STUDI SPERIMENTALI IDENTIFICAZIONE E VALIDAZIONE DI

STUDI SPERIMENTALI
IDENTIFICAZIONE E VALIDAZIONE DI NUOVI BERSAGLI TERAPEUTICI E BIOMARCATORI NEL
CARCINOMA DELLA PROSTATA
Con il contributo della Fondazione Monzino
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Ruolo di RNA non codificanti nel carcinoma prostatico
(PI: Dr. Nadia Zaffaroni, S.C. Farmacologia Molecolare)
I microRNA (miRNA) sono piccole molecole endogene di RNA non codificante in grado di regolare
negativamente l’espressione genica attraverso un meccanismo post-trascrizionale. I miRNA sono
coinvolti in numerosi processi biologici e per tale motivo un’espressione aberrante di queste
molecole sembra poter contribuire alla patogenesi di molte malattie umane incluso il cancro. Nel
nostro Istituto, abbiamo dimostrato che miR-205, un miRNA diffusamente down-regolato nei
carcinomi prostatici (CaP) rispetto ai relativi tessuti sani, svolge un importante ruolo nella
regolazione della transizione epitelio-mesenchimale (EMT), un processo fondamentale attraverso
cui le cellule tumorali acquisiscono la capacità di metastatizzare [Gandellini P, et al. Cancer Res.
2009]. Inoltre, miR-205 appare essere normalmente espresso nelle cellule dello strato basale
dell’epitelio prostatico, dove governa la deposizione della membrana basale [Gandellini P, et al.
Cell Death Differ. 2012], un altro importante elemento per il mantenimento dell’integrità tissutale
e la prevenzione della metastasi. A partire da tali evidenze, con questo progetto ci proponiamo di
1) caratterizzare meglio il ruolo di miR-205 nello sviluppo e progressione del CaP ed identificare
nuovi miRNA in grado di regolare l’EMT, e di conseguenza che possano essere coinvolti nei
meccanismi che portano alla disseminazione metastatica della malattia. Poiché il microambiente
tumorale è in grado di influenzare attivamente la capacità di una cellula neoplastica di acquisire o
meno un potenziale metastatico, ci proponiamo inoltre di 2) identificare specifici miRNA coinvolti
nell’attivazione dei fibroblasti prostatici umani e nell’EMT indotta dai fibroblasti associati al
tumore (CAF) in cellule di CaP. Infine, poiché la sequenza di miR-205 e’ localizzata, a livello
genomico, nell’introne di un gene la cui funzione non e’ mai stata caratterizzata (attualmente
denominato gene ospite di miR-205 o MIR205HG), con questo studio ci proponiamo di 3)
determinare la funzione di MIR205HG e il suo eventuale ruolo nello sviluppo del CaP. Finora
nessun prodotto proteico e’ stato descritto per tale gene, pertanto e’ presumibile ipotizzare che
esso funzioni come lungo RNA non codificante.
Poiché il processo di EMT si associa spesso all’acquisizione di un fenotipo più refrattario ai
trattamenti chemioterapici convenzionali, ci siamo proposti di valutare se miR-205 fosse in grado
di modulare la risposta ai farmaci di cellule di CaP. I risultati ottenuti in quest’ambito hanno
mostrato che la riespressione stabile del miR-205 in cellule di CaP era in grado di aumentare la
sensibilità al cisplatino attraverso la modulazione di proteine coinvolte nel processo autofagico
[Pennati M, et al. Biochem Pharmacol. 2014]. Con l’obiettivo di verificare se specifici miRNA
fossero coinvolti nella EMT indotta dai CAF in cellule di CaP, cellule PC-3 sono state stimolate con
fibroblasti attivati e non, e i loro profili di miRNA caratterizzati su piattaforma microarray. Tra i
miRNA differenzialmente espressi, miR-205 sembrava essere il più down-modulato nell’EMT
stroma-indotta. Nello specifico, la stimolazione con CAF induceva attivazione dei pathway di HIF1α, COX-2 and NF-κB, a cui seguiva riduzione dei livelli di miR-205 e del suo trascritto primario,
suggerendo una regolazione trascrizionale. Ulteriori esperimenti dimostravano che l’overespressione ectopica di miR-205 in cellule tumorali contrastava l’EMT indotta dai CAF, inibendo
l’aumento della capacità invasiva, l’acquisizione di caratteristiche di staminalità, e la
disseminazione metastatica in vivo. Inoltre, miR-205 bloccava l’attivazione indotta dal tumore dei
fibroblasti circostanti, riducendo la secrezione di citochine proinfiammatorie (tra cui IL-6). Questi
dati suggeriscono che miR-205 sia un potente freno nel processo metastatico del CaP, agendo
nelle due direzioni del circuito esistente tra cellule tumorali e fibroblasti associati [Gandellini P, et
al. Antioxid Redox Signal. 2014].
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Effetto dei mastociti sulle proteine della matrice extracellulare sulle cellule staminali
prostatiche e loro trasformazione neoplastica
(PI: Dr. Mario Paolo Colombo – S.C. Immunologia Molecolare)
Obiettivo 1
Comprensione del meccanismo con cui i mastociti contrastano l’insorgenza dei tumori
neuroendocrini.
Nei topi TRAMP in cui i mastociti sono stati rimossi geneticamente (topi Kit Wsh-TRAMP) o inibiti
farmacologicamente, la frequenza dei tumori prostatici con fenotipo neuroendocrino (NE)
aumenta. Recenti studi nel modello TRAMP dimostrano che questo tipo di tumore origina
direttamente dal differenziamento neuroendocrino della cellula staminale prostatica (PSC). Sia
mastociti sia PSC esprimono il recettore cKit, essenziale rispettivamente per la loro maturazione
ed omeostasi. La nostra ipotesi è che i mastociti possano controllare l’omeostasi delle cellule
staminali prostatiche attraverso la competizione per stem cell factor (SCF), il ligando di cKit.
Abbiamo isolato tramite cell-sorting PSC, cellule luminali e stromali dalle prostate di topi TRAMP,
KitWsh-TRAMP e dai loro fratelli non transgenici B6 e Kit Wsh, sia a 11 che a 16 settimane di età. Non
si osservano variazioni nella frequenza di queste popolazioni nei diversi ceppi, se non un
incremento percentuale nelle PSC nei topi TRAMP e KitWsh-TRAMP proporzionale all’età,
probabilmente dovuto all’accumulo di PSC tumorali. Analisi tramite real-time PCR non hanno
rivelato differenze nell’espressione di cKit e del suo target Slug nelle PSC dei diversi ceppi. Nelle
PSC isolate da topi KitWsh-TRAMP, abbiamo però osservato un aumento dei livelli di RNA di
synaptofisina e di p63, marcatori legati al fenotipo NE. In accordo con questi risultati, analisi fatte
con immunofluorescenza mostrano che nelle prostate di topi TRAMP, come atteso, sono in attiva
proliferazione cellule con fenotipo luminale (co-esprimenti Ki67 e CK8), mentre nei KitWsh-TRAMP
sono positive a Ki67 le cellule con fenotipo NE (esprimenti synaptofisina e p63).
Abbiamo inoltre generato colture stabili di PSC isolate dai diversi ceppi di topi sopra citati. Tutte
esprimono cKit e il suo target Slug a livelli comparabili. Come atteso, se coltivate in terreno
contenente siero (FBS) e ormone DHT le PSC isolate da TRAMP differenziano verso un fenotipo
luminale, mentre quelle isolate da KitWsh-TRAMP differenziano verso un fenotipo NE. Stiamo
analizzando l’effetto di SCF esogeno o anticorpi anti SCF in queste colture. Abbiamo condotto
analoghi esperimenti anche su linee di PSC isolate in un altro laboratorio da topi TRAMP con
lesioni di neoplasia intraepiteliale (PIN), nominate TPIN, o tumore neuroendocrino, nominate TNE.
Entrambe esprimono cKit e SCF di membrana, e non sono ulteriormente stimolate da SCF
esogeno. La co-coltura con i mastociti non altera le TPIN, mentre sembra avere un effetto
inibitorio sul differenziamento delle TNE, che riducono l’up-regolazione di p63 e synaptofisina.
Obiettivo 2
Valutazione delle potenzialità dell’inibizione dei mastociti quale nuova opzione terapeutica nel
carcinoma prostatico.
Abbiamo evidenza che tutte le linee di PSC, ed anche linee tumorali T1525 e T23, da noi isolate dai
topi TRAMP, esprimono il recettore cKit, e che il trattamento con Imatinib in vitro è tossico per
queste cellule. Al contrario, Imatinib non riduce la vitalità dei mastociti coltivati in vitro, ma ne
inibisce la capacità di degranulazione.
Esperimenti in vivo in topi inoculati con cellule T1525, che reclutano mastociti nel microambiente,
ci hanno dimostrato l’efficacia di Imatinib nell’inibire la crescita tumorale, probabilmente agendo
sia sulle cellule tumorali sia sui mastociti. Analogamente, i primi esperimenti preliminari effettuati
su topi TRAMP mostrano che il trattamento con Imatinib riduce la crescita dell’adenocarcinoma
prostatico. Sorprendentemente in alcuni animali trattati sono però cresciuti tumori NE. Stiamo
valutando se questi tumori abbiano perso l’espressione di cKit, meccanismo che potrebbe spiegare
l’acquisita resistenza al farmaco.
Obiettivo 3
Comprensione dei meccanismi della de-regolazione delle cellule staminali prostatiche quali
responsabili dello sviluppo dei tumori neuroendocrini.
È noto che incrociando il ceppo TRAMP con genotipo C57BL/6 con topi di genotipo diverso l’
insorgenza di tumori NE può aumentare o diminuire. Noi, mantenendo invariato il genotipo
C57BL/6, abbiamo introdotto una delezione inattivante per i geni delle proteine matricellulari OPN
o SPARC. In questi animali, similarmente ai topi KitWsh-TRAMP privi di mastociti, l’insorgenza dei
tumori NE è aumentata ed accelerata. Come atteso, questi tumori esprimono marcatori
neuroendocrini come dopa-decarbossilasi, sinaptofisina e cromogranina A, anche l’analisi
immunoistochimica ne conferma il fenotipo anaplastico ed androgeno indipendente. Il marcatore
p63 citoplasmatico è un indice di aggressività del tumore NE conclamato che è stato trovato anche
nei cloni NE insorti in età precoce indicando l’origine basale di questi tumori. L’analisi tramite
“gene expression profile” (GEP) di campioni tumorali prelevati da animali TRAMP deficienti per
OPN o SPARC di diverse età, in confronto all’adenocarcinoma tipico del ceppo parentale TRAMP,
ha individuato come elemento più rilevante nella genesi di tumori NE la down-regolazione del
pathway di TGFβ. Questo risultato è stato confermato dimostrando la down-regolazione delle
proteine SMAD. Poiché il mantenimento dell’omeostasi delle PSC dipende dagli effetti inibitori del
pathway TGFβ/Smad2/3, la nostra ipotesi è che la mancanza di OPN (e similarmente di SPARC)
abbia un ruolo nell’oncogenesi del tumore NE modificando sia il numero delle PSC sia la loro
sensibilità ai fattori proliferativi. Con queste premesse abbiamo recentemente isolato PSC e cellule
luminali e stromali da topi TRAMP geneticamente deficienti per OPN e SPARC, destinandone una
parte ad analisi di GEP. Altre preparazioni saranno testate per capacità differenziativa verso un
fenotipo luminale o neuroendocrino, in seguito a diversi stimoli analogamente a quanto descritto
per le co-culture con mastociti.
I nostri studi stanno scoprendo il ruolo delle proteine OPN e SPARC e il ruolo dei mastociti nel
regolare l’omeostasi delle PSC che, se alterata, porta alla genesi dei tumori NE. I risultati ottenuti
potranno rivelarsi utili nella messa a punto di nuove strategie terapeutiche per il tumore
prostatico.

Identificazione di nuove strategie farmacologiche per il carcinoma prostatico
(PI: Dr. Paola Perego, Dr. Marco Folini - S.C. Farmacologia Molecolare)
Nel carcinoma della prostata (CaP) avanzato, l’acquisizione del fenotipo castration resistant
appare associato ad una ridotta sensibilità al trattamento farmacologico, fenomeno che sottolinea
la necessita’ di sviluppare nuove strategie terapeutiche. In questo studio ci proponiamo di valuare
l’effetto di farmaci innovativi in modelli preclinici di CaP castration resistant:
1. Inibitori di istone deacetilasi - Le deacetilasi istoniche (HDAC) svolgono un importante ruolo
nella regolazione della funzione di proteine coinvolte nei processi di adesione, proliferazione e
morte cellulare. E’ stato recentemente proposto che l’inibizione di HDAC6 possa essere un
bersaglio di modulazione d’interesse terapeutico nel CaP [Chuang MJ, et al. PLoS One 2013]. In
quest’ambito, ci proponiamo di valutare l’attività di inibitori di HDAC, saggiati singolarmente o in
combinazione con altri farmaci antitumorali, in modelli sperimentali di PCa. Un’analisi
preliminare in silico utilizzando database pubblici ha confermato che numerosi enzimi della
famiglia HDAC sono alterati nel CaP. In particolare, sono state evidenziate frequenti alterazioni
genomiche, incluse amplificazioni di HDAC8, HDAC6 e SIRT4. Inoltre, anche l’espressione delle
HDAC (es. HDAC1 e HDAC3) appare concomitantemente deregolata. In due linee cellulari (DU-145
e PC-3) castration resistant -che abbiamo precedentemente dimostrato essere caratterizzate da
differente suscettibilità ad apoptosi dopo trattamento farmacologico e da una differente
espressione di proteine coinvolte nell’attivazione dell’apoptosi e nel mantenimento della
sopravvivenza cellulare- abbiamo valutato l’attivita’ antiproliferativa di inibitori di HDAC ad ampio
spettro (inibitori “pan”, quali vorinostat), mirati a specifiche classi di HDAC (es. HDAC di classe I) o
più selettivi per alcuni enzimi (es. Entinostat). I risultati ottenuti indicano che la maggior parte dei
composti sono caratterizzati da una spiccata potenza citotossica. L’inibitore di HDAC che è
risultato più attivo in entrambi i modelli cellulari è Entinostat che in sistemi “cell-free” è selettivo
per HDAC1 e HDAC3. Studi clinici di fase I condotti con questo farmaco in pazienti con tumori solidi
in stadio avanzato, inclusi pazienti con CaP, [Pili R, et al., Br J Cancer. 2012] indicano una buona
tollerabilita’. Inoltre, in studi di fase II sul carcinoma della mammella avanzato, Entinostat appare
in grado di indurre una reversione della resistenza a terapie ormonali in pazienti con tumore
positivo per i recettori degli estrogeni. Sulla base di queste considerazioni, negli studi di
combinazione programmati sarà dedicata particolare attenzione a questo agente.
2. Stabilizzatori dei quartetti di guanina - Le sequenze di DNA ricche in guanina sono in grado di
formare strutture definite G-quadruplexes (G4). L’interesse per i G4 come potenziali bersagli
farmacologici è recentemente aumentato a seguito dell’evidenza che numerose sequenze nel
genoma umano possono teoricamente formare strutture G4 [Bryan TM, et al.. Methods Mol Biol.
2010], suggerendo che esse possano svolgere un ruolo chiave in molti processi biologici.
Con questo studio ci proponiamo di analizzare le alterazioni nel trascrittoma indotte da
stabilizzatori dei G4 appartenenti a diverse classi chimiche (es. naftelene diimmidi (NDI) e
derivati dell’antracene) in cellule di CaP castration resistant al fine di comprenderne i
determinanti molecolari della attività antiproliferativa. I dati finora ottenuti hanno messo in
evidenza che le NDI causavano un’inibizione dose-dipendente della crescita di cellule di CaP
telomerasi-positive, con un marcato effetto citotossico a breve termine e dipendente dal tipo di
farmaco. Inoltre, si apprezzava una significativa riduzione dell’attività telomerasica e l’esistenza di
una finestra di selettività tra l’inibizione dell’attività enzimatica e gli effetti antiproliferativi indotti
dalle NDI. L’analisi del profilo d’espressione genica ha messo in evidenza che l’esposizione di
cellule di CaP alle NDI induceva una modulazione significativa in geni coinvolti nella regolazione del
ciclo cellulare, nella riparazione del DNA, nell’apoptosi e nel mantenimento/protezione dei
telomeri, i cui livelli d’espressione correlavano con la presenza ed il numero di sequenze che
possono formare G4 a livello del loro promotore.
3. Inibitori di CMR1 - CRM1 è una proteina che regola il trasporto nucleo/citoplasma di numerose
proteine che controllano la proliferazione e sopravvivenza cellulare, tra cui la proteina antiapototica survivina, che e’ selettivamente expressa nei tumori umani, incluso il CaP. La
compartimentalizzazione subcellulare di survivina gioca un ruolo molto importante nella sua
funzione anti-apoptotica. Infatti, in seguito a stimolo apoptotico, survivina viene rilasciata nel
citosol, dove, interferendo con l’attività delle caspasi, inibisce il processo apoptotico. Nelle cellule
tumorali, l’innalzamento dei livelli di survivina citosolica è in parte dovuto all’attività di CRM1
[Engelsma D et al., Traffic 2007].
Con questo studio ci si propone di valutare gli effetti antiproliferativi/antitumorali indotti da
inibitori di CRM1 in linee cellulari di PCa e di definire la rilevanza della localizzazione subcellulare/funzione di survivina nel determinare tali effetti. In uno studio iniziale condotto con
inibitori forniti da Karyopharm Therapeutics abbiamo dimostrato che l’interferenza con
l’espressione di CRM1 e’ in grado di ridurre la capacita’ metastatica e di incrementare la
sopravvivenza in modelli preclinici di CaP [Gravina GL et al., J Hematol Oncol 2014].
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Modelli predittivi di tossicità genito-urinaria e di disfunzione erettile dopo radioterapia
esterna ad alta dose per carcinoma della prostata
(PI: Prof. Riccardo Valdagni – Programma Prostata)
L’ipotesi di lavoro del presente studio è che i profili di espressione genica e i profili di microRNA
(miRNA) possano contribuire a dare spiegazione sia delle tossicità radio-indotte che insorgono in
pazienti con assenza di fattori di rischio clinici/dosimetrici (pazienti radio-sensibili), sia dell’assenza
di tossicità in pazienti che sono portatori di tali fattori di rischio (pazienti radio-resistenti).
Tenendo in considerazione quanto detto, il presente studio si propone di studiare le complicazioni
tardive di tipo genito-urinario e la disfunzione erettile conseguenti HDEBRT per tumore della
prostata, con l’intento finale di sviluppare modelli predittivi di tossicità (nomogrammi, reti neurali
artificiali, support vector machines) che siano in grado di includere tutte le variabili
cliniche/dosimetriche/genetiche importanti.
Lo scopo finale di questo studio è fornire al personale clinico uno strumento di tipo quantitativo e
“user-friendly” che sia di aiuto nella personalizzazione del trattamento radioterapico e che possa
coadiuvare medico e paziente nella fase di scelta tra le diverse opzioni di trattamento radicale che
sono possibili per pazienti con tumore della prostata non metastatico.
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Diagnosi non invasiva del carcinoma della prostata sulle urine
(PI: Dr.ssa Cristina Marenghi – Programma Prostata)
L’ipotesi di lavoro del presente studio parte da alcune segnalazioni in letteratura che riportano la
capacità dei cani di distinguere, con il solo fiuto, le urine dei soggetti affetti da patologie
oncologiche. I cani riconoscono verosimilmente le sostanze volatili derivate da processi metabolici
correlati al tumore ed emesse con le urine. Quali siano sostanze non è noto ma è possibile dosarle
ed analizzarle in laboratorio con metodologie che sono già parte integrante di ricerche
d’avanguardia nei campi della biologia e della diagnostica medica.
Lo studio è finalizzato a mettere a punto le metodiche di misurazione e sondare la possibilità di
identificare le differenze tra le urine di soggetti sani e soggetti con tumore della prostata
attraverso valutazioni preliminari. Ci proponiamo pertanto di raccogliere campioni di urine di 30
persone, 15 con diagnosi di tumore della prostata che non abbiano ancora intrapreso un
trattamento e 15 soggetti sani (5 donne e 10 uomini). Le urine saranno processate e conservate in
un congelatore del Programma Prostata di questa Fondazione e successivamente inviate all’IMEM
CNR di Trento, uno dei 3 laboratori trentini coinvolti nel progetto, dotati della sofisticata
strumentazione in grado di monitorare le emissioni dei volatili urinari, analizzare le componenti
volatili e verificare le loro eventuali potenzialità discriminanti.
Con il contributo di AIRC
TUMOR MICROENVIRONMENT RELATED CHANGES AS NEW TOOLS FOR EARLY DETECTION AND
ASSESSMENT OF HIGH RISK DISEASE
(PI: Dr.ssa Gabriella Sozzi, S.C. Genomica Tumorale)
AIRC IG - Modelling toxicity after high dose RT for prostate cancer: validating clinical, dosimetric
and molecular factors
(PI: Prof. Riccardo Valdagni – Programma Prostata)
Il tumore della prostata è un tumore molto diffuso, spesso trattato con radioterapia esclusiva o in
combinazione con altre terapie (chirurgia, ormonoterapia, chemioterapia). La ricerca clinica si è
tradizionalmente focalizzata sulla sopravvivenza globale o causa specifica, come endpoint unico o
primario.
Solo negli ultimi anni gli aspetti che riguardano le tossicità conseguenti il trattamento e la qualità
di vita hanno guadagnato una maggiore attenzione, soprattutto in relazione all’ampia e crescente
frazione di pazienti che sopravvivono a lungo termine. Oggi si sente sempre più la necessità di
ottimizzare il trattamento considerando sia la probabilità di controllo del tumore che la probabilità
di tossicità acuta e tardiva e la conseguente qualità di vita.
Attualmente la predizione di tossicità radioindotta in seguito a radioterapia per tumore della
prostata si limita a pochi modelli che includono descrittori dosimetrici e in modo sporadico alcuni
fattori di rischio clinici. Una limitazione importante della quasi totalità di questi modelli è la
mancanza di una loro validazione esterna. Lo sviluppo di modelli validati è essenziale per il disegno
di studi di intervento che abbiano come scopo modifiche delle procedure di trattamento volte alla
riduzione degli effetti collaterali nei pazienti in controllo del tumore. Inoltre è riconosciuta la
necessità di includere nei modelli di tossicità informazioni sulla radiosensibilità individuale.
Obiettivi principali:
Scopo principale di questo studio è la validazione esterna indipendente di modelli predittivi di
tossicità su popolazioni i cui dati sono stati raccolti in studi osservazionali prospettici volti alla
studio della tossicità radioindotta dopo radioterapia per tumore della prostata.
Un secondo scopo è lo studio dei determinanti genetici della tossicità acuta, attraverso
l’applicazione dello Score di Tossicità Media Totale Standardizzata (STAT). Questo metodo
permette l’identificazione dei pazienti con tossicità non spiegata dai modelli, per i quali si può
ipotizzare una predisposizione ad una aumentata e anomala risposta alla RT di origine genetica.
Il passo finale sarà l’introduzione delle variabili genetiche identificate all’interno del modelli
statistici di predizione di tossicità.
RADIOLABELED INTERCEPTIN (ANTI-PSMA SCFV) FOR PROSTATE CANCER IMAGING
Studio pilota: Utilizzo di un frammento anticorpale (scFv) radiomarcato per l’imaging del
carcinoma della prostata
(PI: Dr.ssa Mariangela Figini, S.S.D. Terapie Molecolari)
La diagnosi precoce del carcinoma della prostata (CaP) è di estrema importanza al fine di definirne
i possibili trattamenti terapeutici e c’è tutt'ora la necessità di identificare metodi adeguati per la
sua accurata diagnosi.
Gli anticorpi monoclonali, in virtù della loro capacità di riconoscimento di bersagli specifici, hanno
trovato largo impiego in medicina da oltre 25 anni sia in campo diagnostico che terapeutico.
L'antigene di membrana specifico della prostata (PSMA), tra gli antigeni tumore associati al CaP,
rappresenta un ottimo candidato come bersaflio tumorale. Il PSMA è infatti una glicoproteina di
membrana prodotta nelle cellule epiteliali di soggetti sani la cui espressione viene notevolmente
aumentata nei pazienti con CaP.
Negli USA è stato approvato dall’FDA l'utilizzo di Prostascint, un anticorpo monoclonale (7E11)
diretto contro il PSMA e marcato con 111I, utilizzato per la diagnosi del CaP. La sua applicabilità è
però limitata da diversi fattori fra cui la dimensione dell’anticorpo e la sua specificità di
riconoscimento specifica per una porzione intracellulare della molecola bersaglio.
Al fine di ottenere un reagente migliore, in collaborazione con l’Università di Verona, abbiamo
isolato e caratterizzato un nuovo anticorpo monoclonale (D2B) in grado di riconoscere un epitopo
extracellulare del PSMA e lo abbiamo convertito in un frammento anticorpale (scFvD2B) per
ridurne la dimensione. Il scFvD2B, nonostante il legame monovalente, ha dimostrato di mantenere
un'elevata affinità ed un'ottima stabilità dimostrandosi quindi un buon reagente per la produzione
di radiofarmaci con migliori caratteristiche farmacocinetiche e di penetrabilità nelle masse
neoplastiche rispetto all’anticorpo intero.
E’ stata quindi messa a punto la marcatura del scFv con 123I e, in modelli preclinici, abbiamo
dimostrato la sua superiorità rispetto allo stesso scFv marcato con 111In o 131I. Il scFvD2B è stato
prodotto in GMP per procedere con lo studio clinico di fase I il cui endpoint primario sarà la
sensibilità di localizzazione tumorale.