PUSC – TESTO PROVVISORIO del XX Convegno della Facoltà di Filosofia 2012
Abstract of the paper of Lucia Urbani Ulivi
Consciousness, self-consciousness, and human person from the systemic viewpoint.
A dialogue between philosophy and neuroscience
There are important relations between sciences and philosophy, although their objects are different.
Sciences elaborate theories that can be controlled with experiments, philosophy accepts also the
existence of validities which cannot be controlled empirically. But often sciences include in their
research programmes a philosophical viewpoint and philosophy assumes some scientific theory of
the world. One must consider philosophy as a meta-level of knowledge, sciences as a lower level
(in the systemic sense of “lower”).
Philosophical theories of human person have more consistent grounds if they accept some
important results of the neurosciences: the plasticity of the brain, the unity of body, emotion and
thought, the mirror neurons as the basis of empathy and social behaviour.
Systemic approach tells that a system in his unity has properties that its parts don’t have,
suggesting that the new properties emerge from the relations between parts, not from the parts.
“Consciousness” can be considered one emerging property of the living, self-consciousness one
emerging property of the human being.
A more complete philosophical theory of the human person including contribution from
neurosciences and systemic approach will strongly argue in favour of the unity of human being and
of01 his dependence from a principle of activity which classical metaphysics had called “soul” or
“nature” or “essence” or “substantial form” or “entelechia”.
SCHEMA
1. Scienze e filosofia
Le scienze: oggetti e livello di conoscenza
La filosofia: oggetto e livello di conoscenza
Relazioni e interferenze tra scienze e filosofia: auspicabili e da evitare
2. Neuroscienze: scoperte significative
Edelman: il cervello è un organo plastico. La conoscenza determina il mondo
Damasio: corpo, emozioni, ragione alta si integrano nell’essere umano
Rizzolatti: la percezione è attività riproduttiva e la socialità è originaria
3. Approccio sistemico
Il metodo analitico va completato con l’approccio sistemico
Che cosa vuol dire che un oggetto è un sistema
Teoria formale dei sistemi (sistemica) e contributi disciplinari (fisica teorica, biologia,
epistemologia, metafisica della sostanza)
4. Antropologia filosofica
Meta-livello che assume neuroscienze e approccio sistemico come livello-oggetto
Gli esseri umani come sistemi irriducibilmente complessi
Persona umana unitaria, con comportamenti studiati da diverse discipline, animata da un unico
principio di attività.
Recupero e completamento teorico di prospettive metafisiche classiche: Aristotele e Tommaso
d’Aquino
Coscienza e autocoscienza
Coscienza, autocoscienza e persona umana dal punto di vista sistemico.
Un dialogo tra filosofia e neuroscienze
- 1/10 -
PUSC – TESTO PROVVISORIO del XX Convegno della Facoltà di Filosofia 2012
Interrogativi filosofici sull'identità personale. Il contributo delle neuroscienze: coscienza,
autocoscienza e persona umana dal punto di vista sistemico
Lucia Urbani Ulivi
Il mio intervento si articolerà in tre nodi tematici, lasciando alla discussione l’approfondimento di
molte questioni che qui sarà solo possibile sfiorare.
Primo punto: c’è un rapporto tra la filosofia e le discipline scientifiche, in particolare tra
antropologia filosofica e neuroscienze, e, se c’è, come va pensato?
Secondo punto: in che cosa consiste l’approccio sistemico, quali ne siano gli antecedenti storici e
come renda più completa la nostra comprensione della realtà.
Terzo punto: come vada ripensata l’antropologia filosofica se tiene conto e valorizza i contributi
delle neuroscienze e l’approccio sistemico.
Concluderò con una revisione lessicale e concettuale dei termini “coscienza” e “autocoscienza”.
1. 1 Rapporto filosofia-scienze
Si tratta di un tema intricato, spinoso, dibattuto nel corso degli ultimi cento anni da autorevoli
interlocutori. E’ una questione che ha interessato per lo più i filosofi, preoccupati di attribuire
all’umano conoscere in tutte le sue declinazioni un oggetto e dei confini. Oggi entrano in campo
anche gli scienziati, in particolare i fisici teorici, per i quali gli aspetti interpretativi delle teorie
proposte diventano parte della teoria stessa o sono necessari per una sua comprensione. I vecchi
schemi non sono più adeguati e occorre riconsiderare l’intera questione quanto meno al fine di
facilitare la reciproca comprensione di filosofi e scienziati e il passaggio e arricchimento di
conoscenze da un ambito all’altro. Occorre dunque riconoscere e salvaguardare l’identità e oggetto
proprio sia della filosofia che delle scienze, e dunque la indipendenza di ambito di ricerca, metodo,
definizione dei risultati; ma occorre anche riconoscere quei legami e quelle influenze che nel corso
del pensiero sia filosofico che scientifico hanno legato con molte relazioni i due grandi comparti del
sapere.
Il paradigma della separazione tra filosofia e scienze non è più sostenibile: anche la filosofia che
più si pensa indipendente dalle scienze in realtà finisce per includere una visione scientifica
(pensiamo a quanto la concezione kantiana di spazio e tempo come trascendentali sia debitrice della
teoria newtoniana dello spazio e tempo assoluti), di solito quella del momento; sappiamo anche che
il fare scientifico è sorretto anche da tesi filosofiche o da assunti cripto-filosofici di senso comune
che entrano e talvolta guidano e orientano i programmi di ricerca scientifici (esempi recenti sono il
progetto dell’Intelligenza Artificiale Forte che ha adottata l’equiparazione della ragione alla logica;
la medicina occidentale classica che vede il corpo come una macchina fisico-chimica autonoma).
(1)
Ci troviamo di fronte al duplice, impegnativo compito da un lato di riconoscere e giustificare
l’autonomia di ciascuna disciplina, sia scientifica che umanistica, dall’altro di rendere conto del
fatto documentato che la filosofia e le scienze non si muovono su ipotetici piani paralleli, ma
intrattengono rapporti di interazione, scambio, influenza. Occorre dunque riprendere e reimpostare
l’intera questione dei rapporti tra filosofia e scienze.
L’ipotesi di lavoro che propongo è di dare una collocazione gerarchica (anticipando e sfruttando
una teoria sistemica della conoscenza) ai diversi ambiti dell’umano conoscere, anziché considerarli
come complanari e quasi-indipendenti.
Nell’assetto gerarchico del conoscere troviamo a un primo livello di acquisizione cognitiva i dati
sensoriali, grezzi e ordinari, ma già carichi di teoria. (2) A un livello più alto vanno collocate le
scienze, che accumulano dati sperimentali a integrazione e correzione di quelli sensoriali e li
organizzano in teorie: si pongono a un meta-livello rispetto al livello sensoriale. La filosofia passa
di livello rispetto alle scienze: riflette sul dominio oggettivo descritto dalle scienze e si colloca su
un piano meta-scientifico. I diversi livelli appartengono tutti allo stesso sistema del conoscere,
dunque intrattengono rapporti di relazione e di interferenza. Se ora ci collochiamo al livello del
filosofo dobbiamo riconoscere che la filosofia, pur collocata a un meta-livello rispetto alle scienze,
- 2/10 -
PUSC – TESTO PROVVISORIO del XX Convegno della Facoltà di Filosofia 2012
trae anche dalle scienze il suo sapere sul mondo. E’ lavorando su tale base oggettiva che il filosofo
avanza problemi, saggia ipotesi, elabora proposte teoriche.
E’ dunque importante che il filosofo sia contemporaneo della scienza del suo tempo; il colloquio e
il confronto con lo scienziato gli eviterà di commettere errori scientifici. Mentre il dialogo
interdisciplinare con il filosofo aiuterà lo scienziato a non mettere pezzi di filosofia o di metafisica
non controllati nei suoi programmi di ricerca. Filosofi e scienziati hanno molto da imparare gli uni
dagli altri, da ultimo anche una lezione di umiltà: imparano che nessuna disciplina è può pretendere
di essere del tutto autonoma e indipendente dalle altre e che nel vasto affresco del conoscere
nessuna disciplina ha la parola definitiva né sul suo oggetto, né sul mondo.
1.2 Se ora mettiamo alla prova l’ipotesi proposta sul rapporto tra antropologia filosofica e
neuroscienze, credo che otteniamo alcuni risultati interessanti.
La prima domanda che il filosofo si pone sull’umano è se ci sono motivi perché l’antropologia esca
dalla biologia, che è la domanda posta da Aristotele in De anima. In altre parole: le descrizioni
scientifiche esauriscono la questione antropologica? Tale domanda si colloca a un meta-livello
rispetto alle scienze perché se anche dicessimo che l’antropologia svanisce nella biologia, questa
non sarebbe un’affermazione biologica, ma filosofica (di un certo tipo, cioè riduzionista). Nel metalivello filosofico siamo per così dire “gettati”: ce ne serviamo anche per negarlo. Dunque inutile
insistere sulla questione se l’antropologia filosofica sia o no possibile, utile, necessaria, visto che
comunque in qualche modo la facciamo; meglio chiedersi se oggi le discipline scientifiche hanno da
dirci sull’umano qualcosa che ribalti o corregga la visione ordinaria, sia di terza che di prima
persona, che la filosofia per troppo tempo riferimento ha preso come unico riferimento. La risposta
è senz’altro affermativa; le neuroscienze in particolare costituiscono un comparto disciplinare che
ha accumulato in tempi recenti risultati spettacolari (e spesso fin troppo spettacolarizzati), accumulo
di dati e di teorie che hanno del tutto trasformato la nostra visione dell’essere umano in quanto
essere naturale. Mi riferisco alle ricerche e scoperte di Edelman, di Damasio, di Rizzolatti (se ne
potrebbero aggiungere altri), dai cui studi esce un uomo per molti aspetti “nuovo”. Edelman ha dato
almeno due contributi importanti alle discipline dell’umano: plasticità cerebrale e conoscenza come
attività selettiva. Il cervello non è un organo fisso, una macchina computazionale, ma si modifica e
si struttura, fatti salvi i vincoli di specie, a seconda delle esperienze; è l’esito di una storia personale
fatta di scelte, di ricordi, di rifiuti, di attenzione negata o concessa alle possibilità con cui entriamo
in contatto. Ognuno ha la sua unica, speciale, irripetibile storia, ognuno ha il suo cervello. Il mondo
stesso per Edelman è indeterminato; la conoscenza umana lo determina in quanto seleziona,
specifica, focalizza l’attenzione su certi aspetti e proprietà del mondo, e così facendo ne esclude
numerosi, forse infiniti, altri. Conoscere vuol dire tracciare mappe e categorie esposte a conferme o
smentite, mobili e duttili. Il filosofo impara che la fissità computazionale del modello
meccanicistico della conoscenza non è più sostenibile e che l’asserzione della libertà umana almeno
come libero arbitrio non troverà un immediato ostacolo nella struttura biologica. Certo plasticità
non è ancora libertà. E’ però un riferimento utile, che segnala almeno una compatibilità tra
fisiologia cerebrale e libero arbitrio.
Damasio ha dimostrato che alcuni tratti e comportamenti umani, cioè corpo, emozioni, pensiero,
convergono nel mantenimento dell’individuo operando in modo integrato e sinergico; certamente
l’uomo è diverso dagli altri viventi per le sue capacità di ragione alta (memoria estesa, attenzione,
linguaggio, logica, apprendimento), ma la ragione è incarnata, è sostenuta dal corpo e dalle
emozioni. Le emozioni orientano e sostengono l’attività razionale, il corpo costituisce il riferimento
di base della mente. Corpo, mente, emozioni risultano legate da fitti vincoli di interazione e
interferenza, da connessioni profonde che convergono a realizzare quell’individuo pensante e attivo
che è l’essere umano. Dopo Damasio per il filosofo sarà arduo sostenere posizioni dualistiche: il
corpo come macchina da una parte, la mente nella sua infinita libertà dall’altra, le emozioni non si
sa bene dove. Molto più plausibile l’antica posizione dell’unità dell’essere umano indicata da
Aristotele, ripresa e teorizzata da Tommaso d’Aquino. (3) Damasio ci ha anche invitati a correggere
l’identificazione di ragione e di logica: scoprendo comportamenti logici, ma irrazionali (vedasi
l’ormai celebre caso Cage), ci fa capire che i comportamenti guidati solo dalla logica sono
- 3/10 -
PUSC – TESTO PROVVISORIO del XX Convegno della Facoltà di Filosofia 2012
insufficienti a produrre comportamenti razionali. Il filosofo è invitato a rivedere i concetti di logica
e di ragione, è invitato a ridisegnare i loro rapporti.
I risultati di Rizzolatti e della sua equipe sono molto noti: le aree cerebrali che si attivano quando
facciamo un’azione vengono attivate anche quando vediamo qualcuno fare la stessa azione
attraverso gli ormai celebri “neuroni specchio”. A conferma dell’antica intuizione filosofica che ben
poco è passivo nel conoscere: la conoscenza è sempre un’attività.
Da queste e altre ricerche neuroscientifiche risulta un essere umano come individuo unitario e
complesso, centro integrato di strategie di comprensione, di scelta, con obiettivi che liberamente si
pone, profondamente incarnato in una corporeità tacitamente e profondamente intelligente.
Va detto che una tale descrizione dell’umano non costituisce un riferimento vincolante per il
filosofo; che dal suo meta-livello può tranquillamente ignorare tutto ciò e continuare a costruire
antropologie di ogni genere, rifiutandosi di fare i conti con i risultati sia delle scienze che delle
neuroscienze. Una tale filosofia, praticabile e praticata, paga un prezzo molto alto: spezza il
rapporto con il mondo, diventa completamente autoreferenziale, si priva del radicamento e
riferimento empirico, controlla le sue proposte, che sono idee, con altre idee, senza mai confrontarle
con dati esperienza; si espone a quel fallimento teorico che ha caratterizzato l’antropologia del ‘900.
Ritengo invece che l’esperienza, sensoriale, ma soprattutto scientifica, è il grounding che alla
filosofia non può mancare e che comunque, lo voglia o no, di fatto non le manca; è la strada del
conoscere indicata con chiarezza da Aristotele, ripresa da Tommaso, variamente tradita da correnti
successive. E’ la strada che ritengo più feconda, interessante e dotata di carico informativo per un
filosofo che voglia capire il mondo che lo circonda, sia con i suoi aspetti permanenti e stabili, sia
con quelli soggetti a trasformazioni, ampliamenti e precisazioni storiche.
Perché gli scienziati dovrebbero sedersi con noi ai tavoli interdisciplinari, siano essi convegni, come
questo, o “seminari creativi” come quelli praticati da Frith? Che contributo si aspettano dai filosofi?
Credo che possano ragionevolmente aspettarsi che ricambiamo loro la cortesia: come loro evitano a
noi di commettere errori scientifici, noi possiamo aiutarli a evitare errori filosofici e, soprattutto, a
identificare quanto di filosofico c’è nei loro assunti, progetti, conclusioni. Non che gli scienziati non
debbano fare filosofia, la fanno, come tutti gli esseri umani, ma non devono introdurre mescolanze
di ambiti e livelli, facendo intervenire pezzi di metafisica, o di ontologia, o di etica, nei loro
programmi di ricerca. E’ avvenuto nel passato, continua oggi come cattiva pratica scientifica. Mi
bastano pochi esempi. L’intelligenza artificiale forte era minata dall’assunto filosofico erroneo che
l’intelligenza è riducibile a computazione e che per produrre una macchina intelligente fosse
sufficiente produrre una macchina capace di manipolare simboli secondo regole. Quando Edelman a
più riprese sostiene che la metafisica è falsa non sta facendo un’affermazione scientifica, perché la
scienza non può sostenere che qualcosa di non osservabile è falso. Quando Frith a sua volta
ripetutamente afferma che al mondo c’è solo materia si sta impegnando in ambito filosofico, visto
che non è certo oggetto di prova sperimentale, dunque scientifica, l’esistenza della sola materia. E si
potrebbe continuare. In breve, vorrei mettere in guardia gli scienziati dal non scientifico errore
riduzionistico, che spesso li porta a sostenere che esiste solo ciò che è oggetto di osservazione
sperimentale. Il profilo dell’umano che sta emergendo dalle ricerche neuroscientifiche sembra
smentire, paradossalmente, l’orientamento condiviso e corrente nella comunità scientifica, che per
lo più si dichiara materialista, meccanicista, riduzionista (nelle sue varie declinazioni). Anche su
questo il dialogo con i filosofi può aiutare tutti a rivedere assunti ereditati, non più sostenuti dai
risultati delle ricerche scientifiche; a chiarire lessico e concetti spesso inadeguati.
Non ritengo affatto utile, invece, che i filosofi dettino l’agenda di ricerca agli scienziati e
propongano modelli e metodi di sperimentazione e di controllo: ogni disciplina scientifica ha il suo
statuto epistemologico; quello che vale in fisica non vale in biologia e quello che vale in
paleoantropologia è considerato falso o insufficiente in biologia. La pretesa di stabilire una mathesis
universalis di cartesiana memoria s’ispira a una univocità metodologica tramontata, che è bene non
riproporre.
Direi dunque che il dialogo tra antropologia filosofica e neuroscienze vada pensato e proposto
come un momento di arricchimento, correzione, approfondimento problematico in cui le diverse
- 4/10 -
PUSC – TESTO PROVVISORIO del XX Convegno della Facoltà di Filosofia 2012
competenze possono collaborare nell’affascinante e complesso percorso del conoscere che come
esseri umani ci caratterizza e ci identifica.
2. Approccio sistemico
Le discipline scientifiche cosiddette di base hanno fatto proprio il terzo precetto del Discorso sul
metodo, che prescrive che per conoscere qualcosa è necessario e sufficiente ridurlo ai suoi
costituenti semplici. Hanno introiettato e assunto in un colpo solo il metodo analitico e il
riduzionismo metodologico. Il metodo analitico sostiene che la conoscenza di un oggetto viene
ottenuta attraverso la scomposizione dell’oggetto nei suoi costituenti semplici; il riduzionismo
metodologico afferma che c’è un tipo di conoscenza che esaurisce totalmente la conoscenza di un
oggetto, che è per lo più stata identificata con la scomposizione nei componenti semplici. Tale
approccio attribuisce naturalmente un primato alla fisica, che è la disciplina che rintraccia i
costituenti semplici del mondo fisico, e agisce anche all’interno del suo programma di ricerca
orientandola a cercare i mattoni ultimi della realtà. Idealmente gli oggetti di altre discipline saranno
pienamente compresi nel momento della loro riconduzione e riduzione alle leggi della fisica.
L’approccio analitico ha mietuto grandi successi, ma si è dimostrato incapace di prendere in
considerazione alcune importanti questioni, quali: i fenomeni di ordine e di regolarità presenti nel
mondo; l’individualità e identificabilità degli oggetti; la complessità, nel senso dei diversi e
molteplici punti di vista da cui un oggetto può essere studiato. Occorre integrare e completare, o
addirittura sostituire, l’approccio analitico con un diverso modello in grado di gestire tali questioni.
Viene alla ribalta l’approccio sistemico, con una proposta teorica impegnativa, la cui elaborazione è
work in progress, storia di oggi. Tale approccio prende in considerazione gli oggetti del mondo
considerandoli come sistemi, cioè come unità ordinate e organizzate di parti (o elementi) vincolati
da relazioni interne. Il sistema esibisce relazioni che vincolano il comportamento di elementi
fluttuanti, cioè li sopraordina. Tale organizzazione unitaria ha consistenza ontologica in quanto
presenta delle proprietà che le sue parti non hanno; come si sente spesso dire, un sistema è di più
della somma delle sue parti, cioè non è sommativo o, anche, presenta proprietà emergenti.
L’emergenza è il carattere distintivo di un sistema, che lo rende irriducibile ai suoi componenti e ne
rende impossibile la deduzione o la predicibilità a partire dai componenti. Altre caratteristiche dei
sistemi sono la resistenza alle perturbazioni, che nel caso dei viventi è chiamata autopoiesi, ed è la
capacità dei viventi a sostituire le parti mantenendo e riproducendo continuamente
l’organizzazione, cioè i vincoli tra le parti. L’equifinalità, per la quale un certo scopo può essere
raggiunto a partire da punti di avvio diversi e con procedure diverse. La storicità: un sistema ha uno
stato attuale che si è stabilizzato in funzione delle perturbazioni subite e superate. L’omeostasi,
come tendenza a recuperare l’equilibrio perturbato secondo modalità proprie. Le relazioni
intrattenute con l’ambiente. L’istituzione di un ordine gerarchico tra sistemi.
Su questi aspetti c’è un sostanziale accordo tra i teorici dei sistemi, i “sistemici puri”.
Ci sono questioni dibattute, controverse, sulle quali ferve la ricerca: occorre conciliare l’invarianza
dell’organizzazione con una certa trasformazione delle relazioni, che consente il dinamismo dei
sistemi. L’organizzazione rappresenta la finalità intrinseca del sistema? Come emergono nuove
forme di ordine? Che cosa è l’emergenza? In questo momento ci sono due modi di affrontare queste
questioni. Da un lato ci sono i sostenitori della necessità di rinforzare la sistemica, come disciplina
che ha il sistema come suo oggetto formale; tra i simpatizzanti di questo approccio di ricerca ci
sono per lo più matematici, ingegneri, logici. Dall’altro c’è chi sostiene che una teoria formale è in
qualche modo riduzionistica e che il concetto di sistema, se deve essere interdisciplinare, si verrà
arricchendo e precisando grazie al contributo di molte e diverse discipline, pur salvaguardandosi un
isomorfismo di prospettiva. Faccio qualche esempio di arricchimenti del concetto di sistema che
sono stati ottenuti da specifiche discipline e che solo da quelle discipline potevano provenire. La
fisica teorica sottolinea l’importanza delle relazioni tra particelle e ambiente in un modo che
nessuna teoria formale dei sistemi poteva prevedere e includere (ce l’hanno fatto vedere con
chiarezza Emilio Del Giudice e Giuseppe Vitiello in alcuni importanti seminari in UCSC). La
biologia per bocca di Marta Bertolaso, sempre in un seminario in UCSC, ha dato prova convincente
- 5/10 -
PUSC – TESTO PROVVISORIO del XX Convegno della Facoltà di Filosofia 2012
della necessità di ordinare gli elementi di un sistema secondo un ordine gerarchico, perché ci sono
proprietà presenti a certi livelli, non ad altri. I filosofi, dal canto loro, hanno mostrato che la
conoscenza umana va vista come un sistema di elementi che interagiscono e interferiscono (su
questo è stata esemplare Roberta Corvi), indebolendo la visione sistemica classica del reciproco
isolamento degli elementi rispetto al sistema. Hanno anche rintracciato gli antecedenti storici del
concetto di sistema, in particolare nel concetto di sostanza di Aristotele (su questo punto ha parlato
con chiarezza Alessandro Giordani). Questi contributi non potevano che venire da discipline
speciali. Dunque, come appare certamente chiaro, io sono propensa a praticare questa seconda linea
di ricerca, ma ritengo che anche il lavoro formale possa essere utile, purché non si pensi come
esclusivo o migliore.
Che contributo dà l’approccio sistemico all’antropologia filosofica? E: come l’antropologia
filosofica arricchisce il concetto di sistema?
Le teorie della persona hanno mostrato nel secolo scorso un notevole smarrimento teorico e spesso
hanno fatta propria la conclusione amara di Rorty; l’uomo è “un groviglio di contingenze”.
Conclusione annunciata dall’approccio analitico, che ha ridotto l’umano ai costituenti via via più
semplici e materiali e ha dovuto negarne l’unità, la complessità, la ricchezza che nei costituenti
materiali non si trovavano. L’approccio sistemico ci consente l’uscita dallo scetticismo
antropologico e ci dà almeno due indicazioni teoriche importanti. La prima: l’essere umano è una
unità di elementi in relazione e la sua identità non può essere cercata a livello immediatamente
fenomenizzato. La seconda: ci sono proprietà emergenti dell’umano.
Considerare l’essere umano come una unità di elementi in relazione ci consente di rendere conto del
fatto, indiscutibile, che le parti di cui siamo composti, siano esse fisico-chimiche, che biologiche,
psichiche e mentali, cambiano continuamente, ma restano vincolate all’organizzazione propria
dell’umano. Il filosofo non cercherà l’identità umana nelle parti, che Aristotele avrebbe chiamato
“accidenti”, ma si sforzerà di rintracciarla nel nucleo relazionale, che Aristotele avrebbe chiamato
“principio di identità”, o “natura”, o “essenza” o “anima”. Dalla sistemica saprà anche che mentre
le parti sono fenomenizzate e attingibili con gli strumenti di osservazione empirici, l’organizzazione
non è osservabile direttamente, ma va rintracciata come l’ordine tacito del fenomenico. Come dice
Michael Polanyi, (4) non è la materia che detta legge all’organizzazione, ma è l’organizzazione che
imbriglia la materia. Nessuno stupore se i filosofi che hanno guardato ai soli costituenti fenomenici
dell’essere umano non hanno potuto scorgere in essi nessuna razionalità, nessun ordine,
condannando l’antropologia filosofica al fallimento. La razionalità si trova con la ragione, che è
capace di scorgere legami, vincoli, relazioni che nessun microscopio, nessun telescopio potranno
evidenziare, ma solo l’intelligenza del biologo, dell’astrofisico, del filosofo saprà indicare e
rintracciare.
Una seconda indicazione teorica importante che viene dall’approccio sistemico è l’impossibilità di
dedurre le proprietà emergenti di un sistema a partire dai suoi costituenti; le proprietà emergenti si
osservano, si descrivono, si constatano, non si prevedono, non si deducono. Tra le proprietà
esclusive dell’umano c’è certamente la libertà; sappiamo quanto i filosofi abbiano cercato di
dimostrare o di negare che l’uomo è libero, sappiamo quanto sia la dimostrazione che la negazione
siano sfuggite a tutti i tentativi di prova. Ora possiamo capire perché; la libertà è una proprietà di
sistema che c’è quando c’è l’unità umana, non c’è nelle sue parti. Può essere capita, approfondita,
descritta, ma non può essere dimostrata. Inutile tentare di farlo. Così come è inutile tentare di
dedurre il linguaggio dagli organi fonatori, il pensiero dal cervello, la filosofia dalle scienze
naturali.
Quanto al contributo che l’antropologia filosofica può dare per rendere più completo il concetto di
sistema, direi che in questo momento della ricerca è urgente un approfondimento e un ripensamento
del ruolo delle parti. Von Bertalannfy (5) aveva insisto sulla sostituibilità delle parti senza che ciò
interferisse sull’identità del sistema; questo è certamente vero, visto che l’identità di un sistema
anche dinamico è stabilizzata da certi valori entro cui le variabili vanno mantenute. Però
l’osservazione dell’essere umano mostra che le parti di cui è composto, pur assunte dall’ambiente
(inteso in senso molto ampio, come ambiente non solo fisico, ma anche culturale), non restano
- 6/10 -
PUSC – TESTO PROVVISORIO del XX Convegno della Facoltà di Filosofia 2012
identiche, indifferenti e inerti, ma sono trasformate e adattate dai vincoli cui sono sottoposte nel
sistema “essere umano”; vengono in un certo senso “umanizzate”. Ricevono l’impronta del tutto di
cui sono parte. Questa impronta dall’alto non era sfuggita a Tommaso d’Aquino, ma neppure a
Kant.
3.1 Proposta antropologica
La collaborazione con le neuroscienze e con l’approccio sistemico è una potente fonte sia di
rinnovamento che di recupero di istanze tradizionali in ambito antropologico e costituisce una fonte
di chiarimento di molti problemi altrimenti ingestibili. Provo a tirare le fila di quanto detto sopra.
Gli esseri umani sono presenti e attivi nel mondo come individui sottoposti a vincoli di specie.
Entro tali vincoli ogni soggetto umano esprime la propria individualità. Le neuroscienze ci dicono
che il corpo, le emozioni e le capacità razionali agiscono in sinergia e in collaborazione,
mantenendo l’identità senza perdere in capacità di adattamento e risposta alle perturbazioni
dell’ambiente, ci dicono cioè che l’essere umano è dotato di fondamentale, indissolubile unità e di
dinamismo plastico e adattativo. Mostrano anche la plasticità del cervello, la sua capacità di
percezione attiva, la sua continua relazione selettiva ad aspetti e proprietà del mondo. Per molti
autori, tra cui Libet, l’essere umano manifesta comportamenti liberi.
La sistemica ci propone di intendere l’essere umano come un sistema, che vincola le diverse parti
di cui è composto, che cambia i componenti mantenendo l’organizzazione, che nell’assetto attuale
mostra i segni delle scelte passate, che intrattiene vincoli con l’ambiente, dal quale è sostenuto.
All’essere umano in quanto sistema vanno attribuite proprietà che le parti non hanno. Tali proprietà
non possono essere dedotte o previste, emergono contestualmente a quell’assetto specifico e
speciale che è l’essere umano. Con l’umanità sorge la libertà, l’autocoscienza, il linguaggio, il
pensiero, la morale, il bello, la religione, quel corpo che è caratteristico degli esseri umani, la
creatività. Sono proprietà che vanno osservate, descritte, per le quali nessuna spiegazione deduttiva
è possibile; nascono con quel principio dall’antico nome di “anima” che in un modo speciale ed
esclusivo pone in relazione parti transeunti e mutevoli e che organizza e rende tale l’individuo
umano.
Vecchi schemi si mostrano insufficienti, vecchi problemi vanno lasciati cadere: il corpo come
macchina, il dualismo anima-corpo, il pensiero come manipolazione di simboli secondo regole date,
la ragione ridotta alla logica, la pretesa di una dimostrazione della libertà, il mondo come particelle
in campi di forza, governato dal caso e dalla necessità. E si potrebbe continuare.
I contributi e le scoperte delle neuroscienze e dell’approccio sistemico imprimono una precisa
direzione al modo di pensare l’umano; la filosofia non si è mai espressa in tal senso? E’ sempre
stata dualista, materialista, logicista? Certamente no; possiamo rintracciare un filo non dominante,
ma vivo, in Aristotele e Tommaso, Leibniz e Spinoza, Hegel e Husserl, Cassirer e Whitehead che
hanno cercato di intendere l’uomo nella sua ricchezza e complessità. Tra tutte, l’antropologia
filosofica più completa e meglio compatibile con la cultura scientifica dei nostri giorni è quella di
Aristotele e di Tommaso d’Aquino. Hanno entrambi avuto il merito di riconoscere e apprezzare gli
aspetti biologici e naturali dell’umano, ma di farli esplicitamente derivare da un principio non
riducibile al biologico e al naturale. Hanno aperto la strada all’affermazione e dimostrazione della
spiritualità dell’anima; anche di questa hanno cercato le tracce in ciò che l’uomo fa: pensa per
universali, conosce il mondo, conosce se stesso. Anche su questo punto l’antropologia filosofica
può riflettere: l’umano è riducibile al naturale? Mostra significative eccedenze? Come le possiamo
scorgere e capire? La mia proposta è di riprendere le indicazioni di Aristotele e di Tommaso,
renderle contemporanee e adeguate con l’aiuto dei dati e dei modelli oggi disponibili, in modo da
delineare una antropologia filosofica attuale, completa e rispettosa della complessità dell’umano.
Con un dialogo improntato alla revisione, allo scambio, alla collaborazione con le neuroscienze e
con l’approccio sistemico.
Nota conclusiva: Coscienza e autocoscienza.
- 7/10 -
PUSC – TESTO PROVVISORIO del XX Convegno della Facoltà di Filosofia 2012
Concludo con una nota lessicale. I significati di “coscienza” e “autocoscienza” sono incerti e
fluttuanti, a seconda degli autori e delle epoche e sono spesso intercambiati.
Ritengo utile distinguerli e identificarli, con un suggerimento che sarà correttivo di molti usi,
dunque a sua volta correggibile. Per “coscienza” intendo la capacità dei viventi di sentire e di
reagire alle perturbazioni dell’ambiente, sia esterno che interno, con modificazioni e adattamento.
Per “autocoscienza” intendo la capacità esclusivamente umana di prendere come oggetto di
riflessione se stesso e i propri dati di coscienza, inclusi quelli che vengono attribuiti
intenzionalmente alla realtà come altro dal soggetto. In sintesi suggerirei di considerare la coscienza
come una proprietà emergente del vivente, l’autocoscienza come proprietà emergente dell’umano.
Lucia Urbani Ulivi
NOTE
1) I. Lakatos, ( Lipschitz) ha messo in evidenza il fatto che le teorie scientifiche contengono un “nocciolo duro” di
ipotesi fondamentali immuni dalla confutazione. Il materialismo delle discipline scientifiche attuali può essere un buon
esempio di tale nucleo metafisico inglobato nei programmi di ricerca scientifica. V. I. Lakatos, Falsification and the
Methodology of Scientific Research Programmes, in I. Lakatos- A. Musgrave, eds., Criticism and the Growth of
Knowledge, Cambridge University Press, Cambridge 1970, tr. it. a cura di G. Giorello, La falsificazione e la
metodologia dei programmi di ricerca scientifici, in Critica e crescita della conoscenza, Feltrinelli, Milano 1976.
2) La theory ladeness afferma che nulla può essere considerato un fatto puro, ma che le strutture sensoriali fisiche
elaborano la realtà secondo strutture cognitive implicite, sia biologiche che culturali. La theory ladeness fu elaborata da
Kuhn e da Feyerabend, anche se con esiti diversi, in chiave antipositivistica. Oggi si preferisce dire che le teorie
sovradeterminano i dati o, inversamente, che i dati sono sottodeterminati dalle teorie.
3) Tommaso d’Aquino espone la sua antropologia in diverse sedi, tra cui: Summa theologiae, I, q. 75 e q. 76; Summa
contra Gentiles, II, capp. 49, 51, 55, 56, 59; Quaestiones Disputatae de Anima, art. 1, 2, 9. Varie edizioni.
4) Che ci sia un rapporto di “imbrigliamento” del materiale da parte dell’immateriale è tesi proposta e sostenuta da M.
Polanyi, che la ribadisce e la spiega a fondo ripetutamente nei suoi scritti. In proposito v. in particolare Personal
Knowledge, Routledge and Keagan, London 1958; trad. it. di E. Riverso, La conoscenza personale, Rusconi, Milano
1990; The Tacit Dimension, Anchor, New York 1966; trad. it. di F. Voltaggio, La conoscenza inespressa, Armando,
Roma 1979; Knowing and Being, University of Chicago, Chicago 1969; trad. it. di A. Rossi, Conoscere ed essere,
Armando, Roma 1988.
5) L.Von Bertalanffy, General System Theory. Foundations, Development, Applications, George Braziller, New York
1967; trad. it. di Teoria generale dei sistemi, Milano, Mondadori, 1983.
Bibliografia:
E. Agazzi, a cura di, I sistemi tra scienza e filosofia, SEI, Torino 1978.
ARISTOTELE, De Anima, ed. Ross, Oxford Classical Text, Oxford University Press, Oxford 1961.
ARISTOTELE, Metaphysica, ed. Jaeger, Oxford Classical Text, Oxford University Press. Oxford 1963.
ARISTOTELE, Physica, ed. Ross, Oxford Classical Text, Oxford University Press, Oxford 1960.
Agostino, Confessiones, red. 397-401 (trad. it. a cura di R. De Monticelli, Confessioni, Garzanti, Milano 1989).
G. Bateson, Steps to an Ecology of Mind, New York 1972 (trad. it. di G. Longo – G. Tratteur, Verso un’ecologia della
mente, Milano 1976).
G. Bateson, Mind and Nature: a Necessary Unity, New York 1979 (trad. it. di G. Longo, Mente e natura: un’unità
necessaria, Milano 1984).
M. Bertolaso, Il cancro come questione, Angeli, Milano 2012.
D. Bohm, Thought as a System, Routledge, London 1992.
F. Capra, The Web of life, Anchor/Doubleday, New York 1996 (trad. it. La rete della vita, BUR, Milano 2001).
E. Cassirer, An Essay on Man. An Introduction to the Philosophy of Human Culture, Yale University Press, New Haven
1971 (trad. it. di C. d’Altavilla, Saggio sull’uomo: introduzione ad una filosofia della cultura umana, Armando, Milano
1971.
J. – P. Changeaux, A. Connes, Matière à penser, Odile Jacob, Paris 1989 (trad. it. Pensiero e materia, Bollati
Boringhieri, Torino 1991).
A. Clark, Being There, MIT, 1997 (trad. it. di S. Levi, Dare corpo alla mente, McGrawHill, Milano 1999).
R. Corvi, Temi filosofici del Novecento. L’uomo, la conoscenza, il linguaggio, la mente, EDUCatt, Milano 2010.
A. R. Damasio, Descartes’ Error. Emotion, Reason and the Human Brain, New York 1994( tr. it. di F. Macaluso,
L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, Adelphi, Milano 1994).
- 8/10 -
PUSC – TESTO PROVVISORIO del XX Convegno della Facoltà di Filosofia 2012
A. R. Damasio, The Feeling of What Happens: Body and Emotion and the Making of Consciousness, New York 1999
(tr. it. di S. Frediani, Emozione e coscienza, Adelphi, Milano 2000).
A. R. Damasio, Looking for Spinoza. Joy, Sorrow, and the Feeling Brain, New York 2003 (tr. it. di I. Blum, Alla
ricerca di Spinoza. Emozioni, sentimenti e cervello, Adelphi, Milano 2003).
E. Del Giudice, S. Doglia, M. Milani, e G. Vitiello, A quantum field theoretical approach to the collective behaviour of
biological systems in “ Nuclear Physics”, 1985, B251 [FS 13]: 375-400.
R. Descartes, Discours de la Méthode, Leiden 1637 (trad. it. a cura di L. Urbani Ulivi, Il discorso sul metodo, Rusconi,
Milano 1997).
R. Descartes, Les passions de l’ame, Amsterdam- Paris 1649 (trad. it. a cura di E. Lojacono, le passioni dell’anima,
Utet, Torino 1994).
J. Dupré, Human Nature and the Limits of Science, Oxford University Press, Oxford 2001 (trad. it. di B. Tortorella,
Natura umana. Perché la scienza non basta, Laterza, Bari 2007.
G. M. Edelman, Neural Darwinism. The Theory of Neuronal Group Selection, Basic Books, New York 1987 (tr. it. di S.
Ferraresi, Darwinismo neurale. La teoria della selezione dei gruppi neuronali, Einaudi, Torino 1995.
G. M. Edelman, The Remembered Present: A Biological Theory of Consciousness, Basic Books, New York 1989 (tr. it.
Il presente ricordato. Rizzoli, Milano 1991).
G. M. Edelman, Bright Air, Brilliant Fire. On the Matter of the Mind, Basic Books, New York 1992 (tr. it di S.
Frediani, Sulla materia della mente, Adelphi, Milano 1993).
G. M. Edelman- G. Tononi, A Universe of Consciousness. How Matter Becomes Imagination, Basic Books, New York
2000 (tr. it. di S. Ferraresi, Un universo di coscienza, Einaudi, Torino 2000). G. M. Edelman, Wider Than The Sky. The
Phenomenal Gift of Consciousness, Yale University Press, London 2004 (tr. it. di S. Frediani, Più grande del cielo. Lo
straordinario dono fenomenico della coscienza, Einaudi, Torino 2004).
G. M. Edelman, Second Nature. (Brain Science and Human Knowledge), Yale University Press, Yale 2006 (tr. it. di S.
Frediani, Seconda natura. Scienza del cervello e conoscenza umana, Cortina, Milano 2007).
J. W. Forrester, Industrial Dynamics, MIT Press, Cambridge MA, 1961.
J. W. Forrester, Principles of Systems, Wright-Allen Press, Cambridge Ma, 1968.
C. Frith, Making up the Mind. How the Brain Creates our Mental World, Blackwell, Oxford 2007 (trad. it. di M.
Berlingieri e L. Guzzardi, Inventare la mente. Come il cervello crea la nostra vita mentale, Cortina, Milano 2009.
A. Giordani, L’ontologia della sostanza alla luce della teoria dei sistemi, in Strutture di mondo. Il pensiero sistemico
come specchio di una realtà complessa, a cura di L. Urbani Ulivi, Il Mulino, Bologna 2010, pp. 197-229.
G. W. Hegel, Phaenomenologie des Geistes, Bamberg-Wurzburg, 1807 (trad. it. di E. De Negri, Fenomenologia dello
spirito, La Nuova Italia, Firenze 1933-36 , 1960).
J. Horgan, The Undiscovered Mind, 1999 (trad. it di D. Zoletto, La mente inviolate. Una sfida per la psicologia e le
neuroscienze, Cortina, Milano 2001).
D. Hume, A Treatise on Human Nature, London 1739-1740 (trad. it. di E. Le caldano e E. Ristretta, Trattato sulla
natura umana, in Opere, Laterza, Roma-Bari 1971, 2 voll.).
E. Husserl, Méditations cartésiennes. Introduction à la phénomenologie, Paris 1931 ( trad.it.
Meditazioni cartesiane, a cura di V. Costa, Bompiani, Milano 1960).
E. Kant, Anthropologie in pragmatischer Hinsicht abgefasst, Konisberg 1798 (trad. it. Antropologia pragmatica,
Laterza, Roma-Bari 1969).
E. Kant, Kritik der Urteilskraft, Berlin 1790 (trad. it. di A. Gargiulo, Critica del giudizio, Laterza, Bari 1963).
S. Kauffman, Origins of Order: Self-Organization and Selection in Evolution, Oxford
University Press, New York 1993.
S. Kauffman, At Home in the Universe, Oxford University Press, New York 1995.
S. Kaufmann, Investigations, Oxford University Press, New York 2000.
G. J. Klir, An approach to General systems theory, Van Nostrand, New York, 1969.
G. J. Klir, ed., Trends in General Systems Theory, Wiley, New York 1972.
G. J. Klir, Facets of Systems Science, Second Edition, Plenum, New York 2001.
J. LeDoux, Synaptic Self: How Our Brains Become Who We Are, Penguin, New York 2002 (trad. it di M. Longoni e A.
Ranieri Il Sé sinaptico. Come il nostro cervello ci fa diventare quello che siamo, Cortina, Milano 2002).
I. Lakatos, ( Lipschitz) Falsification and the Methodology of Scientific Research Programmes, in I. Lakatos - A.
Musgrave, eds., Criticism and the Growth of Knowledge, Cambridge University Press, Cambridge 1970, tr. it. a cura di
G. Giorello, La falsificazione e la metodologia dei programmi di ricerca scientifici, in Critica e crescita della
conoscenza, Feltrinelli, Milano 1976.
W. Leibnz, Nouveaux Essays sur l’entendement humain, in Oeuvres philosophiques et francoises, Amsterdam-Leipzig
1765 (trad. it. a cura di M. Mugnai, Nuovi saggi sull’intelletto umano, in Opere filosofiche, Editori Riuniti, Roma
1982).
B. Libet, Mind Time. The Temporal Factor in Consciousness, Harvard College, Harvard 2004 (trad. it. di P. D.
Napolitani Mind Time. Il fattore temporale nella coscienza, Cortina, Milano 2007.
I. Licata e A. Sakaji, eds., Physics of Emergence and Organization, World Scientific, Singapore 2008.
I. Licata, Osservando la Sfinge, Di Renzo Editore, Roma 1992.
W. Lyons, The Disappearance of Introspection, The MIT Press, Cambridge ( Massachusetts) 1986, (trad. it. di G. Mori,
La scomparsa dell’introspezione, Il Mulino, Bologna 1993).
- 9/10 -
PUSC – TESTO PROVVISORIO del XX Convegno della Facoltà di Filosofia 2012
H. R. Maturana e F. Varela, Autopoiesis and Cognition. The Realization of the Living, Dordrecht 1980 ( trad. it. A.
Stragapede, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente, Venezia 1985).
G. Minati e E. Pessa, E., Collective Beings, Springer, New York 2006.
E. Morin, La Méthode. 1. La Nature de la Nature, Editions du Seuil, Paris 1977 (trad. it. Il metodo 1. La natura della
natura, Cortina, Milano 2001).
E. Pessa, Statistica con le reti neurali, Di Renzo Editore, Roma 2004.
M. Polanyi, Personal Knowledge, Routledge and Keagan, London 1958; trad. it. di E. Riverso, La conoscenza
personale, Rusconi, Milano 1990; The Tacit Dimension, Anchor, New York 1966; trad. it. di F. Voltaggio, La
conoscenza inespressa, Armando, Roma 1979; Knowing and Being, University of Chicago, Chicago 1969; trad. it. di A.
Rossi, Conoscere ed essere, Armando, Roma 1988.
A. Rapoport, General System Theory, in The International Encyclopedia of Social
Sciences, a cura di D.L. Sills, Macmillan & The Free Press, New York 1968, Vol. 5, pp. 452-458.
G. Rizzolatti e C. Sinigaglia, So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni a specchio, Cortina, Milano 2006.
R. Rorty, Philosophy and the Mirror of Nature, Princeton 1979 (trad. it. a cura di D. Marconi e G. Vattimo, La filosofia
e lo speccio della natura, Bompiani, Milano 1986).
R. Rosen, Anticipatory systems, Pergamon Press, New York 1985.
M. Scheler, Wesen und Formen der Sympathie, Halle 1913 e 1923 (trad. it. Essenza e forme della simpatia, Città
Nuova, Roma 1980).
J. Searle, Mind. A Brief Introduction, Oxford University Press, Oxford 2004( trad. it. di C. Nizzo, La mente, Cortina,
Milano 2005).
B. Spinoza, Ethica ordine geometrico demonstrata, Amesterdam 1677 (trad. it. G. Gentile, Etica dimostrata secondo
l’ordine geometrico, Sansoni, Firenze 1963).
P. F. Strawson, Individuals. An Essay in Descriptive Metaphysics, Methuen, London 1959 (trad. it. di E. Bencivenga,
Individui. Saggio di metafisica descrittiva, Feltrinelli, Milano 1978).
Tommaso d’Aquino, De unitate intellectus contra averroistas, Leonina, t. 43, pp. 291-314 (Tr. it. a cura di A.
Ghisalberti, Unità dell’intelletto contro gli averroisti, Bompiani, Milano 2000); Summa theologiae, I, q. 75 e q. 76;
Summa contra Gentiles, II, capp. 49, 51, 55, 56, 59; Quaestiones Disputatae de Anima, art. 1, 2, 9. Varie edizioni.
S. Vanni Rovighi, L’antropologia filosofica di San Tommaso d’Aquino, Vita e Pensiero, Milano 1972.
F. Varela, Neurophenomenology. A Methodological Remedy for the Hard Problem, in “Journal of Cosciousness
Studies”, 3, 1996, pp. 33-49.
F. Varela, La coscienza nelle neuroscienze. Conversazione con Sergio Benvenuto, su EMSF:
http://www.emsf.rai.it/interviste.asp?d=452.
G. Vitiello, My double Unveiled: the dissipative quantum model of brain, Benjamins,
Amsterdam 2001.
L. Von Bertalanffy, General Systems Theory, New York 1968 ( trad. it. di E. Bellone, Teoria generale dei sistemi,
Mondadori, Milano 1983).
H. Von Foerster, Observing Systems, Intersystems Publications, Seaside, CA 1981.
A. N. Whitehead, Process and Reality, Macmillan, New York 1929.
- 10/10 -