della vicenda e accende una luce di speranza. Ambizioso e non del tutto risolto, il film tuttavia intrattiene e coinvolge, e ha pagine di grande forza espressiva e di autentico pathos. Eliana Lo Castro Napoli - Il Giornale di Sicilia Allo stesso modo di Non ti muovere e Venuto al mondo, si comincia quasi dalla fine, con il presente che scivola continuamente nel passato in modo naturale, fluido. Come per i pensieri e per la vita stessa, non esiste un ordine cronologico, non ci sono spiegazioni razionali. C'è l'emozione - filmata da una macchina da presa che sembra danzare e ci sono la rabbia e l'insofferenza, sottolineate da movimenti rapidissimi. Ancora, c'è la poesia contemplativa di un matrimonio sulla spiaggia e c'è quel piccolo appartamento disordinato del Villaggio Olimpico in cui si sommano l'irrequietezza di una donna borghese che ha risposto all'eccentricità familiare con l'anoressia e la semplicità sana ma inconcludente di un uomo che un po' si vergogna di due genitori che cantano a squarciagola “1950” di Amedeo Minghi. Seppure a servizio di una regia esigente e di un artista che vuole che le cose siano fatte esattamente come dice lui, Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca rivelano energie inaspettate. Con cambi repentini di registro e grazie a un proficuo ascolto reciproco, si muovono liberi nel balletto dei sentimenti del film, diventando testimoni del messaggio di Gaetano e Delia, che suona più o meno così: in solitudine e di solitudine si muore lentamente, mentre dove c'è condivisione, c'è salvezza. Non tutti amano la coppia creativa Castellitto-Mazzantini, a cui imputano eccessiva verbosità e una tendenza all'autocompiacimento. A ognuno la sua opinione, certo, ma resta il fatto che cinema di Sergio e Margaret rimescola dentro al cuore. Ovviamente bisogna aprire la porta, bisogna farsi trovare “in ascolto”, con l'anima nuda. Altrimenti sono solo parole, altrimenti è solo melò. Che poi il melò buttalo via... Che poi a noi “Serenella, ti porto al mare, ti porto via” ci piaceva un sacco... Carola proto – Comingsoon Il film "Nessuno si salva da solo" conserva il titolo del romanzo ed è un'opera che potrebbe definirsi il ritratto sentimentale di una generazione, tale è la sua aderenza al vero e la capacità di creare immedesimazione in un determinato target di pubblico: la storia raccontata assomiglia, infatti, a quella di moltissime persone. (…)La pellicola scruta le diverse stagioni di un sentimento che nasce impetuoso, carnale e pieno di incanto e finisce poi preda di disillusione e rabbia. L'analisi di questo dramma di coppia è sicuramente caustica ed efficace; l'empatia scatta ma, proprio per questo, la visione, alla lunga, si fa pesante da sostenere e non bastano alcuni momenti improntati alla commedia a stemperare certe ombrosità. Nei lunghi flashback che compongono il film, i due interpreti principali non si risparmiano sotto nessun punto di vista: danno luogo a scene sessualmente esplicite e la loro recitazione è sempre molto esibita (matura quella di Scamarcio, a volte inutilmente urlata quella della Trinca). I verbosi scontri tra i due ex coniugi appaiono un po' ripetitivi e monotoni e alcuni personaggi secondari, come i genitori sessantottini di Gaetano, sono fastidiosamente stereotipati. A dare corpo all'assioma del titolo, la presenza al ristorante di una coppia di persone avanti con l'età ma ancora affiatate e innamorate che, a un certo punto, interagisce con quella costituita da Delia e Gaetano, "folgorandola" in modo a dir poco semplicistico. Tutto concorre a suggerire che sia sempre utile scavare tra le macerie di un rapporto perché può comunque esserci qualcosa da salvare. In controtendenza rispetto allo spirito gravoso respirato durante buona parte del film, arriva un finale, sulle note de “La sera dei miracoli” di Lucio Dalla, che permette al pubblico di affrancarsi dalla sala col cuore meno appesantito. Serena Nannelli – Il Giornale.it Come si racconta un amore che non vuole finire, una coppia che si è spezzata da tempo ma non si arrende, due ex amanti - ma genitori per sempre – che dovrebbero parlare solo di figli, vacanze, turni, assegni, ma finiscono puntualmente a rivangare la loro passione e a rinfacciarsi errori, occasioni mancate, tradimenti? Con un materiale tanto incandescente (e a ben vedere tanto banale), le strade sono due. O si lavora di sottrazione, si lasciano molte cose nell'ombra, si usano con sapienza allusioni e omissioni, dosando con molta attenzione luci e ombre, tracce ed indizi, o si sceglie la spietatezza più iperrealistica. Chi conosce i film di Castellitto-Mazzantini, (…), sa già che la prima opzione non è nemmeno contemplata. Regista e autrice (qui anche sceneggiatrice) vogliono farci bere il calice fino alla feccia. Come se solo così i personaggi, e forse gli spettatori, potessero capire, magari espiare, comunque affrontare davvero il passato e l'eventuale futuro che quel passato contiene. È una posizione etica prima che estetica, da cui deriva un cinema volutamente sgradevole, urlato, eccessivo; un cinema per cui il non detto non esiste e tutto dev'essere rimesso in scena, ovvero rivissuto. Qualcuno lo troverà catartico e magari si rispecchierà in questa coppia asimmetrica, come tante coppie(…).A noi invece sembra che la mancanza di controllo, l'accumulo di scene madri (e battute improbabili: una vera collezione), finisca per soffocare anche il nucleo di verità - umana, sociale, sentimentale - della vicenda, dando a ogni cosa l'accento retorico della predica. Fabio Ferzetti – Il Messaggero Nessuno si salva da solo ha pregi e difetti simili a L'ultimo bacio: fra i pregi, un tempismo sorprendente rispetto alla realtà di una generazione, e la volontà di scavare nella rabbia e nella frustrazione contemporanee senza indietreggiare; fra i difetti, la tendenza all'urlo e alla concitazione trafelata, che però sono anche i segni più frequenti (e imbarazzanti) di ogni crisi reale. In questo spin fuori controllo c'è la mancanza di un'educazione sentimentale e la sovrabbondanza di una diseducazione televisiva in cui il confronto è sempre e solo il litigio teatrale o lo sfogo vulcanico. Ciò che salva, per parafrasare il titolo, è lo sguardo dritto, e Castellitto saggiamente fa lavorare gli occhi di Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca, che sostengono con molta grazia e molta aderenza al vero i loro personaggi. Paola Casella - Mymovies Sembra un vecchio film del Muccino maggiore Nessuno si salva da solo, c’è la stessa fiducia nelle parole e nelle contorsioni espressive come strumento per raccontare la coppia, dove gli ambienti/le luci contano invece poco e niente (…), ogni quadro segue una logica propria, è tutto limpido, patinato, un po’ incongruo (…). E c’è la stessa agitazione borghese, la stessa isteria. Delia e Gaetano si ritrovano per una cena di chiarimenti, sono separati e hanno due figli piccoli. Li vediamo discutere, scambiarsi cattiverie, mentre il montaggio alterna al presente il passato via via più prossimo, la costruzione del loro amore, l’arrivo dei bambini, la crisi, i tradimenti. Viene in mente anche Blue Valentine, ma se la struttura è simile cambia del tutto la fiducia nel non detto, molto del film di Cianfrance è inteso senza che sia pronunciato, o comunque viene detto altro, qui invece si parla continuamente (quando le cose accadono, per esempio l’incidente al bambino, o la tresca di lei, restano fuori campo), tutto viene rinfacciato allo spettatore, l’amore e l’odio. E tuttavia, man mano che si procede, è proprio la qualità ipnotica del dramma borghese parlato a trascinare dentro al film, la costruzione sociale/politica è ovvia e funziona (…), alla fine la ragione di questi film non è nel viaggio dei personaggi ma in quello dello spettatore, c’è molta partecipazione che ripaga del poco stupore. La bravura di Trinca e Scamarcio, e l’architettura della Mazzantini, bastano quindi per commuoversi, almeno se si sta al gioco; se si accetta questo genere di messa in scena vagamente pubblicitaria (…), e questa idea di racconto, di melodramma che in fondo ammette la sua ovvietà. Giorgio Viaro – Best Movie