ISSN 0394-9303 Vol. 7 (Suppl.) Vol. 9, 9, N.N. 7 (Suppl.) Luglio Luglio1996 1996 Notiziario dell'Istituto Superiore di Sanità Direttore reggente dell'Istituto Superiore di Sanità e Responsabile scientifico: Aurelia Sargentini Direttore responsabile: Vilma Alberani; Redazione: Gabriella Bucossi, Paola De Castro Pietrangeli, Franco Timitilli Composizione, Stampa e Distribuzione: Patrizia Mochi, Massimo Corbo Redazione, Amministrazione e Stampa: Istituto Superiore di Sanità, Servizio per le attività editoriali, Viale Regina Elena, 299 - 00161 Roma Tel. (06) 49901 - Telex 610071 ISTSAN I - Telegr. ISTISAN - 00161 Roma - Telefax (06) 4469938 Iscritto al n. 475/88 del 16 settembre 1988. Registro Stampa Tribunale di Roma © Istituto Superiore di Sanità 1996 SEIEVA Sorveglianza epidemiologica dell'epatite virale acuta LE EPATITI NON-A, NON-E IN ITALIA Il SEIEVA ha evidenziato che circa il 20% delle epatiti acute non sono attribuibili né al virus A né al virus B. Dopo l’introduzione nella diagnostica corrente del marcatore sierologico del virus C (antiHCV), dal SEIEVA emerge che 2/3 delle epatiti Non-A,NonB sono anti-HCV positive mentre da uno studio multicentrico emerge che l’epatite acuta di tipo E è molto rara. I pochi casi acuti attribuibili a quest’ultimo virus, segnalati in Italia, sono quasi tutti "di importazione". Allo stato attuale delle conoscenze, quindi, un terzo delle epatiti acute Non-A,Non-B notificate in Italia resta ancora senza definizione eziologica. Tale quota è largamente superiore a quella rilevata negli USA (2%) dove Notiziario dell'Istituto Superiore di Sanità esiste un sistema di sorveglianza dell’epatite acuta analogo a quello italiano. I motivi che possono spiegare l’esistenza in Italia di un numero considerevole di epatiti non-A,non-E possono essere diversi. Il primo è che il SEIEVA, etichettando i casi soltanto in base alle determinazioni di markers virali durante il ricovero, non riesce a identificare i casi da HCV che sieroconvertono tardivamente, mentre negli USA viene eseguito un follow-up di sei mesi. Un’altra possibile spiegazione è che in Italia circolino altri virus epatitici ancora sconosciuti. Infine, va prospettata la possibilità che una quota delle epatiti acute non etichettate sia attribuibile ai farmaci. Il recente cluster epidemico da niperotidina individuato a Napoli segnala fortemente questa eventualità e studi condotti su base ospedaliera mostrano che questi eventi sono tutt’altro che rari. Al fine di chiarire tale problematica sarebbe importante per i soggetti con epatite acuta Non-A,Non-B anti-HCV negative avere almeno un altro prelievo dopo quattro mesi dall’inizio dei sintomi. Inoltre l’aggiunta di un’anamnesi farmacologica dei pazienti individuati attraverso il SEIEVA può consentire di mettere in evidenza l’insorgenza di epatiti acute potenzialmente associate all’assunzione di farmaci. hemophilia: evidence implicating contaminated factor VIII concentrate as the source. Hepatology., 22: 1363-1367. Bienzle, U., Bock, H.L., Kruppenbacher, J.P., Hofmann, F., Vogel, G.E., Clemens, R. (1996). Immunogenicity of an inactivated hepatitis A vaccine administered according to two different schedules and the interference of other "travellers" vaccines with the immune response. Vaccine, 14: 501-505. Epatite B Corona, R., Caprilli, F., Giglio, A., Stroffolini, T., Tosti, M.E., DALLA LETTERATURA Gentili, G., Prignano, G., INTERNAZIONALE Pasquini, P., Mele, A. (1996). 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Usando queste metodiche sono stati recentemente scoperti e clonati il virus dell’epatite G (HGV) e l’agente virale GB (HGBV-C). L’HGV venne clonato per la prima volta da un paziente con epatite cronica, mentre l’HGBVC venne isolato nel 1960 dal plasma di un chirurgo (le cui iniziali erano G.B.). La caratterizzazione molecolare di questi due patogeni, che mostrano alcune sequenze aminoacidiche quasi identiche, induce a pensare che appartengano ad uno stesso ➎ Notiziario dell'Istituto Superiore di Sanità Vol. 9, N. 7 (Suppl.) Luglio 1996 ceppo virale, che rappresenta un nuovo genere nella famiglia dei Flavivirus. Sembra che la trasmissione di questo virus avvenga per via parenterale: infatti un’alta prevalenza di HGVRNA è stata riscontrata in soggetti con frequenti esposizioni parenterali (tossicodipendenze, emodializzati, emofilici, ecc.). Negli emodializzati giapponesi la prevalenza dell’HGV/HGBV-C RNA è del 3,1%. Anche tra i donatori volontari negli Stati Uniti la prevalenza di questo virus è alta (1-2%), più alta di quella dell’HCV. Le implicazioni cliniche di questo nuovo virus sono ancora tutte da chiarire. L’aspetto più discusso è se l’infezione da HGV possa condurre ad una patologia cronica. Uno studio condotto da H.J. Alter in una popolazione di trasfusi con infezione da HGV ha dimostrato che il 75% non aveva evidenze biochimiche di malattia epatica e presentava bassi livelli di ALT. La benignità dell’infezione da HGV è stata confermata dallo studio di Masuko et al.: nessuno dei 16 pazienti dializzati in studio, HGBV-C positivi, aveva alti livelli di ALT, nonostante l’infezione persistesse da più di 16 anni. Alla luce di queste osservazioni non si può affermare che l’HGV/HGBV-C induca una patologia epatica acuta e del resto non esistono studi prospettici che possano documentare la progressione dalla infezione acuta ai vari stadi dell’epatite cronica e allo Notiziario dell'Istituto Superiore di Sanità sviluppo della cirrosi e del carcinoma epatocellulare, come è stato invece documentato per l’HCV. Dal momento che l’HGV può spiegare solo una minima parte di tutti i casi di malattia epatica a etiologia sconosciuta, c’è la possibilità che esista un agente virale ancora da identificare. Molecular epidemiology of hepatitis C virus in infections among intravenous drug users. (1995). Silini, E., Bono, F., Cividini, A., Cerino, A., Maccabruni, A., Tinelli, C., Bruno, S., Bellobuono, A., Mondelli, M.U. J. Hepatol., 22: 691-695. La distribuzione dei genotipi del virus dell’epatite C è stata studiata in 90 tossicodipendenti e 484 controlli; le infezioni con il tipo 1a e 3a erano più frequenti tra i tossicodipendenti rispetto ai 125 controlli. Questi genotipi risultarono altresì più frequenti nei controlli d’età inferiore a 40 anni rispetto a quelli d’età superiore a 40 anni. Questi dati indicano che i tipi 1a e 3a dell’HCV, che recentemente si sono diffusi in Italia tra i tossicodipendenti, stanno interessando la popolazione generale, e particolarmente i soggetti più giovani. Risk factors in communityacquired chronic hepatitis C virus infection: a case-control study in Italy. (1996). Chiaramonte, M., Stroffolini, T., Lorenzoni, U., Minniti, F., Conti, S., Floreani, A., Ntakirutimana, E., Vian, A., Ngatchu, T., Naccarato, R. J. Hepatol., 24: 129-134. In uno studio caso-controllo sono stati confrontati 500 soggetti con infezione cronica da HCV e 500 controlli HCV negativi appaiati per età e sesso per stimare i fattori di rischio associati all’infezione cronica da virus C. All’analisi multivariata i fattori indipendentemente associati al rischio di essere anti-HCV positivi sono risultati essere la tossicodipendenza, la trasfusione di sangue, l’uso di siringhe di vetro, la pregressa tubercolosi e l’ospedalizzazione prima del 1970. Questi dati indicano che la diffusione dell’HCV si è realizzata nel passato attraverso modalità di trasmissione in parte non più operanti. Le misure igieniche sanitarie hanno portato al controllo dell’esposizione all’infezione da HCV, che nelle giovani generazioni è confinata a particolari categorie a rischio quali i tossicodipendenti. Levels of hepatitis C virus in blood donors infected with different viral genotypes. (1996). Smith, D.B., Davidson, F., Yap, P.L., Brown, H., Kolberg, J., Detmer, J., Urdea, M., Simmons, P. J. Infect. Dis., 173: 727-730. E’ stato esaminato il livello di viremia di HCV nel siero di 337 donatori infetti con differenti genotipi virali. I campioni includevano i genotipi 1a, 1b, 2a, 2b, 3, 4, 5 e 6. L’analisi multivariata ha rivelato che i range dei livelli di ➎ 3 Vol. 9, N. 7 (Suppl.) Luglio 1996 I dati per il 1995 sono provvisori in quanto potrebbero mancare alcune notifiche per ritardo nell'invio delle USL partecipanti al SEIEVA Tabella 1. - Tassi di incidenza (per 100.000 abitanti) di epatite A in Italia per anno e per classi di età Tassi di incidenza Anni Classi di età 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 0 - 14 15 - 24 25 o più 29 16 2 4 7 3 6 6 1 4 5 1 2 4 2 3 5 2 8 7 2 11 15 2 7 9 3 11 14 2 5 6 1 Totale 10 4 2 2 2 2 4 6 5 6 3 Tabella 2. - Tassi di incidenza (per 100.000 abitanti) di epatite B in Italia per anno e per classi di età Tassi di incidenza Anni Classi di età 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 0 - 14 15 - 24 25 o più 6 41 7 3 35 9 2 31 8 2 22 5 2 19 5 1 17 4 1 12 4 1 10 3 1 10 4 1 6 4 1 6 3 Totale 12 12 10 7 6 5 5 4 4 3 3 Tabella 3. - Tassi di incidenza (per 100.000 abitanti) di epatite non-A , non-B in Italia per anno e per classi di età Tassi di incidenza Anni Classi di età 1985 1986 1987 1988 1990 1991 1992 1993 1994 1995 0 - 14 15 - 24 25 o più 2 16 4 1 10 4 0,5 8 3 1 9 2 0 8 2 0 6 2 1 5 2 0 4 2 0 3 1 0 3 2 0 2 2 Totale 5 4 3 3 3 2 2 2 1 2 1 HCV erano simili per tutti i genotipi virali e per tutti i sottotipi con la possibile eccezione del genotipo 4. I livelli di viremia erano significativamente più bassi nelle donne rispetto agli uomini, ma non erano correlati all’età del donatore o al paese d'origine. Questi risultati indicano una simile capacità replicativa in vivo dei differenti genotipi dell’HCV. La risposta del- 4 1989 l’ospite e i fattori legati al vi- ficienza della trasmissione del rus influenzano la gravità del- virus C non è pertanto legata la malattia e la risposta al trat- a differenti genotipi. tamento con interferone. L’ef❏ Responsabile SEIEVA Alfonso Mele Hanno collaborato: Raffaele Catapano, Laura Cialdea Antonella Marzolini, Tommaso Stroffolini Notiziario dell'Istituto Superiore di Sanità