PARTE QUARTA: CENNI
DI ONCOLOGIA
U.O. Medicina Interna,
Ospedale di Ceva,
ASL CN1
Dr. M. Berardi
[RACCOLTA DI RIFLESSIONI SULLA TERMINALITÀ IN
UN REPARTO DI MEDICINA INTERNA ]
ASL CN1 Piemonte
Parte quarta: cenni di oncologia
S.C Medicina Interna
Ceva
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1
BIOLOGIA MOLECOLARE DELLA CANCEROGENESI
124
2
SCREENING NELLE MALATTIE NEOPLASTICHE
125
3
MARCATORI NEOPLASTICI
126
4
CHEMIOTERAPIA (CURATIVA, ADIUVANTE E PALLIATIVA)
126
5
I BIG KILLERS
127
NEOPLASIA POLMONARE
127
NEOPLASIA DEL COLON
128
NEOPLASIA MAMMARIA
129
NEOPLASIA PROSTATICA
129
6
130
NEOPLASIE CON INCIDENZA IN RIDUZIONE
NEOPLASIA GASTRICA
130
NEOPLASIA DEL COLLO UTERINO
130
7
131
NEOPLASIE CON INCIDENZA IN AUMENTO
NEOPLASIA DEL PANCREAS
131
MELANOMA
131
8
NEOPLASIE RARE
131
9
NEOPLASIE NELL’ ANZIANO
132
10
FATTORI PROGNOSTICI
132
PREVISIONE CLINICA DI SOPRAVVIVENZA (PCS)
132
SINTOMI E PERFORMANCE STATUS
132
INDICI LABORATORISTICI
133
SCORES PROGNOSTICI
133
11
135
TRATTAMENTO PALLIATIVO
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BIOLOGIA MOLECOLARE DELLA CANCEROGENESI
Tutte le cellule dell’ organismo hanno caratteristiche proprie determinate dal patrimonio
genetico, i vari tipi cellulari hanno lo stesso patrimonio genetico ma nel corso dello
sviluppo ogni cellula impara ad esprimere solo i geni giusti al momento giusto. La cellula
neoplastica è una cellula che legge il proprio patrimonio genetico in modo errato, in
particolare tornando ad esprimere geni feto-embrionali. Non a casi i marker più noti sono
il l’ antigene carcino-embrionale e l’ alfa feto proteina.
La cellula neoplastica grazie a questi geni riacquisice le caratteristiche tipiche delle fasi di
sviluppo ovvero l’ invasività, la mobilità (metastatizzazione) e la neoangiogenesi.
Tutte le cellule normali esprimono in superficie migliaia di recettori di vario tipo che
hanno il compito di ricevere informazioni grazie a messaggeri specifici. I vari messaggeri
possono essere distinti in endocrini (ormoni prodotti dalle ghiandole dell’ organismo),
paracrini (proteine prodotte da cellule vicine) ed autocrini (proteine prodotte dalla stessa
cellula). Quando il recettore ha legato il proprio messaggero cambia conformazione e
diviene capace di ritrasmettere l’ informazione attraverso una catena di secondi
messaggeri fino al nucleo. L’ effetto finale è l’ espressione di geni specifici con
conseguente formazione di proteine.
Il sistema dei secondi messaggeri è costituito come una rete (un singolo secondo
messaggero può essere comune a varie vie di trasmissione dell’ informazione), questo è
un meccanismo protettivo ma per quanto riguarda le cellule neoplastiche rende
complesso il trattamento.
Una cellula diviene neoplastica per
a)
Eccesso di stimolazione da parte di messaggeri
b)
Maggiore espressione di specifici recettori per amplificazione genica
c)
Mutazioni di proteine strategiche delle vie di trasmissione (recettore o secondi
messaggeri)
d)
Deficit dei sistemi di riparazione del DNA
e)
Deficit di risposta immune.
Nel caso dell’ eccesso di stimolazione rientra sicuramente l’ effetto degli estrogeni sullo
sviluppo del tumore mammario. L’ eccesso di stimolazione nella nostra società dipende da
pubertà precoce (eccesso di stimolazioni del sistema talamico con più rapida
maturazione, cibi carnei arricchiti con estrogeni?), ridotto numero di gravidanze, periodi
di allattamento più brevi, ritardata menopausa (farmacologica o per eccesso di grasso con
conseguente eccesso di aromatasi).
Molti tumori, tra i quali nuovamente la mammella, presentano inoltre insulin like
receptor, si tratta di recettori stimolati dall’ insulina in grado di favorire lo sviluppo
cellulare. L’ eccesso di insulina tipico della dieta con vari spuntini fuori pasto o derivato
dall’ eccessiva stimolazione per dieta ricca di zuccheri a rapido assorbimento favorisce lo
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sviluppo di neoplasie (in questo senso una dieta equilibrata ed un buon esercizio fisico
sono protettivi).
La sovraespressione recettoriale per amplificazione genica è nuovamente visibile nel
tumore della mammella, il recettore coinvolto è il cERB che lega un fattore di crescita. La
diagnosi di amplificazione genica può essere eseguita con tecnica immunoistochimica
seguita, se il risultato è dubbio, da FISH o CISH.
Tra le mutazioni delle proteine strategiche si ricordano le mutazioni recettoriali a carico
ad esempio dello stesso cERB.
Esempio di deficit dei meccanismi di riparazione del DNA si possono evidenziare nello
xeroterma pigmentoso e la S. Linch.
Esempi di deficit di controllo immunologico si evidenziano nei pazienti con AIDS.
Di fatto se una minima parte delle neoplasie può essere spiegata da alterazioni genetiche
ereditarie (alcuni difetti nel sistema di riparazione del DNA), la maggior parte vede in
agenti mutageni ambientali (con cui si viene a contatto volontariamente o
involontariamente es. derivati del fumo di sigaretta, raggi UV, conservanti alimentari,
erbicidi, ecc) o in cattive abitudini di vita (vita sedentaria, dieta occidentale) la causa della
malattia.
Lo sviluppo di neoplasia è comunque un processo a più gradini, sono necessari minimo 4
eventi e tra questi devono essere presenti mutazioni di geni per proteine strategiche.
Questo rende conto del fatto che le neoplasie si sviluppano più facilmente nei tessuti con
rapido turn over cellulare (più moltiplicazioni cellulari, più copie del DNA, più possibili
errori).
E’ possibile identificare 2 grosse classi di geni definite oncogeni e antioncogeni, fanno
parte del primo gruppo alcuni geni che se mutati producono proteine alterate in grado di
favorire lo sviluppo di neoplasia, al secondo gruppo appartengono geni che se mutati
smettono di produrre specifiche proteine che normalmente inibiscono lo sviluppo di
neoplasie (è questo il caso dei geni per l’ apoptosi).
Nel nostro DNA sono presenti 2 copie identiche di ogni gene, ne consegue che nel caso
degli oncogeni basta la mutazione di un solo gene per avere il prodotto alterato, nel caso
degli antioncogeni è necessaria la mutazione di entrambe le copie dei geni per perdere la
proteina strategica.
2
SCREENING NELLE MALATTIE NEOPLASTICHE
Uno screening è valido quando tra chi esegue l’ esame e chi non lo esegue esiste una
differenza di sopravvivenza reale, un possibile errore di interpretazione può derivare dal
bias di diagnosi anticipata. Questo si verifica quando la sopravvivenza reale non è
aumentata realmente ma appare aumentata solo per effetto di una diagnosi precoce. Di
fatto ad oggi è efficace l’ esecuzione di mammografia e RSO o colonscopia rispettivamente
per neoplasia mammaria e colonrettale, non valida la determinazione dei livelli di PSA per
la prostata, non esistente screening per il tumore del polmone.
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MARCATORI NEOPLASTICI
Il marcatore neoplastico ideale dovrebbe sempre essere presente solo nei pazienti
neoplastici, un marcatore così ad oggi non esiste. Tutti gli attuali maker hanno un rumore
di fondo quindi si rende necessario scegliere un cut off per interpretare i risultati. Il livello
di cut off scelto modifica di fatto in n° di FP e FN; un cut off basso determina un maggior
numero di FP ma a questo consegue un numero maggiore di esami diagnostici inutili a
volte fastidiosi o minimamente rischiosi, viceversa un cut off alto incrementa il numero di
falsi negativi con conseguente misconoscimento di pazienti con neoplasie. Il livello dei
marker è inoltre espressione delle dimensioni della neoplasia, di fatto però molti
marcatori sono espressi al alti livelli solo quando la malattia è molto estesa e scarsamente
prodotti dalle neoplasie molto piccole (ad esempio il Ca 15.3 è espresso solo nel 5% delle
neoplasie mammarie al I stadio ed il CEA nel colon è espresso nell’ 80% dei casi solo se la
malattia è già metastatica). Da quanto detto consegue che i markers non si possono
utilizzare a scopo diagnostico.
I marker sono utili nel follow up postoperatorio per valutare se l’ intervento è stato
radicale; in caso di intervento radicale si possono utilizzare per identificare una ripresa di
malattia a distanza solo per le neoplasie suscettibili di trattamento chirurgico delle
metastasi (es. colon)
In corso di trattamento chemioterapico (quindi per neoplasie già metastatiche) i
marcatori nel follow up diventano meno utili.
4
CHEMIOTERAPIA (CURATIVA, ADIUVANTE E PALLIATIVA)
La chemioterapia curativa si basa su un insieme di farmaci che vengono somministrati
nei tumori al fine di rendere più complessa la moltiplicazione cellulare rallentando l’
evoluzione di malattia.
Si parla di chemioterapia adiuvante quando viene eseguita nel post operatorio al fine di
abbattere le ricadute a distanza.
La chemioterapia adiuvante non dovrebbe essere consigliata per tutte le neoplasie, poiché
la sua efficacia in termini di aumento della sopravvivenza è legata alla probabilità di
ricaduta.
Ipotizziamo un trattamento chemioterapico con mortalità del 6% e capacità di abbattere
le ricadute del 50%, applichiamo il modello ad una neoplasia con ricadute nell’ 80% dei
casi
Supponiamo di operare radicalmente 100 pazienti, di questi 80 ricadranno, la
chemioterapia adiuvante sarà utile in 40 pazienti dei 100 trattati è moriranno per il
trattamento 6 pazienti.
Pensiamo invece ad una neoplasia con ricadute nel 10% dei casi
Operando 100 pazienti, di questi 10 ricadranno e la chemioterapia adiuvante sarà efficace
in 5 pazienti, nel frattempo ne saranno morti 6 per la chemio.
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L’ uso della chemioterapia con il solo scopo di sedare un sintomo (es dolore) rientra nella
definizione di chemioterapia palliativa.
Tutti i tessuti sono sensibili alla chemioterapia e soprattutto quelli con rapido turn over
cellulare.
L’ effetto sul midollo osseo è la pancitopenia con possibili complicanze infettive, quello sul
tubo digerente sono le mucositi della cavità orale, gastrite, esofagite tutte molto dolorose,
enterocoliti che a volte causa diarrea a rischio di vita. Sul bulbo capillifero la
chemioterapia determina alopecia con tutti i risvolti psicologici associati.
Ulteriore problema della chemioterapia è il suo effetto tossico, questo è percepito sul
chemoreceptor trigger zone che scatena nausea e vomito (si tratta di fatto di un sistema
protettivo per le intossicazioni alimentari).
Esistono infine tossicità specifiche per singolo organo.
5
I BIG KILLERS
Neoplasia Polmonare
E’ indotta dal fumo di sigaretta ma anche dall’ esposizione ad asbesto, berillio, cadmio,
cromo, benzene. Il fumo è fattore di rischio anche per le alte vie aeree e per la vescica (i
cancerogeni prodotti con la combustione del tabacco vengono escreti con le urine con
conseguente stazionamento in vescica). Il maggiore cancerogeno prodotto dal fumo di
sigaretta è il benzopirene.
Ad oggi non esiste uno screening valido per il tumore del polmone, si tratta inoltre di una
neoplasia a rapida metastatizzazione (massima negli SCLC). Le sedi di metastasi sono
varie (tutto il sangue refluo dal polmone raggiunge il cuore sinistro): linfonodi
mediastinici e sovraclaveari, ossa, fegato, cervello, surreni. Questo elevato rischio di
metastasi fa si che questa spesso siano già presenti al momento della diagnosi e limita
molto la possibilità di intervento chirurgico radicale (sono eleggibili solo il 15-30% dei
pazienti). Ulteriore problema da questo punto di vista è la possibile sovrapposizione di
BPCO che controindica l’ intervento chirurgico per insufficiente funzionalità respiratoria
residua o la presenza di comorbilità cardiovascolari. L’ intervento è inoltre nuovamente
impossibile anche in assenza di metastasi se la neoplasia è localmente estesa o se si trova
a meno di 2 cm dalla carena tracheale.
Alternative non curative all’ intervento chirurgico sono la radioterapia per le forme
localmente estesa e la chemioterapia nelle forme metastatiche anche se non modifica
molto la sopravvivenza (ad 1 anno 25%, a 2 anni 5%).
La situazione è lievemente migliorata dopo introduzione di una terapia target con un antiEGFR, il farmaco è utilizzabile però solo nei pazienti in cui è stata identificata la
mutazione per l’ EGFR
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Quanto descritto implica che i pazienti con neoplasia polmonare sono ad elevatissimo
carico palliativo, sono infatti i pazienti con maggior numero di sintomi da controllare
(fatigue, cachessia, tosse, dispnea, dolore, disturbi cognitivi, ecc), questo li rende spesso
candidati alla sedazione terminale.
Neoplasia del colon
Presenta fattori di rischio alimentari, in particolare sembra implicata la dieta occidentale
ricca di calorie, zuccheri a rapido assorbimento e grassi animali. La stipsi aumenta il
tempo di esposizione della mucosa colica ai cancerogeni è quindi da considerarsi un altro
fattore favorente, il moto in questo senso è protettivo poiché oltre a limitare i picchi di
insulina favorisce la regolarità intestinale. La bile sembra induttiva di cancerogenesi
quindi andrebbero evitati anche gli spuntini fuori pasto. Patologia infiammatoria croniche
(in particolare la rettocolite ulcerosa), favoriscono la cancerogenesi per maggiore
replicazione cellulare nel tentativo di riparare i danni e per parziale immunodeficienza
legata alla genesi autoimmune della patologia. Si devono infine ricordare neoplasie su
base ereditaria, è il caso dei pazienti con poliposo intestinale e S. di Linch.
Il tumore del colon presenta uno screening efficace per mezzo della ricerca del sangue
occulto e la colonscopia. Per la regione Piemonte lo screening inizia dai 57 anni con l’
esecuzione di una singola colonscopia seguita da RSO annuale.
Il trattamento chirurgico ad oggi è sempre meno demolitivo, se la lesione è molto bassa è
però ancora oggi necessario eseguire il confezionamento di un ano artificiale con
conseguente scarsa qualità di vita. L’ uso di che mio e radioterapia preoperatoria consente
comunque di ridurre ulterioremente il ricorso alla stomia.
In caso la neoplasia abbia già interessato i linfonodi (che vanno comunque sempre
asportati), si rende necessaria l’ esecuzione di chemioterapia postchirurgica.
La sede di metastatizzazione più frequente è il fegato raggiunto dal sangue refluo dal
colon attraverso la Vena porta, le lesioni basse attraverso il circolo emorroidario possono
però saltare il fegato e metastatizzare al polmone.
La presenza di metastasi epatiche ed in alcuni pazienti anche di quelle polmonari non
controindica comunque l’ intervento, le metastasi sono infatti a loro volta operabili.
Lo sviluppo di un farmaco target anti EGFR permette comunque una buona sopravvivenza
a 36 mesi anche nei pazienti con neoplasia non operabile.
La palliazione dei pazienti con neoplasia del colon deve tenere conto di sintomi quali
cachessia, anoressia, fatigue, nausea e vomito. Nelle patologie avanzate inoltre può
rendersi evidente un’ ascite da carcinosi peritoneale e un intenso dolore perineale e
tenesmo rettale per recidiva presacrale.
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Neoplasia mammaria
Come già ricordato risente dell’ eccessiva esposizione agli estrogeni esiste però anche una
ereditarietà per mutazioni dei geni BRCA1 e 2. In caso di positività genetica le parenti
della malata dovrebbero sottoporsi a screening già dai 30 anni e per limitare l’
irradiazione dovrebbe essere preferita la mammografia in RM. E’ possibile eseguire uno
screening efficace grazie all’ uso della mammografia ogni 2 anni a partire dai 50 e fino ai
65 anni esistono però ancora dubbi sulla necessità di esame annuale (lo screening può
essere meno efficace nelle neoplasie a progressione rapida) e sulla opportunità di
estenderlo oltre i 65 anni (visto l’ allungamento della vita media). La terapia chirurgica un
tempo molto demolitiva (mastectomia + svuotamento del cavo ascellare), oggi può essere
più conservativa, è sufficiente infatti una quadrantectomia seguita da irradiazione. L’
intervento prevede anche l’ inoculo in sede di lesione di un tracciante che permette di
identificare il linfonodo ascellare sentinella che viene asportato ed analizzato. In caso
risulti negativo la probabilità che altri linfonodi ascellari siano positivi è solo del 5% e
quindi non si esegue la dissezione ascellare, viceversa se il linfonodo sentinella è positivo
si esegue la dissezione ascellare ma solo con fine prognostico (maggiore è il n° di
linfonodi positivi maggiore è la aggressività della malattia). Altri indici biologici di
aggressività sono la determinazione del recettore per gli estrogeni, per ERB B2 ed il K67
positivo. La presenza di recettori per estrogeni e ERB B2 indica una risposta positiva al
trattamento ma dal punto di vista prognostico la presenza di recettore per gli estrogeni ha
significato positivo mentre quella di ERB B2 lo ha negativo.
Anche per la mammella come per il colon è utile una chemioterapia adiuvante da
eseguire per 4-9 mesi, la neoplasia si giova inoltre della terapia ormonale. In
premenopausa questa viene indotta con somministrazione di LHRH o tamoxifene (con
lieve incremento del rischio per neoplasia uterina e riduzione del rischio di osteoporosi).
Nella postmenopausa, al fine di bloccare anche gli estrogeni derivati dagli ormoni
surrenalici dopo trasformazione per mezzo dell’ aromatasi, si utilizzano farmaci
antiaromatasici (con lieve incremento del rischio di osteoporosi).
La matastatizzazione avviene soprattutto a livello osseo con conseguente alto rischio di
fratture, crollo vertebrale (con possibile compressione midollare) e dolore. L’ uso della
scintigrafia ossea per l’ identificazione precoce delle metastasi è di fatto poco utile poiché
non modifica l’ approccio terapeutico meglio invece indagare con attenzione la possibile
presenza di dolore.
Dal punto di vista palliativo diviene piuttosto complesso gestire, se presente, la linfangite
carcinomatosa polmonare con conseguente comparsa di tosse e dispnea.
Neoplasia prostatica
E’ una forma di neoplasia sensibile all’ eccesso di stimolazione androgenica.
Lo screening per mezzo del PSA non sembra utile, la maggior parte delle neoplasie
prostatiche infatti è minimamente metastatizzante, il tumore non è quindi in massima
parte mortale.
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Il riscontro di PSA elevato non specifico per neoplasia, rende però necessaria l’ esecuzione
di ecografia tranrettale in caso venga identificata una lesione sarà possibile eseguire una
singola biopsia, ma in caso non venga evidenziata alcuna lesione sarà necessario eseguire
il mappaggio prostatico che consta di circa 14 biopsie.
In caso di positività istologica il successivo approccio dipende dalla valutazione del
punteggio Gleason (vedi appendice F); maggiore è il Gleason maggiore è l’ aggressività
della neoplasia. Se il Gleason è basso si può semplicemente tenere sotto controllo il
paziente, in caso di Gleason alto si dovrà scegliere se eseguire la prostatectomia totale o la
radioterapia.
Prostatectomia e RT hanno stessa efficacia esistono però rischi specifici per ciascuna
metodica. L’ intervento chirurgico è gravato da una certa percentuale di impotenza,
questa può essere evitata dall’ intervento nerve sparing che però non sempre è
applicabile. Secondo rischio connesso alla prostatectomia è l’ incontinenza spesso
temporanea, permanente nel 2-4% dei casi.
Il rischio maggiore legato alla RT è la comparsa di proctite spesso temporanea ma in
alcuni casi cronica che comporta intenso dolore alla defecazione.
Nei rari casi di metastatizzazione ossera buona metodica in grado di rallentare la
progressione di malattia è la terapia ormonale per mezzo di LHRH (castrazione
farmacologia) se associata ad un antiandrogeno si parla di blocco androgenico totale
6
NEOPLASIE CON INCIDENZA IN RIDUZIONE
Neoplasia gastrica
La sua minore incidenza è legata all’ uso meno frequente di nitriti e nitrati per conservare
gli alimenti, permane elevata l' incidenza nelle popolazioni che consumano molta carne
cotta alla brace con conseguente produzione di benzopirene. Anche se in riduzione i casi
risultano più giovanili e maggiormente localizzati alla giunzione esofago-gastrica
probabilmente poiché indotti dal reflusso gastroesofageo.
Neoplasia del collo uterino
Molto ridotta dopo l’ introduzione dello screening tramite paptest e dopo il
miglioramento dell’ igiene personale (si correla all’ infezione da papillomavirus). Ancora
da valutare l’ impatto della vaccinazione per papillomavirus in atto da alcuni anni.
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NEOPLASIE CON INCIDENZA IN AUMENTO
Neoplasia del pancreas
E’ ampiamente correlata alla alimentazione occidentale, quando si diagnostica ha solo
minime possibilità di essere operabile (10% dei casi), metastatizza inoltre rapidamente al
fegato. Tutte questa caratteristiche riducono la prospettiva di vita a soli 6 mesi dopo la
diagnosi. Costituisce un grosso problema palliativo per il dolore addominale scarsamente
controllabile che può rendere necessaria l’ alcoolizzazione del tripode celiaco. La
neoplasia si correla ad elevata produzione di citochine che condizionano il dolore (l’ uso
in questi casi di antinfiammatori può quindi essere utile), determinano inoltre cachessia
ed anoressia (sostenute anche dal ridotto intake alimentare a causa delle esacerbazioni di
dolore dopo il pasto) e si associano al elevata probabilità di depressione (in alcuni casi 1°
sintomo di malattia).
Melanoma
Deriva dalla trasformazione dei nevi, quelli maggiormente a rischio sono quelli che vanno
in contro a sfregamento. Si tratta di una neoplasia favorita dalla luce solare anche se in
minor misura rispetto agli altri tumori cutanei. Ben aggredibile chirurgicamente e
guaribile se non si è approfondito nel derma, minimamente trattabile se diffuso. Da
questo consegue la necessità di fare vedere i nevi che modificano le proprie
caratteristiche.
8
NEOPLASIE RARE
Esistono neoplasie rare ma che, se prese globalmente rappresentano il 10-15% di tutti i
tumori. Tra questi vale la pena ricordare i sarcomi (osteo-, condro-, leiomio-, ecc). Si tratta
di neoplasie rare poiché originano da tessuti con basso turn over.
In caso di massa sottocutanea sospette è importante pensarci per eseguire la giusta
procedura diagnostica. L’ approccio chirurgico prevede infatti di asportare
completamente anche i tessuti attraverso cui si è creata la breccia per eseguire la biopsia,
se questa è fatta in modo non consono l’ interveto può diventare molto demolitivo. Il
trattamento andrebbe comunque eseguito in centri ad elevata specializzazione.
Possono rappresentare in caso di recidiva un grosso problema palliativo dal momento che
si tratta di pazienti giovani (origine dalla cellule staminali con grossa componente
genetica) con alle spalle interventi demolitivi (a volte amputazioni) ed un lungo percorso
riabilitativo.
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NEOPLASIE NELL’ ANZIANO
Nell’ anziano per sottostima dei sintomi c’è in genere un grosso ritardo diagnostico (6-9
mesi). Vale la pena ricordare che molte neoplasie (in particolare colon e mammella) sono
ben trattabili anche se in età avanzata.
Negli anziani però vanno studiati percorsi diagnostici specifici (anche la semplice
preparazione per la colonscopia deve essere eseguita con attenzione) tenendo conto che
ogni spostamento è a rischio di caduta e quindi di fratture e che il soggiorno in ambienti
ospedalieri è fortemente associato alla comparsa di disorientamento.
10 FATTORI PROGNOSTICI
Il fattore prognostico è un indicatore in grado di quantificare l’ attesa di vita di un
paziente in una determinata fase di una malattia. Nel paziente oncologico terminale
questo indicatore assume una importanza cruciale al fine eseguire una corretta
pianificazione assistenziale/terapeutica.
Previsione clinica di sopravvivenza (PCS)
Si tratta della semplice previsione posta dal medico osservando il paziente, nel complesso,
per quanto non accurata e fortemente dipendente dall’ esperienza del singolo operatore e
dal rapporto medico/paziente pre-esistente, è stata validata come fattore prognostico.
La PCS in media si dimostra corretta nel 20-30% dei casi con una tendenza alla
sovrastima che raggiunge circa il 60% dei casi.
Sintomi e performance status
L’ impatto dei sintomi sull’ attesa di vita di un paziente terminale è estremamente
complesso, particolarmente importanti sembrano sintomi generali quali l’
anoressia/cachessia, la dispnea e lo stato di agitazione; meno utile è la valutazione del
tipo di malattia neoplastica, della sua estensione e le sedi di interessamento di organo.
Il performance status del paziente misurato secondo Kernofsky è solo in parte correlato
alla presenza di sintomi è si è dimostrato un fattore prognostico indipendente.
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Tabella 1: Karnofsky performance status
Capace di esplicare attività
normale e di lavorare. Non
necessaria alcuna
particolare assistenza
Incapace di attività
lavorativa. In grado di
vivere a casa e di occuparsi
delle proprie necessità
personali. E’ richiesto un
certo grado di assistenza
Incapace di accudire a se.
Progressione rapida di
malattia
100
Normale, non segni e sintomi.
90
Svolgimento di normali attività con difficoltà
lieve. Lievi segni e sintomi di malattia.
80
Attività normale con sforzo. Alcuni segni e
sintomi di malattia.
70
Inabile ad una normale attività e lavoro.
Autosufficiente per la cura personale
60
Necessità di interventi sanitari saltuari. Non
indicazioni al ricovero se non per motivi
assistenziali
50
Necessità di interventi sanitari
medico/infermieristici frequenti e considerevole
assistenza
40
Costretto a letto per più del 50% della giornata.
Richiede assistenza e cure speciali
30
Condizioni gravi, indicata l’ ospedalizzazione
anche se la morte non è imminente
20
Condizioni molto gravi, necessaria
ospedalizzazione ed una terapia di supporto
intensiva
10
Rapida progressione di processi biologici mortali
Indici laboratoristici
Unici parametri con un certo significato prognostico sono la leucocitosi, la linfocitopenia e
il dosaggio della PCR. In particolare vengono utilizzati come parte di score prognostici.
Scores prognostici
Sono strumenti che, sulla base di parametri vari, permettono di ottenere un punteggio a
cui si attribuisce un certo significato prognostico. Attualmente sono il gold standard per
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la caratterizzazione prognostica del malato oncologico terminale; lo score maggiormente
impiegato è il Palliative Prognostic Score (PaP Score, tabella 2). Il punteggio PaP tiene conto di
6 parametri è permette di etichettare il paziente in 3 categorie riguardo la probabilità di
sopravvivenza a 30 giorni:
Tabella 2: PaP Score
Parametro
Criterio
Score Parziale
Dispnea
si/no
1/0
Anoressia
si/no
1.5/0
> 50
0
30-40
0
10-20
2.5
>12
0
11-12
2
9-10
2.5
7-8
2.5
5-6
4.5
3-4
6
1-2
8.5
4800-8500
0
8501-11000
0.5
>11000
1.5
20-40%
0
12-19.9%
1
0-11.9%
2.5
Karnofsky performance status
PCS (settimane)
Leucociti/mm3
Linfocitosi (%)
totale
0.5-5
probabilità di sopravvivenza a 30 giorni > 70%
5.6-11
probabilità di sopravvivenza a 30 giorni tra 30 e 70%
11.1-17.5
probabilità di sopravvivenza a 30 giorni < 30%
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11 TRATTAMENTO PALLIATIVO
Il paziente oncologico prevede un trattamento palliativo complesso che tenga conto di
vari sintomi in particolare di dolore, sintomi respiratori, sintomi gastroenterici, sintomi
psichici. Per informazioni più precise sul trattamento dei singoli sintomi fare riferimento
alla parte seconda.
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