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Al mio bisnonno Mario, esempio di ..................................................................................................... 2 classe,gentilezza,correttezza ed umanità, ............................................................................................ 2 a Dejan che sfreccia libero .................................................................................................................. 2 nel paradiso dei motociclisti, ............................................................................................................... 2 1 Fotoiniettori a RF per la produzione di fasci di elettroni ad alta
brillanza...............................................5 ............................................................................................. 3 3 Caratterizzazione elettromagnetica del gun ibrido....................................................................................25 ............................................................. 4 4 Calibrazione dell’oggettino e misure quantitative di
campo.............................................................................58 ................................................................. 4 Capitolo 1 ............................................................................................................................................. 6 Fotoiniettori a RF per la produzione di fasci di elettroni ad alta brillanza .......................................... 6 Capitolo 2 ........................................................................................................................................... 16 Teoria della misura di Steele.............................................................................................................. 16 2.2 Teoria .......................................................................................................................................... 17 2.3 Espressioni in termini di dipolo elettrico e magnetico ............................................................. 21 2.4 Espressioni in termini di polarizzabilità...................................................................................... 24 Capitolo 3 ....................................................................................................................................... 26 Caratterizzazione elettromagnetica del gun ibrido............................................................................. 26 Capitolo 4 ........................................................................................................................................... 59 Calibrazione dell’oggettino e misure quantitative di campo ......................................................... 59 Capitolo 5 ........................................................................................................................................... 78 Bibliografia ........................................................................................................................................ 80 [12] D.Santarelli. Progetto di un fotoiniettore ibrido in banda S. Tesi di Laurea, Roma, 2005 ... 81 [13] G.Caretti. Progetto di un cannone ibrido a RF in banda X. Tesi di Laurea, Roma, 2004 ..... 81 Ringraziamenti ................................................................................................................................... 82 Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Facoltà di ingegneria
Corso di Laurea in Ingegneria Elettronica
Tesi di Laurea
Caratterizzazione sperimentale di un
cannone RF ibrido per applicazione nei
fotoiniettori
Candidato:
Antonino La Rosa
Relatore:
Prof. Luigi Palumbo
Correlatore:
Dott. Luca Ficcadenti
Anno accademico 2007/2008
Al mio bisnonno Mario, esempio di
classe,gentilezza,correttezza ed umanità,
a Dejan che sfreccia libero
nel paradiso dei motociclisti,
a tutti coloro che vanno più forti delle
loro difficoltà, le sorpassano e se le lasciano alle spalle
2
Indice
1 Fotoiniettori a RF per la produzione di fasci di
elettroni ad alta brillanza...............................................5
1.1 Il fotoiniettore ibrido................................................................6
1.2 Vantaggi del fotoiniettore ibrido..............................................7
1.3 Strutture acceleranti a radio-frequenza....................................8
3
1.3.1 Confronto tra strutture Standing wave e Travelling
wave...............................................................................8
1.3.2 Cavità risonanti per acceleratori di particelle................9
1.3.3 Meccanismo di accelerazione in strutture ad onda
viaggiante.....................................................................11
1.3.4 Armoniche spaziali e curva di dispersione...................12
1.4 Applicazioni dei fotoiniettori.................................................13
2 Teoria della misura di Steele...................................15
2.1
2.2
2.3
2.4
Introduzione...........................................................................15
Teoria.....................................................................................16
Espressioni in termini di dipolo elettrico e magnetico...........20
Espressioni in termini di polarizzabilità................................23
3 Caratterizzazione elettromagnetica del gun ibrido....................................................................................25
3.1 Parametri di scattering...........................................................25
3.2 Studio preliminare del coefficiente di riflessione s11 dell’hybrid
gun su modo π......................................................27
3.3 s11 in assenza di oggettino perturbante e di antenna alla porta
2.............................................................................................28
3.4 Definizioni di alcuni parametri fondamentali........................29
3.5 s11 in assenza di oggettino perturbante ma in presenza di
un’antenna con β = 0.17 alla porta 2..............................................32
3.6 s11 ed s21 in assenza di oggettino perturbante ed in presenza
di un’antenna con β = 0.12 alla porta 2..........................................34
3.7 Banco di misura.....................................................................37
3.8 Introduzione alle misure di campo........................................40
3.9 Confronto tra s11 ed s21 in presenza di antenne con β = 0.17
e β = 0.12 alla porta 2 con e senza oggettino
perturbante............................................................................41
3.10 Misure delle variazioni dei coefficienti di scattering............47
3.11 Anomalie nelle misure: campo elettrico “in saturazione” e
“con picco concavo”............................................................51
3.12 Andamento qualitativo del campo a partire dalle misure e
confronto con le simulazioni HFSS......................................54
4 Calibrazione dell’oggettino e misure quantitative di
campo.............................................................................58
4.1 Introduzione alle misure di Steele...........................................58
4.2 Legame tra campo normalizzato alla potenza e campo
normalizzato all’energia........................................................61
4.3 Calibrazione in pillbox per misure di Steele...........................63
4.3.1 Risultati per il modo TM 010 ....................................63
4
4.3.2 Risultati per il modo
TM 011 ..............................................66
4.4 Valutazione numerica del campo elettrico all’interno del gun
ibrido..............................................................................................70
4.5 Determinazione del β da utilizzare per ricavare il k steele ........72
4.6 Plot finale numerico................................................................75
4.7 Longitudinal series impedante................................................75
5 Conclusioni................................................................77
Bibliografia....................................................................79
Ringraziamenti.............................................................81
5
Capitolo 1
Fotoiniettori a RF per la produzione
di fasci di elettroni ad alta brillanza
Lo sviluppo della teoria del laser ad elettroni liberi ha posto
l’accento sulla necessità di sviluppare sorgenti di fasci di elettroni
ad alta brillanza. La brillanza è definita come:
B=
2I
ε2
(1.1)
con I pari alla corrente del fascio ed ε pari all’emittanza traversa
del fascio.
L’architettura più diffusa per un fotoiniettore prevede una
cavità risonante posta all’uscita di un fotocatodo, detta cannone a
RF, seguita da un acceleratore lineare (comunemente detto
LINAC) ad onda viaggiante (TW-travelling wave). I due
dispositivi sono separati da un tratto di tubo a vuoto e la loro
distanza è studiata in maniera da ottimizzare l’emittanza del fascio
all’uscita della sezione LINAC (fig.1.1).
La struttura ad onda stazionaria è alimentata da un generatore a
RF (klystron) e comunica con quest’ultimo tramite un circolatore,
il quale ha il compito di ridurre al minimo le riflessioni del
cannone stesso dissipando tutta la potenza riflessa su un carico
adattato.
La struttura ad onda viaggiante è anch’essa alimentata da un
klystron ma non necessita di circolatori in quanto a differenza del
cannone può essere progettata in modo tale da non avere riflessioni
nella direzione dell’alimentatore
6
Figura 1.1 Schema di un fotoiniettore classico
1.1 Il fotoiniettore ibrido
Questa tesi si propone lo scopo di eseguire misure su un
fotoiniettore ibrido di cui mostriamo lo schema di principio in
fig.1.2
Figura 1.2 Schema del fotoiniettore ibrido
La sua architettura prevede un cannone a RF ed una sezione
acceleratrice lineare (LINAC) ad onda viaggiante integrati in un
unico dispositivo. La struttura è accoppiata ad una guida d’onda di
alimentazione tramite una cella dotata di apertura (detta
accoppiatore o coupler) posta fra i due dispositivi acceleranti.
7
1.2 Vantaggi del fotoiniettore ibrido
Le simulazioni sul fotoiniettore ibrido hanno prospettato buone
dinamiche del fascio; i parametri relativi a questo aspetto sono
dovuti in parte alla mancanza di drift tra cannone e prima cavità
accelerante mentre l’alta brillanza è dovuta all’alternanza del
gradiente di campo in corrispondenza alle iridi delle cavità. Inoltre
si è visto che gli elettroni sono accelerati a maggiori valori di
energia per megawatt di potenza impiegata in ingresso rispetto ad
altri dispositivi dello stesso tipo.
E’ importante sottolineare che, anziché dividere la potenza
all’iride della guida d’onda, l’architettura dell’ibrido divide la
potenza all’interno di un coupler e ciò riduce significativamente
l’ammontare di potenza riflessa durante il riempimento del
cannone. Questo obiettivo viene raggiunto proprio con l’utilizzo
dell’accoppiatore che distribuisce la potenza tra la sezione SW e
quella TW in modo tale che la prima assorba circa il 10% della
potenza posta in ingresso. Mentre la potenza viene ancora riflessa
all’iride nella sezione SW durante il tempo di riempimento del
cannone, una parte di questa stessa potenza riflessa potrà tornare
indietro alla sorgente o percorrere la sezione ad onda viaggiante
fino alla porta d’uscita; ciò si concretizza in una differenza di soli
2.5 dB per l’ s11 durante il suddetto riempimento ed in un uso più
efficiente della potenza a RF.
La riduzione di potenza riflessa è ciò che conferisce al sistema
la sua capacità di poter essere scalabile - senza le difficoltà che si
incontrano in strutture ad onda stazionaria - per utilizzi a frequenze
maggiori visto che reperire circolatori ed isolatori diviene più
difficile e costoso all’aumentare della frequenza. Uno dei risultati
più affascinanti offerto dalla necessità di sorgenti di elettroni ad
alta brillanza è stato infatti il poter scalare quest’ultima in funzione
dei parametri critici del fotoiniettore. Le regole per mantenere
inalterate le prestazioni del fotoiniettore conservandone tutte le
relazioni geometriche possono essere esposte come segue:
• le ampiezze dei campi acceleranti e deflettenti devono variare
come l’inverso della lunghezza d’onda a RF:
E0 α λ −1
B0 α λ −1
• l’emittanza trasversa deve invece rimanere proporzionale alla
lunghezza d’onda:
ε α λ
• di conseguenza per la brillanza del fascio si ottiene:
8
B=
2I
ε2
α λ −2
e ciò rappresenta il motivo per cui ci si sforza di ottenere strutture
scalabili.
Ricapitolando, il fotoiniettore ibrido presenta i seguenti vantaggi:
• grazie al meccanismo con cui viene trattata l’onda riflessa nella
fase transiente di riempimento del cannone, si evitano le difficoltà
di progetto derivanti dalla presenza di circolatori o di componenti
analoghi per l’alimentazione della sezione ad onda stazionaria;
• l’integrazione dei due componenti rende la struttura
estremamente compatta;
• il sistema di alimentazione è più semplice perché il fotoiniettore
viene alimentato solo centralmente;
• quanto detto nei punti precedenti significa anche costi minori;
• per quanto riguarda la dinamica del fascio di particelle tale
dispositivo offre in linea di principio una certa flessibilità ed
interessanti prestazioni in termini di brillanza; in questo dispositivo
il fascio è accelerato con continuità;
• è di più facile implementazione rispetto agli altri fotoiniettori ed
è scalabile a livello di dimensioni geometriche per venire incontro
alle esigenze del futuro; il rimpicciolimento delle dimensioni è
frenato dai costi e a volte non è neanche possibile a causa della
mancanza di dispositivi RF ad alta potenza, ad esempio di
circolatori.
Adesso, al fine di capire i motivi che hanno portato alla
progettazione dei fotoiniettori come unione di una sezione SW e di
una TW, si esamineranno proprietà e vantaggi offerti in ognuno dei
due casi
1.3 Strutture acceleranti a radio-frequenza
L’energia elettromagnetica negli acceleratori viene trasferita ad
un fascio di particelle tramite dispositivi elettromagnetici a radiofrequenza che possono essere divisi in due categorie: strutture ad
onda stazionaria o risonatori e strutture ad onda viaggiante. I due
diversi criteri tecnologici implicano un diverso comportamento
elettromagnetico
1.3.1 Confronto tra strutture Standing wave e
Travelling wave
Una struttura ad onda stazionaria è costituita da una sequenza
di cavità accoppiate elettricamente o magneticamente, entro le
quali, in condizioni di risonanza, si viene a determinare un’onda
stazionaria come risultato della sovrapposizione delle onde
incidenti e riflesse dalle terminazioni metalliche della struttura. In
9
questo modo non si deve ricorrere ad un opportuno carico esterno
come nel caso di acceleratori travelling wave e pertanto sarà
possibile usare tutta la potenza in ingresso per accelerare il fascio.
Nella struttura ad onda viaggiante invece, l’acceleratore si
comporta come una guida d’onda entro la quale il campo
accelerante viaggia con una velocità di fase uguale a quella del
fascio iniettato, il quale guadagnerà sempre la stessa quantità di
energia. Ricorrendo ad una guida d’onda uniforme non si
realizzerebbe in alcun modo una condizione di matching col
fascio: infatti la velocità di fase di un eventuale campo elettrico
assiale sarebbe sempre maggiore della velocità della luce che non è
raggiungibile da alcuna particella. La soluzione a questo problema
consiste nel caricare la guida d’onda mediante un array periodico
di dischi di materiale conduttore dotati di fori disposti assialmente;
l’onda si propaga con attenuazione a causa delle perdite introdotte
dalle pareti non perfettamente conduttrici e la potenza rimanente
viene assorbita da un carico disposto sull’accoppiatore d’uscita la
cui impedenza è adattata a quella caratteristica della guida.
La differenza tra SW e TW è essenzialmente di natura
tecnologica; in genere nei LINAC è preferibile scegliere una
struttura TW perché in questo modo tutta l’energia si concentra
dove si trova il fascio. Ma le strutture SW hanno altri vantaggi. In
primo luogo presentano un minore campo superficiale massimo e
di conseguenza la potenza assorbita durante il breakdown è minore
che nel caso TW e secondariamente presentano il vantaggio di
poter contare su dimensioni minori a parità di potenza richiesta
1.3.2 Cavità risonanti per acceleratori di particelle
Una cavità risonante è una regione chiusa, limitata da pareti
perfettamente conduttrici e riempite da un mezzo lineare,
stazionario, omogeneo, isotropo e non dispersivo e nel nostro caso
tale mezzo sarà il vuoto.
Nei risonatori i campi elettrici e magnetici possono esistere
solamente in corrispondenza di certe frequenze dette frequenze di
risonanza della struttura. I vari modi risonanti, che differiscono per
frequenza e distribuzioni di campi, sono generalmente classificati
in modi traversi magnetici (TM) e modi traversi elettrici (TE)
lungo la direzione di propagazione del fascio: i primi non hanno
componenti longitudinali del campo magnetico ( H z = 0 ), i secondi
di campo elettrico ( Ez = 0 ). Ai fini dell’accelerazione di particelle
si usano generalmente i modi di campo TM.
Una soluzione interessante delle equazioni di Helmholtz
riguarda una struttura a simmetria cilindrica che può essere
ottenuta chiudendo una guida d’onda cilindrica metallica con due
piatti metallici normali alla direzione longitudinale della guida e
posti a distanza l tra loro. In questo caso infatti le espressioni dei
campi elettromagnetici risultano particolarmente adatte per
accelerare particelle cariche lungo l’asse: il modo accelerante a
10
frequenza più bassa di un risonatore cilindrico o pillbox è il modo
TM 010 e risolvendo le equazioni di Maxwell si ottiene:
Ez = E0 xmn e jωt
Er = 0
Eθ = 0
Hz = 0
(1.2)
(1.3)
avendo indicato con xmn l’ennesimo zero della funzione di Bessel
di ordine m Jm(x). Come visto l’unica componente accelerante è
quella longitudinale e dunque se delle particelle di carica q
attraversano l’asse subiranno un’accelerazione a proporzionale alla
forza Fz = qEz . La frequenza di risonanza per il modo TM 010 ha la
seguente espressione:
( f 0 )010 =
1
2π με
⎛ 2.4049 ⎞
⎜
⎟
⎝ r ⎠
2
(1.4)
e la frequenza dipende esclusivamente dal raggio della cavità. In
una cavità possono esistere un’infinità discreta di autovalori che
corrispondono alle frequenze di risonanza della struttura e la
relazione che lega le frequenze di risonanza ai rispettivi modi può
essere graficata nella cosiddetta curva di dispersione riportata in
fig.1.3
Figura 1.3 Curva di dispersione
Nella progettazione di strutture acceleranti possono utilizzarsi
più cavità comunicanti tra loro tramite un’apertura detta iride;
l’intera struttura viene chiamata cavità risonante multi-cella.
Quando vengono accoppiate più celle ciascun modo degenera in
tanti modi a frequenze leggermente diverse
11
1.3.3 Meccanismo di accelerazione in strutture ad
onda viaggiante
Una struttura accelerante ad onda viaggiante (detta anche
acceleratore lineare o LINAC) è un dispositivo in grado di
accelerare particelle cariche attraverso un’onda elettromagnetica
propagante al suo interno. Per realizzare un acceleratore lineare si
devono realizzare le seguenti condizioni:
• campo elettrico parallelo alla direzione di propagazione
dell’onda;
• velocità di fase dell’onda uguale alla velocità della particella che
viene accelerata
La necessità di utilizzare strutture periodiche per la
realizzazione di acceleratori lineari è evidente se si considera la
velocità di fase del campo:
ω 2 = ( Kc) 2 + (k0 c)2
dove
k0 =
2π
(1.5)
(1.6)
λ
K è il numero d’onda di cut-off;si noti che, come in una guida
d’onda uniforme, la velocità di fase è maggiore di quella della
luce:
v fase =
ω
k0
c
=
1−
kt 2 c 2
>c
(1.7)
ω2
La seconda condizione implica quindi che una struttura quale
una guida d’onda uniforme non va bene per realizzare un LINAC e
da qui deriva la scelta di utilizzare una guida d’onda caricata
periodicamente con iridi di materiale conduttore. La presenza di
riflessioni sulle iridi produce infatti una riduzione della velocità di
fase rispetto alla guida d’onda circolare uniforme.
In una struttura periodica, ad una certa frequenza di eccitazione
del campo, la velocità di fase è costante, il che sottintende che la
particella sia già a velocità relativistica (cioè circa uguale alla
velocità della luce) quando si trova al suo interno. Questa
assunzione non è valida in generale ma lo è nelle applicazioni a cui
si rivolge questa tesi (acceleratori per elettroni).
Oltre alla velocità di fase un altro parametro di grande
importanza in una sezione accelerante ad onda viaggiante è
l’avanzamento di fase per cella dove per cella si intende un tratto
della struttura di lunghezza pari al periodo L. Nelle strutture
acceleranti in uso tale avanzamento di fase è generalmente 2π/3. I
12
motivi di questa scelta sono molteplici e per una loro trattazione
accurata si rimanda ai testi in bibliografia.
La frequenza operativa della struttura è determinata da un
compromesso fra diverse esigenze: a frequenze maggiori
corrispondono guadagni di energia maggiori a parità di lunghezza
della sezione accelerante, il che suggerisce di aumentare la
frequenza; d’altra parte tale aumento di frequenza è limitato dalle
disponibilità tecnologiche (ad esempio la disponibilità di
generatori di potenza per le frequenze richieste o la precisione
nella costruzione dei componenti che diminuiscono di grandezza
all’aumentare della frequenza). Notiamo come i tre parametri
appena descritti determinano univocamente la lunghezza L di una
cella valendo la relazione:
v fase =
ωL
Δφ
(1.8)
Anche la velocità di gruppo è un altro parametro significativo.
Questa grandezza corrisponde alla velocità di propagazione
dell’energia elettromagnetica nella struttura. Se si intende
alimentare la struttura in maniera pulsata bisogna tener conto del
suo valore per stimare il tempo necessario al campo per “riempire”
l’intera struttura accelerante
1.3.4 Armoniche spaziali e curva di dispersione
Lo studio della propagazione elettromagnetica all’interno di
una struttura periodica si basa sul teorema di Floquet secondo cui,
per un campo elettrico (e analogamente per il campo magnetico) di
un modo che si propaga all’interno di una struttura di questo
genere ad una data frequenza, vale la seguente proprietà:
r
r
E ( x, y , z + L ) = e − γ L E ( x, y , z )
(1.9)
dove L è il periodo spaziale e z è l’asse di periodicità. Supponendo
γ immaginaria e pari a jβc (condizione che può verificarsi in una
struttura priva di perdite), per il teorema di Floquet il campo
elettrico propagante lungo l’asse z può essere espresso nella
seguente forma
E = E p ( z ) e − j βc z
(1.10)
con E p funzione periodica di periodo L. Sviluppando in serie di
Fourier E p otteniamo:
E=
+∞
∑E
n = −∞
13
n
e
− j ( βc +
2 nπ
)z
L
(1.11)
Il campo elettrico propagante può quindi essere visto come la
sovrapposizione di infinite armoniche spaziali che si propagano
ognuna con una velocità di fase costante e pari a:
ω
2nπ
βc +
L
(1.12)
In una struttura accelerante, solitamente, l’armonica di ordine 0
è sincrona con la particella accelerata mentre le altre armoniche,
avendo velocità di fase minore della velocità della particella, hanno
su di essa una effetto nullo in media. Dall’ultima equazione segue
che la curva di dispersione di una struttura periodica ha andamento
periodico. Infatti se ad una certa frequenza è associata la costante
di propagazione βc allora alla stessa frequenza saranno associate
tutte le costanti βc+2nπ/L.
Un’altra caratteristica della curva di dispersione di una struttura
periodica è la presenza di intervalli di frequenze in cui l’onda
propaga, detti bande passanti, ed intervalli di frequenza in cui
l’onda non propaga, detti stopband. Con riferimento al grafico in
fig.1.3 è possibile dare un’interpretazione grafica alla velocità di
fase e di gruppo di un’armonica: la prima vale ω/βc ed è il
coefficiente della retta passante per l’origine che interseca la curva
nel punto che identifica l’armonica; la seconda invece, definita
come ∂ω /∂βc, è il coefficiente angolare della retta tangente alla
curva in quel punto.
1.4 Applicazioni dei fotoiniettori
Il fotoiniettore ibrido può essere usato come elemento del FEL
Lo sviluppo di un fotoiniettore ibrido compatto, efficiente,
economico dotato della capacità di operare a frequenze più elevate
possibili costituisce un potente strumento. I suoi costi contenuti
permetteranno di dotare università e laboratori di fasci ad alta
brillanza per la ricerca e lo sviluppo di progetti riguardanti sorgenti
luminose di quarta generazione come lo SLAC LCLS x-ray FEL.
Un progetto di questo tipo stimola non solo gli studi dediti alla
fisica delle particelle ma anche la crescita di tutti i settori che con
essa hanno a che fare, ad esempio applicazioni laser e ad alta
energia.
Questo fotoiniettore ibrido, così come tutti gli altri fotoiniettori,
si inserisce in un contesto di biomedicina - disciplina a stretto
contatto con l’area di tecnologia degli acceleratori - dove può
significare un notevole passo in avanti sia a livello diagnostico, ad
esempio nel caso di angiografie alle coronarie, che terapeutico, ad
esempio in trattamenti locali di tumori cerebrali. Ma l’hybrid gun
può essere adoperato come un nuovo tipo di struttura a RF che
semplifica e riduce costi, complessità e dimensioni dei LINAC già
esistenti (e sorpassati) per trattamenti medico-terapeutici.
Mercati paralleli che traggono vantaggio dallo sviluppo dei
fotoiniettori sono i processi sui semiconduttori ed il costante
14
problema della lotta al terrorismo. Infatti tra i loro potenziali
utilizzi c’è da annoverare la possibilità di effettuare ispezioni non
invasive di cargo e di sterilizzare la posta; a proposito di
quest’ultimo punto va notato che esiste un emergente ma
potenziale multi-milionario campo di sterilizzazione del cibo
attraverso raggi x.
Quanto detto giustifica il fatto che lo sviluppo di questo
progetto conferisce alla nostra nazione un ruolo di primo ordine
all’interno del campo della fisica degli acceleratori di particelle
15
Capitolo 2
Teoria della misura di Steele
2.1 Introduzione
In questo capitolo verrà presentata la teoria riguardo ad una
tecnica di perturbazione non risonante che ha lo scopo di valutare
l’intensità dei campi elettrico e magnetico all’interno di un
dispositivo. La maggior parte delle tecniche impiegate fino al
momento in cui non venne presentata questa richiedevano l’uso di
metodi risonanti. Nel caso che tratteremo si misurano i coefficienti
di riflessione ad una frequenza assegnata con e senza l’oggettino
perturbante che viene posto nel punto in cui vogliamo misurare il
campo (sia in ampiezza che in fase).
Le tecniche perturbative sono state usate per decenni nella
misura di onde elettromagnetiche all’interno di dispositivi. Già nel
1937 Harries trovò la direzione del campo elettrico con una tecnica
perturbativa che faceva uso della risonanza. Nel 1952 Maier e
Slater presentarono il loro metodo di misura in presenza di
risonanza per la valutazione dell’intensità di campo; l’idea di base
è ottenere il campo sfruttando la perturbazione di frequenza di un
risonatore con un oggetto dielettrico o conduttore.
Ma alle volte – ed è qui l’utilità dei metodi non risonanti - la
misura del campo elettrico può essere richiesta là dove non
possiamo assumere l’esistenza di una risonanza, ad esempio a
causa di perdite eccessive. Alternativamente si può essere
interessati a conoscere l’intensità di campo in elementi che non
lavorano sotto la condizione di risonanza, tenendo però ben
presente che l’andamento del campo nelle condizioni delineate può
essere sensibilmente diverso da quello in presenza della stessa.
Le tecniche non risonanti sono contraddistinte dal fatto che la
frequenza a cui si lavora rimane fissa; in altre parole questa
frequenza è indipendente dal movimento dell’oggetto perturbante
così come dalla sua eventuale rimozione dal dispositivo. In genere
le tecniche non risonanti rientrano in due categorie:
• quelle dove si misura il coefficiente di riflessione alla porta
d’ingresso
16
• quelle dove l’elemento viene considerato come una rete due porte
per la quale cerchiamo il coefficiente di trasmissione
2.2 Teoria
Nel paragrafo precedente abbiamo detto che la tecnica
perturbativa di Steele nasce con l’intento di misurare il campo
elettrico in vari punti all’interno di un dispositivo; quest’ultimo
può essere una linea di trasmissione, una guida d’onda o in
maniera più generale qualunque oggetto che abbia le seguenti
caratteristiche:
1) è costituito da una cavità che contiene un campo
elettromagnetico;
2) la potenza entra nella cavità solo dalla porta dove vengono
effettuate le misure perturbative, ovvero solo da quella porta dove
andremo a calcolare i coefficienti di riflessione;
3) alla porta dove si calcolano i coefficienti di riflessione è
presente uno ed un solo modo della guida d’onda;
4) le pareti della cavità, usualmente costituite da materiali
altamente conduttori, attenuano sensibilmente i campi
elettromagnetici alla frequenza di lavoro;
5) le pareti della cavità ed il mezzo di cui è riempita sono assunti
lineari ed isotropi
In fig.2.1 viene mostrata una sezione della cavità che presenta
solo una porta attraverso la quale la potenza può accedere al suo
interno
Figura 2.1 Cavità dove vengono effettuate misure di campo con metodi perturbativi
Essa può avere qualsiasi forma o dimensione. La cavità può
essere con o senza perdite e nel primo caso esse possono
manifestarsi sulle pareti e/o al suo interno. Supponiamo ora di
voler effettuare delle misure di campo all’interno di un dispositivo
- come una sezione di un acceleratore – con una o più porte di
uscita. La cavità verrà pensata completa di queste porte di uscita
ovvero comprendente le guide d’onda in uscita ed i carichi cui esse
17
connettono. Poiché la parete della cavità è comprensiva delle pareti
delle guide d’onda e dei carichi esse dovranno attenuare i campi
elettromagnetici alla frequenza di lavoro quanto più è possibile .
Questo concetto è illustrato in fig.2.1 con una guida d’onda ed un
carico.
Consideriamo ora la regione R di volume V all’interno della
superficie chiusa S. Come mostrato, la superficie S giace
interamente all’interno della cavità, tranne dove attraversa la guida
d’onda in ingresso in un piano normale all’asse della guida d’onda.
La formulazione di base di questa teoria è simile a quella del
teorema di reciprocità di Lorentz.
Definiremo due differenti campi elettromagnetici all’interno
della regione R. Un campo, in assenza di oggetto perturbante, è
definito dalla componente elettrica Ea e da quella magnetica Ha
mentre l’altro campo, quello in presenza di oggetto perturbante
all’interno della regione R, presenta la componente elettrica Ep e
quella magnetica Hp. Questi due campi si trovano alla stessa
r
frequenza. Assumiamo il vettore p definito come
r
p
r
r
Ea ∧ H p
(2.1)
r
all’interno della regione R e sopra la superficie S. Il legame tra p
r
ed S e tra p e V è dato dal teorema della divergenza
r r
r r
∫ ( n ⋅ p ) dS =∫ (∇ ⋅ p) dV
S
(2.2)
V
r
dove n è il versore uscente dalla superficie chiusa S.
Esaminiamo dapprima l’integrale a sinistra della (2.2) e
supponiamo che la superficie chiusa S consista di due parti: S1 , la
superficie normale alla porta della guida d’onda d’ingresso, ed S 2 ,
la parte contenuta all’interno della cavità.
Assumeremo poi che le pareti di quest’ultima attenuino le onde
elettromagnetiche così efficacemente che sulla superficie S 2 (che
giace tra le pareti interne ed esterne)
r
r
r
r
r
Ea = H a = E p = H p = p = 0
Di conseguenza
r r
r r
∫ ( n ⋅ p ) dS = ∫ ( n ⋅ p ) dS
S
S1
Adesso sulla superficie S1 usando l’equazione (2.1)
18
(2.3)
r
r
r r r r
r r
n ⋅ p = n ⋅ ( Ea ∧ H p ) − n ⋅ ( E p ∧ H a )
r
r
r r r r
r r
n ⋅ p = (n ∧ Ea ) ⋅ H p − (n ∧ E p ) ⋅ H a
r
r
r r r r
r r
n ⋅ p = (n ∧ Eas ) ⋅ H ps − (n ∧ E ps ) ⋅ H as
(2.4)
Nelle equazioni (2.4) i pedici s denotano quelle componenti dei
campi che giacciono sulla superficie piana S1. Supponiamo ora che
r
r
su S1 Ea ed H a siano dovuti ad un solo modo della guida d’onda
r
r
r
ed identicamente per E p ed H p . In ogni punto su S1 allora Eas ed
r
r
r
E ps devono puntare nella stessa direzione e così H as ed H ps . In
r
r
un singolo modo di una guida d’onda i componenti di E ed H che
si trovano su una sezione ortogonale devono essere perpendicolari
r r
r r
tra loro. Nelle equazioni (2.4) i vettori (n ∧ Eas ) e (n ∧ E ps ) sono
r
r
r
r
perpendicolari a Eas e E ps ma paralleli a H as e H ps : da ciò deriva
che
r r
n ⋅ p = Eas H ps − E ps H as
(2.5)
dove Eas , H as , E ps ed H ps sono tutti scalari. In generale questi
campi possono essere espressi come
Eas = (1 + Γ a ) Easi
(2.6)
H as = (1 − Γ a ) H asi
(2.7)
E ps = (1 + Γ p ) E psi
(2.8)
H ps = (1- Γ p ) H psi
(2.9)
dove Γ a e Γ p sono i coefficienti di riflessione alla porta di
ingresso calcolati rispettivamente in assenza di ed in presenza di
oggetto perturbante. In queste equazioni il pedice 1 denota l’onda
incidente; quando l’equazione (2.5) è combinata con la (2.6)
attraverso la (2.9) dato che
E psi
H psi
=
Easi
H asi
si ottiene
r r
n ⋅ p = (Γ a − Γ p ) ( Easi H psi + E psi H asi )
(2.10)
Le componenti di campo nella (2.10) vengono prese tutte con
angolo di fase zero sulla superficie di riferimento S1 . Questo fatto
non rappresenta una perdita di generalità. Dal teorema di Poynting,
19
r
r
dato che le componenti di E ed H sono ortogonali tra loro, si
ottiene che
∫ (E
asi
H psi + E psi H asi ) dS = 2 Pai Ppi
(2.11)
S1
Nell’equazione (2.11) Pai e Ppi sono i livelli di potenza che
passano attraverso S1 rispettivamente in assenza di ed in presenza
di oggetto perturbante. Combinando le equazioni (2.3), (2.10) e
(2.11) si ricava
r r
∫ (n ⋅ p) = 2
Pai Ppi Γ a − Γ p
(2.12)
S
Poiché è pratica comune avere livelli di potenza uguali in
assenza ed in presenza di oggetto perturbante
Pai = Ppi = Pi
l’equazione (2.12) diventa
r r
∫ ( n ⋅ p ) dS = 2 P Γ
i
a
− Γp
(2.13)
S
Consideriamo adesso il termine a destra dell’equazione (2.2).
Dall’equazione (2.1)
r r r r
r
r r
r
∇ ⋅ p = ∇ ⋅ ( Ea ∧ H p ) − ∇ ⋅ ( E p ∧ H a )
e per l’identità vettoriale
r r r r r r r r r
a ⋅ (b ∧ c ) = c ⋅ (a ∧ b ) = b ⋅ ( c ∧ a )
si trova l’equazione
r r r
r r
r r r
r
r r
r
r r
∇ ⋅ p = H p ⋅ (∇ ∧ Ea ) − Ea ⋅ (∇ ∧ H p ) − H a ⋅ (∇ ∧ E p ) + E p ⋅ (∇ ∧ H a )
(2.14)
Sostituiamo ora le equazioni di Maxwell nell’equazione (2.14);
a questo scopo esse possono essere scritte come
r r
r
∇ ∧ E = − jωμ H
r r r
r r r r
∇ ∧ H = ic + jωε E = ic + id = it
20
r r
r
dove ic , id ed it sono rispettivamente le densità di corrente di
conduzione, dispersione e totale. Con queste sostituzioni la (2.14)
diventa
r r
r r
r r
r r
∇ ⋅ p = − jω ( μa − μ p ) H a ⋅ H p + E p ⋅ ita − Ea ⋅ itp
(2.15)
Dal teorema della reciprocità di Lorentz si può vedere che nella
regione R ma al di fuori dell’oggetto perturbante
r r
∇⋅ p =0
perché in ogni singolo punto conduttività, costanti dielettriche e
permeabilità sono le stesse mentre nello spazio occupato da
quest’ultimo
r r
∇⋅ p ≠0
Quanto appena detto giustifica che
r r
r r
(
∇
⋅
p
)
dV
=
(
∇
∫
∫ ⋅ p)dV
V
(2.16)
V1
dove V è l’intero volume occupato dalla regione R mentre V p è il
volume occupato dall’oggettino perturbante mentre combinando le
equazioni (2.2), (2.13), (2.15) e (2.16) il risultato che si ottiene è
2 Pi Γ a − Γ p =
r r
r r
r r
(
E
⋅
i
−
E
⋅
i
−
j
ω
(
μ
−
μ
)
H
⋅ H p ) dV
a
p
a
∫ p ta a tp
(2.17)
Vp
2.3 Espressioni in termini di dipolo elettrico e
magnetico
Se l’oggetto perturbante è molto minore della lunghezza
d’onda il suo campo di diffusione è dovuto interamente alla
radiazione di un dipolo elettrico e di uno magnetico. Per un siffatto
oggetto il secondo membro dell’equazione può essere sostituito da
un’espressione in termini di tali momenti di dipolo, come mostrato
di seguito.
Il primo passo per il raggiungimento dello scopo è mostrare
che il cambiamento dei coefficienti di riflessione causato
dall’oggetto perturbante dipende dai momenti di dipolo elettrico e
magnetico che esso genera anche se risulta totalmente indipendente
dalle proprietà dello stesso. Combinando le (2.3), (2.5) e (2.13) si
ottiene
21
2 Pi (Γ p − Γ a ) = ∫ ( E ps H as − Eas H ps ) dS
(2.18)
S1
Adesso assumiamo che EΔs e H Δs siano le componenti dei
campi elettrico e magnetico dovute all’oggettino perturbante le
quali giacciono sulla superficie di ingresso S1 che attraversa la
guida d’onda in ingresso. Dunque
E ps = EΔs + Eas
H ps = H Δs + H as
e quando queste equazioni sono sostituite nella (2.18) si trova
2 Pi (Γ p − Γ a ) = ∫ ( EΔs H as − Eas H Δs ) dS
(2.19)
S1
Si possono poi esprimere EΔs e H Δs in funzione dei momenti di
dipolo elettrico e magnetico dovuti all’oggetto perturbante,
r
r
rispettivamente indicati con P ed M , come
r r r r
EΔs = C1 ⋅ P + C2 ⋅ M
r r r r
H Δs = C3 ⋅ P + C4 ⋅ M
(2.20)
(2.21)
r r r
r
Nelle (2.20) e (2.21) i vettori C1 , C2 , C3 e C4 rappresentano
l’accoppiamento tra i momenti di dipolo e le componenti del
campo nel piano S1 (vedi fig.1.1).
Usando le (2.19), (2.20) e (2.21) insieme si ricava
r r r r
2 Pi (Γ p − Γ a ) = k1 ⋅ P + k2 ⋅ M
(2.22)
r
r
r
k1 = ∫ H as C1 − Eas C3 dS
(2.23)
r
r
r
k2 = ∫ H as C2 − Eas C4 dS
(2.24)
dove
(
S
)
(
)
S
r r
Le equazioni (2.23) e (2.24) mostrano che k1 e k2 sono del
tutto indipendenti dall’oggetto perturbante mentre dalla (2.22) si
vede che i cambiamenti del coefficiente di riflessione dipendono
dalle proprietà (grandezza, forma, composizione, etc.) di
quest’ultimo solo nella misura in cui esso ne varia i momenti di
r
dipolo elettrico e magnetico. Per valutare k1 scegliamo un oggetto
perturbante costituito da due sfere identiche distaccate l’una
dall’altra e connesse da un filo; esso sarà assunto perfettamente
22
conduttore. La distanza tra i due oggetti è molto maggiore del loro
raggio. Dato che il dispositivo è un conduttore perfetto i campi
r
elettrici e magnetici in sua presenza, E p ed H p , sono nulli al suo
interno con il risultato che la (2.17) diventa
2 Pi Γ p − Γ a = −
r r
E
∫ a ⋅ itp dV
(2.25)
Vp
r
Dato che Ea è considerato uniforme attraverso tutto lo spazio
occupato dall’oggetto perturbante la (2.25) diventa
r
r
r
r
2 Pi Γ p − Γ a = − Ea ⋅ ∫ itp dV = − Ea ⋅ ( I tp l )
(2.26)
Vp
dove
I tp è la corrente totale che scorre nel filo
r
l è un vettore la cui direzione è quella dell’oggetto perturbante ed
il cui modulo è la sua lunghezza
Se Q è la carica su una delle sfere allora risulterà
r
r
I tp l = jω Ql
ma
r
r
P = Ql
per cui
r
r
I tp l = jω P
(2.27)
La combinazione delle (2.26) e (2.27) conduce a
r
r
2 Pi (Γ p − Γ a ) = − Ea ⋅ ( jω P )
(2.28)
Dato che questo dipolo, agendo sotto il campo elettrico,
produce un momento magnetico nullo allora dal confronto tra la
(2.22) e la (2.28) si ricava che
r
r
k1 = − jω Ea
(2.29)
r
Per valutare k2 scegliamo come oggetto perturbante un anello
circolare perfettamente conduttore per il quale vale ancora la
(2.25); assumendo che la corrente nell’anello sia ancora I tp e
costante lungo l’anello la (2.25) porta a
23
r r
2 Pi (Γ p − Γ a ) = I tp ∫ Ea ⋅ dl
(2.30)
Il flusso magnetico che attraversa l’anello vale
r r
Φ = Aμa H a ⋅ n
r
dove n è il versore normale al piano contenente l’anello ed A è
l’area circoscritta; di conseguenza
r r
r r
E
⋅
dl
=
−
j
ω
Φ
=
−
j
ωμ
AH
a
a
a ⋅n
∫
(2.31)
Dalle (2.30) e (2.31) si trova
r r
2 Pi (Γ p − Γ a ) = jωμa I tp AH a ⋅ n
r
e visto che il momento di dipolo magnetico M è dato da
r
r
M = I tp An
allora
r r
2 Pi (Γ p − Γ a ) = jωμa M ⋅ H a
(2.32)
Ancora una volta per confronto
r
r
k2 = jωμa H a
(2.33)
r
r
I valori di k1 e k2 mostrati nella (2.29) e (2.33) sono
assolutamente indipendenti dall’oggetto perturbante; sostituendo
questi valori nella (2.22) si ottiene
r r
r r
2 Pi (Γ p − Γ a ) = − jω ⎡⎣ Ea ⋅ P − μa H a ⋅ M ⎤⎦
(2.34)
2.4 Espressioni in termini di polarizzabilità
Il concetto di polarizzabilità può essere applicato ad una certa
classe di oggetti perturbanti. Tali oggetti hanno la proprietà che, se
vengono posti in un campo elettrico variabile sinusoidalmente, essi
generano un momento di dipolo elettrico ma non magnetico. Al
contrario se posizionati in un campo magnetico variabile
sinusoidalmente essi generano un momento di dipolo magnetico
ma nessun momento di dipolo elettrico. Gli oggetti perturbanti
utilizzati per la misura delle ampiezze dei campi generalmente
possiedono questa proprietà. Ci sono due vantaggi nell’uso del
24
concetto di polarizzabilità nell’ambito delle misure delle intensità
di campo:
• prima di tutto arriviamo a risultati con una leggibilità maggiore
della (2.17) o della (2.34);
• secondariamente possiamo utilizzare le formule di polarizzabilità
trovate per svariati oggetti perturbanti.
I momenti di dipolo elettrico e magnetico possono essere
espressi come
r
r
P = ε a [α e ] ⋅ Ea
r
r
Μ = [α e ] ⋅ H a
dove α e ed α m sono i tensori delle polarizzabilità. Quando queste
equazioni sono sostituite nella (2.34) quello che troviamo è
r
r
r
r
2 Pi ( Γ p − Γ a ) = − jω ⎡⎣ Ea ⋅ (ε [α e ] ⋅ Ea ) − μa H a ⋅ ([α m ] ⋅ H a ) ⎤⎦
(2.35)
Nella pratica è più semplice utilizzare polarizzabilità scalari
piuttosto che tensori delle polarizzabilità. Ciò può aversi con una
classe di oggetti perturbanti che hanno una restrizione addizionale.
Questi oggetti sono quelli con simmetria intorno ad un asse,
simmetria intorno ad un piano normale all’asse e con
polarizzabilità elettrica e magnetica scalari nella direzione
dell’asse e nella direzione normale ad esso. Una polarizzabilità è
scalare se il campo elettrico o quello magnetico provocano un
relativo momento di dipolo allineato col campo. Se quanto detto
viene realizzato la (2.35) porta a
2 Pi ( Γ p − Γ a ) = − jω ⎡⎣ε aα e Ea 2 − μaα m H a 2 ⎤⎦
(2.36)
dove
α e = α ep cos 2 θ e + α en sin 2 θ e
(2.37)
α m = α mp cos 2 θ m + α mn sin 2 θ m
(2.38)
Nelle (2.37) e (2.38) θ e e θ m sono gli angoli tra l’asse
dell’oggetto perturbante e, rispettivamente, il campo elettrico e
quello magnetico. I termini α ep , α en , α mp ed α mn sono le
polarizzabilità scalari con α ep ed α mp prese parallele all’asse
dell’oggetto perturbante e α en ed α mn normali allo stesso asse
25
Capitolo 3
Caratterizzazione
del gun ibrido
elettromagnetica
L’argomento di questo capitolo della tesi sarà quello di
addentrarci nel gun ibrido per scoprire come funziona, cercando di
comparare il più possibile le prestazioni ideali offerteci dal
simulatore HFSS con i dati di misura ottenuti su banco.
Allo scopo di rendere più evidente dove andiamo ad effettuare
le misure numeriamo le porte del nostro prototipo in rame come
indicato in fig.3.1, dove riportiamo anche le sue dimensioni
significative. Da queste ultime si può anche anticipare che la banda
di lavoro del nostro dispositivo è la banda S [2-4 GHz].
Precisiamo infine che durante tutte le nostre misure la porta 3
resterà chiusa su un’impedenza di carico di 50 Ohm che
rappresenta l’impedenza d’ingresso del LINAC (LINear
ACcelerator) successivo al nostro cannone
Figura 3.1 Definizione porte del gun e sue dimensioni significative
3.1 Parametri di scattering
Uno dei modi più efficaci per descrivere le prestazioni di una
struttura a RF è quello costituito dalla rappresentazione con i
parametri di scattering (fig.3.2), definiti come segue:
26
Figura 3.2 Parametri di scattering
⎛ b1 ⎞ ⎛ s11
⎜ ⎟=⎜
⎝ b2 ⎠ ⎝ s21
s12 ⎞ ⎛ a1 ⎞
⎟⎜ ⎟
s22 ⎠ ⎝ a2 ⎠
dove:
a1 e a2 sono le onde incidenti alle omonime porte;
b1 e b2 sono le onde riflesse alle stesse porte;
s11 =
b1
a1
è
il
coefficiente
di
riflessione
alla
porta
1
(accoppiamento in ingresso);
b
è il coefficiente
s22 = 2
a2 a = 0
di
riflessione
alla
porta
2
a2 = 0
1
(accoppiamento in uscita);
b
è il coefficiente di trasmissione diretta (guadagno o
s21 = 2
a1 a = 0
2
perdita);
b
s12 = 1
a2 a
1
è il coefficiente di trasmissione inversa (isolamento)
=0
Una rete due porte può essere sintetizzata anche con altri tipi di
parametri quali z, y, h e g. Indipendentemente da quale di essi
utilizziamo, la loro validità è circoscritta ad aver assunto l’ipotesi
di linearità del DUT (Device Under Testing). Ma la scelta dei
parametri s nel nostro caso presenta dei vantaggi:
• sono più facili da ottenersi rispetto agli altri;
• rappresentano quantità familiari quali guadagno,coefficienti di
riflessione, etc. ;
• da essi possiamo passare anche ai parametri z, y, h e g e perciò
non compiamo una scelta restrittiva;
• possiamo facilmente importarli ed usarli nei nostri software di
elaborazione
27
E’ di fondamentale importanza aver chiaro che i parametri s
sono quantità intrinsecamente complesse anche se spesso li
esprimeremo e/o ne considereremo solo in modulo e che essi
dipendono dalla frequenza di lavoro
3.2 Studio preliminare del coefficiente
riflessione s11 dell’hybrid gun su modo π
di
Andando a misurare il coefficiente di riflessione alla porta 1 si
vede immediatamente che la parte più interessante della banda del
dispositivo di cui ci proponiamo di fornire la caratterizzazione
elettromagnetica risiede nell’intorno dei 2.850 GHz ponendo uno
span di 150 MHz. Il grafico che compare sul VNA (il nostro
apparato di misura dei paramentri di scattering, vedi sezione 3.7),
misurando il valore assoluto del coefficiente di riflessione s11 in
assenza di antenna alla porta 2 e di oggettino perturbante è
mostrato in fig.3.3
Figura 3.3 Modulo di s11 su banda 150 MHz
La banda scelta in questa occasione mette in luce solo le
frequenze di risonanza relative alla parte TW ma nasconde, ed è
proprio il caso di dirlo perché dalla fig.3.3 non si vedono, i due
modi 0 e π relativi alla sezione SW che dovranno essere mostrati
andando a scegliere uno span minore, ad esempio 10 MHz, come
mostrato nella fig.3.4. Chiariamo subito che in questa figura i
valori delle frequenze di risonanza dei modi della parte stazionaria
sono leggermente maggiori di quelli che vedremo nei paragrafi
successivi perché abbiamo utilizzato un’immagine elaborata con
HFSS.
28
Modo
decelerante
Modo
accelerante
Figura 3.4 Modulo di s11 su banda 10 MHz
Il modo su cui ci focalizzeremo è il modo π (perché vogliamo
accelerare le particelle, non frenarle) e per studiarlo inizialmente
imporremo uno span pari a 300 KHz, che però poi dovrà essere
esteso ad 1 MHz per le ragioni a venire
3.3 s11 in assenza di oggettino perturbante e di
antenna alla porta 2
Lo span che adotteremo ha l’esplicito scopo di mettere in
risalto il modo stazionario π del nostro cannone; la calibrazione
iniziale è riassunta in tab.3.1
Tipo calibrazione s11 -1PORT
START
2.853850 GHz
STOP
2.854150 GHz
CENTER
2.854 GHz
SPAN
300 KHz
Numero di punti 1601
IF bandwidth
300 Hz
Tabella 3.1
I dati ottenuti per il modulo in lineare di s11 relativo al suddetto
modo vengono illustrati in fig.3.5.a. L’intervallo di frequenze di
300 KHz permette soprattutto di mostrare l’entità della risonanza
29
Figura 3.5.a Modulo di s11 su banda 300KHz
Per rappresentare in toto il parametro s11 aggiungiamo anche le
misure riguardanti la sua fase (fig.3.5.b) nello stesso intervallo di
frequenze
Figura 3.5.b Fase di s11 su banda 300 KHz
Non esamineremo adesso il parametro di trasmissione diretta s21
per due buoni motivi:
• abbiamo lavorato con una calibrazione s11 -1PORT che nulla dice
sulla porta 2;
• abbiamo lavorato in assenza di antenna alla porta di uscita
3.4 Definizioni di alcuni parametri fondamentali
Introduciamo ora alcune grandezze che compariranno
costantemente in tutto il resto della trattazione.
Il fattore di merito non caricato dalla resistenza esterna è detto
Q non caricato ed è definito come
Q0 =
30
ω0U
Pc
(3.1)
mentre quello associato al carico esterno è detto Q esterno ed è
definito come
Qex =
ω0U
Pex
(3.2)
dove
ω0 è la pulsazione di risonanza
U è l’energia immagazzinata nella cavità risonante
Pc è la potenza media dissipata nella cavità risonante
Pex è la potenza dissipata nel carico esterno
La potenza media dissipata è pari a
P = Pc + Pex
ed il Q caricato è definito come
QL =
ω0U
P
(3.3)
Dalle relazioni (3.1) e (3.3) si può vedere che i valori di Q sono
legati tra loro dalla relazione
1
1
1
=
+
QL Q0 Qex
(3.4)
Per una cavità accoppiata ad una guida d’onda è comodo
lavorare con un parametro generale, indicato usualmente con β,
che misura l’efficacia dell’accoppiamento tra cavità e guida
d’onda. Esso è definito come
β=
Pex
Q
= 0
Pc
Qex
(3.5)
Se β < 1 si dice che cavità e guida d’onda sono sottoaccoppiate,
quando β > 1 esse sono sovraccoppiate mentre se β = 1 si ha
accoppiamento critico. In quest’ultimo caso
Qex = Q0
e
QL =
Q0
2
Sostituendo la (3.5) nella (3.4) si trova
31
QL =
Q0
1+ β
(3.6)
Inoltre, limitando per semplicità la nostra trattazione ad una cavità
in risonanza dove
Z 0 è l’impedenza caratteristica della linea
Z L = Z 0 β è l’impedenza di carico
e considerando un’onda emessa dal generatore dentro la guida
d’onda, il coefficiente di riflessione prodotto dall’impedenza di
carico della cavità diventa
Γ =
Z L − Z0
β −1
=
Z L + Z0
β +1
(3.7)
Il rapporto d’onda stazionaria VSWR è pari a
VSWR =
1+ Γ
1− Γ
(3.8)
Per il caso sottoaccoppiato (β < 1)
Γ =
1− β
1+ β
(3.9)
e
VSWR =
1
β
(3.10)
Per il caso sovraccoppiato (β > 1)
β −1
β +1
(3.11)
VSWR = β
(3.12)
Γ =
e
ed infine nel caso di accoppiamento critico (β = 1)
Γ = 0
e
32
(3.13)
VSWR = 1
(3.14)
Γ = 0
(3.15)
La condizione
significa aver realizzato l’accoppiamento. Dalla (3.8) si vede che
se β → 0
Γ = −1
(3.16)
che corrisponde ad un carico cortocircuitato mentre quando β → ∞
Γ =1
(3.17)
vuol dire che il carico è un circuito aperto
3.5 s11 in assenza di oggettino perturbante ma in
presenza di un’antenna con β = 0.17 alla porta 2
Nel misurare il parametro s11 ci si accorge che c'è uno
spostamento della frequenza di risonanza in corrispondenza al
movimento dell'antenna alla porta 2 dell'hybrid; ecco il perché si
rende necessaria l’analisi del coefficiente di riflessione alla porta 1
(fig.3.1) con e senza antenna di trasmissione.
Il primo caso che vedremo è quello di un’antenna che presenta
un accoppiamento β = 0.17, come si può vedere dalle figure 3.6.a e
3.6.b su cui troviamo la Smith chart ed il VSWR (Voltage
Standing Wave Ratio o rapporto d’onda stazionaria) calcolati alla
porta 2. Dalla prima possiamo vedere il tipo di accoppiamento
mentre dal secondo ci si può calcolare il valore esatto del β che nel
nostro caso sottoaccoppiato si trova invertendo la (3.10)
β =
1
VSWR
33
Figura 3.6.a
s22
formato Smith chart β = 0.17
Figura 3.6.b VSWR2 per antenna con β = 0.17
I suddetti grafici presuppongono, come detto prima, una
calibrazione diversa dalla s11 -1PORT; la nostra scelta, e lo sarà
sempre salvo diverso avviso, è quella di calibrare FULL-2PORT
con la differenza che adesso lo span verrà esteso ad 1 MHz per le
ragioni che vedremo non appena anche l’oggettino perturbante farà
il suo ingresso nel cannone (tab.3.2)
Tipo calibrazione
START
STOP
CENTER
SPAN
Numero di punti
IF bandwidth
FULL-2PORT
2.8535 GHz
2.8545 GHz
2.854 GHz
1 MHz
1601
300 Hz
Tabella 3.2
Precisate le condizioni in cui lavoriamo andiamo a confrontare
graficamente le variazioni a cui è soggetto il parametro s11
diagrammando i parametri di questa nuova situazione con quelli
misurati in assenza di antenna alla porta 2; per brevità ed
importanza illustreremo soltanto le variazioni relative al modulo ed
alla fase di s11 (figure 3.7.a e 3.7.b)
34
Figura 3.7.a Confronto moduli
s11 con e senza
β = 0.17
Figura 3.7.b Confronto fasi s11 con e senza β = 0.17
Quello che è evidente dalle immagini è che c’è una variazione
della frequenza di risonanza. Esistono due modi per interpretare il
fenomeno:
1) pensare ad una deriva termica tra le due misure che sono state
effettuate a circa 24 ore di distanza;
2) interpretare questo shift come una conseguenza della presenza
dell’ antenna alla porta d’uscita
Per comprendere la verità sulla questione decidiamo di
eseguire una nuova misura che possa essere indicativa
3.6 s11 ed s21 in assenza di oggettino perturbante
ed in presenza di un’antenna con β = 0.12 alla
porta 2
La nostra prova del nove sarà quella di andare a misurare l’ s11
in una situazione intermedia tra quelle viste, ad esempio β = 0.12.
Le figure 3.8.a e 3.8.b indicano che abbiamo realizzato questa
condizione.
35
Figura 3.8.a
s22 formato Smith chart β = 0.12
Figura 3.8.b VSWR2 per antenna con β = 0.12
Se infatti la variazione della frequenza di risonanza f 0 fosse
dovuta soltanto ad una questione di temperatura, e non alla
presenza di un’antenna con diverso β, il plot che verrà fuori sarà
coincidente con quello del caso precedente perché ora le misure
verranno effettuate a pochi minuti l’una dall’altra. In questo caso
dunque il problema sarebbe solo di natura termica, mentre se lo
spostamento di f 0 fosse intermedio tra i due casi esaminati ai
paragrafi precedenti allora sarebbe giusta la seconda ipotesi, fermo
restando che la temperatura, con i suoi effetti, assume sempre un
ruolo non trascurabile nel campo delle misure a RF. L’esito della
misura per il modulo e la fase del nuovo s11 è il seguente:
Figura 3.9.a Confronto moduli
36
s11 con e senza
β = 0.17 e β = 0.12
Figura 3.9.b Confronto fasi s11 con e senza β = 0.17 e β = 0.12
Come risulta dalle fig.3.9.a e 3.9.b le situazioni per β = 0.12
sono intermedie tra le precedenti e dunque la presenza dell’antenna
alla porta 2 può causare un’alterazione della frequenza di risonanza
della sezione SW del gun.
La soluzione a tale problema sembrerebbe essere quella di
costruire ed utilizzare un’antenna che realizzi quanto più possibile
la condizione β → 0 al fine di lasciare immutati tutti i parametri
oggetto di misura del nostro cannone. Infatti il nostro scopo è
trovare dei risultati sul nostro dispositivo e non su un sistema
costituito dall’unione dell’ibrido e dell’antenna. Questo è il motivo
per cui in misura non si scelgono quasi mai antenne
sovraccoppiate. Tale idea è però funestata dalla presenza,
immancabile, del rumore la cui influenza diviene sempre più
marcata al diminuire di β. Infatti una misura con un
sottoaccoppiamento tendente a zero è, dal punto di vista pratico,
anche più imprecisa, e dunque inattendibile. Come sempre avviene
nell’ingegneria, la soluzione migliore si trova cercando un
compromesso tra i differenti fattori che intervengono nell’ambito
del problema esaminato.
Lo stesso fenomeno può messo in luce a partire dal coefficiente
s21 con i seguenti grafici dove non si è affrontato il caso di
mancanza dell’antenna perché in trasmissione ciò non ha senso
Figura 3.10.a Confronto moduli
37
s21 con β = 0.17 e β = 0.12
Figura 3.10.b Confronto fasi
s21 con e senza
β = 0.17 e β = 0.12
A quanto detto possiamo solo aggiungere che il modulo della
trasmissione cresce con β, come è giusto che sia, e che in entrambi
i casi la frequenza di risonanza decresce all’aumentare
dell’accoppiamento dell’antenna.
Il minimo comun denominatore di questi discorsi è comunque
che la posizione di quest’ultima all’interno del gun ibrido può
giocare un ruolo determinante sulla misura dei parametri dello
stesso ed in particolare sulla frequenza di risonanza f 0 del modo
π . In realtà poi, c’è un altro fattore che può produrre una
variazione su f 0 , ed anche molto maggiore, di quella vista adesso
ma prima di approfondire questo discorso è necessario illustrare la
strumentazione di cui ci serviremo
3.7 Banco di misura
In questo paragrafo verrà descritto l’apparato utilizzato per
applicare la tecnica perturbativa (illustrata nel capitolo 2) con cui
effettueremo le misure del campo elettrico in asse. Dato che Steele
basa il suo metodo sulle differenze dei coefficienti di riflessione
alla porta di ingresso, lo scopo della nostra attrezzatura dovrà
essere quello di individuare e poter elaborare tali differenze.
I dispositivi che costituiscono l’apparato di misura, di cui
vediamo la realizzazione finale in fig.3.11, sono:
• analizzatore di rete vettoriale Hewlett Packard 8753E;
• motore passo-passo;
• PC;
• GPIB-ethernet;
• oggettino perturbante cilindrico in teflon
38
Figura 3.11 Foto del banco di misura utilizzato
Lo schema di principio dell’apparato di misura è mostrato in
fig.3.12
Figura 3.12 Schema del banco di misura utilizzato
L’analizzatore di rete vettoriale (Vector Network Analyzer o
VNA) è uno strumento che permette di misurare modulo e fase dei
parametri di scattering in funzione della frequenza e quindi la
frequenza di risonanza di ciascun modo. In particolare
l’analizzatore utilizzato è capace di lavorare in un intervallo di
frequenze che va da 30 KHz a 6 GHz.
Come descritto in precedenza, per la determinazione del campo
in asse si misureranno gli effetti provocati dal passaggio di un
oggetto perturbante all’interno del gun. Tale spostamento è reso
possibile da dei piccoli fori appositamente praticati sull’asse del
cannone e del cilindro di teflon (fig.3.13)
39
Figura 3.13 Entrata dell’oggettino all’interno dell’hybrid gun
Quest’ultimo è fissato con la colla ad un filo di nylon e presenta le
seguenti caratteristiche:
• raggio pari a 0.15 cm
• lunghezza pari a 0.37 cm
Le sue dimensioni vengono scelte in modo tale che esse siano
trascurabili rispetto alla lunghezza d’onda del campo elettrico, data
da:
c
λ =
f
3 ⋅108 m
sec
2.8540 ⋅109 Hz
0.10 m
Per il movimento dell’oggetto è stato utilizzato un motore
passo-passo con angolo di step π /100 ± 5% . Il motore è pilotato
da un circuito di controllo (driver), alimentato da un alimentatore
da 12 V che elabora le sequenze di bit trasmesse da un PC tramite
un cavo parallelo. Le rotazioni dell’albero del motore in un senso o
nell’altro provvedono all’avvolgimento o allo svolgimento del filo
e, conseguentemente al movimento dell’oggetto, ad esso fissato,
sull’asse dell’ibrido.
Il PC, oltre al motore, controlla l’analizzatore che eccita il gun
dal coupler tramite una guida d’onda e da questo acquisisce i dati.
Questi ultimi saranno registrati su dei fogli Excel ed elaborati da
Matlab.
L’analizzatore ed il PC sono interfacciati da un GPIB (General
Purpose Interface Bus) che è il più diffuso bus di comunicazione
per gli strumenti di misura.
Aggiungiamo infine che i parametri dell’analizzatore e del
motorino possono essere configurati in maniera semplice tramite
un VI (Virtual Instrument) creato col programma Labview. Questa
interfaccia si rivela molto utile perché condensa in una sola
schermata le variabili da settare per una corretta misura che così
avverrà in maniera quasi automatica; l’utente dovrà solo:
40
• sistemare il filo nella posizione di partenza;
• assicurarsi che i collegamenti tra PC e VNA e tra PC e scheda di
controllo del motore siano attivi;
• impostare i parametri di ingresso sul pannello frontale;
• salvare i dati alla fine di ogni scansione
3.8 Introduzione alle misure di campo
Nel paragrafo precedente abbiamo chiarito che è possibile far
scorrere un cilindro di teflon lungo l’asse longitudinale della
struttura, quello dove andremo a valutare il campo. L’utilità di
tutto ciò si giustifica con la conoscenza della teoria della misura di
Steele. Il gun ibrido è un dispositivo accelerante e sul suo asse è
presente il solo campo elettrico longitudinale. Pertanto, dalla
(2.36), sappiamo che c’è una relazione di diretta proporzionalità tra
le grandezze
s11 p − s11 a α E
2
r
∠( s11 p − s11 a ) α ∠ Ε
(3.18)
(3.19)
Misurare la differenza tra gli s11 perturbato e non vuol dire
perciò andare a descrivere il campo elettrico relativo al modo π
sia in modulo che in fase. La posizione “critica” dell’oggettino,
cioè quella dove la variazione della frequenza di risonanza da esso
imposta è massima, si trova all’interno della parte stazionaria ed è
pari a 780 passi del nostro motorino calcolati con il cilindro di
teflon posto tutto fuori dal cannone e raso allo stesso (fig.3.13).
Visto che siamo interessati soprattutto allo spostamento subito
dalla frequenza f 0 , possiamo inizialmente lavorare senza
calibrazione sottolineando che l’unico scopo di questa misura è
osservare il Δf 0 per stabilire lo span di frequenze con cui lavorare;
il responso del VNA, con un’antenna che presenta β = 0.15 ed
impostato come in tab.3.3
CENTER
SPAN
2.85404035 GHz
1MHz
Tabella 3.3
è illustrato in modulo e fase rispettivamente dalle fig.3.14.a e
3.14.b
41
Figura 3.14.a Confronto moduli s11 p , s11 a con antenna β = 0.15
Figura 3.14.b Confronto fasi s11 p , s11 a con antenna β = 0.15
Δf 0 = f 0 − f 0 ' = 2.85398 - 2.85366 GHz = 320 KHz
(3.20)
Questo è il motivo per cui avevamo calibrato FULL-2PORT
con uno span di 1 MHz nei casi delle antenne con β pari a 0.17 e
0.12. Anche il grafico delle fasi è interessante; pur non conoscendo
i valori esatti delle stesse (perché, lo ripetiamo, abbiamo lavorato
senza calibrazione), si vede che alla frequenza di risonanza
iniziale, indicata in fig.3.14.b con il marker, c’è una variazione di
fase di circa 60°; saremo più precisi nei paragrafi che seguono
3.9 Confronto tra s11 ed s21 in presenza di
antenne con β = 0.17 e β = 0.12 alla porta 2 con e
senza oggettino perturbante
La considerazione sullo span era stata fatta prima di aver posto
le antenne con i suddetti β perché non è facile rimettere un’antenna
flessibile e curva rigorosamente nelle stesse condizioni una volta
che la abbiamo tolta dal cannone. In questo paragrafo valuteremo i
comportamenti in modulo e fase dell’ s11 al variare del β
dell’antenna che poniamo ed in funzione della presenza o meno
dell’oggettino. Questo rappresenta il massimo del confronto che è
possibile effettuare su questo parametro per quanto riguarda il
modo stazionario π .
Illustriamo ora nelle fig.3.15.a e 3.15.b dei risultati molto
interessanti relativi al caso di antenna con β = 0.17
42
Figura 3.15.a Confronto moduli s11 p , s11 a con antenna β = 0.17
Figura 3.15.b Confronto moduli
s21 p , s21 a
con antenna β = 0.17
Eaminiamoli. Come visto al paragrafo precedente, è evidente
che il sistema avverte la presenza dell’oggettino nella massima
posizione perturbante ma adesso possiamo dare una valutazione
quantitativa del fenomeno per controllare quanto esso dipenda dal
valore di β, che invece non varia sensibilmente con la presenza o
meno del cilindro di teflon all’interno del nostro dispositivo.
Comunque, per evitare ogni possibile confusione, il valore di β che
verrà dato è in realtà quello calcolato prima dell’ingresso. Questo
fatto non rappresenta una mancanza di precisione in quanto, al
momento, serve solo per distinguere i casi.
Definiamo f 0a ed f 0 p rispettivamente le frequenze di
risonanza in assenza e presenza del cilindro di teflon
s
Δf 0 β11= 0.17 = f 0 a
s11
β = 0.17
− f0 p
s11
β = 0.17
con
f0 a
f0 p
s11
β = 0.17
s11
β = 0.17
= 2.853974375 GHz
(dati excel)
= 2.853642500 GHz (dati excel)
e dunque
43
Δf 0
s11
β = 0.17
≅ 331.8 KHz
(3.21)
Ripetendo lo stesso conto per s21 si ha
Δf 0
s21
β = 0.17
= f0 a
s21
β = 0.17
− f0 p
s21
β = 0.17
con
s21
f0 a
β = 0.17
f0 p
β = 0.17
s21
= 2.853920000 GHz (dati excel)
= 2.853591250 GHz (dati excel)
e
Δf 0
s21
β = 0.17
≅ 328.7 KHz
(3.22)
I risultati numerici delle (3.20), (3.21) e (3.22) sono la
controprova del fatto che Δf 0 può essere valutato precisamente con
o senza calibrazione (perché abbiamo un drift massimo di appena
10 KHz su 2.8540 GHz) e rappresentano quindi un risultato atteso,
nonché una verifica della bontà delle misure. Ma seguendo i conti
si può scoprire una verità assolutamente non banale. Infatti,
teoricamente, un risultato che ci saremmo aspettati è la perfetta
coincidenza tra le frequenze di risonanza valutate a partire da s11
ed s21 mentre invece ciò non si verifica né senza né con oggettino
perturbante, come risulta dai plot 3.16.a e 3.16.b
Figura 3.16.a Confronto moduli s11 a ed
44
s21 a
con antenna β = 0.17
Figura 3.16.b Confronto moduli s11 p ed
s21 p
con antenna β = 0.17
Al di là della deriva termica, anche in questo caso
l’interpretazione che si può dare a queste misure è che ancora una
volta il β dell’antenna gioca il suo ruolo non trascurabile; pertanto
definisco un nuovo
Δf 0 a
β = 0.17
= f0 a
s11
β = 0.17
− f0 a
s21
β = 0.17
da cui, con i valori precedenti, si trova
Δf 0 a
β = 0.17
= 54.375 KHz
(3.23)
Ciò sarà da tener presente quando andremo ad effettuare le
misure di campo perché per trovare la frequenza di risonanza, e
dunque il massimo del campo elettrico longitudinale relativo alla
parte stazionaria, dovremo conoscere la frequenza di risonanza con
la precisione maggiore possibile.
Come prima, l’incidenza del β sulla rilevazione compiuta può
essere verificata con il solito caso intermedio β = 0.12, i cui plot
non verranno riportati per brevità perché hanno lo stesso ed
identico andamento qualitativo. I risultati in questa situazione di
confine sono
Δf 0
s11
Δf 0
s21
Δf 0 a
β = 0.12
β = 0.12
β = 0.12
≅ 333.7 KHz (dati excel)
(3.24)
= 330 KHz (dati excel)
(3.25)
= 48.75 KHz (dati excel)
(3.26)
Da questa nuova misura si evince che mentre i primi due Δ
rimangono sostanzialmente immutati, l’ultimo decresce di valore.
Vediamo se è un caso (ci sono solo pochi KHz di differenza tra i
due valori). Considerando un’antenna con β = 0.06 si trovano i
seguenti risultati
Δf 0
s11
β = 0.06
= 330.6 KHz (dati excel)
45
(3.27)
Δf 0
Δf 0 a
s21
β = 0.06
β = 0.06
= 338.75 KHz (dati excel)
(3.28)
= 43.75 KHz (dati excel)
(3.29)
Questi dati possono essere commentati dicendo che:
• al diminuire di β la variazione di frequenza di risonanza f 0
calcolata a partire da s11 tra i casi di assenza o meno dell’oggettino
all’interno del gun rimane circa costante, come si vede dai tre
s
valori di Δf 0 11 (equazioni 3.21,3.24 e 3.27)
• al decrescere di β la variazione della frequenza di risonanza f 0
calcolata a partire da s21 con e senza oggettino all’interno del gun
tende ad aumentare seppur moderatamente (equazioni 3.22, 3.25 e
3.28);
• al diminuire di β la differenza tra le frequenze di risonanza per il
coefficiente di riflessione e quello di trasmissione tende a
decrescere. Questa frase presenta una traduzione di non poco
conto. Infatti la si può interpretare dicendo che, se dobbiamo
andare a cercare il valore che più si avvicina alla frequenza di
risonanza effettiva del modo π, conviene partire da un’antennina
sufficientemente sottoaccoppiata per restringere il campo di valori
dove si ha la vera f 0 ; i valori di Δf 0 a (equazioni 3.23, 3.26 e 3.29)
sono la prova numerica di quanto appena detto
Dalle figure 3.15.a e 3.15.b si vede che a parità di β, rimanendo
inchiodati alle frequenze f 0sa11 ed f 0sa21 , perdo trasmissione ed
aumento le riflessioni, risultato prevedibile in quanto non sono più
in perfetta risonanza. Ponendomi invece alla nuove frequenze f 0sp11
ed f 0sp21 diminuisce il modulo del coefficiente di riflessione ma si
mantiene invariato quello dell’ s21 .
Finora abbiamo dedicato la nostra analisi comparata solo ai
moduli di s11 ed s21 ma vediamone anche il comportamento in fase
mostrando l’andamento dei relativi plot con e senza oggetto
perturbante per i due valori di β (fig.3.17.a e 3.17.b)
Figura 3.17.a Confronto fasi s11 p , s11 a con antenna β = 0.17
46
Figura 3.17.b Confronto fasi s11 p , s11 a con antenna β = 0.12
Incrociando i dati di questi grafici si ottengono le figure 3.18.a
e 3.18.b dove si vede che l’escursione di fase, sia in presenza che
in assenza di oggettino, tende a ridursi seppur dell’ordine di
qualche grado all’aumentare dell’accoppiamento
Figura 3.18.a Confronto fasi s11 a con antenne β = 0.17 e β = 0.12
Figura 3.18.b Confronto fasi s11 p con antenne β = 0.17 e β = 0.12
Sottolineamo che nel caso dei grafici delle fasi le frequenze di
risonanza f 0 a
s11
β = 0.17
, f0 p
s11
β = 0.17
e f0 a
s11
β = 0.12
, f0 p
s11
β = 0.12
sono quelle
corrispondenti alla metà dei rispettivi tratti ascendenti; per l’s21
tracceremo i plot 3.19.a e 3.19.b, equivalenti ai grafici 3.17.a e
3.17.b
47
Figura 3.19.a Confronto fasi
Figura 3.19.b Confronto fasi
s21 p , s21 a
s21 p , s21 a
con antenna β = 0.17
con antenna β = 0.12
ma senza la seconda coppia. Infatti dalle figure 3.19.a e 3.19.b si
vede che l’escursione di fase si mantiene praticamente immutata.
3.10 Misure delle variazioni dei coefficienti di
scattering
In questo paragrafo prepareremo la misura del campo elettrico
longitudinale all’interno del gun ibrido, cui è devoluto il compito
di accelerare le particelle verso i dispositivi che verranno appresso
e che continueranno questo lavoro. Per far ciò sfrutteremo le
conclusioni ottenute nel paragrafo precedente a proposito del β,
inserendo alla porta di uscita un’antenna con β = 0.15. Questo
dato, lo sottolineamo ancora, ha un’importanza non secondaria
perché determina lo spostamento subito dalla frequenza f 0 .
L’obiettivo, adesso, non sarà quello di dare una valutazione
quantitativa esatta del campo – argomento del capitolo successivo
– ma piuttosto il suo andamento, ovvero la misura sarà condotta in
arbiter unit [a.u.]. Per far ciò sfrutteremo la relazione di
proporzionalità (3.30), desumibile dalla (2.36) considerando che in
asse, ripetiamolo, è presente solo il campo elettrico longitudinale
E
Pi
2
α s11 p − s11 a
48
(3.30)
La (3.30) è fondamentale in quanto:
• ci dice che il modulo quadro del campo elettrico normalizzato
alla potenza risulta proporzionale alla differenza tra i coefficienti
di riflessione;
• ci consente di tracciare l’andamento del campo scalato di un
fattore che tratteremo più avanti.
Poiché i parametri di scattering sono funzione della frequenza
alla quale vengono ricavati sarà nostra cura specificarla sempre.
Inoltre dovremo definire anche il tipo ed i dati riguardanti la
calibrazione che adotteremo; ciò viene fatto in tab.3.4
Tipo calibrazione s11 -1PORT
START
2.853850 GHz
STOP
2.854150 GHz
CENTER
2.854 GHz
SPAN
1 MHz
Numero di punti 1601
IF bandwidth
300 Hz
Tabella 3.4
Visto che abbiamo calibrato s11 -1PORT e che il campo è
proporzionale al modulo della differenza tra questo parametro in
presenza ed assenza di oggettino perturbante, cominciamo le nostre
misure mettendoci alla frequenza di risonanza valutata a partire dal
grafico del coefficiente di riflessione ed in alcune frequenze
circostanti elencate di seguito:
misura 1) f 0rifl
a
β = 0.15
misura 2) f 0rifl
a
β = 0.15
misura 3) f 0rifl
a
β = 0.15
misura 4) f 0rifl
a
β = 0.15
misura 5) f 0rifl
a
β = 0.15
= 2.85402875 GHz
- 50 KHz = 2.85397875 GHz
+ 50 KHz = 2.85407875 GHz
- 100 KHz = 2.85392875 GHz
+ 100 KHz = 2.85392875 GHz
I plot che si ottengono per le frequenze sopracitate sono riportati in
modulo e fase rispettivamente nelle figure 3.20.a e 3.20.b
49
Figura 3.20.a Moduli delle differenze tra s11 p e s11 a intorno alla
Figura 3.20.b Fasi delle differenze tra
s11 p e s11 a
intorno alla
f 0 rifl
f 0 rifl
Da questi grafici si vede che man mano che passiamo da
frequenze maggiori a frequenze minori i primi due picchi di campo
subiscono un aumento continuo del loro modulo; in realtà poi
abbiamo scelto di omettere temporaneamente il risultato della
misura dei moduli relativa a f 0 rifl − 100 ΚHz che è rinviata ad un
esame successivo.
Questo vuol dire che entriamo sempre più in risonanza al
diminuire della frequenza e, poiché nell’analisi dei parametri di
scattering abbiamo visto che la frequenza di risonanza riscontrata a
partire dall’ s21 anticipa sempre quella ottenuta dall’ s11 , potrebbe
essere una buona idea partire proprio dal coefficiente di
trasmissione. Questo porta ad un nuovo set di misure:
misura 6) f 0trasm
a
β = 0.15
misura 7) f 0trasm
a
β = 0.15
misura 8) f 0trasm
a
β = 0.15
misura 9) f 0trasm
a
β = 0.15
= 2.8539625 GHz
- 50 KHz = 2.8539125 GHz
+ 50 KHz = 2.8540125 GHz
- 100 KHz = 2.8538625 GHz
50
misura 10) f 0trasm
a
β = 0.15
+ 100 KHz = 2.8540625 GHz
con i risultati delle figure 3.21.a e 3.21.b
Figura 3.21.a Moduli delle differenze tra s11 p e s11 a intorno alla
Figura 3.21.b Fasi delle differenze tra s11 p e s11 a intorno alla
f 0 trasm
f 0 trasm
Anche nella fig.3.21.a non compaiono intenzionalmente alcuni
risultati che commenteremo nel prossimo paragrafo. Comparando i
valori massimi di campo relativi alla parte stazionaria delle figure
3.20.a e 3.21.a ci si può accorgere che il campo ha intensità
massima in quell’intorno di frequenze dove andremo ad effettuare
nuove misure per meglio definirlo (figure 3.22.a e 3.22.b):
misura 11) f 0rifl
a
β = 0.15
misura 12) f 0trasm
a
β = 0.15
misura 13) f 0trasm
a
β = 0.15
+ 20 KHz = 2.85404875 GHz
- 20 KHz = 2.85407875 GHz
- 75 KHz = 2.85392875 GHz
51
Fig.3.22.a Moduli delle differenze tra
s11 p e s11 a
per altre frequenze
Fig.3.22.b Fasi delle differenze tra s11 p e s11 a per altre frequenze
Illustriamo adesso le situazioni – ce n’è una anche in fig.3.22.a - di
cui, data la loro diversità, abbiamo rinviato la spiegazione
3.11 Anomalie nelle misure: campo elettrico “in
saturazione” e “con picco concavo”
Nel caso delle misure 4, 7 e 13 la quantità s11 p − s11 a presenta
una tosatura in corrispondenza del secondo picco, come si può
vedere meglio nella fig.3.23 relativa alla misura 4. Questo
andamento si riflette in una “saturazione” del campo data la
proporzionalità tra le due grandezze.
52
Fig.3.23 Saturazione del campo
Specifichiamo che il rettangolino in alto a destra con il numero 2
vuol dire che su ogni figura sono sovrapposti i risultati di 3 misure
(la prima misura è la numero 0) e, cosa ben più importante, che le
misure sono ripetibili. Per chiarire come possa avvenire questo
fenomeno osserviamo la fig.3.24
Fig.3.24 Spiegazione grafica della saturazione del campo
Da essa si vede che man mano che l’oggettino perturbante fa il
suo ingresso nel cannone il picco della risonanza, come già visto,
si sposta a frequenze minori ma dato che noi ci poniamo ad una
data frequenza f mis1 avremo che il modulo della differenza dei
coefficienti di riflessione, perturbato e non, andrà sempre ad
aumentare finché l’intersezione tra il valore in ascissa e la curva di
risonanza del modo π non entrerà nella parte TW che, essendo
immobile a tale frequenza, ne arresterà l’aumento. E’ questo il
motivo del termine “saturazione”.
Su questo problema riscontrato bisogna fare due importanti
considerazioni. La prima è che il VNA calcola e proietta sul
display la quantità
53
s11 p − s11 a
(3.31)
mentre la figura (3.24) esegue un'altra differenza ovvero
s11 p − s11 a
(3.32)
Infatti quando abbiamo presentato i parametri di scattering
abbiamo precisato che essi sono in generale quantità complesse.
Ciò significa che la differenza nella (3.31) avviene tra i moduli e le
fasi dei numeri complessi s11 p ed s11 a . Dunque per avere il
comportamento illustrato in fig.3.23 è richiesta sì una saturazione
dei moduli (del tipo di quella illustrata in fig.3.24) ma
contemporaneamente anche delle fasi. Ciò non verrà mostrato in
quanto la nostra intenzione è solo quella di spiegare il principio di
tale stranezza che risulta chiaro già dall’osservazione
dell’andamento dei moduli. Questo sarà il filone che seguiremo
anche per la spiegazione del successivo fenomeno del picco
concavo.
Secondariamente va chiarito che dalle nostre misure la
e non a destra
saturazione risulta a sinistra della frequenza f 0rifl
a
della stessa come indicato in fig.3.24. Se però non controlliamo
anche l’andamento delle fasi ciò perde importanza. In particolare
abbiamo scelto la posizione a destra esclusivamente perché rende
la comprensione qualitativa del fenomeno più immediata.
Nel caso della misura 9 il responso per il modulo dei
coefficienti di riflessione è quello illustrato in fig.3.25
Fig.3.25 Picco di campo concavo
Abbiamo già visto che l’andamento di s11 al variare della
posizione del cilindro di teflon è quello in fig.3.24; con un leggero
zoom otteniamo la fig.3.26 dove abbiamo indicato con t0 , t1 , ... , t10
la sequenza temporale delle forme d’onda man mano che
l’oggettino si muove all’interno del gun
54
Fig.3.26 Spiegazione grafica del picco di campo concavo
In questo caso, immaginando di porci alla frequenza di misura
f mis 2 e segnato il coefficiente di riflessione imperturbato, vediamo
che la differenza tra i moduli s11 p e s11 a prima aumenta (finché
non si raggiunge il punto 4), poi diminuisce (dal punto 4 al punto
5) ed aumenta (dal punto 5 al punto 6) di un tratto molto minore
all’escursione precedente ed infine decresce nuovamente (fino al
punto 10) con un’escursione circa pari a quella iniziale; questo è
proprio l’andamento tracciato in fig.3.25.
3.12 Andamento qualitativo del campo a partire
dalle misure e confronto con le simulazioni HFSS
In questo paragrafo ci interesseremo a confrontare tutti i dati
precedentemente raccolti con le simulazioni HFSS (High
Frequency Structures Simulator) di cui disponiamo. Inizialmente
poiché HFSS valuta l’andamento del campo alla frequenza di
risonanza esatta del modo π, prenderemo come riferimento le
nostre misure con valore di picco maggiore ma che
contemporaneamente abbiano il secondo picco non tagliato. La
nostra misura di riferimento sarà perciò la numero 12, visto che la
numero 7 dà i primi segni di “saturazione” .
Diciamo subito che esse necessitano di qualche aggiustamento.
Per cominciare toglieremo il tratto di lunghezza iniziale in cui il
cilindro di teflon si trova al di fuori del gun perché in questa zona
il campo elettrico non ci interessa. Inoltre offriremo un grafico
normalizzato sia sull’asse delle ascisse, per i discorsi affrontati nel
capitolo 1 sulla scalabilità del fotoiniettore ibrido, sia sull’asse
delle ordinate, perché - proponendoci una misura qualitativa valuteremo in [a.u.]. In altre parole questa scelta significa essere
interessati solo ai rapporti tra le varie forme d’onda in gioco.
55
Il risultato di questi discorsi è la fig.3.27
Fig.3.27 Andamento qualitativo del modulo del campo elettrico
Per quanto riguarda le fasi invece, il confronto tra le misure ed il
simulatore è illustrato in fig.3.28
Fig.3.28 Andamento qualitativo delle fasi del campo elettrico
e da questa è possibile verificare che, come dicevamo nel capitolo
1, l’avanzamento di fase per cella è proprio pari a 2/3π.
Una rappresentazione che coniuga modulo e fase del nostro
campo longitudinale è il cosiddetto “diagramma a fiore”. Esso non
è altro che un diagramma polare ma lo chiamiamo “a fiore” perché
il suo plot ha questo aspetto.
Nel caso dei dati HFSS il suo tracciamento corrisponde al
r
2
luogo geometrico descritto dai valori di E e 2∠E (fig. 3.29)
56
Fig.3.29 Diagramma a fiore per la simulazione su HFSS
mentre nel caso delle nostre misure sfrutteremo i valori di
s11 p − s11a e ∠( s11 p − s11a ) (fig.3.30)
Fig.3.30 Diagramma a fiore per le nostre misure
Le relazioni tra le due coppie di grandezze saranno fornite nel
capitolo successivo.
Preveniamo ora alcune obiezioni che ci potrebbero essere
rivolte. Guardando tali risultati si potrebbe pensare che data la
diversità dei moduli delle grandezze in gioco (il che equivale a dire
che la distanza dal centro nei due casi è diversa) i risultati sono
diversi. Ciò è valido solo nella misura in cui avessimo avuto
intenzione di riportare dei valori numerici ma si è già sottolineato
nel corso di questo capitolo che per ora siamo interessati solo
all’andamento qualitativo ed esso risulta identico.
La seconda questione da chiarire riguarda le fasi. Esse in realtà
non sono identiche ma con un opportuno phase offset ϕ0 il cui
valore, in questa sede, non è un elemento di rilievo, i due grafici
possono disporsi con lo stesso orientamento.
Infine, va chiarita l’ultima evidente differenza tra HFSS e
misure. Il diagramma a fiore di HFSS presenta un picco ed invece
il nostro presenta una curvatura. Ciò è dovuto al fatto che, mentre
nella simulazione in corrispondenza della parte stazionaria
57
abbiamo una transizione di fase netta, nelle misure la fase della
parte stazionaria dipende linearmente ed inspiegabilmente
dall’ampiezza del campo (si vedano le fig.3.20.b, 3.21.b e 3.22.b)
58
Capitolo 4
Calibrazione dell’oggettino e misure
quantitative di campo
Con questo capitolo intendiamo fornire delle caratteristiche
proprie dell’oggettino con cui abbiamo effettuato le misure di
campo fin qui. Il nostro scopo stavolta è quello di trovare gli
effettivi valori numerici in gioco a partire dalla teoria perturbativa
di Steele.
Finora non si è riusciti a fornire stime numeriche precise con
l’utilizzo di questa tecnica che, al momento, viene comunemente
ed esclusivamente adoperata per valutazioni qualitative. Noi
seguiremo una strada e vedremo quanto ci avvicineremo alla realtà
dei fatti.
4.1 Introduzione alle misure di Steele
Per arrivare a conoscere le proprietà dell’oggettino di teflon
dovremo partire da una situazione ben nota come è ad esempio il
caso della pillbox (fig.4.1), ovvero una cavità risonante cilindrica
di cui riportiamo i dati essenziali nella tabella 3.1.
Figura 4.1 Pillbox utilizzata per misure di Steele
59
Mode
TM010
TM110
TE111
TM011
TM210
TE211
TM020
TE011
TM111
TE311
TM310
TM211
TE411
TE121
TM120
TM021
Theory
Frequency [Hz]
1.91333E+9
3.04859E+9
3.80535E+9
3.99945E+9
4.08601E+9
4.27080E+9
4.39189E+9
4.65066E+9
4.65066E+9
4.84845E+9
5.07619E+9
5.38798E+9
5.49856E+9
5.50706E+9
5.58175E+9
5.62348E+9
Q factor
16515
20847
18896
15072
24135
19921
25022
30429
16253
21116
26901
17494
22106
37962
28208
17872
Measurements
Frequency [Hz] Q factor
1.91140E+9
11880
3.04540E+9
12950
3.80304E+9
13540
3.99658E+9
8467
4.08219E+9
11480
4.26890E+9
10980
4.38866E+9
14490
4.64770E+9
6999
4.64530E+9
7638
invisibile
/
5.07158E+9
13310
2 picchi per s11
/
invisibile
/
5.50377E+9
33370
5.57565E+9
11540
5.61889E+9
8116
Tabella 4.1
La calibrazione avverrà in due fasi:
• si partirà dal campo elettrico longitudinale Ez del modo TM 010 e,
grazie ai dati che possediamo su quest’ultimo, forniremo una stima
del k di Steele, indicato con k steele , di cui daremo la definizione fra
poco;
• successivamente procederemo con una verifica di questo dato
supponendo di non conoscere il campo elettrico longitudinale Ez
del modo TM 011 e di volerlo ricavare attraverso la conoscenza del
k steele
Specifichiamo che a rigore esistono quattro k steele ma noi ne
considereremo solo uno, quello del campo elettrico longitudinale
che è l’unico presente in asse nel gun ibrido.
La scelta del modo TM 010 per la pillbox è comoda perché esso
presenta un campo elettrico longitudinale Ez costante lungo la
direzione di propagazione z.
60
Figura 4.2 Andamento del modo TM 010
E’ di fondamentale importanza sottolineare che la valutazione
del k steele che troveremo costituirà una proprietà intrinseca
dell’oggettino – cioè il suo comportamento – e pertanto sarà valida
indipendentemente dal modo a cui sceglieremo di lavorare. In linea
teorica perciò si potrebbe stimare l’andamento del k steele anche a
partire da altri modi (ad esempio il TM 011 ) ma ciò non avviene per
la suddetta ragione di semplicità.
Il nostro obiettivo è quello di cercare i valori di k steele in
corrispondenza di diversi β per il modo TM 010 . In questa maniera
avremo un insieme di punti da confrontare con la curva teorica del
k steele in funzione di β. L’analisi avverrà fissando 5 valori di β
valutati nel modo TM 010 tali che essi coprano abbastanza bene il
range di variazione del suddetto parametro; una possibile scelta è:
1) β = 0.012;
2) β = 0.30;
3) β = 0.52;
4) β = 1;
5) β = 1.5
(antenna molto sottoaccoppiata β <<1)
(antenna sottoaccoppiata)
(antenna sottoaccoppiata)
(antenna accoppiata criticamente)
(antenna sovraccoppiata)
Un’altra questione da risolvere riguarda i dati che abbiamo a
disposizione. Il programma di simulazione HFSS fornisce il valore
del campo elettrico normalizzato all’energia U immagazzinata
nella cavità risonante - quantità utile per lo studio con la teoria
della misura di Slater - mentre dalla teoria della misura di Steele
(cap.2) noi abbiamo bisogno del valore del campo elettrico
normalizzato alla potenza di ingresso; partiamo dalla soluzione di
quest’ultimo punto
61
4.2 Legame tra campo normalizzato alla potenza
e campo normalizzato all’energia
La formula cardine delle misure che andremo a svolgere deriva
dall’equazione (2.36) che per comodità richiameremo in un modo
poco diverso ma più comodo per i nostri scopi
r r
r r
2 Pi ( Γ p − Γ a ) = − jωmis ⎡⎣ε aα e Ea ⋅ Ea − μaα m H a ⋅ H a ⎤⎦
(4.1)
dove ωmis rappresenta la pulsazione a cui viene compiuta la misura.
Poiché il campo magnetico in asse all’interno del cannone è nullo,
la formula precedente si riduce a
r r
2 Pi ( Γ p − Γ a ) = − jωmis ⎡⎣ε aα e ( Ea ⋅ Ea ) ⎤⎦
(4.2)
Definiamo adesso
k steele
ε aα e
(4.3)
Dalle (4.2) e (4.3) segue che
r r
2 Pi (Γ p − Γ a ) = − jωmis ⎡⎣ ksteele Ea ⋅ Ea ⎤⎦
(4.4)
Tale equazione può essere scissa in due relazioni del tutto
equivalenti ad essa ovvero
r
r
2 Pi Γ p − Γ a = ωmis ⎡ k steele Ea ⋅ Ea ⎤
⎣
⎦
e
r
r
∠(Γ p − Γ a ) = −90° + ∠Ea + ∠Ea
che riscritte portano alle seguenti relazioni:
r
2 Pi Γ p − Γ a = ωmis ksteele Ea
2
r
∠(Γ p − Γ a ) = −90° + 2 ∠Ea (+ ϕ0 )
(4.5)
(4.6)
Queste ultime rappresentano la giustificazione teorica del
tracciamento del diagramma a fiore del campo visto nel capitolo 3.
La presenza della quantità ϕ0 - che a rigore non c’è ed infatti la
poniamo in parentesi - significa che se anche fosse presente un
offset, questo, una volta noto, non costituisce più un problema.
La (4.5) può essere riscritta mettendo in evidenza il modulo quadro
del campo elettrico normalizzato alla potenza
62
E2
=
Pi
2 s11 p − s11a
(4.7)
ωmis ksteele
Serve perciò legare tali quantità e per far ciò utilizzeremo le
espressioni (3.1) e (3.3) di QL e Q0 che qui richiamiamo per
comodità
Q0 =
ω0U
Pc
Q
QL = 0
1+ β
da cui
Pc =
ω0U
Q0
=
ω0U
(4.8)
QL (1 + β )
Ma è anche vero che
Pi =
Pc
1 − s11 0
(4.9)
2
e dunque dalla combinazione delle (4.8) e (4.9) risulta
Pi =
ω0U
1
1 − s11 0
2
(4.10)
Q0
La quantità a primo membro della (4.7) può perciò esprimersi
come
E
2
2
(
E Q0
2
=
1 − s110
Pi
U ω0
)
(4.11)
e questa è la relazione che cercavamo; attraverso la combinazione
della (4.7) e della (4.11) si trova
2 s11 p − s11a
k steele =
2
ωmis
E Q0
2
(1 − s110 )
U ω0
(4.12)
che è la relazione attraverso cui si stimeranno i k steele per il modo
TM 010 della pillbox mentre nel caso di modo TM 011 riscriveremo la
(4.12) come
63
E
2
=
U
2 s11 p − s11 a
Q
2
ωmis k steele 0 (1 − s11 0 )
(4.13)
ω0
4.3 Calibrazione in pillbox per misure di Steele
Illustriamo adesso i risultati ottenuti per i cinque valori di β
sopracitati
4.3.1 Risultati per il modo TM 010
a) β
TM 010
= 0.012
Partiremo da un caso di antenna molto sottoaccoppiata (β << 1)
calibrando come indicato in tabella 4.2
Tipo calibrazione s11 -1PORT
START
1.901983410 GHz
STOP
1.921983410 GHz
CENTER
1.911983410 GHz
SPAN
20 MHz
Numero di punti 1601
IF bandwidth
300 Hz
Tabella 4.2
ed indicando in parentesi tonda la fonte del nostro dato. Scegliamo
di effettuare le nostre misure alla frequenza di risonanza
f 0 = 1.911983410 GHz
(VNA)
ωmis = ω0 = 2π f 0 = 1.201334607 ⋅1010 [rad/sec]
s110
E
U
β = 0.012
= 975 ⋅10−3
2
= 1.738306249 ⋅1015
(VNA)
(VNA)
⎡ V2 ⎤
⎢ 2 ⎥
⎣m J ⎦
(HFSS)
Rimangono ora da determinare soltanto Q0 e s11 p − s11 a . Il
primo verrà ricavato con una procedura Matlab a partire dal valore
di s11 nell’intorno della risonanza mentre il secondo sarà valutato
attraverso delle misure di bead-pull operate
sull’interfaccia Labview i parametri in tab. 4.3
64
impostando
Time sweep
Length meas
6 sec
7.85 cm
Tabella 4.3
Troviamo
Q0 = 11790
(Matlab)
Adesso, sempre attraverso l’utilizzo di Matlab, non rimane che
determinare il k steele per β = 0.012 assieme al suo valore di
deviazione standard sperimentale σ; dalla (4.14)
k steele = 4.2775 ⋅10−20 [J/ V 2 ]
σ = 2.1759 ⋅10
b) β
TM 010
−24
(Matlab)
(Matlab)
= 0.30
Ripeteremo adesso la procedura illustrata fin qui per i
rimanenti valori di β senza troppi commenti, lasciando inalterati i
valori riportati nelle tabelle (4.2) e (4.3) e, naturalmente,
l’ampiezza del modulo del campo normalizzato all’energia. In
particolare lavoreremo sempre con la stessa calibrazione perché lo
span di frequenze scelto copre bene lo spostamento di frequenza di
risonanza f 0 al variare di β; ma con quest’ultimo varieranno anche
il modulo del coefficiente di riflessione alla risonanza ed il fattore
di merito Q0 che riporteremo caso per caso
f 0 = 1.911676978 GHz
ωmis = ω0 = 2π f 0 = 1.2011421 ⋅1010 [rad/sec]
s110
β = 0.30
= 529.7 ⋅10−3
Q0 = 11930
k steele = 5.257 ⋅10−20 [J/ V 2 ]
σ = 8.4423 ⋅10−24
c) β
TM 010
= 0.52
f 0 = 1.911345910 GHz
ωmis = ω0 = 2π f 0 = 1.2009341 ⋅1010 [rad/sec]
s110
β = 0.52
= 317 ⋅10−3
Q0 = 11820
65
k steele = 5.8713 ⋅10−20 [J/ V 2 ]
σ = 8.0459 ⋅10−24
d) β
TM 010
= 1;
f 0 = 1.910995910 GHz
ωmis = ω0 = 2π f 0 = 1.2007141 ⋅1010 [rad/sec]
s110
β =1
= 24 ⋅10−3
Q0 = 12070
k steele = 6.8374 ⋅10−20 [J/ V 2 ]
σ = 7.0648 ⋅10−24
e) β
TM 010
= 1.5
f 0 = 1.910580103 GHz
ωmis = ω0 = 2π f 0 = 1.2004529 ⋅1010 [rad/sec]
s110
β = 1.5
= 197.70 ⋅10−3
Q0 = 11900
k steele = 7.5482 ⋅10−20 [J/ V 2 ]
σ = 3.3944 ⋅10−23
Adesso che abbiamo effettuato questa serie di cinque misure
ricavando altrettanti valori di k steele in funzione di β possiamo
renderci conto di essere in linea con i valori della curva teorica di
fig.4.3
Figura 4.3 Curva teorica di
k steele
in funzione di β a partire dal modo TM 010
66
Andiamo ora a svolgere l'altra metà dell'esercizio per vedere se
tornano le cose per il modo TM 011 ; questa volta possediamo il
fattore k steele e dobbiamo ricavarci il modulo del campo
normalizzato alla potenza per risalire al modulo del campo
normalizzato all'energia
4.3.2 Risultati per il modo TM 011
In questa seconda parte dell’esercizio quello che ci aspettiamo
di trovare alla fine per ciascun valore di β è il plot rappresentato in
fig.4.4 ed ottenuto con HFSS
Figura 4.4 Andamento ideale del modo
TM 011
Vediamo ora i risultati ottenuti caso per caso sovrapponendo a
ciascun grafico che otterremo quello ideale della fig.4.4:
a) β
TM 010
= 0.012 → β
TM 011
= 0.0165
Per cominciare la nostra analisi porremo dentro la pillbox la
stessa antennina che nel modo TM 010 presentava un β pari a 0.012.
Questa precisazione è obbligatoria perché lavorando ad una nuova
frequenza – quella del modo TM 011 - questo parametro subirà una
variazione assumendo il nuovo valore 0.0165. Ciò può essere visto
direttamente sul VNA andando a misurare il coefficiente di
riflessione s11 in formato Smith chart. Poiché restiamo sempre
(molto) sottoaccoppiati, il nuovo β sarà pari all’inverso del valore
del VSWR alla stessa porta. La calibrazione che compiamo è
riportata in tab. 4.4
67
Tipo calibrazione s11 -1PORT
START
4.007237498 GHz
STOP
4.007237498 GHz
CENTER
f0
SPAN
20 MHz
Numero di punti 1601
Tabella 4.4
f 0 = 3.997199998 GHz
ωmis = ω0 = 2π f 0 = 2.5115148 ⋅1010 [rad/sec]
s110
β = 0.0165
= 967.7 ⋅10−3
Sempre con l’aiuto di Matlab ricaviamo
Q0 = 8571
Il valore di k steele da inserire adesso nella (4.13) è quello relativo a
β = 0.0165 ed esso verrà ricavato ancora dalla fig. 4.3.
Quest’ultima infatti è stata tracciata a partire dal modo TM 010 ma,
a rigore, è valida per qualunque modo in quanto esprime le
proprietà dell’oggettino di teflon
k steele = 4.3974 ⋅10−20 [J/ V 2 ]
Dalle misure di bead-pull è noto tutto il secondo membro della
(4.15) e possiamo tracciare il modulo quadro del campo
normalizzato all’energia; il plot che si trova è dato da
Figura 4.5 Risultato misure β = 0.0165 vs HFSS
68
Come si può vedere il grafico sembra presentare un offset
dell’ordine di 0.5 ⋅107 [ V 2 /J]. In parte questo risultato negativo era
attendibile a causa dell’elevato sottoaccoppiamento dell’antenna.
Ciò infatti comporta una misura più soggetta a rumore. Vedremo
se andrà meglio per valori di β maggiori
b) β
TM 010
= 0.30 → β
TM 011
= 0.46
In questo caso
f 0 = 3.996846875 GHz
ωmis = ω0 = 2π f 0 = 2.511293 ⋅1010 [rad/sec]
s110
TM 011
β = 0.46
= 372.4 ⋅10−3
Q0 = 8471
k steele = 5.7129 ⋅10−20 [J/ V 2 ]
ed il plot è quello della fig.4.6
Figura 4.6 Risultato misure β = 0.46 vs HFSS
c) β
TM 010
= 0.52 → β
TM 011
= 0.74
f 0 = 3.996574998 GHz
ωmis = ω0 = 2π f 0 = 2.5111221 ⋅1010 [rad/sec]
s110
TM 011
β = 0.74
= 154 ⋅10−3
Q0 = 8465
k steele = 6.3536 ⋅10−20 [J/ V 2 ]
69
Come nel caso precedente, l'andamento del campo si discosta da
quello ideale tanto più quanto più ci avviciniamo ai punti di
massimo (fig. 4.7)
Figura 4.7 Risultato misure β = 0.74 vs HFSS
d) β
TM 010
=1→ β
TM 011
= 1.76
f 0 = 3.996199998 GHz
ωmis = ω0 = 2π f 0 = 2.5108865 ⋅1010 [rad/sec]
s110
TM 011
β = 1.76
= 277.4 ⋅10−3
Q0 = 8626
k steele = 7.8179 ⋅10−20 [J/ V 2 ]
e l'andamento del campo è di fatto quello stimato da HFSS (fig.
4.8)
Figura 4.8 Risultato misure β = 1.6 vs HFSS
70
e) β
= 1.5 → β
TM 010
TM 011
= 2.57
f 0 = 3.995728125 GHz
ωmis = ω0 = 2π f 0 = 2.51059 ⋅1010 [rad/sec]
s110
TM 011
β = 2.57
=440.2 ⋅10−3
Q0 = 8626
k steele = 8.4128*10^-20 [J/ V 2 ]
Anche in questo caso il risultato si avvicina molto a quello della
simulazione ma comincia nuovamente a discostarsi da quello
ideale
Figura 4.9 Risultato misure β = 2.57 vs HFSS
4.4 Valutazione numerica del campo elettrico
all’interno del gun ibrido
La formula cardine delle misure che andremo a svolgere deriva
dall’equazione (2.36) che per comodità richiameremo in un modo
poco diverso ma più comodo per i nostri scopi
r r
r r
2 Pi ( Γ p − Γ a ) = − jωmis ⎡⎣ε aα e Ea ⋅ Ea − μaα m H a ⋅ H a ⎤⎦
(4.16)
dove ωmis rappresenta la pulsazione a cui viene compiuta la misura.
Poiché il campo magnetico sull’asse del cannone è nullo, la (4.16)
si riduce a
r r
2 Pi ( Γ p − Γ a ) = − jωmis ⎡⎣ε aα e ( Ea ⋅ Ea ) ⎤⎦
(4.17)
Definiamo
k steele
71
ε aα e
(4.18)
ripetendo che in base all’omonima teoria esistono in realtà quattro
diversi k steele relativi al campo elettrico longitudinale, al campo
elettrico normale, al campo magnetico tangenziale ed al campo
magnetico traverso. Poiché nell’hybrid gun esiste solo il primo di
questi, nel seguito k steele è per noi univocamente determinato. Dalle
(4.17) e (4.18) segue che
r r
2 Pi (Γ p − Γ a ) = − jωmis ⎡⎣ k steele Ea ⋅ Ea ⎤⎦
(4.19)
Tale equazione può essere scissa in due relazioni del tutto
equivalenti ad essa ovvero
r
r
2 Pi Γ p − Γ a = ωmis ⎡ k steele Ea ⋅ Ea ⎤
⎣
⎦
e
r
r
∠(Γ p − Γ a ) = −90° + ∠Ea + ∠Ea
che riscritte portano alle seguenti relazioni:
r
2 Pi Γ p − Γ a = ωmis k steele Ea
2
r
∠(Γ p − Γ a ) = −90° + 2 ∠Ea (+ ϕ0 )
(4.20)
(4.21)
La (4.20) viene detta condizione di modulo del campo elettrico
mentre la (4.21) è la condizione di fase del campo elettrico. Lo
sfasamento ϕ0 viene aggiunto fra parentesi perché nelle
applicazioni, una volta che esso è noto, non costituisce un
problema. La (4.20) e la (4.21) sono le relazioni alla base del
tracciamento del diagramma a fiore del campo visto nel capitolo 3.
Riscriviamo ora l’equazione (4.20) nel modo seguente
E
Pi
=2
s11 p − s11 a
ωmis k steele
(4.21)
attraverso la quale potremo ottenere il valore del campo elettrico
normalizzato alla radice della potenza.
Esaminiamo i termini che compaiono nella (4.21):
• la differenza in modulo tra i coefficienti di riflessione, perturbato
e non, è quella ottenuta attraverso l’utilizzo combinato del Vi e del
VNA;
• la ωmis la stabiliamo noi;
• k steele è una costante una volta stabilito il valore di β da utilizzare
72
4.5 Determinazione del β da utilizzare per
ricavare il ksteele
Il fotoiniettore ibrido, al contrario della pillbox, non può essere
considerato una cavità risonante. Infatti, dalla fig.3.2, abbiamo
visto che la risonanza del modo stazionario π è “immersa ” in un
contesto più ampio, la banda passante della sezione TW, ed in
questo caso non sarà possibile determinare il Q0 via software come
abbiamo fatto nella sezione precedente. Ciò avviene perché fuori
dalla risonanza non abbiamo più un coefficiente di riflessione
praticamente unitario e dunque non si può sfruttare l’interpolazione
su Matlab.
Illustreremo ora il ragionamento con cui arriveremo al valore
di β e dunque del k steele da inserire nella (4.21); dalla teoria,
indicando con il pedice 0 i relativi fattori calcolati alla frequenza di
risonanza f 0 , è noto che
s11 =
β − 1 − jQ0δ
β + 1 + jQ0δ
(4.22)
dove la quantità δ è definita come
δ=
f
f
− 0
f0 f
(4.23)
Notiamo che alla frequenza di risonanza f = f 0 , dalla (4.23), δ si
annulla e la (4.22) si riduce alla (3.7) ovvero
s11 0 =
β −1
β +1
(4.24)
e dalla (3.8) sappiamo poi che
VSWR =
1 + s11
1− s11
(4.25)
La domanda che ora ci poniamo è se anche in questo caso alla
risonanza possiamo calcolarci il coefficiente di accoppiamento
secondo la (3.10) e la (3.12) o se invece bisognerà tener conto della
quantità Δ mostrata in fig.4.10. Allo scopo di indicare nel modo
migliore possibile la scelta del nostro Δ zoomiamo la parte segnata
in blu (fig.4.11).
73
Figura 4.10 Modulo di s11 su banda 150 MHz e introduzione del Δ
Figura 4.11 Zoom della figura 4.10
Scriviamo la (4.25) come
VSWR =
(1 − Δ) + s11
(1 − Δ) − s11
(4.26)
In altre parole cercheremo di scoprire se VSWR è indipendente o
non da Δ; sviluppando la (4.26) alla pulsazione di risonanza dopo
avergli sostituito la (4.24) si ottiene
74
β −1
β +1
=
β −1
(1 + Δ) −
β +1
(1 − Δ) +
VSWR 0
(4.27)
ma β è un numero reale positivo e dunque
VSWR 0 =
( β + 1)(1 − Δ) + β − 1
( β + 1)(1 + Δ) − β − 1
(4.28)
La soluzione di questa equazione per β < 1 è data da
2 − Δ − VSWR 0 Δ
2VSWR 0 + VSWR 0 Δ + Δ
β=
(4.29)
mentre quella per β ≥ 1 è
β=
−Δ − VSWR 0 Δ − 2VSWR 0
Δ + VSWR 0 Δ − 2
(4.30)
E’ importante verificare che nel caso Δ sia nullo – ovvero fuori
risonanza il coefficiente di riflessione è unitario – la (4.29) e la
(4.30) si riducono rispettivamente alla (3.10) ed alla (3.12).
Le (4.29) e (4.30) significano inoltre che in generale β dipende
da Δ ma con gli elementi a nostra disposizione possiamo
calcolarne il valore. Nel caso del modo π dalle figure 4.10 e 4.11 si
ha
Δ = 1 - 0.089 = 0.911
(4.31)
e dal VNA risulta
VSWR 0 = 1.1445
(4.32)
Adesso si tratta di capire in quale delle due equazioni vanno
sostituiti questi valori. Per farlo notiamo che avendo a che fare con
una risonanza molto blanda l’accoppiamento sarà certamente
minore di 1 quindi andremo useremo la (4.29); da questa abbiamo
β = 10.9247 ⋅10−3
(4.33)
che soddisfa anche la condizione di validità β < 1 della (4.29).
Questo sarà il β da cui ricaveremo il k steele da sostituire nella
(4.21); dalla fig.4.3 si ricava
75
k steele = 4.3783 ⋅10−20
(4.34)
4.6 Plot finale numerico
Adesso abbiamo davvero tutti gli elementi; utilizzando Matlab il
risultato finale per i moduli è
Figura 4.12 Plot numerico del modulo del campo elettrico in asse
Questo risultato non è totalmente inatteso. A pensarci bene
infatti, già in pillbox le misure effettuate nel caso di elevato
sottoaccoppiamento avevano dato un esito negativo, presentando
un offset verso l’alto dovuto alla presenza del rumore (fig.4.5).
Per quanto riguarda le fasi invece il grafico rimane quello di
fig. 3.28 secondo le considerazioni svolte nel par.4.2.
4.7 Longitudinal series impedance
Definiamo longitudinal series impedance la quantità
ζ
⎡ V2 ⎤
⎢ m 2W ⎥
⎣
⎦
Ez2
Pi
(4.35)
dove il numeratore della (4.35) è dato dal quadrato di
Lcavity
Ez =
Vz
Lcavity
∫
=
Ez e
jωmis
0
Lcavity
essendo
76
z
c
dz
(4.36)
Pi come al solito la potenza incidente;
Ez = Ez e j∠Ez il campo longitudinale con fasi in [rad];
Lcavity la lunghezza del dispositivo in esame;
ωmis = 2π f mis la pulsazione alla quale abbiamo misurato;
c la velocità della luce
Sostituendo a Pi il valore 2W che è quello con cui sono state
svolte le simulazioni HFSS, attraverso una procedura matlab si
ottiene
⎡ V2
Ω⎤
ζ = 1.9651 ⋅106 ⎢ 2 = 2 ⎥
⎣m W m ⎦
(4.37)
mentre da HFSS si ricava
⎡ V2
Ω⎤
ζ = 4.2738 ⋅105 ⎢ 2 = 2 ⎥
⎣m W m ⎦
(4.38)
Questo risultato è davvero inaspettato poiché, essendo il modulo
del campo elettrico numerico delle nostre misure maggiore di
quello di HFSS, eseguendo l’integrale ci saremmo aspettati un
valore numerico addirittura maggiore delle simulazioni. Nel nostro
caso invece la nostra stima è circa un quarto di quella delle
simulazioni
77
Capitolo 5
Conclusioni e sviluppi futuri
Questa tesi si prefiggeva l’obiettivo di caratterizzare
sperimentalmente il comportamento di un dispositivo moderno, ed
in parte ancora sconosciuto, quale è l’hybrid gun. Per farlo
abbiamo comparato le prestazioni ideali date dalle simulazioni
HFSS con i risultati delle misure da noi effettuate in laboratorio.
Siamo partiti con la caratterizzazione esterna mediante lo
studio dei parametri di scattering ed abbiamo notato una
sostanziale uguaglianza tra le due situazioni.
Secondariamente ci siamo interessati al modo π ed in
particolare allo studio del suo campo elettrico in asse. Per farlo ci
siamo serviti della teoria perturbativa non risonante di Steele e con
essa abbiamo potuto tracciare un plot del campo sia a livello
qualitativo che a livello numerico.
A livello qualitativo si è visto che c’era un sostanziale accordo
tra misure e simulazioni, segno che con l’utilizzo della suddetta
teoria siamo riusciti ad ottenere un grafico del campo abbastanza
rispondente alle aspettative. L’unico neo dei risultati è stato il
picco di campo della seconda cella stazionaria che arriva al
massimo all’88% del valore ideale.
Infatti al di sopra di questo valore limite abbiamo osservato
l’insorgere di due fenomeni anomali - la saturazione ed il picco di
campo concavo – di cui abbiamo mostrato il meccanismo.
Per arrivare al plot numerico abbiamo inizialmente dovuto
studiare il comportamento della variabile k steele in funzione
dell’accoppiamento β. Siamo partiti da una situazione ben nota, il
modo TM 010 della pillbox, ed abbiamo riscontrato una spiccata
similitudine tra dati di misure e curva teorica. Non altrettanto si
può dire dei risultati ottenuti per il modo TM 011 , che aderivano a
quello ideale solo nel caso in cui il β di partenza fosse quello
critico per il modo TM 010 (ricordiamo infatti che a parità di antenna
il valore del suo accoppiamento varia a seconda del modo scelto).
78
In generale abbiamo visto che i grafici del campo elettrico del
modo TM 011 erano tanto migliori quanto meno ci allontanavamo
da tale valore di β.
Il secondo passo verso una misura quantitativa è stato quello di
determinare il β da cui ricavare il k steele per il nostro cannone
ibrido. Purtroppo il valore ricavato esprime un marcato
sottoaccoppiamento e ciò costituiva un pericolo per l’attendibilità
della misura, ampiamente confermato dal grafico finale.
Per avere un’idea dell’errore commesso abbiamo cercato anche
i valori delle impedenze serie longitudinali. Il valore della
longitudinal series impedance ottenuto dalle misure è,
contrariamente alle nostre previsioni, inferiore a quello delle
simulazioni e addirittura di un fattore 4.
Questo significa che in futuro si dovrà rivedere il processo di
calibrazione dell’oggettino
79
Bibliografia
[1] B.O’Shea, J.Rosenzweig, L.Ficcadenti, A.Mostacci,
L.Palumbo et al. RF design of the UCLA/INFN hybrid SW/TW
photoinjector, 2006
[2] L.Ficcadenti, A.Mostacci, L.Palumbo, B.O’Shea,
J.Rosenzweig et al. The design of a hybrid photoinjector for
high brightness beam applications, 2006
[3] B.O’Shea, J.Rosenzweig, A.Mostacci, L.Palumbo et al.
Beam dynamics in a hybrid SW/TW photoinjector
[4] J.Rosenzweig. Comunicazione privata
[5] C.W.Steele. A nonresonant perturbation theory. IEEE
transaction, 1966
[6] A.Mostacci. Comunicazione privata
[7] P.Lampariello, G.Gerosa. Lezioni di campi elettromagnetici.
Edizioni Ingegneria 2000, Roma, 1995
[8] H.Henke. Basic concepts I and II.
[9] H.Klein, F.Caspers. Basic concepts I and II.
[10] T.Wangler. RF linear accelerator. J.Wiley & sons, Inc.,
Canada, 1998
80
[11] E.Ginzton. Microwave measurements. McGraw-Hill Book
Co., Inc., New York, 1957
[12] D.Santarelli. Progetto di un fotoiniettore ibrido in banda S.
Tesi di Laurea, Roma, 2005
[13] G.Caretti. Progetto di un cannone ibrido a RF in banda X.
Tesi di Laurea, Roma, 2004
[14] D.Giacopello. Caratterizzazione sperimentale di una
sezione acceleratrice in banda X. Tesi di Laurea, Roma, 2005
81
Ringraziamenti
Queste saranno probabilmente le pagine più difficili da scrivere
di tutto il volume quindi per cominciare vi racconterò un aneddoto.
Era novembre e non avevo ancora sostenuto l’ultimo esame,
Elettronica II. Contemporaneamente volevo iniziare la tesi per
poter laurearmi a febbraio. Un giorno incontro il mio relatore e gli
spiego la situazione. La sua risposta, e non la scorderò mai, fu: “Se
non superi Elettronica II non esci a febbraio, se non ti assegno la
tesi non esci a febbraio perciò ti do la tesi”. Con questa frase,
oserei dire salomonica, è partito un lavoro mediante il quale mi
appresto a ricevere il titolo di Ingegnere. Per questi motivi,
soprattutto la fiducia che mi sono sentito accordare a priori, un
profondo grazie al prof. Luigi Palumbo.
Nello svolgimento della tesi sono poi stati fondamentali il mio
correlatore, dott. Luca Ficcadenti, ed il dott. Andrea Mostacci che
con le loro spiegazioni ed i loro consigli hanno indirizzato la mia
ricerca. A loro un grazie per la pazienza e la disponibilità espresse
nei miei confronti tra lezioni, ricevimenti, esami, turni all’INFN,
etc. Nel LAR mi sono sentito come a casa mia.
Al di là dei discorsi didattici, raramente una persona che
raggiunge un traguardo importante, come può essere una prima
laurea, vi arriva esclusivamente con le proprie forze. Infatti
l’ambiente in cui viviamo e le persone che frequentiamo sono
spesso decisivi nel darci i mezzi e la convinzione per realizzare i
nostri obiettivi.
In questo senso ritengo di essere stato molto fortunato perché
Dio ha messo sulla mia strada gente magnifica, spesso di un livello
ampiamente superiore alla media.
Un meritatissimo ringraziamento va alla mia “famiglia”, da
intendersi in senso lato come nella migliore tradizione della terra
dove sono nato, la Sicilia, che per me ha fatto sacrifici incredibili
consentendomi di vivere e studiare in una città prestigiosa come
Roma. So che queste parole sono poco ma a volte la carta è debole
quando ciò che nasconde è così immensamente grande.
Un altro grazie è invece per i miei amici, presenti dappertutto
ed in ogni situazione, che sono stati per me un punto di riferimento
82
nelle situazioni di vita. Tra i tanti volevo citare quelli che io
considero miei “fratelli” ovvero Nicola, Daniele ed Alessandro.
Agli ultimi due, con cui ho anche avuto il piacere di condividere
gli studi, un sentito grazie anche per tutto il materiale didattico che
mi hanno spesso e volentieri prestato. Inoltre non va scordato
Gabriele che mi ha garantito il suo preziosissimo e tempestivo
aiuto informatico.
Anche per quanto riguarda le ragazze la fortuna mi ha assistito
facendomi conoscere delle ragazze straniere come Nuria, Anna ed
Elena che sento lontane solo geograficamente ma che a livello
umano sono sempre qui con me. E’ un piacere ed un privilegio
avere a che fare con donne di questo livello.
Ancora, volevo ricordare tutti gli insegnanti del passato che mi
hanno messo nelle migliori condizioni per affrontare un percorso
di studi così difficile come l’Ingegneria Elettronica. Qui non posso
davvero fare nomi perché ne dovrei scrivere troppi e dunque
estendo un grazie comune a tutti loro.
Un altro tassello della mia vita con il quale raggiungo la Laurea
è stato lo splendido lavoro che ho svolto parallelamente
all’università. Fare lo speedy-boy è stata un’altra scuola, una
scuola di vita. A tal proposito grazie al sign. Maurizio Valentini
con il quale collaboro da circa cinque anni e mezzo e a tutti i
ragazzi della mia pizzeria.
Rimanendo in tema voglio rivolgere un ringraziamento
speciale al mio motorino, che io considero ormai quasi una
persona, utile nello studio, nel lavoro e nella vita quotidiana.
Insieme abbiamo vissuto momenti di tutti i tipi e nelle difficoltà ci
siamo sempre rialzati insieme. Chi mi conosce bene sa quale è la
sua importanza nella mia vita.
Il discorso sui motori conduce automaticamente a Valentino
Rossi, che con le sue imprese e la sua tenacia mi ha impartito
concretamente insegnamenti umani – scegliersi la squadra e
portarla avanti – e professionali – non sempre chi parte
svantaggiato è tagliato fuori dalla vittoria finale perché le
motivazioni interiori e le capacità di un uomo possono davvero
dargli quel plus con cui fare la differenza – da applicarsi a
qualunque età e contesto. In realtà da lui ho appreso molto di più
ma sarebbe un’altra tesi… e questa mi pare già abbastanza!
Semplicemente grazie,
Antonino
83
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