STUDI SPERIMENTALI IDENTIFICAZIONE E VALIDAZIONE DI NUOVI BERSAGLI TERAPEUTICI E BIOMARCATORI NEL CARCINOMA DELLA PROSTATA Con il contributo della Fondazione Monzino Ruolo di RNA non codificanti nel carcinoma prostatico (PI: Dr. Nadia Zaffaroni, S.C. Farmacologia Molecolare) I microRNA (miRNA) sono piccole molecole endogene di RNA non codificante in grado di regolare negativamente l’espressione genica attraverso un meccanismo post-trascrizionale. I miRNA sono coinvolti in numerosi processi biologici e per tale motivo un’espressione aberrante di queste molecole sembra poter contribuire alla patogenesi di molte malattie umane incluso il cancro. Nel nostro Istituto, abbiamo dimostrato che miR-205, un miRNA diffusamente down-regolato nei carcinomi prostatici (CaP) rispetto ai relativi tessuti sani, svolge un importante ruolo nella regolazione della transizione epitelio-mesenchimale (EMT), un processo fondamentale attraverso cui le cellule tumorali acquisiscono la capacità di metastatizzare [Gandellini P, et al. Cancer Res. 2009]. Inoltre, miR-205 appare essere normalmente espresso nelle cellule dello strato basale dell’epitelio prostatico, dove governa la deposizione della membrana basale [Gandellini P, et al. Cell Death Differ. 2012], un altro importante elemento per il mantenimento dell’integrità tissutale e la prevenzione della metastasi. A partire da tali evidenze, con questo progetto ci proponiamo di 1) caratterizzare meglio il ruolo di miR-205 nello sviluppo e progressione del CaP ed identificare nuovi miRNA in grado di regolare l’EMT, e di conseguenza che possano essere coinvolti nei meccanismi che portano alla disseminazione metastatica della malattia. Poiché il microambiente tumorale è in grado di influenzare attivamente la capacità di una cellula neoplastica di acquisire o meno un potenziale metastatico, ci proponiamo inoltre di 2) identificare specifici miRNA coinvolti nell’attivazione dei fibroblasti prostatici umani e nell’EMT indotta dai fibroblasti associati al tumore (CAF) in cellule di CaP. Infine, poiché la sequenza di miR-205 e’ localizzata, a livello genomico, nell’introne di un gene la cui funzione non e’ mai stata caratterizzata (attualmente denominato gene ospite di miR-205 o MIR205HG), con questo studio ci proponiamo di 3) determinare la funzione di MIR205HG e il suo eventuale ruolo nello sviluppo del CaP. Finora nessun prodotto proteico e’ stato descritto per tale gene, pertanto e’ presumibile ipotizzare che esso funzioni come lungo RNA non codificante. Poiché il processo di EMT si associa spesso all’acquisizione di un fenotipo più refrattario ai trattamenti chemioterapici convenzionali, ci siamo proposti di valutare se miR-205 fosse in grado di modulare la risposta ai farmaci di cellule di CaP. I risultati ottenuti in quest’ambito hanno mostrato che la riespressione stabile del miR-205 in cellule di CaP era in grado di aumentare la sensibilità al cisplatino attraverso la modulazione di proteine coinvolte nel processo autofagico [Pennati M, et al. Biochem Pharmacol. 2014]. Con l’obiettivo di verificare se specifici miRNA fossero coinvolti nella EMT indotta dai CAF in cellule di CaP, cellule PC-3 sono state stimolate con fibroblasti attivati e non, e i loro profili di miRNA caratterizzati su piattaforma microarray. Tra i miRNA differenzialmente espressi, miR-205 sembrava essere il più down-modulato nell’EMT stroma-indotta. Nello specifico, la stimolazione con CAF induceva attivazione dei pathway di HIF1α, COX-2 and NF-κB, a cui seguiva riduzione dei livelli di miR-205 e del suo trascritto primario, suggerendo una regolazione trascrizionale. Ulteriori esperimenti dimostravano che l’overespressione ectopica di miR-205 in cellule tumorali contrastava l’EMT indotta dai CAF, inibendo l’aumento della capacità invasiva, l’acquisizione di caratteristiche di staminalità, e la disseminazione metastatica in vivo. Inoltre, miR-205 bloccava l’attivazione indotta dal tumore dei fibroblasti circostanti, riducendo la secrezione di citochine proinfiammatorie (tra cui IL-6). Questi dati suggeriscono che miR-205 sia un potente freno nel processo metastatico del CaP, agendo nelle due direzioni del circuito esistente tra cellule tumorali e fibroblasti associati [Gandellini P, et al. Antioxid Redox Signal. 2014]. Effetto dei mastociti sulle proteine della matrice extracellulare sulle cellule staminali prostatiche e loro trasformazione neoplastica (PI: Dr. Mario Paolo Colombo – S.C. Immunologia Molecolare) Obiettivo 1 Comprensione del meccanismo con cui i mastociti contrastano l’insorgenza dei tumori neuroendocrini. Nei topi TRAMP in cui i mastociti sono stati rimossi geneticamente (topi Kit Wsh-TRAMP) o inibiti farmacologicamente, la frequenza dei tumori prostatici con fenotipo neuroendocrino (NE) aumenta. Recenti studi nel modello TRAMP dimostrano che questo tipo di tumore origina direttamente dal differenziamento neuroendocrino della cellula staminale prostatica (PSC). Sia mastociti sia PSC esprimono il recettore cKit, essenziale rispettivamente per la loro maturazione ed omeostasi. La nostra ipotesi è che i mastociti possano controllare l’omeostasi delle cellule staminali prostatiche attraverso la competizione per stem cell factor (SCF), il ligando di cKit. Abbiamo isolato tramite cell-sorting PSC, cellule luminali e stromali dalle prostate di topi TRAMP, KitWsh-TRAMP e dai loro fratelli non transgenici B6 e Kit Wsh, sia a 11 che a 16 settimane di età. Non si osservano variazioni nella frequenza di queste popolazioni nei diversi ceppi, se non un incremento percentuale nelle PSC nei topi TRAMP e KitWsh-TRAMP proporzionale all’età, probabilmente dovuto all’accumulo di PSC tumorali. Analisi tramite real-time PCR non hanno rivelato differenze nell’espressione di cKit e del suo target Slug nelle PSC dei diversi ceppi. Nelle PSC isolate da topi KitWsh-TRAMP, abbiamo però osservato un aumento dei livelli di RNA di synaptofisina e di p63, marcatori legati al fenotipo NE. In accordo con questi risultati, analisi fatte con immunofluorescenza mostrano che nelle prostate di topi TRAMP, come atteso, sono in attiva proliferazione cellule con fenotipo luminale (co-esprimenti Ki67 e CK8), mentre nei KitWsh-TRAMP sono positive a Ki67 le cellule con fenotipo NE (esprimenti synaptofisina e p63). Abbiamo inoltre generato colture stabili di PSC isolate dai diversi ceppi di topi sopra citati. Tutte esprimono cKit e il suo target Slug a livelli comparabili. Come atteso, se coltivate in terreno contenente siero (FBS) e ormone DHT le PSC isolate da TRAMP differenziano verso un fenotipo luminale, mentre quelle isolate da KitWsh-TRAMP differenziano verso un fenotipo NE. Stiamo analizzando l’effetto di SCF esogeno o anticorpi anti SCF in queste colture. Abbiamo condotto analoghi esperimenti anche su linee di PSC isolate in un altro laboratorio da topi TRAMP con lesioni di neoplasia intraepiteliale (PIN), nominate TPIN, o tumore neuroendocrino, nominate TNE. Entrambe esprimono cKit e SCF di membrana, e non sono ulteriormente stimolate da SCF esogeno. La co-coltura con i mastociti non altera le TPIN, mentre sembra avere un effetto inibitorio sul differenziamento delle TNE, che riducono l’up-regolazione di p63 e synaptofisina. Obiettivo 2 Valutazione delle potenzialità dell’inibizione dei mastociti quale nuova opzione terapeutica nel carcinoma prostatico. Abbiamo evidenza che tutte le linee di PSC, ed anche linee tumorali T1525 e T23, da noi isolate dai topi TRAMP, esprimono il recettore cKit, e che il trattamento con Imatinib in vitro è tossico per queste cellule. Al contrario, Imatinib non riduce la vitalità dei mastociti coltivati in vitro, ma ne inibisce la capacità di degranulazione. Esperimenti in vivo in topi inoculati con cellule T1525, che reclutano mastociti nel microambiente, ci hanno dimostrato l’efficacia di Imatinib nell’inibire la crescita tumorale, probabilmente agendo sia sulle cellule tumorali sia sui mastociti. Analogamente, i primi esperimenti preliminari effettuati su topi TRAMP mostrano che il trattamento con Imatinib riduce la crescita dell’adenocarcinoma prostatico. Sorprendentemente in alcuni animali trattati sono però cresciuti tumori NE. Stiamo valutando se questi tumori abbiano perso l’espressione di cKit, meccanismo che potrebbe spiegare l’acquisita resistenza al farmaco. Obiettivo 3 Comprensione dei meccanismi della de-regolazione delle cellule staminali prostatiche quali responsabili dello sviluppo dei tumori neuroendocrini. È noto che incrociando il ceppo TRAMP con genotipo C57BL/6 con topi di genotipo diverso l’ insorgenza di tumori NE può aumentare o diminuire. Noi, mantenendo invariato il genotipo C57BL/6, abbiamo introdotto una delezione inattivante per i geni delle proteine matricellulari OPN o SPARC. In questi animali, similarmente ai topi KitWsh-TRAMP privi di mastociti, l’insorgenza dei tumori NE è aumentata ed accelerata. Come atteso, questi tumori esprimono marcatori neuroendocrini come dopa-decarbossilasi, sinaptofisina e cromogranina A, anche l’analisi immunoistochimica ne conferma il fenotipo anaplastico ed androgeno indipendente. Il marcatore p63 citoplasmatico è un indice di aggressività del tumore NE conclamato che è stato trovato anche nei cloni NE insorti in età precoce indicando l’origine basale di questi tumori. L’analisi tramite “gene expression profile” (GEP) di campioni tumorali prelevati da animali TRAMP deficienti per OPN o SPARC di diverse età, in confronto all’adenocarcinoma tipico del ceppo parentale TRAMP, ha individuato come elemento più rilevante nella genesi di tumori NE la down-regolazione del pathway di TGFβ. Questo risultato è stato confermato dimostrando la down-regolazione delle proteine SMAD. Poiché il mantenimento dell’omeostasi delle PSC dipende dagli effetti inibitori del pathway TGFβ/Smad2/3, la nostra ipotesi è che la mancanza di OPN (e similarmente di SPARC) abbia un ruolo nell’oncogenesi del tumore NE modificando sia il numero delle PSC sia la loro sensibilità ai fattori proliferativi. Con queste premesse abbiamo recentemente isolato PSC e cellule luminali e stromali da topi TRAMP geneticamente deficienti per OPN e SPARC, destinandone una parte ad analisi di GEP. Altre preparazioni saranno testate per capacità differenziativa verso un fenotipo luminale o neuroendocrino, in seguito a diversi stimoli analogamente a quanto descritto per le co-culture con mastociti. I nostri studi stanno scoprendo il ruolo delle proteine OPN e SPARC e il ruolo dei mastociti nel regolare l’omeostasi delle PSC che, se alterata, porta alla genesi dei tumori NE. I risultati ottenuti potranno rivelarsi utili nella messa a punto di nuove strategie terapeutiche per il tumore prostatico. Identificazione di nuove strategie farmacologiche per il carcinoma prostatico (PI: Dr. Paola Perego, Dr. Marco Folini - S.C. Farmacologia Molecolare) Nel carcinoma della prostata (CaP) avanzato, l’acquisizione del fenotipo castration resistant appare associato ad una ridotta sensibilità al trattamento farmacologico, fenomeno che sottolinea la necessita’ di sviluppare nuove strategie terapeutiche. In questo studio ci proponiamo di valuare l’effetto di farmaci innovativi in modelli preclinici di CaP castration resistant: 1. Inibitori di istone deacetilasi - Le deacetilasi istoniche (HDAC) svolgono un importante ruolo nella regolazione della funzione di proteine coinvolte nei processi di adesione, proliferazione e morte cellulare. E’ stato recentemente proposto che l’inibizione di HDAC6 possa essere un bersaglio di modulazione d’interesse terapeutico nel CaP [Chuang MJ, et al. PLoS One 2013]. In quest’ambito, ci proponiamo di valutare l’attività di inibitori di HDAC, saggiati singolarmente o in combinazione con altri farmaci antitumorali, in modelli sperimentali di PCa. Un’analisi preliminare in silico utilizzando database pubblici ha confermato che numerosi enzimi della famiglia HDAC sono alterati nel CaP. In particolare, sono state evidenziate frequenti alterazioni genomiche, incluse amplificazioni di HDAC8, HDAC6 e SIRT4. Inoltre, anche l’espressione delle HDAC (es. HDAC1 e HDAC3) appare concomitantemente deregolata. In due linee cellulari (DU-145 e PC-3) castration resistant -che abbiamo precedentemente dimostrato essere caratterizzate da differente suscettibilità ad apoptosi dopo trattamento farmacologico e da una differente espressione di proteine coinvolte nell’attivazione dell’apoptosi e nel mantenimento della sopravvivenza cellulare- abbiamo valutato l’attivita’ antiproliferativa di inibitori di HDAC ad ampio spettro (inibitori “pan”, quali vorinostat), mirati a specifiche classi di HDAC (es. HDAC di classe I) o più selettivi per alcuni enzimi (es. Entinostat). I risultati ottenuti indicano che la maggior parte dei composti sono caratterizzati da una spiccata potenza citotossica. L’inibitore di HDAC che è risultato più attivo in entrambi i modelli cellulari è Entinostat che in sistemi “cell-free” è selettivo per HDAC1 e HDAC3. Studi clinici di fase I condotti con questo farmaco in pazienti con tumori solidi in stadio avanzato, inclusi pazienti con CaP, [Pili R, et al., Br J Cancer. 2012] indicano una buona tollerabilita’. Inoltre, in studi di fase II sul carcinoma della mammella avanzato, Entinostat appare in grado di indurre una reversione della resistenza a terapie ormonali in pazienti con tumore positivo per i recettori degli estrogeni. Sulla base di queste considerazioni, negli studi di combinazione programmati sarà dedicata particolare attenzione a questo agente. 2. Stabilizzatori dei quartetti di guanina - Le sequenze di DNA ricche in guanina sono in grado di formare strutture definite G-quadruplexes (G4). L’interesse per i G4 come potenziali bersagli farmacologici è recentemente aumentato a seguito dell’evidenza che numerose sequenze nel genoma umano possono teoricamente formare strutture G4 [Bryan TM, et al.. Methods Mol Biol. 2010], suggerendo che esse possano svolgere un ruolo chiave in molti processi biologici. Con questo studio ci proponiamo di analizzare le alterazioni nel trascrittoma indotte da stabilizzatori dei G4 appartenenti a diverse classi chimiche (es. naftelene diimmidi (NDI) e derivati dell’antracene) in cellule di CaP castration resistant al fine di comprenderne i determinanti molecolari della attività antiproliferativa. I dati finora ottenuti hanno messo in evidenza che le NDI causavano un’inibizione dose-dipendente della crescita di cellule di CaP telomerasi-positive, con un marcato effetto citotossico a breve termine e dipendente dal tipo di farmaco. Inoltre, si apprezzava una significativa riduzione dell’attività telomerasica e l’esistenza di una finestra di selettività tra l’inibizione dell’attività enzimatica e gli effetti antiproliferativi indotti dalle NDI. L’analisi del profilo d’espressione genica ha messo in evidenza che l’esposizione di cellule di CaP alle NDI induceva una modulazione significativa in geni coinvolti nella regolazione del ciclo cellulare, nella riparazione del DNA, nell’apoptosi e nel mantenimento/protezione dei telomeri, i cui livelli d’espressione correlavano con la presenza ed il numero di sequenze che possono formare G4 a livello del loro promotore. 3. Inibitori di CMR1 - CRM1 è una proteina che regola il trasporto nucleo/citoplasma di numerose proteine che controllano la proliferazione e sopravvivenza cellulare, tra cui la proteina antiapototica survivina, che e’ selettivamente expressa nei tumori umani, incluso il CaP. La compartimentalizzazione subcellulare di survivina gioca un ruolo molto importante nella sua funzione anti-apoptotica. Infatti, in seguito a stimolo apoptotico, survivina viene rilasciata nel citosol, dove, interferendo con l’attività delle caspasi, inibisce il processo apoptotico. Nelle cellule tumorali, l’innalzamento dei livelli di survivina citosolica è in parte dovuto all’attività di CRM1 [Engelsma D et al., Traffic 2007]. Con questo studio ci si propone di valutare gli effetti antiproliferativi/antitumorali indotti da inibitori di CRM1 in linee cellulari di PCa e di definire la rilevanza della localizzazione subcellulare/funzione di survivina nel determinare tali effetti. In uno studio iniziale condotto con inibitori forniti da Karyopharm Therapeutics abbiamo dimostrato che l’interferenza con l’espressione di CRM1 e’ in grado di ridurre la capacita’ metastatica e di incrementare la sopravvivenza in modelli preclinici di CaP [Gravina GL et al., J Hematol Oncol 2014]. Modelli predittivi di tossicità genito-urinaria e di disfunzione erettile dopo radioterapia esterna ad alta dose per carcinoma della prostata (PI: Prof. Riccardo Valdagni – Programma Prostata) L’ipotesi di lavoro del presente studio è che i profili di espressione genica e i profili di microRNA (miRNA) possano contribuire a dare spiegazione sia delle tossicità radio-indotte che insorgono in pazienti con assenza di fattori di rischio clinici/dosimetrici (pazienti radio-sensibili), sia dell’assenza di tossicità in pazienti che sono portatori di tali fattori di rischio (pazienti radio-resistenti). Tenendo in considerazione quanto detto, il presente studio si propone di studiare le complicazioni tardive di tipo genito-urinario e la disfunzione erettile conseguenti HDEBRT per tumore della prostata, con l’intento finale di sviluppare modelli predittivi di tossicità (nomogrammi, reti neurali artificiali, support vector machines) che siano in grado di includere tutte le variabili cliniche/dosimetriche/genetiche importanti. Lo scopo finale di questo studio è fornire al personale clinico uno strumento di tipo quantitativo e “user-friendly” che sia di aiuto nella personalizzazione del trattamento radioterapico e che possa coadiuvare medico e paziente nella fase di scelta tra le diverse opzioni di trattamento radicale che sono possibili per pazienti con tumore della prostata non metastatico. Diagnosi non invasiva del carcinoma della prostata sulle urine (PI: Dr.ssa Cristina Marenghi – Programma Prostata) L’ipotesi di lavoro del presente studio parte da alcune segnalazioni in letteratura che riportano la capacità dei cani di distinguere, con il solo fiuto, le urine dei soggetti affetti da patologie oncologiche. I cani riconoscono verosimilmente le sostanze volatili derivate da processi metabolici correlati al tumore ed emesse con le urine. Quali siano sostanze non è noto ma è possibile dosarle ed analizzarle in laboratorio con metodologie che sono già parte integrante di ricerche d’avanguardia nei campi della biologia e della diagnostica medica. Lo studio è finalizzato a mettere a punto le metodiche di misurazione e sondare la possibilità di identificare le differenze tra le urine di soggetti sani e soggetti con tumore della prostata attraverso valutazioni preliminari. Ci proponiamo pertanto di raccogliere campioni di urine di 30 persone, 15 con diagnosi di tumore della prostata che non abbiano ancora intrapreso un trattamento e 15 soggetti sani (5 donne e 10 uomini). Le urine saranno processate e conservate in un congelatore del Programma Prostata di questa Fondazione e successivamente inviate all’IMEM CNR di Trento, uno dei 3 laboratori trentini coinvolti nel progetto, dotati della sofisticata strumentazione in grado di monitorare le emissioni dei volatili urinari, analizzare le componenti volatili e verificare le loro eventuali potenzialità discriminanti. Con il contributo di AIRC TUMOR MICROENVIRONMENT RELATED CHANGES AS NEW TOOLS FOR EARLY DETECTION AND ASSESSMENT OF HIGH RISK DISEASE (PI: Dr.ssa Gabriella Sozzi, S.C. Genomica Tumorale) AIRC IG - Modelling toxicity after high dose RT for prostate cancer: validating clinical, dosimetric and molecular factors (PI: Prof. Riccardo Valdagni – Programma Prostata) Il tumore della prostata è un tumore molto diffuso, spesso trattato con radioterapia esclusiva o in combinazione con altre terapie (chirurgia, ormonoterapia, chemioterapia). La ricerca clinica si è tradizionalmente focalizzata sulla sopravvivenza globale o causa specifica, come endpoint unico o primario. Solo negli ultimi anni gli aspetti che riguardano le tossicità conseguenti il trattamento e la qualità di vita hanno guadagnato una maggiore attenzione, soprattutto in relazione all’ampia e crescente frazione di pazienti che sopravvivono a lungo termine. Oggi si sente sempre più la necessità di ottimizzare il trattamento considerando sia la probabilità di controllo del tumore che la probabilità di tossicità acuta e tardiva e la conseguente qualità di vita. Attualmente la predizione di tossicità radioindotta in seguito a radioterapia per tumore della prostata si limita a pochi modelli che includono descrittori dosimetrici e in modo sporadico alcuni fattori di rischio clinici. Una limitazione importante della quasi totalità di questi modelli è la mancanza di una loro validazione esterna. Lo sviluppo di modelli validati è essenziale per il disegno di studi di intervento che abbiano come scopo modifiche delle procedure di trattamento volte alla riduzione degli effetti collaterali nei pazienti in controllo del tumore. Inoltre è riconosciuta la necessità di includere nei modelli di tossicità informazioni sulla radiosensibilità individuale. Obiettivi principali: Scopo principale di questo studio è la validazione esterna indipendente di modelli predittivi di tossicità su popolazioni i cui dati sono stati raccolti in studi osservazionali prospettici volti alla studio della tossicità radioindotta dopo radioterapia per tumore della prostata. Un secondo scopo è lo studio dei determinanti genetici della tossicità acuta, attraverso l’applicazione dello Score di Tossicità Media Totale Standardizzata (STAT). Questo metodo permette l’identificazione dei pazienti con tossicità non spiegata dai modelli, per i quali si può ipotizzare una predisposizione ad una aumentata e anomala risposta alla RT di origine genetica. Il passo finale sarà l’introduzione delle variabili genetiche identificate all’interno del modelli statistici di predizione di tossicità. RADIOLABELED INTERCEPTIN (ANTI-PSMA SCFV) FOR PROSTATE CANCER IMAGING Studio pilota: Utilizzo di un frammento anticorpale (scFv) radiomarcato per l’imaging del carcinoma della prostata (PI: Dr.ssa Mariangela Figini, S.S.D. Terapie Molecolari) La diagnosi precoce del carcinoma della prostata (CaP) è di estrema importanza al fine di definirne i possibili trattamenti terapeutici e c’è tutt'ora la necessità di identificare metodi adeguati per la sua accurata diagnosi. Gli anticorpi monoclonali, in virtù della loro capacità di riconoscimento di bersagli specifici, hanno trovato largo impiego in medicina da oltre 25 anni sia in campo diagnostico che terapeutico. L'antigene di membrana specifico della prostata (PSMA), tra gli antigeni tumore associati al CaP, rappresenta un ottimo candidato come bersaflio tumorale. Il PSMA è infatti una glicoproteina di membrana prodotta nelle cellule epiteliali di soggetti sani la cui espressione viene notevolmente aumentata nei pazienti con CaP. Negli USA è stato approvato dall’FDA l'utilizzo di Prostascint, un anticorpo monoclonale (7E11) diretto contro il PSMA e marcato con 111I, utilizzato per la diagnosi del CaP. La sua applicabilità è però limitata da diversi fattori fra cui la dimensione dell’anticorpo e la sua specificità di riconoscimento specifica per una porzione intracellulare della molecola bersaglio. Al fine di ottenere un reagente migliore, in collaborazione con l’Università di Verona, abbiamo isolato e caratterizzato un nuovo anticorpo monoclonale (D2B) in grado di riconoscere un epitopo extracellulare del PSMA e lo abbiamo convertito in un frammento anticorpale (scFvD2B) per ridurne la dimensione. Il scFvD2B, nonostante il legame monovalente, ha dimostrato di mantenere un'elevata affinità ed un'ottima stabilità dimostrandosi quindi un buon reagente per la produzione di radiofarmaci con migliori caratteristiche farmacocinetiche e di penetrabilità nelle masse neoplastiche rispetto all’anticorpo intero. E’ stata quindi messa a punto la marcatura del scFv con 123I e, in modelli preclinici, abbiamo dimostrato la sua superiorità rispetto allo stesso scFv marcato con 111In o 131I. Il scFvD2B è stato prodotto in GMP per procedere con lo studio clinico di fase I il cui endpoint primario sarà la sensibilità di localizzazione tumorale.